31 Marzo, 2017

La novella, di cui alla legge di stabilità 2016 (cfr. commi 130 e 131 dell’articolo unico della legge 28 dicembre 2015, n. 208), sull’allungamento di un anno del termine decadenziale ordinario del controllo fiscale – artt. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (1) – a valere dalle dichiarazioni presentate dal 2017 (aa. 2016), rispettivamente in 5 anni e 6 anni, rappresenta ex se una soluzione equitativa, ossia di compromesso rispetto alla scelta madre di congelare pro futuro il raddoppio dei termini del controllo fiscale sulle violazioni rilevanti penalmente. Si vuole dire che il legislatore sul timing dell’accertamento delle violazioni tributarie riferite dal periodo d’imposta 2016 in avanti, ancorché rilevanti penalmente, disapplica il raddoppio dei termini, concedendo un esubero del termine ordinario decadenziale (più ampio), dilatato di un anno, applicabile a tutte le violazioni tributarie post annualità 2016 (modello Unico 2017 base 2016).
Per gli anni precedenti, ovvero per le violazioni tributarie commesse prima del periodo d’imposta 2016, ad esempio in caso di dichiarazione infedele (Unico presentato nel 2016 base 2015), il loro riassorbimento seguirà le vecchie regole, ossia i vecchi termini decadenziali (4 anni) non dilatati di un anno, eventualmente raddoppiati per le fattispecie rilevanti penalmente, con la conseguenza che solo dal 2016 sopravvivono termini duali del controllo fiscale: dunque un’ultrattività delle vecchie regole del controllo fiscale, nonostante la sostituzione integrale degli artt. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e 57 del D.P.R. n. 633/1972 ad opera dei commi 130 e 131 dell’articolo unico della legge n. 208/2015.
È evidente che il raddoppio dei termini sulle violazione ante periodo d’imposta 2016 seguirà le nuove regole introdotte dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 (Decreto sulla certezza del diritto), e, specificamente, sarà necessario l’invio della denuncia di reato nei termini decadenziali (vecchi) ordinari, con l’effetto deteriore che se la stessa verrà inoltrata dopo tali termini non opererà il citato raddoppio dei termini per l’accertamento. Quest’ultimo va agganciato ai vecchi termini decadenziali (quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione IRPEF/IRES o quinto ai fini IVA) e non ai nuovi introdotti con la citata legge n. 280/2015. Difatti, superiori ragioni sistemiche di coerenza del dato positivo impongono di considerare un vero refuso il passaggio testuale, di cui al citato comma 131, che inspiegabilmente associa il raddoppio dei termini ai nuovi termini più ampi, i quali decorrono dal 2016 (violazioni dichiarative riferite a questo periodo d’imposta).
Va altresì ricordato che questa rivoluzione sui termini decadenziali del controllo, dilatati di un anno, non avrà effetto alcuno sulle dichiarazioni integrative presentate per annualità anteriori al 2016 (i cui termini di controllo decorrono da questa dichiarazione limitatamente ai componenti integrati).
Si vuol dire che il nuovo termine decadenziale di cinque anni non dovrebbe valere per quelle dichiarazioni integrative con le quali si vanno a rettificare le dichiarazioni relative ad annualità anteriori al periodo d’imposta 2016 ancorché presentate successivamente all’annualità de qua, con la conseguenza che, su queste integrazioni, sopravvivono i vecchi termini decadenziali del controllo fiscale (4 anni per l’infedele dichiarazione ai fini delle imposte dirette).
Altresì, sui coordinamenti della novella con le norme sistemiche, resta invariata la disciplina metasanzionatoria del raddoppio sulle attività delle Controlled foreign companies, cosiddette c.f.c. (ved. art. 12, commi 2 e 2-bis, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102). Invero, questa disciplina “confiscatoria” ne esce de facto rafforzata, nella misura in cui il prefato raddoppio dei termini andrà ad incidere a partire dal periodo d’imposta 2016 (Unico 2017) sui nuovi termini dilatati di un anno, con l’effetto deteriore che un investimento c.f.c. non dichiarato nel quadro RW per il 2016 potrà essere ex se riassorbito nel 2027. Invece, sulle annualità anteriori al 2016 rivivranno i vecchi termini decadenziali quadriennali (IRPEF) che andranno ex se raddoppiati al fine di dare ingresso alla disciplina metasanzionatoria (presunzione legale di imponibilità, con inversione dell’onere probatorio) di cui all’art. 12 del decreto n. 78/2009 sopra citato. È evidente che i nuovi termini decadenziali a valere dal periodo d’imposta 2016 sulle violazioni rischiano di rendere oltremodo gravoso l’onere dimostrativo della natura extrafiscale del prefato investimento offshore, verificata l’applicazione del nuovo più ampio termine decadenziale quinquennale da raddoppiare sulle prefate violazioni c.f.c. Documentazione risalente che sarà di difficile reperibilità, come dimostra la recente esperienza della voluntary disclosure.
Il sistema positivo contempla un’altra ipotesi di allungamento del termine decadenziale ordinario.
Il riferimento è all’art. 10-bis, settimo comma, ultimo periodo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), sui profili endoprocedimentali nelle contestazioni di abuso di diritto (2), il quale prevede una deroga del termine decadenziale ordinario quando fra l’invio della richiesta di chiarimenti e quello di decadenza decorrono meno di 60 giorni. In tale evenienza il termine decadenziale è prorogato fino a concorrenza dei citati 60 giorni; un particolare congegno di proroga automatica la quale se da un lato non pregiudica l’efficacia dell’azione accertatrice in dipendenza dello spiegarsi della fase endoprocedimentale sulle contestazioni elusive – in questa rinnovata fiscalità partecipata – dall’altro dà attuazione al principio del contraddittorio preventivo. È evidente che la prima data ovvero quella d’inoltro della richiesta di chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria dev’essere anteriore a quella di decadenza dell’azione impositiva. In altri termini, la proroga de qua opera quando la scadenza del termine per rispondere alla richiesta di chiarimento dell’Ufficio sia anteriore alla scadenza del termine decadenziale del controllo e il divario fra i due termini sia inferiore ai 60 giorni. La proroga opera con riferimento al termine ordinario, si commisura al massimo a 60 giorni, al fine di dare all’Amministrazione finanziaria il tempo di valutare la risposta del contribuente alle sue sollecitazioni. Il dies a quo della proroga è individuato nel giorno di scadenza del termine ordinario di accertamento.
Ultroneo regime derogatorio del termine ordinario decadenziale del controllo fiscale (ved. gli artt. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e 57 del D.P.R. n. 633/1972), riguarda le violazioni tributarie emendate in voluntary disclosure. Il riferimento è al recente D.L. 30 settembre 2015, n. 153 (convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2015, n. 187), il quale ha operato l’unificazione al 31 dicembre 2016 del termine decadenziale di accertamento delle violazioni tributarie autodichiarate in voluntary, con il portato che gli Uffici finanziari entro questo termine invieranno gli inviti (verosimilmente nn. 5 o 10 per i Paesi black list) per le annualità coperte dalla voluntary disclosure. Il prefato termine decadenziale di fatto riallinea il termine del controllo sulle violazioni tributarie regolarizzate ovvero endovoluntary (3), con l’effetto deteriore che le stesse non potranno essere più riassorbite (l’evasione offshore si consolida) dopo il 31 dicembre 2016. Invero, questo derogatorio termine decadenziale non opera sulle violazioni tributarie occultate in voluntary disclosure.
Si vuole dire che l’azione accertatrice non si esaurisce e consuma con il nuovo termine unificato del 31 dicembre 2016 per queste violazioni mai emendate, ben potendo l’Amministrazione finanziaria fare ricorso all’accertamento integrativo di cui all’art. 43, quarto comma, del D.P.R. n. 600/1973, per accertare ad esempio nel 2017 e 2018 – e anche oltre, ove si considerino i raddoppi dei termini – violazioni non regolarizzate (assets omessi) in voluntary e riferite ad annualità non necessariamente ivi incluse. Difatti su questa patologia da evasione da voluntary, ed entro questi perimetri, rivivono i raddoppi sistemici dei termini di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e quelli black list, ossia i raddoppi non previsti dalla norma (metasanzionatoria) dell’art. 12, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2009 – disapplicati solo in voluntary. Pertanto per un conto omesso o un incremento patrimoniale non dichiarato in voluntary, o ancora un trust fittizio, abusato, non destrutturrato ovvero non azzerato in voluntary – lo stesso dicasi per i veicoli offshore fittiziamente interposti – opererà il termine decadenziale ordinario di cui al più volte citato art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, con i raddoppi sistemici (rivivono) per i Paesi con accordo, e non quello derogatorio unificato del 31 dicembre 2016, il quale, appunto, opera per il riassorbimento delle violazioni tributarie endovoluntary.
In questo senso si è parlato di dualità dei termini decadenziali in relazione alle annualità coperte dalla voluntary in ragione del comportamento resipiscente o meno del contribuente. È altrettanto evidente che questa facoltà sistemica di rigenerazione del controllo sulle violazioni extravoluntary attraverso l’accertamento integrativo non è illimitata nella misura in cui l’emissione di ultronei atti fiscali sulle stesse annualità coperte dalla voluntary, per riassorbire violazioni non dichiarate, in essa incontra (cfr. art. 43, quarto comma, del D.P.R. n. 600/1973) il limite ontologico della “novità” nell’elemento istruttorio, la cui disponibilità sopravvenuta riabilita il potere impositivo sulle annualità da voluntary. Invero, verificata la dichiarata natura parziale della “definizione” da voluntary (4), l’integrazione sulle annualità da voluntary è ex se svincolata dal prefato limite endoprocedimentale della sopravvenuta “novità”, con l’effetto deteriore che l’emissione di nuovi atti impositivi su quelle annualità endovoluntary sarà verosimile.
In futuro in base alla novella de qua (ved. legge n. 208/2015), sull’allungamento di un anno del controllo fiscale anche le violazioni tributarie astrattamente rilevanti penalmente commesse nel 2017 potranno essere riassorbite, similmente a quelle infrasoglia, entro il 31 dicembre del 2022 (IRPEF-IRES). Dunque per tali violazioni tributarie post 2016 – per quelle ante permane il raddoppio sui “vecchi termini” – viene de facto abrogato l’art. 2 del D.L. n. 153/2015 (entrato in vigore il 2 settembre 2015), sulla certezza dei rapporti fra fisco e contribuente, che reca la nuova disciplina del raddoppio dei termini di decadenza per l’esercizio dell’attività di accertamento (“coperte” da notizie di reato tempestive) dando così attuazione alla norma contenuta nella delega per la riforma del sistema fiscale. La disciplina di cui all’art. 3 del citato decreto reca anche una clausola transitoria di salvaguardia, volta a regolamentare i delicati rapporti intertemporali, per cui anche nel caso di notizie di reato intempestive ovvero presentate oltre il termine decadenziale ordinario l’accertamento sarà non tardivo se notificato prima del 2 settembre 2015. Si tratta degli atti impositivi “coperti” da notizie di reato ultratardive ovvero anche non trasmesse, che vengono fatti salvi dal legislatore, il quale, a protezione degli atti impositivi notificati prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, sottrae gli stessi dalle nuove regole che postulano notizie di reato tempestive ed effettive. Clausola di salvaguardia di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2015 che non è stata invece riproposta nell’ambito della riscrittura dei nuovi termini decadenziali che ha portato il giudice milanese (5) a ritenere ex se abrogata implicitamente la disposizione di salvaguardia, verificata la sopravvenuta disciplina della legge di stabilità silente su questo profilo endoprocedimentale.
Questo subsistema normativo sul regime derogatorio dei termini decadenziali ordinari viene sterilizzato dalla novella, con il portato che, in futuro (2016), la notitia criminis non avrà alcun effetto dilatatorio del controllo fiscale, i cui termini decadenziali restano quelli ordinari sistemici, ved. gli artt. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e 57 del D.P.R n. 633/1972, allungati di un anno. La normativa sul raddoppio dei termini, dopo la ricostruzione avutasi sul piano interpretativo con la sentenza della Corte Costituzionale n. 247/2011 (6) (che ha individuato in astratto l’esistenza ab origine di due differenti termini decadenziali per l’accertamento) e l’integrazione della disciplina positiva intervenuta con legge delega, era ancora tuttavia foriera di incertezze e riserve. Il riferimento è alla “prognosi postuma” sui contenuti e sulla latitudine della presupposta notitia criminis, cui era chiamato il giudice tributario, circa la ricorrenza del fatto-reato (non il semplice sospetto, ma un sindacato di attendibilità e probabilità dell’illecito), con un’interferenza di questo giudice speciale su questioni (incidentali) extrafiscali, in quanto chiamato a valutare se una violazione integrasse o meno gli estremi del reato (il giudice naturale è quello penale): presupposto cui veicola l’inoltro della notitia criminis ai sensi dell’art. 331 c.p.p., un sindacato di assenza di strumentalità/pretestuosità nella condotta tenuta dall’Amministrazione finanziaria; un riscontro ora per allora circa la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale al fine di evitare comportamenti capziosi, orientati a riesumare periodi d’imposta non più controllabili. Invero il sistema previsto dall’art. 2, terzo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, abilita ex se il giudice tributario del potere endoprocessuale di risolvere in via incidentale qualunque questione pregiudiziale, da cui dovesse dipendere la decisione della controversia rientrante nella sua giurisdizione speciale. L’incertezza della normativa de qua derivava altresì dall’ultroneo presupposto (cronologico) del termine raddoppiato, rappresentato dall’invio della notizia di reato entro il termine decadenziale ordinario, verificato il nesso eziologico fra il raddoppio del termine e le presupposte notizie di reato tempestive, essendo il primo correlato alla scadenza del termine decadenziale ordinario, con il portato che una notizia di reato ultratardiva non influiva mai sulla decorrenza di questo termine lungo.
Prima, invece, dell’esercizio della delega fiscale era legittimo il raddoppio anche in assenza dell’invio della notizia di reato nei termini decadenziali, verificata l’astratta configurabilità del reato e l’esistenza di un doppio binario tra giudizio penale e giudizio tributario evidenziato dall’art. 20 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Ancora controversa ai predetti fini dilatori del controllo fiscale era la questione della provenienza della denuncia di reato di cui all’art. 331 c.p.p. ossia se la stessa dovesse essere effettuata dai pubblici ufficiali, inclusa la Guardia di finanza, ovvero potesse essere acquisita ex se direttamente dalla polizia giudiziaria, cui fa riferimento l’art. 330 c.p.p. Questione riesumata in una circolare della Guardia di finanza stessa (7) in cui si evoca un utilizzo indiscriminato e incontrollato del raddoppio dei termini sulla base di situazioni in cui detto obbligo (art. 331 c.p.p.) sussiste in astratto e il procedimento penale sia stato intrapreso anche sulla base di una fonte diversa.
L’innovazione de qua rappresenta un benefit per queste evasioni rilevanti penalmente, le quali de facto saranno riallineate ai fini del controllo a quelle minori infrasoglia, per essere accertate nel medesimo (minor) termine decadenziale ordinario emendato ovvero unificato di 5 anni (IRPEF). Non vi è più distinzione ai fini del controllo fra evasione fraudolenta e quella minore infedele (distinzione che permane sul profilo sanzionatorio fiscale ed extrafiscale applicabile) nella misura in cui entrambe potranno essere riassorbite nel nuovo termine unificato di 5 anni. Pertanto, la novella opera di fatto un delisting delle violazioni tributarie, tutte destrutturate, azzerando ai fini della notificazione degli atti impositivi ogni differenza fra evasione, elusione/abuso nella nuova definizione unificata dell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente o, ancora, fra dichiarazione infedele e dichiarazione fraudolenta.
Difatti, ogni violazione tributaria ha un colore non necessariamente “nero” – ved. l’abuso/elusione – e un diverso grado, tasso di offensività e di disvalore – ved. l’utilizzo di documentazione fittizia a supporto di una dichiarazione mendace. Distinzione che permane nel diritto penale tributario e anche nel nuovo regime sanzionatorio amministrativo (cfr. il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158). Il riferimento è alla “nuova” graduazione prevista nell’ambito della revisione del nuovo regime sanzionatorio amministrativo, con l‘effetto deteriore che le infedeltà dichiarative “coperte” da falsa fatturazione hanno una risposta sanzionatoria evidentemente più importante rispetto alle minori dichiarazioni meramente infedeli.
Invece ai fini del controllo fiscale la novella legislativa, retro illustrata, armonizza il sistema unificando tutte le violazioni tributarie nel timing degli accertamenti, accertabili negli stessi termini decadenziali, con le deroghe per quelle c.f.c.
Anche il diritto punitivo extrafiscale ovvero amministrativo si allinea, pertanto, a quello penale, dal quale mutua i principi madre di personalizzazione dell’illecito, operando una selezione delle condotte rilevanti.
Invece, quell’esigenza di armonizzazione delle diverse infedeltà dichiarative permane ancora sulle fattispecie di elusione/abuso, le quali, nel revisionato regime sanzionatorio amministrativo sono inspiegabilmente allineate all’evasione. Difatti, nell’art. 8 della legge 11 marzo 2014, n. 23, si invitava il Governo delegato a individuare i confini e dunque i perimetri dell’evasione e dell’elusione/abuso e delle relative conseguenze sanzionatorie, al fine della diversa graduazione delle risposte sanzionatorie verificata la diversità ontologica delle descritte fattispecie (prisma della proporzionalità).
Invero nella norma delegata non vi è stato alcun intervento attuativo ovvero il tema della distinzione degli effetti sanzionatori nelle violazioni tributarie da evasione ed elusione, ancorché “coperto” dalla delega, non ha ricevuto attuazione alcuna. Difatti il tema dell’abuso/elusione, raccolto nel nuovo art. 10-bis della legge n. 212/2000, nel prevedere la sua esclusione dalla sanzionabilità penale, fa salva l’applicazione delle sanzioni amministrative, con una formula dal tenore vagamente interpretativo. Pertanto latita nella legislazione delegata, di revisione delle sanzioni amministrative, una differenziazione madre, solo annunciata ed evocata nella legge delega ma de facto mai attuata, a seconda che ci si trovi in presenza di fattispecie riconducibili all’evasione piuttosto che all’evasione pura, questo nonostante l’evidente maggiore disvalore e maggiore tasso di offensività che presenta quest’ultima: riallineamento che permane nel controllo fiscale delle descritte violazioni tributarie, i cui termini decadenziali del controllo sono perfettamente allineati, ossia l’imposta elusa e abusata dal 2016 in poi similmente a quell’evasa verrà riassorbita nei successivi cinque anni (IRPEF).

Avv. Fabio Ciani – Dott. Luigi Scimè

(1) Sul nuovo regime derogatorio del termine decadenziale del controllo fiscale e sulla sua applicabilità a valere dalle violazioni tributarie (infedeltà dichiarative) riferite al periodo d’imposta 2016 e ss., ved. MARINO-ZAMMARELLI, I nuovi termini per l’accertamento in materia di imposte dirette e IVA, in Corr. trib., 2016, 489 ss., i quali osservano che «le nuove norme hanno ampliato di un anno il termine per l’accertamento nelle ipotesi di dichiarazione infedele, e di due anni il termine nelle ipotesi di dichiarazione omessa o nulla. In contropartita è stata eliminata, tanto ai fini delle imposte sui redditi quanto ai fini dell’IVA, la previsione del raddoppio dei termini di decadenza in caso di fattispecie comportanti obbligo di denuncia per un reato tributario … i nuovi termini di decadenza troveranno applicazione a partire dagli avvisi di accertamento riguardanti il periodo d’imposta 2016. Invece per gli avvisi di accertamento emessi relativamente ai periodi d’imposta precedenti il 2016 si applicheranno ancora i previgenti termini dell’accertamento … ed inoltre rimarrà operativa la previsione del raddoppio dei termini in caso di violazione penalmente rilevante, che tuttavia potrà operare solo qualora la denuncia venga inoltrata entro i termini ordinari di decadenza».
(2) Sulla nuova fattispecie di proroga del termine di contestazione dell’abuso di diritto al fine di dare attuazione al contraddittorio endoprocedimentale sulle fattispecie di evasione interpretativa, ved. FRANSONI-COLI, Abuso del diritto e proroga del termine per l’accertamento, in Corr. trib., 2016, 755 ss., i quali sostengono che «dal coordinamento fra i commi 6 e 7 statuto discende pertanto che il contraddittorio ivi previsto si articola: in una richiesta di chiarimenti inviata dall’amministrazione al contribuente (o ai contribuenti) destinatari potenziali della contestazione di abuso del diritto; in un termine di 60 gg. per la risposta del contribuente; in un termine di 60 gg. per l‘emanazione dell’atto di accertamento, nella previsione di un obbligo di motivazione in ordine alle argomentazioni spese nelle fasi precedenti con particolare riferimento a quelle del contribuente … il legislatore ha previsto un particolare congegno di proroga automatica il quale, se da un lato è diretto a salvaguardare l’interesse dell’amministrazione e non vedere pregiudicata l’efficacia dell’azione accertatrice in dipendenza della rigidità ed estensione della scansione temporale delle diverse fasi rima indicate, dall’altro lato, proprio perché tutela quell’interesse dell’amministrazione, impone indirettamente alla stessa di dare la migliore e più piena attuazione al principio del contraddittorio».
(3) Sul nuovo termine decadenziale unificato al 31 dicembre 2016 del controllo delle violazioni endovoluntary, non applicabile alle violazioni tributarie non emendate in voluntary ved. CIANI, Voluntary disclosure: termini decadenziali ordinari, derogatori unificati e parzialità delle definizioni, in Corr. trib., 2016, 48 ss., il quale osserva che «l’azione accertatrice non si esaurisce e consuma ex se con il nuovo unificato termine decadenziale del 31 dicembre 2016 previsto nel D.L. di proroga n. 153/2015 – in cui devono essere notificati/definiti gli atti sostanziali – ben potendo fare ricorso all’accertamento integrativo di cui all’art. 43, comma 4, del D.P.R. n. 600/73 per accertare ad es. nel 2017 e 2018 – ed anche oltre ove si considerino i raddoppi dei termini – violazioni non regolarizzate in voluntary e riferite ad annualità non necessariamente ivi incluse … limitatamente alle violazioni tributarie mai dichiarate in voluntary disclosure opera il termine decadenziale dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/73 (con i prefati raddoppi per i paesi con accordo) e non quello unificato del 31 dicembre 2016 il quale, appunto, opera per le violazioni tributarie regolarizzate … la dualità de qua ha l’effetto sistemico di riallineare sul profilo endoprocedimentale, le posizioni di coloro che hanno evaso in voluntary e di coloro, ugualmente evasori, che non hanno mai aderito alla voluntary. Entrambi potranno sempre essere accertati nei termini ordinari decadenziali dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/73 con i raddoppi fiscali, di cui all’art. 12 del D.L. n. 78/2009 ed extrafiscali (si pensi alle notizie di reato tempestive)».
(4) Ved. circ. 13 marzo 2015, n. 10/E, in Boll. Trib., 2015, 422.
(5) Ved. Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. V, 22 gennaio 2016, n. 386, in Boll. Trib. On-line.
(6) Cfr. Corte Cost. 25 luglio 2011, n. 247, in Boll. Trib., 2011, 1489, con nota di BRIGHENTI, Corte Costituzionale: salvo (con riserva) il raddoppio dei termini di accertamento.
(7) Circ. 29 dicembre 2008, n. 1/G.d.F., in Boll. Trib. On-line.

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