25 Marzo, 2014

 

IVA – Fatturazione – Debenza dell’imposta indicata in fattura a prescindere dall’esistenza di un’operazione imponibile – Mancata rettifica in capo al soggetto che emette la fattura – Irrilevanza agli effetti della prova della esistenza dell’operazione imponibile sottostante.

 

IVA – Fatturazione – Fatture per operazioni inesistenti – Indebita detrazione dell’imposta – Consegue – Dimostrazione che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere – Deduzione da parte dell’Amministrazione finanziaria di elementi probatori oggettivi – Necessità – Verifica da parte del giudice di merito – Spetta.

 

IVA – Detrazione dell’imposta – Operazioni inesistenti – Diritto alla detrazione dell’imposta – Non sussiste – Dimostrazione che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere – Deduzione da parte dell’Amministrazione finanziaria di elementi probatori oggettivi – Necessità – Verifica da parte del giudice di merito – Spetta.

 

 L’art. 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune IVA, deve essere interpretato nel senso che l’IVA indicata in una fattura da un soggetto è da esso dovuta indipendentemente dall’esistenza effettiva di un’operazione imponibile, e che dal solo fatto che l’amministrazione tributaria non abbia rettificato, in un avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’IVA da esso dichiarata, non si può dedurre che tale amministrazione abbia riconosciuto che detta fattura corrispondeva a un’operazione imponibile effettiva.

 

I principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il destinatario di una fattura si veda negare il diritto a detrarre l’IVA a monte a causa dell’assenza di un’operazione imponibile effettiva, anche se, nell’avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’IVA dichiarata da quest’ultimo non sia stata rettificata; se, tuttavia, tenuto conto di evasioni o irregolarità commesse da tale emittente o a monte dell’operazione dedotta a fondamento del diritto alla detrazione, tale operazione è considerata come non effettivamente realizzata, si deve dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche alle quali non è tenuto, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta operazione si inseriva nel quadro di un’evasione dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

[Corte di Giustizia UE, sez. III (Pres. Silva de Lapuerta, rel. von Danwitz), 31 gennaio 2013, causa C-642/11, Stroy trans EOOD c. Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto»]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSOMOTIVI DELLA DECISIONE1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).

 2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Stroy trans EOOD (in prosieguo: la «Stroy trans») e il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (Direttore della direzione «Impugnazione e esecuzione del procedimento», per la città di Varna, presso l’amministrazione centrale dell’Agenzia delle entrate), in merito al diniego di quest’ultimo di riconoscere il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») in quanto non sarebbe dimostrata l’esistenza delle operazioni a monte.

 

[-protetto-]

 

CONTESTO NORMATIVO

 

Diritto dell’Unione

 

 3. L’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva 2006/112 assoggetta all’IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso sul territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

 4. Ai sensi dell’articolo 62 di tale direttiva:

 «Ai fini della presente direttiva si intende per:

 1) “fatto generatore dell’imposta” il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta;

 2) “esigibilità dell’imposta” il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito».

 5. L’articolo 63 della richiamata direttiva dispone che il fatto generatore dell’IVA si verifica e questa diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi.

 6. Ai sensi dell’articolo 167 della direttiva 2006/112 «[i]l diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».

 7. L’articolo 168, lettera a), di tale direttiva così dispone:

 «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

 a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo».

 8. L’articolo 178 di detta direttiva così recita:

 «Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

 a) per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240;

 (…)».

 9. Sotto il titolo XI della direttiva 2006/112, rubricato «Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi», capo 1, a sua volta rubricato «Obbligo di pagamento», sezione 1, intitolata «Debitori dell’imposta verso l’Erario», l’articolo 203 della stessa così dispone:

 «L’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura».

Il diritto bulgaro

 

 10. Ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 5, della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto (Zakon za danak varhu dobavenata stoynost, DV n. 63, del 4 agosto 2006), nella versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo: lo «ZDDS»), «[n]on è possibile far valere il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte qualora essa sia stata indebitamente fatturata».

 11. L’articolo 82, paragrafo 1, dello ZDDS dispone che l’«imposta è dovuta dal soggetto passivo registrato ai sensi della presente legge, che sia fornitore o prestatore della fornitura o della prestazione imponibile (…)».

 12. Conformemente all’articolo 85 dello ZDDS, l’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura.

 13. L’articolo 113, paragrafi 1 e 2, dello ZDDS così dispone:

 «(1) Qualsiasi fornitore soggetto passivo che effettui una fornitura di beni, una prestazione di servizi o che riceva un anticipo sul pagamento a tal fine emette una fattura corrispondente a tale operazione (…).

 (2) La fattura è emessa in almeno due esemplari, uno per il fornitore e uno per il destinatario».

 14. Secondo l’articolo 115, paragrafo 1, dello ZDDS, il fornitore è tenuto a rilasciare una nota relativa alla fattura in caso di modifica della base imponibile di un’operazione o in caso di annullamento dell’operazione per la quale è stata emessa una fattura.

 15. L’articolo 116 dello ZDDS stabilisce quanto segue:

 «(1) Non sono ammesse rettifiche né integrazioni alle fatture e alle note ad esse relative. I documenti contenenti errori o rettifiche devono essere annullati e sostituiti da un nuovo documento.

 (…)

 (3) Si considerano documenti errati anche le fatture e le note ad esse relative nelle quali è stata indicata l’imposta che non avrebbe dovuto essere indicata.

 (4) Se documenti contenenti errori o rettifiche sono riportati nei registri contabili del fornitore o del destinatario, deve essere redatto per ciascuna delle parti un documento di annullamento, contenente:

 1. i motivi dell’annullamento;

 2. il numero e la data del documento annullato;

 3. il numero e la data del nuovo documento;

 4. per ciascuna delle parti, la firma delle persone che hanno redatto il documento di annullamento.

 (…)».

PROCEDIMENTO PRINCIPALE E QUESTIONI PREGIUDIZIALI

 

 16. La Stroy trans era registrata ai sensi dello ZDDS e la sua attività principale consisteva nel trasporto di merci su strada nonché nella prestazione di servizi meccanizzati con attrezzature speciali. Nel corso del 2009 tale società ha detratto l’IVA a monte risultante da diverse fatture aventi ad oggetto la fornitura di combustibile diesel, emesse rispettivamente dalla Hadzhi 98 EOOD e dalla Dieseltrans-73 EOOD (in prosieguo: la «Dieseltrans-73»).

 17. L’amministrazione tributaria ha effettuato controlli presso queste due società e presso i loro fornitori a monte. In occasione di tali controlli, è stato presentato un determinato numero di documenti richiesti.

 18. In seguito a detti controlli, l’amministrazione tributaria ha ritenuto che i documenti presentati non consentissero di seguire il percorso del combustibile e che non fossero state realizzate cessioni di beni effettive relativamente alle fatture in questione, con la conseguenza che le condizioni necessarie a far sorgere il diritto alla detrazione dell’IVA a monte non erano soddisfatte. L’amministrazione tributaria ha quindi inviato alla Stroy trans un avviso di accertamento in rettifica con cui rifiutava la detrazione dell’IVA per un importo complessivo di BGN 42.759,22 e imponeva interessi di mora (in prosieguo: l’«avviso di accertamento in rettifica controverso»).

 19. In seguito alla conferma dell’avviso di accertamento in rettifica controverso da parte del Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» – Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, con decisione del 28 febbraio 2011, la Stroy trans ha proposto un ricorso dinanzi all’Administrativen sad Varna, sostenendo che le fatture in questione corrispondevano a cessioni di beni effettive, cosicché il diniego del diritto alla detrazione era privo di fondamento.

 20. Nel corso del procedimento principale sono state ammesse le conclusioni di una perizia contabile richiesta, secondo le quali, alla luce dei dati contabili della Dieseltrans-73, al momento di ciascuna vendita le quantità di combustibile vendute erano disponibili.

 21. Inoltre, la Stroy trans ha presentato un verbale concernente una verifica fiscale a carico del suo fornitore Dieseltrans-73 e un avviso di accertamento in rettifica indirizzato a quest’ultimo, formulato prima dell’avviso di accertamento in rettifica controverso. Secondo i documenti presentati, il diritto alla detrazione dell’IVA a monte, relativo all’acquisto di combustibile dalla Dieseltrans-73, le è stato negato in parte perché i rispettivi venditori non avevano presentato prove, cosicché si doveva concludere che non vi fosse stata alcuna fornitura alla Dieseltrans-73, e in parte perché le fatture originali degli acquisti non erano state prodotte. Per quanto attiene, al contrario, all’IVA a valle dichiarata dalla Dieseltrans-73 e riguardante la vendita di combustibile, è stato constatato che «nell’ambito della verifica fiscale non sono stati rinvenuti motivi per la regolarizzazione della base imponibile concernente le forniture effettuate e dell’IVA fatturata».

 22. La Stroy trans sostiene che l’esistenza delle forniture dedotte per fondare il suo diritto alla detrazione è dimostrata da detto avviso di accertamento in rettifica indirizzato al suo fornitore Dieseltrans-73, in quanto l’amministrazione tributaria non aveva rettificato in tale avviso l’IVA a valle dichiarata dal fornitore di cui trattasi.

 23. Secondo il giudice del rinvio, la giurisprudenza del Varhoven administrativen sad (Corte Suprema amministrativa), concernente la prova della realizzazione effettiva di una cessione per mezzo di un avviso di accertamento in rettifica indirizzato al fornitore del soggetto passivo che intende esercitare il diritto alla detrazione, è eterogenea. Una parte delle sezioni di detta Corte ritiene che detto avviso costituisca soltanto una prova tra le altre e che non possa da solo dimostrare l’esistenza di una cessione di beni effettiva. Secondo altre sezioni, il fatto che tale avviso non contenga nessuna rettifica dell’IVA fatturata dal fornitore significa che gli uffici tributari stessi hanno emesso un documento ufficiale attestante che l’operazione è stata effettivamente realizzata e che l’IVA ad essa relativa è stata correttamente fatturata.

 24. Il giudice del rinvio fa presente che esso interpreta l’articolo 85 dello ZDDS, che traspone l’articolo 203 della direttiva 2006/112, nel senso che impone in maniera speciale l’esigibilità dell’IVA indicata in una fattura, indipendentemente dal fatto che la fattura e l’indicazione dell’IVA siano o meno giustificate. Inoltre, tale giudice considera che, poiché le disposizioni nazionali dispongono che le verifiche e gli annullamenti delle fatture siano realizzati da chi le ha emesse, senza prevedere che l’amministrazione tributaria possa rettificarle, l’IVA indicata in una fattura è dovuta in sé e per sé, e l’organismo verificatore non può rettificarla.

 25. Ciò premesso, l’Administrativen sad Varna ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 «1. Se l’articolo 203 della direttiva [2006/112] debba essere interpretato nel senso che l’IVA indicata in fattura da un soggetto è dovuta indipendentemente dalla sussistenza di motivi che ne giustifichino l’esposizione (mancata effettuazione di una cessione, di una prestazione di servizi o di un pagamento), e nel senso che le autorità chiamate a verificare l’applicazione dello ZDDS, in considerazione di una norma di diritto nazionale in base alla quale una fattura può essere rettificata soltanto dal soggetto che l’ha emessa, non possono operare rettifiche all’[IVA] indicata da tale soggetto;

 2. Se i principi della neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento siano violati da una prassi amministrativa e giurisdizionale in base alla quale con un avviso di accertamento in rettifica viene negato ad una parte (indicata in fattura come acquirente o destinatario del servizio) il diritto alla detrazione, mentre – anche in questo caso con un avviso di accertamento in rettifica – nei confronti dell’altra parte (l’emittente della fattura) non viene operata nessuna rettifica dell’[IVA] indicata, in particolare nei seguenti casi:

 il soggetto che ha emesso la fattura non ha presentato documenti nell’ambito della verifica fiscale compiuta a suo carico;

 il soggetto che ha emesso la fattura ha presentato documenti nell’ambito della verifica fiscale, ma i suoi fornitori non hanno presentato prove del fatto che siano stati effettivamente ceduti beni o resi servizi, ovvero alla luce degli elementi di prova presentati non è possibile accertare tale circostanza;

 nell’ambito della verifica fiscale a carico del soggetto che ha emesso le fatture non è stata verificata la catena delle cessioni controverse».

SULLE QUESTIONI PREGIUDIZIALI

 Sulla prima questione

 

 26. Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 203 della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che l’IVA indicata in fattura da un soggetto è da esso dovuta indipendentemente dall’esistenza effettiva di un’operazione imponibile, e se dal solo fatto che l’amministrazione tributaria non abbia rettificato, in un avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’IVA da esso dichiarata, sia possibile dedurre che tale amministrazione ha riconosciuto che detta fattura corrispondeva a un’operazione imponibile effettiva.

 27. Occorre anzitutto rilevare che, sebbene abbia ad oggetto l’esistenza di un debito fiscale dell’emittente di una fattura nei confronti dell’amministrazione tributaria, detta questione viene sollevata nell’ambito di una controversia tra tale amministrazione e il destinatario delle fatture in discussione. Tale controversia riguarda il diritto di quest’ultimo di detrarre l’IVA indicata nelle fatture presentate, diritto negato in quanto tali fatture non corrispondevano a cessioni imponibili effettive, circostanza contestata dal soggetto passivo.

 28. Nell’ambito di detta controversia, della quale l’emittente delle fatture in discussione non è parte in causa, gli obblighi di quest’ultimo nei confronti dell’amministrazione tributaria hanno una rilevanza soltanto indiretta, in quanto un avviso di accertamento in rettifica indirizzato a tale emittente è stato presentato come mezzo di prova dell’esistenza effettiva delle operazioni imponibili.

 29. In merito alla disposizione che ha preceduto l’articolo 203 della direttiva 2006/112, ossia l’articolo 21, paragrafo 1, lettera c), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991 (GU L 376, pag. 1), la Corte ha dichiarato che, secondo tale disposizione, chiunque indichi l’IVA in una fattura o in ogni altro documento che ne fa le veci è debitore di tale imposta. In particolare, tali soggetti sono debitori dell’IVA indicata in una fattura indipendentemente da qualsiasi obbligo di versarla in ragione di un’operazione soggetta ad IVA (v. sentenza del 18 giugno 2009, Stadeco, C-566/07(1), Racc. pag. I-5295, punto 26 e la giurisprudenza citata).

 30. È certamente vero che, ai sensi degli articoli 167 e 63 della direttiva 2006/112, il diritto di detrarre l’IVA fatturata è collegato, in linea di principio, alla realizzazione effettiva di un’operazione imponibile (v. sentenza del 26 maggio 2005, António Jorge, C-536/03(2), Racc. pag. I-4463, punti 24 e 25) e l’esercizio di tale diritto non si estende all’IVA dovuta, in forza dell’articolo 203 della richiamata direttiva, esclusivamente per il fatto di essere indicata nella fattura (v., segnatamente, sentenze del 13 dicembre 1989, Genius, C-342/87(3), Racc. pag. 4227, punti 13 e 19, nonché del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C-35/05(4), Racc. pag. I-2425, punto 23).

 31. Tuttavia, il rischio di perdita di gettito fiscale non è, in via di principio, eliminato completamente fintantoché il destinatario di una fattura che espone un’IVA non dovuta possa utilizzarla al fine di siffatto esercizio, ai sensi dell’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112 (v., in tal senso, sentenza Stadeco, cit., punto 29).

 32. In tale contesto, l’obbligo disposto dall’articolo 203 di tale direttiva mira ad eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dal diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e segg. della richiamata direttiva (v. sentenza Stadeco, cit., punto 28).

 33. Alla luce di tale obiettivo, detto obbligo è limitato dalla possibilità, che spetta agli Stati membri prevedere nei rispettivi ordinamenti giuridici interni, di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purché l’emittente della fattura dimostri la propria buona fede o laddove questi abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdita di gettito fiscale (v., in tal senso, sentenze Genius, cit., punto 18; del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel, C-454/98(5), Racc. pag. I-6973, punti 56-61 e 63, nonché del 6 novembre 2003, Karageorgou e a., da C-78/02 a C-80/02(6), Racc. pag. I-13295, punto 50).

 34. Tenuto conto, da un lato, di detta possibilità di rettifica e, dall’altro, del rischio che la fattura che indica indebitamente l’IVA sia utilizzata ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione, l’obbligo previsto all’articolo 203 della direttiva 2006/112 non può essere considerato nel senso che esso conferisce al pagamento dovuto carattere di sanzione.

 35. Inoltre, fintantoché l’emittente di una fattura non deduce una delle ipotesi che consentono la rettifica dell’IVA indebitamente fatturata, rammentate al punto 33 della presente sentenza, da quanto precede risulta che l’amministrazione tributaria non è tenuta, nell’ambito di una verifica fiscale concernente tale emittente, a verificare se l’IVA fatturata e dichiarata corrisponda a operazioni imponibili realmente effettuate da tale emittente.

 36. Orbene, in assenza di tale obbligo di verifica, dal solo fatto che l’amministrazione tributaria non ha rettificato l’IVA dichiarata dall’emittente della fattura non si può dedurre che tale amministrazione abbia riconosciuto che le fatture emesse da quest’ultimo corrispondevano a operazioni imponibili effettive.

 37. Tuttavia, il diritto dell’Unione non esclude che l’amministrazione competente proceda a un controllo dell’esistenza delle operazioni fatturate da un soggetto passivo e che essa regolarizzi, ove necessario, il debito fiscale risultante dalle dichiarazioni effettuate dal soggetto passivo. Il risultato di tale controllo costituisce, alla stregua della dichiarazione e del pagamento, da parte dell’emittente della fattura, di un’IVA fatturata, un elemento che il giudice nazionale deve prendere in considerazione in sede di valutazione dell’esistenza di un’operazione imponibile che conferisce il diritto alla detrazione del destinatario di una fattura in un caso concreto.

 38. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 203 della direttiva 2006/112 dev’essere interpretato nel senso che:

 l’IVA indicata in una fattura da un soggetto è da esso dovuta indipendentemente dall’esistenza effettiva di un’operazione imponibile;

 dal solo fatto che l’amministrazione tributaria non abbia rettificato, in un avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’IVA da esso dichiarata, non si può dedurre che tale amministrazione abbia riconosciuto che detta fattura corrispondeva a un’operazione imponibile effettiva.

Sulla seconda questione

 

 39. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se i principi della neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento debbano essere interpretati nel senso che ostano a che il destinatario di una fattura si veda negare il diritto di detrarre l’IVA a monte, anche se nell’avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’IVA dichiarata da quest’ultimo non è stata rettificata.

 40. Si pone quindi la questione se il diritto dell’Unione imponga che l’esistenza effettiva di una cessione di un bene o di una prestazione di servizi venga valutata in modo identico in capo all’emittente della fattura e in capo al destinatario della stessa.

 41. Per quanto attiene al trattamento di un’IVA indebitamente fatturata in assenza di un’operazione imponibile, dalla direttiva 2006/112 emerge che i due operatori coinvolti non sono necessariamente trattati in modo identico, se l’emittente della fattura non l’ha rettificata, come emerge dai punti 29-33 della presente sentenza.

 42. Infatti, da un lato, l’emittente di una fattura è debitore dell’IVA in essa indicata anche in assenza di un’operazione imponibile, ai sensi dell’articolo 203 della direttiva 2006/112. Dall’altro, l’esercizio del diritto alla detrazione del destinatario di una fattura è limitato alle sole imposte corrispondenti a un’operazione soggetta a IVA, in conformità degli articoli 63 e 167 di tale direttiva.

 43. In una situazione di questo tipo, il rispetto del principio della neutralità fiscale è garantito dalla possibilità rammentata al punto 33 della presente sentenza, che spetta agli Stati membri prevedere, di rettificare le imposte indebitamente fatturate, purché l’emittente della fattura dimostri la sua buona fede o laddove questi abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdita di gettito fiscale.

 44. Ne consegue che il principio della neutralità fiscale non osta al diniego di detrarre l’IVA a monte opposto al destinatario di una fattura, a causa dell’assenza di un’operazione imponibile, anche se, nell’avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente della fattura, l’IVA dichiarata da quest’ultimo non è stata rettificata.

 45. Orbene, come emerge dalla decisione di rinvio, nel procedimento principale l’amministrazione tributaria ha dedotto l’assenza di una cessione imponibile in particolare dal fatto che il fornitore o i fornitori di quest’ultimo non hanno presentato tutti i documenti richiesti nel corso di una verifica fiscale. Poiché la ricorrente contesta tale conclusione, spetta al giudice nazionale verificarla, effettuando, conformemente alle norme nazionali sull’onere della prova, una valutazione globale di tutti gli elementi e di tutte le circostanze di fatto relativi al procedimento principale (v., per analogia, sentenze del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11(7), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 53, e del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11(8), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).

 46. Si deve in proposito ricordare che, certamente, la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva 2006/112, e che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02(9), Racc. pag. I-1609, punti 68 e 71; del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11(10), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41, nonché Bonik, cit., punti 35 e 36).

 47. Pertanto, spetta alle autorità e ai giudici nazionali rifiutare il beneficio del diritto alla detrazione se viene dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (v., in tal senso, sentenze del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C-439/04 e C-440/04(11), Racc. pag. I-6161, punto 55; Mahagében e Dávid, cit., punto 42, nonché Bonik, cit., punto 37).

 48. Tuttavia, secondo una giurisprudenza parimenti consolidata, non è compatibile con il regime del diritto alla detrazione previsto dalla direttiva 2006/112 sanzionare, con il diniego di tale diritto, un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena di fornitura, anteriore o posteriore a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’IVA (v., in particolare, sentenze del 12 gennaio 2006, Optigen e a., C-354/03, C-355/03 e C-484/03(12), Racc. pag. I-483, punti 52 e 55; Kittel e Recolta Recycling, cit., punti 45, 46 e 60; Mahagében e Dávid, cit., punto 47, nonché Bonik, cit., punto 41).

 49. Inoltre, ai punti 61-65 della citata sentenza Mahagében e Dávid, la Corte ha dichiarato che l’amministrazione tributaria non può esigere in maniera generale che il soggetto passivo che intende esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA, da un lato – al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni a livello degli operatori a monte – verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto abbia la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, o, dall’altro lato, che il suddetto soggetto passivo disponga di documenti a tale riguardo.

 50. Ne consegue che un giudice nazionale chiamato a decidere se, in un determinato caso, non sussista un’operazione imponibile, e dinanzi al quale l’amministrazione tributaria si è in particolare fondata su irregolarità commesse dall’emittente della fattura o da uno dei suoi fornitori, quali eventuali lacune nella contabilità, deve far sì che la valutazione degli elementi di prova non porti a privare di significato la giurisprudenza rammentata al punto 48 della presente sentenza e a obbligare indirettamente il destinatario della fattura a procedere, presso la sua controparte contrattuale, a verifiche alle quali, in linea di principio, non è tenuto.

 51. Qualora, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, il diniego del diritto alla detrazione risulti da un’applicazione della direttiva 2006/112 che tiene conto dei requisiti derivanti dai punti 47-50 della presente sentenza, non esistono indizi che consentano di presumere che i principi di proporzionalità e del legittimo affidamento ostino a tale diniego.

 52. Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che i principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il destinatario di una fattura si veda negare il diritto a detrarre l’IVA a monte a causa dell’assenza di un’operazione imponibile effettiva, anche se, nell’avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’IVA dichiarata da quest’ultimo non è stata rettificata. Se, tuttavia, tenuto conto di evasioni o irregolarità commesse da tale emittente o a monte dell’operazione dedotta a fondamento del diritto alla detrazione, tale operazione è considerata come non effettivamente realizzata, si deve dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche alle quali non è tenuto, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta operazione si inseriva nel quadro di un’evasione dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

SULLE SPESE

53. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M. – Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 1) L’articolo 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che:

 l’imposta sul valore aggiunto indicata in una fattura da un soggetto è da esso dovuta indipendentemente dall’esistenza effettiva di un’operazione imponibile;

 dal solo fatto che l’amministrazione tributaria non abbia rettificato, in un avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’imposta sul valore aggiunto da esso dichiarata, non si può dedurre che tale amministrazione abbia riconosciuto che detta fattura corrispondeva a un’operazione imponibile effettiva.

 2) I principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il destinatario di una fattura si veda negare il diritto a detrarre l’imposta sul valore aggiunto a monte a causa dell’assenza di un’operazione imponibile effettiva, anche se, nell’avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’imposta sul valore aggiunto dichiarata da quest’ultimo non è stata rettificata. Se, tuttavia, tenuto conto di evasioni o irregolarità commesse da tale emittente o a monte dell’operazione dedotta a fondamento del diritto alla detrazione, tale operazione è considerata come non effettivamente realizzata, si deve dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche alle quali non è tenuto, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta operazione si inseriva nel quadro di un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

(1) In Boll. Trib., 2009, 1316.

 (2) In Boll. Trib. On-line.

 (3) In Boll. Trib. On-line.

 (4) In Boll. Trib., 2007, 1414.

 (5) In Boll. Trib. On-line.

 (6) In Boll. Trib. On-line.

 (7) In Boll. Trib. On-line.

 (8) In Boll. Trib. On-line.

 (9) In Boll. Trib. On-line.

 (10) In Boll. Trib. On-line.

 (11) In Boll. Trib. On-line.

 (12) In Boll. Trib. On-line.

 

La Corte di Giustizia UE sancisce l’indetraibilità dell’IVA da parte del fittizio cessionario nelle operazioni inesistenti

 

 Nella sentenza Stroy Trans EOOD la Corte di Giustizia si è occupata della detraibilità dell’IVA afferente ad operazioni inesistenti. Il giudice dell’Unione europea ha sancito in modo inequivoco che il diritto di detrazione dell’imposta versata a monte può essere negato in presenza di operazioni inesistenti, senza che si renda necessario provvedere ad una rettifica della stessa da parte del fittizio cedente (o prestatore) che abbia indicato l’IVA nelle proprie fatture, essendo costui obbligato a versare l’imposta fatturata alla stregua di quanto disposto dall’art. 203 della Direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, n. 112 (1).

 Nel caso esaminato dal Collegio europeo la società ricorrente (Stroy trans EOOD) pretendeva di esercitare il proprio diritto di detrazione dell’IVA asseritamente versata in relazione agli acquisti di beni risultanti dalle fatture emesse dai suoi fornitori. Tuttavia, da una verifica effettuata dagli Uffici finanziari della Bulgaria, era emersa l’inesistenza delle operazioni indicate nelle fatture in discorso.

 Innanzi ai giudici dello Stato e poi in sede europea la società bulgara ha sostenuto che l’esistenza delle forniture sarebbe dimostrata dal fatto che l’avviso di accertamento notificato dal fisco ai suoi fornitori non conteneva alcuna rettifica dell’IVA dichiarata dal fornitore medesimo. Questa tesi difensiva si fondava su un certo orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte amministrativa della Bulgaria (Varhoven administrativen sad). Secondo alcune Sezioni di quella Corte, infatti, la notifica di un avviso di accertamento al cedente (o al prestatore del servizio), senza alcuna rettifica dell’IVA fatturata a valle costituirebbe una circostanza di fatto sufficiente, da sola, a dimostrare l’esistenza di un’effettiva cessione di beni. Trattandosi di giurisprudenza non univoca il giudice a quo ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia.

 Con la prima questione il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte se l’art. 203 della Direttiva 2006/112/CE debba essere interpretato nel senso che: a) l’imposta indicata in fattura da un soggetto passivo sia dovuta indipendentemente dall’esistenza effettiva di operazioni imponibili; b) se dal solo fatto che l’Amministrazione finanziaria non abbia rettificato, nell’avviso di accertamento indirizzato all’emittente della fattura, l’IVA da esso dichiarata sia possibile desumere che tale Amministrazione abbia riconosciuto che detta fattura corrispondeva ad un’operazione imponibile effettiva.

 La Corte ha chiarito che, se è vero che ai sensi degli artt. 167 e 63 della Direttiva 2006/112/CE il diritto di detrazione è collegato «alla realizzazione effettiva di un’operazione imponibile» e non ad una mera «operazione fatturata» (2), in quanto l’obbligo previsto dall’art. 203 (secondo cui «L’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura»), è volto ad eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dal non corretto esercizio del diritto di detrazione previsto dagli artt. 167 e segg. della stessa Direttiva.

 Tuttavia l’obbligo di versamento dell’IVA fatturata può venir meno, per il cedente (o il prestatore del servizio), attraverso l’esercizio del diritto di rettifica dell’IVA indicata in fattura previsto dai singoli ordinamenti (3), ancorché tale diritto sia subordinato alla dimostrazione della buona fede dell’emittente e all’eliminazione del rischio di perdita di gettito fiscale. Perciò, finché l’emittente della fattura non provvede alla rettifica dell’IVA indebitamente fatturata, l’Amministrazione finanziaria dello Stato non è tenuta a verificare se l’IVA fatturata e dichiarata corrisponde ad operazioni imponibili realmente effettuate da tale emittente. In mancanza di un siffatto obbligo di rettifica, non è dato desumere che l’Amministrazione abbia riconosciuto che le fatture emesse dal soggetto passivo corrispondessero ad operazioni imponibili effettive.

 Si deve evidenziare che il giudice europeo non ha operato alcuna apertura di credito nei confronti dei soggetti passivi per quanto concerne l’effettiva realizzazione dell’operazione imponibile per il fatto della mancata rettifica dell’imposta a monte. Tuttavia la sentenza in oggetto contiene l’importante precisazione che l’obbligo di versamento dell’IVA indicata in fattura, costituisce una misura di salvaguardia e non una sanzione, potendo venir meno a seguito di una rettifica dell’imposta dovuta (4).

 Con la seconda questione il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte se i principi di neutralità fiscale, proporzionalità e legittimo affidamento debbano essere interpretati nel senso di impedire alle Amministrazioni nazionali di negare l’esercizio del diritto di detrazione quando nell’avviso di accertamento indirizzato all’emittente della fattura l’IVA indicata da costui non è stata rettificata.

 Sul punto la Corte ha statuito che il diritto dell’Unione europea non impone che il cedente e il cessionario (o prestatore e committente nel caso di prestazioni di servizi) siano necessariamente trattati in modo identico in relazione ad un’operazione imponibile fittizia. Infatti, in base a quanto disposto dall’art. 203 della Direttiva 2006/112/CE, l’emittente di una fattura è debitore dell’IVA in essa indicata, anche in assenza di un’operazione imponibile, finché non procede alla rettifica dell’imposta secondo quanto previsto dalle disposizioni interne. Tuttavia il principio della neutralità fiscale non impedisce alle Amministrazioni tributarie nazionali di negare la detrazione dell’IVA al destinatario della fattura, ove sia dimostrata l’assenza di un’operazione imponibile effettiva, anche se con l’avviso di accertamento indirizzato all’emittente della fattura non sia stata operata alcuna rettifica dell’IVA fatturata a valle (5).

 Coerentemente con i principi generali affermati dalla giurisprudenza dell’Unione europea, non è possibile sanzionare con il diniego del diritto di detrazione un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere (secondo una nota endiadi utilizzata nel Bürgerliches Gesetzbüch), alla stregua delle verifiche esigibili da costui, che l’operazione interessata si iscriveva nell’ambito di un’operazione fraudolenta volta ad evadere l’IVA (6). Ne deriva che la detrazione può essere negata anche al soggetto passivo che avesse solo dubitato della legittimità dell’operazione, se fosse stato in grado di acquisire ulteriori informazioni al riguardo, evitando di rimanervi coinvolto (7).

 In definitiva le Autorità fiscali e i giudici nazionali potranno sempre rifiutare il beneficio del diritto alla detrazione, qualora siano in grado di dimostrare, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto viene invocato fraudolentemente o abusivamente a causa dell’inesistenza di un’operazione imponibile effettiva e della mala fede del contribuente (che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’operazione fraudolenta), ancorché nell’avviso di accertamento indirizzato all’emittente della fattura l’Amministrazione non abbia provveduto ad alcuna rettifica dell’ammontare dell’IVA.

 La Corte di Giustizia ribadisce ancora una volta che la prova dell’inesistenza dell’operazione ovvero del suo carattere fraudolento nonché della malafede del soggetto passivo grava sempre sull’Amministrazione finanziaria che pretende di negare l’esercizio del fondamentale diritto di detrazione.

 Questa giurisprudenza obbligherà la nostra Corte di Cassazione a svolgere alcuni revirement in riferimento ad alcuni suoi orientamenti anche recenti. Si pensi a quanto statuito nella recente sentenza della Sezione Tributaria 13 marzo 2013, n. 6229 (8). La sentenza sembra dire che l’attività probatoria dovrebbe essere differenziata nei casi di operazioni oggettivamente inesistenti rispetto a quelli di operazioni soggettivamente inesistenti e di frodi carosello.

 In caso di operazioni oggettivamente inesistenti la prova della sua buona fede spetta al contribuente che pretende di esercitare il diritto di detrazione.

 In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, in cui un soggetto acquisisce la fattura da un soggetto distinto dal fornitore dei beni o dei servizi, la prova della male fede sarebbe in re ipsa stante il contatto diretto tra cedente (o prestatore) e cessionario (o committente), cosicché dovrà essere quest’ultimo a provare la sua buona fede.

 Infine, nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti inserite nel contesto di schemi negoziali fraudolenti che attraverso la partecipazione di soggetti fittiziamente interposti comportino il mancato versamento dell’IVA da parte dei successivi cedenti (come accade nelle c.d. frodi carosello) (9), incomberebbe sull’Amministrazione finanziaria «l’onere di provare, ancorché solo presuntivamente, gli elementi di fatto che concretizzano la frode nonché la partecipazione ad essa del contribuente, ovvero la sua consapevolezza».

 Ma come si fa a stabilire a priori una linea distintiva così netta tra frodi carosello e altre tipologie di operazioni fraudolente? Se, infatti, non è insensato ammettere che in presenza di determinati indizi, il soggetto che riceve le merci da un soggetto diverso da colui che fattura la cessione non possa invocare il proprio stato soggettivo di ignoranza, come si fa a presumere la buona fede di chi, nel contesto di una frode carosello, pretenda di detrarre i costi risultanti da fatture emesse da una società cartiera senza aver neppure visto lontanamente la merce, che potrebbe non essersi mai mossa dal deposito in cui è detenuta?

 In ogni caso, infatti, gli indizi possono ben rappresentare la base di quel ragionamento presuntivo che può portare a ritenere sussistente, ovvero ad escludere, la buona fede del contribuente che pretenda di esercitare il proprio diritto di detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi (10).

Dott. Fabrizio Cerioni

 (1) Norma che esprime un principio più generale di quello sanzionatorio enunciato dall’art. 21, settimo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Sul carattere sanzionatorio della disposizioni si veda Cass., sez. trib., 21 dicembre 2009, n. 26841, in Boll. Trib. On-line.

 (2) In questi termini si esprime la pronuncia in rassegna al punto 30.

 (3) Com’è noto in Italia le rettifiche si eseguono mediante l’iscrizione sui registri IVA (acquisti o vendite) di note di credito o di debito.

 (4) Cfr. l’annotata sentenza al punto 34.

 (5) Cfr. l’annotata sentenza al punto 52.

 (6) Cfr. l’annotata sentenza al punto 48; nonché Corte Giust. UE, sez. III, 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Optigen e a., punti 52 e 55; Corte Giust. UE, sez. III, 6 luglio 2006, cause riunite C-439/2004 e C-440/2004, Kittel e Recolta Recycling, punti 45, 46 e 60; Corte Giust. UE, sez. III, 21 giugno 2012, cause riunite C-80/11 e C-142/11, Mahagében e David, punto, 47; Corte Giust. UE, sez. III, 6 settembre 2012, causa C-324/11, Tóth, punto 30; e Corte Giust. UE, sez. III, 6 dicembre 2012, causa C-285/11, Bonik, punto 41; tutte in Boll. Trib. On-line.

 (7) Così F. Cerioni, L’onere di conoscenza del soggetto passivo nel sistema dell’iva europea e i suoi limiti secondo la corte di giustizia, di prossima pubblicazione su questa stessa Rivista.

 (8) In Boll. Trib. On-line.

 (9) In argomento F. Antonacchio, Le frodi carosello all’IVA con fatture soggettivamente inesistenti. profili sanzionatori relativi ai fornitori comunitari, in il fisco, 2005, 2723 ss.; A. Mondini, La nuova responsabilità solidale del cessionario IVA e la sua compatibilità con il diritto comunitario, in Rass. trib., 2005, 755 ss.; e F. Cerioni, L’indetraibilità dell’IVA relativa ad operazioni inesistenti tra frode ed abuso del diritto di detrazione, in Boll. Trib., 2013, 233 ss.

 (10) Cfr. L.P. Comoglio, Le prove civili, Torino, 2004, 467 ss.

 

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