22 Ottobre, 2012

In materia di accertamento delle imposte sui redditi, è illegittimo il processo verbale di constatazione che sia stato redatto direttamente dai funzionari della Direzione regionale delle entrate, in quanto, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle entrate, alla predetta Direzione regionale sono state attribuite fondamentalmente le sole funzioni decentrate di programmazione, coordinamento, indirizzo e vigilanza rispetto ai dipendenti Uffici periferici, mentre il tredicesimo comma dell’art. 7 della legge 29 ottobre 1991, n. 358, ha specificato che le attività di verifica e d’ispezione nei confronti dei contribuenti sono attribuite all’esclusiva competenza degli Uffici indicati nel precedente decimo comma dello stesso articolo e dei reparti della Guardia di finanza, di talché tutti gli atti successivi che abbiano tratto origine dal suddetto illegittimo comportamento sono nulli e improduttivi di qualsiasi effetto giuridico nei confronti del contribuente, ivi incluso il conclusivo avviso di accertamento.

 

[Commissione trib. provinciale di Treviso, sez. VIII (Pres. Toppan, rel. Celotto), 31 agosto 2011, sent. n. 82]

 

(Omissis). La Commissione osserva nel caso di specie, giova porre particolare attenzione all’esame della prima eccezione di illegittimità dell’atto sollevata dalla parte ricorrente allorché l’avviso di accertamento trova il suo fondamento nel p.v.c. del 5.8.2010 redatto dalla Direzione Regionale del Veneto.

In materia di accertamento delle imposte sui redditi, è illegittimo il p.v.c. che sia stato redatto direttamente dai funzionari della Direzione Regionale delle Entrate, in quanto, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, avvenuta con il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ed in base: – all’art. 7, settimo, ottavo e tredicesimo comma, della legge 29 ottobre 1991, n. 358, – all’art. 66 dello stesso D.Lgs. n. 300/99, – all’art. 13 dello Statuto dell’Agenzia delle Entrate, – agli artt. 4 e 5 della delibera del Direttore della stessa Agenzia fiscale del 30 novembre 2000; alla Direzione Regionale delle Entrate sono state attribuite fondamentalmente le sole funzioni decentrate di programmazione, di coordinamento, di indirizzo e di vigilanza rispetto ai dipendenti Uffici periferici, mentre il tredicesimo comma del citato art. 7 della legge n. 358/1991 ha specificato che le attività di verifica e d’ispezione nei confronti dei contribuenti sono attribuite all’esclusiva competenza degli Uffici indicati nel precedente decimo comma dello stesso articolo e dei reparti della Guardia di Finanza, di talchè tutti gli atti successivi che abbiano tratto origine dal suddetto illegittimo comportamento sono nulli e improduttivi di qualsiasi effetto giuridico nei confronti del contribuente, ivi incluso il conclusivo avviso di accertamento. In sostanza, alla Direzione Regionale delle Entrate, sono state attribuite funzione decentrate di programmazione, di coordinamento, di indirizzo e di vigilanza rispetto ai dipendenti uffici periferici. Restano tuttavia ferme le competenze attribuite in materia al Servizio centrale degli ispettori tributari ed è fatta salva la possibilità di attribuire al Servizio stesso ed alle Direzioni Regionali o compartimentali, con i regolamenti di cui all’articolo 12 del D.Lgs. n. 300/99, la facoltà di eseguire gli interventi ispettivi connessi con l’attività di cooperazione e di interscambio di informazioni con gli organi o con altri Stati membri della comunità economica europea. A fronte dell’indirizzo appena richiamato, peraltro, va ricordato che alle medesime conclusioni la dottrina è giunta anche ponendo l’accento su altri profili di natura giuridico-tributaria, evidenziando come debba essere necessariamente considerata la natura puramente regolamentare e non legislativa degli atti organizzativi interni delle Agenzie fiscali, la quale, posta in relazione alla gerarchia delle fonti di diritto ed alle particolari riserve di legge in materia tributaria, getta serie ombre sulla legittimità delle istruttorie condotte direttamente dalle Direzioni Regionali e, per l’effetto, dei successivi avvisi di accertamento motivati e/o fondati su di esse.

In tale ottica, va ricordato che l’art. 23 del DPR 26 marzo 2001 n. 107, rubricato “Regolamento di organizzazione del Ministero delle finanze” ha abrogato tutte le norme relative all’Amministrazione Finanziaria risultanti incompatibili con le disposizioni del D.Lgs. n. 300/99, con quelle recate dal medesimo regolamento e, comunque, con quelle espressamente indicate dallo stesso decreto. La lettera pp) del predetto art. 23, tra l’altro, ha abrogato l’art. 62-sexies, secondo comma, del D.L. n. 331/93 (convertito con modificazioni dalla legge n. 427/93) che consentiva alle Direzioni Regionali di eseguire verifiche per l’accertamento dei tributi e di comunicare i relativi risultati agli Uffici locali competenti per l’accertamento, circostanza che assume particolare rilievo ove si consideri che il suddetto D.P.R. n. 107/2001 è stato emanato successivamente all’istituzione dell’Agenzia delle Entrate e all’adozione degli atti regolamentari della stessa Agenzia, deponendo dunque per un diretto intervento del legislatore sull’attribuzione dei poteri conferiti a tale Agenzia anziché sulle competenze degli Uffici centrali e periferici del Ministero delle Finanze, che aveva già trasferito ad essa i suoi poteri impositivi in forza del richiamato D.Lgs. n. 300/99.

Nel caso di specie, il p.v.c., da cui discende l’avviso di accertamento contestato, è stato redatto da organo incompetente.

In tal senso, varie decisioni delle C.T.P., fra le quali quelle di Napoli n. 665 e 666 del 31.12.2010, nonché quella di Bari n. 12/23/2008 del 19.3.2008.

 

P.Q.M. – Ogni altra istanza ed eccezione disattesa, la Commissione accoglie il ricorso e, per l’effetto, dichiara illegittimo l’avviso impugnato per l’illegittimità dell’atto presupposto. La particolarità della questione trattata induce a compensare le spese di lite.

 

II

 

Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Avviso di accertamento fondato su un processo verbale di constatazione – Attività di accesso, ispezione e verifica condotta direttamente dai funzionari dell’Ufficio Antifrode della Direzione regionale delle entrate – Incompetenza funzionale – Non sussiste – Legittimità dell’accertamento basato sul verbale di constatazione redatto dalla Direzione regionale delle entrate – Consegue.

 

L’accesso mirato nei confronti di una società effettuato dall’Ufficio Antifrode della Direzione regionale delle entrate è legittimo in quanto l’art. 27, comma 15, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), intitolato «accertamenti», prevede espressamente che «l’Agenzia delle entrate svolge i compiti previsti dal presente articolo e procede alla riorganizzazione ai sensi del comma 13 con le risorse umane e finanziarie assegnate a legislazione vigente», e tale riorganizzazione voluta dal legislatore è stata effettuata dall’Agenzia, ovviamente con atti regolamentari di normazione secondaria e con circolari che, nell’ambito dell’attività di prevenzione e contrasto all’evasione e in particolare nell’allocazione ottimale delle risorse per far fronte al rischio rappresentato dall’evasione e dall’elusione, ha messo a punto la struttura istituendo per il rafforzamento dell’azione di contrasto ai fenomeni aventi connotazione fraudolenta, in linea con quanto stabilito dall’art. 83, commi 5 e 6, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), l’Ufficio centrale Antifrode incardinato nella Direzione Centrale Accertamento e appositi Uffici Antifrode posti in alcune Direzioni regionali.

 

[Commissione trib. provinciale di Padova, sez. IX (Pres. Perillo, rel. Guerra), 20 ottobre 2011, sent. n. 72]

 

(Omissis). Osserva il Collegio che la società ricorrente eccepisce in via preliminare l’illegittimità degli accertamenti impugnati in quanto basati su un atto, il P.V.C., effettuato in totale carenza di potere. Secondo la Società, infatti, il P.V.C. del 12/10/2009 è stato interamente redatto dai funzionari della Direzione Regionale del Veneto i quali hanno utilizzato dei poteri istruttori ordinariamente riservati ai funzionari degli uffici locali. Secondo parte ricorrente all’epoca della verifica – 12/10/2009 – non sussisteva alcuna norma che conferisse alle Direzioni Regionali il potere di svolgere attività ispettive nei confronti della ricorrente. Dal 2001, afferma la ricorrente, le Direzioni Regionali non sono più dotate di alcun potere istruttorio; detto potere è stato loro attribuito nel 2008 con l’art. 27, comma 3, del D.L. 185/2008 che ha previsto la competenza delle Direzioni Regionali per le sole verifiche fiscali effettuate nei confronti dei cosiddetti grandi contribuenti ovvero di quelli che hanno un volume di affari, ricavi o compensi non inferiore a 100 milioni di curo. Ebbene, insiste parte ricorrente, la società ha un volume di affari inferiore a 100 milioni di curo.

Sul punto parte ricorrente cita e produce giurisprudenza di merito a lei favorevole. Sull’eccezione preliminare l’Ufficio controdeduce affermando che l’attività istruttoria non è stata condotta dalla Direzione Regionale Ufficio grandi contribuenti, bensì dall’Ufficio Antifrode della medesima Direzione Regionale. Detta struttura, l’Ufficio Antifrode, è una struttura organizzata al fine del rafforzamento dell’azione di contrasto ai fenomeni aventi connotazione fraudolenta in linea con quanto stabilito dall’art. 83 commi 5 e 6, del D.L. 112/2008 e della circolare 13/2009[1]. Sempre secondo l’Ufficio, inoltre, i poteri istruttori in capo alla Direzione Regionale non sono esclusi, bensì previsti proprio dall’art. 27, comma 13, della legge n. 185/2008. Ancora secondo l’Ufficio il fatto che le Direzioni Regionali sono titolari di poteri istruttori è confermato da specifiche norme dettate in materia di accertamento quali l’art. 41 bis del d.p.r. 600/73 e 1’art. 54 del d.p.r. 633/72 che prevedono l’intervento dei competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate anche su segnalazione effettuata dalla Direzione Regionale. Ricordato quanto sopra, il Collegio ritiene che l’eccezione preliminare basata sulla carenza del potere in capo alla Direzione Regionale che ha redatto il P.V.C. sia infondata e vada rigettata.

Il P.V.C. del 12/10/2009 è stato redatto da funzionari in servizio presso l’Ufficio Grandi Contribuenti della Direzione Regionale del Veneto in esecuzione dell’incarico ricevuto dall’Ufficio Antifrode della Direzione Regionale del Veneto prot. 33755/2009.

Il P.V.C., pertanto, non è stato redatto dalla Direzione Regionale del Veneto Grandi Contribuenti. A questo punto è necessario verificare se l’Ufficio Antifrode della Direzione Regionale del Veneto poteva effettuare l’accesso mirato nei confronti della società.

Ad avviso del Collegio detto accesso è legittimo in quanto l’art. 27 comma 15 del D.L. 185/2008 convertito con legge 2/2009 dice espressamente che “l’Agenzia delle Entrate svolge i compiti previsti dal presente articolo e procede alla riorganizzazione ai sensi del comma 13 con le risorse umane e finanziarie assegnate a legislazione vigente”. In sostanza il citato art. 27 che ha come titolo “accertamenti” in relazione a quanto previsto dai commi 9, 10, 11, 12 e 13 affida all’Agenzia delle Entrate la riorganizzazione per far fronte agli accertamenti nei confronti dei grandi contribuenti con volume di affari non inferiore a 100 milioni di curo.

La riorganizzazione voluta dal legislatore è stata effettuata dall’Agenzia, ovviamente con atti regolamentari di normazione cosiddetta secondaria e con circolari che, nell’ambito dell’attività di prevenzione e contrasto all’evasione ed in particolare nell’allocazione ottimale delle risorse per far fronte al rischio rappresentato dall’evasione e dall’elusione, ha messo a punto la struttura istituendo per il rafforzamento dell’azione di contrasto ai fenomeni aventi connotazione fraudolenta, in linea con quanto stabilito dall’art. 83, commi 5 e 6 del D.L. 112/2008 l’Ufficio centrale Antifrode incardinato nella Direzione Centrale Accertamento ed appositi uffici antifrode posti in alcune Direzioni Regionali tra cui il Veneto.

Del resto è la stessa parte ricorrente che afferma che dal 2008 il legislatore ha dotato nuovamente le Direzioni Regionali di poteri istruttori in alcune circostanze (pag. 10 del ricorso). Poi parte ricorrente nell’esaminare le circostanze si sofferma solo ad approfondire la circostanza nota come grandi contribuenti dimenticando quella relativa all’Ufficio Antifrode.

Nella memoria illustrativa parte ricorrente torna sul tema, ma solo per dire che la fonte che conferisce il potere alla Direzione Regionale Antifrode è una fonte regolamentare tralasciando che la riorganizzazione dell’Agenzia con i nuovi poteri istruttori è stata voluta dal legislatore dopo il 2001 con due leggi nel 2008 e, precisamente, il D.L. 112/2008 convertito nella legge 133/2008 ed il D.L. 185/2008 convertito nella legge 2/2009.

Per chiudere sull’eccezione preliminare il Collegio osserva che la stessa potrebbe anche ritenersi superata dal fatto che nel caso di specie non si discute in merito all’invalidità o inefficacia di un atto negoziale; i contratti oggetto di esame nella presente vertenza non necessitano di alcuna indagine in quanto sugli stessi e sulla loro validità non vi è contrasto tra le parti e, pertanto, l’inopponibilità dei contratti stessi all’Amministrazione può essere rilevata d’ufficio (cfr. Cass. 30057/2008(2)).

 

(Omissis).

 

 

L’attività di verifica tra competenza delle direzioni regionali e competenza

degli uffici periferici:analisi del problema

 

1. premessa

 

Le Direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate hanno il potere di svolgere attività di verifica o devono limitarsi a funzione di coordinamento degli Uffici periferici?

Due sentenze, di due differenti Commissioni tributarie provinciali del Veneto, emesse in tempi ravvicinati sul finire dell’anno scorso, e giunte a conclusioni diametralmente opposte, impongono di tornare sulla questione, che sembra avere dell’incredibile, per cercare di mettere un pò d’ordine.

Entrambe le Commissioni si trovano ad affrontare, in via pregiudiziale, l’eccezione relativa alla presunta mancanza di potere degli organi regionali di effettuare accessi, ispezioni, verifiche, sul paradigma di quanto recentemente supposto da alcune pronunce di merito che hanno creato non poco imbarazzo e un vivace dibattito dottrinale (1).

 

2. origine e inquadramento del problema

 

Come detto, alcune pronunce di merito, nel recente passato, hanno sentenziato la nullità degli avvisi di accertamento poggiati su processi verbali redatti dalle Direzioni regionali ritenute prive del potere di svolgere attività di verifica.

Il punto di partenza di tale impianto giurisprudenziale è dato dalla formulazione dell’art. 62-sexies, secondo comma, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), che era esplicito nell’attribuire un potere di controllo, ispezione e verifica alle Direzioni centrali e regionali del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze «sulla base di piani annuali o in via straordinaria» con esiti da comunicare agli Uffici «competenti ai fini dell’accertamento».

Tale norma è stata però abrogata, nell’ambito della riorganizzazione delle Agenzie fiscali, ad opera dell’art. 23, primo comma, lett. pp), del D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107, intitolato «Regolamento di organizzazione del Ministero delle Finanze».

L’abrogazione dell’art. 62-sexies, secondo comma, del citato D.L. n. 331/1993, comporterebbe il venire meno dei poteri di verifica in capo agli organi regionali, almeno per il periodo intercluso tra aprile 2001 e tutto l’anno 2008, in mancanza di una legge attributiva del potere stesso. Tale conclusione sarebbe confortata dalla contemporanea mancata abrogazione dell’art. 7, comma 13 (2), della legge 29 ottobre 1991, n. 358, il quale sembra prevedere l’esclusiva competenza per le attività di verifica dei reparti della Guardia di finanza e, attraverso un rinvio al comma 10 (3), degli Uffici locali dell’ex Dipartimento delle entrate. Secondo tale impostazione ciò confermerebbe la volontà del legislatore che le verifiche siano condotte a livello locale.

Solo con l’art. 27 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (4) (c.d. “decreto anticrisi”, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), il legislatore avrebbe riattribuito espressamente il potere di accertamento e verifica alle strutture regionali e, tra l’altro, limitatamente ai soggetti con volume d’affari superiori ai 100 milioni di euro (c.d. Grandi Contribuenti) (5).

Questo nonostante il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (6), in sede di istituzione delle Agenzie fiscali, avesse attribuito un potere di autoregolamentazione all’Agenzia delle entrate (7), in forza del quale il suo Direttore, con provvedimento 23 febbraio 2001, n. 36122, aveva stabilito esplicitamente la competenza anche delle Direzioni regionali all’attività di verifica (8).

Tale provvedimento, di natura regolamentare e non legislativa, non avrebbe però la forza di legittimare il potere di verifica degli organi regionali, vigendo il parametro di riferimento dell’art. 14 Cost. (9) secondo cui a tutela dell’inviolabilità del domicilio sono ammesse ispezioni e accertamenti fiscali solo se regolate da leggi speciali (e quindi non da regolamenti) (10).

 

3. esame dei casi affrontati dalle sentenze di merito

 

La Commissione di Treviso si allinea al filone giurisprudenziale sopra richiamato e annulla l’avviso di accertamento perché fondato sul processo verbale di constatazione del 5 maggio 2010 redatto dalla Direzione regionale in carenza di potere.

I giudici trevigiani ritengono, infatti, che la riforma delle Agenzie fiscali abbia attribuito alle Direzioni regionali solo le funzioni di programmazione, di coordinamento, di indirizzo e vigilanza sugli Uffici locali.

Questa conclusione sarebbe avvalorata, in conformità con l’impostazione già vista, sia dall’abrogazione ad opera dell’art. 23 del D.P.R. n. 107/2001 dell’art. 62-sexies, secondo comma, del D.L. n. 331/1993, che prevedeva espressamente la competenza delle Direzioni regionali a compiere verifiche, sia dalla contemporanea mancata modifica del comma 13 dell’art. 7 della legge n. 358/1991 che, invece, attraverso un rimando al comma 10 prevedeva che le attività di verifica dell’ex Ministero fossero svolte a livello periferico.

La Commissione si sofferma a sottolineare il fatto che il D.P.R. n. 107/2001 è stato emanato successivamente all’istituzione dell’Agenzia e all’adozione degli atti regolamentari della stessa, in ciò intravedendo la volontà legislativa di attribuire esclusivamente agli Uffici locali i poteri di verifica.

I giudici di Treviso concludono dichiarando illegittimo l’avviso di accertamento impugnato per l’illegittimità dell’atto presupposto (11).

Dalla sentenza non si evince da quale organo regionale fosse stata direttamente condotta la verifica, ma trattandosi di un processo verbale di constatazione redatto nell’anno 2010 è lecito presumere si trattasse o dell’Ufficio Grandi Contribuenti o dell’Ufficio Antifrode della Direzione regionale del Veneto (12).

Il caso affrontato dalla Commissione di Padova riguarda, invece, esplicitamente una verifica condotta dall’Ufficio Antifrode incardinato presso la Direzione regionale del Veneto.

La difesa del ricorrente ricalca l’impostazione argomentativa, sopra richiamata, che ha determinato l’annullamento degli avvisi di accertamento fondati su verifiche delle Direzioni regionali in carenza di potere.

Invero, per il ricorrente, il processo verbale di constatazione è stato redatto da funzionari della Direzione regionale del Veneto (l’Ufficio Antifrode è pur sempre un organo incardinato a livello regionale) i quali hanno utilizzato poteri istruttori riservati per legge agli uffici locali e per l’effetto lamenta l’illegittimità del conseguente avviso di accertamento.

Dalla motivazione della sentenza risulta che l’avviso di accertamento è stato innescato da un processo verbale di constatazione redatto in data 12 ottobre 2009 da funzionari in servizio presso l’Ufficio Grandi Contribuenti della Direzione regionale del Veneto in esecuzione di un incarico ricevuto dall’Ufficio Antifrode della Direzione regionale del Veneto.

La Commissione si chiede a quale Ufficio sia da attribuire l’attività istruttoria e, ritenendo che la stessa sia da attribuire all’Ufficio Antifrode, si interroga se tale Ufficio della Direzione regionale abbia i poteri di effettuare verifiche.

Dopo aver ripercorso la genesi normativa dell’Ufficio Antifrode i giudici concludono che tale Ufficio ha il potere di verifica in virtù della riorganizzazione voluta dal legislatore con l’art. 27, comma 15, del D.L. n. 185/2008 (13), e con l’art. 83, commi quinto e sesto, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) (14), e attuata legittimamente dall’Agenzia con circolari e atti regolamentari di formazione cosiddetta secondaria.

La Commissione conclude sul punto lasciando intendere di ritenere in ogni caso superabile l’eccezione stante la mancanza di contestazioni sull’esistenza e sulla validità dei contratti che permetterebbe di rilevare anche d’ufficio la loro inopponibilità all’Amministrazione (15).

 

4. Analisi della genesi normativa dell’ufficio antifrode e dell’ufficio grandi contribuenti

 

Vale la pena di anticipare fin da subito che, a parere di chi scrive, non vi possono essere dubbi sul fatto che le Direzioni regionali hanno, fin dalla nascita delle Agenzie fiscali, il potere di svolgere attività di verifica.

Si ritiene che tale asserzione possa trovare conferma nell’analisi della genesi normativa dell’Ufficio Grandi Contribuenti e dell’Ufficio Antifrode.

Infatti, prendendo lo spunto dalle determinazioni della Commissione patavina, condivise nel loro punto di arrivo ma mancanti di un passaggio logico imprescindibile, si cercherà di dimostrare che proprio dall’analisi delle norme che hanno portato alla creazione di tali Uffici si possono trarre gli spunti decisivi per confutare alla radice la posizione della Commissione di Treviso e delle altre Commissioni di merito sopra ricordate.

Gli Uffici Antifrode hanno compiti di indagine e controllo sui fenomeni di frode di maggiore rilevanza e pericolosità fiscale che si concretizza in attività coordinata di intelligence e in attività di accesso e verifiche. Tali Uffici non emettono direttamente gli avvisi di accertamento ma al termine della loro attività istruttoria trasmettono gli eventuali processi verbali o le segnalazioni ai competenti Uffici territoriali per l’emissione degli atti impositivi.

Tali Uffici sono stati creati, come specificato espressamente dalla circolare 9 aprile 2009, n. 13/E (16), per dare attuazione alla previsione normativa di cui all’art. 83 del D.L. n. 112/2008 a sua volta licenziato in esecuzione alla Risoluzione del Parlamento europeo del 2 settembre 2008 che auspicava una strategia coordinata in ambito comunitario di contrasto alle frodi (17).

L’atto generativo è, però, pur sempre il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 27 novembre 2008, n. 179932, che ha sostituito quanto già previsto in materia di organizzazione interna dal provvedimento n. 36122/2001, sopra richiamato.

Con tale provvedimento (lo stesso che ha generato la nascita degli Uffici Grandi Contribuenti), sono stati istituiti l’Ufficio Antifrode Centrale e nove Uffici Antifrode regionali (18). Inoltre, lo stesso provvedimento ha previsto che, nelle Direzioni regionali per le quali non è stata prevista l’istituzione di uno specifico ufficio Antifrode, le stesse funzioni siano svolte dagli Uffici Controlli presenti nelle Direzioni regionali.

La collocazione di tali Uffici a livello regionale e centrale è stata, evidentemente, una scelta strategica propria dell’Agenzia dettata dalla necessità operativa di assicurare maggior coordinamento e scambio di informazioni in un settore difficile e in continuo movimento come quello delle frodi (19).

La Commissione di Padova ritiene tale scelta legittima in virtù della copertura legislativa fornita dall’art. 83 del D.L. n. 112/2008.

Tali conclusioni, si ripete, condivise nel loro punto di arrivo, presuppongono però, ed ecco il salto logico sopra evidenziato, che a monte sia scontata la legittimità di poter effettuare attività di verifica anche a livello di organi regionali.

La collocazione a livello regionale e centrale (e non locale) dell’Ufficio Antifrode è avvenuta, infatti, pur sempre, con un provvedimento regolamentare dell’Agenzia delle entrate e quindi non per legge.

Non può essere, infatti, la generica previsione di una norma programmatica come l’art. 83 che, nella sostanza, chiede all’Agenzia d’incrementare la capacità operativa contro le frodi, senza specificare a che livello dev’essere condotta l’attività istruttoria, a legittimare le verifiche degli organi regionali.

La formulazione dell’art. 83 sembra dare per scontato, piuttosto, com’è ovvio che sia, la libertà di organizzazione interna dell’Agenzia. Il legislatore si riferisce all’Agenzia quale centro di imputazione di effetti e rapporti giuridici, lasciandola libera, perché legittimata, di organizzare con quali organi eseguire una determinata attività.

Com’è stato scritto (20), infatti, quale che sia l’organo dell’Agenzia che esegue una determinata attività, i relativi effetti devono essere ricondotti sempre ed esclusivamente all’Agenzia nel suo complesso. Ciò è tanto più evidente nel caso affrontato dalla sentenza patavina dalle cui motivazioni si evince che la verifica è stata condotta da funzionari dell’Ufficio Grandi Contribuenti “prestati” all’Ufficio Antifrode. Questo a confermare, e non potrebbe essere altrimenti, che c’è forte commistione nell’attività degli organi interni dell’Agenzia i cui effetti sono pur sempre a quest’ultima riconducibili.

Non si può non notare che la tecnica legislativa generatrice degli Uffici Antifrode è conforme a quella che ha originato l’Ufficio Grandi Contribuenti di cui, a tutt’oggi, non consta sia mai stata messa in dubbio la competenza a svolgere verifiche.

Gli Uffici Grandi Contribuenti o, dove questi non sono previsti, gli Uffici Controlli Fiscali delle Direzioni regionali sono esclusivamente dedicati a contribuenti con volume d’affari, ricavi o compensi di importo non inferiore a 100 milioni di euro. Tali Uffici svolgono direttamente qualsiasi attività riferibile a tali soggetti: dall’analisi dei rischi (il c.d. tutoraggio fiscale) ai rimborsi, controlli, verifiche e accertamenti (21). A differenza degli Uffici Antifrode, oltre a svolgere l’attività di verifica seguono anche tutta la fase istruttoria dell’accertamento ed emettono gli avvisi di accertamento in deroga alla competenza territoriale.

Orbene gli Uffici Grandi Contribuenti, o meglio gli Uffici per controlli specifici su soggetti di grandi dimensioni, sono stati propiziati dall’art. 27 del D.L. n. 185/2008.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza che qui si intende confutare, tale norma costituirebbe la prova provata che prima della sua emanazione gli organi regionali non avevano la competenza di effettuare verifiche. Ciò perché non avrebbe senso attribuire nuovamente per legge un potere di verifica alle Direzioni regionali se queste ne fossero già dotate (22).

In realtà, anche in questo caso, l’art. 27 non dice che devono essere le Direzioni regionali a effettuare verifiche ma «demanda alle strutture individuate con il regolamento dell’Agenzia delle entrate» il controllo specifico dei contribuenti con un volume di affari superiori ai 100 milioni di euro.

Con l’art. 27 il legislatore si limita a esplicitare la volontà che venga creata una struttura dedicata ai soggetti con volume d’affari superiore a 100 milioni di euro, senza specificare a che livello deve essere posizionata, ma demandando all’autonomia dell’Agenzia la sua concreta esecuzione.

Infatti, ancora una volta, la scelta di collocare gli Uffici Grandi Contribuenti a livello regionale e centrale (e non locale) è una scelta discrezionale dell’Agenzia posta in essere con il citato provvedimento amministrativo del Direttore n. 179932/2008 che, di fatto, è la norma generatrice di tali Uffici.

Anche in questo caso tale scelta presuppone e non introduce la possibilità di compiere verifiche a livello regionale.

 

5. le norme sul potere di verifica delle direzioni regionali: interpretazione sistematica

 

L’analisi della genesi normativa degli Uffici Antifrode e Grandi Contribuenti conferma, a parere dello scrivente, che le conclusioni a cui giungono la Commissione di Treviso, e ancora prima le altre Commissioni di merito, non sono condivisibili alla luce, in primo luogo, di un’interpretazione sistematica.

Nella tecnica legislativa usata dal legislatore sia nel D.Lgs. n. 300/1999 (istitutivo dell’Agenzia delle entrate), sia nel D.L. n. 112/2008 (generatore degli Uffici Antifrode), e D.L. n. 185/2008 (generatore dell’Ufficio Grandi Contribuenti), è, infatti, ravvisabile lo stesso filo conduttore: il legislatore autorizza e indirizza l’Agenzia, quale centro d’imputazione e di effetti giuridici e, nel contempo, delega al suo regolamento l’attuazione operativa concreta.

L’attribuzione di compiti di verifica a livello regionale è quindi da sempre riconducibile a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia legittimata dal D.Lgs. n. 300/1999 che ha trasferito all’Agenzia tutte le funzioni, i poteri e le competenze concernenti le entrate tributarie già spettanti al Dipartimento delle entrate da esercitarsi «secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia».

Ma, allora, se la tecnica normativa è da sempre conforme, delle due, l’una: o gli organi regionali hanno da sempre il potere di svolgere verifiche, o non ce l’hanno tuttora e quindi sarebbero illegittime tutte le verifiche condotte anche attualmente dagli organi regionali (comprese quelle degli Uffici Antifrode, Grandi Contribuenti e Controlli Fiscali).

Questa seconda soluzione sembra contraria al comune buon senso, ancor prima che infondata dal punto di vista normativo. È davvero possibile dubitare ragionevolmente che un’articolazione interna dell’Agenzia delle entrate non abbia il potere di effettuare verifiche solo perché posta a livello regionale e intravedere in questo addirittura una violazione dell’art. 14 Cost. (23)?

Da un punto di vista sistematico, l’art. 27 del D.L. n. 185/2008 non può essere considerata una norma innovativa capace di attribuire ex novo la competenza a effettuare le verifiche alle Direzioni regionali appunto perché si limita a demandare alle strutture individuate con il regolamento dell’Agenzia delle entrate il controllo sui c.d. Grandi Contribuenti. Tale norma non attribuisce ma semmai presuppone la competenza degli organi regionali a effettuare verifiche. È pertanto destituito di fondamento uno dei capisaldi dell’impostazione giurisprudenziale sopra ricordata che vede proprio nell’art. 27 del D.L. n. 185/2008 la riprova della carenza di potere degli organi regionali nel periodo antecedente alla sua emanazione.

Tale disposizione semmai, com’è stato scritto (24), è da considerarsi una sorta di dichiarazione d’intenti del legislatore con la contemporanea delega al regolamento dell’Agenzia per la sua realizzazione.

Si può criticare la tecnica legislativa utilizzata e lamentare, ma non sarebbe la prima volta, la mancanza di organicità della materia tributaria. Si potrebbe interrogarsi sulla legittimità costituzionale (25) di siffatte “norme deleganti” e financo, com’è stato suggerito (26), chiedersi se il regolamento dell’Agenzia sia rispettoso dei limiti e delle regole delegate (27).

Ma giammai, ed è cosa ben diversa, sentenziare che le Direzioni regionali sono prive della competenza a effettuare verifiche perché prive della copertura legislativa e, questo, anche per il periodo antecedente all’emanazione dei D.L. n. 112/2008 e D.L. n. 185/2008 (28).

 

6. le norme sul potere di verifica delle direzioni regionali: interpretazione letterale

 

Tali conclusioni trovano conforto anche in un’attenta interpretazione letterale.

Infatti, mentre da un verso non si ravvisa nel panorama legislativo nessuna norma che precluda alle Direzioni regionali l’esercizio dell’attività di verifica, dall’altro si rilevano numerosi passaggi normativi che sembrano invece dare per scontato la possibilità di svolgere tale attività.

Invero, l’abrogazione dell’art. 62-sexies, secondo comma, del D.L. n. 331/1993, ad opera del D.P.R. n. 107/2001, e la contemporanea mancata modifica del comma 13 dell’art. 7 della legge n. 358/1991 non può palesare, com’è stato sostenuto, la volontà legislativa di togliere la competenza agli organi regionali di effettuare verifiche.

In primo luogo perché il D.P.R. n. 107/2001, che ha abrogato l’art. 62-sexies, aveva il chiaro intento di agevolare l’Agenzia delle entrate (e non di ostacolare), rimuovendo qualsiasi disposizione incompatibile con il suo funzionamento, come esplicitato nella norma di chiusura di cui all’art. 23 dello stesso decreto.

Ma più di ogni altra cosa va notato che, se è vero che non è mai stato modificato il comma 13 dell’art. 7 della legge n. 358/1991 che sembra attribuire l’attività di verifica all’esclusiva competenza dei reparti della Guardia di finanza e, attraverso un rimando al comma 10, agli Uffici periferici del Dipartimento delle entrate ora soppresso, è altrettanto sicuro che lo stesso D.P.R. n. 107/2001 ha abrogato il comma 10 dell’art. 7 a cui, appunto, faceva rimando il comma 13.

Sembra evidente, allora, che il comma 13 dell’art. 7 è da considerarsi ancora in vigore solo nella parte in cui attribuisce «le attività di verifica e di ispezione» anche ai «reparti della Guardia di Finanza» mentre deve ritenersi implicitamente abrogato nella parte in cui fa riferimento alla esclusiva competenza degli Uffici locali del Dipartimento delle entrate (struttura tra l’altro soppressa), effettuato con rinvio al comma 10 che risulta cancellato. Risulta smentito per tabulas anche l’altro caposaldo su cui si regge il non condiviso impianto giurisprudenziale che pretende d’intravedere nelle norme di riorganizzazione delle Agenzie fiscali la volontà legislativa che le verifiche siano condotte solo a livello locale.

L’unico significato razionale ravvisabile nella mancata eliminazione del comma 13 associata alla contemporanea abrogazione del comma 10, che non sia la svista, è la volontà legislativa di non togliere il riferimento, e quindi il potere, ai reparti della Guardia di finanza.

Viceversa, vero è che, in alcune disposizioni normative, lo stesso legislatore espressamente prevede che gli avvisi di accertamento possano poggiare su «accessi, ispezioni e verifiche nonché su segnalazioni effettuate dalla Direzione Centrale Accertamento o da una direzione regionale». Ci si riferisce alle disposizioni dell’art. 41-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (29) e dell’art. 54 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come risultanti dalle modifiche apportate dall’art. 1, commi 405 e 406, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (c.d. legge finanziaria 2005 e quindi successiva al D.P.R. n. 107/2001).

L’art. 41-bis del D.P.R. n. 600/1973 è, infatti, esplicito nell’affermare che «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuate dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzie Fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggior ammontare di un reddito parzialmente dichiarato … possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibile, ovvero la maggiore imposta da versare».

Concetto ribadito dall’art. 54, quarto comma, del D.P.R. n. 633/1972, che prevede «i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche nonché dalle segnalazioni effettuati dalla Direzione centrale accertamento, da una Direzione regionale ovvero da un ufficio della medesima Agenzia ovvero di altre Agenzia fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi o di imposta in tutto o in parte non dichiarati … può limitarsi ad accertare, in base agli elementi, l’imposta o la maggiore imposta dovuta … nonché l’imposta o la maggiore imposta non versata».

Ma, allora, se ci sono delle norme, tra l’altro modificate successivamente al D.P.R. n. 107/2001, in cui risulta esplicitata la volontà legislativa che degli avvisi di accertamento siano legittimamente innescati da verifiche della Direzione regionale, è un controsenso sostenere che lo stesso legislatore abbia voluto togliere i poteri di verifica alle Direzioni regionali.

 

7. Considerazioni conclusive

 

In definitiva, alla domanda di apertura del presente contributo, si ritiene di poter rispondere che le Direzioni regionali hanno la competenza di effettuare attività di verifica, non solo a partire dall’emanazione dei D.L. n. 112/2008 e n. 185/2008 ma, bensì, fin dall’istituzione dell’Agenzia delle entrate essendo ravvisabile la copertura normativa richiesta dall’art. 14 Cost. già nel D.Lgs. n. 300/1999.

Da sempre la fonte normativa del potere di effettuare verifiche a livello regionale va individuata direttamente nel D.Lgs. n. 300/1999 che ha trasferito all’Agenzia tutte le funzioni, i poteri e le competenze concernenti le entrate tributarie già spettanti al Dipartimento delle entrate da esercitarsi «secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia” secondo quanto stabilito expressis verbis dall’art. 57, primo comma, dello stesso decreto legislativo.

Vale la pena, tra l’altro, di evidenziare che, già per il passato in relazione a problematiche accostabili per analogia, proprio facendo leva sul D.Lgs. n. 300/1999, la Corte di Cassazione ha dichiarato inapplicabili, in quanto considerate tacitamente abrogate, norme che risultavano incompatibili con il regolamento interno dell’Agenzia stessa (30).

Nessuna violazione dell’art. 14 Cost. è ravvisabile perché il diritto all’inviolabilità del domicilio (31) è già compresso, nel rispetto della riserva di legge, dalle previsioni dei poteri di accesso, ispezione e verifica di cui agli artt. 52 del D.P.R. n. 633/1972, e 33 del D.P.R. n. 600/1973, attribuiti dal D.Lgs. n. 300/1999 all’Agenzia delle entrate nel suo complesso, e da questa esercitati concretamente secondo il proprio regolamento.

Il D.L. n. 185/2008 (istitutivo degli Uffici Grandi Contribuenti) e il D.L. n. 112/2008 (istitutivo degli Uffici Antifrode) non sono innovativi nel senso che non attribuiscono ma semmai presuppongono i poteri di verifica delle Direzioni regionali che poggiano direttamente nel decreto istitutivo delle Agenzie fiscali.

È errato intravedere nella mancata abrogazione del comma 13 dell’art. 7 della legge n. 358/1991 la volontà legislativa di attribuire esclusiva competenza all’attività di verifica agli Uffici periferici stante la contemporanea abrogazione del comma 10 a cui il comma 13 rimandava per l’individuazione degli Uffici competenti (tra l’altro appartenenti a una struttura soppressa).

A fronte di una giurisprudenza di merito allo stato non uniforme, ci si augura intervenga presto la Corte di Cassazione, o il legislatore fornisca un’interpretazione autentica, per dirimere ogni ulteriore possibile dubbio e scongiurare il pericolo che interpretazioni inutilmente cavillose si trasformino in un delirio collettivo.

Dott. Mauro Faggion

 

(1) Ci si riferisce alle sentenze che hanno annullato gli avvisi di accertamento fondati su processi verbali di constatazione redatti da funzionari delle Direzioni regionali, in particolare a Comm. trib. prov. di Bari, sez. XXII, 19 marzo 2008, n. 12, in Boll. Trib., 2009, 1307, poi confermata da Comm. trib. reg. della Puglia, sez. VI, 11 dicembre 2009, n. 132, ivi, 2010, 562; e a Comm. trib. prov. di Milano, sez. XXVI, 2 marzo 2011, n. 80, ivi, 2011, 1255, e anche in Corr. trib., 2011, 2275, con nota di a. bodrito, Nullo l’accertamento basato su dati acquisiti dalle Direzioni regionali prive dei poteri di verifica. Per i commenti si vedano a favore t. marino, Aspetti critici delle verifiche fiscali condotte direttamente dai funzionari delle Direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate, in Boll. Trib., 2009, 1258; e a. bodrito, op. cit.; in senso contrario f. pistolesi, Avviso illegittimo se fondato su processo verbale di constatazione della Direzione Regionale, in Corr. trib., 2008, 2101 ss. In un articolo a pag. 10 del Quotidiano del Commercialista del 5 maggio 2011, a. borgoglio cita in senso contrario Comm. trib. prov. Roma, sez. II, 11 maggio 2009, n. 175, inedita, che ha ritenuto l’attività ispettiva delle Direzioni regionali pienamente legittimata dagli atti regolamentari di organizzazione interna.

(2) In base al comma 13 dell’art. 7 della legge n. 358/1991: «Le attività di verifica e di ispezione nei confronti dei contribuenti sono attribuite all’esclusiva competenza degli uffici indicati nel comma 10 e dei reparti della Guardia di finanza. Restano tuttavia ferme le competenze attribuite in materia al Servizio centrale degli ispettori tributari ed è fatta salva la possibilità di attribuire al Servizio stesso ed alle direzioni regionali o compartimentali, con i regolamenti di cui all’articolo 12 la facoltà di eseguire gli interventi ispettivi connessi con l’attività di cooperazione e di interscambio di informazioni con gli organi o con altri Stati membri della Comunità economica europea. Il controllo ispettivo ai centri di assistenza fiscale per i lavoratori autonomi ed a quelli per i lavoratori dipendenti e pensionati è attribuito ai servizi ispettivi regionali».

(3) Secondo il comma 10 dell’art. 7 della legge n. 358/1991: «Fermo restando quanto già stabilito per le dogane ed imposte indirette dalla legge 10 ottobre 1989, n. 349, le funzioni operative dei dipartimenti sono svolte, in periferia, dai seguenti uffici unificati: a) centro di servizio delle imposte dirette ed indirette, per la gestione delle dichiarazioni dei redditi e di quelle dell’imposta sul valore aggiunto; b) ufficio delle entrate, cui spettano le attribuzioni in materia di accertamento e riscossione dei tributi di competenza del Dipartimento delle entrate, nonché la rappresentanza dell’Amministrazione dinanzi alle commissioni tributarie e l’esame del contenzioso in materia di finanza locale; c) ufficio del territorio, cui spettano le attribuzioni attualmente demandate alle intendenze di finanza in materia di amministrazione e gestione della proprietà immobiliare dello Stato, agli uffici tecnici erariali ed alle conservatorie dei registri immobiliari».

(4) Recita l’art. 27 del D.L. n. 185/2008: «Ferme restando le previsioni di cui ai commi da 9 a 12, a decorrere dal 1° gennaio 2009, per i contribuenti con volume d’affari, ricavi o compensi non inferiore a cento milioni di euro, le attribuzioni ed i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono demandati alle strutture individuate con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 71, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».

(5) Proprio la formulazione dell’art. 27 del D.L. n. 185/2008 e quindi la previsione dell’Ufficio Grandi Contribuenti confermerebbe, secondo Comm. trib. reg. Puglia n. 132/2009, cit., che prima della sua emanazione le Direzioni regionali erano prive dei poteri di effettuare verifiche perché tale disposizione «non avrebbe avuto ragion d’essere se altra norma preesistente avente forza di legge avesse già previsto l’attribuzione alla Direzione Regionale dei poteri di accesso, ispezione e verifica».

(6) Come noto il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, così come modificato dall’art. 7 della legge 15 maggio 1997, n. 127, dall’art. 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191, e dall’art. 9 della legge 8 marzo 1999, n. 50), ha dato vita alle quattro Agenzie fiscali divenute operative a decorrere dal 1° gennaio 2001 giusto quanto disposto dall’art. 1 del D.M. 28 dicembre 2000. In particolare l’art. 57, primo comma, del D.Lgs. n. 300/1999, dispone che «alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia». L’art. 61, secondo comma, del D.Lgs. n. 300/1999, dispone che «in conformità con le disposizioni del presente decreto legislativo e dei rispettivi statuti, le agenzie fiscali hanno autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria»; mentre l’art. 66 prosegue statuendo al primo comma «Le agenzie fiscali sono regolate dal presente decreto legislativo, nonché dai rispettivi statuti deliberati da ciascun comitato di gestione», al secondo comma «gli statuti … recano principi generali in ordine all’organizzazione e al funzionamento dell’Agenzia». Infine, il comma terzo specifica che «l’articolazione degli Uffici a livello centrale e periferico, è stabilita con disposizioni interne che si conformano alle esigenze della conduzione aziendale».

(7) Le agenzie fiscali sono dotate di un proprio statuto e hanno personalità giuridica di diritto pubblico: sul tema per tutti ved. m. cipolla, Agenzie fiscali, in Digesto sez. comm.,  III, aggiornamento, Torino, 2007, 25 ss.

(8) In Boll. Trib. On-line; tale provvedimento aveva istituito gli “Uffici controlli fiscali” incardinati nel “Settore Accertamento” delle Direzioni regionali tra le cui attribuzioni vi era anche quella di eseguire verifiche. Tale attribuzione costituiva tra l’altro diretta applicazione della previsione dell’art. 4, terzo comma, del regolamento di amministrazione, approvato con delibera del Comitato direttivo 13 dicembre 2000, n. 6, in virtù del quale le strutture regionali, oltre alle funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli Uffici locali, «svolgono attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dell’accertamento, della riscossione e del contenzioso».

(9) Il diritto sancito dall’art. 14 Cost. viene qualificato come “inviolabile” in quanto finalizzato a garantire il nucleo essenziale della libertà dell’uomo. Ciò non esclude che tale diritto possa essere oggetto di limitazioni intese a perseguire altri interessi costituzionalmente rilevanti tra cui l’obbligo di solidarietà e di contribuzione. In virtù della tutela garantista posta dalla riserva di legge, le limitazioni devono però trovare la propria fonte in una norma di legge. Per quanto qui interessa la fonte normativa necessaria e sufficiente a comprimere il diritto all’inviolabilità del domicilio per ispezioni a fini fiscali va ravvisata negli artt. 52 del D.P.R. n. 633/1972 e 33 del D.P.R. n. 600/1973. Si tratta di stabilire se tali poteri siano esercitabili dall’Agenzia solo attraverso gli Uffici locali o anche con l’impiego di Uffici regionali.

(10) Questa almeno è l’impostazione seguita dalle citate sentenze n. 132/2009 della Comm. trib. reg. della Puglia, e n. 80/2011 della Comm. trib. prov. di Milano. Ancora peggio aveva fatto Comm. trib. prov. di Bari n. 12/2008, cit., che si è avventurata in una cervellotica interpretazione delle disposizioni del regolamento di amministrazione secondo cui il termine “funzioni” che l’art. 5, primo comma, dispone siano svolte a livello locale, e il termine “attività” che l’art. 4, terzo comma, assegna alle Direzioni regionali «non possono essere considerati sinonimi», perché «l’attività si svolge nell’ambito delle funzioni attribuite». La conseguenza che la Commissione pugliese trae da questa distinzione terminologica è che le Direzioni regionali non sono legittimate da nessuna norma (neanche di rango regolamentare) a svolgere funzioni istruttorie di verifica.

(11) Richiamano a sostegno della propria decisione varie decisioni di merito, tra le quali, oltre la già citata Comm. trib. prov. di Bari n. 12/2008, anche Comm. trib. prov. di Napoli 31 dicembre 2010, nn. 665 e 666, in Boll. Trib., 2011, 876, a conferma che il problema è più vasto di quanto sembri.

(12) Dall’anno 2009 presso le Direzioni regionali gli unici Uffici preposti ad attività di verifica sono l’Ufficio Grandi Contribuenti, l’Ufficio Antifrode e l’Ufficio Controlli Fiscali (non previsto nella Direzione regionale Veneto) così come istituiti dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia 27 novembre 2008, n. 179932, di talché è ragionevole presumere che si trattasse di funzionari di uno dei primi due Uffici citati. Le Commissioni richiamate nella nota 1 si erano invece espresse su verifiche condotte, nel periodo antecedente al 2008, da funzionari dell’ex Ufficio Controlli Fiscali incardinati nel Settore Accertamento delle Direzioni regionali.

(13) Il D.L. n. 185/2008 all’art. 27 rubricato «Accertamento» prevede al comma 15: «L’Agenzia delle entrate svolge i compiti  previsti dal presente articolo e procede alla riorganizzazione ai  sensi del comma 13 con le risorse umane e finanziarie assegnate a legislazione vigente».

(14) Il D.L. n. 112/2008 all’art. 83 rubricato «Efficienza dell’Amministrazione finanziaria» prevede ai commi 5 e 6: «Ai fini di una più efficace prevenzione e repressione dei fenomeni di frode in materia di IVA nazionale e comunitaria l’Agenzia delle entrate, l’Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza incrementano la capacità operativa destinata a tali attività anche orientando appositamente loro funzioni o strutture al fine di assicurare: a) l’analisi dei fenomeni e l’individuazione di specifici ambiti di indagine; b) la definizione di apposite metodologie di contrasto; c) la realizzazione di specifici piani di prevenzione e contrasto dei fenomeni medesimi; d) il monitoraggio dell’efficacia delle azioni poste in essere». «Il coordinamento operativo tra i soggetti istituzionali di cui al comma 5 è assicurato mediante un costante scambio informativo anche allo scopo di consentire la tempestiva emissione degli atti di accertamento e l’adozione di eventuali misure cautelari».

(15) La chiosa finale dei giudici patavini apre uno spiraglio che in realtà nasconde un universo. Secondo un complessivo orientamento della Corte di Cassazione, non sempre, infatti, un’acquisizione irrituale delle prove comporta l’inutilizzabilità delle stesse. In altre parole, non è così scontato che, da un processo verbale di constatazione anche redatto in carenza di potere, discenda automaticamente la nullità dell’avviso di accertamento. Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’equivalenza “prove irritualmente acquisite=accertamento nullo” non è infatti così scontata. La Cassazione fin dal 2001, con la sentenza, sez. trib., 19 giugno 2001, n. 8344, in Boll. Trib., 2001, 1348, ha stabilito che l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta l’inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, che possono essere utilizzati salvo la verifica della loro attendibilità; in tal senso si sono espresse anche Cass., sez. trib., 29 ottobre 2010, n. 22135, ivi, 2011, 74; Cass., sez. trib., 11 giugno 2009, n. 13486, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 23 marzo 2007, n. 7144, in Boll. Trib., 2008, 342, con nota di c. cipollini, L’indebita detrazione IVA di fatture per operazioni inesistenti; e Cass., sez. trib., 16 giugno 2006, n. 14056, in Boll. Trib. On-line; la Corte di Cassazione è intervenuta anche di recente sulla questione con la sentenza, sez. trib., 25 novembre 2011, n. 24923, ivi, ribadendo che non qualsiasi irritualità dell’acquisizione comporta di per sé l’inutilizzabilità, esclusi i casi in cui sono stati violati i diritti fondamentali della Carta Costituzionale. In dottrina, senza pretesa di esaustività ved. e.a. sepe, L’inutilizzabilità delle prove irritualmente acquisite e la valenza degli elementi emersi in sede penale, in il fisco, n. 1/2009; b. lipari, Inutilizzabilità di elementi probatori irritualmente acquisiti, ivi, 2007, 6712 ss.; e g. porcaro, Profili ricostruttivi del fenomeno della (in)utilizzabilità degli elementi probatori illegittimamente raccolti. La rilevanza anche tributaria delle (sole) prove “incostituzionali”, in Dir. prat. trib., 2005, 15 ss. Per un approfondimento della questione si rimanda ad altre occasioni.

(16) In Boll. Trib., 2009, 623.

(17) Secondo la circ. 9 aprile 2009, n. 13/E, in Boll. Trib., 2009, 623: «Dal punto di vista organizzativo si sottolinea come il nuovo assetto miri a rafforzare l’impegno dell’Agenzia nella lotta alle frodi mediante la creazione di strutture dedicate a questo tipo di attività, anche nell’intento di migliorare la conoscenza dei fenomeni e di sviluppare un’adeguata sensibilità investigativa ed operativa. In particolare, il nuovo assetto derivato dalla recente riorganizzazione prevede: l’istituzione di uno specifico Ufficio Centrale antifrode con compiti di analisi e definizione delle strategie e metodologie operative, nonché operativi connessi all’espletamento diretto di indagini di particolare complessità e diffusione sul  territorio. L’Ufficio Centrale opererà in sinergia con le strutture  territoriali impegnate nella lotta alle frodi in modo da garantire coerenza d’azione; l’istituzione in nove Direzioni Regionali di uno specifico Ufficio Antifrode Regionale che avrà compiti pressoché analoghi a quelli dell’Ufficio Centrale al quale fornirà supporto per l’analisi dei fenomeni e collaborazione relativamente alle indagini su fenomeni significativi a livello nazionale; l’attribuzione del compito di svolgere indagini fiscali su fenomeni di frode significativi a livello regionale agli Uffici Controlli fiscali presenti nelle Direzioni Regionali per le quali non è stata prevista l’istituzione di uno specifico Ufficio Antifrode. In particolare, per le Direzioni Regionali del Molise e della Valle d’Aosta, nonché per le Direzioni Provinciali di Trento e di Bolzano l’Ufficio Controllo ha il compito di svolgere indagini fiscali su fenomeni di frode significativi a livello, rispettivamente, regionale e provinciale. La concentrazione delle attività di contrasto alle frodi in ambito regionale ha lo scopo di favorire un’adeguata individuazione dei fenomeni nella loro interezza, evitando analisi o interventi parziali che, come tali, potrebbero fornire un quadro insufficiente sia per quanto concerne i soggetti coinvolti che le violazioni dagli stessi commesse, così da rendere l’attività di controllo incompleta o non  adeguatamente motivata e, di conseguenza, parziale o incerto il recupero delle imposte evase».

(18) Presso le Direzioni regionali della Lombardia, del Lazio, del Piemonte, del Veneto, della Toscana, dell’Emilia Romagna, della Campania, della Sicilia e della Puglia.

(19) Come del resto esplicitato dalla stessa circ. n. 13/E/2009, cit. In questo senso sembra troppo riduttiva la tesi di chi vede una violazione del principio di proporzionalità e sussidiarietà nell’attribuzione dei poteri di verifica agli organi regionali invece che agli Uffici locali che conoscerebbero meglio il territorio e sarebbero i più vicini ai contribuenti sottoposti a controlli. Così a. bodrito, op. cit. Operativamente ci sono, come detto, delle verifiche che richiedono coordinamento e scambio di informazioni e che necessitano, per essere proficue, di avere una regia a livello regionale se non centrale. Inoltre per quanto riguarda la maggiore facilità per il contribuente di rapportarsi con l’Ufficio periferico sembra opportuno sottolineare il distinguo tra attività di verifica e attività di accertamento. L’Ufficio Antifrode, come già facevano gli Uffici Controlli presenti nelle Direzioni regionali fino all’anno 2008, e a differenza dell’Ufficio Grandi Contribuenti, compie solo l’attività istruttoria di verifica. I processi verbali di constatazione sono trasmessi alle Direzioni provinciali competenti e rappresentano la fonte di innesco per l’istruttoria relativa all’accertamento.

(20) In tal senso f. pistolesi, op. cit.

(21) Il provvedimento del Direttore n. 179932/2008, cit., ha previsto l’istituzione degli Uffici Grandi Contribuenti nelle Direzioni regionali della Lombardia, del Lazio, del Piemonte, del Veneto, della Toscana, dell’Emilia Romagna, della Campania, della Sicilia e della Puglia. Per le altre Regioni le stesse funzioni sono state attribuite agli Uffici Controlli Fiscali delle Direzioni regionali che accorpano, come sopra ricordato, anche le funzioni proprie degli Uffici Antifrode.

(22) Si veda, a conferma, quanto già riportato in nota 4. In dottrina anche t. marino, op. cit., ha sostenuto che l’art. 27 del D.L. n. 185/2008 è la prova della mancanza di potere degli organi regionali, perché «se veramente i poteri di accesso, ispezione e verifica fossero già stati attribuiti alle Direzioni regionali delle entrate con un precedente atto avente forza di legge, non sussisterebbe alcuna logica ragione per spiegare per quale motivo il legislatore avrebbe invece dovuto nuovamente intervenire per attribuire espressamente tali poteri alle richiamate strutture dell’Agenzia delle entrate».

(23) Su tali Uffici, teoricamente, l’Amministrazione investe le migliori risorse di personale essendo preposti allo svolgimento di attività di verifica complesse e spesso importanti in termini di recupero di imposta. Senza poi considerare che nella pratica, talvolta per esigenze legate alla gestione delle risorse, agire per conto di un Ufficio vuol dire semplicemente che funzionari magari “prestati” da altri Uffici redigono un processo verbale su carta intestata di quell’Ufficio. Per “attribuire” un processo verbale a un Ufficio si dovrebbe fare riferimento alla lettera di incarico-autorizzazione di cui devono essere muniti i funzionari ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972 e solitamente firmata dal Capo Ufficio. Se si dovesse ritenere fondata la tesi che vorrebbe privi dei poteri di verifica gli organi delle Direzioni regionali allora, per assurdo, si dovrebbe ritenere che anche il Capo Settore Accertamento della Direzione regionale o addirittura il Direttore regionale stesso, massimo dirigente di vertice, non potrebbero validamente sottoscrivere le autorizzazioni agli accessi dei propri funzionari.

(24) Vedi t. lamedica, Accertamenti e controlli per i grandi contribuenti, in Corr. trib., 2009, 2821 ss.

(25) Ma in questo caso si dovrebbe investire della questione il giudice delle leggi e quindi la Corte Costituzionale. Senza poi voler sconfinare nel campo del diritto amministrativo, che non ci compete, si potrebbe interrogarsi sulla natura e legittimità del regolamento alla luce delle classificazioni riscontrabili nella dottrina e nella giurisprudenza amministrativa fondate sull’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. Riguardo a tali categorie va precisato che la legge n. 59/1997 aggiungendo un comma 4-bis all’art. 17 della legge n. 400/1988 ha introdotto una nuova figura di regolamenti in materia di organizzazione e disciplina degli Uffici dei Ministeri. L’art. 4 del D.Lgs. n. 300/1999, di riforma dei Ministeri, conferma le previsioni del comma 4-bis e aggiunge che i regolamenti in esame raccolgono tutte le disposizioni normative relative a ciascun Ministero, per cui le restanti norme vigenti sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti medesimi. Ved. l. delpino – f. del giudice, Diritto Amministrativo, Milano, 2011.

(26) In questo senso t. lamedica, op. cit., pone il problema evidenziando anche il fatto che il D.L. n. 112/2008 e il D.L. n. 185/2008 sono stati approvati senza un controllo parlamentare essendo stata posta e ottenuta la fiducia.

(27) In questo senso però sembrano coerenti le scelte del provvedimento direttoriale n. 179932/2008, cit., che laddove ha ricevuto una delega ampia (nel caso degli Uffici Grandi Contribuenti con il D.L. n. 185/2008) ha non solo posizionato a livello regionale l’attività di verifica ma ha trasferito a tale livello anche la competenza territoriale in materia di accertamento con il conseguente spostamento del giudice naturale. Laddove, invece, ha ricevuto una delega più delimitata (nel caso degli Uffici Antifrode con il D.L. n. 112/2008) ha solo posizionato a livello regionale l’attività di verifica conservando a livello locale la competenza in materia di accertamento.

(28) Questo perché, a parere di chi scrive, la legittimazione degli organi regionali a effettuare le verifiche è da rinvenire già nelle disposizioni del D.Lgs. n. 300/1999 esplicitate nel regolamento dell’Agenzia. Le pronunce esaminate, per arrivare ad affermare la carenza di potere degli organi regionali, si sono limitate ad affermare la mancanza di previsione normativa, ma, processualmente, avrebbero dovuto quanto meno fare riferimento al quinto comma dell’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992, e disapplicare il provvedimento del Direttore quanto mai chiaro nell’attribuire l’attività di verifica anche alle Direzioni regionali.

(29) Di contrario avviso t. marino, op. cit., secondo cui la formulazione del tutto generica dell’art. 41-bis è volta unicamente a consentire agli Uffici di utilizzare qualsiasi elemento e riguarda in ogni caso solo l’accertamento parziale.

(30) La Corte di Cassazione, sez. un., con la sentenza 14 gennaio 2005, n. 604, in Boll. Trib., 2005, 793, si è espressa sulla vexata quaestio dell’epoca relativa alle sorti dell’appello proposto dagli Uffici periferici delle Agenzie fiscali senza l’autorizzazione dell’organo regionale sovraordinato così come richiesta espressamente dall’art. 52, secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992. La Suprema Corte ha ritenuto tale disposizione non applicabile all’Agenzia delle entrate a cui «il D.lgs. 30 luglio 1999 n. 300 che ha soppresso gli Uffici ed organi ministeriali ai quali il citato art. 52 fa riferimento, ha attribuito la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli Uffici del Ministero delle Finanze, e trasferito i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze, da esercitarsi secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia». L’intervento delle Sezioni Unite finalizzato a dare attualità a un decreto legislativo risalente negli anni era stato tacciato da più parti in dottrina di travalicare la volontà legislativa. La stessa Agenzia delle entrate con la circolare 24 ottobre 2007, n. 56/E, in Boll. Trib., 2007, 1710, raccomandava ai propri Uffici di continuare ad applicare la procedura di autorizzazione all’appello. L’acceso dibattito dottrinale si è sopito solo con l’intervento del legislatore che con l’art. 3 del D.L. 25 marzo 2010, n. 40 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73), a fugare ogni dubbio, ha abrogato il secondo comma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 546/1992.

(31) Tra l’altro ci si potrebbe interrogare in merito all’estensione della nozione di domicilio tutelato dall’art. 14 Cost. In questo senso però pare vi sia sostanziale concordanza in dottrina nel ritenere che rientrino nell’ambito di applicazione dell’art. 14 Cost. oltre alle abitazioni, anche luoghi destinati a lavoro, amministrazione, svago e cultura. Propende, invece, per la limitazione del domicilio all’ambiente domestico g. abbamonte, libertà e convivenza, Napoli, 1954, 73 ss. L’art. 52 del D.P.R. n. 633/1972, a cui rimanda l’art. 33 del D.P.R. n. 600/1973, nel disciplinare i poteri e i limiti di accesso, ispezioni e verifiche opera invece una distinzione tra le modalità di accesso nei locali destinati all’esercizio delle attività “lavorative” rispetto agli accessi agli altri locali, tra cui le abitazioni private.

 

Postilla – Sui poteri di verifica delle

Direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate

 

Ho letto con estremo interesse la nota che precede a commento delle due recenti sentenze rese dai giudici tributari di Treviso e di Padova, sopra riportate. Finalmente un attento osservatore si è reso conto che l’Agenzia delle entrate, complice il disordinato (delirante?) incedere del nostro legislatore con le sue continue e improbabili riforme, affronta ora un serio problema riguardo alla legittimità di molte verifiche fiscali condotte rispetto a complesse e delicate fattispecie. Infatti, le Direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate, in considerazione della preparazione tecnica dei loro funzionari, sono chiamate a controllare i contribuenti di maggiore rilevanza fiscale e ad evitare che pericolosi schemi fraudolenti creino danni a catena nel sistema finanziario ed economico italiano.

Peccato, però, che già tre anni or sono si fosse posto il dubbio se, o almeno in quali casi, i predetti Organi dell’Amministrazione finanziaria siano realmente provvisti dei poteri per espletare le funzioni di accesso, ispezione o verifica (1), e che poi la giurisprudenza di merito abbia ripetutamente e prevalentemente giudicato le Direzioni regionali dell’Agenzia sprovviste dei poteri di accesso, ispezione e verifica attribuiti agli Uffici finanziari periferici (2).

L’Autore, nel suo commento, rivendica la libertà di organizzazione interna dell’Agenzia delle entrate, ma tale libertà trova i suoi confini nei diritti costituzionalmente garantiti del contribuente, che non possono essere indebitamente compressi a fronte di semplici regolamenti di un mero ente pubblico con personalità giuridica autonoma come l’Agenzia fiscale. I poteri di accesso, ispezione e verifica degli Uffici finanziari sono assai pregnanti e comprimono la sfera giuridica del contribuente. L’argomentazione della commistione tra funzionari dei vari Uffici in seno all’Agenzia delle entrate o la consuetudine (che non è fonte del diritto in tale materia) della tecnica legislativa di rinviare a regolamenti interni all’ente convincono poco e non provano nulla, almeno sotto il profilo squisitamente giuridico.

È un fatto che le norme che attribuivano i poteri di verifica fiscale alle Direzioni regionali sono state soppresse, e sembra davvero ultroneo e comunque improduttivo cercare di trovare la finalità di tale soppressione in un presunto passaggio di funzioni all’Agenzia delle entrate nel suo complesso. La verità è che la riforma che ha condotto all’istituzione delle Agenzie fiscali ha lasciato un pericoloso vuoto normativo, che in fretta e furia è stato colmato con i vari decreti legge del 2008 analizzati con giusta preoccupazione anche dallo stesso Autore.

Pertanto è difficile ipotizzare un ulteriore intervento salvifico del legislatore che, se avesse potuto, non avrebbe predisposto nel 2008 delle norme così precise e circoscritte per attribuire solo in ben definite circostanze i poteri di verifica fiscale anche alle Direzioni regionali e, in ogni caso, le deleterie conseguenze che ne sono derivate nella ripartizione delle funzioni tra i vari Organi e Uffici dell’Agenzia non possono certo definirsi frutto di «interpretazioni inutilmente cavillose» né possono sbrigativamente imputarsi a un inverosimile “delirio collettivo” degli operatori, ma vanno piuttosto ascritte alle manchevolezze e responsabilità dello stesso legislatore. Senza contare, poi, che supporre che questioni di tale delicatezza vengano risolte con interventi legislativi a posteriori a unilaterale vantaggio di una sola delle parti del rapporto tributario appare davvero inconciliabile con i principi cardine del moderno Stato di diritto.

Sarà senz’altro interessante, invece, vedere come affronterà il tema la Suprema Corte per contemperare le ragioni erariali con i diritti del contribuente nel rispetto della disciplina positiva, considerato che già da diverso tempo sono state depositate alcune sentenze delle Commissioni tributarie regionali in materia, inevitabilmente destinate a giungere al vaglio della Corte regolatrice.

La verità è che la riforma istitutiva delle Agenzie fiscali ha creato, sin dalla sua introduzione, molti rilevanti inconvenienti e problemi, come ha efficacemente dimostrato la deprecabile confusione a suo tempo creatasi in merito alla loro legittimazione processuale, attiva e passiva.

Invece di pensare a cambiare nome agli Uffici finanziari, quel che andrebbe recuperato è lo spirito di fiducia del cittadino nello Stato e il rapporto di leale collaborazione tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente, purtroppo minato da anni di incremento del generale livello di pressione fiscale, anche sotto il profilo della riscossione dei tributi, soprattutto a causa della gravissima crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008 e tuttora in corso.

Avv. Tancredi Marino

 

(1) Cfr. t. marino, Aspetti critici delle verifiche fiscali condotte direttamente dai funzionari delle Direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate, in Boll. Trib., 2009, 1258; e, successivamente, a. bodrito, Nullo l’accertamento basato su dati acquisiti dalle Direzioni regionali prive dei poteri di verifica, in Corr. trib., 2011, 2275, in nota a Comm. trib. prov. di Milano, sez. XXVI, 2 marzo 2011, n. 80.

(2) Cfr. per tutte Comm. trib. prov. di Bari, sez. XXIII, 19 marzo 2008, n. 12, in Boll. Trib., 2009, 1307; Comm. trib. reg. della Puglia, sez. VI, 11 dicembre 2009, n. 132, ivi, 2010, 562; Comm. trib. prov. di Napoli, sez. XXIX, 31 dicembre 2010, nn. 665 e 666, ivi, 2011, 876; Comm. trib. prov. di Milano, sez. II, 13 gennaio 2011, n. 9, in Boll Trib. On-Line; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XXVI, 2 marzo 2011, n. 80, in Boll. Trib., 2011, 1255; Comm. trib. reg. della Campania, sez. VII, 18 luglio 2011, n. 420, ibidem, 1407; e Comm. trib. prov. di Lecce, sez. II, 10 febbraio 2012, n. 37, ivi, 2012, 549.



(1)  Circ. 9 aprile 2009, n. 13/E, in Boll. Trib., 2009, 623.

(2) Cass. 23 dicembre 2008, n. 30057, in Boll. Trib., 2009, 481.

 

 

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