22 Ottobre, 2012

Nel processo tributario l’esecutività della sentenza della Commissione tributaria regionale può essere sospesa a norma dell’art. 373 c.p.c.

 

[Commissione trib. regionale della Lombardia, sez. XXII (Pres. e rel. Izzi), 28 ottobre 2011, ord. nn. 38 e 39]

 

Ancora sulla sospensione della riscossione nelle

more del giudizio avanti la corte di cassazione

 

le ordinanze nulla aggiungono alla breve massima da esse tratta.

Il fondamento costituzionale della tutela cautelare – quale manifestazione del diritto di difesa e del diritto di agire – va rinvenuto nella necessità che, nel tempo occorrente per ottenere giustizia, “il litigante” che ha ragione deve essere preservato da conseguenze irreparabili, a lui sfavorevoli, che ne vanificherebbero la vittoria.

È chiaro che siffatta esigenza permane per tutto il tempo necessario perché la ragione venga accertata, e, dunque, fino all’esito definitivo del processo.

Questo, in sintesi, il principio che, con le due ordinanze in oggetto, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto, sospendendo l’esecutività delle sentenze impugnate avanti la Corte di Cassazione (1).

Com’è noto, l’unica sospensione normativamente prevista nel contenzioso tributario è quella che riguarda l’atto impugnato avanti al giudice di primo grado, sia nell’ambito dei procedimenti ordinari (2) che quelli riferiti all’ambito comunitario concernenti il recupero degli aiuti di Stato (3) e i prelievi doganali quali risorse proprie della Comunità – art. 244 del codice doganale comunitario secondo l’interpretazione adeguatrice della Corte di Giustizia (4).

Il legislatore ha espressamente ritenuto possibile la richiesta di sospensione in appello solo per gli atti sanzionatori (5): stando alla lettera della disposizione, quindi, e in ciò non si può non scorgere l’anomalia del sistema, un medesimo atto potrebbe essere sospeso nella parte riguardante le sanzioni, ma non in quella riguardante l’imposta (6).

Sebbene il tenore letterale dell’art. 47 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, parrebbe non lasciare ombre rispetto alla volontà del legislatore («il ricorrente può chiedere … alla commissione provinciale competente»), non v’è chi non abbia inteso riferire la norma anche al procedimento che si svolge avanti la commissione regionale; in tal senso, si è osservato che la puntualizzazione di cui al citato art. 47 appare più una conseguenza della sua collocazione nel corpo normativo, che non il risultato della volontà di ritagliare una disciplina applicabile esclusivamente al primo grado di giudizio. Posto che ai sensi dell’art. 61 del D.Lgs. n. 546/1992 «nel procedimento d’appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado», si ritiene che il giudice d’appello non dovrebbe avere poteri menomati rispetto a quelli del giudice di primo grado, ed autorevole dottrina, utilizzando gli ordinari criteri ermeneutici,  ha affermato che l’art. 47 può avere attuazione anche in appello, pur se la disposizione è formulata con esclusivo riferimento alla commissione tributaria provinciale (7).

Nello stesso senso anche recente giurisprudenza di merito ha ritenuto «applicabile, anche nel giudizio di appello, la misura cautelare della sospensione di una sentenza, ricorrendone i motivi, perché sarebbe illogico e, quindi, con ogni probabilità costituzionalmente illegittimo, prevedere regimi differenti per le sanzioni, per le quali l’art. 19 del D.Lgs. n. 472/1997 ha sancito la sospendibilità dell’esecuzione da parte della CT regionale e non per le imposte e gli interessi, dall’altra» (8) mentre, al contrario, altra giurisprudenza, maggiormente ancorata al tenore letterale della norma, ha escluso il potere di sospensione del giudice d’appello «perché l’art. 47 dello stesso decreto legislativo rende palese l’intenzione del legislatore di limitare la tutela cautelare al solo primo grado del giudizio» (9).

Interessante dibattito dottrinale si è sviluppato in diversa direzione, con autorevoli interventi che hanno sottolineato la marcata differenza tra sospensione dell’atto impugnato e sospensione dell’esecutività della sentenza di grado precedente: se, come si è sostenuto (10), la riscossione non ha come titolo la sentenza ma l’atto originario dell’amministrazione finanziaria, anche il potere di sospensione cautelare non andrebbe riferito all’esecuzione della sentenza, ma all’esecuzione dell’atto impositivo impugnato.

In altri termini, secondo questo orientamento, quando  – a seguito della sentenza che respinge l’impugnazione di un atto impositivo – l’amministrazione finanziaria iscrive a ruolo la somma da riscuotere, non eseguirebbe la sentenza, ma l’avviso di accertamento; analogamente, quando viene respinto un ricorso in sede di appello, la riscossione avverrebbe in base all’atto originario, e non in base a quanto stabilito dalla sentenza della relativa Commissione.

La stessa Corte Costituzionale (11) ha confermato la validità del principio, affermando che nell’ambito del contenzioso tributario costituisce oggetto della sospensione cautelare l’efficacia del provvedimento impositivo di cui all’impugnazione e non quella della sentenza del giudice di prime cure che ha rigettato il ricorso del contribuente (12).

Secondo altri autori, al contrario, la riscossione tramite ruolo di quanto dovuto dal contribuente trarrebbe origine e legittimità, non soltanto dall’atto impositivo impugnato, ma anche dalla pronuncia della Commissione che ne ha avallato – totalmente o parzialmente – le relative motivazioni (13), per cui la sentenza della Commissione tributaria costituirebbe titolo per la riscossione del tributo, «legittimando successivi atti di iscrizione a ruolo di tutte o di parte delle imposte accertate» (14).

Come anticipato, i giudici milanesi hanno accolto l’istanza della parte, seguendo l’interpretazione offerta dalla Corte Costituzionale con la sentenza 17 giugno 2010, n. 217 (15), relativa all’applicabilità dell’inibitoria ex art. 373 c.p.c. anche alle sentenze tributarie.

Con tale recente sentenza la Corte Costituzionale ha affrontato la questione dell’applicabilità a tutta la durata del processo tributario della sospensione cautelare di cui all’art. 373 c.p.c., conclusivamente ammettendo la stessa in pendenza del ricorso in Cassazione, indipendentemente dall’espressa previsione di cui all’art. 47 del D.Lgs. n. 546/1992 che, come ricordato, sembrerebbe limitare il potere di sospensione al procedimento di primo grado.

Pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice di merito, relativa all’art. 49 del D.Lgs. n. 546/1992 nella parte in cui esclude dall’ambito tributario la regola processuale di cui all’art. 337 c.p.c., la Corte ha mostrato una chiara apertura volta ad una rivalutazione dei principi espressi dagli artt. 3 e 24 Cost., nel senso del riconoscimento della tutela cautelare nel processo tributario anche oltre il limite del primo grado, offrendo delle chiare coordinate esegetiche cui già diverse Commissioni tributarie regionali – alle quali si va ad aggiungere la Commissione tributaria regionale della Lombardia con le pronunce oggetto di questa nota – si sono adeguate (16).

In breve, il ragionamento seguito dalla Corte Costituzionale è il seguente: il contenuto normativo dell’art. 337 c.p.c. (inapplicabile al processo tributario per l’espresso disposto dell’art. 49) è costituito da una regola («l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa») e da un’eccezione alla stessa regola («salve le disposizioni degli artt. 282. 373, 401 e 407»). L’inapplicabilità al processo tributario – in forza dell’art. 49 del D.Lgs. n. 546/1992 – della “regola”, non comporta necessariamente l’inapplicabilità al processo tributario anche delle sopraindicate “eccezioni” alla regola; e quindi – si legge a chiare lettere nella sentenza della Corte Costituzionale citata – «non esclude di per sé la sospendibilità ope iudicis dell’esecuzione della sentenza d’appello impugnata per cassazione».

Ovviamente, al di là dell’enunciazione astratta della sospendibilità, il giudice dovrà valutare la sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora per concedere la sospensione. In particolare, con specifico riferimento al periculum in mora di cui all’art. 373 c.p.c., la stessa Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 217/2010, ha chiaramente affermato che l’irreparabilità del danno considerata da questa disposizione «va intesa, quantomeno, nel senso di un intollerabile scarto tra il pregiudizio derivante dall’esecuzione della sentenza nelle more del giudizio di cassazione e la concreta possibilità di risarcimento in caso di accoglimento del ricorso per cassazione».

La sentenza della Corte Costituzionale, pur apprezzabile per aver “spianato la strada”, offrendo ai giudici di merito la via – costituzionalmente orientata – verso la concessione della tutela cautelare anche dopo il processo di primo grado, non risolve tuttavia definitivamente il problema, lasciando i contribuenti/ricorrenti ancora sprovvisti di una tutela piena, effettiva e, soprattutto, certa.

Sarebbe pertanto opportuno un intervento legislativo, volto a riformare il Capo II del D.Lgs. n. 546/1992, con l’attribuzione anche alle Commissioni regionali del potere di sospendere l’efficacia dell’atto nelle more del procedimento, ovviamente sempre e solo nelle ipotesi ove il ricorrente dimostri, in concreto, il danno grave e irreparabile e la sussistenza della ragionevolezza dell’esito a lui favorevole della controversia.

 

Avv. Fabiola Del Torchio

 

(1) La controversia ha preso avvio da due accertamenti notificati dall’Agenzia delle entrate di Monza in tema di IVA e IRPEG relativamente agli anni 2003 e 2004, impugnati dal contribuente avanti la Commissione tributaria provinciale di Milano e da questa annullati in toto. Contro le due sentenze della Commissione provinciale ha proposto appello l’Agenzia delle entrate; gli appelli sono stati accolti dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, con due sentenze che il contribuente ha impugnato avanti il Giudice di legittimità. Nelle more, il contribuente ha ricevuto cartella dall’agente della riscossione, con la richiesta di pagamento di circa 314 mila euro per le due annualità, e a tale richiesta è seguita la domanda di sospensione – accolta – in attesa della decisione della Corte di Cassazione.

(2) Art. 47 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: «Il ricorrente, se dall’atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell’ esecuzione dell’atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti e depositato in segreteria sempre che siano osservate le disposizioni di cui all’ art. 22».

(3) Art. 47-bis del D.Lgs. n. 546/1992, introdotto dall’art. 2, primo comma, del D.L. 8 aprile 2008, n. 59 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101): «Qualora sia chiesta in via cautelare la sospensione dell’esecuzione di un atto volto al recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, di seguito denominata: “decisione di recupero”, la Commissione tributaria provinciale può concedere la sospensione dell’efficacia del titolo di pagamento conseguente a detta decisione se ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni: a) gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero, ovvero evidente errore nella individuazione del soggetto tenuto alla restituzione dell’aiuto di Stato o evidente errore nel calcolo della somma da recuperare e nei limiti di tale errore; b) pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile».

(4) Cfr. Corte Giust. CE 8 marzo 2001, causa C-226/99, in Rep. Foro it., 2001, IV, 314.

(5) In merito all’esecuzione delle sanzioni, infatti, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, all’art. 19 prevede che «in caso di ricorso alle commissioni tributarie, anche nei casi in cui non è prevista riscossione frazionata … la commissione tributaria regionale può sospendere l’esecuzione applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell’articolo 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546».

(6) Tale anomalia è criticamente evidenziata da tesauro, La tutela cautelare nel procedimento di appello dinanzi alla commissione tributaria regionale, in Boll. Trib., 1999, 1733, mentre secondo altri – colli vignarelli, La sospensione delle sentenze delle commissioni tributarie provinciali, ibidem, 1500 – la previsione espressa della sospensione esclusivamente in materia sanzionatoria risponderebbe ad una serie di motivazioni «di cui il legislatore ha certamente tenuto conto», e ciò ha indotto l’autore ad escludere che detta sospensione sussista al di fuori del suo specifico campo di applicazione, poiché vi sarebbero rilevanti ostacoli normativi in tal senso.

(7) Tra gli altri tesauro, Manuale del processo tributario, Torino, 2009; e randazzo, Poteri di sospensione del giudice di secondo grado in pendenza del ricorso in cassazione: un importante passo in avanti verso la pienezza della tutela cautelare, in Riv. giur. trib., n. 10/2010. Tale considerazione è riportata anche da cernigliaro, Codice del processo tributario, a cura di tesauro, art. 47, per cui i riferimenti alla commissione tributaria provinciale (primo comma) e alla pubblicazione della sentenza di primo grado (settimo comma) sono da intendere come applicabili alla commissione tributaria regionale ed alla pubblicazione della sentenza di appello, rendendo, mediante un’interpretazione sistematica, comprensibile e giustificata la disposizione, contenuta nell’art. 19, secondo comma, del D.Lgs. n. 472/1997, che riconosce alla Commissione tributaria regionale il potere di sospendere l’esecuzione della sanzione.

(8) Comm. trib. reg. del Lazio, sez. XIV, 7 ottobre 2009, n. 320, in Boll. Trib., 2010, 650, con nota di palma, Sull’applicabilità di strumenti di sospensione cautelare nei gradi del giudizio tributario successivi al primo.

(9) Comm. trib. reg. della Puglia, sez. XXII, 1 dicembre 2009, n. 156, in Mass. comm. trib. della Puglia, n. 1/2, 2010.

(10) tesauro, La tutela cautelare nel procedimento di appello dinanzi alla commissione tributaria regionale, cit., 1733.

(11) Corte Cost. 5 aprile 2007, ord. n. 119, in Boll. Trib., 2007, 1245.

(12) Così come riportato nello studio di scuffi, Implicazioni sul processo tributario e prospettive di riforma del D.Lgs. n. 546/1992, in il fisco, 2009, 7451.

(13) pistolesi, L’appello nel processo tributario, Torino, 2002.

(14) cantillo, Un nodo da sciogliere: il potere di sospensione cautelare dell’efficacia delle sentenze dei giudici tributari, in Rass. trib., 1998, 824.

(15) in Boll. Trib., 2010, 1150, con nota di azzoni, Un passo avanti verso la completa tutela del contribuente anche in fase cautelare.

(16) Cfr. per tutte Comm. trib reg. della Lombardia, sez. XLVI, 18 gennaio 2011, ord. n. 2; Comm. trib reg. del Lazio, sez. I, 29 settembre 2010, ord. n. 136; e Comm. trib reg. del Lazio, sez. XIV, 14 luglio 2010, ord. n. 17; tutte in Boll. Trib. On-line.

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