19 Novembre, 2018

1. Come si rileva subito dalla lettura delle massime della pronuncia in commento, le questioni trattate sono nettamente distinte fra misura del prelievo e diritto alla sua riduzione. Pur trattando l’ordinanza in rassegna di questioni attinenti alla TARSU, tributo disciplinato dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, abolito con l’entrata in vigore e funzione, dal 2013, della TARI (1), le conclusioni e le motivazioni della pronuncia sull’argomento “riduzioni tariffarie” debbono ritenersi validamente estensibili anche alla vigente TARI (2), contenendo la relativa normativa, ai commi 656 e 657 del chilometrico art. 1 della legge di Stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147), disposizioni pressoché identiche sulle ipotesi di riduzione tariffaria del tributo in caso di mancato svolgimento del servizio comunale di gestione dei rifiuti; questa particolarità giustifica la portata del tema a più tributi sui rifiuti, quali la TARI e la TIA.
Sulla questione esaminata e decisa in tema di determinazione di tariffe differenziate in funzione di categorie di immobili differenti quali alberghi e case di civile abitazione, ci siamo espressi recentemente in sede di commento di una delle numerose pronunce giurisprudenziali sul tema specifico della determinazione, nei regolamenti comunali dedicati alla gestione dei rifiuti solidi, delle tariffe unitarie applicabili per la tassazione degli alberghi e del raffronto di tali tariffe con quelle stabilite per le case di civile abitazione (3). Senza ripeterci a così breve lasso di tempo dalle nostre già espresse valutazioni sulla questione, vogliamo qui inserire un tema inedito, che trae spunto dalla lettura e dalla valutazione delle numerose pronunce emesse nel tempo sulla questione in parola; il tema è quello della difformità di conclusioni fra la magistratura ordinaria (Corte di Cassazione in testa) e quella amministrativa (TAR vari e Consiglio di Stato) sulla legittimità delle spesso notevoli differenze di tariffa fra alberghi e case di abitazione disposte dai Comuni: absit iniuria verbis nel rilevare e nel dedurre che le valutazioni conclusive dei giudici amministrativi sulla stessa questione sono state più accurate e attente nella ricerca e individuazione di eventuali “figure sintomatiche” di eccesso di potere dei regolamenti comunali nel calcolo delle tariffe delle varie attività tassate, con il finale accertamento della illegittimità delle tariffe prese in considerazione, in quanto illogiche e non rispondenti al quantitativo medio presunto dei rifiuti degli esercizi alberghieri rispetto a quello delle abitazioni.
Ma fu la stessa Suprema Corte, con la remota sentenza n. 1430/1974 (4), a dare atto che la ricerca di forme di eccesso di potere negli atti amministrativi (come nel caso in esame) è peculiare della giustizia amministrativa, su tale aspetto specializzata; discorso estremamente complesso, che ci porterebbe fuori dai limiti del presente commento.

2. Passando al vaglio della seconda massima dell’ordinanza in atti, va subito rammentato che le conclusioni raggiunte dai Massimi Giudici hanno creato grosso clamore presso la stampa quotidiana e in TV: perché tanto rilievo?
L’ipotesi di riduzione tariffaria per perdurante omesso o irregolare disimpegno del servizio comunale di raccolta dei rifiuti solidi urbani era previsto dalla legge relativa alla TARSU (art. 59, quarto comma, del D.Lgs. n. 507/1993); e allora?
Il clamore mediatico suscitato dalla pronuncia, peraltro non isolata (5), della Corte di Cassazione trae ovviamente la sua giustificazione storica nello scandalo delle “montagne” di rifiuti di ogni genere nelle strade e piazze di Napoli, che ha fatto il giro del mondo pochi anni fa; la normativa sulla TARSU si attagliava ad una situazione del genere e doveva quindi essere applicata senza remore e discussioni, ma il Comune competente per legge a disimpegnare, secondo le regole ferree segnate dal suo stesso regolamento, il regolare e ordinato servizio di raccolta dei rifiuti urbani in tutto il territorio servito, si è tirato fuori: «io non ho responsabilità dirette in questa vicenda», sostenendo giuridicamente questa affermazione, per concludere quindi che, legge alla mano, non si può dare corso alle richieste di riduzione!
Ecco, dunque, dove sta la novità eclatante del responso della Suprema Corte: «Il presupposto della riduzione della TARSU ai sensi …, non richiede che il grave e non temporaneo disservizio sia imputabile a responsabilità dell’amministrazione comunale o comunque a causa che, rientrando nella sua sfera di controllo e di organizzazione, sia da questa prevedibile o prevenibile … perché esso si identifica invece nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato, non sia svolto nella zona di residenza o di dimora dell’immobile a disposizione … dell’utente, ovvero vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana adottato dal Comune, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso».
A tali conclusioni, sicuramente inedite in giurisprudenza, i Massimi Giudici pervengono percorrendo un iter logico-giuridico ineccepibile, che è quello sostanziale del fatto obiettivo di un prelievo fiscale (preteso dal Comune) senza giustificazione, per un servizio non reso!
Molti si chiederanno, a questo punto, perché – se il Comune o qualsiasi evento negativo non consente di svolgere un servizio essenziale, qual è quello della raccolta dei rifiuti – si debba comunque pagare almeno una quota consistente di TARSU o di TARI per una prestazione non resa (40 per cento della tariffa normalmente dovuta): la risposta sta nella natura di questo prelievo che presenta in realtà una natura complessa e mista (tassa e imposta), di tributo, che ha, sì, per presupposto un servizio da rendere al cittadino che produce rifiuti, ma che svolge anche la funzione, di pubblico interesse, di realizzare e conservare il decoro degli abitati e del territorio attraverso servizi e spese non attribuibili a singoli utenti (per esempio, la spazzatura delle vie e piazze pubbliche, degli spazi verdi, etc.) (6).
La parte conclusiva della persuasiva decisione della Corte di Cassazione è tuttavia destinata a raffreddare gli entusiasmi per le positive novità da essa recate a favore degli utenti del servizio dei rifiuti urbani: la riduzione prevista dalla legge riguarda allora il fatto obiettivo della disfunzione del servizio di raccolta, essendo del tutto irrilevante la ricerca delle responsabilità per l’applicazione della riduzione tariffaria stabilita dalla legge, ma – a questo punto – scatta la regola inderogabile della corretta ed esatta individuazione degli utenti danneggiati dal protratto disservizio nella zona (quartiere, strada, etc.) interessata, nonché del pregiudizio economico patito a causa di tale disservizio. Tutti questi elementi debbono essere dimostrati dagli utenti interessati, «vista la complessità», precisa l’ordinanza, «e non uniforme manifestazione del fenomeno nel territorio»: è pertanto necessario che l’utente provi la presenza e la rilevanza di tutti gli elementi negativi conseguenti alla disfunzione denunciata relativamente alla propria situazione!
Onere della prova, in sostanza, a carico del contribuente, come per tutte le agevolazioni basate su situazioni personali non rilevate o rilevabili dall’ente impositore (7).
Per la maggior parte degli utenti sfortunatamente danneggiati dalla massa perdurante di rifiuti maleodoranti giacente davanti ai loro negozi, uffici, alberghi, abitazioni, etc., la probatio richiesta sarà pressoché diabolica: come ricostruire, a distanza di tempo, con la precisione pretesa, tutti i dati occorrenti per ottenere la riduzione in questione?
In definitiva, l’annotata pronuncia della Suprema Corte è innovativa e positivamente rilevante, ma la vittoria di principio ottenuta rischia, per la maggioranza dei danneggiati, di diventare “la vittoria di Pirro”.

Dott. Eugenio Righi

(1) L’abolizione della TARSU era stata disposta originariamente a far tempo dal 1999 dal primo comma dell’art. 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (poi eliminato) e, successivamente, dal comma 46 dell’art. 14 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), articolo soppresso dall’art. 1, comma 704, della legge 27 dicembre 2013, n. 147! Solo con la “nascita” e l’entrata in funzione della TARI il vecchio e ultraresistente tributo sui rifiuti ha cessato di funzionare, con la conferma di disposizioni, come quella in esame, sulle riduzioni tariffarie per protratta disfunzione.
(2) È curiosa la situazione per quei Comuni (oltre 1500) che hanno sostituito la TARSU con la TIA del D.Lgs. n. 22/1997, perché per quest’ultimo prelievo non è stata disposta alcuna riduzione tariffaria per la situazione di disservizio qui esaminata.
(3) Ved. E. RIGHI, Alberghi e tassa sui rifiuti solidi urbani, in Boll. Trib., 2017, 167, in nota a Comm. trib. reg. della Puglia, sezione staccata di Foggia, sez. XXVI, 7 aprile 2016, nn. 825, 826 e 827.
(4) Cfr. Cass. 17 maggio 1974, n. 1430, in Dir. prat. trib., 1981, 595; in effetti numerose sentenze del Consiglio di Stato e di TAR (ved., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 1° agosto 2015, n. 3781, in Riv. giur. edil., 2015, I, 1208) hanno concluso per l’illegittimità di tariffe più onerose a carico degli alberghi.
(5) La Suprema Corte ha trattato il tema delle riduzioni tariffarie TARSU con la pronuncia resa da Cass., sez. trib., 22 marzo 2005, n. 6312, in Boll. Trib., 2007, 827.
(6) Ved. E. RIGHI, Locali tassabili e natura giuridica della tassa sui rifiuti solidi urbani, in Boll. Trib., 1981, 236; e G. TREMONTI, Profili della “tassa per la raccolta ed il trattamento dei rifiuti solidi urbani interni” e del “corrispettivo” per la raccolta dei rifiuti solidi industriali, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1977, I, 590.
(7) Orientamento costante della giurisprudenza più autorevole in materia di “onus probandi” per il riconoscimento di agevolazioni fiscali: cfr. Cass., sez. trib., 7 agosto 2008, n. 21337; e Cass., sez. trib., 11 giugno 2003, n. 9309; entrambe in Boll. Trib. On-line.

TARSU, TARES e TARI – Riduzione tariffaria – Presupposti – Art. 59 del D.Lgs. n. 507/1993 – Imputabilità del grave e non temporaneo disservizio a responsabilità dell’Amministrazione comunale o comunque a causa da essa prevedibile o prevenibile – Sufficienza.

TARSU, TARES e TARI – Riduzione tariffaria – Regolamento comunale che escluda o limiti il diritto alla riduzione del tributo, subordinandone il riconoscimento ad elementi quali quelli della responsabilità dell’Amministrazione comunale ovvero della prevedibilità o prevenibilità delle cause del disservizio, diversi ed ulteriori rispetto a quelli previsti dall’art. 59 del D.Lgs. n. 507/1993 – Illegittimità della norma regolamentare – Sussiste – Disapplicazione – Consegue.

TARSU, TARES e TARI – Riduzione tariffaria – Grave e perdurante disservizio nella raccolta e conferimento dei rifiuti verificatosi in un determinato Comune – Il diritto alla riduzione deve essere accertato dal giudice di merito – Onere della prova a carico del contribuente – Sussiste.

TARSU – Disciplina del tributo – Contrasto col principio comunitario “chi inquina paga” – Non sussiste.
TARSU – Presupposto del tributo – Determinazione del volume di rifiuti sulla capacità produttiva dei detentori dell’immobile calcolata in funzione della superficie occupata e della sua destinazione e della natura dei rifiuti – Legittimità – Contrasto con l’art. 15 della Direttiva 2006/12/CE – Non sussiste.

TARSU – Disciplina del tributo – Metodo di calcolo basato sulla superficie di immobile posseduto – Contrasto col principio comunitario “chi inquina paga” – Non sussiste – Limiti imposti dalla Corte di Giustizia UE – Sono quelli di proporzionalità del tributo e dell’esclusione di presunzioni legali che non ammettono la prova contraria.

TARSU – Presupposto del tributo ed esclusioni – Art. 62, primo comma, del D.Lgs. n. 507/1993 – Presunzione di produzione di rifiuti in capo ai possessori di immobili – Esenzione della tassazione – Prova della inidoneità dei locali a produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso cui sono adibiti – È a carico del contribuente – Indicazione delle oggettive condizioni di inutilizzabilità delle aree nella denuncia originaria o in quella di variazione ed eventuale prova in giudizio – Necessita.

TARSU – Esenzioni ed agevolazioni – Art. 62, terzo comma, del D.Lgs. n. 507/1993 – Onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione in relazione alla riduzione della superficie tassabile – È a carico del contribuente.

TARSU, TARES e TARI – Tariffe – Determinazione, per gli alberghi, di categoria distinta dalle case di abitazione con tariffe superiori a quest’ultime – Legittimità del relativo regolamento approvato con delibera comunale – Carattere stagionale dell’attività alberghiera – Rilevanza ai soli fini di eventuali e discrezionali riduzioni d’imposta.

TARSU – Delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del D.Lgs. n. 507/1993 – Obbligo di motivazione – Non sussiste, costituendo un atto amministrativo a contenuto generale o collettivo.

TARSU, TARES e TARI – Riduzione tariffaria per il mancato svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti o per il suo svolgimento in grave difformità dalle modalità regolamentari sulle distanze e capacità dei contenitori, e sulla frequenza della raccolta – Spetta – Previsione legale di una riduzione tariffaria – Consegue al fatto obiettivo che il servizio istituito non venga erogato secondo le prescritte modalità.

TARSU, TARES e TARI – Riduzione tariffaria per il mancato svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti o per il suo svolgimento in grave difformità dalle modalità regolamentari sulle distanze e capacità dei contenitori e sulla frequenza della raccolta – Spetta – Natura della prevista riduzione – Non costituisce un risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti né una sanzione per l’Amministrazione comunale inadempiente – Costituisce un mezzo per ripristinare un tendenziale equilibrio impositivo.

TARSU, TARES e TARI – Riduzione tariffaria per il mancato svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti o per il suo svolgimento in grave difformità dalle modalità regolamentari sulle distanze e capacità dei contenitori e sulla frequenza della raccolta – Presupposto per il suo riconoscimento – Non prevedibilità e non prevenibilità dell’evento costituito dalla protratta disfunzione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti – Irrilevanza – Dato oggettivo della grave e protratta disfunzione – Sufficienza.

TARSU, TARES e TARI – Riduzione tariffaria – Regolamento comunale che introduca una esimente incentrata sul carattere emergenziale della crisi di saturazione concernente la fase finale del ciclo di conferimento dei rifiuti solidi urbani – Illegittimità della norma regolamentare – Sussiste – Disapplicazione – Consegue.

Il presupposto della riduzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) a norma dell’art. 59, quarto comma, del D.Lgs. 15 dicembre 1993, n. 507, non richiede che il grave e non temporaneo disservizio sia imputabile a responsabilità dell’Amministrazione comunale o comunque a causa che, rientrando nella sua sfera di controllo e organizzazione, sia da questa prevedibile o prevenibile, atteso che il presupposto alla riduzione si identifica invece nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato, non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente, ovvero vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso.

Va disapplicato, per contrasto con la disciplina primaria di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1993, n. 507, il regolamento comunale che escluda o limiti il diritto alla riduzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), subordinandone il riconoscimento ad elementi, quali quello della responsabilità dell’Amministrazione comunale ovvero della prevedibilità o prevenibilità delle cause del disservizio, diversi e ulteriori da quelli prescritti dall’art. 59 del predetto decreto legislativo.

Pur nella notorietà del grave e perdurante disservizio nella raccolta e conferimento dei rifiuti solidi urbani che ha colpito la città di Napoli, la sussistenza del diritto alla riduzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) deve essere accertata dal giudice di merito, con onere della prova a carico del contribuente che tale diritto deduca, con riguardo alla specifica situazione del contribuente stesso; così quanto al periodo di imposizione, alla ubicazione della residenza o esercizio di attività, alla tipologia dei rifiuti e, più in generale, ad ogni altro elemento fattuale utile a verificare la ricorrenza, in concreto, di un disservizio del tipo previsto dall’art. 59, quarto comma, del D.Lgs. 15 dicembre 1993, n. 507.

In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), la disciplina contenuta nel D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, sulla individuazione dei presupposti della tassa e sui criteri per la sua quantificazione, non contrasta con il principio comunitario “chi inquina paga”, sia perché è consentita la quantificazione del costo di smaltimento sulla base della superficie dell’immobile posseduto, sia perché la detta disciplina non fa applicazione di regimi presuntivi che non consentano un’ampia prova contraria, ma contiene previsioni, quali quelle di cui agli artt. 65 e 66 dello stesso D.Lgs. n. 507/1993, che commisurano la tassa ad una serie di presupposti variabili o a particolari condizioni.

È spesso difficile e persino oneroso determinare il volume esatto di rifiuti urbani conferito da ciascun detentore, di talché in tali circostanze ricorrere a criteri basati sulla capacità produttiva dei detentori, calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che occupano, nonché della loro destinazione e/o della natura dei rifiuti prodotti, può consentire di calcolare i costi dello smaltimento e ripartirli tra i vari detentori; sotto tale profilo, la normativa nazionale che preveda, ai fini del finanziamento, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo effettivamente prodotto, non può essere considerata in contrasto con l’art. 15, lett. a), della Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006, anche perché in tale materia le Autorità nazionali dispongono di un’ampia discrezionalità per quanto riguarda le modalità di calcolo della tassa e per quanto riguarda la differenziazione tra categorie di detentori, la stessa deve ritenersi ammessa, purché non venga fatto carico ad alcuni di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili.

Ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), il metodo di calcolo basato sulla superficie di immobile posseduto non è di per sé contrario al principio “chi inquina paga” recepito dall’art. 11 della Direttiva 75/442 del Consiglio del 15 luglio 1975, atteso che il limite posto dalla Corte di Giustizia UE alla discrezionalità delle Autorità nazionali costituisce attuazione del principio di proporzionalità, largamente applicato dalla giurisprudenza comunitaria in materia fiscale, secondo il quale non sono ammessi regimi d’imposizione i cui fatti costitutivi si fondano su presunzioni legali che non ammettono prova contraria.

In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), l’art. 62, primo comma, del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, pone a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, sicché, ai fini dell’esenzione dalla tassazione prevista dal secondo comma del predetto art. 62 per le aree inidonee alla produzione di rifiuti per loro natura o per il loro particolare uso, è onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità e provarle in giudizio in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione.

In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 62, terzo comma, del D.Lgs. 15 dicembre 1993, n. 507, per quelle aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione, atteso che il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dovere fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale.

In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime, poiché infatti la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dare luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore, con la precisazione che gli elementi di riscontro della legittimità della delibera non vanno, d’altronde, riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica.

In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili.

La riduzione tariffaria della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta dei rifiuti, debitamente istituito ed attivato, non venga poi concretamente svolto, ovvero venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità regolamentari relative alle distanze e capacità dei contenitori, ed alla frequenza della raccolta, così da far venir meno le condizioni di ordinaria ed agevole fruizione del servizio da parte dell’utente e, fermo restando che l’espletamento del servizio pubblico di nettezza urbana in conformità al regolamento previsto dal primo comma dell’art. 59 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, rientra in ogni caso nella responsabilità generale di buona amministrazione del Comune di competenza, la riduzione è purtuttavia dalla legge prevista per il fatto obiettivo che il servizio istituito non venga poi erogato secondo le prescritte modalità, sempre che lo scostamento da queste ultime assuma i caratteri di gravità e perdurante non fruibilità e, dunque, anche indipendentemente dalla sussistenza vuoi di un nesso causale tra condotta ed evento altrimenti connaturato all’ipotesi di illecito, vuoi di un elemento soggettivo, “colpa” contrattuale o extracontrattuale, che rendano il disservizio soggettivamente imputabile all’Amministrazione comunale.

La riduzione tariffaria della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) spettante per il solo fatto che il servizio di raccolta dei rifiuti, debitamente istituito ed attivato, non venga poi concretamente svolto, ovvero venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità regolamentari relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, non opera quale risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti né, men che meno, quale “sanzione” per l’Amministrazione comunale inadempiente, bensì al diverso fine di ripristinare in costanza di una situazione patologica di grave disfunzione per difformità dalla disciplina regolamentare un tendenziale equilibrio impositivo, entro la percentuale massima discrezionalmente individuata dal legislatore, tra l’ammontare della tassa comunque pretendibile ed i costi generali del servizio nell’area municipale, ancorché significativamente alterato, correlazione sulla quale si basa la TARSU, senza con ciò contraddirne il carattere prettamente tributario e non privatistico-sinallagmatico.

Il requisito di imprevedibilità e di non prevenibilità dell’evento costituito dalla protratta disfunzione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, quand’anche potesse ritenersi evidente nel caso in cui l’intera materia e le connesse competenze decisionali siano state spostate in capo al commissario straordinario, articolazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e che, pertanto, il Comune interessato non avrebbe potuto prevedere che gli impianti di raccolta dei rifiuti solidi urbani, di competenza del commissario straordinario, si sarebbero saturati a causa del mancato completamento del ciclo di lavorazione dei rifiuti alla termovalorizzazione, è del tutto irrilevante, atteso che esso è estraneo alla fattispecie che dà titolo alla riduzione della TARSU, tanto più considerato che quest’ultima viene introitata, pur in regime di commissariamento del servizio, dall’Amministrazione comunale e sul presupposto che il servizio venga effettivamente da questa erogato, salvo temporanee ed imprevedibili sospensioni, in conformità alle ordinarie modalità dettate dal regolamento di emanazione comunale, di talché il dato obiettivo della grave e protratta disfunzione non può impedire il diritto del contribuente alla riduzione della tassa solo perché, in ipotesi, ascrivibile ad un evento esterno all’ambito di organizzazione e controllo del Comune, ed invece rientrante nel governo di un’Autorità diversa, comunque del tutto estranea al rapporto giuridico tributario in questione.

È illegittima per contrasto con la disciplina primaria ed è pertanto suscettibile di disapplicazione incidentale la disposizione dell’art. 9 del regolamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) del Comune di Napoli applicabile ratione temporis, secondo cui non sussiste il diritto alla riduzione al 40% della tariffa in ipotesi di grave violazione del regolamento di nettezza urbana, tra le quali sono espressamente previsti il mancato rispetto del limite minimo della capacità dei contenitori di oltre il 25%, e il mancato rispetto della frequenza della raccolta, ove comportanti l’impossibilità per gli utenti di usufruire dei contenitori per esaurimento della loro capacità ricettiva, allorquando la violazione sia determinata da situazioni emergenziali legate alla saturazione degli impianti terminali di conferimento dei rifiuti solidi urbani, atteso che tale disposizione introduce una esimente incentrata sul carattere emergenziale della crisi di saturazione concernente la fase finale del ciclo di conferimento e, quindi, una causa di impossibilità oggettiva che renderebbe il disservizio non imputabile all’Amministrazione comunale.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Chindemi, rel. Stalla), 27 settembre 2017, ord. n. 22531, ric. Hotel Britannique s.r.l. c. Comune di Napoli]

Rilevato che:
par. 1. La Hotel Britannique srl propone due articolati motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 246/52/12 dell’11 dicembre 2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di pagamento Tarsu 2008 notificatole, per conto del Comune di Napoli, dall’agente per la riscossione Equitalia Polis spa.
La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha ritenuto che: – l’applicazione regolamentare da parte del Comune di una tariffa Tarsu diversificata tra stabili alberghieri e case di civile abitazione fosse legittima ex articolo 65 d.lgs. 507/93, stante la maggior produttività di rifiuti dei primi rispetto alle seconde; – non sussistesse il presupposto ex articolo 59 d.lgs. 507/93 per la riduzione dell’imposta a causa delle note disfunzioni del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti nella città di Napoli, dovendosi in proposito escludere ogni responsabilità del Comune.
Resiste con controricorso il Comune di Napoli.
La ricorrente ha depositato memoria.

par. 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società contribuente lamenta – ex art. 360, 1 co. nn. 3 e 5 cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli articoli 65-68 d.lgs. 507/93, e 7 legge 212/00; nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente affermato la legittimità della previsione regolamentare di diversificazione tariffaria tra locali ad uso alberghiero e locali ad uso abitativo, in realtà accomunati dalla legge [art. 68, 2 co. lett. c) d.lgs. 507/93 cit.]. E, inoltre, per non aver rilevato che tale diversificazione non era assistita da adeguata motivazione, comportando inoltre l’applicazione agli alberghi di una tariffa superiore in misura di molto eccedente la maggior produzione di rifiuti asseritamente ad essi ascrivibile. Il che concretava altresì violazione del principio UE del “chi inquina paga”.

par. 2.2 Il motivo è infondato sotto tutti gli aspetti nei quali si articola.
Ricorre, in proposito, l’orientamento già manifestato da questa corte (Cass. 2202/11 (1)), secondo cui: «in tema di TARSU, la disciplina contenuta nel d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 sulla individuazione dei presupposti della tassa e sui criteri per la sua quantificazione non contrasta con il principio comunitario “chi inquina paga”, sia perché è consentita la quantificazione del costo di smaltimento sulla base della superficie dell’immobile posseduto, sia perché la detta disciplina non fa applicazione di regimi presuntivi che non consentano un’ampia prova contraria, ma contiene previsioni (v. art. 65 e 66) che commisurano la tassa ad una serie di presupposti variabili o a particolari condizioni».
Tale pronuncia ha preso in esame, ritenendoli dirimenti in ordine all’esclusione della violazione del principio eurounitario del “chi inquina paga”, le sentenze CGUE 24.6.08 in causa C-188/07 (2) e 16.7.09 in causa C-254/08 (3) (quest’ultima, avente ad oggetto un rinvio pregiudiziale in una causa pendente dinanzi al TAR Campania, nella quale veniva contestata proprio la legittimità, per affermato contrasto con l’art. 15 della direttiva 2006/12/CE, della disciplina legislativa sulla Ta.r.s.u., nonché di norme di un regolamento comunale in base alle quali le imprese alberghiere sarebbero state tenute al versamento della tassa sui rifiuti in misura superiore ai privati).
Ebbene, nella valutazione di conformità della disciplina nazionale in materia rispetto al principio evincibile dall’art. 15 lett. a), della direttiva 2006/12 (già desumibile dall’art. 11 della direttiva 75/442), la CG ebbe ad affermare (come recepito da Cass. cit.), che: – “– è spesso difficile, persino oneroso, determinare il volume esatto di rifiuti urbani conferito da ciascun detentore; – in tali circostanze, ricorrere a criteri basati sulla capacità produttiva dei detentori, calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che occupano, nonché della loro destinazione e/o sulla natura dei rifiuti prodotti può consentire di calcolare i costi dello smaltimento e ripartirli tra i vari detentori; – sotto tale profilo, la normativa nazionale che preveda, ai fini del finanziamento, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo effettivamente prodotto non può essere considerata in contrasto con l’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12; – nella materia le autorità nazionali dispongono di un’ampia discrezionalità per quanto riguarda le modalità di calcolo della tassa; – per quanto riguarda la differenziazione tra categorie di detentori, la stessa deve ritenersi ammessa, purché non venga fatto carico ad alcuni di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili”.
Sicché, in definitiva, «il metodo di calcolo basato sulla superficie di immobile posseduto non è, di per sé, contrario al principio “chi inquina paga” recepito dall’art. 11 della direttiva 75/442. Il limite posto dalla Corte di Giustizia alla discrezionalità delle autorità nazionali costituisce attuazione del principio di proporzionalità, largamente applicato dalla giurisprudenza comunitaria in materia fiscale, secondo il quale non sono ammessi regimi d’imposizione i cui fatti costitutivi si fondano su presunzioni legali che non ammettono prova contraria. La Corte richiama, a titolo esemplificativo, la sentenza della Corte di Giustizia 17 luglio 1997 in causa C-28/95 (4), Leur Bloemr punti da 41 a 45».
Questo indirizzo ha poi ottenuto ulteriori, ed anche recenti, conferme di legittimità, nel senso che: “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), l’art. 62, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, pone a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, sicché, ai fini dell’esenzione dalla tassazione prevista dal comma 2 del citato art. 62 per le aree inidonee alla produzione di rifiuti per loro natura o per il particolare uso, è onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità e provarle in giudizio in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione” (Cass. ord. 19469/14 (5); in termini, Cass. 3772/13 (6)); e che: “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, per quelle aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione, atteso che il principio, secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale” (Cass. ord. 17622/16 (7)).
Su tale presupposto, va qui ribadito quanto già affermato anche in ordine allo specifico aspetto della legittimità della differenziazione tariffaria tra alberghi e case di civile abitazione; secondo cui, in tema di TARSU, “è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime. Infatti, la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore” (Cass. nn. 4797/14 (8), 8336/15 (9), 913/16 (10) ord., ed altre).
Si tratta di principio in ordine al quale si è altresì aggiunto che gli “elementi di riscontro della legittimità della delibera non vanno, d’altronde, riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (Cass. ord. 11655/09 (11); così Cass. ord. 15861/11 (12)).
Rileva infine, a disattendere quanto affermato sul punto dalla società ricorrente, che: «in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile “ex post”, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili» (Cass. n. 7044/14 (13); così Cass. 22804/06 (14)).

par. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso la società contribuente deduce – ex art. 360, 1 co. nn. 3 e 5 cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 59 d.lgs. 507/93, nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Per non avere la commissione tributaria regionale riconosciuto il diritto alla riduzione del tributo (dovuto in misura non superiore al 40% della tariffa) in conseguenza delle notorie e protratte disfunzioni nella prestazione del servizio di raccolta dei rifiuti nella città di Napoli. Disfunzioni non derivanti da imprevedibili impedimenti organizzativi, né giustificabili alla luce del regolamento comunale per l’applicazione della Tarsu; secondo cui il diritto alla riduzione non potrebbe trovare riconoscimento qualora il disservizio fosse determinato “da situazioni emergenziali legate alla saturazione degli impianti terminali di conferimento dei rifiuti solidi urbani”. Disposizione, quest’ultima, suscettibile di disapplicazione, in quanto illegittima per contrasto con la disciplina statuale.

par. 3.2 Il motivo è fondato nei limiti che seguono.
Il quarto comma dell’articolo 59 d.lgs. 507/93 stabilisce che: “se il servizio di raccolta, sebbene istituito e attivato, non si è svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione ovvero di esercizio dell’attività dell’utente o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento di cui al primo comma, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, da stabilire in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio di raccolta, il tributo è dovuto nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 2” (cioè in misura non superiore al 40% della tariffa).
Il sesto comma della medesima disposizione prescrive che: “l’interruzione temporanea del servizio di raccolta per motivi sindacali o, per imprevedibili impedimenti organizzativi non comporta esonero o riduzione del tributo. Qualora tuttavia il mancato svolgimento del servizio si protragga, determinando una situazione riconosciuta dalla competente autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente secondo le norme e le prescrizioni sanitarie nazionali, l’utente può provvedere a proprie spese con diritto allo sgravio o restituzione, in base a domanda documentata, di una quota della tassa corrispondente al periodo di interruzione, fermo restando il disposto del comma 4”.
La commissione tributaria regionale, nella sentenza impugnata, ha escluso il diritto della società contribuente alla riduzione tariffaria per questa ragione: “in ordine al disservizio del servizio pubblico di raccolta, è stato da numerose pronunce di commissioni tributarie esclusa ogni responsabilità del Comune di Napoli”.
Orbene, questa ratio decidendi deve ritenersi errata perché basata su un elemento – la responsabilità dell’amministrazione comunale – non prevista dalla legge nella descrizione della fattispecie di riduzione.
Come si evince dalla normativa di legge riportata, quest’ultima spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta, debitamente istituito ed attivato, non venga poi concretamente svolto, ovvero venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità regolamentari relative alle distanze e capacità dei contenitori, ed alla frequenza della raccolta; così da far venir meno le condizioni di ordinaria ed agevole fruizione del servizio da parte dell’utente.
Fermo restando che l’espletamento del servizio pubblico di nettezza urbana in conformità al regolamento previsto dal primo comma dell’articolo 59 d.lgs. 507/93 rientra – in ogni caso – nella responsabilità generale di buona amministrazione del Comune, la riduzione è purtuttavia dalla legge prevista per il fatto obiettivo che il servizio istituito non venga poi erogato secondo le prescritte modalità (sempre che lo scostamento da queste ultime comporti i suddetti caratteri di gravità e perdurante non fruibilità).
E dunque anche indipendentemente dalla sussistenza vuoi di un nesso causale tra condotta ed evento altrimenti connaturato all’ipotesi di illecito, vuoi di un elemento soggettivo (“colpa” contrattuale o extracontrattuale) che rendano il disservizio soggettivamente imputabile all’amministrazione comunale.
La riduzione tariffaria non opera, infatti, quale risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti né, men che meno, quale “sanzione” per l’amministrazione comunale inadempiente; bensì al diverso fine di ripristinare – in costanza di una situazione patologica di grave disfunzione per difformità dalla disciplina regolamentare – un tendenziale equilibrio impositivo (entro la percentuale massima discrezionalmente individuata dal legislatore) tra l’ammontare della tassa comunque pretendibile ed i costi generali del servizio nell’area municipale, ancorché significativamente alterato. Correlazione sulla quale si basa la Tarsu, senza con ciò contraddirne il carattere prettamente tributario (SSUU 14903/10 (15); Cass. 4283/10 (16) ed altre), e non privatistico-sinallagmatico.
Va in proposito considerato che il sesto comma dell’articolo 59 in esame esclude, in effetti, l’esonero o la riduzione dal tributo, ma solo nell’ipotesi in cui l’interruzione del servizio di raccolta sia temporanea, e dovuta a motivi sindacali ovvero ad “imprevedibili impedimenti organizzativi”. È dunque soltanto in tale situazione – di disfunzione temporanea – che può darsi ingresso ad una valutazione di imprevedibilità del disservizio e, per questa via, di non imputabilità dello stesso alla sfera tecnico-organizzativa dell’amministrazione comunale.
Al contrario, in presenza di una situazione di disfunzione non temporanea, ma apprezzabilmente protratta nel tempo (qual è quella qui lamentata dalla società contribuente), la legge attribuisce all’utente – in presenza di una accertata emergenza sanitaria – la facoltà di provvedere a proprie spese con diritto allo sgravio parziale su domanda documentata; e tuttavia “fermo restando il disposto del comma 4”, cioè il diritto alla riduzione.
Obietta il Comune di Napoli, nel controricorso, che il requisito di imprevedibilità sarebbe nella specie evidente, posto che “l’intera materia e le connesse competenze decisionali erano in capo al commissario straordinario, articolazione della presidenza del Consiglio dei Ministri, e che il Comune di Napoli certamente non avrebbe potuto prevedere che gli impianti di raccolta RSU, di competenza del commissario straordinario, si sarebbero saturati a causa del mancato completamento del ciclo di lavorazione dei rifiuti alla termovalorizzazione”. Si tratta però, per le esposte considerazioni, di tesi difensiva non convincente; proprio perché a sua volta incentrata su un requisito – quello di non-prevedibilità e non-prevenibilità dell’evento costituito dalla protratta disfunzione – estraneo alla fattispecie che dà titolo alla riduzione della tassa. Tanto più considerato che quest’ultima viene introitata, pur in regime di commissariamento del servizio, dall’amministrazione comunale; e sul presupposto che il servizio venga effettivamente da questa erogato, salvo temporanee ed imprevedibili sospensioni, in conformità alle ordinarie modalità dettate dal regolamento di emanazione comunale. Sicché non si ritiene che il dato obiettivo della grave e protratta disfunzione possa impedire il diritto del contribuente alla riduzione della tassa solo perché, in ipotesi, ascrivibile ad un evento esterno all’ambito di organizzazione e controllo del Comune, ed invece rientrante nel governo di un’Autorità diversa; comunque del tutto estranea al rapporto giuridico tributario dedotto in giudizio.
La soluzione qui accolta non viene meno neanche alla luce dell’art. 9 del Regolamento Tarsu del Comune di Napoli applicabile ratione temporis, secondo cui il diritto alla riduzione al 40% della tariffa in ipotesi di grave violazione del Regolamento di Nettezza Urbana – tra le quali è espressamente previsto sia il “mancato rispetto del limite minimo della capacità dei contenitori di oltre il 25%”; sia il “mancato rispetto della frequenza della raccolta, ove comporti l’impossibilità per gli utenti di usufruire dei contenitori per esaurimento della loro capacità ricettiva” – non sussiste allorquando la violazione sia determinata “da situazioni emergenziali legate alla saturazione degli impianti terminali di conferimento dei rifiuti solidi urbani”.
Si tratta infatti di disposizione suscettibile di disapplicazione incidentale, in quanto illegittima per contrasto con la disciplina primaria.
Essa introduce, infatti, una esimente incentrata sul carattere emergenziale della crisi di saturazione concernente la fase finale del ciclo di conferimento; e, con ciò, una causa di impossibilità oggettiva che renderebbe il disservizio non imputabile all’amministrazione comunale.
Così facendo, essa restringe le ipotesi di riduzione tariffaria così come disciplinate dalla legge nel cit. art. 59 d.lgs. 507/93; introducendo ex novo una causa di giustificazione della mancata prestazione del servizio pubblico, ovvero della grave violazione regolamentare, estranea tanto alla lettera quanto alla ratio della legge istitutiva del tributo, la quale – come detto – non ricollega affatto la riduzione di tariffa al perfezionarsi di una fattispecie di responsabilità in ordine alla quale possa in qualche modo rilevare l’esigibilità del comportamento omesso.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza va pertanto cassata.
Ancorché la società ricorrente invochi la notorietà dell’“emergenza-rifiuti” che ha colpito la città di Napoli, si ritiene che l’accoglimento dell’opposizione – vista la complessità e non uniforme manifestazione del fenomeno sul territorio – presupponga invece l’accertamento specifico (mirato sul periodo, sulla zona di ubicazione dell’hotel, sulla tipologia dei rifiuti conferiti e, in generale, su ogni altro elemento utile a verificare la ricorrenza in concreto della richiesta riduzione) della effettiva erogazione del servizio di raccolta rifiuti in grave difformità, come detto, dalle previsioni legislative e regolamentari. Accertamento che dovrà essere svolto – con onere probatorio a carico della società contribuente che invoca la riduzione – dal giudice di rinvio.
Al quale è dunque demandato di attenersi ai seguenti principi: a. il presupposto della riduzione della Tarsu ai sensi dell’art. 59, co. 4, d.lgs. 507/93 non richiede che il grave e non temporaneo disservizio sia imputabile a responsabilità dell’amministrazione comunale o comunque a causa che, rientrando nella sua sfera di controllo ed organizzazione, sia da questa prevedibile o prevenibile; tale presupposto si identifica invece nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato: – non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente; – ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso; b. va disapplicato, per contrasto con la disciplina primaria di cui al d.lgs. 507/93, il regolamento comunale che escluda o limiti il diritto alla riduzione Tarsu, subordinandone il riconoscimento ad elementi – quale quello della responsabilità dell’amministrazione comunale ovvero della prevedibilità o prevenibilità delle cause del disservizio – diversi ed ulteriori da quelli prescritti dall’art. 59 cit.; c. pur nella notorietà del grave e perdurante disservizio nella raccolta e conferimento dei rifiuti che ha colpito la città di Napoli, la sussistenza del diritto alla riduzione Tarsu deve essere accertato dal giudice di merito – con onere della prova a carico del contribuente che tale diritto deduca – con riguardo alla specifica situazione del contribuente stesso; così quanto al periodo di imposizione; alla ubicazione della residenza o esercizio di attività; alla tipologia dei rifiuti e, più in generale, ad ogni altro elemento fattuale utile a verificare la ricorrenza, in concreto, di un disservizio del tipo previsto dall’art. 59, co. 4 cit.
Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente procedimento.

P.Q.M. – La Corte:
– rigetta il primo motivo di ricorso;
– accoglie il secondo motivo di ricorso;
– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.

(1) Cass. 31 gennaio 2011, n. 2202, in Boll. Trib. On-line.
(2) In Boll. Trib. On-line.
(3) In Boll. Trib. On-line.
(4) In Boll. Trib. On-line.
(5) Cass. 15 settembre 2014, n. 19469, in Boll. Trib. On-line.
(6) Cass. 15 febbraio 2013, n. 3772, in Boll. Trib. On-line.
(7) Cass. 5 settembre 2016, n. 17622, in Boll. Trib. On-line.
(8) Cass. 28 febbraio 2014, n. 4797, in Boll. Trib. On-line.
(9) Cass. 24 aprile 2015, n. 8336, in Boll. Trib. On-line.
(10) Cass. 20 gennaio 2016, n. 913, in Boll. Trib. On-line.
(11) Cass. 19 maggio 2009, n. 11655, in Boll. Trib. On-line.
(12) Cass. 19 luglio 2011, n. 15861, in Boll. Trib. On-line.
(13) Cass. 26 marzo 2014, n. 7044, in Boll. Trib. On-line.
(14) Cass. 23 ottobre 2006, n. 22804, in Boll. Trib. On-line.
(15) Cass. 21 giugno 2010, n. 14903, in Boll. Trib. On-line.
(16) Cass. 23 febbraio 2010, n. 4283, in Boll. Trib. On-line.

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