21 Giugno, 2016

SOMMARIO: 1. Il principio di non contestazione: requisiti e condizioni di operatività – 2. Applicazione del principio di non contestazione al processo tributario.

1. Il principio di non contestazione: requisiti e condizioni di operatività

L’art. 115 c.p.c. ha inserito nel codice di rito il principio di non contestazione, disponendo che «salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita».
Viene imposto al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, essendo la non contestazione specifica un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti (1).
Corollario è che i fatti allegati e non specificamente contestati non devono essere provati in quanto ritenuti esistenti (2).
Caratteristica di tale principio e che trova applicazione nei confronti di tutte le parti del giudizio, quindi, non è soltanto che è il convenuto a dover proporre contestazioni specifiche in relazione alle deduzioni attoree, ma anche l’attore il quale deve opporre contestazioni specifiche alle affermazioni fattuali della parte convenuta; medesime considerazioni valgono per il ricorso incidentale a parti invertite.
La non contestazione del convenuto costituisce un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente (3).
Trattasi di un principio generale del processo civile attuativo dei principi della ragionevole durata del processo e di economia processuale che devono informare il processo, avuto riguardo all’art. 111 Cost., imponendo alle parti costituite l’onere di prendere posizione su tali fatti, delimitando l’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, a quelli non specificamente contestati, non essendo necessario alcun controllo probatorio dei fatti non contestati, da ritenere sussistenti in forza della mancata specifica contestazione, senza necessità di prova al riguardo (4).
Tale principio trova il suo fondamento nel carattere dispositivo del processo sia civile che tributario, complementare al sistema di preclusioni, molto più attenuato nel processo tributario, ove non sono ammesse prove testimoniali e interrogatorio formale, che comporta per entrambe le parti l’onere di collaborare, fin dall’inizio del giudizio, a circoscrivere la materia controversa (5).
Quindi, in linea generale, i fatti allegati possono essere posti a fondamento della decisione se “pacifici”, cioè se sono stati ammessi dalla controparte o non sono stati specificamente contestati o se la parte ha assunto una posizione difensiva assolutamente incompatibile con la loro negazione, potendo in tal caso il giudice tenerli implicitamente ammessi (6).
Se la contestazione è meramente generica non può pretendersi una contestazione specifica dalla controparte, mentre se la parte deduce e allega fatti specifici una contestazione generica va equiparata alla “non contestazione”.
Inoltre le circostanze oggetto della contestazione devono essere «nella sfera di conoscenza e di disponibilità del contestatore», in quanto la controparte deve avere la possibilità di avere cognizione piena dei fatti allegati, al fine di poterli contestare specificamente.
Il mero silenzio non può essere valutato quale mancata contestazione specifica dei fatti o ammissione implicita degli stessi, così come l’affermazione della parte intimata che l’attore ha l’onere di provare un fatto da esso dedotto non equivale a contestazione del fatto, risolvendosi nel generico richiamo della regola di cui all’art. 2697 c.c., inidoneo ad integrare la contestazione specifica imposta dall’art. 115 c.p.c.
Le circostanze di fatto indicate devono essere rilevanti ai fini del giudizio, affinché ricada sulla controparte l’onere di contestazione (7).
La non contestazione del fatto ad opera della parte che ne abbia l’onere è irreversibile, ma non impedisce al giudice di acquisire comunque la prova del fatto non contestato; in tal caso resta superata la questione sulla pregressa non contestazione di quei fatti che, se ravvisata, avrebbe comportato l’esclusione di essi dal “thema probandum” (8).
Se il giudice ha ritenuto “contestato” uno specifico fatto e, in assenza di ogni tempestiva deduzione al riguardo, abbia proceduto all’ammissione e al conseguente espletamento di un mezzo istruttorio in ordine all’accertamento del fatto stesso, la successiva allegazione di parte diretta a far valere l’altrui pregressa “non contestazione” diventa inammissibile (9).
È dubbio se la parte su cui incombe l’onere di contestazione specifica possa limitarsi a prospettare una possibilità o anche una probabilità di una spiegazione logica alternativa, o se sia necessario che tale spiegazione logica alternativa del fatto appaia come l’unica possibile (10).
Questione non pacifica e se operi solo sui fatti principali o anche sui fatti secondari (11).
Va chiarita, anzitutto, tale distinzione: i fatti principali sono i fatti costitutivi del diritto azionato concernenti l’oggetto della domanda o le relative eccezioni, mentre i fatti secondari sono costituiti dalle circostanze dedotte al solo fine di dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi, cioè dei fatti principali.
Ad esempio, fatto costitutivo del diritto dell’accertamento di maggiori compensi per lavoro straordinario è l’avvenuta prestazione oltre i limiti dell’orario normale, mentre fatto secondario, di mero rilievo istruttorio, è il comportamento del lavoratore consistente nel compiere il percorso casa-luogo di lavoro e viceversa in ore astrattamente coerenti con l’anzidetta prosecuzione della prestazione lavorativa.
A tal fine il fatto, sia principale che secondario, ai fini dell’operatività del principio di non contestazione deve essere evidenziato in maniera chiara e precisa e, soprattutto, avere carattere di decisività.
Tuttavia, con riferimento ai fatti secondari, va osservato che la loro rilevanza si esaurisce sul piano istruttorio, nel senso che, ove provati, il giudice può, in base ad essi, formare il suo convincimento circa l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto.
Per questa stessa ragione, anche in processi di tipo dispositivo, si collocano in un’area che non è assegnabile all’esclusiva disponibilità delle parti.
Per tale tipologia di fatti (secondari) la non contestazione viene restituita alla più generica categoria dei comportamenti non vincolanti per il giudice, ma apprezzabili liberamente come semplici argomenti di prova, ai fini del giudizio sulla sussistenza del fatto di cui trattasi (12).
Diverso è, quindi, il rilievo del principio di non contestazione a seconda che risulti riferibile a fatti giuridici costitutivi della fattispecie non conoscibili di ufficio, ovvero a circostanze dalla cui prova si può inferire l’esistenza di codesti fatti.
Nel giudizio tributario la mancata specifica contestazione può avere rilievo solo quando si riferisca a fatti e non semplicemente alle regole legali o contrattuali dedotte in giudizio; l’applicazione di queste regole, infatti, si colloca nell’ambito dell’esercizio dei poteri del giudice, tenuto alle necessarie valutazioni, anche in difetto di specifiche contestazioni delle parti, sempre che si tratti di fatti non incompatibili con le ragioni della contestazione sull’an.
Nel primo caso (fatti principali) il comportamento della parte costituisce manifestazione dell’autonomia riconoscibile alla parte in un processo dominato dal principio dispositivo, con la conseguenza che il fatto non contestato non ha bisogno di prova perché le parti ne hanno disposto, vincolando il giudice a tenerne conto senza alcuna necessità di convincersi della sua esistenza.
Nel secondo caso (fatti secondari), cui può assimilarsi anche il difetto di contestazione in ordine all’applicazione delle regole tecnico-contabili, nonostante la mancanza di controversia sulla specifica circostanza, si è fuori del dominio esclusivo dell’autonomia delle parti ed è pur sempre necessario un controllo probatorio, ai fini del quale il comportamento tenuto dalle parti può essere utilizzato dal giudice come argomento di prova ex art. 116, secondo comma, c.p.c.
Un orientamento della giurisprudenza ritiene che l’onere del convenuto, previsto dall’art. 416 c.p.c. per il rito del lavoro, e dall’art. 167 c.p.c. per il rito ordinario (ma trattasi di principio che potrebbe ritenersi applicabile anche all’art. 115 c.p.c.) di prendere posizione, nell’atto di costituzione, sui fatti allegati dall’attore a fondamento della domanda, comporta che il difetto di contestazione implica l’ammissione in giudizio solo dei fatti cosiddetti principali, ossia costitutivi del diritto azionato, mentre per i fatti cosiddetti secondari, ossia dedotti in esclusiva funziona probatoria, la non contestazione costituisce argomento di prova ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c. (13).
L’art. 115 c.p.c. non opera, peraltro, alcuna distinzione tra i principali e secondari e, quindi, potrebbe anche non infondatamente ritenersi che, in mancanza di ragioni ostative all’applicazione anche ai fatti secondari, trovi applicazione generalizzata sia ai fatti principali che secondari.
Ulteriore profilo è se vi sia un termine utile per contestare.
Ancorché l’art. 115 c.p.c. nulla dica al riguardo deve ritenersi, alla luce dei principi sistematici del processo civile e tributario, che la parte ha l’onere di contestare il fatto allegato dalla controparte nella prima difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio, senza che rilevi la natura di tale fatto (14).
La mera negazione di un fatto equivale a contestazione generica, così come sostenere che la controparte non ha provato i fatti dedotti.
Devono considerarsi generiche, inidonee quindi a configurare una contestazione specifica, le seguenti espressioni, contenute negli atti difensivi senza alcuna esplicazione del loro contenuto:
a) la parte impugna e contesta quanto ex adverso dedotto;
b) le deduzioni avverse sono sfornite di prova;
c) quanto dedotto da parte avversa è falso e non corrisponde a verità;
d) si contesta sotto ogni aspetto quando dedotto da parte avversa;
e) la domanda è inammissibile, improcedibile, improponibile e, comunque, infondata in fatto e diritto.
In caso di litisconsorzio se uno dei convenuti sia rimasto contumace non esime la parte dell’onere di provare i fatti allegati, anche se un altro dei litisconsorti non li contesti specificamente o, addirittura, li ammetta, in quanto il principio di una contestazione non opera nei confronti della parte contumace che non può essere pregiudicata dalla mancata contestazione specifica di altro litisconsorte costituito.

2. Applicazione del principio di non contestazione al processo tributario

Il principio di non contestazione è stato elaborato da parte della dottrina e dalla giurisprudenza riguardo al rito del lavoro (15), e poi esteso al rito civile riformato (16).
Trattandosi di un principio generale ne va riconosciuta l’applicazione anche al processo tributario, in forza dell’art. 1, comma secondo, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che consente l’applicazione delle norme del codice di rito anche al processo tributario, ove non diversamente disposto e se compatibili (17).
L’ostacolo ermeneutico da superare ai fini dell’applicazione al processo tributario del principio di cui all’art. 115 c.p.c. è costituito dalla natura non disponibile dell’obbligazione tributaria, mentre il principio di non contestazione dovrebbe trovare applicazione con riferimento ai diritti disponibili, trattandosi di un effetto tipico e connesso alla possibilità per le parti di disporre del diritto, potendo, tutt’al più, valere solo come argomento di prova con riferimento ai diritti indisponibili (18).
Tuttavia un’eventuale limitazione del principio ai soli diritti disponibili non trova alcun supporto normativo nell’art. 115 c.p.c., che non prevede alcuna distinzione a un principio a cui dovrebbe riconoscersi portata di carattere generale.
Ai fini dell’applicabilità del principio di non contestazione davanti al giudice tributario non rileva l’esclusione posta dal D.Lgs. n. 546/1992 alla prova per testimoni, potendo il principio trovare applicazione a prescindere dai mezzi di prova utilizzabili o richiesti nel giudizio e potendo la parte supplire con la produzione di dichiarazioni di terzi che, ancorché sprovviste del valore probatorio tipico della prova testimoniale, acquisiscono, comunque, nel processo tributario valore di elementi di prova, di natura indiziaria, idonei a fondare il convincimento del giudice, da soli o unitamente ad altri elementi, purché se ne fornisca adeguata motivazione (19).
Il giudice tributario, indipendentemente dalla specifica contestazione di tali dichiarazioni, riferibili alla conoscenza soggettiva dei fatti da parte dei terzi e non ai fatti in sé, in una dimensione ontologica, le può disattendere espressamente o implicitamente, indipendentemente dalla loro contestazione, ove la motivazione della sentenza risulti incompatibile con le dichiarazioni rese dal terzo.
Per i ricorsi tributari instaurati dal 4 luglio 2009 si applica il principio di non contestazione; trattandosi tuttavia anche di una norma di natura ricognitiva di principi già espressi dalla giurisprudenza di legittimità, anche per processi tributari instaurati prima di tale data, una circostanza dedotta da una parte può ritenersi pacifica – in difetto di una norma o di un principio che vincoli alla contestazione specifica – se essa sia esplicitamente ammessa dalla controparte o se questa, pur non contestandola in modo specifico, abbia improntato la difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili col suo disconoscimento (20).
Condizione per l’applicazione di detto principio è la costituzione delle parti che hanno interesse a contrastare la domanda e, quindi, l’esistenza del fatto addotto a sostegno della pretesa oppure delle eccezioni formulate dallo stesso istante o ricorrente per contrastare le avversarie deduzioni, prevedendo espressamente la norma che i fatti posti a fondamento della decisione sono quelli non specificamente contestati dalla parte costituita (21).
Occorre verificare se sia idoneo a integrare la contestazione specifica imposta dall’art. 115 c.p.c. il caso in cui il fatto costitutivo del diritto si connoti per la concomitante ricorrenza di più circostanze (22).
In tal caso occorre che la contestazione si appunti esplicitamente su una o più caratteristiche del fatto costitutivo complesso, essendo altrimenti priva della specificità necessaria a radicare, per un verso, l’onere dell’altra parte di offrire la prova e, per altro verso, il dovere del giudice di procedere ad uno specifico esame (23).
Deve, peraltro, ritenersi che non sia sufficiente la contestazione specifica dall’esonerare la parte dell’onere della prova nel caso in cui quest’ultima verta su qualificazioni giuridiche che devono essere dimostrate da chi li adduce a fondamento della pretesa tributaria o per contrastarla, quali, ad esempio, il diritto al rimborso di un’imposta.
Soltanto ove si tratti di valutazione in fatto opera il dedotto principio (24).
Ad esempio, ove venga addotta la qualità di affittuario coltivatore diretto di cui all’art. 6 della legge 3 maggio 1982, n. 203, che richiede sia la coltivazione del fondo col lavoro proprio e della propria famiglia sia che la forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, a fronte di un’omessa contestazione specifica di tali circostanze, va riconosciuta tale qualifiche senza ulteriori mezzi di prova.
In caso di mancata costituzione dell’Agenzia delle entrate, del concessionario della riscossione o dell’ente locale in primo grado (in quanto davanti alla Commissione tributaria provinciale ricorrente è sempre il contribuente), tale principio non trova applicazione, ancorché nel giudizio tributario non sia prevista, tecnicamente, la declaratoria di contumacia, operando solamente, come già evidenziato, nei confronti della parte costituita (25).
Nel giudizio di appello, in cui ricorrente possono essere sia il contribuente sia le altre parti del giudizio tributario, la situazione si riequilibra, potendo entrambe le parti decidere di non costituirsi (26).
La mancata contestazione specifica trova il suo fondamento logico nella volontà della parte e non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema; quindi, soltanto la parte costituita può contestare i fatti costitutivi e giustificativi allegati dal ricorrente a sostegno della domanda (27).
Nel giudizio di cassazione può verificarsi una situazione particolare in quanto è ammessa la costituzione tardiva delle parti al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, c.p.c.
Si ritiene che anche in tale caso non operi il principio di non contestazione se non nell’ipotesi in cui, partecipando alla discussione orale, non vengano contestati specificamente i fatti dedotti dal contribuente, essendo opportuno, in tal caso, che la mancata contestazione risulti dal verbale d’udienza, anche se la non contestazione possa essere anche rilevata dalla Corte di Cassazione nella motivazione della sentenza, trattandosi di una circostanza verificatasi in udienza, alla presenza di tutto il Collegio che può evidenziare il contenuto della discussione a cui ha assistito.
Va, comunque, rilevata un’anomalia di sistema, in quanto la parte costituita risulta svantaggiata, ai fini degli oneri probatori, rispetto a quella non costituita, in quanto in tal caso, alla mancata costituzione non può riconoscersi valore di omessa contestazione specifica dei fatti dedotti da controparte.
Nel processo tributario, tuttavia, sussistono limiti, di ordine logico, al principio di non contestazione, in quanto un onere di specifica contestazione del contribuente, ad esempio in ordine a conteggi effettuati nel processo verbale di constatazione, posto a base dell’accertamento con cui si rettificano maggiori importi, è configurabile solo laddove non sia insorta controversia sull’an debeatur, e non già nelle ipotesi in cui il credito oggetto della domanda sia globalmente contestato, atteso che in tal caso non sarebbe logico porre a carico del (presunto) debitore la revisione critica dell’elaborazione contabile di una somma la cui spettanza egli ha inteso negare in radice (28).
Per avere rilevanza la non contestazione deve, fondamentalmente, riguardare i fatti da accertare nel processo e non la determinazione della loro dimensione giuridica; quindi se la contestazione concerne l’interpretazione data alla disciplina legale o contrattuale della quantificazione, essa si colloca in un ambito di sostanziale irrilevanza, appartenendo al potere-dovere del giudice la cognizione di tale disciplina, che non può, dunque, risultare condizionata dalle prospettazioni difensive e dai comportamenti processuali delle parti (29).
La mancata contestazione dei conteggi, pertanto, non vale di per sé ad accreditarli automaticamente di affidabilità e precisione, ma può soltanto, a seconda delle circostanze, costituire elemento integratore del convincimento del giudice valorizzandone il principio del libero convincimento come un dato rilevante nel quadro della più ampia valutazione, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., applicabile anche al giudizio tributario, del complessivo comportamento processuale della parte.
Un diverso orientamento ritiene che la definitiva incontestabilità di tutte le situazioni di fatto in ordine alle quali non si siano manifestate divergenze fra le parti nei modi e nei termini della legge, comporta la conseguenza che non potrebbero essere sollevate nel giudizio d’appello contestazioni riguardo a conteggi che debbano ritenersi incontestati in primo grado, col corollario dell’inammissibilità di una contestazione tardiva, sia in primo grado che in appello dei medesimi conteggi (30).
Altra questione è accertare se la contestazione sull’“an” escluda la necessità di una specifica contestazione del “quantum”.
Si ritiene che non possa essere fornita, al riguardo, una risposta di carattere generale e astratto in un senso o nell’altro, trattandosi di questione da risolvere caso per caso in base al criterio per cui se tale seconda categoria di fatti, concernenti il quantum della pretesa vantata dall’Amministrazione finanziaria, non è investita dalla contestazione sull’an, se si tratti di fatti non incompatibili con la denegata sussistenza del credito, occorra una contestazione specifica anche sul “quantum”.
Va al riguardo rilevato che non sempre la contestazione sull’an è di per sé tale da assorbire e rendere superflua qualsiasi contestazione sul quantum, potendo, ad esempio, le operazioni di quantificazione del credito in contestazione essere affidate all’allegazione di fatti non incompatibili con quelli investiti negativamente dalle difese svolte in punto di sussistenza del credito stesso.
Altro orientamento ritiene che la contestazione sull’an non esclude la necessità di specifica contestazione anche del quantum, prescindendo dall’accertamento se le contestazioni sui fatti costitutivi del diritto in contesa implichino anche quelle dei fatti allegati ai fini della quantificazione della pretesa (31).
Anche nel giudizio tributario, quindi, sussiste, ma solo per la parte costituita, l’onere di contestare tempestivamente i fatti allegati dalla parte avversaria, che altrimenti è esonerata dal fornirne la prova (32).
Un’eccezione va individuata nel giudizio avente ad oggetto il silenzio rifiuto avverso un’istanza di rimborso; in tal caso il giudice tributario dovrà valutare non solo il diritto al rimborso, non disponibile da parte dell’Amministrazione finanziaria o ente locale, ma anche l’avvenuto versamento della somma di cui si chiede il rimborso, essendo ricompresa tale situazione tra i fatti costitutivi della domanda che devono, comunque, essere provati dal contribuente, senza che l’eventuale non contestazione possa esimere lo stesso da tale prova (33).
Resta da chiarire se possa ritenersi soddisfatto il requisito della “contestazione specifica” nella narrazione di fatti incompatibili con le deduzioni attoree.
Si ritiene che, anche in tale situazione, la questione debba essere esaminata, in concreto, caso per caso, in quanto la narrazione di un fatto incompatibile con quelli dedotti da controparte potrebbe assumere anche i connotati della contestazione specifica che può anche essere implicita, non richiedendosi una contestazione espressa.
Ad esempio, a fronte di rilievo di numerose vendite senza fattura nel corso dell’anno d’imposta, la contestazione del contribuente, attenendo a un fatto negativo, non può che essere generica, risolvendosi, altrimenti, in una “probatio diabolica”; nel caso invece di contestazione di un singolo fatto da parte dell’Amministrazione finanziaria il contribuente è onerato della contestazione specifica con circostanze fattuali idonee a smentire o contraddire quanto affermato specificamente dall’Amministrazione stessa.
Inoltre, in forza del principio di tempestività della contestazione, l’Amministrazione non può contestare in sede giudiziale fatti che avrebbe potuto contestare nel corso dell’accertamento, a seguito delle deduzioni difensive del contribuente.
Così, ad esempio, se l’Amministrazione finanziaria non disconosce nell’atto impositivo l’inerenza di un costo sostenuto non può contestarlo in sede giudiziaria, mentre il contribuente ha l’onere di contestare nel ricorso eventuali fatti posti a fondamento dell’atto impositivo e, solamente qualora il contribuente deduca in sede giudiziale fatti nuovi e rilevanti per il giudizio, dovrà contestarli nelle controdeduzioni previste dall’art. 23, secondo e terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992.

Dott. Domenico Chindemi
Consigliere della Corte di Cassazione

(1) AA.VV., Guida alla lettura del Nuovo processo civile, in Guida al diritto, 2009, 28; AA.VV., Nuovo processo civile, in Il civilista, Milano, 2009; ALPA-MARICONDA, Codice civile commentato, Milano, 2009, IV, 98; esamina la giurisprudenza amministrativa sulla non contestazione TROPEA, Considerazioni sul principio di non contestazione nel processo amministrativo, anche alla luce delle sue prime applicazioni giurisprudenziali, in Dir. proc. amm., 2012, 1142.
(2) Esaminano la tematica del principio di non contestazione nel giudizio civile, tra gli altri, RICCI, La riforma del processo civile, Torino, 2009; SASSANI, A.D. 2009: ennesima riforma al salvataggio del rito civile. Quadro sommario delle novità riguardanti il processo di cognizione, in www.judicium.it.; GIORDANO-LOMBARDI, Il nuovo processo civile, Roma, 2009; e DE MARCHI, Il nuovo processo civile, Milano, 2009.
(3) Cass., sez. III, 9 marzo 2012, n. 3727, in CED Cassazione, 2012.
(4) Cfr. Cass., sez. trib., 24 gennaio 2007, n. 1540, in Boll. Trib. On-line, e anche in Corr. trib., 2009, 2683, con nota di DE ROMA, Il principio di non contestazione assume valenza generale.
(5) Cfr. CORRADO, Un passo avanti (e due indietro) verso la codificazione del principio di non contestazione, in www.dirittoegiustizia.it, 2009.
(6) Cfr. BALENA, La nuova (pretesa) riforma della giustizia civile, in Il giusto processo civile, 2009; e BOVE, Brevi riflessioni sui lavori in corso nel riaperto cantiere della giustizia civile, in www.judicium.it.
(7) In tal senso CONSOLO, La legge di riforma 18 giugno 2009, n. 69: altri profili significativi a prima lettura, in Corr. giur., 2009, 883 ss.; e ID., Una buona “novella” al c.p.c.: la riforma del 2009 (con i suoi artt. 360 bis e 614 bis) va ben al di là della sola dimensione processuale, ibidem, 6.
(8) Cass., sez. III, 13 marzo 2012, n. 3951, in CED Cassazione, 2012.
(9) Cass., sez. III, 16 marzo 2012, n. 4249, in CED Cassazione, 2012.
(10) Ritiene necessario che tale spiegazione logica alternativa del fatto appaia come l’unica possibile Cass., sez. III, 12 febbraio 2008, n. 3267, in Mass. giur. it., 2008.
(11) Si sofferma sull’onere di specifica contestazione con riferimento ai fatti principali e secondari FERRARI-TORTORELLI, Il principio di non contestazione. Considerazioni a margine dell’istituto per la valorizzazione nel processo tributario, in Boll. Trib., 2012, 253.
(12) Cass., sez. un., 23 gennaio 2002, n. 761, in Foro it., 2003, I, 604, con nota di PROTO PISANI, Allegazione dei fatti e principio di non contestazione nel processo civile; PROTO PISANI, Ancora sulla allegazione dei fatti e sul principio di non contestazione nei processi a cognizione piena (nota a Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2006, n. 6092; Cass. civ., sez. lav., 6 febbraio 2006, n. 2468; Cass. civ., sez. lav., 30 gennaio 2006, n. 2035), in Foro it., 2006, I, 3143; per un ulteriore commento a Cass. n. 761/2002, cit., cfr. CREA, Il principio di non contestazione al vaglio selle sezioni unite (nota a Cass., sez. un., 23 gennaio 2002 n. 761), ivi, 2002, I, 2017.
(13) Cass., sez. I, 27 febbraio 2008, n. 5191, in Mass. giur. it., 2008.
(14) Cfr. Cass., sez. lav., 13 giugno 2005, n. 12636, in Mass. giur. it., 2005; Cass., sez. lav., 5 marzo 2003, n. 3245, ivi, 2003, riferita al solo processo del lavoro, e seguita da Cass. n. 1540/2007, cit., che ha esteso il principio al processo tributario.
(15) Cfr. Cass. n. 761/2002, cit. Per l’applicazione del principio di non contestazione nel diritto del lavoro ved. VALLEBONA, L’onere di contestazione nel processo del lavoro, in www.judicium.it; e VIDIRI, La contumacia ed il principio di non contestazione nel processo del lavoro, in Mass. giur. lav., 2005, 494.
(16) Sull’applicabilità del principio di non contestazione nel processo tributario cfr. FICARI, Brevi note sulla consapevolezza del principio di non contestazione nella recente giurisprudenza tributaria di legittimità, in Boll. Trib., 2010, 216; DI FIORE, Prime riflessioni sull’applicazione al processo tributario delle modifiche al codice di procedura civile, in il fisco, 2009, 6773; COLLI VIGNARELLI, Il principio di “non contestazione” si applica anche nel processo tributario, in Rass. trib., 2007, 1503; e GENOVESE, Il principio di “non contestazione” e la sua trasponibilità nel processo tributario, in il fisco, 2007, 1470.
(17) Cass., sez. III, 14 marzo 2006, n. 5488, in Mass. giur. it., 2006.
(18) Sugli effetti “sanzionatori” dell’omessa contestazione tra silenzio normativo, natura dispositiva del processo tributario e ripartizione dell’onere probatorio ved. FICARI, Spazi e limiti del principio di non contestazione nel processo tributario, in Rass. trib., 2008, 335.
(19) Cass., sez. trib., 16 aprile 2008, n. 9917, in Boll. Trib. On-line.
(20) Cass., sez. trib., 12 maggio 2011, n. 10397, in Boll. Trib. On-line.
(21) Sulla distinzione tra fatti contestati (o controversi) e fatti incontestati (o introversi) cfr. COLLI VIGNARELLI, Processo tributario e “principio di non contestazione”, in Boll. Trib., 2007, 1013.
(22) Sull’onere di allegazione e di contestazione “argomentata”, in ossequio al principio di buona fede procedimentale e processuale, ved. MARCHESELLI, Frodi carosello e frodi sui costi: profili procedimentali e processuali tra giusto procedimento e giusto processo, in Giur. it, 2011, 1221.
(23) Cass., sez. III, 21 maggio 2008, n. 13079, in Mass. giur. it., 2008.
(24) Sulla non contestazione del fatto e inerzia processuale cfr. CANTILLO, Il principio di non contestazione nel processo tributario, in Rass. trib., 2012, 840.
(25) Sulle speciali modalità di contestazione specifica in seno al processo tributario ved. FERRARI-RUGGERI, Principio di non contestazione e processo tributario, in il fisco, 2009, 7941.
(26) Sul principio di “non contestazione” e nuove questioni in appello cfr. FERRARI-RUGGERI, Divieto di novum e gravame dell’Amministrazione finanziaria rimasta inerte nel primo grado di giudizio, in il fisco, 2008, 1980.
(27) Sul principio di non contestazione correlato all’azionabilità del credito d’imposta ved. CIPOLLA, Crediti d’imposta e tutele processuali: si rafforza la tesi del consolidamento del credito esposto in dichiarazione e non rettificato dal Fisco, in Riv. giur. trib., 2011, 503.
(28) Cfr., con riferimento al processo del lavoro, Cass. n. 761/2002, cit. Esamina i principi generali del principio di non contestazione CEA, La tecnica della non contestazione nel processo civile, in Giusto processo civile, 2006, 173 ss.; e ID., Commento della sentenza SS.UU. 761/2002, in Foro it., 2002, I, 2017, spec. 2026.
(29) Cfr Cass. n. 761/2002, cit.
(30) Cass., sez. lav., 8 aprile 2000, n. 4482, in Mass. giur. it., 2000.
(31) Cass. n. 4482/2000, cit.
(32) Cass. n. 5191/2008, cit.
(33) Per l’esame del principio di non contestazione nei procedimenti di rimborso si veda SORRENTINO, Il principio di non contestazione nel processo tributario, in il fisco, 2010, 5163.

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