14 Febbraio, 2014

 

1. Analisi della disciplina fino all’entrata in vigore del D.L. n. 16/2012

 

 

La disciplina del c.d. “monitoraggio fiscale” (in seguito monitoraggio fiscale) è stata introdotta nell’ordinamento dal D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227). La ratio del provvedimento è quella di garantire all’erario un costante monitoraggio dei trasferimenti di valuta da e per l’estero, nonché un quadro delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero da parte dei contribuenti residenti in Italia, al fine di consentire la verifica dell’assolvimento degli obblighi tributari sui redditi prodotti da tali cespiti(1).

 Come è noto, il citato decreto ha fissato, in testa a due tipologie di soggetti residenti, degli stringenti adempimenti.

 Ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 167/1990 gli intermediari finanziari residenti (c.d. soggetti “monitoranti”) devono mantenere evidenza dei trasferimenti da o verso l’estero di denaro, titoli o certificati in serie o di massa, di importo superiore ad euro 10.000, effettuati per conto dei c.d. soggetti “monitorati” (persone fisiche, enti non commerciali, società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’art. 5 del TUIR). Entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui le operazioni sono state effettuate, gli intermediari devono trasmettere le informazioni rilevate all’Anagrafe tributaria.

 A loro volta i soggetti “monitorati” devono indicare nel modulo RW della dichiarazione gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria detenuti al termine del periodo d’imposta, nonché i trasferimenti che li hanno interessati nel corso del medesimo arco temporale e quelli effettuati attraverso intermediari non residenti. Nello specifico, gli obblighi dichiarativi previsti dall’art. 2, primo comma, e dall’art. 4, commi 1 e 2, del D.L. n. 167/1990, sono assolti attraverso la compilazione delle tre sezioni di cui si compone il modulo RW:

 nella sezione I vanno indicati i trasferimenti (non al seguito) da o verso l’estero di denaro, certificati in serie o di massa o titoli effettuati attraverso soggetti non residenti in Italia, senza l’intervento di intermediari residenti;

 la sezione II contiene, distintamente per Stato estero, la consistenza di ciascuna tipologia di investimento estero e di attività estera di natura finanziaria detenuta al termine del periodo di imposta;

 la sezione III accoglie i trasferimenti da, verso e sull’estero che hanno interessato gli investimenti esteri e le attività estere di natura finanziaria indicati nella sezione II (2).

 L’art. 4 del decreto prevede, altresì, alcune ipotesi di esclusione dagli obblighi dichiarativi.

 In particolare il quinto comma esonera i soggetti passivi dalla compilazione delle sezioni II e III qualora l’ammontare complessivo degli investimenti ed attività detenuti al termine del periodo d’imposta, ovvero l’ammontare complessivo dei movimenti effettuati nel corso dell’anno, non superi l’importo di euro 10.000 (3). Il secondo comma, secondo periodo, del medesimo articolo, mantiene però espressamente fermi gli obblighi dichiarativi qualora il contribuente non detenga più investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria al termine dell’esercizio, ma nel corso dello stesso abbia posto in essere trasferimenti per importi superiori ad euro 10.000.

 Ulteriori importanti ipotesi di esonero dalla compilazione delle sezioni II e III del modulo RW sono contenute nel quarto comma dell’art. 4. Tale disposizione, prima delle modifiche introdotte dall’art. 8, comma 16-bis, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44), stabiliva che «Gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi previsti nei commi 1 e 2 nonsussistono per i certificati in serie o di massa ed i titoli affidati in gestione od in amministrazione agli intermediari residenti indicati nell’articolo 1, per i contratti conclusi attraverso il loro intervento, anche in qualità di controparti, nonché per i depositi ed i conti correnti, a condizione che i redditi derivanti da tali attività estere di natura finanziaria siano riscossi attraverso l’intervento degli intermediari stessi».

[-protetto-]

Erano previste, in sostanza, tre distinte fattispecie di esonero:

 per i certificati in serie o di massa e i titoli affidati in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti indicati nell’art. 1 del decreto;

 per i contratti (ad esempio, assicurativi o di finanziamento) conclusi attraverso il loro intervento, in qualità di controparti ovvero come mandatari di una delle controparti contrattuali;

 per i depositi e i conti correnti, a condizione che i redditi derivanti da tali cespiti fossero riscossi attraverso gli intermediari stessi.

 L’Agenzia delle entrate aveva espressamente affermato che, in tutti e tre i casi descritti, l’esonero dagli obblighi di monitoraggio competeva «a condizione che i redditi di natura finanziaria siano riscossi attraverso l’intervento di un intermediario residente anche nel caso in cui quest’ultimo non abbia applicato sui proventi alcuna forma di prelievo alla fonte (a titolo di imposta sostitutiva o di ritenuta a titolo d’acconto o d’imposta). Pertanto, l’esonero in questione discende direttamente dall’incarico di riscossione dei proventi conferito dal contribuente all’intermediario residente e non dipende dall’esercizio della sua qualità di sostituto d’imposta che in determinati casi può anche non verificarsi» (4) L’organo di prassi spiegava, infatti, che, qualora l’intermediario non avesse ricoperto il ruolo di sostituto d’imposta (e, conseguentemente, il contribuente avrebbe dovuto indicare tali redditi in dichiarazione), lo stesso, in seguito all’incarico conferitogli, sarebbe stato comunque tenuto ad adempiere agli obblighi di rilevazione e segnalazione all’Anagrafe tributaria dei flussi transfrontalieri di attività finanziarie ai sensi dell’art. 1 del citato D.L. n. 167/1990.

 

 

2. Le nuove ipotesi di esonero dalla compilazione a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 16/2012

 

 

L’art. 8, comma 16-bis, del D.L. n. 16/2012, ha integralmente sostituito l’art. 4, quarto comma, del D.L. n. 167/1990.

 Dal 29 aprile del 2012, la citata disposizione recita che «Gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi previsti nei commi 1 e 2 non sussistono per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano riscossi attraverso l’intervento degli intermediari stessi».

 Tale intervento non ha destato un particolare interesse tra gli addetti ai lavori, forse perché l’attenzione si è comprensibilmente concentrata su proposte di emendamento della disciplina del monitoraggio fiscale più incisive (5). Nell’attesa che tali riforme, quanto mai necessarie, si concretizzino, appare, comunque, utile illustrare l’unica modifica ad oggi entrata in vigore, poiché la stessa, come spiegheremo, potrebbe, non di meno, comportare rilevanti conseguenze.

 Come si può agilmente notare, la riscrittura della disposizione ha ridotto da tre a due le ipotesi di esonero dalla compilazione delle sezioni II e III del modulo RW espressamente contemplate. In particolare, il dettato normativo attualmente in vigore stabilisce che l’obbligo dichiarativo non sussiste:

 nel caso in cui le attività patrimoniali e finanziarie possedute sono affidate in gestione od amministrazione ad intermediari residenti;

 per i contratti (ad esempio, assicurativi o di finanziamento) conclusi attraverso il loro intervento.

 In entrambe le fattispecie l’esonero compete solamente qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività siano riscossi attraverso l’intervento degli intermediari stessi.

 La prima considerazione che può essere svolta analizzando il novellato art. 4, quarto comma, è che la modifica legislativa estende alle attività di natura patrimoniale l’ipotesi di esonero compilativo in caso di affido in gestione o amministrazione delle stesse ad intermediari residenti in precedenza prevista per le sole attività estere di natura finanziaria.

 In realtà, nonostante la mancanza di una previsione legislativa in tal senso (6) nel commentare il c.d. “scudo fiscale” introdotto dall’art. 13-bis del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), l’Agenzia delle entrate ha espressamente precisato che il perfezionamento della procedura del rimpatrio giuridico, consentita anche «per quelle attività patrimoniali che, per loro natura, sono idonee a formare oggetto di un rapporto di custodia, deposito, amministrazione o gestione con gli intermediari abilitati» (7) ha, tra gli altri effetti, quello di esonerare il contribuente dalla compilazione del modulo RW in relazione alle attività rimpatriate (8).

 La scrivente ha motivato tale posizione osservando che, in maniera del tutto analoga al conferimento di un eguale incarico che abbia ad oggetto attività finanziarie, l’intermediario italiano, indipendentemente dal luogo di effettiva collocazione delle attività patrimoniali, si assume l’obbligo di applicare le ritenute e le imposte sostitutive, nonché di effettuare le comunicazioni all’Amministrazione finanziaria dei redditi soggetti a ritenuta d’acconto e delle operazioni suscettibili di produrre redditi imponibili non assoggettati al prelievo. Si tratta, in particolare, delle segnalazioni da rendere nell’ambito del modello 770 (9).

 Con l’art. 8, comma 16-bis, del D.L. n. 16/2012, il legislatore, come auspicato da attenta dottrina (10), ha, dunque, offerto un espresso riconoscimento legislativo all’ipotesi di esonero precedentemente avanzata dall’Agenzia delle entrate a dispetto dell’assenza di alcuna espressa previsione in tal senso.

 L’altro aspetto che intendiamo segnalare e che impone alcune riflessioni è che, nonostante l’emendamento che ha introdotto l’art. 8, comma 16-bis, in sede di conversione del richiamato decreto sembrasse, nelle intenzioni dei promotori, volto esclusivamente ad estendere l’esclusione dagli obblighi dichiarativi anche alle attività di natura patrimoniale (11), la modifica normativa potrebbe comportare conseguenze non trascurabili anche per alcune attività estere di natura finanziaria.

 In particolare il nuovo dettato normativo non contempla più la specifica ipotesi di esonero concernente i depositi ed i conti correnti, che consentiva di sottrarsi alla compilazione delle sezioni II e III del modulo RW a condizione che i redditi derivanti da tali cespiti fossero riscossi attraverso intermediari residenti. In assenza di un chiarimento di prassi sul punto, occorre chiedersi se le condizioni da rispettare per evitare gli obblighi dichiarativi in relazione alle suddette attività detenute all’estero siano rimaste invariate o, invece, a tal fine sia ora richiesto di affidarle in gestione o in amministrazione ad un intermediario residente e di incaricare lo stesso di riscuotere tutti i flussi finanziari (e non solo i redditi) eventualmente prodotti.

 Se è vero che l’Agenzia delle entrate aveva già esteso, in via interpretativa, l’intervento dell’intermediario a tutti i flussi connessi con l’investimento in riferimento alle polizze estere (12), l’intervento del legislatore appare innovativo per quel che riguarda i conti correnti detenuti oltreconfine. Si ricorda, infatti, che l’organo di prassi aveva a suo tempo precisato che «l’obbligo di compilazione del modulo RW non sussiste qualora il contribuente dia apposita disposizione alla banca estera presso la quale è detenuto il conto di bonificare gli interessi maturati sul conto estero (immediatamente e comunque entro il mese della maturazione) su un conto corrente italiano intestato al medesimo contribuente, dando specificazione nella causale dell’ammontare lordo e dell’eventuale ritenuta applicata all’estero» (13). Altrettanto può dirsi della necessità di conferire all’intermediario residente un mandato di gestione o di amministrazione.

 Sul punto è necessario rammentare che il D.L. n. 16/2012 è stato emanato «ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per la semplificazione in materia tributaria, al fine di assicurare una riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e le imprese» (14). Se fosse confermato ufficialmente che le nuove condizioni previste dall’art. 4, quarto comma, per evitare gli obblighi compilativi, devono applicarsi anche ai conti correnti, l’art. 8, comma 16-bis, del D.L. n. 16/2012, determinerebbe, con ogni probabilità, un notevole aggravio amministrativo per gli intermediari, con conseguente aumento dei costi per i loro clienti, in spregio all’obiettivo complessivo del provvedimento (15).

 Per i motivi sopra esposti l’impostazione proposta dall’Agenzia delle entrate nella citata circolare n.
45/E/2010, che riteneva sufficiente, ai fini dell’esonero compilativo, che l’intermediario residente riscuotesse i soli redditi di natura finanziaria eventualmente generati dal conto corrente, dovrebbe ritenersi tuttora valida. L’estensione delle condizioni imposte per le altre attività estere di natura finanziaria anche ai conti correnti non sembra, infatti, coerente né con lo scopo del D.L. n. 16/2012, né con la
ratio della disciplina del monitoraggio fiscale. Non appare, infatti, ben chiaro quale importanza possa rivestire, ai fini dell’accertamento dei redditi prodotti dalle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero dai soggetti residenti, imporre la canalizzazione anche di transazioni sfornite di valenza reddituale.

 Peraltro tali considerazioni potrebbero valere, per le medesime ragioni, anche per quelle tipologie di deposito bancario che consentono al depositante di operare in ogni momento versamenti e prelevamenti parziali, quali, ad esempio, i depositi a risparmio in forma libera.

 

 

3. Considerazioni conclusive

 

 

Il presente lavoro ha illustrato le novità introdotte dal D.L. n. 16/2012 circa le fattispecie di esonero dalla compilazione delle sezioni II e III del modulo RW della dichiarazione dei redditi previste dall’art. 4, quarto comma, del D.L. n. 167/1990.

 Mediante l’art. 8, comma 16-bis, del più recente decreto, il legislatore, ha, in primo luogo, esteso anche alle attività patrimoniali l’esonero, in precedenza espressamente previsto per le sole attività di natura finanziaria, nel caso in cui il soggetto passivo le affidi in gestione o amministrazione ad intermediari residenti. In secondo luogo ha chiarito che, per beneficiare di tale previsione, i soggetti passivi devono incaricare gli stessi di riscuotere, oltre ai redditi, anche tutti gli altri flussi finanziari prodotti dal bene.

 Nonostante, in base al dato letterale, tale precisazione riguardi tutte le attività finanziarie e patrimoniali detenute dai soggetti passivi della disciplina, non sembra corretto che la stessa si applichi anche ai conti correnti e alle tipologie di deposito caratterizzate dalla possibilità, per il depositante, di operare in ogni momento versamenti e prelevamenti parziali. Una tale estensione determinerebbe, infatti, un appesantimento degli adempimenti richiesti agli intermediari residenti, senza alcun apparente beneficio per l’attività degli organi accertatori.

 Considerato l’avvicinarsi della scadenza per la presentazione del modello Unico persone fisiche relativo al periodo d’imposta 2012 e in attesa dell’entrata in vigore della mini riforma sul monitoraggio fiscale che sembrerebbe eliminare l’obbligo di compilare la sezione I e III del quadro RW e ridurre le sanzioni pecuniarie, si auspica quanto meno una precisazione da parte degli organi competenti che confermi, quantomeno per i conti correnti, i chiarimenti di prassi effettuati in vigenza della precedente versione della disposizione in commento.

Avv. Fabio Gallio – Dott. Stefano Pistolesi

(1) Per approfondimenti sul punto si rimanda a G. Escalar, Monitoraggio fiscale e dichiarazione delle attività estere di natura finanziaria e degli investimenti all’estero, in Rass. trib., 1995, 840 ss.

 (2) Si deve ricordare che è in corso una mini-riforma sul monitoraggio fiscale, secondo la quale viene meno l’obbligo di indicazione dei dati relativi alle attuali sezioni I e III del quadro RW (in particolare, la sezione III riguardante le movimentazioni da, verso e sull’estero relative alle attività riportate nella sezione II). Inoltre, viene stabilita una sanzione dal 3 al 15% (anziché dal 10 al 50%, elevata al doppio per le attività detenute in Paesi a fiscalità privilegiata) nel caso si ometta la compilazionedella sezione II o si compili in modo irregolare tale sezione.

 (3) Come precisato, da ultimo, nelle Istruzioni per la compilazione del modello Unico Persone fisiche 2013, fascicolo 2, p. 36, nell’ipotesi in cui siano stati compiuti sia investimenti, sia disinvestimenti, il flusso va considerato in valore assoluto.

 (4) Cfr. circ. 13 settembre 2010, n. 45/E, par. 2.3, in Boll. Trib., 2010, 1384.

 (5) Il riferimento va, in primo luogo, alle corpose modifiche al D.L. n. 167/1990 che sarebbero dovute essere contenute nel D.L. 11 dicembre 2012, n. 216 (non convertito, decreto c.d. “Salva infrazioni”) ovvero nella legge 24 dicembre 2012, n. 228 (c.d. “legge di stabilità 2013”). In realtà in entrambe le circostanze gli interventi prospettati – che sarebbero dovuti consistere nella soppressione delle sezioni I e III del modulo, unitamente ad un cospicuo abbassamento delle sanzioni previste in caso di violazione della disciplina – non si sono concretizzati. Più di recente, i principi ispiratori delle modifiche brevemente descritte sono stati ripresi dallo «Schema di disegno di legge recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – legge europea 2013», approvato dal Consiglio dei Ministri in data 27 marzo 2013. Si osserva che, in ogni caso, lo schema di disegno di legge richiamato non andrebbe a modificare la disposizione di esonero in commento; le osservazioni svolte nel presente lavoro dovrebbero conservare utilità, dunque, anche nel caso di una favorevole conclusione dell’iter legislativo.

(6) Emersa chiaramente nella circ. 12 marzo 2010, n. 12/E, par. 7.1, in Boll. Trib., 2010, 439, nella quale la scrivente, in risposta ad una domanda posta da esperti della stampa specializzata, non è riuscita ad indicare quale fosse «la norma di legge che esonera dalla compilazione del modulo RW coloro che hanno effettuato un rimpatrio giuridico di beni patrimoniali diversi dalle attività finanziarie». E questo, semplicemente, perché tale disposizione (ancora) non esisteva.

 (7) Cfr. circ. 10 ottobre 2009, n. 43/E, par. 5, in Boll. Trib., 2009, 1522; nella circ. 23 novembre 2009, n. 49/E, par. 5.1, ibidem, 1767, è stato chiarito che tra le attività patrimoniali che potevano essere oggetto di rimpatrio rientravano, tra l’altro, gli immobili, i diritti immobiliari, nonché beni immateriali (come, ad esempio, marchi e brevetti). Si rammenta che il rimpatrio giuridico, a differenza del rimpatrio materiale, non prevedeva l’obbligatorio trasferimento delle attività in territorio italiano, bensì consisteva nell’attribuire ad un intermediario residente l’incarico di assumere formalmente in custodia, deposito, amministrazione o gestione le attività che rimarranno detenute all’estero.

(8) Si vedano circ. n. 49/E/2009, par. 2.6, cit.; e circ. 19 febbraio 2010, n. 6/E, par. 2, in Boll. Trib., 2010, 374.

(9) Si vedano circ. n. 49/E/2009, par. 5.1, cit.; e circ. n. 6/E/2010, par. 2, cit. In quest’ultimo documento di prassi la scrivente ha, altresì, precisato che, per consentire alla fiduciaria (più in generale, all’intermediario residente) di effettuare tali adempimenti, il contribuente «si obbliga a comunicare alla stessa ogni informazione circa i flussi reddituali anche non fiscalmente rilevanti relativi ai beni rimpatriati e si impegna a non compiere atti di gestione o di amministrazione senza preventiva informazione alla società fiduciaria».

 (10) In particolare da A. Tomassini C. Montinari, Le entrate e «Telefisco» sulla riapertura dei termini per l’adesione allo scudo fiscale, in Corr. trib., 2010, 740, che avevano sottolineato come l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate «ancorchécondivisibile, sembra esorbitare il dettato normativo di cui all’art. 4, comma 4, del D.L. n. 167/1990 il quale prevede l’esonero dagli obblighi dichiarativi per le sole “attività finanziarie” date in gestione o amministrazione a banche, poste, SIM, SGR o fiduciarie residenti in Italia e non anche per i beni patrimoniali. L’interpretazione quindi dovrebbe forse tradursi in una modifica normativa, modifica che peraltro avrebbe l’indubbio pregio di rendere concretamente “attuabile” l’amministrazione fiduciaria di beni patrimoniali».

 (11) In base alla documentazione del Servizio Studi del Dipartimento delle finanze relativa agli emendamenti approvati dalla VI Commissione finanze, l’emendamento n. 5.13, che ha introdotto la modifica in esame, non riguardava le attività finanziarie, in quanto aveva esclusivamente lo scopo di escludere dal modulo RW «le attività di natura patrimoniale detenute all’estero nei casi in cui le stesse siano affidate in gestione o in amministrazione ad intermediari residenti e purché i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività siano riscossi tramite l’intervento dei medesimi intermediari».

 (12) Nella ris. 18 febbraio 2011, n. 15/E, in Boll. Trib., 2011, 523, l’Agenzia delle entrate aveva, infatti, affermato che il regime di esonero in commento è applicabile alle polizze assicurative a contenuto finanziario contratte con compagnie di assicurazione estere per il tramite di un intermediario finanziario residente, «sempreché sia stato conferito ad un intermediario italiano l’incarico di regolare tutti i flussi connessi con l’investimento, con il disinvestimento ed il pagamento dei relativi proventi».

 (13) Circ. n. 45/E/2010, par. 2.3, cit. Nello stesso senso circ. 19 giugno 2002, n. 54/E, in Boll. Trib., 2002, 991.

 (14) Preambolo del D.L. n. 16/2012.

 (15) Due contratti di amministrazione di attività estere di natura finanziaria stipulati con società fiduciarie residenti che dovrebbero garantire ai soggetti passivi l’esonero dagli adempimenti dichiarativi anche in seguito alla novella in commento sono, ad esempio, quelli portati all’attenzione dell’Agenzia delle entrate nella ris. 31 maggio 2011, n. 61/E, in Boll. Trib., 2011, 1461, e nella ris. 8 marzo 2012, n. 23/E, ivi, 2012, 459. La complicazione di tali schemi contrattuali rispetto al semplice mandato a riscuotere i redditi prodotti dall’attività finanziaria conferito all’intermediario residente appare evidente.