15 Giugno, 2017

1. Premessa

Con un trittico di sentenze sintetiche, sotto il profilo motivazionale, ma di grande rilevanza sotto il profilo sistematico, la Suprema Corte conferma il proprio indirizzo interpretativo sulla portata della nullità degli atti di accertamento non validamente sottoscritti, prevista nell’art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Le pronunce si pongono in scia con i precedenti in terminis, rappresentati dalle sentenze della Corte di Cassazione n. 18448 del 2015 (1) nonché dalle più recenti sentenze n. 22803 del 2015 (2), n. 22810 del 2015 (3) e n. 24492 del 2015 (4), in materia di accertamenti sottoscritti da un funzionario delegato, alla luce della nota pronuncia resa dalla Corte Costituzionale n. 37 del 2015 (5).
Dei precedenti sopra richiamati, particolarmente stimolante appare la decisione n. 18488 del 2015, ripresa dall’annotata sentenza n. 381 del 2015, che ricostruisce in termini sistematici i rapporti tra il diritto tributario e la disciplina generale del procedimento amministrativo, di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. In essa si ritrova l’affermazione, in sé incontestabile, del rapporto di species a genus del primo rispetto al secondo, sennonché lo sviluppo di tale relazione, nel ragionamento della Suprema Corte, porta ad esaltare i tratti specialistici dell’ordinamento fiscale, anche al di là di quanto si sarebbe potuto ragionevolmente dedurre, sino a depotenziare taluni degli istituti di maggiore rilievo del procedimento amministrativo.

2. L’origine delle problematiche indagate

Le questioni affrontate dalla Corte di Cassazione nelle pronunce da ultimo citate riguardano in particolare le disposizioni sulla sanatoria dei vizi del provvedimento amministrativo. Il riferimento è all’art. 21-septies della menzionata legge n. 241/1990, che sancisce la nullità del provvedimento amministrativo mancante degli elementi essenziali, viziato per incompetenza assoluta di attribuzione, emesso in violazione del giudicato, «nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge», e all’art. 21-octies della medesima legge, che dispone l’annullabilità del provvedimento in presenza di vizi diversi e meno gravi di quelli indicati nell’articolo precedente e soprattutto stabilisce che «non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato».
Il tema dei rapporti tra le norme sul procedimento tributario e le disposizioni generali sul procedimento amministrativo è molto complesso e richiederebbe un approfondimento specifico (6). In questa sede è sufficiente evidenziare come i problemi interpretativi siano molteplici. Emblematico delle difficoltà che si pongono, al riguardo, all’attenzione degli studiosi è, ad esempio, il problema della qualificazione del difetto di motivazione di un atto impositivo nell’ambito delle nullità (7) ovvero delle annullabilità (8). Nel primo caso bisognerebbe ulteriormente acclarare se si è in presenza di una nullità intesa nel senso proprio del diritto civile (9), in quanto tale rilevabile anche d’ufficio senza termini decadenziali, ovvero di una nullità con gli effetti tipici dell’annullabilità. Nella seconda eventualità (10) si porrebbe il problema della operatività della sanatoria degli effetti di cui al citato art. 21-octies nell’ambito degli atti tributari privi di motivazione.
In dottrina sono autorevolmente sostenute diverse ipotesi interpretative. A fronte della tesi favorevole all’inquadramento del vizio di motivazione tra le cause propriamente di nullità dell’atto impositivo (11), segnatamente tra quelle che il già citato art. 21-septies riferisce “ai casi previsti dalla legge”, si contrappone quella che qualifica, in linea di principio, sempre come annullabilità la sanzione dedicata ai provvedimenti tributari immotivati, salvo escludere l’applicabilità della sanatoria del vizio (12) in tutte le ipotesi in cui la disciplina speciale tributaria ne sancisca in modo espresso la nullità (13). Anche in quest’ultima ipotesi, peraltro, si tratterebbe comunque di una nullità accostabile all’annullabilità quanto agli effetti, poiché essa dovrebbe comunque essere eccepita, a pena di decadenza, entro i termini della proposizione del ricorso. A queste due tesi si affianca da ultimo un’impostazione dottrinale intermedia, a mente della quale, fermo restando che il difetto di motivazione dovrebbe appartenere, in via naturale, alle cause di nullità dell’atto (14), gli effetti della stessa resterebbero comunque regolati dalla disciplina speciale tributaria che, in ragione dell’esigenza di certezza dei rapporti, richiede sempre che le contestazioni avvengano entro termini decadenziali brevi, a pena di consolidamento della pretesa erariale (15).
In ogni caso la dottrina del tutto prevalente esclude che gli avvisi di accertamento possano essere considerati atti di natura vincolata e pertanto suscettibili di beneficiare della ridetta sanatoria degli effetti, consentita in presenza di cause di annullabilità dei provvedimenti amministrativi. Tanto, in ragione della circostanza che gli atti di natura vincolata, soprattutto in campo tributario, nel quale l’Amministrazione finanziaria può seguire strade interpretative diverse per supportare la rettifica della posizione del contribuente, sono solo quelli «che si limitano ad una constatazione di fatti priva di qualsiasi apporto di elaborazione intellettiva rilevante da parte dell’autorità amministrativa emanante, ovverosia a quei provvedimenti il cui contenuto dispositivo per il contribuente è noto o fortemente prevedibile, ancor prima che siano emanati» (16).
Ne deriva che con riferimento agli atti sostanzialmente accertativi non dovrebbe mai darsi luogo alla sanatoria del provvedimento privo di motivazione, sia che si tratti di provvedimento nullo sia che lo si consideri meramente annullabile.
Il discorso però diventa più complesso con riguardo alle cartelle di pagamento.
Invero, ferma restando la condivisibilità della qualificazione delle iscrizioni a ruolo eseguite ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, alla stregua di veri e propri provvedimenti impositivi (17), è altrettanto innegabile che in alcuni casi l’attività dell’Ufficio si limita alla semplice correzione di errori formali ovvero al recupero di imposte dichiarate e non versate. In tali ipotesi l’iscrizione a ruolo e la conseguente cartella di pagamento potrebbero essere considerati come provvedimenti a carattere vincolato (18). Per l’effetto potrebbe diventare decisivo, a seconda dell’ottica interpretativa che si predilige, accertare se il vizio di omessa motivazione ricada nel novero delle nullità o delle fattispecie di annullabilità. Prima degli arresti in commento, la giurisprudenza di vertice è apparsa molto cauta nel recepire in ambito tributario la sanatoria delle cause di annullabilità degli atti tributari, così come prevista dall’art. 21-octies della legge n. 241/1990, soprattutto in tema di motivazione. Nella sentenza n. 2373 del 2013 (19) la Suprema Corte, al fine di salvare una cartella di pagamento conseguente a precedenti avvisi di accertamento che non riportava con precisione i dati identificativi degli avvisi stessi, rileva che, in campo tributario, anche i vizi sanzionati con la nullità «corrispondono di norma ai vizi di annullabilità degli atti amministrativi. Si deve in proposito evidenziare come la rilevanza del vizio di legittimità connesso a violazione delle norme sul procedimento, viene a essere elisa nel caso di atti a contenuto vincolato – cfr. articolo 21-octies comma 2 l. n. 241 del 1990 – quale deve ritenersi il contenuto della cartella di pagamento interamente predeterminato dal modello ministeriale». Si tratta tuttavia di considerazione svolta ad abundantiam per supportare il giudizio di legittimità della cartella di pagamento, eminentemente fondato sulla funzione “oppositiva” della motivazione che non può condurre all’annullamento dell’atto in tutti i casi in cui il contribuente non dimostri una effettiva menomazione del suo diritto alla difesa (20).
Nella nota ordinanza n. 244 del 2009 (21), la Consulta, nel rigettare l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, nella parte in cui non sanziona espressamente l’avviso di accertamento emesso prima del decorso del termine di sessanta giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione, suggerisce chiaramente l’interpretazione secondo cui la carenza di motivazione sarebbe riconducibile, quale causa di nullità del provvedimento, all’ambito dell’art. 21-septies della legge n. 241/1990, trattandosi di un elemento essenziale dell’atto tributario.
L’ordinanza n. 21446 del 2011 (22) della Corte di Cassazione aveva ad oggetto un diniego di condono, ex art. 9-bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289, causato dal versamento in ritardo dell’ultima rata ma erroneamente motivato con la dicitura “somma versamenti non capiente con il dichiarato”. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Ufficio finanziario che aveva tra l’altro dedotto la violazione dell’art. 21-octies sul presupposto che in caso di versamento ritardato il diniego era un atto vincolato.
Da ultimo, e a ulteriore riprova della cautela dei giudici di vertice nel fare applicazione della sanatoria delle cause di annullabilità, si richiama la sentenza n. 7635 del 2014 della Corte di Cassazione (23), in tema di nullità dell’avviso di accertamento mancante della indicazione delle aliquote d’imposta, in cui si esclude «che sia consentita una valutazione di merito circa l’incidenza che essa avrebbe avuto in concreto sui diritti del contribuente», così obliterando consapevolmente il disposto di cui al ridetto art. 21-septies della legge n. 241/1990 (24).

3. L’attuale orientamento di legittimità sui rapporti tra procedimento tributario e amministrativo

Rispetto alle questioni sopra delineate, la presa di posizione ultima della Suprema Corte sembra quantomeno apportare degli elementi di chiarezza e, si spera, di stabilità.
In primo luogo, nella citata sentenza n. 18448 del 2015, la Corte di Cassazione afferma che, nell’ambito dell’ordinamento tributario, la totalità dei vizi di invalidità degli atti impositivi è riconducibile alla categoria dell’annullabilità, giammai a quella della nullità, neppure in presenza di una disposizione espressa in tale senso, come accade ad esempio nelle ipotesi del difetto di sottoscrizione e della carenza di motivazione. Ciò in quanto esigenze di certezza del rapporto tributario impongono l’immediata contestazione dei vizi in esame, a pena del consolidamento della pretesa creditoria erariale. Ne consegue, in prima battuta, che nella disciplina che ci occupa non trova applicazione, in linea di principio, l’art. 21-septies della legge n. 241/1990 (25).
Quanto alla sanatoria dei vizi formali, di cui all’art. 21-octies della medesima legge n. 241/1990, la sentenza n. 25017 del 2015 qui in commento osserva in via generale, in disparte da qualsivoglia considerazione in ordine alla natura vincolata dell’atto di accertamento, che «non essendo applicabile al diritto tributario il principio di cui all’articolo 21-octies, comma 1, deve escludersi anche l’applicazione del secondo comma che del primo costituisce una deroga, giustificata proprio dalla circostanza che – nel diritto amministrativo comune – ogni illegittimità dell’atto ne determina invalidità».
Al contrario, prosegue la Suprema Corte, nel diritto tributario le nullità derivano da espresse previsioni legislative, di talché l’inosservanza del precetto di legge non può mai risultare irrilevante, in forza di una inammissibile sanatoria dei vizi formali. In estrema sintesi dunque la disciplina dei vizi del provvedimento amministrativo, in ambito tributario, subisce le seguenti correzioni, rispetto alle omologhe regole del procedimento amministrativo: a) di norma, non si controverte mai di nullità dell’atto ma di annullabilità dello stesso, in ragione delle superiori esigenze di certezza del rapporto tributario; b) conseguentemente, l’eccezione deve essere proposta a pena di decadenza nel ricorso introduttivo e non può essere rilevata d’ufficio; c) le ipotesi di annullabilità sono tassative, derivando esse esclusivamente da specifiche disposizioni di legge e non potendo invece essere ricavate dalla disciplina generale del procedimento amministrativo; d) pertanto, non può mai operare la sanatoria dei vizi formali, di cui all’art. 21-octies della legge n. 241/1990, atteso che prevale sempre la valutazione negativa disposta dalla speciale norma attributiva del vizio di annullabilità.
In forza di quest’ultimo enunciato, la Corte di Cassazione ha pertanto escluso che il difetto di sottoscrizione, sub specie di invalidità della delega di firma, possa essere superato facendo leva sul medesimo art. 21-octies della legge n. 241/1990.

4. La questione della nullità per difetto di sottoscrizione

Dopo avere tratteggiato gli ultimi pronunciamenti sulle relazioni tra procedimento amministrativo e procedimento tributario, che costituiscono le premesse sistematiche delle conclusioni raggiunte dalla Suprema Corte, è ora necessario affrontare il “cuore” del problema rappresentato dalla corretta individuazione del perimetro applicativo della nullità sancita dall’art. 42, terzo comma, del D.P.R. n. 600/1973. Il tema si intreccia, come noto, con la questione della illegittimità delle disposizioni di legge che hanno consentito di nominare a capo degli Uffici funzionari prescelti senza una procedura a evidenza pubblica (26).
Nella sopra menzionata sentenza n. 22800 del 2015 la Corte di Cassazione ha escluso che il valido possesso della qualifica dirigenziale costituisca elemento indispensabile ai fini della legittimità della sottoscrizione dell’avviso di accertamento e dunque del disinnesco della sanzione di nullità, sopra enunciata. Ciò che conta, continua la Suprema Corte valorizzando il portato letterale dell’art. 42 del D.P.R. n. 600/1973, è che si tratti di funzionari appartenenti alla carriera direttiva, anche se privi della qualifica dirigenziale. Nelle successive (e già sopra citate) sentenze nn. 22803, 22810 e 24492 del 2015, i giudici di legittimità hanno tuttavia avuto modo di puntualizzare le regole in presenza delle quali sia possibile riconoscere validità alla delega di firma attribuita dal direttore dell’Ufficio finanziario.
Queste sono rappresentate: a) dalla puntuale indicazione delle ragioni che hanno determinato la necessità del conferimento della delega; b) dalla fissazione del termine di durata della delega; c) dalla indicazione del nominativo del funzionario delegato, essendo insufficiente allo scopo la mera individuazione dello stesso attraverso il richiamo alla mansione svolta dal delegato medesimo. Osserva ancora la Suprema Corte che «la c.d. delega in bianco, priva del nominativo del soggetto delegato, deve quindi essere considerata nulla non essendo possibile verificare agevolmente da parte del contribuente se il delegatario avesse il potere di sottoscrivere l’atto impugnato e non essendo ragionevole attribuire al contribuente una tale indagine amministrativa al fine di verificare la legittimità dell’atto» (cfr. Cass. n. 22803 del 2015, cit.).
Le pronunce qui commentate appaiono dunque in piena sintonia con l’orientamento sopra esposto.
In particolare:
a) nella sentenza n. 25017, si è ribadito che la delega “in bianco”, conferita cioè senza l’espressa indicazione del funzionario delegato alla sottoscrizione, determina la nullità dell’avviso di accertamento;
b) nella sentenza n. 381, la Corte ha confermato che l’eccezione di nullità per difetto di sottoscrizione non è mai rilevabile d’ufficio ma deve sempre essere tempestivamente proposta in sede di ricorso introduttivo. Ciò, in ragione della specificità del regime delle nullità nel diritto tributario, che in realtà si declina secondo le categorie dell’annullabilità;
c) nella sentenza n. 25280, infine, viene censurato l’Ufficio finanziario per non aver provato che chi ha sottoscritto l’avviso di accertamento «avesse la nona qualifica funzionale richiesta dalla normativa» e disponesse di una valida delega a tale sottoscrizione.
È verosimile ritenere che registreremo nuovi arresti in tale ambito poiché i confini tra nullità e annullabilità a volte sono davvero sfumati e incerti.

Dott. Luigi Lovecchio

(1) Cfr. Cass., sez. trib., 18 settembre 2015, n. 18448, in Boll. Trib., 2015, 1582, con nota di AZZONI, Annullabilità, nullità e inesistenza dell’atto tributario.
(2) Cfr. Cass., sez. trib., 9 novembre 2015, n. 22803, in Boll. Trib., 2015, 1737, nonché il relativo commento di AZZONI, 21 ottobre 2015, il “Dirigent Day” esprime tre decisioni che portano ulteriore chiarezza sulla sottoscrizione degli atti impositivi, ibidem, 1690 ss.
(3) Cfr. Cass., sez. trib., 9 novembre 2015, n. 22810, in Boll. Trib., 2015, 1740, e le considerazioni svolte al riguardo da AZZONI, 21 ottobre 2015, il “Dirigent Day” esprime tre decisioni che portano ulteriore chiarezza sulla sottoscrizione degli atti impositivi, cit.
(4) Cfr. Cass., sez. trib., 2 dicembre 2015, n. 24492, in Boll. Trib. On-line.
(5) Cfr. Corte Cost. 17 marzo 2015, n. 37, in Boll. Trib., 2015, 790, con nota di AZZONI, Atti firmati da dirigenti illegittimi: le Commissioni tributarie tirano le fila della sentenza della Consulta.
(6) In termini si rinvia, tra gli interventi più autorevoli, a TESAURO, L’invalidità dei provvedimenti impositivi, in Boll. Trib., 2005, 1445 ss.; e BASILAVECCHIA, La nullità degli atti impositivi: considerazioni sul principio di legalità e funzione impositiva, in Riv. dir. fin. e sc. fin., 2007, I, 60 ss.
(7) Ai sensi dell’art. 21-septies della legge n. 241/1990.
(8) Ai sensi del successivo art. 21-octies della legge n. 241/1990.
(9) Ex artt. 1418 ss. c.c. o, in alternativa, nel senso fatto proprio dal diritto amministrativo.
(10) E cioè la motivazione come elemento il cui difetto può al più comportare l’annullabilità del provvedimento.
(11) Segnatamente tra le ipotesi accostabili alla nullità contrattuale, rilevabile d’ufficio e imprescrittibile, cfr. TESAURO, op. cit., 1447; in termini più sfumati ID., In tema di invalidità dei provvedimenti impositivi e di avviso di accertamento notificato ante tempus, in Rass. trib., 2013, 1138-1139.
(12) Prevista nel citato art. 21-octies.
(13) Ved. BASILAVECCHIA, op. cit., 359 ss.
(14) In quanto tale insuscettibile di sanatoria qualora il risultato finale del provvedimento appaia, a priori, univocamente determinato.
(15) Cfr. CALIFANO, La motivazione degli atti impositivi, Torino, 2012, 246, e da ultimo ID., La motivazione degli atti impositivi tra forma e sostanza, principi europei e costituzionali, in Riv. trim. dir. trib., 2013, 89-90.
(16) Ved. CALIFANO, La motivazione, cit., 250.
(17) E comunque a prescindere che si aderisca o meno a tale qualificazione.
(18) Lo stesso dicasi nelle ipotesi in cui la cartella riproduca la liquidazione del precedente avviso di accertamento.
(19) Cass., sez. trib., 31 gennaio 2013, n. 2373, in Boll. Trib. On-line.
(20) Così anche CICALA, Violazione di legge e invalidità degli atti tributari: il caso dei dirigenti illegittimi, in Boll. Trib., 2015, 1688-1689.
(21) Cfr. Corte Cost. 24 luglio 2009, ord. n. 244, in Boll. Trib., 2009, 1724, con nota di BRIGHENTI, Avviso di accertamento anticipato: è nullo se manca la motivazione sull’urgenza.
(22) Cfr. Cass., sez. trib., 17 ottobre 2011, ord. n. 21446, in Boll. Trib. On-line.
(23) Cfr. Cass., sez. trib., 2 aprile 2014, n. 7635, in Boll. Trib. On-line.
(24) In questo senso BASILAVECCHIA, Verso una definitiva chiusura sulla sorte degli accertamenti privi di aliquote, in Corr. trib., 2014, 2004.
(25) «c) la disciplina dei vizi di nullità degli atti amministrativi, previsti dall’art. 21-septies della legge n. 241/1990, non può, pertanto, essere automaticamente trasposta in ambito tributario ma deve essere necessariamente coordinata con la normativa tributaria (che costituisce un sottosistema del diritto amministrativo in relazione di “species ad genus”: con la conseguenza che, le norme che regolano il procedimento amministrativo trovano applicazione nel sottosistema, nei limiti in cui non siano derogate od incompatibili con le norme di diritto tributario che disciplinano il procedimento impositivo) che, pur prevedendo anch’essa il vizio di nullità dell’atto tributario (es. le “nullità” per violazione dell’obbligo di motivazione del provvedimento impositivo, introdotte dal D.lgs. n. 32/2001 nel corpus legislativo delle diverse imposte, in attuazione della legge n. 212/2000), lo configura, tuttavia, come vizio di legittimità che (al pari dei vizi di annullabilità) può essere dedotto dal contribuente soltanto attraverso i motivi di ricorso, da proporre avanti le Commissioni tributarie nel termine di decadenza previsto dall’art. 21 del D.lgs. n. 546/1992, in difetto di proposizione del quale il provvedimento tributario viziato da “nullità” si consolida, rendendo definitivo il rapporto obbligatorio sottostante e legittimando l’Amministrazione finanziaria alla riscossione coattiva della imposta»: così Cass. n. 18448 del 2015, cit.
(26) Cfr. Corte Cost. n. 37 del 2015, cit. In termini si vedano, ex multis, CICALA, op. cit., 1685; AZZONI, 21 ottobre 2015, il “Dirigent Day” esprime tre decisioni che portano ulteriore chiarezza sulla sottoscrizione degli atti impositivi, cit.; ID., Atti firmati da dirigenti illegittimi: le Commissioni tributarie tirano le fila della sentenza della Consulta, cit., in nota a Corte Cost. 17 marzo 2015, n. 37, e Comm. trib. prov. di Milano, sez. XXV, 10 aprile 2015, n. 3222, in Boll. Trib., 2015, 797 ss.; FERRARI – GIUSTO, Risvolti di na¬tura processuale alla luce della sentenza della Consulta sulle norme salva-dirigenti, ibidem, 885 ss.; BORGOGLIO, La teoria della nullità degli atti sottoscritti dai dirigenti decaduti è una valida strategia difensiva?, in Corr. trib., 2015, 2660 ss.; e RAGGI, Il vizio di delega fa breccia in Cassazione. Sui dirigenti “caso” chiuso?, in Riv. giur. trib., 2016, 58 ss.

I

Accertamento imposte sui redditi e IVA – Accertamento – Avviso di accertamento – Sottoscrizione da parte del capo dell’Ufficio o di altro funzionario della carriera direttiva da lui delegato – Necessità, a pena di nullità dell’avviso – Inapplicabilità del regime normativo dei vizi di nullità dell’atto amministrativo – Riconduzione dei vizi di nullità tributaria allo schema della invalidità-annullabilità – Onere di tempestiva contestazione da parte del contribuente mediante ricorso da proporre entro l’ordinario termine di decadenza – Sussiste – Contestazione mediante l’impugnazione dell’atto consequenziale o rilevabilità d’ufficio da parte del giudice tributario – Inammissibilità.

Alla sanzione della nullità comminata dall’art. 42, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, all’avviso di accertamento privo di sottoscrizione, delle indicazioni e della motivazione di cui al precedente secondo comma, o al quale non risulti allegata la documentazione non anteriormente conosciuta dal contribuente, al pari delle altre norme che prevedono analoghe ipotesi di nullità degli atti tributari nelle diverse discipline d’imposta, non è direttamente applicabile il regime normativo di diritto sostanziale e processuale dei vizi di nullità dell’atto amministrativo, che hanno trovato riconoscimento positivo nell’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e sistemazione processuale nell’art. 31, quarto comma, del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, nell’autonoma azione di accertamento della nullità sottoposta a termine di decadenza e nell’attribuzione del potere di rilevazione ex officio da parte del giudice amministrativo, atteso che l’ordinamento tributario costituisce un sottosistema del diritto amministrativo con il quale è in rapporto di “species ad genus”, potendo pertanto trovare applicazione le norme generali sugli atti del procedimento amministrativo soltanto nei limiti in cui non siano derogate o non risultino incompatibili con le norme speciali di diritto tributario che disciplinano gli atti del procedimento impositivo, ostando alla generale estensione del regime normativo di diritto amministrativo la scelta operata dal legislatore di ricomprendere nella categoria unitaria della “nullità tributaria” indifferentemente tutti i vizi ritenuti tali da inficiare la validità dell’atto tributario riconducendoli, indipendentemente dalla peculiare natura di ciascuno, nello schema della “invalidità-annullabilità”, dovendo essere gli stessi tempestivamente fatti valere dal contribuente mediante impugnazione da proporsi con ricorso entro il termine di decadenza di cui all’art. 21 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in difetto del quale il provvedimento tributario, pure se affetto da vizio di “nullità”, si consolida, divenendo definitivo e legittimando l’Amministrazione finanziaria alla riscossione coattiva dell’imposta, il che esclude che tale vizio di nullità possa essere fatto valere per la prima volta dal contribuente con l’impugnazione dell’atto consequenziale o comunque essere rilevato d’ufficio dal giudice tributario, anche in difetto di una norma di legge che attribuisca espressamente tale potere.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. e rel. Cicala), 13 gennaio 2016, sent. n. 381, ric. Agenzia delle entrate]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE – L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione deducendo due motivi avverso la sentenza 31/8/2013 depositata il 29 novembre 2013, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna-Sassari aveva accolto l’appello della contribuente avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Sassari e dichiarato la nullità per difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento dei redditi ed IVA per l’anno 2005.
La contribuente si è costituita in giudizio. Il ricorso deve essere accolto.
La sentenza impugnata affronta il tema della sottoscrizione degli atti impositivi dichiarandoli nulli in quanto:
nell’accertamento notificato all’appellante è riportata solamente la firma del “Capo Ufficio Controlli” nella persona del funzionario “C.C.” con l’espressa dicitura “firma su delega del Direttore Provinciale PP”, senza comunque che l’avviso suddetto sia stato notificato unitamente alla delega e senza provare che il funzionario che ha sottoscritto sia un impiegato della carriera direttiva ex art. 42 DPR 600/73.
La Commissione, dopo attenta valutazione, ha dunque ritenuto che detto motivo di appello, seppur presentandosi come “nuovo” in quanto mai proposto nella fase del primo grado di giudizio, debba essere affrontato – e valutato positivamente – in quanto affronta la questione di una nullità insanabile che può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, e che la stessa possa essere quindi eccepita anche per la prima volta in appello ex art. 57 2° comma dpr 546/1992.
Tale pronuncia si pone in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui
«Alla sanzione della “nullità” comminata dall’art. 42, comma 3, Dpr n. 600/1973 all’avviso di accertamento privo di sottoscrizione, delle indicazioni e della motivazione di cui al precedente comma 2, o al quale non risulti allegata la documentazione non anteriormente conosciuta dal contribuente, al pari delle altre norme che prevedono analoghe ipotesi di “nullità” degli atti tributari nelle diverse discipline d’imposta, non è direttamente applicabile il regime normativo di diritto sostanziale e processuale dei vizi di “nullità” dell’atto amministrativo che hanno trovato riconoscimento positivo nell’art. 21-septies della legge n. 241/1990 e sistemazione processuale nell’art. 31, comma 4, del DLgs 2 luglio 2010 n. 104 (CPA) nell’autonoma azione di accertamento della nullità sottoposta a termine di decadenza, e nella attribuzione del potere di rilevazione “ex officio” da parte del Giudice amministrativo atteso che l’ordinamento tributario costituisce un sottosistema del diritto amministrativo con il quale è in rapporto di “species ad genus”, potendo pertanto trovare applicazione le norme generali sugli atti del procedimento amministrativo soltanto nei limiti in cui non siano derogate o non risultino incompatibili con le norme speciali di diritto tributario che disciplinano gli atti del procedimento impositivo, ostando alla generale estensione del regime normativo di diritto amministrativo, la scelta operata dal Legislatore, nella sua piena discrezionalità politica di ricomprendere nella categoria unitaria della “nullità tributaria” indifferentemente tutti i vizi ritenuti tali da inficiare la validità dell’atto tributario, riconducendoli, indipendentemente dalla peculiare natura di ciascuno, nello schema della invalidità-annullabilità, dovendo essere gli stessi tempestivamente fatti valere dal contribuente mediante impugnazione da proporsi, con ricorso, entro il termine di decadenza di cui all’art. 21 Dlgs n. 546/1992, in difetto del quale il provvedimento tributario – pure se affetto da vizi [di] “nullità” – si consolida, divenendo definitivo e legittimando l’Amministrazione finanziaria alla riscossione coattiva della imposta. Consegue che si pone in oggettivo conflitto con il sistema normativo tributario l’affermazione secondo cui, in difetto di tempestiva impugnazione dell’atto impositivo affetto da “nullità”, tale vizio possa comunque essere fatto valere per la prima volta dal contribuente con la impugnazione dell’atto conseguenziale, ovvero che, emergendo il vizio dagli stessi atti processuali, possa, comunque, essere rilevato di ufficio dal Giudice tributario, anche in difetto di norma di legge che attribuisca espressamente tale potere» (cfr. la sentenza n. 18488 del 18 settembre 2015 (1)).

P.Q.M. – La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rimette la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna.

(1) In Boll. Trib., 2015, 1582.

II

Accertamento imposte sui redditi e IVA – Accertamento – Avviso di accertamento – Sottoscrizione da parte del capo dell’Ufficio o di altro funzionario della carriera direttiva da lui delegato – Necessità, a pena di nullità dell’avviso – Mancata prova di una valida delega alla sottoscrizione del provvedimento e/o del requisito della nona qualifica funzionale del soggetto delegato – Nullità dell’atto impositivo sottoscritto dal delegato – Consegue.

Non soddisfa il requisito di sottoscrizione dell’avviso di accertamento previsto, a pena di nullità, dall’art. 42, commi primo e terzo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la sottoscrizione dell’atto impositivo da parte di un soggetto non validamente ed efficacemente delegato, in quanto il soggetto istituzionalmente competente a sottoscriverlo è solo il capo dell’Ufficio finanziario emittente, e perciò ne consegue la radicale nullità dell’avviso di accertamento rispetto al quale l’Ufficio procedente non provi che chi lo ha firmato sia stato validamente delegato e/o che abbia la nona qualifica funzionale richiesta dalla normativa, cioè che sia un funzionario della carriera direttiva, ancorché non necessariamente un dirigente.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. e rel. Cicala), 16 dicembre 2015, sent. n. 25280, ric. Agenzia delle entrate]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE – 1. L’Agenzia ricorre per cassazione deducendo quattro motivi avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto-Mestre 1166/1/14 del 7 luglio 2014 che, ha accolto l’appello del sig. M.F. e dichiarava la illegittimità di avvisi di accertamento IRPEF IRAP IVA per gli anni 2006 e 2007.
2. Il sig. M.F. non si è costituito in giudizio.
3. Viene in considerazione il seguente passo della sentenza impugnata:
c) l’Ufficio non ha mai provato che chi ha firmato avesse la nona qualifica funzionale richiesta dalla normativa;
– che questa Commissione, al di là della motivazione della sentenza impugnata che è oggettivamente carente, ritiene di doversi soffermare sulla decisiva questione dei poteri del funzionario che ha sottoscritto l’atto impugnato e su quella correlata dell’esistenza di una valida delega a detto funzionano, concludendosi che:
a) l’atto impugnato pacificamente non è stato sottoscritto dal direttore dell’ufficio né da un funzionario della carriera direttiva (nona qualifica) dallo stesso validamente delegato;
b) l’atto dispositivo n. 27/2011, prodotto in questo grado (all. 9 dell’appellato), non può assolutamente considerarsi valida delega per il caso che ci occupa, solo sulla base del suo tenore letterale, che mai parla di una delega in caso di accertamento, nemmeno a favore del “Capo Area accertamento”, al quale la delega di firma è conferita solo per le “richieste di atti e notizie o segnalazioni di elementi di accertamento”;
c) ne consegue che – sulla base di costante giurisprudenza della suprema Corte, da ultimo Cass. 14 giugno 2013, n. 14942 – “non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42, commi primo e terzo” d.p.r. 600/73, la sottoscrizione di un soggetto non validamente ed efficacemente delegato, in quanto il soggetto istituzionalmente competente a sottoscriverli è solo il capo dell’Ufficio emittente;
d) l’avviso di accertamento è quindi radicalmente nullo, il che importa l’accoglimento dell’appello (rimanendo assorbiti gli ulteriori motivi di censura).
Il Collegio osserva che nel suo ricorso (pag. 8) la Agenzia ammette che la eccezione di nullità dell’atto per omessa sottoscrizione di un funzionario qualificato è stata dedotta dal contribuente fin dal ricorso introduttivo di primo grado.
Dunque la pronuncia sulla validità dell’atto era ammissibile.
Essa appare altresì conforme alla giurisprudenza di questa Corte in quanto “l’Ufficio non ha mai provato che chi ha firmato avesse la nona qualifica funzionale richiesta dalla normativa”, cioè fosse un funzionario della carriera direttiva (ancorché non necessariamente un dirigente).
Non vi è luogo a provvedere per le spese.

P.Q.M. – La Corte rigetta il ricorso.

III

Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Avviso di accertamento – Sottoscrizione da parte del capo dell’Ufficio o di altro funzionario della carriera direttiva da lui delegato – Necessità, a pena di nullità dell’avviso – Delega alla sottoscrizione del provvedimento senza l’indicazione delle ragioni o del nominativo del soggetto delegato o del termine di durata – Invalidità – Illegittimità della delega impersonale e nullità dell’atto impositivo sottoscritto dal delegato – Conseguono – Art. 21-octies della legge n. 241/1990 – Inapplicabilità.

In base all’art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’Ufficio finanziario o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, e tale delega può essere conferita o con un atto proprio o con un ordine di servizio purché venga indicato, unitamente alle ragioni della delega, il termine di validità e il nominativo del soggetto delegato, non essendo sufficiente, sia in caso di delega di firma sia in caso di delega di funzione, l’indicazione della sola qualifica professionale del destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alle generalità di chi effettivamente rivesta la qualifica richiesta, di talché sono illegittime le deleghe impersonali, anche “ratione officii”, prive dell’indicazione nominativa del soggetto delegato, e non è dunque sufficiente la sola indicazione come delegato del “capo team” per rendere legittima la delega, con conseguente nullità dell’atto impositivo, rispetto alla quale non rileva invocare l’art. 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, siccome inapplicabile al diritto tributario e agli atti impositivi tributari.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. e rel. Cicala), 11 dicembre 2015, sent. n. 25017]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE – 1. Il sig. M.P. ricorre per cassazione deducendo quattro motivi avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia – Palermo 179/25/13 del 13 settembre 2013 che, ha rigettato l’appello del sig. P. avverso avviso di accertamento IRPEF per l’anno 2006.
2. La Agenzia si è costituita in giudizio con controricorso.
3. Primo punto in discussione fra le parti è costituito dal seguente passo della sentenza impugnata:
L’appellante lamenta l’omessa pronunzia sul motivo del ricorso, che ripropone, con cui deduce la nullità dell’atto impugnato in quanto l’avviso di accertamento è stato sottoscritto da un soggetto che non è in possesso della qualifica richiesta e senza l’annotazione della delega ricevuta.
Si rileva che in tema di atti amministrativi vige il principio generale di delegabilità di singole funzioni, da parte dell’autorità posta al vertice dell’ufficio amministrativo, nei confronti di addetti all’ufficio con qualifiche e cognizioni adeguate, in ragione di tale principio deve considerarsi legittima l’apposizione della sottoscrizione da parte del Capo Team.
Nella fattispecie comunque trova applicazione il principio della conservazione dell’atto amministrativo di cui all’art. 21-octies comma 2 della L. 241/1990, ricorrendone i presupposti, in quanto è palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
La motivazione nella sua prima parte si pone in contrasto con i principi enunciati da questa Corte secondo cui, in base all’art. 42 dpr 600/1973, l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Tale delega può essere conferita o con atto proprio o con ordine di servizio purché venga indicato, unitamente alle ragioni della delega (ossia le cause che ne hanno resa necessaria l’adozione, quali carenza di personale, assenza, vacanza, malattia, etc.) il termine di validità ed il nominativo del soggetto delegato. E non è sufficiente sia in caso di delega di firma sia in caso di delega di funzione l’indicazione della sola qualifica professionale del destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alle generalità di chi effettivamente rivesta la qualifica richiesta. Sono perciò illegittime le deleghe impersonali, anche “ratione officii” prive di indicazione nominativa del soggetto delegato. E tale illegittimità si riflette sulla nullità dell’atto impositivo.
Non è dunque sufficiente l’indicazione come delegato del “capo team” per rendere legittima la delega.
Appare poi non pertinente il richiamo dell’art. 21-octies (relativo alla annullabilità del provvedimento), introdotto nella legge 241/1990 dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, art. 14, comma 1 (unitamente all’intero capo 4-bis dal titolo “efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo, revoca e recesso”); secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Sembra infatti al Collegio che non essendo applicabile al diritto tributario il principio di cui al 1° comma dell’art. 21-octies deve escludersi anche l’applicazione del secondo comma che del primo costituisce una deroga, giustificata proprio dalla circostanza che – nel diritto amministrativo “comune” – ogni illegittimità dell’atto ne determina invalidità.
Nel diritto tributario, invece, ogni nullità discende o da una specifica indicazione della legge, che ha valutato la gravità della violazione, o dalla violazione di un qualche principio fondamentale dell’ordinamento. Dunque è normativamente escluso che la illegittimità sia irrilevante e quindi risulti “palese che il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Del resto, non appare indifferente che un atto complesso come l’accertamento tributario sia emesso da un funzionario privo della necessaria qualifica, e quindi – deve presumersi – della necessaria capacità tecnica.
La applicabilità dell’art. 21-octies appare anche esclusa dalla circostanza che la illegittimità degli atti tributari è colpita (quando lo è) con una sanzione qualificata di nullità e non di annullabilità (come invece previsto dal primo comma dell’art. 21-octies).
Si soggiunge che nella, invero non numerosa, giurisprudenza di questa Corte che richiama il secondo comma dell’art. 21-octies, tale citazione appare un non necessario obiter in quando per sorreggere l’affermazione secondo cui la violazione di legge in cui è incorsa la Amministrazione non determina la nullità dell’atto non appare necessario invocare la norma in questione; mentre la norma non viene richiamata in decisioni ove avrebbe potuto invece svolgere un ruolo decisivo in favor dell’Erario.

P.Q.M. – La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *