10 Novembre, 2014


Pronuncia sorprendente nella motivazione e fortemente censurabile nelle conclusioni tratte (1). Non solo e non tanto nei contenuti – stante la nota opinabilità delle letture offerte da un diritto vivente, quello italico, nel cui seno l’uniformità sembra essere, si rassegni il lettore, un optional disdicevole e non un fondamentale strumento di lavoro – quanto piuttosto nello sconsolante scollamento logico e operativo delle Sezioni giudicanti rispetto alle indicazioni fornite, pur senza pretesa di rigorosa soggezione disciplinare (2), dalle Sezioni Unite.

La seconda delle due massime si colloca infatti a traino di una corrente ermeneutica apertis verbis ripudiata dalla Corte regolatrice con una pronuncia adottata solo alla fine dello scorso luglio e di cui francamente sconcerta che il relatore nulla sapesse, come ha purtroppo dimostrato nell’occasione (3).

Si era in allora affermato che la violazione del termine dilatorio di 60 giorni che deve intercorrere fra la chiusura delle operazioni di controllo fiscale e l’adozione del conseguente avviso di accertamento, previsto dal settimo comma dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), comporta “di per sé” la nullità del provvedimento adottato ante tempus, a meno che l’Ufficio finanziario emittente non dimostri – ahimè, anche nel caso in cui non vi abbia neppure accennato in precedenza – la sussistenza di concrete ragioni d’urgenza che all’accelerazione abbiano presieduto (in particolare, il rischio di sottrazione dei beni aggredibili o l’incombere della decadenza dell’azione finanziaria, purché beninteso non provocata da ritardi e negligenze riconducibili alla stessa mano pubblica).

Come detto, la tesi della natura meramente ordinatoria del termine, tesi su cui la Sezione VI oggi punta, ha ricevuto radicale smentita dalle Sezioni Unite proprio nei tre argomenti svolti a supporto, cioè: a) il principio di tassatività delle nullità (per cui, se il legislatore non ha espressamente comminato la sanzione di nullità, l’obbligo imposto alla pubblica Amministrazione non sarebbe altro che una irregolarità priva di implicazioni pratiche e, per ciò stesso, sanabile senza alcuna emenda ad hoc); b) la natura vincolata dell’atto successivo (l’avviso di accertamento) rispetto a quello prodromico (il processo verbale di constatazione); c) la possibilità, per il privato leso, di adire qualche altra soluzione procedurale, amministrativa o giudiziaria, per far valere le proprie ragioni.

Argomenti tutti di una povertà assordante nell’epoca in cui il citato diritto italico si ritrova a fare pesantemente i conti con un diritto europeo plasmato rispettivamente: a) sulla sostanza dei rapporti, costruiti sulla credibilità del dettato normativo e sull’affidamento che esso ingenera nelle parti che si fronteggiano (e che si fronteggiano in posizioni di parità); b) sull’abissale erroneità dell’assunto per cui l’avviso di accertamento può essere pedissequo al processo di constatazione, in quanto sempre l’Ufficio fiscale che contesta deve fare propria – con documentata convinzione – la rappresentazione degli organi addetti alla constatazione, senza mai darla per scontata; c) sulla non meno ciclopica infondatezza di un altro assunto, quello per cui la sfera delle facoltà difensive offerte al contribuente dall’ordinamento può impunemente essere intaccata e ridimensionata in ragione del fatto che altre frecce gli restano pur sempre nella faretra.

Non è un caso se i due precedenti richiamati oggi (4) erano già stati tenuti presenti dalle Sezioni Unite (5) e nondimeno bypassati come totalmente infondati.

[-protetto-]

Il nostro ragionamento si rafforza con riguardo allo status del terzo (vedi la prima massima). Un terzo che, proprio in quanto terzo, ha motivo di lamentarsi se il provvedimento destinato a riverberare effetti negativi sulla sua sfera giuridica non è stato formalmente redatto secundum legem. Tanto più se gli è rimasto, come nel nostro caso, inizialmente e per lungo tempo ignoto nell’an e nel quomodo. Per nulla persuasivo l’argomento speso, cioè che la questione risulterebbe coperta dalla decisione finale favorevole al diretto interessato (cioè al consorzio cui l’odierno ricorrente aderiva). E chi ci dice che il consorzio ne sia uscito proprio affermando la responsabilità del consortista?

Insomma, la strada maestra resta quella della nullità dell’avviso anticipato, con, quale unica eccezione, l’eventualità che siano sopraggiunti motivi d’urgenza, purché effettivi e non strumentali o indotti da una cattiva amministrazione del fattore temporale e debitamente allegati nel corpo del provvedimento stesso.

Avv. Valdo Azzoni

(1) Il nostro primo pensiero va al delicato compito che attende i componenti la sezione di Commissione tributaria regionale del Piemonte cui la causa è stata rimessa dopo la cassazione della sentenza impugnata. Essi infatti, tenuti a dare applicazione ai principi ivi affermati, non potranno astenersi dal chiedersi se, per caso, non deve prevalere l’opposto insegnamento delle Sezioni Unite illustrato più oltre nel testo.

(2) Corre l’obbligo di ricordare che «se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso» (art. 374, terzo comma, c.p.c.).

(3) Cfr. Cass., sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184, in Boll. Trib., 2013, 1428, con note di V. Azzoni, Sessanta e non più sessanta: la violazione del termine dilatorio dello Statuto dei diritti del contribuente costituisce un vizio invalidante dell’accertamento?; F. Del Torchio, Contraddittorio preventivo e ragioni di motivata urgenza; e U. Perrucci, La “sanzione” dell’invalidità dell’avviso di accertamento emesso anticipatamente rispetto al termine dilatorio di 60 giorni di cui all’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente alla luce della recente sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte.

(4) Cfr. Cass., sez. trib., 5 ottobre 2012, n. 16992, in Boll. Trib. On-line.

(5) Insieme con altri più risalenti, fra cui spicca Cass., sez. trib., 18 luglio 2008, ord. n. 19875, in Boll. Trib. On-line. E altri ancora potremmo citare di identico segno, cioè Cass., sez. trib., 5 ottobre 2012, n. 17002; Cass., sez. trib., 11 novembre 2011, n. 23595; e Cass., sez. VI, 9 luglio 2013, ord. n. 17010; tutte in Boll. Trib. On-line.

Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Termine dilatorio di 60 giorni previsto dal settimo comma dell’art. 12 della legge n. 212/2000, intercorrente tra la chiusura dell’attività di controllo e l’adozione dell’avviso di accertamento – Inapplicabilità a un soggetto diverso dal contribuente sottoposto ad accesso, ispezione o verifica, ancorché sia stato emesso un avviso di accertamento a suo carico.

Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Avviso di accertamento – Termine dilatorio di 60 giorni, intercorrente tra la chiusura dell’attività di controllo e l’adozione dell’avviso di accertamento, previsto dall’art. 12 della legge n. 212/2000 – Inosservanza – Non determina la nullità dell’accertamento.

In tema di accertamento tributario, le garanzie previste dall’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti «nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali» e, quindi, sono assicurate esclusivamente al soggetto sottoposto ad accesso, ispezione o verifica, ma non si estendono al terzo, a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento di talché non è invalido l’avviso di accertamento a carica del terzo notificato prima del decorso del termine di 60 giorni di cui al settimo comma del citato art. 12 della legge n. 212/2000.

La notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di 60 giorni previsto dall’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), non ne determina in assoluto la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto rispetto al processo verbale di constatazione sul quale esso si fondi, considerata la mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso, e restando comunque garantito al contribuente il diritto di difesa tanto in via amministrativa con il ricorso all’autotutela, quanto in via giudiziaria, entro il termine ordinario previsto dalla legge.

[Corte di Cassazione, sez. VI (Pres. Cicala, rel. Bognanni), 18 ottobre 2013, ord. n. 23690, ric. Agenzia delle entrate c. C.F.R. C.F. Elettrotecnica]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Piemonte n. 17/32/10, depositata il 25 marzo 2010, con la quale, rigettato l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione di C.F., titolare della ditta individuale C.F.E. C.F. Elettrotecnica, avverso tre avvisi di accertamento, relativi ad Irpef, Irap ed Iva per gli esercizi 2000-02, per i quali egli aveva proposto tre distinti ricorsi, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che il lasso di tempo intercorso tra la notifica del verbale di verifica della Guardia di finanza svolta nei confronti del consorzio Manital – Consorzio per i Servizi Integrati, di cui la ditta era consorziata, e l’emissione dell’avviso di accertamento, era stato inferiore a quello previsto, sicché esso non poteva dispiegare alcun rilievo nei riguardi del contribuente inciso, anche perché la decisione favorevole al consorzio stesso costituiva elemento determinante per i suoi assunti, che perciò rimanevano assorbiti.

C. resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE – 2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che in realtà il termine, peraltro ordinatorio, non poteva essere invocato dall’appellato, posto che la verifica della polizia tributaria era stata svolta nei confronti di un soggetto terzo, e cioè il consorzio. Bastava soltanto che il relativo verbale fosse stato allegato ai diversi avvisi di accertamento emessi nei riguardi dell’odierno contribuente, come pure che eventualmente esso fosse stato riprodotto negli stessi atti impositivi, mentre precisamente esso appunto era stato integralmente allegato nella fattispecie in esame.

Il motivo è fondato. Infatti in tema di accertamento tributario, le garanzie previste dall’art. 12 della L. 27 luglio 2000, n. 212, si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti “nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, e, quindi, sono assicurate esclusivamente al soggetto sottoposto ad accesso, ispezione o verifica, ma non si estendono al terzo, a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento, come nella specie (cfr. anche Cass. Sentenza n. 16354 del 26/9/2012 (1)). Inoltre – “ad abundantiam” – appare comunque opportuno aggiungere che la notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 12 della L. 27 luglio 2000, n. 212, non ne determina in assoluto la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda, considerata la mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso, e restando comunque garantito al contribuente il diritto di difesa tanto in via amministrativa con il ricorso all’autotutela, quanto in via giudiziaria, entro il termine ordinario previsto dalla legge, come nella specie (v. pure Cass. Sentenze n. 16992 del 5/10/2012(2), n. 21103 del 2011 (3)).

Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di omessa motivazione, giacché il giudice di appello non enunciava adeguatamente il percorso argomentativo, attraverso il quale perveniva al giudizio espresso se non soltanto in modo apparente ed apodittico.

Si tratta all’evidenza di censura, che, ancorché fondata, tuttavia rimane assorbita dal motivo come prima esaminato.

4. Ne discende che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice “a quo”, il quale dovrà attenersi al suindicato principio di diritto, posto che la causa non può essere decisa nel merito, atteso che occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384, comma 2, c.p.c.

5. Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M. – La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Piemonte, altra sezione, per nuovo esame.

(1) In Boll. Trib. On-line.

(2) In Boll. Trib. On-line.

(3) Cass. 13 ottobre 2011, n. 21103, in Boll. Trib. On-line.

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