22 Febbraio, 2017

SOMMARIO: 1. L’evoluzione del contenzioso tributario dalla legge 14 luglio 1864, n. 1830, al D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 – 2. La devoluzione del contenzioso tributario ad istituende sezioni specializzate dei Tribunali ordinari – 3. Considerazioni conclusive.

1. L’evoluzione del contenzioso tributario dalla legge 14 luglio 1864, n. 1830, al D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156.

Se il Parlamento dovesse approvare il disegno di legge n. 3734, presentato lo scorso 8 aprile (Ermini, Ferranti, Verini), le risalenti Commissioni tributarie, istituite all’indomani dell’Unità d’Italia, presto cederanno il passo ad apposite sezioni specializzate tributarie istituite presso i Tribunali ordinari.
Alle origini dell’ordinamento tributario italiano la legge 14 luglio 1864, n. 1830, istitutiva dell’imposta di ricchezza mobile, aveva disposto la formazione di apposite Commissioni comunali (o consorziali) e provinciali, con il compito di eseguire «tutte le operazioni occorrenti per appurare e determinare in prima istanza le somme dei redditi e dell’imposta». Le Commissioni di primo grado erano organi eminentemente amministrativi che avevano la funzione di accertare i redditi sulla base degli elenchi predisposti dall’agente finanziario e delle schede presentate dai contribuenti (sulle quali questi ultimi erano tenuti a dichiarare i redditi lordi). La Commissione esaminava e, se del caso, rettificava gli elenchi; quindi li depositava negli uffici del Comune o dei Comuni pubblicandone avviso per darne legale conoscenza ai contribuenti, i quali avevano diritto di esaminarli e di indirizzare alla Commissione le loro osservazioni scritte. La tutela giurisdizionale del contribuente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria era quindi molto limitata: costui non poteva ricorrere al giudice prima dell’iscrizione a ruolo del tributo (1).
Solo con la riforma degli ordinamenti tributari attuata con il R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, convertito nella legge 7 giugno 1937, n. 1016, fu attribuita alle Commissioni la risoluzione in via amministrativa di tutte le controversie relative all’applicazione delle imposte dirette, esclusa quella sui terreni, nonché delle imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza e, cioè, quelle di registro e di successione (2). L’esaurimento dei gradi di giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie o la definitività della pronuncia della Commissione, seguita dall’iscrizione a ruolo dell’imposta, legittimavano il contribuente a ricorrere al giudice ordinario con ulteriori tre gradi di giudizio che potevano svolgersi, precisamente, dinanzi al Tribunale, alla Corte d’Appello, e, per motivi di legittimità, in Corte di Cassazione (3). Al giudice ordinario, dinanzi al quale veniva esercitata l’azione di accertamento negativo dell’imposta, spettava il sindacato sulla legittimità degli atti del procedimento d’imposizione nonché la soluzione delle questioni di diritto influenti sulla determinazione dell’imponibile (4), mentre gli era precluso quello sulle questioni di fatto concernenti la determinazione quantitativa del reddito (art. 13 della legge 28 maggio 1867, n. 3719), cioè, sulla cosiddetta “estimazione semplice”.
Le Commissioni tributarie sopravvissero all’abolizione dell’ordinamento corporativo (attuata con l’art. 1 del R.D.L. 13 marzo 1944, n. 88), pur dovendo sopportare alcuni cambiamenti nel meccanismo di designazione dei componenti che in tal modo divennero giudici a tutti gli effetti.
Un’ulteriore riforma della disciplina delle Commissioni tributarie fu attuata solo trent’anni dopo con il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, dopo che la Corte Costituzionale aveva più volte assicurato la sopravvivenza delle vecchie Commissioni (5), al fine di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale anche nelle controversie tributarie. Con quest’ultima riforma venne notevolmente ampliata la competenza delle Commissioni tributarie di primo e di secondo grado che presero il posto, rispettivamente, di quelle distrettuali e provinciali.
La più recente novellazione della disciplina del processo tributario attuata con i decreti legislativi 31 dicembre 1992, nn. 545 e 546 (riforma che è entrata in vigore il 1° aprile 1996), ha avuto lo scopo di accentuare la professionalità e l’indipendenza dei magistrati tributari attraverso la creazione di un apposito organo di autogoverno dei giudici, il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria. Nel contempo, il legislatore ha semplificato il processo eliminando il ricorso alla Commissione tributaria centrale nonché quello alternativo alla Corte d’Appello, agevolando il ricorso alla Corte di Cassazione contro le sentenze delle Commissioni tributarie regionali, anche per il motivo di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c.
Tra le novità più rilevanti sotto il profilo della tutela del contribuente va segnalata la previsione dell’obbligo dell’assistenza tecnica (non riservata esclusivamente agli avvocati) (6), l’introduzione di un procedimento cautelare incidentale volto alla sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato (ora anche in secondo grado (7), con la possibilità del contribuente, ora sancita dalla Corte Costituzionale, di chiedere la sospensione degli effetti della sentenza in appello) (8), nonché l’introduzione del giudizio di ottemperanza, mutuato dalla processo amministrativo (9). A seguito di questa riforma si può ben dire che le Commissioni tributarie, nonostante talune criticità rilevate dalla dottrina (10), abbiano acquisito senza dubbio carattere giurisdizionale (11).
Successivamente con l’art. 12, secondo comma, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la giurisdizione delle Commissioni tributarie è stata estesa «a tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere specie», realizzando l’unificazione della giurisdizione tributaria (12). Con questa novella anche le liti relative alle imposte di competenza dell’Agenzia delle dogane (istituita ai sensi dell’art. 63 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che ha attribuito ad essa le competenze del cessato Dipartimento delle dogane) (13) e, segnatamente, quelle concernenti i dazi doganali, l’IVA all’importazione e le accise, sono state devolute agli organi di giurisdizione speciale determinando il sorgere di particolari questioni relative all’impugnabilità degli atti impositivi denominati, anche in virtù del loro retaggio storico, in modo affatto diverso rispetto a quelli tassativamente previsti dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, norma che condiziona l’accesso al processo tributario (14).
Dopo l’istituzione della giurisdizione generale in materia tributaria, ulteriori interventi legislativi hanno ampliato la giurisdizione delle Commissioni e aggiornato l’elencazione degli atti impugnabili di cui al citato art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, al fine di assicurare la tutela del contribuente a fronte dei nuovi strumenti coercitivi impiegati dal fisco per sollecitare o garantire l’esazione dei tributi, senza peraltro intervenire sulla conformazione del processo così come delineata dal D.Lgs. n. 546/1992.
Tali modifiche sono state introdotte, in primis, dall’art. 3-bis del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, che ha aggiunto all’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, la specificazione che i tributi di ogni genere specie sono devoluti alla giurisdizione speciale «comunque denominati» (15) e vi ha ricompreso pure le «controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, e del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni», attribuzioni, queste ultime, successivamente dichiarate incostituzionali (16). Inoltre il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha incluso nell’elenco degli atti impugnabili anche l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 dello stesso decreto (17).
Recentemente la Corte Costituzionale con una sentenza manipolativa, pur dichiarando inammissibile la questione prospettata dal giudice rimettente, ha sancito la facoltà del contribuente di chiedere la sospensione degli effetti della sentenza di rigetto del ricorso in appello (18), ritenendo non incompatibile con l’art. 49, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, la sospendibilità ope iudicis dell’esecuzione della sentenza ex art. 373 c.p.c.
Da ultimo il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 (in attuazione della delega contenuta nell’art. 10 della legge 11 marzo 2013, n. 14) ha introdotto ulteriori modifiche alla disciplina del processo tributario tra cui, giova ricordare, il riconoscimento della facoltà delle parti di avvalersi della conciliazione giudiziale anche in appello, l’estensione della tutela cautelare a tutte le fasi del giudizio, l’immediata esecutività delle sentenze anche non definitive nonché la previsione del giudizio di ottemperanza come unico rimedio per ottenere l’esecuzione delle sentenze, con esclusione della possibilità di avvalersi dell’ordinaria procedura esecutiva prevista dal codice di procedura civile (19).

2. La devoluzione del contenzioso tributario ad istituende sezioni specializzate dei Tribunali ordinari

Mentre si discute di riforma del processo tributario nell’ambito del tavolo tecnico (presieduto dai capigabinetto del Ministero dell’economia e della giustizia) e “giace in Parlamento”, in attesa di un approfondito esame la proposta di codice del processo del Prof. Cesare Glendi (20), alcuni deputati del Partito Democratico hanno presentato in Parlamento una nuova proposta di riforma del contenzioso tributario.
Il disegno di legge n. 3734 presentato alla Camera dei deputati dagli Onorevoli Ermini-Ferranti-Verini lo scorso 8 aprile 2016 prevede la delega al Governo, da attuare entro 18 mesi, per la devoluzione della giurisdizione tributaria ad apposite sezioni specializzate presso i Tribunali ordinari, valorizzando la riserva di giurisdizione a favore del giudice civile di cui all’art. 9 c.p.c. e secondo i modelli già realizzati, o in corso di realizzazione, delle sezioni lavoro, dei Tribunali delle imprese o della famiglia.
La delega, evidentemente da perfezionare, prevede che in primo grado le sezioni specializzate tributarie giudichino in composizione monocratica, mentre in appello (la delega parla di procedimento di reclamo) l’organo giudicante sarà collegiale e potrà essere composto esclusivamente da magistrati ordinari.
Il processo, a quanto consta, resterà di tipo impugnatorio di atti tipici predeterminati dalla legge e il “rito” sarà quello tributario disciplinato dal D.Lgs. n. 546/1992, mentre, se ben si interpreta la delega, l’esecuzione della sentenza sarà attuata esclusivamente con le forme del giudizio di ottemperanza previsto dall’art. 70 del citato D.Lgs. n. 546, salva ovviamente la fase di opposizione agli atti esecutivi e le controversie sulla pignorabilità dei beni che resteranno regolate dal codice di procedura civile.
Il D.D.L. restringe la pletora dei professionisti sinora abilitati alla difesa dinanzi alle Commissioni. Infatti, per garantire la più efficace tutela dei contribuenti la difesa dei contribuenti in appello (ovvero “nel procedimento di reclamo”) viene riservata a professionisti specializzati: avvocati e commercialisti ma sarebbe stato necessario prescrivere per entrambi un’apposita specializzazione nella difesa nelle liti fiscali, come disposto per i giudici. Sarà inoltre garantito il diritto alla difesa personale, dinanzi al giudice monocratico, per le liti di valore inferiore a 3.000 euro.
Con le risorse liberate dalla soppressione delle Commissioni tributarie provinciali e regionali la delega prevede l’assunzione di nuovi 750 magistrati, con due concorsi da bandire nell’arco di 12 mesi dall’approvazione. Il D.D.L. tuttavia non prevede che tali magistrati vengano automaticamente assegnati alle sezioni specializzate, anzi sembra escluderlo, atteso che si prevede l’assegnazione a dette sezioni di magistrati con un minimo di esperienza professionale e, cioè, di coloro che abbiano superato con esito positivo la seconda valutazione di professionalità. Anche il personale del Ministero delle finanze attualmente in servizio presso le “morenti” Commissioni tributarie passerà nei ruoli del Ministero della giustizia, con la qualifica professionale corrispondente a quella del personale adibito alle medesime funzioni, in due fasi: la metà dell’organico transiterà immediatamente al momento dell’entrata in vigore del primo decreto legislativo attuativo della delega, l’altra metà dopo due anni dall’entrata in vigore della riforma.
Attesa la mutevolezza della legislazione fiscale il D.D.L. assegna alla Scuola superiore della magistratura il compito di assicurare la formazione iniziale e l’aggiornamento dei magistrati, in un’evitabile ottica di formazione permanente, anche per garantire il passaggio dal vecchio al nuovo processo tributario.
Con la soppressione delle Commissioni tributarie cesserà di funzionare anche il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria le cui funzioni passeranno al Consiglio Superiore della Magistratura.
Tuttavia i magistrati della Corte di Cassazione in pensione da non più di due anni che abbiano esercitato almeno per 5 anni funzioni di legittimità potranno, in deroga a quanto disposto dall’art. 1 del D.L. n. 90/2014 potranno ancora essere nominati giudici ausiliari al fine di contribuire allo smaltimento del contenzioso tributario pendente avanti la Suprema Corte.
Le Commissioni tributarie provinciali e regionali continueranno a funzionarie transitoriamente per due anni dopo l’entrata in vigore della riforma, trascorsi i quali i procedimenti in corso saranno riassegnati alle sezioni specializzate presso i Tribunali. Durante il periodo transitorio i compensi dei componenti delle Commissioni saranno rimodulati in modo da «favorire la definizione del contenzioso».
Ai magistrati ordinari in servizio da almeno due anni presso le Commissioni tributarie e che chiederanno la riassegnazione alle sezioni specializzate verrà riconosciuto un punteggio aggiuntivo.

3. Considerazioni conclusive

La devoluzione della giustizia tributaria a un giudice capace di garantire un’efficace tutela giurisdizionale dei diritti dei contribuenti garantiti dalla Costituzione ha caratterizzato tutta l’evoluzione del sistema della giustizia tributaria a partire dall’istituzione dell’imposta di ricchezza mobile con la legge 14 luglio 1864, n. 1830. Il profondo radicamento costituzionale del rapporto fra fisco e cittadini ha portato recentemente l’attuale Presidente della Repubblica a sottolineare la centralità della «giustizia tributaria nel corretto rapporto tra cittadini e istituzioni» (21).
Ma un’efficace gestione del contenzioso tributario serve anche a garantire l’azione impositiva, corrispondente ad una delle più antiche prerogative statali, atteso che liti con fisco nel 2015 valevano circa 34 miliardi euro, mentre la legge di stabilità 2016 ha previsto entrate solo per 30 miliardi (22).
La devoluzione della giurisdizione tributaria al giudice ordinario allo stato attuale non pare garantire efficacemente né la tutela del contribuente né una rapida ed efficace attuazione del prelievo. Invero, fatta eccezione per alcuni magistrati, la magistratura ordinaria manca di una preparazione specifica sulle questioni fiscali oggetto della maggior parte delle controversie (quantificazione dell’imponibile IRPEF, inerenza delle spese, applicabilità degli studi di settore, IVA, reverse charge, afferenza dei costi, controversie doganali, ecc.), come si può constatare dalla lettura di molte sentenze della Corte di Cassazione le cui motivazioni sono evidentemente tralatizie. Inoltre già oggi, a causa della ingente mole del contenzioso ordinario, molti Uffici giudiziari versano in una situazione di “sovraccarico”, con ben noti riflessi nelle censure della Corte europea dei Diritti dell’Uomo e sul conto che lo Stato è tenuto a saldare per gli effetti della legge 24 marzo 2001, n. 89 (a tutti nota come Legge Pinto). Non va dimenticato, infatti, che un terzo di tutto l’arretrato pendente dinanzi alla Corte di Cassazione è rappresentato proprio dal contenzioso tributario (23).
Un’efficace tutela giurisdizionale delle ragioni del contribuente e del fisco, recentemente ribadita dalla stessa Corte Costituzionale (24), esige senz’altro che il contenzioso tributario, da ridurre al minimo dalla piena valorizzazione del contraddittorio con i contribuenti anche per i tributi non regolati da norme dell’Unione europea, dall’incentivazione delle procedure amministrative del reclamo e della mediazione nonché dall’abbandono delle liti seriali in cui gli atti tributari, fondati su interpretazioni talora arbitrarie delle norme fiscali, vengono sistematicamente annullati, sia devoluto a un giudice a tempo pieno, professionale, indipendente e imparziale.
La realizzazione di questo obbiettivo esige l’esclusione dalle Commissioni tributarie sia degli appartenenti all’Amministrazione finanziaria sia di coloro che esplicano, pur in altre circoscrizioni, funzioni di rappresentanza dei contribuenti, attesa la facilità dei contatti che un professionista può avere, oggi sempre più favorita dai moderni sistemi di comunicazione digitale, ma non significa necessariamente devolvere la giurisdizione al giudice ordinario, già in “affanno” a causa di una notevolissima mole di contenzioso civile da smaltire, essendo possibile il coinvolgimento di altre magistrature tecniche come i giudici amministrativi e quelli contabili, dotati di una specializzazione tecnica nel diritto amministrativo e nella contabilità pubblica da non sottovalutare e abituati alla risoluzione delle controversie in tempi molto più rapidi dei processi civili.

Dott. Fabrizio Cerioni

(1) Sulle funzioni delle Commissioni si vedano O. QUARTA, Commento alla legge sulla imposta di ricchezza mobile, II, Milano, 1903, 376; P. RUSSO, Contenzioso tributario, in Dig. disc. priv., sez. comm., III, Torino, 1988, 473 ss.; ID., Processo tributario, in Enc. dir., XXXVI, Milano, 755 ss.; C. MAGNANI, Le Commissioni tributarie, in A. AMATUCCI, Trattato di diritto tributario, III, Padova, 1994, 315 ss.; C. GLENDI, Verso l’unità della giurisdizione tributaria, in AA.VV., L’evoluzione dell’ordinamento tributario italiano, Padova, 2000, 607 ss.; ID., Contenzioso tributario, in Enc. giur. Trecc., XIII, Roma, 2001, 1 ss. (ad vocem); e R. DOMINICI – G. MARONGIU, La giustizia tributaria dalla fondazione dello Stato unitario alla seconda guerra mondiale, in AA.VV., La giustizia tributaria in Italia e la sua Commissione centrale, Studi per il centoquarantenario, a cura di G. PALEOLOGO, Milano, 2005, 319 ss.
(2) Sul punto, in particolare C. MAGNANI, Le Commissioni tributarie, in Trattato di diritto tributario, op. cit., 316-317; e P. RUSSO, Contenzioso tributario, op. cit., 495.
(3) E. ALLORIO, Diritto processuale tributario, op. cit., 303; nonché G.A. MICHELI, Sul rapporto tra procedimento avanti le Commissioni tributarie e processo avanti l’autorità giudiziaria ordinaria, in Riv. dir. fin., 1951, II, 246 ss.
(4) Per approfondimenti sul punto si veda F. BATISTONI FERRARA, La determinazione della base imponibile nelle imposte indirette, Napoli, 1964, 21 ss.
(5) Cfr. Corte Cost. 10 febbraio 1969, n. 10, in Boll. Trib., 1969, 436, con la quale il giudice delle leggi per giustificare la mancanza delle garanzie di indipendenza delle Commissioni tributarie finì per negarne il carattere giurisdizionale qualificandolo quale organo amministrativo.
(6) Cfr. l’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992.
(7) Sul tema si vedano C. GLENDI, La tutela cautelare del contribuente nel processo tributario riformato (Art. 47, D.Lgs. 546 del 1992 e nome complementari), in Dir. prat. trib., 1999, I, 27 ss.; e S. MENCHINI, Sub art. 47 del D.lgs. 546/1992, in AA.VV., Il nuovo processo tributario. Commentario, Milano, 2004, 471 ss.
(8) Si veda Corte Cost. 17 giugno 2010, n. 217, in Boll. Trib., 2010, 1150, con nota di V. AZZONI, Un passo avanti verso la completa tutela del contribuente anche in fase cautelare, e anche in Riv. giur. trib., 2010, 841, con nota di F. RANDAZZO, Si va profilando l’estensione della tutela cautelare oltre il primo grado. Il giudice delle leggi, pur dichiarando inammissibile la questione prospettata dal giudice rimettente, ha ritenuto non incompatibile con l’art. 49, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, la sospendibilità ope iudicis dell’esecuzione della sentenza ex art. 373 c.p.c.
(9) In questi termini F. BATISTONI FERRARA – B. BELLÈ, Diritto tributario processuale, Padova, 2009, 9 ss.
(10) Cfr. F. BATISTONI FERRARA, La giurisdizione del giudice tributario, in Dir. prat. trib., 1997, I, 253 ss.
(11) Per approfondimenti C. CONSOLO – C. GLENDI, Commentario breve alle leggi sul processo tributario, Padova, 2012, 5 ss.
(12) In argomento, senza pretesa di esaustività, si vedano P. RUSSO, I nuovi confini della giurisdizione tributaria, in Rass. trib., 2002, 415 ss.; ID., Questioni preliminari ed incidentali di competenza delle Commissioni tributarie, in Riv. dir. trib., 2002, I, 1197 ss.; M. CANTILLO, Aspetti problematici dell’istituzione della giurisdizione generale tributaria, in Rass. trib., 2002, 803 ss.; E. MANZON, Legge finanziaria per il 2002: le Commissioni tributarie verso l’apoteosi. È vera gloria? in Riv. dir. trib., 2002, I, 171 ss.; M. BLANDINI, Il processo tributario, Milano, 2002, 46 ss.; G. MARONGIU, La rinnovata giurisdizione delle Commissioni tributarie, in Rass. trib., 2003, 115 ss.; E. FORTUNA, Gli attuali confini della giurisdizione tributaria, in Riv. dir. trib., 2003, I, 11 ss.; A. TURCHI, Considerazioni in merito all’unificazione della giurisdizione in materia tributaria, ivi, I, 2002, 505 ss.; ID., I poteri delle parti nel processo tributario, Torino, 2003, 84 ss.; G.M. CIPOLLA, Le nuove materie attribuite alla giurisdizione tributaria, in Rass. trib., 2003, 463 ss.; C. GLENDI, Processo tributario, in Enc. giur. Trecc., Vol. XIV, Roma, 2005, 1 ss. (ad vocem); A. FANTOZZI, Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali: la prospettiva tributaria, in Riv. dir. trib., 2004, I, 3 ss.; e F. BATISTONI FERRARA – B. BELLÈ, Diritto tributario processuale, op. cit., 1 ss.
(13) In argomento G.M. CIPOLLA, Agenzie fiscali, in S. CASSESE (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, I, Milano, 2006, 170 ss.
(14) Per approfondimenti sull’impugnabilità degli atti emessi dagli Uffici doganali sia consentito rimandare a F. CERIONI, La giurisdizioni sugli atti dell’Agenzia delle dogane, in Rass. trib., 2004, 383 ss.
(15) Sulle problematiche sollevate da un tale ampliamento che hanno portato ad estendere la giurisdizione a prelievi di natura non tributaria, si vedano L. PERRONE, I limiti della giurisdizione tributaria, in Rass. trib., 2006, 707 ss.; e V. NUCERA, Nuova giurisdizione tributaria e art. 102 della Costituzione: ampliamento della giurisdizione o istituzione di un giudice speciale?, ibidem, 1591 ss.
(16) Invero Corte Cost. 14 marzo 2008, n. 64, in Boll. Trib., 2008, 769, con nota di E. RIGHI, Fuori dalla giurisdizione tributaria le controversie COSAP, e in Riv. dir. trib., 2008, II, 629 ss., con nota di S. PELLEGRINI, La Corte Costituzionale e la giurisdizione delle Commissioni tributarie, e anche in Riv. giur. trib., 2008, 380, con nota di G. MARINI, Incostituzionalità della giurisdizione tributaria e rapporti pendenti), ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 2, secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall’articolo 63 del D.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni». La stessa Corte Cost. 11 febbraio 2010, n. 39 (in Boll. Trib., 2010, 386, con nota di S. LA ROCCA, In tema di giurisdizione sul canone per la depurazione e scarico delle acque reflue: la Corte Costituzionale sancisce la giurisdizione del giudice ordinario), ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 2, secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 13 e 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 29 aprile 2006, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 154 e 155 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
(17) In argomento G. INGRAO, Le prospettive di tutela del contribuente nel procedimento di fermo e di ipoteca, in Rass. trib., 2007, 778 ss.; e L. DEL FEDERICO, Ipoteca e fermo nella riscossione, tra salvaguardia dell’interesse fiscale e tutela del contribuente, in Giust. trib., 2007, 427 ss.
(18) Si veda Corte Cost. n. 217/2010, cit.
(19) Sulle novità può vedersi C. CONSOLO – C. GLENDI – A. CONTRINO, Abuso del diritto e novità sul processo tributario, Milano, 2016, passim.
(20) Cfr. il D.D.L. d’iniziativa dei Senatori Pagliari, Palermo, Russo, Giacobbe, Fravezzi, Margiotta, Filippi, Granaiola, Parente, Padua, Corsini, Mattesini e Moscardelli, n. 988, XVII Legislatura, comunicato alla Presidenza il 1° agosto 2013.
(21) Messaggio inviato dal Presidente della Repubblica Mattarella al Presidente della Giustizia tributaria Mario Cavallaro in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016.
(22) Si legga l’articolo di Infodata, Liti con il fisco. Nel 2015 cause per 34 miliardi, rispetto al 2014, aumentano del 6%”, in Il Sole 24 Ore del 19 febbraio 2016, 43.
(23) Non si concorda, pertanto, con E. DE MITA, Processo tributario, una riforma con troppe voci, in Il Sole 24 Ore del 22 aprile 2016, 47, che ritiene questa riforma la migliore possibile.
(24) Corte Cost. 3 marzo 2016, n. 44, in Boll. Trib. On-line.

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