22 Novembre, 2016

La Corte di Cassazione torna in carreggiata, sulla retta via europea. Lo fa con una decisione che (benché emessa da una Sezione singola, quindi nominalmente meno autorevole) ripristina a verità la scelta fatta a suo tempo dalle Sezioni Unite con due monumentali sentenze (1), in forza delle quali l’obbligo della comunicazione preventiva, elevato a dogma dalla giurisprudenza comunitaria, era stato applicato anche al caso dell’iscrizione ipotecaria, pur in assenza di una norma ad hoc. Scelta – inattaccabile sul piano degli argomenti spesi – smentita, appena pochi mesi dopo, dall’assai poco convincente revirement operato dalle stesse Sezioni Unite (2).
Occasione e nodo del contendere è l’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, che prevede la possibilità di iscrizione di un’ipoteca sui beni del contribuente. Più esattamente, è in discussione, in prima battuta, il rapporto di tale norma con il precedente art. 50, secondo comma, che prescrive la preventiva notifica di una intimazione ad adempiere solo nel caso in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento. Va da sé – e l’assunto deve oggi considerarsi pacifico, dogmaticamente insuperabile – che, costituendo l’iscrizione ipotecaria un istituto di garanzia e non atto della procedura esecutiva, quindi strumento con una funzione diversa (anzi, “alternativa”, benché potenzialmente funzionale) all’esecuzione forzata, l’art. 50 e l’art. 77 hanno in parte qua poco a spartire, appartenendo a fenomenologie differenti.
Ciò detto, che si tratti di un falso problema lo ha dimostrato la parte meno retriva e formalista del nostro diritto vivente, affermando che quanto sopra non incide minimamente sulla necessità che dell’imminente iscrizione ipotecaria ex art. 77 – in quanto atto lesivo, quindi impugnabile davanti al giudice tributario entro un termine perentorio che non può non decorrere dalla sua formale conoscenza da parte di chi ne subisce le conseguenze (artt. 19 e 21 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) – il titolare del bene debba essere informato.
Regola che discende dal regime del procedimento amministrativo (artt. 7 e 21-bis della legge 4 agosto 1990, n. 241) e dallo Statuto dei diritti del contribuente (in ispecie l’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212, ma si vedano anche gli artt. 5, 7, 10, primo comma, e 12, secondo comma, della medesima legge n. 212/2000); più in là ancora – rifacendoci testualmente all’ampia e dettagliata massima del primo dei due orientamenti giurisprudenziali sopra citati, pubblicata su questa Rivista – la regola discende da un «principio generale, caratterizzante qualsiasi sistema di civiltà giuridica», inteso alla «formazione procedimentalizzata di una

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… anche nella fase precontenziosa o endoprocedimentale» e integrante «un principio fondamentale del diritto dell’Unione europea, atteso che il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento è attualmente sancito non solo negli artt. 47 e 48 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, ma anche nell’art. 41 di quest’ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione».
Il principio deve insomma vivere, a prescindere dalla sua esplicitazione in norma scritta nel diritto interno degli Stati; e persino, si legge sempre nelle sentenze nn. 19667 e 19668, «quand’anche la [stessa] normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità». Ben triste sistema giuridico, infatti, quello in cui i valori fondamentali vengono incisi e conculcati perché non se ne trovano codificate apertis verbis le modalità di esercizio (triste Paese e triste giurisprudenza, deplorevolmente ignara del ritardo che va, giorno dopo giorno, accumulando rispetto all’incalzante progredire della cultura giuridica).
La domanda dunque si sposta, traducendosi nella seguente: qual è il tempo minimo che deve intercorrere fra la comunicazione (come detto, necessaria a pena di nullità) (3) e l’operazione materiale di iscrizione dell’ipoteca nei Registri Immobiliari della Conservatoria? Da dove desumere l’entità di questo termine utile alla presentazione di osservazioni (o al pagamento della pretesa, che resta pur sempre una facoltà del debitore) e per ciò stesso essenziale, se non si vuole che tutto il castello ci frani addosso?
Ora, è del tutto evidente che in situazioni siffatte 1) occorre muovere dai modelli legislativi esistenti, con la cautela però che 2) il riferimento avviene solo per assimilazione, non per analogia né per estensione, istituti ermeneutici che, seppure in misura diversa, sottolineano il carattere di “aporia della norma”, ciò che striderebbe con l’ottica appena descritta, perché, ove il principio validante è riconosciuto e addirittura innerva il tessuto relazionale, è una falla del diritto positivo che manchi la sua traduzione in ognuna e in tutte le eventualità ipotizzabili; non – se non a prezzo di una lettura di stampo bizantino – il suo contrario (giuridico e storico).
Ecco allora che le prospettive si rovesciano: il comma 2-bis dell’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, che pone a carico dell’agente della riscossione il dovere di notificare «al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1» dello stesso art. 77, è nulla più che l’esternazione di una ineludibile regola di massima, generale e assorbente, con riguardo a una fattispecie particolare (che tale resta), e non una variante sistematica ammantata di eccezionalità. In altri termini: il prefato comma 2-bis segue la traccia, non crea il solco. Di qui, secondo ragionevolezza, l’individuazione ope iudicis in trenta giorni del termine idoneo, a somiglianza di (cioè: “al pari di”, non “in analogia a”) quanto contemplato dagli artt. 6, quinto comma, della legge n. 212/2000 e 36-ter, quarto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Dove l’“ope iudicis” coincide con l’“ope legis”, perché l’organo giudicante spende al meglio, nell’occasione, la sua funzione interpretativa (in qualche modo, come era alle origini, esecutiva) e tutt’altro che arbitrariamente creativa.
Delle riflessioni svolte si è qui fatta eccellente alfiere la VI Sezione, con felice richiamo ad un’altra pronuncia (4), i cui risvolti sono – da un altro, benché contiguo, punto di vista – persino più rilevanti. Come quando troviamo ben calibrato il ruolo del giudice, il quale è tenuto a «qualificare giuridicamente la tesi del contribuente, che può ritenersi abbia comunque dedotto la nullità dell’iscrizione di ipoteca a causa della mancata instaurazione del contraddittorio; e non assume rilievo che sia stata invocata in concreto una norma non invocabile, dovendo il giudice dare adeguata veste giuridica ai fatti, utilizzando la normativa che ad essi si attaglia».
Che l’operatore, anche in sede precontenziosa, dovesse andare al di là del nomen iuris di un documento, è fatto notorio, sacralizzato dalle leggi tributarie. Che il giudice possa/debba attribuire un significato – apparentemente più esteso – alla volontà espressa del contribuente, ricomprendendovi – per naturale dilatazione – la richiesta di nullità per mancata notifica della comunicazione preventiva, è un fatto in qualche modo nuovo, che nobilita ancora di più la già delicata azione del giudicante (chiamato, anche questo è fatto notorio, a presiedere al rapporto, non all’atto come mero viatico alla lite).
Un’ultima annotazione.
La sentenza non fa cenno – probabilmente per l’accavallarsi delle tempistiche di deposito – alla voce difforme (5) con cui i Supremi Giudici avevano sancito che «in tema di tributi “non armonizzati” [e a differenza di quelli “armonizzati”, presidiati strettamente dalla disciplina europea], l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito» (6). Tesi da respingere fermamente, a meno che non si acceda all’anacronistica idea per cui i principi vitali di un ordinamento, come tali assistiti da una portata incondizionata e universale, possono ancora, a fronte di tutto ciò che l’evoluzione della giurisprudenza ci ha insegnato, essere miopemente confinati entro i fili spinati della competenza per materia.

Avv. Valdo Azzoni

(1) Cfr. Cass., sez. un., 18 settembre 2014, nn. 19667 e 19668, in Boll. Trib., 2014, 1740, con nota di P. ACCORDINO, Il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo nei procedimenti tributari concepito come un principio fondamentale dell’ordinamento la cui violazione determina la nullità dell’atto non preavvisato.
(2) Cfr. Cass., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823, in Boll. Trib., 2016, 222, con nota di B. AIUDI, Il contraddittorio? Non ce lo possiamo permettere!
(3) La decisione massimata richiama opportunamente, condividendolo, il passaggio in cui le Sezioni Unite sottolineano che «attesa la natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale d’illegittimità».
(4) Cfr. Cass., sez. VI, 26 marzo 2015, n. 6072, in Boll. Trib. On-line, la quale, in aperta dissonanza rispetto a Cass., sez. trib., 18 dicembre 2014, n. 26833, ivi, ha affermato che – proprio perché «non assume rilievo la circostanza che sia stata invocata una norma in concreto non applicabile» e «dovendo il giudice dare adeguata veste giuridica ai fatti, utilizzando la normativa che ad essi si attaglia» – il giudice stesso, ove ritenga che il potere impositivo sia venuto meno «in forza di una norma diversa rispetto a quella invocata dal contribuente», è titolato, ergo tenuto, «a qualificare in termini giuridici diversi la già formulata deduzione, sulla base di circostanze di fatto acquisite agli atti (Cass. sentenze n. 25077 del 26 novembre 2014, n. 25402 del 1° dicembre 2014 e n. 2943 del 10 febbraio 2010, quest’ultima in relazione ad una controversia in cui la parte aveva eccepito la prescrizione ed il giudice aveva fatto applicazione di una causa di decadenza)». Conforme Cass., sez. VI, 11 marzo 2015, n. 4917, in Boll. Trib. On-line.
(5) Cfr. Cass., sez. un., n. 24823/2015, cit.
(6) Dinamica peraltro praticabile solo alla condizione, venata di ipocrisia stante le sua sostanziale impalpabilità, che «in giudizio, il contribuente assolva [al]l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto».

Imposte e tasse – Riscossione – Iscrizione di ipoteca – Nullità dell’iscrizione ipotecaria non preceduta dalla comunicazione preventiva al contribuente – Sussiste – Efficacia dell’iscrizione ipotecaria nulla – Perdura sino alla sua cancellazione disposta dal giudice che ne accerti l’illegittimità.

Imposte e tasse – Riscossione – Iscrizione di ipoteca – Obbligo di preventiva comunicazione specifica al contribuente – Sussiste – Termine a favore del contribuente per osservazioni difensive o per il pagamento – Va fissato in 30 giorni – Iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente con conseguente violazione dell’obbligo di attivare il contraddittorio precontenzioso o endoprocedimentale – Nullità dell’iscrizione ipotecaria – Consegue.

Procedimento – Commissioni – Giudizio avanti le Commissioni – Obbligo del giudice di qualificare giuridicamente la tesi del contribuente – Sussiste – Erronea invocazione di norme da parte del contribuente – Irrilevanza.

In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’Amministrazione finanziaria prima di iscrivere l’ipoteca su beni immobili ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, anche nel regime antecedente l’entrata in vigore dell’obbligo di comunicazione preventiva dell’iscrizione di ipoteca ex art. 77, comma 2-bis, del predetto D.P.R. n. 602/1973, deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine, che può essere determinato, in coerenza con analoghe previsioni normative, in trenta giorni, per presentare osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che l’omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità dell’ iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei Diritti fondamentali della Unione europea, fermo restando che, attesa la natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale d’illegittimità.

Spetta al giudice qualificare giuridicamente la tesi del contribuente, e non assume rilievo che sia stata invocata in concreto una norma non applicabile, dovendo il giudice dare adeguata veste giuridica ai fatti, utilizzando la normativa che ad essi si attaglia.

[Corte di Cassazione, sez. VI (Pres. Iacobellis, rel. Cigna), 12 febbraio 2016, ord. n. 2879]

IN FATTO – La contribuente ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale, in accoglimento dell’appello di Equitalia ed in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente avverso atto d’iscrizione ipotecaria; la CTR, in particolare, precisato che l’iscrizione ipotecaria non rientra nell’ambito dell’esecuzione forzata, ha evidenziato che, di conseguenza, per la regolarità di detta iscrizione, non costituisce atto prodromico necessario la notifica di una intimazione di pagamento ex art. 50 dpr 602/1973.
Equitalia non resiste.

IN DIRITTO – Con il primo motivo la contribuente, denunziando – ex art. 360 n. 3 cpc – violazione e falsa applicazione degli artt. 77 e 50 dpr 602/73, rileva che, come affermato da Cass. sez. unite 19667/2014 (1), l’iscrizione ipotecaria non può comunque essere eseguita senza essere preceduta da alcuna comunicazione al contribuente, così come invece avvenuto nel caso di specie.
Il motivo è fondato, con conseguente assorbimento degli altri due (concernenti la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 212/2000 – il secondo – e degli artt. 26 e 49 dpr 602/1973 nonché 156 cpc – il terzo). È vero, infatti che “l’iscrizione ipotecaria prevista dall’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, sicché può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell’intimazione di cui all’art. 50, secondo comma, del d.P.R. n. 602 cit., la quale è prescritta per l’ipotesi in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento” (Cass, sez. unite 19667/2014); va, tuttavia, rilevato che, come evidenziato da questa Corte a sez. unite nella su citata sentenza, “in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’Amministrazione finanziaria prima di iscrivere l’ipoteca su beni immobili ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (nella formulazione vigente “ratione temporis”, e quindi anche nel regime antecedente l’entrata in vigore dell’obbligo di comunicazione preventiva dell’iscrizione di ipoteca ex art. 77, comma 2-bis dpr 602/73, introdotto con d.l. 70 del 2011), deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine – che può essere determinato, in coerenza con analoghe previsioni normative (da ultimo, quello previsto dall’art. 77, comma 2-bis, del medesimo d.P.R., come introdotto dal d.l. 14 maggio 2011, n. 70, conv. con modif. dalla legge 12 luglio 2011, n. 106), in trenta giorni – per presentare osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che l’omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità dell’iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea, fermo restando che, attesa la natura reale dell’ipoteca l’iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale d’illegittimità”; come è stato poi precisato da questa Corte, la citata sentenza delle sezioni unite ha anche implicitamente riconosciuto che spetta al Giudice qualificare giuridicamente la tesi del contribuente, che può ritenersi abbia comunque dedotto la nullità dell’iscrizione di ipoteca a causa della mancata instaurazione del contradditorio; e non assume rilievo che sia stata invocata in concreto una norma non invocabile, dovendo il Giudice dar adeguata veste giuridica ai fatti, utilizzando la normativa che ad essi si attaglia (Cass. 6072/2015 (2); conf. Cass. 4917/2015 (3), secondo cui “la generale rilevanza del contradditorio procedimentale … non consente di accogliere il motivo di ricorso, calibrato sull’omissione dell’intimazione del dpr 602/73, art 50”). Nel caso di specie è pacifica l’assenza anche di tale comunicazione (mai dedotta in corso di causa), sicché, in applicazione dei su esposti principi, attesa l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria per omessa attivazione del necessario contraddittorio endoprocedimentale, va accolto il primo motivo ricorso, con assorbimento degli altri, e va quindi cassata l’impugnata sentenza; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va poi decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo proposto in primo grado dal contribuente.
In considerazione del solo recente intervento delle sezioni unite sulla questione controversa, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di lite.

P.Q.M. – La Corte accoglie il primo motivo ricorso; assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto in primo grado dal contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese di lite.

(1) Cass., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19667, in Boll. Trib., 2014, 1740.
(2) Cass., sez. VI, 26 marzo 2015, n. 6072, in Boll. Trib. On-line.
(3) Cass., sez. VI, 11 marzo 2015, n. 4917, in Boll. Trib. On-line.