13 Marzo, 2014

 

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Responsabilità amministrativa degli enti e reati tributari – 3. Recente giurisprudenza di legittimità sul D.Lgs. n. 231/2001.

 

 

 

1. Premessa

 

 

Societas delinquere non potest”, recita un antico brocardo di origine romanistica che per secoli ha rappresentato uno dei capisaldi del diritto penale: il reo è sempre una persona fisica e mai una società, un’associazione o altro ente, ai quali non sono attribuibili le condotte penalmente rilevanti.

 Questo pilastro del diritto penale è stato incrinato (1) con l’introduzione del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti con e senza personalità giuridica piena, per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio.

 La norma è certamente il risultato dell’evoluzione della società in modelli aggregativi, quali appunto gli enti, la cui attività può essere causa di rilevanti effetti sociali (2), ma soprattutto frutto della pressione di altri Stati europei che già prevedevano una tale disciplina (Francia, Regno Unito, Olanda, Portogallo, Danimarca, Svezia, Irlanda, Finlandia); con alcuni di tali Stati sono state stipulate delle Convenzioni internazionali, in esecuzione alle quali fu poi emanato l’art. 11 (3) della legge delega 29 settembre 2000, n. 300.

 Si è, dunque, ritenuto che limitare la responsabilità degli enti alla sola responsabilità civile e/o alle sanzioni di mera natura amministrativa, per eventi gravi, di peculiare e specifica rilevanza penale, fosse insufficiente a garantire un’adeguata tutela e risposta ai crimini stessi, di talché il legislatore ha ritenuto di dover introdurre una disciplina dal contenuto certamente afflittivo, ma fortemente connotata da un intento di deterrenza, come alcune sue specifiche disposizioni evidenziano in modo chiaro.

 Qual è la natura di tale disciplina? Tre tesi sono state espresse in dottrina:

 a) una prima tesi minoritaria la considera una disciplina di stampo interamente amministrativistico, seppur con la peculiarità di prevedere l’irrogazione delle sanzioni da parte del giudice penale;

 b) la seconda tesi ne evidenzia invece la natura penale;

 c) in ultimo, il tertium genus, che attribuisce alla disciplina in esame una natura mista, affermando che la norma non regola né una responsabilità amministrativa, né una responsabilità propriamente penale, ma un ibrido tra le due responsabilità, che recepisce qualcosa dall’una e qualcosa dall’altra, determinando una sorta di “responsabilità da reato” (4).

 La disputa non è un mero esercizio dialettico tra cultori della materia, avendo specifiche conseguenze applicative a partire dalla più evidente: il rischio di una pronuncia di incostituzionalità di una tale normativa per contrasto con l’art. 27 Cost. (5).

 I soggetti a cui è destinata la peculiare disciplina sanzionatoria sono indicati all’art. 1 del citato D.Lgs. n. 231/2001 (6). Il riferimento è agli enti forniti di personalità giuridica ma anche alle associazioni e alle società prive di personalità giuridica. Restano, pertanto, esclusi pochi soggetti, poiché il testo normativo ha un’evidente formulazione ampia. È stato evidenziato che il discrimine non è appare legato alla tipologia di attività svolta, ma alla natura del soggetto: la medesima attività per tipologia, settore e volumi, può essere soggetta o sottratta alla disciplina sanzionatoria, in funzione del suo esercizio in forma individuale o superindividuale(7).

 Affinché sussista la responsabilità dell’ente è necessario:

 a) che sussista un reato, tra quelli specificamente previsti, ovviamente a carico di una o più persone fisiche (8);

 La differenza è che l’interesse è un requisito soggettivo accertabile “ex ante”, che può sussistere anche se poi non si concretizza in un vantaggio, mentre il vantaggio è un requisito oggettivo da verificare “ex post”, che può sussistere anche in assenza dell’interesse (9).

 Il fine preventivo della disciplina è testimoniato dalle ipotesi di esenzione dalla responsabilità, previste dall’art. 6, in virtù del quale l’ente non risponde del reato se prova che:

 i) l’organo dirigente ha adottato ed attuato efficacemente prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

 ii) ha vigilato sull’osservanza di tali modelli;

 iii) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione e non è configurabile l’omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di controllo.

 A tal fine sono nati, pertanto, all’interno delle società i c.d. “codici etici”.

 Le pene previste sono:

 a) le pene pecuniarie;

 b) le sanzioni interdittive;

 c) la confisca;

 d) la pubblicazione della sentenza.

 Le sanzioni interdittive sono:

 a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;

 b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze e concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;

 c) il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

 d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi, sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;

 e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

[-protetto-]

 

 2. Responsabilità amministrativa degli enti e reati tributari

 

Il lunghissimo elenco di reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti non comprende i reati tributari di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

 Di norma, dunque, la realizzazione di condotte criminali nell’interesse o vantaggio di enti, finalizzate all’abbattimento del loro carico tributario non rappresenta un fenomeno sul quale applicare l’importante efficacia deterrente delle disposizioni in esame.

 Sul punto si sono espresse in dottrina, invero, idee contrapposte(10):

 Caraccioli (11) aveva evidenziato come vi fossero dei motivi ostativi all’introduzione della nuova categoria di reati presupposto, quali la presenza di una sanzione tributaria già irrogabile nei confronti dell’ente (art. 19, secondo comma, del D.Lgs. n. 74/2000, che richiama l’art. 11 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ma soprattutto l’art. 7 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326) e l’indelegabilità degli obblighi tributari, che avrebbe creato disarmonie con la disciplina (tutta fondata sul presupposto di una spersonalizzazione dell’attività di impresa) contenuta nel D.Lgs. n. 231/2001;

 Ielo (12), invece, ritiene questi reati perfettamente compatibili con il tessuto del D.Lgs. n. 231/2001, sul presupposto che questa tipologia di delitti rappresentano manifestazioni tipiche della criminalità di profitto generata all’interno dell’ente.

 Soprattutto, però, l’introduzione dei reati tributari, meglio di alcuni di essi, nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti è una proposta ufficiale presente agli atti della “Commissione Greco(13).

 Nella relazione inviata dalla Commissione al Governo, si sollecitava l’inserimento tra i reati presupposto del D.Lgs. n. 231/2001 delle seguenti ipotesi di reato tributario:

 1) art. 2, primo comma, del D.Lgs. n. 74/2000, dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (sanzione pecuniaria: da 600 a 1000 quote; interdittiva: da 6 mesi ad un anno).

 2) art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000, emissione di fatture o altri documenti relativi ad operazioni inesistenti, con le medesime sanzioni previste per la precedente ipotesi.

 3) art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000, omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o ai fini IVA (sanzione pecuniaria: da 400 a 800 quote; sanzione interdittiva: dai tre agli otto mesi).

 4) art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000, distruzione ed occultamento di documenti contabili (sanzione pecuniaria: da 500 a 900 quote; interdittiva: dai quattro ai nove mesi).

 Nonostante l’indicazione della Commissione, il legislatore non ha mai incluso i reati tributari tra quelli presupposto della responsabilità amministrativa degli enti.

 Si può, pertanto, escludere che i crimini finalizzati all’evasione delle imposte restino sempre e comunque esclusi dal campo di innesco delle sanzioni penali/amministrative a carico degli enti?

 Certamente il mancato inserimento dei delitti di cui al D.Lgs. n. 74/2000 tra quelli presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, rende molto improbabile che dei crimini legati all’evasione conducano all’irrogazione di sanzioni penali/amministrative agli enti. improbabile, ma non impossibile.

 Si possono verificare, infatti, ipotesi in cui l’evasione comporti ipotesi delittuose diverse da (o in aggiunta a) quelle di cui al D.Lgs. n. 74/2000.

 Si pensi al caso in cui il gruppo dirigente di una Società attraverso un’associazione a delinquere, organizzi una complessa frode carosello al fine di evitare il pagamento dell’IVA, per fare concorrenza sleale sul mercato, attraverso l’abbattimento dei prezzi e dunque nell’interesse ed a vantaggio dell’ente, che può in tal modo incrementare esponenzialmente il proprio volume d’affari. Tale ipotesi potrebbe certamente comportare l’irrogazione delle sanzioni di cui alla D.Lgs. n. 231/2001.

 È recentissima una sentenza della Corte di Cassazione che ha trattato una fattispecie analoga (14). Il caso riguardava una società i cui dirigenti erano stati indagati per associazione a delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000) e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000).

 La società, invece, era indagata in relazione all’art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001, in relazione al solo reato di associazione a delinquere (seppur finalizzata ai già citati reati tributari).

 Per l’effetto dell’imputazione a carico della società, il Gip (provvedimento confermato in sede di riesame) disponeva il sequestro preventivo del prezzo o del profitto del reato finalizzato alla confisca per equivalente come previsto dall’art. 19 del D.Lgs. n. 231/2001.

 Di fronte alle eccezioni del ricorso, ove si eccepiva che il profitto fosse conseguenza dei reati fine e non dell’associazione a delinquere e che, pertanto, la confisca per equivalente non potesse applicarsi alla società, non imputabile per i reati fine, la Corte di Cassazione ha evidenziato che il sequestro preventivo trova legittimazione nel reato associativo e non nei reati “fine” e che il profitto realizzato mediante i reati tributari può essere ritenuto frutto anche dell’associazione a delinquere.

 Altra ipotesi di applicazione del D.Lgs. n. 231/2001 nell’ambito di un fine evasivo, potrebbe essere quella in cui in assenza degli elementi per l’applicazione di uno dei reati di cui al D.Lgs. n. 74/2000, un comportamento fraudolento finalizzato all’evasione, sfuggendo alla norma speciale (artt. 2, 3 o 8 del D.Lgs. n. 74/2000) venga ad essere inquadrato nella condotta di cui al reato di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, capoverso, c.p.).

 Si pensi alla registrazione di un atto simulato al fine di applicare l’imposta di registro in misura fissa, piuttosto che in misura proporzionale, come sarebbe stato se si fosse correttamente presentato alla registrazione l’atto dissimulato.

 Ovvero al caso dell’uso di fatture false per evadere l’IRAP, che non essendo un’imposta sui redditi non rientra nelle condotte di cui al D.Lgs. n. 74/2000, preposto alla repressione dell’evasione delle imposte sui redditi e dell’IVA (15).

 

3. Recente giurisprudenza di legittimità sul D.Lgs. n. 231/2001

 

 La Corte di Cassazione nel corso degli ultimi due anni è intervenuta più volte in materia di responsabilità amministrativa degli enti, manifestando posizioni piuttosto rigorose, respingendo frequentemente i ricorsi presentati dagli enti destinatari delle misure afflittive.

 La sentenza della Suprema Corte n. 9079/2013 (16), sancisce che il reato commesso da un dipendente dell’ente in favore, o meglio, nell’interesse dello stesso, non ne preclude la responsabilità. La norma, infatti, come ricordato in precedenza, non prevede soltanto che il reato abbia generato un profitto a favore della società o, come riportato testualmente dal legislatore, un vantaggio. È sufficiente, per configurare la responsabilità amministrativa dell’ente, che si sia agito nell’interesse dell’ente il che non esclude che non si sia poi ottenuto il risultato o vantaggio sperato.

 Oggetto della sentenza era un tentativo di corruzione nei confronti di tre funzionari dell’Agenzia delle entrate ad opera di alcuni esponenti di una società, finalizzata ad ottenere, in pendenza del giudizio tributario una conciliazione giudiziale ex ante ritenuta conveniente per la società. La corruzione non si perfezionava, poiché nelle more della condotta criminale dei dirigenti della società, di un consulente tributario e di alcuni funzionari corrotti, alcuni dei quali colti in flagranza di reato nel percepire la dazione illecita, interveniva l’Autorità giudiziaria, ancor prima che si procedesse alla firma della conciliazione giudiziaria. L’intervento dell’Autorità giudiziaria aveva interrotto la condotta criminosa per cui la conciliazione giudiziale non ebbe luogo. In seguito l’accertamento tributario veniva totalmente annullato in quanto, a seguito di ulteriori e autonome valutazioni dell’Ufficio, l’atto era da considerarsi totalmente infondato. La paradossale situazione, quindi, era data dalla circostanza che l’erario avrebbe ottenuto una maggiore convenienza dal perfezionamento dell’atto viziato dall’episodio corruttivo, mentre dalla corruzione, in ultima analisi, né sarebbe derivato uno svantaggio per l’ente, che avrebbe certamente visto l’annullamento dell’atto impositivo ove si fosse seguito un normale contenzioso tributario, senza tentare di corrompere i funzionari del fisco. La Corte di Cassazione ha, dunque, affermato che l’interesse dell’ente sussiste per il solo fatto che ex ante i dipendenti dello stesso agiscano nel suo interesse (essendo erroneamente convinti di favorire, attraverso il reato, l’ente), pur se il raggiungimento del loro obiettivo criminale si sarebbe (solo ex post) rivelato contrario all’interesse della società. La stessa sentenza ha, tuttavia, precisato che non tutte le sanzioni del D.Lgs. n. 231/2001 possono essere irrogate in un caso del genere. In particolare, non può essere disposta l’interdizione dalla contrattazione con la pubblica Amministrazione dell’ente corruttore, solo sulla base della differenza tra la conciliazione ottenuta e l’imposta evasa e dunque dovuta. Per l’interdizione occorre cioè, la verifica, ex post, di un effettivo vantaggio o profitto conseguito dall’ente.

 Sia la sentenza citata quanto la successiva sentenza della Corte di Cassazione n. 20060/2013(17), trattano il tema della prescrizione dell’illecito amministrativo dell’ente.

 La difesa della società in sede di costituzione richiedeva una declaratoria di estinzione per il decorso del termine di prescrizione (di decadenza), rilevando che il reato da cui derivava l’illecito amministrativo si era estinto per prescrizione prima della sentenza di primo grado.

 La Corte afferma che l’art. 60 del D.Lgs. n. 231/2001 è piuttosto chiaro nel suo contenuto normativo e comporta che l’estinzione per prescrizione del reato impedisce unicamente all’accusa di procedere alla contestazione dell’illecito amministrativo ma non impedisce, invece, di portare avanti il procedimento già incardinato(18).

 La rubrica dell’articolo, peraltro, qualifica il termine in esame come decadenza.

 Pertanto, secondo la Suprema Corte, superato tale termine, mediante il rinvio a giudizio dell’ente, la prescrizione segue le regole del codice civile. A norma degli artt. 2943 e 2945 c.c. la prescrizione è interrotta dall’atto col quale si inizia un giudizio ed essa, pertanto, non decorre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il processo; ne consegue quindi che dopo il rinvio a giudizio dell’ente, la prescrizione non decorre fino a definizione del procedimento penale. In seguito alla definizione del procedimento, resta però il dubbio sull’applicazione del termine di prescrizione ordinario decennale ovvero in via analogica il termine quinquennale previsto dall’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di sanzioni amministrative(19).

 Tale sentenza contiene un ulteriore principio in materia di autonomia del giudizio sulla società, rispetto a quello in capo alla persona fisica alle sue dipendenze.

 L’art. 8 del D.Lgs. n. 231/2001, prescrive che «La responsabilità dell’ente sussiste anche quando: a) l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile …».

 Il senso letterale della norma è chiarissimo – sottolineano i Supremi Giudici – nell’evidenziare non tanto l’autonomia delle due fattispecie (che anzi l’illecito amministrativo presuppone – e quindi dipende da – quello penale), quanto piuttosto l’autonomia delle due condanne sotto il profilo processuale. La responsabilità amministrativa dell’ente sussiste ove venga compiuto un reato da parte del soggetto riconducibile all’ente, ma non è necessario che tale reato venga accertato con individuazione e condanna del responsabile. La responsabilità penale presupposto, pur se accertata in senso oggettivo nell’interesse o a vantaggio dell’ente, non necessariamente deve condurre ad una condanna di una persona fisica (ad esempio perché non si è potuto individuare il soggetto responsabile o perché questi è non imputabile) e ciò nonostante può essere sanzionata in via amministrativa la società.

 Un’altra sentenza della Corte di Cassazione (20) chiarisce che la responsabilità amministrativa degli enti sussiste anche se il reato presupposto non si è consumato, essendosi contestato solo il tentativo ex art. 56 c.p. (21). Questo orientamento è stato, peraltro, confermato anche dalla già citata sentenza n. 9079/2013, dato che anche in quel caso il reato era contestato a titolo di tentativo.

 La citata sentenza n. 7718/2009 ha anche riconosciuto la sequestrabilità in via cautelare del profitto del reato, anche nel caso in cui venga contestato il tentativo, sui beni in relazione ai quali è obbligatoria la confisca ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha, però, precisato che il sequestro è possibile solo in presenza di un profitto direttamente ed effettivamente conseguito, accogliendo in tal modo il ricorso dell’Ente che chiedeva il dissequestro di alcuni crediti, ritenuti dal Gip, profitto del reato. La Corte di Cassazione ha rilevato, infatti, che «l’imputazione a profitto di semplici crediti, anche se liquidi ed esigibili, non può essere condivisa poiché, in effetti, trattasi di utilità non ancora percepite ma solo attese: basti considerare che non solo si verte in ipotesi di somme che, se riscosse, dovrebbero essere restituite al soggetto danneggiato, ma di somme non ancora sottratte a quest’ultimo».

 Un qualche rilievo merita anche la sentenza della Corte di Cassazione n. 4703/2012 (22), nella quale i giudici rilevano la responsabilità a norma del D.Lgs. n. 231/2001 di uno studio professionale odontoiatrico, costituito in forma societaria, giungendo ad una decisione quasi scontata e in linea con il tenore letterale della norma.

 Certamente innovativa e “non ortodossa” è, invece, la sentenza della Corte di Cassazione 20 aprile 2011, n. 15567 (23),la cui originalità è ben nota allo stesso estensore che evidenzia che la tesi (non condivisa) sposata dal ricorrente fa leva su un conforme (e per quanto è dato di conoscere unico) orientamento giurisprudenziale (24).

 Il ricorrente muove dal presupposto che soltanto sugli enti dotati di personalità giuridica che siano strutturati in forma societaria o pluripersonale, possano farsi gravare gli articolati obblighi nascenti dal testo normativo in esame.

 La tesi è confutata dai Supremi Giudici attraverso un’interpretazione logico sistematica della norma in esame, in contrasto con quella letterale (25).

 I soggetti destinatari della responsabilità amministrativa non vanno individuati, secondo la Corte di Cassazione, soltanto attraverso la loro espressa previsione o la loro altrettanto espressa esclusione, ma ben possono identificarsi sulla base dell’appartenenza alla generale categoria degli enti forniti di personalità giuridica nonché di società e associazioni anche prive di personalità giuridica (art. 1, secondo comma).

 Sotto questo profilo, si ritiene che l’impresa individuale possa avere una propria personalità giuridica distinta dalla persona fisica.

 Secondo gli Ermellini, l’interpretazione in senso formalistico dell’incipit del D.Lgs. n. 231/2001, comporterebbe il rischio di un vero e proprio vuoto normativo, con effetti sul piano costituzionale, per via della disparità di trattamento tra quanti ricorrono a forme semplici di impresa e quanti, invece, si dotano di forme più articolate, magari avendo una struttura imprenditoriale (dipendenti e beni aziendali) ben più ridotta dell’imprenditore individuale. Si osserva, inoltre, che la disciplina del D.Lgs. n. 231/2001 è circostanza che renderebbe evidente la sua applicabilità anche alle imprese individuali.

 Oltretutto, poiché la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 231/2001 è senz’altro applicabile alle società a responsabilità limitata c.d. “unipersonali”, secondo i giudici risulterebbe vieppiù irrazionale l’esclusione delle imprese individuali.

 In ultimo una sentenza pro-reo.

 La materia del contendere riguarda l’applicazione delle misure cautelari reali. Con la sentenza n. 34505/2012 (26) la Corte di Cassazione ha posto dei paletti ben precisi alla possibilità di ricorrere allo strumento del sequestro preventivo, ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. n. 231/2001.

 I giudici pongono l’accento sulla necessità di un accertamento approfondito, quale presupposto dell’applicazione della misura cautelare, in quanto misura «diretta ad anticipare gli effetti della sanzione principale». Non è sufficiente a tal fine la semplice «sussumibilità della fattispecie concreta in quella legale» come si era limitato a fare il tribunale di Monza. La misura cautelare, rappresentando l’anticipazione degli effetti di un giudizio di merito, non può essere semplicemente motivata sull’esistenza del “fumus delicti”. I giudici della Corte di Cassazione parlano dell’accertamento di un fumus delictiallargato”. Cosa si intenda, la sentenza lo spiega successivamente: «l’apprezzamento dei gravi indizi – si legge nelle conclusioni – deve portare il giudice a ritenere l’esistenza di una ragionevole e consistente probabilità di responsabilità, in un procedimento che avvicina la prognosi sempre più a un giudizio sulla colpevolezza, sebbene presuntivo in quanto condotto allo stato degli atti, ma riferito alla complessa fattispecie di illecito amministrativo attribuita all’ente indagato».

 Una eccezione, prima di chiudere, alla programmata indicazione di esaminare le sole pronunce di legittimità, la richiede la sentenza della Corte d’appello di Milano 21 marzo 2012, n. 1824 (27).

 I giudici lombardi escludono la responsabilità dell’ente che si è dotato di modelli organizzativi adeguatamente strutturati prima della commissione del reato presupposto, anche se questo è attribuito ai vertici dell’ente.

 Un principio molto “pesante” in favore della forte connotazione preventiva e deterrente della disciplina esaminata.

 Da ultimo merita di essere citata l’ordinanza del Gip del tribunale di Napoli del 26 giugno 2007 con la quale il giudice è entrato nel merito degli strumenti organizzativi dell’ente, infliggendo in via cautelare la sanzione interdittiva di una anno dalla contrattazione con la pubblica amministrazione e sequestrando una ingente somma di denaro.

 Il Gip partenopeo ha così argomentato: «Occorre premettere che, sotto l’aspetto strutturale e contenutistico, il modello deve rappresentare l’esito di una corretta analisi del rischio e, pertanto, l’esito della corretta individuazione delle vulnerabilità oggettive dell’ente in rapporto alla sua organizzazione ed attività. Una volta effettuata la cosiddetta mappatura del rischio, individuate cioè tutte le aree sensibili, deve stabilire per ognuna di esse degli specifici protocolli di prevenzione che regolamentino nel modo più stringente ed efficace possibile le attività pericolose, sottoponendo le regole a un efficace e costante azione di controllo e presidiandole con altrettante e adeguate specifiche sanzioni per perseguirne le violazioni e per garantirne un effettiva attuazione dell’intero sistema organizzativo così approntato per rendere cioè il modello non un mero strumento di facciata dotato di una valenza solo formale, ma uno strumento concreto e soprattutto dinamico idoneo a conformarsi costantemente con il mutamento della realtà operativa e organizzativa della persona giuridica. Benché il modello di organizzazione sia unico, le sue previsioni devono diversificarsi il relazione allo specifico rischio-reato da prevenire e considerata la pluralità degli agenti di rischio devono essere modulate sia sul momento della formazione e dell’attuazione della volontà dell’ente che sul successivo momento esecutivo. Inoltre, quando già determinati reati si sono verificati ovvero è altamente probabile che si siano verificati, l contenuto programmatico del modello, in relazione all’area in cui gli indicatori di rischio sono più evidenti, dovrà necessariamente essere calibrato e mirato all’adozione di più stringenti misure idonee a prevenire o a scongiurare il pericolo di reiterazione dello specifico illecito già verificatosi» (28).

Dott. Baldassare Gullo

 

 

(1) Non certamente abbattuto, poiché la disciplina della responsabilità amministrativo/penale degli enti ha certamente natura specialistica e peculiare.

(2) Le cronache in tempi di crisi testimoniano spesso quali effetti nefasti possono derivare dalla gestione criminogena degli enti.

(3) Tale articolo, intitolato “Delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica” prevedeva: «1. Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo avente ad oggetto la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, associazioni od enti privi di personalità giuridica che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: a) prevedere la responsabilità in relazione alla commissione, dei reati di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter, secondo comma, con esclusione dell’ipotesi in cui il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, del codice penale; b) prevedere la responsabilità in relazione alla commissione dei reati relativi alla tutela dell’incolumità pubblica previsti dal titolo sesto del libro secondo del codice penale; c) prevedere la responsabilità in relazione alla commissione dei reati previsti dagli articoli 589 e 590 del codice penale che siano stati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative alla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro; d) prevedere la responsabilità in relazione alla commissione dei reati in materia di tutela dell’ambiente e del territorio, che siano punibili con pena detentiva non inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla pena pecuniaria, previsti dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (Omissis) e dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; e) prevedere che i soggetti di cui all’alinea del presente comma sono responsabili in relazione ai reati commessi, a loro vantaggio o nel loro interesse, da chi svolge funz
ioni di rappresentanza o di amministrazione ovvero da chi esercita, anche di fatto i poteri di gestione e di controllo ovvero ancora da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza delle persone fisiche menzionate, quando la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi connessi a tali funzioni; prevedere l’esclusione della responsabilità dei soggetti di cui all’alinea del presente comma nei casi in cui l’autore abbia commesso il reato nell’esclusivo interesse proprio o di terzi;
f) prevedere sanzioni amministrative-effettive, proporzionate e dissuasive nei confronti dei soggetti indicati nell’alinea del presente comma; g) prevedere una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a Lire cinquanta milioni e non superiore a lire tre miliardi stabilendo che, ai fini della determinazione in concreto della sanzione, si tenga conto anche dell’ammontare dei proventi del reato e delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, prevedendo altresì che, nei casi di particolare tenuità del fatto, la sanzione da applicare non sia inferiore a lire venti milioni e non sia superiore a lire duecento milioni; prevedere inoltre l’esclusione del pagamento in misura ridotta; h) prevedere che gli enti rispondono del pagamento della sanzione pecuniaria entro i limiti del fondo comune o del patrimonio sociale; i) prevedere la confisca del profitto o del prezzo del reato, anche nella forma per equivalente; l) prevedere, nei casi di particolare gravità, l’applicazione di una o più delle seguenti sanzioni in aggiunta alle sanzioni pecuniarie: 1) chiusura anche temporanea dello stabilimento o della sede commerciale; 2) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito: 3) interdizione anche temporanea dall’esercizio dell’attività ed eventuale nomina di altro soggetto per l’esercizio vicario della medesima quando la prosecuzione dell’attività è necessaria per evitare pregiudizi ai terzi; 4) divieto anche temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione; 5) esclusione temporanea da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, ed eventuale revoca di quelli già concessi; 6) divieto anche temporaneo di pubblicizzare beni e servizi; 7) pubblicazione della sentenza; m) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e l) si applicano soltanto nei casi e per i tempi espressamente considerati e in relazione ai reati di cui alle lettere a), b), c) e d) commessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo prevista dal presente articolo; n) prevedere che la sanzione amministrativa pecuniaria di cui alla lettera g) è diminuita da un terzo alla metà ed escludere l’applicabilità di una o più delle sanzioni di cui alla lettera l) in conseguenza dell’adozione da parte dei soggetti di cui all’alinea del presente comma di comportamenti idonei ad assicurare un’efficace riparazione o reintegrazione rispetto all’offesa realizzata; o) prevedere che le sanzioni di cui alla lettera 2) sono applicabili anche in sede cautelare, con adeguata tipizzazione dei requisiti richiesti; p) prevedere, nel caso di violazione degli obblighi e dei divieti inerenti alle sanzioni di cui alla lettera l), la pena della reclusione da sei mesi a tre anni nei confronti della persona fisica responsabile della violazione, e prevedere inoltre l’applicazione delle sanzioni di cui alle lettere g) e i) e, nei casi più gravi, l’applicazione di una o più delle sanzioni di cui alla lettera l) diverse da quelle già irrogate, nei confronti dell’ente nell’interesse o a vantaggio del quale è stata commessa la violazione; prevedere altresì che le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano anche nell’ipotesi in cui le sanzioni di cui alla lettera l) sono state applicate in sede cautelare ai sensi della lettera o); q) prevedere, che le sanzioni amministrative a carico degli enti sono applicate dal giudice competente a conoscere del reato e che per il procedimento di accertamento della responsabilità si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale, assicurando l’effettiva partecipazione e difesa degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale; r) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e l) si prescrivono decorsi cinque anni dalla consumazione dei reati indicati nelle lettere a), b), c) e d) e che l’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile; s) prevedere l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, di un’Anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative irrogate nei confronti dei soggetti di cui all’alinea del presente comma; t) prevedere, salvo che gli stessi siano stati consenzienti ovvero abbiano svolto, anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di amministrazione, che sia assicurato il diritto dell’azionista, del socio o dell’associato ai soggetti di cui all’alinea del presente comma nei confronti dei quali sia accertata la responsabilità amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), di recedere dalla società o dall’associazione o dall’ente, con particolari modalità di liquidazione della quota posseduta, ferma restando l’azione di risarcimento di cui alle lettere v) e z); disciplinare i termini e le forme con cui tale diritto può essere esercitato e prevedere che la liquidazione della quota sia fatta in base al suo valore al momento del recesso determinato a norma degli articoli 2289, secondo comma, e 2437 dei codice civile; prevedere altresì che la liquidazione della quota possa aver luogo anche con onere a carico dei predetti soggetti, e prevedere che in tal caso il recedente ove non ricorra l’ipotesi prevista dalla lettera 1), numero 3), debba richiedere al Presidente del tribunale del luogo in cui i soggetti hanno la sede legale la nomina di un curatore speciale cui devono essere delegati tutti i poteri gestionali comunque inerenti alle attività necessarie per la liquidazione della quota, compresa la capacità di stare in giudizio, agli oneri per la finanza pubblica derivanti dall’attuazione della presente lettera si provvede mediante gli ordinari stanziamenti di bilancio per liti ed arbitraggi previsti nello stato di previsione dei Ministero della giustizia; u) prevedere che l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori delle persone giuridiche e delle società, di cui sia stata accertata la responsabilità amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), sia deliberata dall’assemblea con voto favorevole di almeno un ventesimo del capitale sociale nel caso in cui questo sia inferiore a lire cinquecento milioni e di almeno un quarantesimo negli altri casi. disciplinare coerentemente le ipotesi di rinuncia o di transazione dell’azione sociale di responsabilità: v) prevedere che il riconoscimento del danno a seguito dell’azione di risarcimento spettante al singolo socio o al terzo nei confronti degli amministratori dei soggetti di cui all’alinea del presente comma, di cui sia stata accertata la responsabilità amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), non sia vincolato dalla dimostrazione della sussistenza di nesso di causalità diretto tra il fatto che ha determinato l’accertamento della responsabilità del soggetto ed il danno subito prevedere che la disposizione non operi nel caso in cui il reato è stato commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di chi svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione o di direzione, ovvero esercita, anche di fatto, poteri di gestione e di controllo, quando la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi connessi a tali funzioni; z) prevedere che le disposizioni di cui alla lettera v), si applicano anche nell’ipotesi in cui l’azione di risarcimento del danno è proposta contro l’azionista, il socio o l’associato ai soggetti di cui all’alinea del presente comma che sia stato consenziente o abbia svolto, anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di amministrazione, anteriormente alla commissione del fatto che ha determinato l’accertamento della responsabilità dell’ente. 2. Ai fini del comma 1, per “persone giuridiche” si intendono gli enti forniti di personalità giuridica, eccettuati lo Stato e gli altri enti pubblici che esercitano pubblici poteri. 3. Il Governo è altresì delegato ad emanare, con il decreto legislativo di cui al comma 1, le norme di coordinamento con tutte le altre leggi dello Stato, nonché le norme di carattere transitorio».

(4) Cfr. Cass., sez. II pen., 30 gennaio 2006, n. 3615, in Boll. Trib. On-line, che ha affermato che nonostante il “nomen iuris”, la nuova responsabilità, nominalmente amministrativa, dissimula la sua natura sostanzialmente penale, forse sottaciuta per non aprire delicati conflitti con i dogmi personalistici dell’imputazione criminale, di rango costituzionale.

(5) L’art. 27, primo comma, Cost., recita: «La responsabilità penale è personale».

(6) Art. 1. Soggetti «1. Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.2. Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.3. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale».

(7) Si pensi all’esercizio di un’impresa in forma individuale ovvero in forma di società di persone (si veda sul punto Cass., sez. VI pen., 22 aprile 2004, n. 18941, in Riv. pen., 2005, 780) o, ancora, di una professione in forma individuale o associata. Si vedrà in seguito che su questo punto una sentenza della Corte di Cassazione ha assunto una posizione molto innovativa.

(8) Reati commessi nei rapporti con la pubblica Amministrazione (art. 24 del D.Lgs. n. 231/2001): – Malversazione a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316-bis c.p.) – Indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o di altro ente pubblico o delle Comunità europee (art. 316-ter c.p.) – Truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico o delle Comunità europee (art. 640, co. 2, n. 1, c.p.) – Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.) – Frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640-ter c.p.)

 Delitti informatici e trattamento illecito di dati (art. 24-bis del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Falsità in un documento informatico pubblico o privato avente efficacia probatoria (art. 491-bis c.p.) – Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.) – Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici (art. 615-quater c.p.) – Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (art. 615-quinquies c.p.) – Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quater c.p.) – Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies c.p.) – Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635-bis c.p.) – Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità (art. 635-ter c.p.) – Danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635-quater c.p.) – Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (art. 635-quinquies c.p.) – Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica (art. 640-quinquies c.p.)

 Delitti di criminalità organizzata (art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Associazione per delinquere (art. 416 c.p.) – Associazione per delinquere finalizzata a commettere i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi ed ai reati concernenti le violazioni delle disposizioni sull’immigrazione clandestina di cui all’art. 12 d.lgs 286/1998 (art. 416, co. 6, c.p.) – Associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) – Delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis c.p. per le associazioni di tipo mafioso ovvero al fine di agevolare l’attività di tali associazioni – Scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.) – Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) – Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.) – Illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo (art. 407, co. 2, lett. a), n. 5, c.p.p.)

 Reati commessi nei rapporti con la pubblica Amministrazione (art. 25 del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Concussione (art. 317 c.p.) – Corruzione per un atto d’ufficio (art. 318 c.p.) – Corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.) – Circostanze aggravanti (art. 319-bis c.p.) – Corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.) – Pene per il corruttore (art. 321 c.p.) – Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)

 Reati di falsità in monete, carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (art. 25-bis del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.) – Alterazione di monete (art. 454 c.p.) – Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.) – Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede (art. 457 c.p.) – Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459 c.p.) – Contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.) – Fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.) – Uso di valori di bollo contraffatti o alterati (art. 464 c.p.) – Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.) – Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.)

 Delitti contro l’industria e il commercio (art. 25-bis1 del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.) – Illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513-bis c.p.) – Frodi contro le industrie nazionali (art. 514) – Frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.) – Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.) – Vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.) – Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517-ter c.p.) – Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p.)

 Reati societari (art. 25-ter del D.Lgs. n. 231/2001)

 – False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.) – False comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (art. 2622, co. 1 e 3, c.c.) – Falso in prospetto (art. 2623, co. 2, c.c.) – Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione (art. 2624, co. 1 e 2, c.c.) – Impedito controllo (art. 2625, co. 2, c.c.) – Indebita restituzione di conferimenti (art. 2626 c.c.) – Illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.) – Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.) – Operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.) – Omessa comunicazione del conflitto d’interessi (art. 2629-bis c.c.) – Formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.) – Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.) – Illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.) – Aggiotaggio (art. 2637 c.c.) – Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638, co. 1 e 2, c.c.)

 Reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale e dalle leggi speciali (art. 25-quater del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25-quater1del D.Lgs. n. 231/2001) – Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis c.p.) – Delitti contro la personalità individuale (art. 25-quinquies del D.Lgs. n. 231/2001) – Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.) – Prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.) – Pornografia minorile (art. 600-ter c.p.) – Detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater) – Pornografia virtuale (art. 600-quater1 c.p.) – Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.) – Tratta di persone (art. 601 c.p.) – Acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.)

 Reati di abusi di mercato (art. 25-sexies del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Abuso di informazioni privilegiate (art. 184 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) – Manipolazione del mercato (art. 185 del D.Lgs. n. 58/1998)

 Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25-septies del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Omicidio colposo (art. 589 c.p.) – Lesioni personali colpose (art. 590, co. 3, c.p.)

 Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 25-octies del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Ricettazione (art. 648 c.p.) – Riciclaggio (art. 648-bis c.p.) – Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.)

 Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25-novies del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Messa a disposizione del pubblico in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, e senza averne diritto di un’opera o di parte di un’opera dell’ingegno protetta (art. 171, co. 1, lett a-bis), della legge 22 aprile 1941, n. 633) – Reato di cui al punto precedente commesso su un’opera altrui non destinata alla pubblicità, ovvero con usurpazione della paternità dell’opera, ovvero con deformazione, mutilazione o altra modificazione dell’opera stessa, qualora ne risulti offeso l’onore o la reputazione dell’autore (art. 171, co. 3, della legge n. 633/1941) – Abusiva duplicazione, per trarne profitto, di programmi per elaboratore; importazione, distribuzione, vendita, detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale ovvero concessione in locazione di programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla SIAE; predisposizione di mezzi per consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale di dispositivi di protezione di programmi per elaboratori (art. 171-bis, co. 1, della legge n. 633/1941). Riproduzione su supporti non contrassegnati SIAE, trasferimento su altro supporto, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico, del contenuto di una banca dati al fine di trarne profitto; estrazione o reimpiego della banca dati in violazione delle disposizioni sui diritti del costitutore e dell’utente di una banca dati; distribuzione, vendita o concessione in locazione di drammatico-musicali, multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati (lett. b) o introduzione nel territorio dello Stato, detenzione per la vendita o la distribuzione, distribuzione, messa in commercio, concessione in noleggio o cessione a qualsiasi titolo, proiezione in pubblico, trasmissione a mezzo televisione con qualsiasi procedimento, trasmissione a mezzo radio, delle duplicazioni o riproduzioni abusive di cui alle lettere a) e b) senza aver concorso nella duplicazione o riproduzione (lett. c) o detenzione per la vendita o la distribuzione, messa in commercio, vendita, noleggio, cessione a qualsiasi titolo, proiezione in pubblico, trasmissione a mezzo radio o televisione con qualsiasi procedimento, di videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, o altro supporto per il quale è prescritta l’apposizione del contrassegno SIAE, privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o alterato (lett. d) o ritrasmissione o diffusione con qualsiasi mezzo di un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato, in assenza di accordo con il legittimo distributore (lett. e) o introduzione nel territorio dello Stato, detenzione per la vendita o la distribuzione, distribuzione, vendita, concessione in noleggio, cessione a qualsiasi titolo, promozione commerciale, installazione di dispositivi o elementi di decodificazione speciale che consentono l’accesso a un servizio criptato senza il pagamento del canone dovuto (lett. f) o fabbricazione, importazione, distribuzione, vendita, noleggio, cessione a qualsiasi titolo, pubblicizzazione per la vendita o il noleggio, o detenzione per scopi commerciali, di attrezzature, prodotti o componenti ovvero prestazione di servizi aventi impiego commerciale o prevalente finalità di eludere efficaci misure tecnologiche di protezione ovvero progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione di tali misure (lett. f-bis) o abusiva rimozione o alterazione di informazioni elettroniche sul regime dei diritti di cui all’art. 102-quinquies, ovvero distribuzione, importazione a fini di distribuzione, diffusione per radio o per televisione, comunicazione o messa a disposizione del pubblico di opere o altri materiali protetti dai quali siano state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse (lett. h) – Reati caratterizzati da una delle seguenti condotte descritte all’art. 171-ter, co. 2, della legge n. 633/1941 o riproduzione, duplicazione, trasmissione o diffusione abusiva, vendita o commercio, cessione a qualsiasi titolo o importazione abusiva di oltre 50 copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi (lett. a) o immissione a fini di lucro in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un’opera o parte di un’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, in violazione del diritto esclusivo di comunicazione al pubblico spettante all’autore (lett. a-bis) o realizzazione delle condotte previste dall’art. 171-ter, co. 1, della legge n. 633/1941, da parte di chiunque eserciti in forma imprenditoriale attività di riproduzione, distribuzione, vendita o commercializzazione, ovvero importazione di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi (lett. b) o promozione od organizzazione delle attività illecite di cui all’art. 171-ter, co. 1, della legge n. 633/1941 (lett. c) Mancata comunicazione alla SIAE dei dati di identificazione dei supporti non soggetti al contrassegno, da parte di produttori o importatori di tali supporti, ovvero falsa dichiarazione circa l’assolvimento degli obblighi sul contrassegno (art. 171-septies della legge n. 633/1941) Fraudolenta produzione, vendita, importazione, promozione, installazione, modifica, utilizzo per uso pubblico e privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale (art. 171-octies della legge n. 633/1941)

 Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 25-decies del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 377-bis c.p.)

 Reati ambientali (art. 25-undecies del D.Lgs. n. 231/2001)

 – Reati previsti dal Codice penale – Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727-bis c.p.) – Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto (art. 733-bis c.p.) – Reati previsti dal Codice dell’Ambiente di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, o Inquinamento idrico (art. 137) scarico non autorizzato (autorizzazione assente, sospesa o revocata) di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose (co. 2) scarico di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose in violazione delle prescrizioni imposte con l’autorizzazione o da autorità competenti (co. 3) scarico di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose in violazione dei limiti tabellari o dei limiti più restrittivi fissati da Regioni o Province autonome o dall’Autorità competente (co. 5, primo e secondo periodo) violazione dei divieti di scarico sul suolo, nelle acque sotterranee e nel sottosuolo (co. 11) scarico in mare da parte di navi o aeromobili di sostanze o materiali di cui è vietato lo sversamento, salvo in quantità minime e autorizzato da autorità competente (co. 13) o Gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256) – Raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti, non pericolosi e pericolosi, in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione (art. 256, co. 1, lett. a e b) realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata (art. 256, co. 3, primo periodo) realizzazione o gestione di discarica non autorizzata destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi (art. 256, co. 3, secondo periodo) attività non consentite di miscelazione di rifiuti (art. 256, co. 5) – Deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi (art. 256, co. 6) o Siti contaminati (art. 257) – Inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (sempre che non si provveda a bonifica, in conformità al progetto approvato dall’autorità competente) e omissione della relativa comunicazione agli enti competenti (co. 1 e 2). La condotta di inquinamento di cui al co. 2 è aggravata dall’utilizzo di sostanze pericolose – Falsificazioni e utilizzo di certificati di analisi di rifiuti falsi (artt. 258 e 260-bis) predisposizione di un certificato di analisi dei rifiuti falso (per quanto riguarda le informazioni relative a natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti) e uso di un certificato falso durante il trasporto (art. 258, co. 4, secondo periodo) – Predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti falso, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – SISTRI; inserimento di un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti (art. 260-bis, co. 6) – Trasporto di rifiuti pericolosi senza copia cartacea della scheda SISTRI – Area movimentazione o del certificato analitico dei rifiuti, nonché uso di un certificato di analisi contenente false indicazioni circa i rifiuti trasportati in ambito SISTRI (art. 260-bis, co. 6 e 7, secondo e terzo periodo) – Trasporto di rifiuti con copia cartacea della scheda SISTRI – Area movimentazione fraudolentemente alterata (art. 260-bis, co. 8, primo e secondo periodo). – La condotta di cui al co. 8, secondo periodo, è aggravata se riguarda rifiuti pericolosi o Traffico illecito di rifiuti (artt. 259 e 260) spedizione di rifiuti costituente traffico illecito (art. 259, co. 1). – La condotta è aggravata se riguarda rifiuti pericolosi attività organizzate, mediante più operazioni e allestimento di mezzi e attività continuative, per il traffico illecito di rifiuti (art. 260). Delitto, caratterizzato da dolo specifico di ingiusto profitto e pluralità di condotte rilevanti (cessione, ricezione, trasporto, esportazione, importazione o gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti). La pena è aggravata in caso di rifiuti ad alta radioattività (co. 2) Inquinamento atmosferico (art. 279) violazione, nell’esercizio di uno stabilimento, dei valori limite di emissione o delle prescrizioni stabiliti all’autorizzazione, dai piani e programmi o dalla normativa, ovvero dall’autorità competente, che determini anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa (co. 5)

 Reati previsti dalla legge 7 febbraio 1992, n. 150, in materia di commercio internazionale di esemplari di flora e fauna in via di estinzione e detenzione animali pericolosi o importazione, esportazione, trasporto e utilizzo illeciti di specie animali (in assenza di valido certificato o licenza, o in contrasto con le prescrizioni dettate da tali provvedimenti)

 – Detenzione, utilizzo per scopi di lucro, acquisto, vendita ed esposizione per la vendita o per fini commerciali di esemplari senza la prescritta documentazione; commercio illecito di piante riprodotte artificialmente (art. 1, co. 1 e 2 e art. 2, co. 1 e 2) – Le condotte di cui agli artt. 1, co. 2, e 2, co. 2, sono aggravate nel caso di recidiva e di reato commesso nell’esercizio di attività di impresa. – O falsificazione o alterazione di certificati e licenze; notifiche, comunicazioni o dichiarazioni false o alterate al fine di acquisire un certificato o una licenza; uso di certificati e licenze falsi o alterati per l’importazione di animali (art. 3-bis, co. 1) o detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie o riprodotti in cattività, che costituiscano pericolo per la salute e per l’incolumità pubblica (art. 6, co. 4)

 Reati previsti dalla legge 28 dicembre 1993, n. 549, in materia di tutela dell’ozono stratosferico e dell’ambiente o inquinamento dell’ozono: violazione delle disposizioni che prevedono la cessazione e la riduzione dell’impiego (produzione, utilizzazione, commercializzazione, importazione ed esportazione) di sostanze nocive per lo strato di ozono (art. 3, co. 6)

 Reati previsti dal D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 202, in materia di inquinamento dell’ambiente marino provocato da navi o sversamento colposo in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 9, co. 1 e 2) o sversamento doloso in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 8, co. 1 e 2) – Le condotte di cui agli artt. 8, co. 2, e 9, co. 2 sono aggravate nel caso in cui la violazione provochi danni permanenti o di particolare gravità alla qualità delle acque, a specie animali o vegetali o a parti di queste

 Reati transnazionali (artt. 3 e 10 della legge 16 marzo 2006, n. 146) – L’art. 3 della Legge definisce reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché: a) sia commesso in più di uno Stato; b) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; c) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d) ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato. – Associazione per delinquere (art. 416 c.p.) – Associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) – Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater del testo unico di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43) – Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) – Disposizioni contro le immigrazioni clandestine (art. 12, co. 3, 3-bis, 3-ter e 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286) – Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 377-bis c.p.) – Favoreggiamento personale (art. 378 c.p.)

(9) Una recente sentenza di cui si dirà in seguito tratta in modo specifico il tema dell’interesse dell’ente.

(10) Si veda: http://www.231farmaceutiche.it/index.php/notizie/39-i-nuovi-reati-presupposto-proposti-dalla-commissione-greco.

(11) Si veda nota precedente.

(12) Si veda nota precedente.

(13) Commissione Greco – studio e proposta di riforme e di interventi per la razionalizzazione, armonizzazione e semplificazione delle procedure processuali ed amministrative relative alle sanzioni pecuniarie da reato applicate a norma del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, alle spese processuali ed alla gestione dei beni confiscati ed in giudiziale sequestro nonché la verifica ed ampliamento delle forme di contrasto alla criminalità economica con riferimento particolare all’ambito di applicazione della responsabilità degli enti (23 maggio 2007) – Istituita con D.I. 23 maggio 2007 – Integrata con D.I. 6 giugno 2007 – Data di scadenza 31 ottobre 2007 – Data di proroga 31 dicembre 2007 con D.I. 2 novembre 2007. – Presidente: Francesco Greco sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Milano membri: Prof. Francesco Barra Caracciolo – professore di diritto delle opere dell’ingegno presso l’università del Sannio, Benevento; Avv. Fabio Biagianti – responsabile della Divisione consulenza legale della Consob, Roma – Cons. Gabriele Carlotti – capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’economia e delle finanze – area finanze – Roma; Dott. Giuseppe Cascini – sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Roma; Dott. Giovanni D’Antoni – consigliere presso la Corte di appello di Palermo; Dott. Piercamillo Davigo – consigliere della Corte di cassazione, Roma; Dott.ssa Liliana Ferraro – consigliere giuridico del Ministero dell’interno, Roma; Prof. Gian Maria Gros-Pietro – docente di economia dell’impresa presso l’università “Luiss” Roma; Dott. Paolo Ielo – giudice presso il Tribunale di Milano; Avv. Giuseppe La Greca – avvocato del foro di Roma; Dott.ssa Chiara Mancini – quadro direttivo addetto al settore ordinamento finanziario dell’Abi, Roma; Dott.ssa Daniela Marchesi – direttore dell’unità operativa “economia e diritto” presso l’Isae Roma; Dott. Giuseppe Maresca – direttore generale, direzione V prevenzione reati finanziari del Ministero dell’economia e delle finanze, Roma; Prof. Avv. Francesco Mucciarelli – professore associato di diritto penale presso l’università Bocconi di Milano; Dott. Franco Passacantando – funzionario generale della Banca d’Italia; Prof. Pietro Perlingieri – preside della facoltà di economia presso l’università del Sannio, Benevento; Dott. Michele Renzo – consigliere della Corte di cassazione, Roma; Dott. Renato Righetti – condirettore centrale Ufficio italiano cambi e capo del servizio antiriciclaggio; Prof.ssa Avv. Paola Severino di Benedetto – ordinario di diritto penale presso la facoltà di giurisprudenza dell’università “Luiss”, Roma; Prof. Andrea Zoppini – docente di diritto privato presso l’università di “Roma Tre”, Roma.

(14) Si veda A. Iorio, Reati tributari con “231”, in Il Sole 24 ore del 7 giugno 2013, con riferimento a Cass., sez. III pen., 6 giugno 2013, n. 24841, in Boll. Trib. On-line.

(15) F. Marrucci, L’evasione dell’Irap non ha conseguenze penali, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=18248, in nota a Cass., sez. III pen., 22 marzo 2012, n. 11147.

(16) Cfr. Cass., sez. VI pen., 25 febbraio 2013, n. 9079, in Boll. Trib. On-line.

(17) Cfr. Cass., sez. V pen., 9 maggio 2013, n. 20060, in Boll. Trib. On-line.

(18) Sul punto richiama a conferma Cass., sez. V pen., 16 novembre 2012, ord. n. 4335, in Boll. Trib. On-line.

(19) Soluzione indicata da Cass. n. 20060/2013, cit.

(20) Cfr. Cass., sez. V pen., 20 febbraio 2009, n. 7718, in Cass. pen., 2009, 4847. Ved. anche G. Negri, Impresa responsabile anche per il tentativo di reato, in Il Sole 24 Ore del 12 marzo 2009.

(21) In senso conforme si veda anche Cass., sez. VI pen., 21 gennaio 2010, n. 16526, in Società, 2011, 441.

(22) Cfr. Cass., sez. II pen., 7 febbraio 2012, n. 4703, in Boll. Trib. On-line.

(23) In Boll. Trib. On-line.

(24) Cfr. Cass. n. 18941/2004, cit.

(25) In un passaggio della sentenza in esame si afferma, infatti: «Ed allora una lettura costituzionalmente orientata della norma in esame dovrebbe indurre a conferire al disposto di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.L.vo in parola una portata più ampia, tanto più che, non cogliendosi nel testo alcun cenno riguardante le imprese individuali, la loro mancata indicazione non equivale ad esclusione, ma, semmai ad una implicita inclusione dell’area dei destinatari della norma».

 (26) Cfr. Cass., sez. VI pen., 31 maggio 2012, n. 34505, in Giur. it., 2013, 661.

 (27) In Il Sole 24 Ore del 3 giugno 2013.

 (28) In Il Sole 24 Ore del 23 luglio 2007.