9 Gennaio, 2018

L’art. 1367 c.c. afferma che «nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno». Le espressioni che possono avere più sensi, prosegue l’art. 1369 c.c., «devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto».
Richiamando tali norme, la Suprema Corte ha cassato la sentenza della Commissione regionale del Veneto che aveva confermato quella di prime cure che, a sua volta, aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso contro l’avviso di accertamento in quanto il mandato apposto in calce al medesimo non poteva considerarsi quale “procura alle liti”. In detti termini, il ricorso non poteva dunque considerarsi sottoscritto dal soggetto abilitato.
La procura alle liti, come è noto, è il negozio giuridico attraverso il quale un determinato soggetto incarica uno o più difensori di rappresentarlo e difenderlo nel processo. Tale incarico, a norma dell’art. 83 c.p.c. e, per quanto riguarda il processo tributario, del settimo comma dell’art. 12 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo sostituito dall’art. 9 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, deve essere conferito con atto pubblico o con scrittura privata autenticata ovvero in calce o a margine di un atto del processo. In quest’ultimo caso la sottoscrizione è certificata dallo stesso difensore.
Nel caso deciso, la procura era «stata apposta in calce ad un atto che non è dubitabile si riferisse alla controversia tributaria de qua». Non era tuttavia chiaro quale fosse il contenuto dell’incarico conferito.
Da qui il richiamo del principio, ormai consolidato, secondo cui allorché la procura sia stata apposta in calce al ricorso, una tale posizione topografica è idonea, salvo che dal suo testo non risulti il contrario, ad attestare la riferibilità della stessa al giudizio cui il ricorso accede.
Difficile non convenire con i principi espressi dall’annotata pronuncia.
La posizione topografica della procura, e questo non solo quando questa venga apposta in calce al ricorso ma anche quando sia a margine del medesimo o anche in un foglio separato, congiunto materialmente a questo, è idonea a conferire la certezza non solo della sua provenienza ma anche della sua riferibilità al giudizio cui l’atto accede, senza dunque che sia necessario che questo enunci in maniera espressa e specifica il contenuto dell’incarico e i limiti di questo.
Pur vero che i criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e segg. c.c. in materia di interpretazione del contratto pongano, così come afferma l’art. 12 delle preleggi, il testo letterale quale punto di partenza dell’esegesi, è altrettanto vero che questa non possa esaurirsi nell’esame di tale dato, nemmeno nel caso in cui da una prima lettura esso potrebbe risultare sufficiente a rendere palese la comune intenzione delle parti. Tale intenzione deve infatti essere ricostruita, come precisa la citata norma codicistica, senza «limitarsi al senso letterale delle parole», dovendosi «valutare il … comportamento complessivo [delle parti, n.d.r.] anche posteriore alla conclusione del contratto».
Ciò comporta che il dato testuale «pur rivestendo un rilievo centrale, non sia necessariamente decisivo ai fini della ricostruzione dell’accordo, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali non è un “prius”, ma l’esito di un processo interpretativo che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore» (1).
Se così è, pare evidente che il soggetto che incarica un professionista di assisterlo in un procedimento di accertamento tributario, e per l’effetto gli rilascia un apposito mandato in calce al ricorso, intende farsi assistere nella correlata fase processuale, a nulla potendo valere l’indicazione ivi contenuta «in sede propria» che, come afferma l’annotata sentenza, deve essere semplicemente intesa come il «frutto di una banale, quanto irrilevante, trascuratezza».
Se questo è quanto concerne il caso deciso, c’è da dire che la questione dell’ammissibilità del ricorso non si esaurisce nel contenuto della procura rilasciata al difensore, ma coinvolge anche altri aspetti meritevoli di attenzione.
Vediamoli.
L’obbligo della assistenza tecnica è stato introdotto dall’art. 12 del citato D.Lgs. n. 546/1992. La norma non dice se l’incarico al difensore debba avvenire prima della presentazione del ricorso, oppure possa essere formalizzato anche successivamente, come ad esempio dispone l’art. 125 c.p.c. quando afferma che la procura può essere rilasciata anche dopo la notifica dell’atto di citazione, purché anteriormente alla costituzione in giudizio. A norma dell’ultimo periodo del settimo comma del predetto art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992, «All’udienza pubblica l’incarico può essere conferito oralmente e se ne dà atto a verbale».
L’obbligo non prevede la rappresentanza da parte di un difensore abilitato, ma quello della semplice assistenza. La differenza non è priva di significato. Mentre nell’ambito della “rappresentanza” processuale rientrano tutte quelle attività che si suole collocare nell’ambito della difesa attiva, in quello della “assistenza” rientrano le attività di difesa consultiva, di mera assistenza, ovvero ancora di difesa tecnica. Se la legge non dispone l’obbligo della rappresentanza processuale, ritenendo sufficiente la mera assistenza, significa che l’atto che avvia il processo tributario ben potrebbe, in linea di astrazione, essere sottoscritto direttamente dalla parte (2). Non per niente infatti e come abbiamo sopra anticipato, l’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992, che tra l’altro non parla di procura, necessaria per la rappresentanza e la difesa processuale, ma di semplice incarico, prevede che il contribuente possa conferire detto incarico anche oralmente all’udienza pubblica, quando il rapporto processuale si è già costituito.
Se tale è la realtà normativa, se il tempo della sottoscrizione dell’incarico a favore del difensore non è regolamentato nello stesso modo del codice di procedura civile, non è pertanto possibile recepire nel contesto tributario le conclusioni colà raggiunte sulla base di questo diverso tessuto normativo.
L’unica cosa certa è che il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente salvo che, come affermava l’art. 18 del D.Lgs. n. 546/1992 prima della modifica apportata dall’art. 9 del già citato D.Lgs. n. 156/2015, nel testo in vigore fino al 1° gennaio 2016, «il ricorso non sia sottoscritto personalmente, nel qual caso vale quanto disposto dall’art. 12, comma 5».
Questo quinto comma disponeva che il presidente della Commissione poteva «ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa è tenuta, a pena di inammissibilità, a conferire l’incarico a un difensore abilitato».
Nell’ipotesi in cui la Commissione tributaria adita avesse rilevato che le formalità concernenti l’assistenza tecnica non corrispondevano al modello normativo, essa Commissione avrebbe dunque dovuto disporre che il ricorrente nominasse un difensore abilitato. Solo l’inottemperanza a questo provvedimento avrebbe dato corso all’inammissibilità del ricorso.
In tali termini, l’obbligo del difensore diventava effettivo soltanto in seguito al provvedimento del giudice che ne disponeva la nomina. Una sorta di norma di salvaguardia che evitava di scaricare sul contribuente, a tutto vantaggio dell’Amministrazione finanziaria, le conseguenze negative legate a un corpo normativo del tutto impreciso.
Intervenuta sul punto, la Corte Costituzionale fece propria detta tesi (3). Chiamata a verificare se la normativa di cui agli artt. 12, quinto comma, e 18, terzo e quarto comma, del D.Lgs. n. 546/1992, nella parte in cui sanzionava con l’inammissibilità il ricorso sottoscritto dal solo contribuente violasse o meno i principi di cui agli artt. 3 e 24, primo comma, Cost., la Corte Costituzionale ebbe a rilevare che tale normativa era «suscettibile di essere interpretata in modo da escludere in radice i dubbi sollevati dal Giudice a quo, con eliminazione dei paventati ostacoli all’esercizio del diritto di difesa e all’esercizio dell’azione avanti al giudice tributario di primo grado».
Il fatto che il ricorso non fosse subito sottoscritto da un professionista abilitato era dunque circostanza del tutto irrilevante. L’inammissibilità del medesimo entrava in gioco «solo a seguito di ordine ineseguito nei termini fissati e non per il semplice fatto della mancata sottoscrizione del ricorso da parte di un professionista abilitato». D’altro canto, diceva ancora la Consulta, «deve essere sottolineato che trattasi di semplice assistenza tecnica (e non anche di rappresentanza), il cui incarico può essere conferito anche in sede di udienza pubblica (art. 12 comma 3, ultima parte)», e che «rientra nella discrezionalità del legislatore la disciplina del diritto di difesa, non essendovi in via generale una scelta costituzionalmente obbligata di assistenza di difensore abilitato».
Una tale interpretazione adeguatrice è stata fatta propria dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 2 dicembre 2004, n. 22601 (4). Dopo avere premesso che nel vigente assetto costituzionale la Corte di Cassazione non ha il monopolio dell’interpretazione della legge e dell’individuazione del diritto vivente, la Suprema Corte ha affermato che il ricorso sottoscritto direttamente dal contribuente diventa inammissibile soltanto in esito alla mancata esecuzione dell’ordine da parte del giudice di munirsi di assistenza tecnica. Anche la Corte di Cassazione ha dunque ritenuto che una tale soluzione costituisca un mezzo, per nulla sproporzionato, volto ad assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell’Amministrazione finanziaria.
Il resto è storia nota, l’inammissibilità del ricorso in caso di mancanza o invalidità della procura non può essere subito dichiarata, dovendo il giudice «dapprima invitare la parte a regolarizzare la situazione e, solo in caso di inottemperanza, pronunciare la relativa inammissibilità» del ricorso stesso (5).
In tale caso le preclusioni processuali vanno riferite al successivo intervento del difensore, «solo così consentendosi la più ampia difesa del contribuente, compresa l’articolazione di nuovi motivi di contestazione della pretesa tributaria, altrimenti tardivi» (6).
Del resto anche la mancata autenticazione della sottoscrizione della parte nella procura ad opera del difensore non costituisce una causa di nullità dell’atto, bensì una mera irregolarità (7).
Il citato D.Lgs. n. 156/2015 ha introdotto alcune modifiche agli artt. 12 e 18 del D.Lgs. n. 546/1992 sopra menzionati.
Nell’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992 è mutato il testo dell’originario quinto comma, ed è stato aggiunto il richiamo all’art. 182 c.p.c. L’art. 18 ribadisce che «il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore e contenere l’indicazione … dell’incarico a norma dell’articolo 12, comma 7, salvo che il ricorso non sia sottoscritto personalmente» (terzo comma), e che il medesimo è inammissibile se «non è sottoscritta a norma del comma precedente» (quarto comma).
Nella sostanza, il diretto richiamo dell’art. 182 c.p.c. (8), che rappresentava il principio di riferimento della norma contenuta nel citato quinto comma dell’art. 18 laddove attribuiva al giudice la funzione collaborativa volta a regolarizzare taluni difetti nella costituzione del rapporto processuale, rende definitiva la bontà della soluzione sopra esposta.
Resta così confermato che se il giudice dovesse rilevare un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura, allora deve, anche d’ufficio, «promuovere la sanatoria in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnare un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali» (9).

Avv. Bruno Aiudi

(1) Così testualmente Cass., sez. III, 15 luglio 2016, n. 14432, in Boll. Trib. On-line.
(2) Su tale tema cfr. B. AIUDI, Sulla ritualità di un ricorso firmato dal solo curatore fallimentare, in Summa, Rivista dei ragionieri commercialisti, aprile 1997, 22; ID., L’assistenza tecnica fra suggestione e realtà normativa. In particolare, sulla sottoscrizione del ricorso quale requisito d’ammissibilità, in Boll. Trib., 2000, 87. Allora, la tesi contraria trovava pressoché unanime riconoscimento in giurisprudenza: cfr. Comm. trib. prov. di Genova, sez. XIII, 13 marzo 1997, n. 85, in Boll. Trib., 1999, 1145; Comm. trib. prov. di. Salerno, sez. XVI, 20 aprile 1998, n. 53, ivi, 2000, 375; Comm. trib. prov. di Novara, sez. V, 6 dicembre 1999, n. 240, ibidem, 459; Comm. trib. prov. di Genova, sez. XVI, 20 ottobre 1999, n. 676, ibidem, 698; Cass., sez. I, 3 marzo 1999, n. 1781, ibidem, 1339; Cass., sez. trib., 2 agosto 2000, n. 10133, ivi, 2001, 64. In dottrina cfr. C. GLENDI, Limiti temporali al rilascio della procura per il ricorso nel processo tributario, in Riv. giur. trib., 2000, 608.
(3) Cfr. Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 189, in Boll. Trib., 2000, 1191, con nota di V. AZZONI, Ricorso sottoscritto dal contribuente e non dal difensore per liti di valore superiore a cinque milioni di lire. È sanabile il vizio?
(4) In Boll. Trib., 2005, 133, e in Riv. giur. trib., 2005, 717, con nota di C. GLENDI, At ille murem peperit.
(5) Cass., sez. trib., 2 luglio 2014, n. 15029, in Boll. Trib. On-line.
(6) Così testualmente Cass., sez. trib., 15 ottobre 2013, n. 23315, in Boll. Trib. On-line.
(7) In tali termini cfr. Cass., sez. trib., 20 gennaio 2010, n. 859, in Boll. Trib., 2010, 556, con nota di V. AZZONI, In tema di validità del ricorso tributario contenente una procura alle liti non autenticata.
(8) Il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi; quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione.
(9) Cass., sez. un., 4 marzo 2016, n. 4248, in Boll. Trib. On-line.

Procedimento – Ricorso per cassazione – Procura alla lite – Redazione in calce od a margine del ricorso per cassazione – Idoneità della posizione topografica della procura a presumere la sua riferibilità al giudizio cui l’atto accede – Sussiste.

Procedimento – Ricorsi – Procura alla lite – Redazione in calce od a margine del ricorso introduttivo del giudizio di merito o di legittimità – Idoneità della posizione topografica della procura a presumere la sua riferibilità al giudizio cui l’atto accede – Sussiste.

Procedimento – Ricorsi – Procura alla lite – Costituisce un atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale – Interpretazione in base al combinato disposto degli artt. 1367 c.c. e 159 c.p.c. nel rispetto del principio di conservazione degli atti – Necessita.

Il mandato apposto in calce od a margine del ricorso per cassazione rispetta il requisito della specialità, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale si rivolge, atteso che il rispetto di quel requisito è con certezza deducibile, in base all’interpretazione letterale, teleologica e sistematica, dell’art. 83 c.p.c. per il fatto che il mandato forma materialmente corpo con il ricorso od il controricorso, essendo la posizione topografica della procura idonea, salvo che dal suo testo si ricavi il contrario, a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura medesima al giudizio cui l’atto accede; pertanto risulta irrilevante l’uso di formule normalmente adottate per il giudizio di merito, e nel contempo il suddetto principio vale pure per la procura difensiva apposta in calce od a margine del ricorso tributario introduttivo del giudizio di merito.

La procura ad litem è atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale, che va interpretato secondo i criteri ermeneutici stabiliti per gli atti di parte dal combinato disposto degli artt. 1367 c.c. e 159 c.p.c., nel rispetto, in particolare, del principio di relativa conservazione, in relazione al contesto dell’atto cui essa accede, rimanendo sotto tale profilo censurabile l’interpretazione datane dal giudice di merito solo per eventuali omissioni ed incongruità argomentative, e non anche mediante la mera denunzia dell’ingiustificatezza del risultato interpretativo raggiunto, prospettante invece un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Tirelli, rel. Manzon), 5 ottobre 2016, sent. n. 19862, ric. Metalstampo s.r.l. c. Agenzia delle entrate]

RITENUTO IN FATTO – 1. Con sentenza in data 1 dicembre 2009 la Commissione tributaria regionale di Venezia respingeva l’appello proposto da Metalstampo srl avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Vicenza in data 25 febbraio 2009, la quale aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento IVA, IRPEG, IRAP 2004. La CTR, in particolare, ribadiva che non poteva considerarsi quale “procura alle liti” il mandato apposto in calce al ricorso di primo grado e che pertanto lo stesso doveva considerarsi non sottoscritto, con la conseguente inammissibilità.

2. La sentenza è stata impugnata per cassazione dalla Metalstampo che deduce cinque motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. Nelle more del processo di cassazione le parti hanno depositato memorie.

3. Con ordinanza in data 8 febbraio 2012 la Sezione 6 ha trasmesso gli atti a questa Sezione, non ravvisando i presupposti per pronunciarsi ex art. 375, cod. proc. civ.

CONSIDERATO IN DIRITTO – 4. Il terzo ed il quarto motivo del ricorso sono fondati nonché dirimenti/assorbenti degli altri proposti.

4.1 Con la terza e la quarta censura la ricorrente lamenta – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – violazione/falsa applicazione rispettivamente di alcune disposizioni legislative, speciali e codicistiche, in tema di procura alle liti e di sottoscrizione del ricorso introduttivo del giudizio tributario. Critica pertanto essenzialmente la perentoria affermazione della CTR sia che la procura in atti non potesse considerarsi “alle liti” sia che, comunque, il ricorso non potesse considerarsi sottoscritto e quindi comunque inammissibile.
Le censure sono fondate.
Risulta invero piuttosto evidente che con le proprie considerazioni e statuizioni il giudice di appello, confermando quelle omologhe di primo grado, sia incorso nei vizi denunciati.
Anzitutto va ribadito il condivisibile principio che «Il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione rispetta il requisito della specialità, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale si rivolge, atteso che il rispetto di quel requisito è con certezza deducibile, in base all’interpretazione letterale, teleologica e sistematica, dell’art. 83 cod. proc. civ. (nella nuova formulazione di cui alla legge n. 141/97) per il fatto che il mandato forma materialmente corpo con il ricorso od il controricorso, essendo la posizione topografica della procura idonea – salvo che dal suo testo si ricavi il contrario – a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura medesima al giudizio cui l’atto accede. Pertanto risulta irrilevante l’uso di formule normalmente adottate per il giudizio di merito. (Sulla base di tale principio la Suprema Corte ha ritenuto valida la procura apposta a margine del ricorso ancorché essa risultasse conferita con l’espressione “delego a rappresentarmi in tutti i gradi”)» (ex pluribus, Sez. L., 11741 del 2007).
Ancorché tale arresto riguardi specificamente il ricorso per cassazione e la “specialità” della relativa procura defensionale, tuttavia esprime la più generale considerazione che «la posizione topografica della procura» sia «idonea – salvo che dal suo testo si ricavi il contrario – a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura medesima al giudizio cui l’atto accede».
Il che è appunto incontrovertibilmente avvenuto nel caso che occupa, posto che la procura è stata apposta in calce ad un atto che non è dubitabile si riferisse alla controversia tributaria de qua, a partire dalla sua univoca intestazione.
Dal contesto dell’atto quindi si deduce la chiara volontà di Metalstampo srl di conferire al rag. D.P. non il limitato incarico di rappresentarla nel procedimento di accertamento in base agli studi di settore, bensì quello più ampio della difesa nella fase processuale conseguente all’emissione dell’atto impositivo, sicché la limitativa indicazione “in sede propria” non può essere intesa che frutto di una banale, quanto irrilevante, trascuratezza.
Ne consegue che la CTR ha violato il principio di conservazione dei negozi giuridici processuali, quale emerge dagli artt. 1367, 1369, cod. civ., 156, 159, cod. proc. civ., trattandosi di vizio rilevabile in questa sede – secondo la giurisprudenza di questa Corte per la quale «La procura “ad litem” è atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale, che va interpretato secondo i criteri ermeneutici stabiliti per gli atti di parte dal combinato disposto di cui all’art. 1367 cod. civ., e art. 159 cod. proc. civ., nel rispetto in particolare del principio di relativa conservazione, in relazione al contesto dell’atto cui essa accede, rimanendo sotto tale profilo censurabile l’interpretazione datane dal giudice di merito solo per eventuali omissioni ed incongruità argomentative, e non anche mediante la mera denunzia dell’ingiustificatezza del risultato interpretativo raggiunto, prospettante invece un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità» (Sez. 3, n. 1419 del 2011; conf. Sez. 1, 21924 del 2006) – posto che il giudice di appello si è assertivamente limitato ad escludere la validità della procura de qua.
Conseguentemente nemmeno può ravvisarsi alcuna mancanza di sottoscrizione del ricorso introduttivo del primo grado del giudizio, essendo lo stesso sottoscritto non solo dalla parte, ma anche contestualmente dal difensore legittimato della stessa ed autenticante.
Anche tale denunciato vizio è dunque sussistente.

5. Il ricorso deve pertanto essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria regionale del Veneto.

P.Q.M. – (Omissis).

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