24 Ottobre, 2018

Ris. 23 ottobre 2018, n. 79/E, dell’Agenzia delle entrate

“Quesito. L’Associazione, in qualità di rappresentante di interessi diffusi dei propri associati, solleva dubbi in merito all’interpretazione delle disposizioni normative vigenti disciplinati il ruolo delle banche custodi – in qualità di sostituti d’imposta – in relazione ad operazioni Repo, poste in essere dai propri clienti nella nuova tipologia denominata “Classic Repo” (in seguito anche “CRP”) che sostituisce la precedente modalità denominata “Buy-Sell-Back” (in seguito anche “BSB”).
Al fine di rappresentare compiutamente la fattispecie in oggetto, l’istante fa presente quanto segue.
Per allineare il mercato italiano ai mercati europei, la Società di gestione accentrata, in collaborazione sia con i mercati (MTS, Brokertec ed E-Mid) sia con le Controparti Centrali (c.d. CCP), hanno deciso di modificare l’operatività in Repo sostituendo i contratti BSB con i CRP.
La negoziazione della nuova tipologia di contratti Repo è divenuta operativa a partire dal 24 luglio 2017. Da tale data pertanto, sui citati mercati non sono più regolati i BSB ma solamente i CRP.
In particolare il CRP – chiamato anche “sale-and-repurchase agreements” – è un’operazione di riporto/pronti conto termine che comporta, dal punto di vista giuridico, il trasferimento da parte del Venditore a Pronti (di seguito VP) a favore dell’Acquirente a Pronti (di seguito AP) di una certa quantità di titoli ad un certo prezzo, con l’obbligo contrattuale da parte del VP di ri-acquistare a termine, ad un certo prezzo, una medesima quantità di titoli della stessa specie.
Nell’operazione di CRP, i titoli vengono quindi trasferiti giuridicamente dal VP all’AP alla settlement date (c.d. buy date); in pari data l’AP paga al VP il controvalore pattuito come corrispettivo (c.d. “gamba a pronti”).
Alla settlement date di ri-acquisto (c.d. sell date), di contro, la proprietà giuridica dei titoli viene ri-trasferita dall’AP al VP e la liquidità (rappresentata dal corrispettivo) viene ri-trasferita dal VP all’AP (c.d. “gamba a termine”).
Dal punto di vista economico, il CRP rappresenta un’operazione unitaria che permette, di norma, al VP di finanziarsi a tassi inferiori a quelli che sarebbero applicati in caso di finanziamenti non “garantiti” dai titoli oggetto del CRP stesso e all’AP di impiegare la liquidità (a fronte di un interesse) beneficiando della garanzia implicita nell’operazione che è rappresentata dai titoli che gli sono stati trasferiti.
I CRP sono attuati secondo le seguenti modalità:
– hanno ad oggetto solo titoli di Stato italiani o equiparati ai sensi dell’articolo 31 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 e titoli analoghi emessi da Stati esteri;
– almeno in una prima fase, il c.d. “tasso repo” (inteso come il tasso di interesse riconosciuto dal VP all’AP sulla liquidità rappresentata dal controvalore tel quel a pronti dei titoli) è esclusivamente di tipo fisso (in una seconda fase potrebbero essere introdotti anche “Floating Rate Repos”);
– per effetto dell’attuale andamento dei mercati finanziari, il tasso repo può essere anche negativo (in altri termini l’AP remunera il VP);
– le controparti del CRP (VP ed AP, in seguito anche “trading member”) sono solo investitori italiani corporate e investitori istituzionali esteri residenti in Paesi cd. white-list;
– le operazioni di CRP possono essere garantite, o meno, da una controparte centrale (di seguito CCP – central clearing counterparty), rappresentata da Cassa di Compensazione e Garanzia (CC& G) per gli investitori italiani e da Alfa Clearing House per gli investitori non residenti.
Ciò premesso, l’istante chiede se:
1. ai redditi derivanti dall’operazione in oggetto si applicano le disposizioni di cui agli articoli 44, comma 1, lettera g-bis) e 45, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir);
2. sui redditi di capitale derivanti dall’operazione di CRP debba essere applicata (fatto salvo i casi di non applicazione/esenzione) la ritenuta di cui all’articolo 26, comma 3-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;
3. il sostituto d’imposta tenuto all’applicazione della ritenuta e agli adempimenti connessi alla dichiarazione dei sostituti d’imposta e degli intermediari (Modello 770) sia la banca custode del percettore del reddito;
4. con riferimento ai titoli oggetto di compravendita nelle operazioni di CRP, le disposizioni di cui al citato decreto legislativo n. 239 del 1996 debba continuare ad essere applicata senza modifiche o eccezioni, sulla base della titolarità giuridica delle obbligazioni/titoli assimilati, in linea con quanto previsto dall’articolo 2 del medesimo decreto.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente. L’istante ritiene che, in considerazione delle caratteristiche intrinseche dei CRP, delle finalità ad esso sottese e degli effetti economici da essi prodotti, i redditi derivanti da tali operazioni debbano essere ricondotti alla fattispecie prevista dall’articolo 44, comma 1, lettera g-bis), del Tuir e che ai fini della determinazione degli stessi si renda applicabile la disposizione di cui all’articolo 45, comma 1, del medesimo testo unico.
L’istante ritiene, inoltre, che sui redditi di capitale derivanti dall’operazione di CRP debba essere applicata (fatta eccezione per i casi in cui sussistono le condizioni per la non applicazione/esenzione) la ritenuta di cui all’articolo 26, comma 3-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973.
A parere dell’istante, la ritenuta deve essere applicata dal soggetto che corrisponde il reddito se lo stesso è un sostituto d’imposta ai sensi dell’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, oppure, in subordine, dal soggetto che interviene nella relativa riscossione.
Ai fini della individuazione del soggetto tenuto agli obblighi di sostituzione d’imposta, l’istante rappresenta che occorre operare una distinzione tra CRP garantiti e CRP non garantiti da CCP.
Per i CRP garantiti da CCP, considerato che:
– i trading member (AP e VP) non intrattengono rapporti bilaterali diretti (pertanto ciascuna controparte non conosce l’altra);
– le banche custodi di AP e di VP non conoscono la controparte dell’operazione;
– ciascuna banca custode ha la piena visibilità dei saldi bilaterali tra CCP e il proprio cliente, oltre che delle relative movimentazioni.
L’istante ritiene che la banca custode del trading member che consegue il reddito potrebbe assumere il ruolo di sostituto d’imposta (si tratta, infatti, dell’intermediario – sostituto d’imposta – più prossimo al percettore dei proventi, che interviene nell’incasso).
L’Associazione istante ritiene che tale soluzione possa essere adottata anche per le operazioni di CRP non garantito.
Al riguardo, l’istante evidenzia che sulla base di una interpretazione letterale dell’articolo 26, comma 3-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973, dovrebbe essere il soggetto che corrisponde il provento (quindi direttamente il trading member) ad operare come sostituto d’imposta (qualora possieda le caratteristiche per agire come sostituto d’imposta). Tuttavia tale soluzione potrebbe comportare notevole aggravi operativi in capo ai soggetti coinvolti. Infatti:
– le banche custodi dei percettori del reddito, per stabilire quando intervenire come sostituti d’imposta o quando astenersi, dovrebbero verificare di volta in volta se il trading member che corrisponde il reddito si qualifichi o meno come sostituto d’imposta, con notevoli aggravi dal punto di vista pratico e procedurale;
– il trading member che corrisponde il reddito dovrebbe verificare di volta in volta la sussistenza delle condizioni per l’applicazione della ritenuta ovvero acquisire i documenti necessari per l’esenzione.
Di contro, l’attribuzione di tale onere, in ogni caso, alle banche custodi dei percettori, renderebbe più semplice l’applicazione della ritenuta (nel caso in cui sia dovuta) ovvero l’eventuale acquisizione della documentazione per la non applicazione/esenzione della ritenuta e relative segnalazioni all’Amministrazione finanziaria.
Con riferimento all’attuale operatività in CRP, l’istante rappresenta che le banche custodi non applicano, di norma, la ritenuta sui predetti proventi in quanto i percettori dei proventi sono esclusivamente:
– soggetti esteri residenti in stati o territori inclusi nella c.d. white-list (per i quali opera l’esenzione prevista dall’articolo 26-bis del d.P.R. n. 600 del 1973);
– società commerciali italiane (alle quali non si applica la ritenuta ai sensi dell’articolo 26, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973);
– entrambi i trading member coinvolti nell’operazione sono residenti all’estero.
L’istante ritiene, inoltre, che la banca custode debba procedere, nei casi cui in la ritenuta non sia applicata o sia effettuata a titolo di acconto, alla comunicazione dei nominativi nel Quadro SF del Modello 770.
L’Associazione istante ritiene, infine, che con riferimento ai titoli oggetto di compravendita nell’ambito delle operazioni di CRP, debba continuare ad essere applicata la disciplina di cui al decreto legislativo n. 239 del 1996, sulla base della titolarità giuridica delle obbligazioni/titoli assimilati, in linea con quanto previsto dall’articolo 2 del medesimo decreto legislativo.
Pertanto, posto che, almeno in una prima fase, i trading member sono esclusivamente soggetti “lordisti” italiani o soggetti istituzionali esteri white-list (ed assumendo che gli stessi presentino tempestivamente al sostituto d’imposta l’autocertificazione che attesti i requisiti richiesti ai fini dell’esenzione), l’istante ritiene che l’imposta sostitutiva non dovrà essere applicata dalla banca presso la quale i titoli sono depositati.
Ne consegue, che nel caso in cui l’effettivo beneficiario dei proventi derivanti dai titoli obbligazionari oggetto dell’operazione di CRP sia un soggetto non residente, la banca di secondo livello del soggetto presso il quale i titoli sono depositati direttamente o indirettamente dovrà comunque effettuare le comunicazioni previste dall’articolo 8 del citato decreto legislativo n. 239 del 1996.
Pertanto, l’obbligo di verifica dello status fiscale dell’investitore (e dell’eventuale comunicazione ai sensi del citato articolo) ricadrà, rispettivamente, sulla banca custode del VP (fino al momento del trasferimento
a pronti dei titoli), sulla banca custode dell’AP (o del terzo a cui ha ceduto il titolo – per il periodo di durata del CRP) e a partire dal momento del ri-acquisto, nuovamente sulla banca custode del VP (che è acquirente a termine).

Parere dell’Agenzia delle entrate. L’articolo 44, comma 1, lettera g-bis), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) stabilisce che costituiscono redditi di capitale “i proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute”.
Una definizione di questo tipo di contratto è contenuta nell’articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 435, che stabilisce che “per contratti pronti contro termine si intendono quei contratti che configurano un’operazione a pronti e una contrapposta operazione a termine, posti in essere sotto la stessa data, nei confronti della medesima controparte, sugli stessi titoli e valori e per pari importo nominale”.
In sostanza, i pronti contro termine sono contratti attraverso i quali il cliente si impegna ad acquistare da un venditore un certo numero di titoli e quest’ultimo si impegna, nello stesso momento, a riacquistarli dallo stesso acquirente ad un prezzo solitamente più alto e ad una data predeterminata.
Come chiarito nella circolare 24 giugno 1998, n. 165/E , con le operazioni di pronti contro termine le parti non intendono trasferire la proprietà dei titoli a titolo definitivo ma soltanto a titolo temporaneo.
Ciò premesso, tenuto conto che il CRP comporta, dal punto di vista giuridico, il trasferimento da parte del venditore a pronti (di seguito VP) a favore dell’acquirente a pronti (di seguito AP) di una certa quantità di titoli ad un certo prezzo, con l’obbligo contrattuale da parte del VP di ri-acquistare a termine, ad un certo prezzo, una medesima quantità di titoli della stessa specie, si ritiene che i proventi derivanti da tale tipologia di contratti rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 44, comma 1, lettera g-bis), del Tuir.
Ai fini della determinazione della base imponibile, per effetto di tale qualificazione, trovano applicazione le disposizioni di cui al successivo articolo 45, comma 1, del Tuir, secondo il quale i proventi di cui alla lettera g-bis) del comma 1 dell’articolo 44 sono costituiti dalla differenza positiva tra i corrispettivi globali di trasferimento dei titoli. Da tale differenza si scomputano gli interessi e gli altri proventi dei titoli, non rappresentativi di partecipazioni, maturati nel periodo di durata del rapporto, con esclusione dei redditi esenti dalle imposte sui redditi.
Con riferimento alle operazioni di CRP, si ritiene che i corrispettivi globali di cessione sono rappresentati dal corrispettivo di trasferimento a termine (pari al valore tel quel a pronti dei titoli trasferiti maggiorato dell’interesse Repo) e dal corrispettivo di trasferimento a pronti (pari al valore tel quel a pronti dei titoli). Ne consegue che la “differenza” corrisponde all’ammontare dell’interesse Repo, che rappresenta un provento per l’AP in caso di tasso d’interesse positivo, o per il VP in caso di interesse negativo.
Al fine della determinazione della base imponibile, tale “differenza” deve poi essere diminuita degli interessi maturati nel corso del rapporto per evitare fenomeni di doppia imposizione economica sugli interessi dei titoli “sottostanti”.
Per quanto concerne la retrocessione della cedola, invece, non costituendo parte del corrispettivo globale di trasferimento, non assume rilevanza reddituale in capo al VP.
Infine, considerato che gli interessi che maturano nel corso della durata del rapporto contrattuale sono comunque soggetti alle disposizioni previste dal decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, che prevede la tassazione (ove sussistano le condizioni) in capo al titolare giuridico del titolo (nel caso specifico all’AP o al terzo a cui AP ha ceduto il titolo), per evitare fenomeni di doppia imposizione economica, la differenza positiva che risulta dal confronto dei corrispettivi globali di trasferimento deve essere ridotta di un importo corrispondente agli interessi maturati nel corso del rapporto sul titolo scambiato (come espressamente previsto dall’articolo 45 del Tuir).
Ai sensi dell’articolo 26, comma 3-bis), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sui redditi di capitale derivanti da operazioni di CRP, i soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 23, che li corrispondono, ovvero intervengono nella loro riscossione operano sui predetti proventi una ritenuta con aliquota del 26 per cento ovvero con la minore aliquota nella misura del 12,50 per cento prevista per le obbligazioni e gli altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 ed equiparati, nonché per le obbligazioni emesse dagli Stati esteri inclusi nella “white list” e per le obbligazioni emesse dagli enti territoriali dei suddetti Stati esteri.
Considerata l’operatività dei CRP, si ritiene che la ritenuta debba essere applicata dalla banca custode del trading member che percepisce il reddito, in quanto si tratta dell’intermediario più prossimo al soggetto che percepisce il provento.
Come noto, qualora il trading member sia un soggetto residente all’estero, di cui all’articolo 6, comma 1, del citato decreto legislativo n. 239 del 1996, i proventi percepiti in relazione all’operazione in oggetto non sono soggetti ad imposizione ai sensi dell’articolo 26-bis, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973.
In tal caso, al fine di non applicare la ritenuta, il sostituto d’imposta (nella specie, la banca custode) deve acquisire la documentazione di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 239 del 1996 (cfr. comma 1-bis dell’articolo 26-bis del d.P.R. n. 600 del 1973).
Qualora il percettore sia assoggettato a ritenuta a titolo d’acconto o non sia assoggettato a ritenuta, la banca custode deve indicare i dati relativi ai proventi percepiti da soggetti non esercenti attività di impresa, nel quadro SF del Modello di dichiarazione dei sostituti d’imposta e degli intermediari (Modello 770).
Nel medesimo quadro vanno comunicati i proventi derivanti dalle operazioni in oggetto non imponibili o imponibili in misura ridotta, imputabili a soggetti non residenti ai sensi dell’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
Si condivide, infine, che con riferimento ai titoli oggetto di compravendita nell’ambito delle operazioni di CRP, debba continuare ad essere applicata la disciplina di cui al decreto legislativo n. 239 del 1996, sulla base della titolarità giuridica delle obbligazioni/titoli assimilati, in linea con quanto previsto dall’articolo 2 del medesimo decreto legislativo”.

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