14 Giugno, 2018

IRPEF – Redditi di capitale – Rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato – Collaborazione volontaria – Indicazioni operative e chiarimenti in merito all’attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 5-septies del D.L. n. 148/2017.
Circolare 13 giugno 2018, n. 12/E, dell’Agenzia delle entrate

Premessa
1. Ambito oggettivo
2. Ambito soggettivo
3. Ambito temporale
4. Presentazione della richiesta di accesso alla procedura
5. Presentazione della documentazione di supporto
6. Il versamento e determinazione degli importi dovuti
7. La lavorazione delle istanze e l’attività di riscontro da parte degli uffici
8. Il perfezionamento della procedura e i relativi effetti
9. Il mancato perfezionamento della procedura e i relativi effetti.

“Premessa
Nel decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, in sede di conversione, avvenuta con la legge 4 dicembre 2017, n. 172 (in vigore dal 6 dicembre 2017), è stato introdotto l’articolo 5-septies (1), recante “Disposizioni in materia di collaborazione volontaria per l’emersione di redditi prodotti all’estero” (di seguito anche solo articolo 5-septies).
Si tratta di una nuova forma di collaborazione volontaria, la cui disciplina è profondamente diversa, per ambito di applicazione, procedimento ed effetti, rispetto alla cosiddetta voluntary disclosure prevista dalla legge 15 dicembre 2014, n. 186, anche nella versione risultante a seguito della riapertura dei termini di accesso, disposta dall’articolo 7 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016 n. 225 (di seguito anche solo voluntary disclosure).
La nuova procedura (di seguito anche solo procedura) è limitata ai contribuenti residenti fiscalmente in Italia (e loro eredi), rientrati in Italia dopo aver svolto in via continuativa un’attività di lavoro dipendente o autonomo all’estero, in quanto in precedenza iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) o frontalieri, e consente di regolarizzare le attività depositate e le somme detenute all’estero in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale, derivanti esclusivamente dalla predetta attività lavorativa.
Più precisamente, il citato articolo 5-septies prevede che:
. possono essere oggetto della procedura le “attività depositate e le somme detenute su conti correnti e sui libretti di risparmio all’estero alla data di entrata in vigore della legge di conversione” del citato decreto-legge n. 148 del 2017, in violazione degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale previsti dall’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227;
. per rientrare nell’ambito oggettivo della procedura le suddette attività e somme devono derivare da redditi prodotti all’estero rientranti tra le categorie reddituali indicate all’articolo 6, comma 1, lettere c) e d), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ossia da redditi di lavoro dipendente e autonomo;
. possono essere oggetto della procedura anche le somme e le attività derivanti dalla vendita di beni immobili posseduti nello Stato estero di prestazione della propria attività lavorativa in via continuativa;
. possono accedere alla procedura i soggetti fiscalmente residenti in Italia, ovvero i loro eredi, che in precedenza sono stati residenti all’estero e iscritti all’AIRE o che hanno prestato la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zona di frontiera o in Paesi limitrofi (cd. frontalieri);
. la regolarizzazione avviene, anche ai fini delle imposte sui redditi prodotti dalle attività emerse, “con il versamento del 3 per cento del valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 a titolo di imposte, sanzioni e interessi”;
. alla procedura si accede con la presentazione di apposita “istanza di regolarizzazione” da trasmettere entro il 31 luglio 2018;
. il pagamento delle somme dovute per la regolarizzazione avviene con il versamento in un’unica soluzione entro il 30 settembre 2018, senza avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o con il versamento ripartito in tre rate mensili consecutive di pari importo; in tal caso il pagamento della prima rata va effettuato entro il 30 settembre 2018;
. la regolarizzazione si perfeziona con il versamento integrale dell’importo dovuto alla data di pagamento in una unica soluzione o, in caso di rateizzazione, con il pagamento dell’ultima rata;
. limitatamente alle somme ed alle attività oggetto di regolarizzazione, anche in deroga alla disposizione di cui all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), i termini di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento e dell’atto di contestazione delle sanzioni, pendenti al 1° gennaio 2018, sono fissati al 30 giugno 2020;
. la procedura non si applica alle attività ed alle somme che sono state già oggetto delle precedenti edizioni della collaborazione volontaria;
. viene demandata ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’emanazione delle ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione dell’articolo 5-septies.
Conseguentemente è stato emanato il provvedimento prot. n. 110482 del 1° giugno 2018 (“Approvazione del modello per la richiesta di accesso alla procedura di regolarizzazione delle attività depositate e delle somme detenute all’estero”), di seguito provvedimento.
La presente circolare fornisce chiarimenti in merito all’attuazione delle disposizioni contenute nel citato articolo 5-septies.

1. Ambito oggettivo
Ai sensi del comma 1 dell’articolo 5-septies possono essere regolarizzate le “attività depositate” e le “somme detenute su conti correnti e sui libretti di risparmio” all’estero alla data del 6 dicembre 2017 (data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge n. 148 del 2017), per le quali il contribuente è soggetto agli obblighi di monitoraggio fiscale di cui dall’articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 167 del 1990.
Con le locuzioni “attività depositate” e “somme detenute su conti correnti e sui libretti di risparmio”, il legislatore ha inteso far riferimento a tutte le attività estere di natura finanziaria per le quali sussistono gli obblighi di monitoraggio fiscale.
Al fine di individuare le attività che possono essere regolarizzate può farsi riferimento alle istruzioni di compilazione (distinte in ragione dei periodi di imposta) del quadro RW dei modelli dichiarativi dei redditi delle persone fisiche, a cui si rinvia.
Stante il riferimento puntuale della norma alla data del 6 dicembre 2017, l’accesso alla procedura è consentito solo se a tale data il contribuente abbia ancora in essere con l’intermediario il rapporto finanziario relativo alle attività e alle somme da regolarizzare, indipendentemente dal valore dell’attività e della giacenza a tale data. Non rientrano quindi nell’ambito della procedura le attività di cui ai rapporti chiusi prima di tale data né, inoltre, quelle attività detenute in uno Stato estero diverso da quello di origine del reddito di lavoro autonomo o dipendente.
Deve trattarsi, infatti, di attività e somme che derivano da redditi di lavoro prodotti nel medesimo Stato in cui le stesse sono depositate o detenute, rientranti nelle categorie di cui all’articolo 6, comma 1, lettera c) e/o lettera d), del TUIR, disciplinate rispettivamente dagli articoli 49 e 50 (lavoro dipendente) e dall’articolo 53 (lavoro autonomo) del TUIR.
Nell’ambito di applicazione della procedura rientrano altresì, ai sensi del comma 2 dell’articolo 5-septies, le somme derivanti dalla vendita di beni immobili posseduti nello Stato estero nel quale è stata prestata l’attività lavorativa in via continuativa, purché tali somme abbiano generato attività finanziarie detenute nel medesimo Stato estero non dichiarate ai fini del monitoraggio fiscale, così come richiesto dal comma 1.
Restano, pertanto, esclusi dall’ambito di applicazione della procedura gli immobili e, in generale, gli investimenti patrimoniali nonché le attività e le somme derivanti da redditi prodotti all’estero aventi natura diversa da quelli espressamente previsti dalla norma (quali ad esempio quelli d’impresa).
Per espressa previsione normativa, nella procedura rientrano anche le violazioni dichiarative commesse “ai fini delle imposte sui redditi prodotti dalle stesse” attività oggetto di regolarizzazione. Rientrano quindi nella procedura i redditi eventualmente ricavati dalle somme e dalle attività finanziarie detenute all’estero, che soddisfano i requisiti oggettivi sopra descritti; si precisa che tali violazioni in materia di imposte sui redditi sono regolarizzabili solo per le stesse annualità in cui sono state commesse le violazioni di monitoraggio fiscale, che costituiscono il presupposto oggettivo necessario affinché le attività detenute all’estero possano essere sanate tramite la procedura.
In mancanza di una indicazione esplicita delle imposte regolarizzabili si ritiene che, oltre alle violazioni dichiarative in materia di imposte sui redditi (Irpef, relative addizionali regionali e comunali ed imposte sostitutive dell’Irpef), oggetto di regolarizzazione possono essere anche le violazioni dichiarative inerenti all’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero (IVAFE), prevista a decorrere dal 2012 (articolo 19, commi da 18 a 22, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), applicata sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio, detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti e per la quale, con riguardo al versamento, alla liquidazione, all’accertamento, alla riscossione, alle sanzioni e ai rimborsi nonché al contenzioso trovano applicazione le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
In ragione del carattere di completezza ed unitarietà che contraddistingue la procedura, si precisa che qualora nello stesso periodo di imposta oggetto di regolarizzazione (si veda in proposito il successivo paragrafo 3) siano state commesse anche violazioni dichiarative rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e/o dell’IVAFE, le stesse devono necessariamente essere ricomprese nell’ambito della procedura, in quanto derivanti dalle attività e dalle somme di cui all’articolo 5-septies detenute all’estero in violazione degli obblighi di monitoraggio.
Tenuto conto che la norma esclude dal suo ambito di applicazione gli immobili, si ritiene coerentemente che non possano essere regolarizzate le violazioni inerenti all’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE), il cui presupposto come noto è il possesso degli stessi (articolo 19, commi da 13 a 17, del decreto-legge n. 201 del 2011). Nell’ambito oggettivo della procedura rientrano infatti le violazioni inerenti alle attività e alle somme derivanti dalla sola vendita di beni immobili posseduti nello Stato estero nel quale è stata prestata l’attività lavorativa in via continuativa, ma non anche le violazioni degli obblighi IVIE derivanti dal possesso degli stessi.
In base al comma 6 dell’articolo 5-septies, la presente procedura, caratterizzata da un ambito applicativo più ristretto rispetto a quello della voluntary disclosure, non è applicabile per regolarizzare attività e somme che sono state già oggetto di collaborazione volontaria di cui alla legge n. 186 del 2014 e al decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2015, n. 187, i cui termini sono stati riaperti dal decreto-legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 225 del 2016.
Al riguardo si precisa che il mancato perfezionamento della voluntary disclosure in presenza di cause di inammissibilità, di cui all’articolo 5-quater, comma 2, del decreto-legge n. 167 del 1990, o in caso di improcedibilità della stessa – dipesa dalla non piena collaborazione del contribuente, dalla carenza della documentazione prodotta a corredo dell’istanza o dalla tardiva presentazione della richiesta di accesso – non può avere l’effetto di precludere l’accesso alla procedura di cui all’articolo 5-septies.
Diversamente, si ritiene che non possono essere oggetto di tale ultima procedura le attività già oggetto di voluntary disclosure non perfezionatasi per mancato pagamento delle somme risultanti dall’invito all’adesione nei 15 giorni antecedenti la data fissata per il contraddittorio e/o in caso di mancata adesione, nonché nell’ipotesi di mancato versamento delle somme dovute in base agli atti di cui il contribuente istante era destinatario o che aveva sottoscritto.
Per tale ipotesi, infatti, il legislatore ha previsto una specifica disciplina, contenuta nel comma 10 dell’articolo 5-quinquies del decreto-legge n. 167 del 1990, applicabile ad entrambe le edizioni della voluntary disclosure, in base alla quale l’Agenzia delle entrate notifica, anche in deroga agli ordinari termini per l’accertamento e per la notifica dell’atto di contestazione, un avviso di accertamento e un nuovo atto di contestazione con la rideterminazione della sanzione entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di notificazione dell’invito di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 o a quello di redazione dell’atto di adesione o di notificazione dell’atto di contestazione.
Si ritiene, infine, che costituisca causa di inammissibilità che preclude l’accesso alla procedura l’avvenuta notifica di avviso di accertamento o atto di contestazione delle sanzioni tributarie. Tenuto conto che la procedura consente ai contribuenti di definire la propria posizione fiscale pregressa, al fine di ricostruire un rapporto collaborativo con il fisco, risulta evidente come i requisiti di spontaneo ravvedimento cui la procedura è improntata non possono ravvisarsi in capo al contribuente che abbia ricevuto un atto impositivo o sanzionatorio.
Tra le cause di inammissibilità, non rientrano invece la notifica di “inviti”, “richieste” e “questionari” di cui all’articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 né di un invito al contraddittorio di cui all’articolo 5 del decreto legislativo n. 218 del 1997 oppure la consegna di un processo verbale di constatazione. Non costituiscono, inoltre, cause di inammissibilità sia la comunicazione derivante dalla liquidazione delle imposte in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti, effettuata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, sia quella derivante dal controllo formale delle medesime dichiarazioni a norma dell’articolo 36-ter dello stesso decreto del Presidente della Repubblica.
L’effetto preclusivo opera quindi nell’esclusivo caso in cui al contribuente siano stati notificati avvisi di accertamento o atti di contestazione con cui sono state accertate imposte o contestate sanzioni relative alle attività e alle somme che possono essere regolarizzate tramite la procedura di cui all’articolo 5-septies.
Tenuto conto che le attività di controllo sono riconducibili ad una singola annualità accertabile, si ritiene che l’effetto preclusivo riguardi soltanto le annualità interessate da tali attività di accertamento amministrativo. Le altre annualità possono essere oggetto della procedura.
L’effetto preclusivo, pertanto, non si realizza se l’attività accertativa è relativa ad un tributo diverso (per esempio l’IVA o l’IVIE) da quelli oggetto della procedura.

2. Ambito soggettivo
L’ambito soggettivo di applicazione della procedura è circoscritto alle seguenti categorie di contribuenti:
a. persone fisiche fiscalmente residenti in Italia che in precedenza risultavano residenti all’estero e iscritte all’ AIRE;
b. persone fisiche fiscalmente residenti in Italia che abbiano prestato la propria attività lavorativa, in via continuativa, all’estero in zona di frontiera o in Paesi limitrofi (soggetti ex frontalieri).
La procedura è quindi rivolta ai contribuenti iscritti all’AIRE, successivamente rientrati in Italia, o agli ex frontalieri che – a partire dal periodo di imposta in cui è stata riacquisita la residenza fiscale (nel caso degli ex AIRE) o in cui sono venute meno le condizioni di esonero dall’obbligo di compilazione del modulo RW (nel caso degli ex frontalieri) – non hanno correttamente adempiuto agli obblighi di monitoraggio fiscale a cui erano tenuti relativamente alle attività finanziarie e alle somme, originate dal reddito prodotto all’estero di lavoro dipendente e/o autonomo, detenute nello Stato ove veniva prestata in via continuativa l’attività lavorativa.
Per quanto riguarda i soggetti rientrati in Italia, ai fini della sussistenza del presupposto soggettivo dello status di residenza, occorre far riferimento all’art. 2 del TUIR e al criterio ivi previsto della “maggior parte del periodo di imposta”, ordinariamente corrispondente a 183 giorni.
Con riferimento agli ex frontalieri, come chiarito dalla circolare n. 28/E del 21 giugno 2011 , l’esonero dall’obbligo di monitoraggio fiscale introdotto dall’articolo 38, comma 13, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, presuppone lo svolgimento dell’attività lavorativa all’estero, in zona di frontiera o in Paesi limitrofi, in via continuativa, da intendersi come prestata per un periodo di giorni maggiore di 183 nell’arco dell’anno, anche se non in maniera ininterrotta.
Si precisa che, per poter accedere alla procedura, la norma non ha previsto che il requisito soggettivo della residenza fiscale in Italia (nel caso dei soggetti ex AIRE) o della non operatività delle condizioni di esonero dal modulo RW (nel caso degli ex frontalieri) debba sussistere con riferimento al periodo di imposta di entrata in vigore della norma (2017).
Per l’accesso alla procedura è quindi sufficiente che i presupposti soggettivi ed oggettivi previsti dall’articolo 5-septies si siano verificati per almeno un periodo di imposta potenzialmente regolarizzabile (per l’individuazione delle annualità rientranti nell’ambito applicativo della procedura si rinvia al paragrafo 3), non essendo invece necessario che lo status di soggetto fiscalmente residente in Italia ovvero che la condizione di non operatività dell’esonero dagli obblighi di monitoraggio spettante ai frontalieri permangano ancora per il 2017.
Si pensi ad esempio ad un contribuente fiscalmente residente all’estero e iscritto all’AIRE fino all’anno 2013, che abbia riacquisito la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2014 e che nel 2017 sia ritornato ad essere iscritto all’AIRE. Qualora si verifichi tale situazione il contribuente, sebbene nel 2017 non sia fiscalmente residente in Italia, può presentare istanza di accesso alla procedura per regolarizzare i periodi di imposta 2014, 2015 e 2016, ovviamente sempreché ricorrano i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla norma con riferimento alle suddette annualità. Volendo replicare il medesimo caso esemplificativo con riferimento ad un soggetto lavoratore frontaliero fino all’anno 2013, che ha perso tale condizione a partire dal 2014, tornato poi frontaliero a decorrere dal periodo di imposta 2017, lo stesso può avvalersi della procedura per regolarizzare i periodi di imposta 2014, 2015 e 2016.
Alla procedura possono accedere altresì gli eredi delle categorie di contribuenti sopra indicati.
Nel caso in cui l’autore della violazione sia deceduto anteriormente all’avvio della procedura, l’erede può presentare l’istanza di regolarizzazione e versare gli importi dovuti per il perfezionamento della stessa, eventualmente beneficiando di quanto disposto dall’articolo 65 del d.P.R. n. 600 del 1973, che prevede la proroga di sei mesi in favore degli eredi di tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa.
Nel caso in cui il decesso si collochi temporalmente dopo che l’autore della violazione ha presentato richiesta di accesso alla procedura, sarà in facoltà dell’erede concludere la procedura già avviata, eventualmente effettuando il versamento degli importi non ancora versati dal de cuius.
In tale ultima ipotesi, gli uffici dell’Agenzia delle entrate potranno utilizzare gli elementi che emergono dalla documentazione di corredo e dalla richiesta di accesso alla procedura presentata dal de cuius ai fini dell’eventuale attività di accertamento da effettuare entro gli ordinari termini di decadenza.

3. Ambito temporale
La procedura di regolarizzazione riguarda i periodi di imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono decaduti i termini per la contestazione e per l’accertamento delle violazioni oggetto della procedura, rispettivamente ai sensi dell’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 e dell’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
In via ordinaria, rientrano nella procedura le violazioni degli obblighi di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 167 del 1990, commesse per i periodi di imposta dal 2012 al 2016, e le eventuali violazioni dichiarative ai fini delle imposte sui redditi e/o dell’IVAFE, commesse per i periodi di imposta dal 2013 al 2016, mentre in caso di omessa presentazione della dichiarazione possono essere regolarizzate anche le violazioni della medesima specie commesse per il periodo di imposta 2012.
Occorre inoltre considerare quanto disposto dall’articolo 12, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, in virtù del quale sono raddoppiati sia i termini per l’accertamento dei maggiori imponibili connessi con le attività di natura finanziaria detenute nei paesi cosiddetti black list (Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001), basato sulla presunzione di cui al comma 2 del medesimo articolo 12, sia i termini per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale riferite alle attività di natura finanziaria detenute nei medesimi Stati black list.
Al riguardo si ritiene che nella procedura rientrino:
. le violazioni dichiarative in materia di monitoraggio fiscale relative ad attività depositate e somme detenute nei Paesi cosiddetti black list e ai periodi di imposta a partire dal 2007;
. le violazioni dichiarative inerenti ai redditi derivanti dalle attività depositate e dalle somme detenute in Paesi cosiddetti black list e non dichiarati nei periodi d’imposta a partire dal 2009 (in caso di dichiarazione presentata) o dal 2007 (in caso di omessa).
Si pensi, ad esempio, ad un contribuente iscritto all’AIRE residente alle Maldive fino all’anno 2009, che abbia riacquistato la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2010.
Qualora alla data del 6 dicembre 2017 tale soggetto abbia ancora attività – originate da lavoro autonomo o dipendente svolto in via continuativa nel citato Paese a fiscalità privilegiata ed ivi depositate – può presentare l’istanza per regolarizzare non solo le annualità rientranti in via ordinaria nell’ambito applicativo della stessa (dal 2012 al 2016) ma anche le ulteriori annualità 2010 e 2011 per cui opera il raddoppio dei termini, sanando in tal modo le violazioni degli obblighi di monitoraggio, nonché le eventuali violazioni degli obblighi dichiarativi Irpef ed IVAFE, commesse dal periodo di imposta a partire dal quale il contribuente è rientrato in Italia.
Sempre con riguardo all’ambito temporale della procedura, l’articolo 5-septies, al comma 4, prevede che, anche in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, secondo cui le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, i termini per l’accertamento (articolo 43 del d.P.R. n. 600 del 1973) e per la notifica dell’atto di contestazione (articolo 20, comma 1, del d.P.R. n. 472 del 1997) pendenti al 1° gennaio 2018, sono fissati al 30 giugno 2020, per le sole somme e attività oggetto della procedura.
Tale disposizione vale limitatamente a tutte le annualità e violazioni ricomprese nella procedura stessa.
Con lo slittamento in avanti dei termini scadenti a decorrere dal 1° gennaio 2018 (ad esempio l’annualità 2012 per cui è stata omessa la dichiarazione) e l’anticipazione al 30 giugno 2020 di quelli scadenti successivamente (ad esempio l’annualità 2015 per cui è stata presentata la dichiarazione) il legislatore ha inteso, da un lato, rendere possibile la trattazione unitaria delle istanze attraverso l’esame contestuale per singolo contribuente di tutte le annualità oggetto di regolarizzazione e, dall’altro, consentire di anticipare il perfezionamento della procedura e i conseguenti effetti in capo ai soggetti istanti.

4. Presentazione della richiesta di accesso alla procedura
Il contribuente che intende accedere alla procedura deve presentare esclusivamente per via telematica entro il 31 luglio 2018 richiesta di accesso alla stessa, utilizzando il modello approvato con il provvedimento.
Con la sottoscrizione e l’inoltro dell’istanza secondo le modalità individuate dal provvedimento il contribuente dà atto dell’assenza di cause di inammissibilità alla stessa nonché della veridicità e della completezza delle informazioni e dei documenti forniti nell’ambito della medesima procedura.
A tale riguardo si evidenzia che nel modello è stato predisposto un apposito riquadro che i contribuenti, o loro eredi, devono utilizzare per rendere una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’articolo 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, con cui attestano la sussistenza dei requisiti oggettivi richiesti dalla norma per accedere alla procedura.
In particolare, gli istanti devono dichiarare, sotto la propria responsabilità, che le attività che intendono regolarizzare derivano da redditi di lavoro dipendente e/o di lavoro autonomo svolto in via continuativa all’estero ovvero dalla vendita di beni immobili posseduti nello Stato estero di prestazione della propria attività lavorativa.
Si ricorda, in proposito, che l’articolo 76 del citato d.P.R. n. 445 del 2000, stabilisce che le dichiarazioni mendaci, la falsità negli atti e l’uso di atti falsi sono puniti ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.
L’istanza si considera presentata nel momento in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle entrate.
La prova della presentazione è costituita dalla comunicazione della stessa Agenzia attestante l’avvenuta ricezione.
L’Agenzia delle entrate attesta l’avvenuta trasmissione della richiesta mediante una ricevuta che è resa disponibile per via telematica entro i cinque giorni lavorativi successivi a quello del corretto invio del file all’Agenzia.
Nel caso in cui il contribuente intenda rettificare o integrare una richiesta già presentata, può presentare un’istanza integrativa sempre entro il termine del 31 luglio 2018. Qualora la richiesta di accesso originaria sia stata presentata dopo il 26 luglio 2018, l’invio dell’istanza integrativa potrà avvenire nei successivi 5 giorni, proprio per effetto dei citati tempi tecnici per il rilascio della ricevuta.
Nell’ipotesi in cui siano pervenute più istanze integrative, rileverà l’ultima richiesta inviata. Ai fini della rilevanza delle cause di inammissibilità, comunque, si ritiene si debba tener conto della data di presentazione della prima richiesta di accesso alla procedura.

5. Presentazione della documentazione di supporto
Il provvedimento ha previsto che la richiesta di accesso alla procedura deve essere corredata da una relazione di accompagnamento, anch’essa da trasmettere entro il 31 luglio 2018.
Tale relazione, che costituisce parte integrante della richiesta di accesso, deve rappresentare analiticamente:
. l’ammontare delle attività finanziarie depositate e delle somme detenute oggetto di regolarizzazione e i dati rilevanti per la loro determinazione;
. l’ammontare dei redditi di lavoro dipendente e/o autonomo (di cui all’articolo 6, comma 1, lettere c) e d), del TUIR) prodotti all’estero, da cui le attività depositate o le somme detenute derivano;
. il corrispettivo della vendita dei beni immobili posseduti nello Stato estero di prestazione della propria attività lavorativa in via continuativa, nel caso in cui le attività depositate o le somme detenute da regolarizzare derivano dalla vendita di tali beni immobili;
. il valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 ovvero, nel caso in cui il suddetto valore a tale data sia pari a zero o negativo, al 31 dicembre dell’anno immediatamente precedente al 2016 con valore e giacenza superiori a zero (in relazione al calcolo degli importi dovuti ai fini della regolarizzazione, si rinvia ai chiarimenti forniti nel paragrafo 6);
. l’individuazione degli eventuali maggiori imponibili, rilevanti ai fini delle imposte sui redditi (Irpef, relative addizionali regionali e comunali ed imposte sostitutive dell’Irpef) e/o dell’IVAFE, in relazione ai quali sono state commesse violazioni dichiarative da regolarizzare con la procedura.
La documentazione va trasmessa, con le modalità specificate nel provvedimento, all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato nella ricevuta con cui l’Agenzia delle entrate attesta l’avvenuta trasmissione dell’istanza. Per effetto dei citati tempi tecnici per il rilascio della ricevuta, qualora l’istanza sia stata presentata dopo il 26 luglio 2018, l’inoltro della relazione può avvenire nei successivi 5 giorni.
La casella di posta elettronica certificata è individuata sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’interessato, stabilito ai sensi dell’articolo 58 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione al periodo d’imposta più recente indicato nella richiesta di accesso alla procedura; l’elenco degli indirizzi PEC degli uffici competenti alla ricezione della documentazione è comunque riportato nell’allegato n. 3 del provvedimento.
Nel rispetto dei principi di unitarietà e completezza che caratterizzano la procedura e dello spirito collaborativo cui la stessa è improntata, è possibile presentare integrazioni alla documentazione eventualmente già trasmessa al fine di puntualizzare, specificare o correggere elementi o informazioni fornite in precedenza.
Si deve infatti tener conto della particolarità della procedura che, tesa a regolarizzare attività finanziarie depositate e somme detenute all’estero, potrebbe non sempre consentire l’immediata disponibilità della documentazione, considerato che le informazioni da riportare nella relazione devono essere acquisite presso soggetti esteri.

6. Il versamento e determinazione degli importi dovuti
La procedura si perfeziona con il versamento del 3 per cento, a titolo di imposte, sanzioni ed interessi, del valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 delle somme oggetto di regolarizzazione.
Come anticipato al paragrafo precedente, qualora il valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 sia pari a zero o negativo, ai fini della determinazione degli importi su cui applicare l’aliquota del 3 per cento occorre considerare il valore e la giacenza al 31 dicembre dell’anno immediatamente precedente al 2016, in cui almeno una di tali voci (valore o giacenza) sia positiva o sia superiore a zero.
L’articolo 5-septies prevede, al comma 3, che i contribuenti che intendono avvalersi della procedura di regolarizzazione provvedono “spontaneamente” al versamento delle somme dovute, cioè mediante versamento diretto con modello F24 Elide.
La medesima disposizione prevede che il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione entro il 30 settembre 2018, oppure ripartito in tre rate mensili di pari importo; in tal caso, il pagamento della prima rata deve essere effettuato comunque entro il 30 settembre 2018 e le successive rate saranno maggiorate di un importo a titolo di interessi, calcolato al saggio legale attualmente in vigore pari allo 0,3 per cento annuo (decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 13 dicembre 2017).
In ogni caso, ai fini del versamento non è possibile avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
L’autoliquidazione da parte del contribuente istante costituisce quindi un adempimento necessario ai fini del perfezionamento della procedura, che si realizza al momento del versamento integrale di quanto dovuto in un’unica soluzione o in forma rateale, sempreché ovviamente il quantum versato risulti congruente con gli importi dovuti (in relazione alle attività di verifica del perfezionamento della procedura da parte degli uffici, si rinvia al paragrafo 7).

7. La lavorazione delle istanze e l’attività di riscontro da parte degli Uffici
Il provvedimento ha attribuito la gestione delle istanze e la verifica del perfezionamento della procedura agli Uffici dell’Agenzia competenti, ai sensi dell’articolo 31 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’ultimo periodo di imposta oggetto di regolarizzazione in base a quanto indicato nella singola istanza dal contribuente. In sostanza, con riferimento a ciascuna richiesta di accesso, l’attività di riscontro del perfezionamento della procedura verrà effettuata dall’Ufficio ordinariamente competente, in base al criterio del domicilio fiscale del contribuente sull’ultima annualità indicata nel modello dal soggetto istante.
Tali Uffici, sulla base dei dati presenti nell’istanza e degli elementi ricavabili dalla documentazione, sono chiamati a verificare l’ammissibilità della richiesta, previo riscontro della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi per accedere alla procedura, nonché la congruità degli importi versati dal contribuente rispetto a quelli effettivamente dovuti.
A seconda degli esiti delle attività istruttorie sopra descritte, gli Uffici a cui il provvedimento ha attribuito la competenza a verificare l’ammissibilità della procedura e la congruità degli importi versati dall’istante valuteranno, sulla base delle informazioni originariamente presenti nell’istanza e nella documentazione di supporto nonché degli eventuali elementi successivamente acquisiti, se la procedura di regolarizzazione si possa considerare perfezionata.

8. Il perfezionamento della procedura e i relativi effetti
Come precisato al paragrafo 6, la procedura si perfeziona con il versamento integrale dell’importo dovuto e i relativi effetti si producono in capo al contribuente al momento del versamento in un’unica soluzione o dell’ultima rata.
Al riguardo si precisa che l’avvenuto perfezionamento consente al contribuente di sanare la propria posizione fiscale con esclusivo riferimento alle violazioni regolarizzate tramite la procedura stessa.
Pertanto, il perfezionamento della procedura non preclude l’esercizio dell’azione accertatrice, effettuabile entro gli ordinari termini di decadenza, in relazione ad imposte (per esempio IVA e IVIE), violazioni ed annualità non rientranti nell’ambito applicativo della procedura.
Si evidenzia, infine, che l’articolo 5-septies, comma 6, prevede che non si possono rimborsare le somme già versate in autoliquidazione.

9. Il mancato perfezionamento della procedura e i relativi effetti
L’esito negativo della regolarizzazione può essere determinato dalle seguenti cause:
. mancato assolvimento da parte del contribuente di alcuni adempimenti previsti dalla legge e dal provvedimento. In tale categoria rientrano, a titolo esemplificativo, la mancata o tardiva presentazione dell’istanza nei termini, le ipotesi della mancata produzione della documentazione a corredo dell’istanza, del mancato versamento in autoliquidazione degli importi dovuti (anche di una sola rata) o della carenza del versamento effettuato rispetto al dovuto;
. inammissibilità o improcedibilità della procedura. Tali ipotesi si verificano, per esempio, quando viene rilevata l’insussistenza dei requisiti soggettivi, oggettivi o temporali per accedere alla procedura oppure la presenza di una delle cause di inammissibilità indicate al paragrafo 1;
. regolarizzazione di attività che siano state già oggetto della voluntary disclosure, fatte salve le ipotesi descritte nel paragrafo 1.
Qualora a seguito delle verifiche condotte dall’ufficio, indicato al precedente paragrafo 7, la procedura dovesse risultare non perfezionata, le violazioni oggetto di regolarizzazione non risulteranno sanate.
In tali casi, gli Uffici a cui il provvedimento ha attribuito l’attività di riscontro della correttezza della procedura provvederanno a segnalare le posizioni non perfezionate agli Uffici dell’Agenzia delle entrate ordinariamente competenti, ai sensi dell’articolo 31 del d.P.R. n. 600 del 1973, affinché gli stessi procedano, utilizzando i dati presenti nell’istanza telematica e quelli ricavabili dalla documentazione fornita, alla notifica degli avvisi di accertamento (2) e degli atti di contestazione per tutti i periodi di imposta inclusi nella procedura. I suddetti atti conseguenti al mancato perfezionamento devono essere notificati entro il 30 giugno 2020, in virtù della deroga ai termini di decadenza prevista dall’articolo 5-septies, comma 4, per tutte le annualità e le violazioni oggetto della procedura di regolarizzazione.
Considerata la portata circoscritta dell’articolo, applicabile limitatamente alle annualità e alle violazioni ricomprese nella procedura, qualora in capo al contribuente dovessero emergere ulteriori elementi o rilievi relativi a violazioni, imposte o annualità non incluse nella procedura non perfezionata gli Uffici competenti potranno notificare i conseguenti avvisi di accertamento ed atti di contestazione entro gli ordinari termini di decadenza previsti dalla legge”.

NOTE:
(1) Di seguito si riporta il testo: “Art. 5-septies. Disposizioni in materia di collaborazione volontaria per l’emersione di redditi prodotti all’estero (in vigore dal 6 dicembre 2017) 1. Le attività depositate e le somme detenute su conti correnti e sui libretti di risparmio all’estero alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 , convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 , da soggetti fiscalmente residenti in Italia ovvero dai loro eredi, in precedenza residenti all’estero, iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) o che hanno prestato la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera o in Paesi limitrofi, derivanti da redditi prodotti all’estero di cui all’articolo 6, comma 1, lettere c) e d), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , possono essere regolarizzate, anche ai fini delle imposte sui redditi prodotti dalle stesse, con il versamento del 3 per cento del valore delle attività e della giacenza al 31 dicembre 2016 a titolo di imposte, sanzioni e interessi. 2. Il comma 1 del presente articolo si applica anche alle somme ed alle attività derivanti dalla vendita di beni immobili detenuti nello Stato estero di prestazione della propria attività lavorativa in via continuativa. 3. L’istanza di regolarizzazione può essere trasmessa fino al 31 luglio 2018 e gli autori delle violazioni possono provvedere spontaneamente al versamento in un’unica soluzione di quanto dovuto entro il 30 settembre 2018, senza avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni. Il versamento può essere ripartito in tre rate mensili consecutive di pari importo; in tal caso il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2018. Il perfezionamento della procedura di regolarizzazione avviene dal momento del versamento di quanto dovuto in un’unica soluzione o dell’ultima rata. 4. Anche in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 , i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 , all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , e all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 , che scadono a decorrere dal 1º gennaio 2018, sono fissati al 30 giugno 2020 limitatamente alle somme e alle attività oggetto della procedura di regolarizzazione ai sensi del presente articolo. 5. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono emanate le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione delle norme di cui ai commi precedenti. 6. Il presente articolo non si applica alle attività ed alle somme già oggetto di collaborazione volontaria di cui alla legge 15 dicembre 2014, n. 186, e al decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2015, n. 187. Non si dà luogo al rimborso delle somme già versate.”
(2) Di norma parziali ai sensi dell’articolo 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973.

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