19 Gennaio, 2018

1. Premessa

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, si è occupata dell’imposizione indiretta dei trust liberali giungendo, si ritiene opportuno evidenziarlo fin da subito, a conclusioni che sono pienamente condivisibili e che, finalmente, mettono un po’ di ordine alla questione.
La Suprema Corte ha affermato due importanti principi.
Prima di tutto, è stato statuito che con l’art. 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286), con il quale è stata reintrodotta nell’ordinamento l’imposta sulle successioni e donazioni, non si è inteso istituire un nuovo e autonomo tributo sulla costituzione di vincoli di destinazione.
In secondo luogo, inoltre, è stato chiarito che, poiché con la costituzione di un trust non si ha un reale trasferimento della proprietà o altro diritto reale di godimento di beni, in quanto l’unico effetto che si ottiene è quello della loro segregazione patrimoniale, le imposte ipotecarie e catastali non possono trovare applicazione in modo proporzionale, ma devono essere determinate in misura fissa.

2. Fattispecie

La sentenza in rassegna trae spunto dall’istituzione di un trust autodichiarato in cui il settlor segregava beni immobili e quote di società prevedendo che, alla scadenza ivi prevista o alla morte del disponente, i beni venissero poi devoluti ai beneficiari finali espressamente individuati.
Il notaio rogante, in sede di autoliquidazione, versava solamente le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, oltre all’imposta di bollo.
L’Amministrazione finanziaria, ritenendo che il presupposto impositivo si fosse verificato con la costituzione del vincolo di destinazione, provvedeva a riliquidare le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale.
L’Ufficio tributario precisava, altresì, che doveva ritenersi applicabile anche l’imposta sulle successioni e donazioni già al momento della costituzione del trust. La riliquidazione di tale imposta, tuttavia, non portava all’emersione di una base imponibile da sottoporre a imposizione per effetto delle franchigie previste dalla normativa vigente [art. 2, comma 49, lett. a), del citato D.L. n. 262/2006].
L’avviso di liquidazione veniva impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Perugia che accoglieva le richieste della parte ricorrente (1).
L’Amministrazione finanziaria proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale, la quale dopo una precisa e accurata analisi dell’istituto del trust e dei riflessi in ambito tributario in materia di imposizione indiretta, concludeva respingendo l’appello dell’Ufficio.
L’Agenzia delle entrate, infine, proponeva ricorso per cassazione affidandolo ad un unico motivo, ossia al fatto che con la reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni (artt. 47 e segg. del D.L. n. 262/2006) il relativo ambito di applicazione sarebbe stato esteso anche alla costituzione di vincoli di destinazione. Più precisamente, secondo quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria, la costituzione di vincoli di destinazione, a cui si riferisce la fattispecie oggetto di analisi dovrebbe essere intesa come un autonomo presupposto dell’imposta sulle successioni e donazioni.

3. Alcune riflessioni

In uno scenario in cui dottrina (2), prassi amministrativa (3) e giurisprudenza di merito (4) concordavano nel ricondurre l’assoggettabilità a tassazione della costituzione di vincoli di destinazione nell’alveo dell’imposta sulle successioni e donazioni, sebbene manifestando posizioni contrastanti in relazione al momento in cui dovesse considerarsi realizzato il presupposto impositivo (5), all’inizio del 2015 si sono innescate tre ordinanze della Sezione VI della Corte di Cassazione (6), con le quali è stata enucleata una tesi ulteriore. La Suprema Corte, sulla base di un ragionamento insostenibile e illogico, come prontamente evidenziato da attenta dottrina (7), aveva concluso che con la reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni fosse stata istituita un’imposta autonoma correlata esclusivamente alla costituzione di vincoli di destinazione (8).
Tale orientamento, il quale è stato disatteso in modo pressoché univoco dalla giurisprudenza di merito (9) e che, in alcuni casi (10), è stato perfino criticato in maniera manifesta, viene ribaltato nella decisione qui annotata.
La Corte di Cassazione, difatti, nella sentenza in commento afferma che l’unico presupposto dell’imposta sulle successioni e donazioni è il trasferimento di diritti di proprietà e reali di godimento. Inoltre, in relazione al momento impositivo rilevante, la Suprema Corte avalla la tesi sostenuta dalla dottrina e suffragata dalla giurisprudenza di merito.
La Suprema Corte, partendo da una considerazione introduttiva dalla quale non è possibile prescindere, ovverosia la duttilità e l’eterogeneità dell’istituto del trust (11) che non costituisce una categoria uniforme ma un istituto che si declina nelle forme più variegate, e avendo quale riferimento il presupposto impositivo dei tributi rilevanti nel caso di specie, arriva ad affermare alcuni principi che sono pienamente condivisibili.
La Corte, innanzitutto, chiarisce che con la reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni nulla è mutato relativamente al presupposto della stessa, il quale rimane il reale trasferimento di beni o diritti (art. 1 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346), da cui deriva l’effettivo arricchimento dei beneficiari. Viene puntualizzato, inoltre, che la menzione esplicita effettuata dal legislatore in relazione all’assoggettamento a imposizione anche dei vincoli di destinazione costituisce una mera precisazione, la quale deve in ogni caso essere sempre correlata al verificarsi del presupposto impositivo, ovverosia il trasferimento di beni o diritti (12). Tale passaggio viene motivato attraverso la necessità di interpretare la novellata disposizione in maniera sistematica e non meramente letterale. In caso contrario, difatti, ci si troverebbe dinanzi ad una nuova imposta senza che ne siano stati identificati gli elementi costitutivi (ad eccezione del presupposto), con evidente violazione della riserva di legge ex art. 23 Cost. (13). Inoltre, in siffatta circostanza, la capacità contributiva tassabile derivante dal beneficio connesso alla segregazione dei beni dovrebbe essere calcolata in modo coerente e autonomo, e non attraverso un richiamo tout court alle regole previste in tema di imposta sulle successioni e donazioni, dal momento che l’utilità per il disponente è inequivocabilmente differente rispetto a quella ritraibile dai beneficiari finali (14).
In questo contesto non si vuole eccepire che l’istituzione di un tributo possa essere giustificata sulla base del principio del ragionevole criterio del riparto (15) ma, differentemente, si vuole mettere in rilievo che ammettendo l’istituzione di un tributo autonomo sulla costituzione di vincoli di destinazione tramite un mero richiamo alla disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni si verrebbe a privare di coerenza e sistematicità un ben definito impianto normativo (16).
Inoltre, come si evince dalla ricostruzione dell’analisi effettuata dai giudici, la costituzione di vincoli di destinazione deve essere letta come fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona esclusivamente con l’attribuzione dei beni del trust fund ai beneficiari.
Seguendo l’impostazione anzidetta che viene fatta propria implicitamente dalla Suprema Corte, conseguentemente, si giunge alla conclusione che l’imposta sulle successioni e donazioni non può trovare applicazione né al momento della costituzione e nemmeno a quello, se differente, della segregazione dei beni in trust poiché, in queste fasi iniziali, nessun soggetto ottiene un incremento patrimoniale da tali operazioni, dal momento che ciò che si realizza è solamente l’effetto segregativo di quei beni che confluiscono all’interno del patrimonio separato.
In secondo luogo, in caso di costituzione di un trust liberale autodichiarato, anche se dall’analisi della sentenza la conclusione risulta essere estensibile a tutti i trust liberali, viene stabilito che le imposte ipotecarie e catastali devono trovare applicazione in modo fisso (17), in quanto l’effetto segregativo che si ottiene con tale operazione, indipendentemente dal fatto che sia autodichiarato o meno, non è produttivo degli effetti traslativi che costituiscono il presupposto per la determinazione dell’imposta in modo proporzionale (ai fini dell’imposta ipotecaria rileva il combinato disposto dell’art. 1 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e degli artt. 1 e 4 della Tariffa ivi richiamata, mentre in relazione all’imposta catastale il riferimento normativo è l’art. 10 dello stesso decreto n. 347/1990) (18). Le imposte ipocatastali, pertanto, potranno essere applicate in maniera proporzionale esclusivamente quando si realizzerà l’effetto traslativo, ovvero quando i beni verranno devoluti effettivamente ai beneficiari finali.
Riassumendo e cercando di dare sistematicità al ragionamento della Suprema Corte, quindi, l’imposta sulle successioni e donazioni e le ipocatastali devono essere applicate in modo coordinato e unitario all’istituto del trust liberale.
L’approdo a cui giunge la Corte di Cassazione appare corretto soprattutto se si considerano due aspetti: il presupposto impositivo delle imposte summenzionate e la determinazione della loro base imponibile. Questi due profili, difatti, presentano similarità non trascurabili.
In effetti, in merito al presupposto, è richiesto che vi sia un effetto traslativo affinché possano trovare applicazione, da un lato, l’imposta sulle successioni e donazioni e, dall’altro lato, le ipocatastali in modo proporzionale.
In tema di ipocatastali, difatti, sebbene la lettera della disposizione normativa sembri identificare il presupposto impositivo, da un lato, dell’imposta ipotecaria con le formalità di trascrizione (art. 1 del D.Lgs. n. 347/1990, il quale afferma che «Le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione eseguite nei pubblici registri immobiliari sono soggette all’imposta ipotecaria secondo le disposizioni del presente testo unico e della allegata tariffa») e, dall’altro lato, dell’imposta catastale con la mera voltura nei registri catastali (art. 10 del D.Lgs. n. 347/1990, dove viene statuito che «Le volture catastali sono soggette all’imposta del 10 per mille sul valore dei beni immobili o dei diritti reali immobiliari determinato a norma dell’art. 2»), tale conclusione è imperfetta.
Invero, bisogna altresì tenere in considerazione che in tema di ipocatastali, ai fini della determinazione della base imponibile, si rinvia in modo recettizio alle regole individuate in tema di imposta sulle successioni e donazioni (artt. 2 e 10 del D.Lgs. n. 347/1990, rispettivamente per le imposte ipotecarie e catastali), il cui presupposto impositivo è costituito dal trasferimento di beni o diritti.
Un’interpretazione sistematica della disciplina esaminata, pertanto, non può che portare a ritenere che le imposte ipocatastali debbano essere applicate in misura proporzionale solo qualora vi sia un trasferimento di ricchezza (19), poiché solo in tali circostanze è coerente determinare la capacità contributiva tassabile avendo come riferimento le regole stabilite ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni (ovverosia avendo quale misura della base imponibile la ricchezza trasferita).
Sulla base di quanto esposto, in conclusione, non può non essere apprezzata e condivisa la ricostruzione effettuata dalla Suprema Corte nel tentativo di fornire una lettura sistematica dell’ordinamento tributario vigente in relazione all’imposizione indiretta del trust.

Dott. Marcello Moretti
Università di Bergamo

(1) Comm. trib. prov. di Perugia, sez. VII, 3 ottobre 2012, n. 201, in Boll. Trib. On-line.
(2) Sul tema si rinvia a D. STEVANATO, Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova, 2000, 166 ss.; F. PISTOLESI, La rilevanza impositiva delle attribuzioni liberali realizzate nel contesto dei trusts, in Riv. dir. sc. fin., 2001, 153 ss.; T. TASSANI, I Trusts nel sistema fiscale italiano, Pisa, 2012, 137 ss.; A. GIOVANNINI, Trust e imposte sui trasferimenti, in Rass. trib., 2000, 1111 ss.; U. PERRUCCI, La tassazione del trust “autodichiarato”, in Boll. Trib., 2015, 1210 ss.; A. RIGHINI – A. RIGHINI, Intestazione fiduciaria ed imposta di successione e donazione. Note alle circolari 22 gennaio 2008, n. 3/E e 27 marzo 2008, n. 28/E e riflessioni sull’intestazione di immobili alle società fiduciarie, ivi, 2008, 1736.
(3) Cfr. circ. 6 agosto 2007, n. 48/E, in Boll. Trib., 2007, 1304; e circ. 22 gennaio 2008, n. 3/E, ivi, 2008, 1736.
(4) Cfr., ex multis, Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XLIV, 19 settembre 2014, n. 4735; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XVII, 5 febbraio 2014, n. 1213; Comm. trib. reg. del Veneto, sez. VII, 27 novembre 2013, n. 90; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XV, 4 luglio 2012, n. 73; Comm. trib. reg. della Toscana, sez. XXIV, 17 novembre 2011, n. 77; Comm. trib. reg. del Lazio, sez. XXXIX, 29 settembre 2011, n. 709; Comm. trib. prov. di Firenze, sez. II, 29 marzo 2012, n. 82; Comm. trib. prov. di Treviso, sez. II, 24 febbraio 2011, n. 14; tutte in Boll. Trib. On-line.
(5) L’Amministrazione finanziaria, nelle già richiamate circ. n. 48/E/2007 e n. 3/E/2008, ha dichiarato di ritenere applicabile l’imposta sulle successioni e donazioni nel caso di costituzione di vincoli di destinazione con riferimento al momento in cui il trust viene costituito o, più correttamente, a quando venga dotato di un patrimonio. La dottrina, diversamente, ai fini dell’individuazione del momento impositivo, in maniera quasi unanime considera rilevante il momento dell’effettiva devoluzione dei beni ai beneficiari. Di parere contrario, per ragioni di semplificazione e per evitare ritardi o possibilità di evasione, A. FEDELE, Il trasferimento dei beni al trustee nelle imposte indirette, in G. FRANSONI – N. DE RENZIS SONNINO (a cura di), Teoria e pratica della fiscalità dei Trust, Milano, 2008, 13. Si evidenzia, infine, che la posizione dominante in dottrina è quella che, in modo pacifico, è stata adottata dalla giurisprudenza di merito.
(6) Cfr. Cass., sez. VI, 24 febbraio 2015, nn. 3735 e 3737, entrambe in Boll. Trib. On-line; nonché, Cass., sez. VI, 25 febbraio 2015, n. 3886, in Boll. Trib., 2015, 1267.
(7) Per un approfondimento si rinvia a D. STEVANATO, La “nuova” imposta su trust e vincoli di destinazione nell’interpretazione creativa della Cassazione, in Riv. giur. trib., 2015, 400; G. BIZIOLI, Vincoli di destinazione: modalità applicativa del tributo successorio o fantomatica imposta autonoma?, in Dial. trib., 2015, 108 ss.; T. TASSANI, Sono sempre applicabili le imposte di successione e donazione sui vincoli di destinazione?, in Trusts, 2015, 351; G. CORASANITI, Vincoli di destinazione, trust e imposta sulle successioni: la (criticabile) tesi interpretativa della Corte di Cassazione e le conseguenze, in Dir. prat. trib., 2015, 2068; A. CONTRINO, Sulla nuova (ma in realtà inesistente) imposta sui vincoli di destinazione “creata” dalla Suprema Corte: osservazioni critiche, in Rass. trib., 2016, 30; e U. PERRUCCI, op. cit., 1213.
(8) Tesi successivamente riaffermata da Cass., sez. VI, 7 marzo 2016, n. 4482, in Boll. Trib. On-line. Per un commento si rimanda a T. TASSANI, La Cassazione torna sull’imposta sui vincoli di destinazione, in Trusts, 2016, 341; e D. STEVANATO, Imposta sui vincoli di destinazione e giudice-legislatore: errare è umano, perseverare diabolico, in Giur. trib., 2016, 398.
(9) A titolo esemplificativo cfr. Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXXII, 26 maggio 2016, n. 3188; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXVII, 13 maggio 2016, n. 2845; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXXIV, 12 maggio 2016, n. 2827; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XIII, 17 marzo 2016, n. 1560; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XLV, 8 febbraio 2016, n. 706; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXVII, 14 settembre 2015, n. 3810; Comm. trib. reg. dell’Umbria, sez. II, 8 luglio 2015, n. 407; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. staccata di Brescia, sez. LXVI, 30 giugno 2015, n. 2919; Comm. trib. reg. della Toscana, sez. IX, 12 giugno 2015, n. 1077; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XVI, 20 maggio 2016, n. 4496; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XLVI, 8 febbraio 2016, n. 1109; Comm. trib. prov. di Lodi, sez. I, 19 febbraio 2016, n. 10; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XVI, 20 luglio 2015, n. 6574; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XXI, 23 giugno 2015, n. 5700; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XXVI, 4 giugno 2015, n. 4999; Comm. trib. prov. di Milano, sez. III, 8 maggio 2015, n. 4180; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XVII, 12 maggio 2015, n. 4285; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XVIII, 26 maggio 2015, n. 4771; Comm. trib. prov. di Latina, sez. I, 14 maggio 2015, n. 716; Comm. trib. prov. di Treviso, sez. IX, 26 maggio 2015, n. 379; tutte in Boll. Trib. On-line.
(10) Tra le altre cfr. Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XII, 15 marzo 2016, n. 1499, e Comm. trib. prov. di Milano, sez. XXV, 26 novembre 2015, n. 9552, entrambe in Boll. Trib. On-line, dove quanto statuito dalla Cassazione nelle ordinanze pronunciate all’inizio del 2015 viene ritenuto irragionevole e non condivisibile.
(11) L’eterogeneità dell’istituto del trust e la conseguente impossibilità di ricondurlo ad una disciplina fiscale unitaria è stata evidenziata dalla dottrina. Si veda, a titolo esemplificativo, G. FRANSONI, Allargata l’imponibilità dei vincoli di destinazione, in Corr. trib., 2008, 650; T. TASSANI, I Trusts nel sistema fiscale italiano, cit., 165; e A. CONTRINO, op. cit., 43-45.
(12) Come sottolineato da G. BIZIOLI, op. cit., 112.
(13) Come messo in evidenza da D. STEVANATO, La “nuova” imposta su trust e vincoli di destinazione nell’interpretazione creativa della Cassazione, cit., 407; e G. BIZIOLI, op. cit., 111-112.
(14) Cfr. G. BIZIOLI, op. cit., 111; e L. SALVINI, L’imposta sui vincoli di destinazione, in Rass. trib., 2016, 925 ss.
(15) Su tutti F. GALLO, Le ragioni del fisco, Bologna, 2007, 87 ss.
(16) Sul punto D. STEVANATO, La “nuova” imposta su trust e vincoli di destinazione nell’interpretazione creativa della Cassazione, cit., 404; e A. CONTRINO, op. cit., 41.
(17) In modo conforme Cass., sez. V, 18 dicembre 2015, nn. 25478 e 25479, entrambe in Boll. Trib. On-line. Per un commento delle sentenze si rinvia a D. STEVANATO, Trust liberali e imposizione indiretta, uno sguardo al passato rivolto al futuro?, in Corr. trib., 2016, 676 ss.; e G. MARINO, La Corte di Cassazione e l’imposta di registro, in Trusts, 2016, 233 ss. Nella giurisprudenza di merito, in senso contrario all’approdo della Suprema Corte, ved. Comm. trib. prov. di Treviso, sez. I, 29 marzo 2001, n. 27, in Boll. Trib., 2002, 151, con nota di G. AIELLO, Il contratto di Trust e l’imposta di registro. In questa sede, al fine di mettere in risalto la portata innovativa della sentenza annotata, si considera opportuno precisare esclusivamente che le due decisioni della Suprema Corte afferivano ad una fattispecie di trust istituito prima della reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni ad opera del D.L. n. 262/2006 e in relazione all’imposta proporzionale di registro.
(18) Se è evidente che nel trust liberale autodichiarato, ovverosia quando il settlor coincide con il trustee, è indubbio il fatto che non ci sia un arricchimento patrimoniale per il disponente, è altrettanto pacifico che, nel caso in cui il settlor e il trustee sono due soggetti differenti, non vi è alcun soggetto che ottiene un incremento patrimoniale. Se il settlor, da un lato, perde la disponibilità dei beni segregati in trust, in capo al trustee, dall’altro lato, non si verifica alcun incremento patrimoniale, poiché allo stesso sono attribuiti esclusivamente poteri di gestione vincolati al raggiungimento degli scopi determinati dal settlor in sede di costituzione del trust.
(19) Cfr. N. DOLFIN, Le imposte ipotecarie e catastali, in G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario. Parte Speciale, Padova, 2016, 993 ss.

Imposte ipotecarie e catastali – Trust – Istituzione di trust autodichiarato con conferimento di immobili e partecipazioni sociali – Assimilabilità ad una donazione indiretta – Assenza di trasferimento di beni e di arricchimento di persone – Assoggettamento del trust alle imposte ipotecarie e catastali con aliquota in misura fissa – Consegue.

L’istituzione di un trust cosiddetto “autodichiarato”, con conferimento di immobili e partecipazioni sociali, con durata predeterminata o fino alla morte del disponente-trustee e con beneficiari i discendenti di quest’ultimo, deve scontare l’imposta ipotecaria e quella catastale in misura fissa e non proporzionale, perché la fattispecie si inquadra in quella di una donazione indiretta cui è funzionale la “segregazione” quale effetto naturale del vincolo di destinazione, una “segregazione” da cui non deriva quindi alcun reale trasferimento di beni e arricchimento di persone, trasferimento e arricchimento che dovrà invece realizzarsi a favore dei beneficiari, i quali saranno perciò nel caso successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Chindemi, rel. Bruschetta), 26 ottobre 2016, sent. n. 21614, ric. Agenzia delle entrate]

FATTO – Pronunciando sull’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione n. 201/07/12 della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia che aveva annullato l’avviso di liquidazione n. … con il quale venivano recuperate nei confronti del notaio rogante D.F. imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale con aliquote rispettivamente del 2% e 1% base imponibile € 624.000,00 relativamente a un atto di costituzione di un trust cosiddetto «autodichiarato» denominato S. registrato il 17 dicembre 2012 in esenzione d’imposta sulle successioni e donazioni perché rientrante nella «franchigia» – e nel quale erano stati conferiti immobili e quote sociali fino al 31 dicembre 2032 o fino alla morte del disponente e trustee M.L. con successivo trasferimento ai beneficiati discendenti dello stesso – la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria con l’impugnata sentenza n. 239/01/14 depositata il 26 febbraio 2014 riteneva conformemente al primo giudice che l’atto dovesse scontare la tassazione in misura fissa poiché «nel caso di specie nessun trasferimento di beni che dovesse essere soggetto alle imposte ipotecarie e catastali era stato ancora posto in essere, anche in considerazione della natura di trust autodichiarato del trust S. nel quale il disponente e il trustee coincidevano con la medesima persona» e mentre invece in parziale riforma dichiarava «l’improcedibilità/inammissibilità del ricorso proposto dal trust S.».
L’ufficio proponeva ricorso per cassazione affidato a un solo motivo, cui resistevano il notaio e il trust in persona del suo trustee, i quali preliminarmente eccepivano l’inammissibilità dell’impugnazione ex adverso.
I contribuenti si avvalevano della facoltà di depositare memoria.

DIRITTO – 1. Poiché la declaratoria della CTR di «improcedibilità/inammissibilità» del ricorso promosso dal trust S. in persona del suo trustee non è stata impugnata (statuizione peraltro conforme alla giurisprudenza di questa Corte, v. Cass. sez. trib. n. 25478 del 2015 (1); Cass. sez. 1^ n. 3456 del 2015 (2); che hanno consolidato il principio per cui il trust manca di personalità giuridica poiché trattasi di un «insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto»), la stessa è passata in giudicato da rilevarsi d’ufficio in ogni stato e grado (Cass. sez. I n. 17261 del 2013; Cass. sez. lav. n. 20427 del 2012), con la conseguenza che sono inammissibili sia il ricorso per cassazione promosso dall’Ufficio nei confronti del ridetto trust e sia il controricorso di quest’ultimo.

2. Come anticipato in narrativa del presente, il contribuente notaio ha eccepito l’inammissibilità dell’avversario ricorso per cassazione sia per difetto di autosufficienza perché nello stesso non sarebbero stati riprodotti tutti gli atti e i documenti richiamati e sia perché l’impugnazione sarebbe in realtà intesa a ottenere dalla Corte un proibito «riesame nel merito della questione» circa la definizione del trust «come vincolo di destinazione o meno» e oltreché circa la «valutazione di merito inerente il momento in cui si viene a verificare il trasferimento di beni che deve essere oggetto di tassazione».
Le eccezioni sono entrambe infondate.
La prima eccezione deve essere rigettata perché come noto gli atti e i documenti debbono essere indicati e riprodotti nella misura in cui gli stessi siano indispensabili, esigenza che manca invece nella concreta fattispecie in cui i fatti sono inter partes del tutto pacifici anche perché senza contestazioni riportati nell’impugnata sentenza (Cass. sez. lav. n. 14561 del 2012 (3); Cass. sez. 2^ n. 26234 del 2005). La seconda eccezione è parimenti da rigettarsi perché nella concreta fattispecie i fatti sono incontroversi, in particolare non sono in discussione la caratteristica per es. «autodichiarata» del trust S. o il conferimento di immobili e quote ecc. oppure che i beni debbano essere trasferiti ai discendenti alla morte del disponente trustee o in alternativa trascorso il più lungo termine previsto, bensì quella che deve essere stabilita è la disciplina fiscale dell’atto costitutivo del ridetto trust S. e quindi soltanto una questione di diritto.

3. Con l’unico motivo di ricorso rubricato «Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 47, 48 e 49 d.l. n. 262/2006, convertito in l. n. 286/2006, nonché degli artt. 2 e 10 d.lgs. n. 347/90, e dell’art. 1 Tariffa allegata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”, l’Ufficio deduceva che con l’art. 2, comma 47 ss., d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, conv. con modif. in l. 24 novembre 2006 n. 286 era stata «reintrodotta nell’ordinamento giuridico l’imposta sulle successioni e donazioni estendendone l’ambito di applicazione alla costituzione di vincoli di destinazione», ai quali doveva ricondursi anche la costituzione del trust «autodichiarato» oggetto di controversia atteso che con lo stesso erano stati conferiti beni a titolo gratuito «al trustee da immettere in trust» con efficacia «segregante», così come in effetti previsto dall’art. 2, comma 47 ss., d.l. n. 262 cit. che espressamente assoggettava all’imposta sulle successioni e donazioni ex d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 gli atti di costituzione dei «vincoli di destinazione», con la conseguenza che la CTR avrebbe errato a ritenere che anche in considerazione del carattere «autodichiarato» del trust S. gli immobili e le quote conferiti nello stesso non erano stati realmente trasferiti in quanto rimasti nella sostanza nella gestione del disponente trustee e con l’ulteriore errata illazione secondo cui le imposte ipotecaria e catastale avrebbero dovuto essere assolte in misura fissa e non proporzionale.
Il motivo è infondato.
Quanto prospettato dall’Ufficio segue in buona sostanza il contenuto della circ. n. 48/E del 6 agosto 2007 – nonché quello della circ. n. 3/E del 22 gennaio 2008 – che nel loro «combinato disposto» sono nel senso di affermare che gli «effetti segreganti» del trust «autodichiarato» o meno danno luogo ad un trasferimento dei beni conferiti che deve assoggettarsi a tassazione secondo le regole di cui alla reintrodotta legge sulle successioni e donazioni ex d.lgs. 31 ottobre 1999, n. 346. E ciò, secondo l’Amministrazione, in ragione dell’art. 2, comma 47 ss., d.l. n. 262 cit., che prevede «l’istituzione» dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni anche «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» e nei quali si afferma debbono farsi pacificamente rientrare anche i trust «autodichiarati» o no. Tanto è vero che in assenza di conferimento di beni sono le stesse circolari n. 48/E e n. 3/E cit. a dire che il trust debba scontare soltanto l’imposta di registro in misura fissa atteso che in questo caso è mancante qualsiasi trasferimento di ricchezza, con la conseguenza che l’atto di costituzione del trust non accompagnato da alcun conferimento non andrebbe assoggettato all’imposta di successione e donazione proprio perché quest’ultima non è un’imposta d’atto e bensì un’imposta che tassa il trasferimento di ricchezza liberale.
Come noto con numerose ordinanze questa Corte sez. VI è giunta a diverse più radicali conclusioni – appunto disattendendo l’idea dell’Amministrazione appena veduta secondo cui in mancanza di conferimento di beni l’atto di costituzione di trust «autodichiarato» o meno non dovrebbe essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni ex d.lgs. n. 346 cit., per la ragione che in ipotesi nessuna ricchezza potrebbe dirsi trasferita – ritenendo invece che l’art. 2, comma 47 ss., d.l. n. 262 cit., abbia istituito un’autonoma generale imposta «sulla costituzione dei vincoli di indisponibilità» la cui disciplina sarebbe stata indicata per relationem nelle regole contenute nel d.lgs. n. 346 cit., «concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni». Sarebbe in thesi un tributo che perciò prescinderebbe dal trasferimento di ricchezza discendente dal conferimento di beni e che per tal motivo troverebbe il suo presupposto impositivo nella semplice costituzione di vincoli d’indisponibilità» e includendovi tra questi ultimi il trust (Cass. sez. n. 4482 del 2016 (4); Cass. sez. VI n. 5322 del 2015 (5); Cass. sez. VI n. 3886 del 2015 (6); Cass. sez. 6^ n. 3737 del 2015; Cass. sez. VI n. 3735 del 2015 (7)). L’interpretazione in parola è per l’essenziale ricavata in via letterale dall’art. 2, comma 47, d.l. n. 262 cit., laddove si stabilisce che è «istituita l’imposta sulle successioni e donazioni» tra l’altro anche «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» secondo quelle che erano già le disposizioni dell’abrogato d.lgs. n. 346 cit., e che sarebbe da leggersi nel senso che oltre alla reintroduzione dell’imposta sulle liberalità sarebbe stata anche ex novo introdotta una nuova autonoma generale imposta «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» ed entrambe disciplinate mediante rinvio alle norme di cui al d.lgs. n. 346 cit. che prima della sua abrogazione dettava esclusivamente la disciplina fiscale sulle successioni e sulle donazioni.
Anche a prescindere dalle gravi incertezze cui le due riassunte interpretazioni danno ingresso – per es. non è dalla legge individuato il soggetto passivo d’imposta ecc. – le stesse non appaiono condivisibili.
Come invero già evidenziato da questa Corte il tipo di trust «autodichiarato» pervenuto all’esame costituisce una forma di donazione indiretta, nel senso che per suo mezzo il disponente provvederà a beneficiare i suoi discendenti non direttamente e bensì a mezzo del trustee in esecuzione di un diverso programma negoziale (Cass. sez. trib. n. 25478 cit.). Ed invero la costituzione del trust – come è normale che avvenga per «i vincoli di destinazione» – produce soltanto efficacia «segregante» i beni eventualmente in esso conferiti e questo sia perché degli stessi il trustee non è proprietario bensì amministratore e sia perché i ridetti beni non possono che essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta (artt. 2 e 11 Convenzione de L’Aia del 1° luglio 1985, recepita in l. 16 ottobre 1989, n. 364). L’appena veduta osservazione è fondamentale perché consente di comprendere l’inconsistenza della censura denunciata dall’Ufficio che – pur riconoscendo anche nelle sue circolari che quella applicabile al trust è l’imposta sulle donazioni e sulle successioni che ha come presupposto l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, tanto che la stessa non può applicarsi se il trust è stato costituito senza conferimento, scontando in questo caso soltanto l’imposta fissa di registro – sostiene l’erroneo convincimento che il conferimento di beni nel trust dia luogo a un reale trasferimento imponibile. Un reale trasferimento che è invece all’evidenza impossibile perché del tutto contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto e che – come si ripete – prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua «segregazione» fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari. Per l’applicazione dell’imposta sulle successione e sulle donazioni manca quindi il presupposto impositivo della liberalità alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti (art. 1 d.lgs. n. 346 cit.).
Nemmeno – come anticipato – può condividersi l’interpretazione letterale dell’art. 2, comma 47 ss., d.l. n. 262 cit., adottata dalle rammentate ordinanze di questa Corte sez. VI al cui avviso sarebbe stata istituita un’autonoma imposta «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» disciplinata merce il rinvio alle regole contenute nel d.lgs. n. 346 cit., e avente come presupposto la loro mera costituzione. In verità neanche il dato letterale autorizza una tale conclusione, giacché ex art. 12, comma 1, prel. «il significato proprio delle parole secondo la connessione di esse» è proprio invece nel diverso senso che l’unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i «vincoli di destinazione», con la scontata conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dall’art. 1, d.lgs. n. 346 cit., del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari. Quella che in verità emerge chiara dall’art. 2, comma 47 ss., d.l. n. 262 cit., è la preoccupazione – nei più esatti termini di cui all’art. 12, comma 1, prel. sarebbe «l’intenzione del legislatore» – di evitare che un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinata mediante richiamo al già abrogato d.lgs. n. 346 cit. potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso fosse stato collocato all’interno di una fattispecie tutto sommato di «recente» introduzione come quella dei «vincoli di destinazione» e quindi per niente affatto presa in diretta considerazione dal ridetto «vecchio» d.lgs. n. 346 cit. Questa sembra essere l’interpretazione non solo logicamente più corretta, ma anche quella che appare essere l’unica costituzionalmente orientata. E ciò atteso che l’art. 53 Cost., non pare poter tollerare un’imposta, a meno che non sia un’imposta semplicemente d’atto come per l’essenziale è per es. quella di registro, senza relazione alcuna con un’idonea capacità contributiva.

4. Il principio di diritto da affermarsi è quindi il seguente: «L’istituzione di un trust cosiddetto “autodichiarato”, con conferimento di immobili e partecipazioni sociali, con durata predeterminata o fino alla morte del disponente-trustee, con beneficiari i discendenti di quest’ultimo, deve scontare l’imposta ipotecaria e quella catastale in misura fissa e non proporzionale, perché la fattispecie si inquadra in quella di una donazione indiretta cui è funzionale la “segregazione” quale effetto naturale del vincolo di destinazione, una “segregazione” da cui non deriva quindi alcun reale trasferimento di beni e arricchimento di persone, trasferimento e arricchimento che dovrà invece realizzarsi a favore dei beneficiari, i quali saranno perciò nel caso successivamente tenuti al pagamento dell’imposta in misura proporzionale».

5. Nell’evidenziato contrasto giurisprudenziale debbono farsi consistere le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese di ogni fase e grado.

6. La soccombente, che è una Pubblica Amministrazione, non è tenuta al pagamento dell’ulteriore importo stabilito dall’art. 13, comma 1 bis e quater, d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115 (Cass. sez. VI n. 1778 del 2016; Cass. sez. III n. 5955 del 2014).

P.Q.M. – La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dall’Ufficio contro il trust, nonché il controricorso di quest’ultimo; rigetta ricorso proposto dall’Ufficio contro il contribuente notaio; compensa integralmente le spese di ogni fase e grado.

(1) Cass. 18 dicembre 2015, n. 25478, in Boll. Trib. On-line.
(2) Cass. 20 febbraio 2015, n. 3456, in Boll. Trib. On-line.
(3) Cass., sez. lav., 17 agosto 2012, n. 14561, in Boll. Trib. On-line.
(4) Cass. 7 marzo 2016, n. 4482, in Boll. Trib. On-line.
(5) Cass. 18 marzo 2015, n. 5322, in Boll. Trib. On-line.
(6) Cass. 25 febbraio 2015, n. 3886, in Boll. Trib., 2015, 1267.
(7) Cass. 24 febbraio 2015, nn. 3735 e 3737, entrambe in Boll. Trib. On-line.

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