25 Luglio, 2014

I nuovi obblighi informativi, ricognitivi sui contenuti dei conti bancari (dati finanziari aggregati) imposti agli intermediari dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), che rafforzano l’Archivio dei conti, ved. l’Anagrafe tributaria dei “rapporti” sugli obblighi di identificazione dei clienti delle banche, istituito dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), hanno un mero rilievo preventivo. Alludo ad una conoscenza anticipata del contenuto dei conti posseduti dal contribuente, ved. infra sul criterio selettivo al fine della formazione di black list di soggetti da monitorare (fonte di innesco di controlli fiscali) altrimenti disponibili solo con l’apertura delle indagini finanziarie, ved. artt. 32 e segg. del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, previa consultazione dell’Archivio. Un sovvertimento della logica endoprocedimentale che ha sin’ora governato l’utilizzo riservato ai fini fiscali dei dati finanziari, con l’effetto deteriore che la compressione della sfera privata e finanziaria del contribuente non conseguirà solo ad controllo fiscale ex se avviato, ma interesserà tutti i contribuenti “entrati” in contatto con l’universo degli operatori finanziari, i primi selezionati, ved. infraliste selettive”, sulla base delle anomalie nella movimentazione dei loro conti. Invero, sulle “liste selettive”, a seguito del monitoraggio preventivo dei rapporti finanziari, già in passato esisteva una disposizione, poi abrogata, dal tenore analogo, ved. art. 2, comma 36-undevicies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148), che abilitava l’Agenzia delle entrate ad effettuare interrogazioni all’archivio dei rapporti al fine della predisposizione di specifiche liste di contribuenti da monitorare, basate sui dati di cui all’art. 7, sesto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (informazioni prive della consistenza dei rapporti e dei movimenti finanziari).

Dal 24 giugno 2013, attraverso la nuova piattaforma di file transfer protocol sarà alimentato il database dei rapporti finanziari (nuovo deal sugli adempimenti prodromici nelle indagini finanziarie) che, tutelando la sicurezza dei dati dei contribuenti alla luce delle raccomandazioni del Garante della privacy (affidate ai provvedimenti del 17 aprile 2012, del 15 novembre 2012 e del 31 gennaio 2013) metterà a disposizione del fisco un patrimonio conoscitivo importante da utilizzare in chiave antievasiva, nel controllo della spesa pubblica (per esempio con le rafforzate verifiche incrociate delle dichiarazioni ISEE) e del contrasto ai fenomeni di riciclaggio. Una visione pressoché totalizzante della dinamica economica di persone fisiche e giuridiche. La trasmissione dei dati avverrà tra sistemi telematici per ridurre al minimo le possibilità di accessi non autorizzati e, ancora, la trasmissione de qua avverrà in deroga alle procedure gerarchico-autorizzative previste per le indagini finanziarie, con l’effetto deteriore che saranno grandemente affievolite le istanze di tutela e garanzia del contribuente. Invero, su questo profilo di garanzia del contribuente si osserva che sarà svalutata la funzione di filtro qualitativo in quelle note autorizzative all’avvio delle indagini finanziarie dell’Organo superiore, verificata l’avvenuta apprensione dei dettagli riservati dei conti, già ex se monitorati (disponibili) nell’ambito del monitoraggio preventivo degli stessi attraverso il nuovo obbligo informativo gravante sugli intermediari. Le comunicazioni integrative e i relativi flussi informativi non sostituiranno le comunicazioni previste dall’art. 7 del D.P.R. n. 605/1973, nonché dai provvedimenti attuativi del 19 gennaio 2007 e del 29 febbraio 2008. Il profilo soggettivo nelle spiegate comunicazioni resta identico, verificata l’assoluta identità dei soggetti (operatori finanziari) su cui gravano le due comunicazioni in rassegna. È auspicabile un utilizzo equilibrato di questi archivi/banche dati le quali possono essere un efficace strumento di tax compliance, soprattutto se utilizzate in un’ottica persuasiva, tale da guidare il comportamento del contribuente nella fase dell’adempimento.

[-protetto-]

Conoscibilità generalizzata e anticipata delle movimentazioni finanziarie con riguardo a tutti gli intestatari dei conti e non solo ai soggetti destinatari dei controlli al fine di individuare i potenziali evasori, garantendo la novella un’efficace ricognizione delle posizioni finanziarie intrattenute con qualsiasi intermediario residente in Italia. Si vuole dire che tale dato finanziario ovvero il suo elevato tasso di dettaglio “da D.L.” (alimenta questo patrimonio conoscitivo una sezione dell’Anagrafe tributaria), sarebbe de facto comunque disponibile all’Amministrazione finanziaria (o Guardia di finanza) attraverso l’apertura delle indagini finanziarie cui consegue, appunto, l’obbligo degli enti finanziari di riversamento di quei flussi finanziari per finalità rettificatorie (ved. nella nuova fiscalità partecipata, multilaterale, con intervento degli intermediari). Difatti, solo l’indagine finanziaria, ovvero la sua apertura, consente l’apprensione dei flussi finanziari (1) per un loro utilizzo in chiave fiscale. Invece il FACTA, il modello normativo e informatico varato nel 2011 dal Governo Usa, che sta fungendo da architrave degli accordi antievasione tra Stati Uniti e Europa, si limita a monitorare la presenza di un contribuente straniero in un altro Stato e il numero di rapporti finanziari aperti a suo carico, mentre l’accesso ai saldi – il cuore del nostro database – è subordinato a eventuali indagini. Si segnala che in Italia, diversamente da altre giurisdizioni, ad esempio quella belga, l’indagine bancaria non è collegata a indizi di frode o evasione desunta aliunde (ma possono essere fonti di innesco dei controlli), con l’effetto deteriore che il contribuente non potrà rivolgersi ad un giudice che verifichi la fondatezza degli indizi che devono giustificare l’indagine (i presupposti di legittimità condizionanti la proporzionalità dei poteri del fisco).

Pertanto, il D.L. n. 138/2011, in assoluta coerenza con la funzione preventiva, prognostica nella comunicazione de qua, servente alla formazione delle liste di evasori che presentano anomalie nei loro conti (andamenti insoliti, fluttuanti), rende possibile, con criterio selettivo, l’acquisizione dei contenuti dei conti, il loro approfondimento ex se prima ancora di avviare un’indagine finanziaria (eventuale), non limitando, la norma de qua, un loro utilizzo di dettaglio solo ad attività di controllo già avviata. Ragioni di mera opportunità endoprocedimentale impongono che l’attività istruttoria, da avviare in futuro, veicoli dalle descritte anomalie “finanziarie”, così rilevate con le nuove comunicazioni integrative, suffragate dai dati dei profili dichiarativi e quelli delle possidenze patrimoniali. Si vuole dire che il dato finanziario extrafiscale anomalo dev’essere “coperto”, nella selezione precedente al controllo da avviare, da un dato patrimoniale ovvero reddituale disallineato discontinuo. Il riferimento, ad esempio, ad uscite che non trovano corrispondenza con spese e incrementi patrimoniali individuati nell’Anagrafe tributaria o, ancora, dalla presenza di redditi dichiarati di importo superiore a quelli che hanno movimentato il conto.

Una conoscenza anticipata delle movimentazioni che hanno interessato i rapporti continuativi (anche “fuori conto”), la cui esistenza è già oggetto di comunicazione (informazione duale delle comunicazioni all’Anagrafe tributaria di quelle evidenze finanziarie). La proficuità nell’utilizzo del mezzo istruttorio sarà ex se garantita dalla conoscenza preventiva dei flussi finanziari e non solo come avveniva in passato, con l’Anagrafe dei rapporti, ved. D.L. n. 223/2006, dei nominativi di coloro che avevano rapporti ancorché non continuativi (uno strumento di conoscenza di primo livello per l’esecuzione delle indagini finanziarie). La nuova comunicazione consentirà all’Amministrazione finanziaria di conoscere il totale delle entrate e delle uscite con i saldi finali, ovvero il volume d’affari del titolare del rapporto. Vedremo che l’utilizzo dei dati contenuti nella comunicazione integrativa sarà centralizzato e non periferico, ovvero quei dati sensibili non saranno visibili ai soggetti autorizzati all’accesso all’attuale Archivio dei rapporti finanziari. Si vuole evitare un utilizzo anomalo, improprio, e un aumento del rischio in termini di riservatezza e di sicurezza personale.

Anche le (plurime) movimentazioni dei conti, di basso profilo numerario, possono essere un indice di pericolosità (2), disvalore, cui riferire e orientare i necessari approfondimenti da indagini finanziarie. Le comunicazioni integrative – si aggiungono a quelle finora note sull’esistenza dei rapporti senza indicazione dei dettagli, alludo alla consistenza e alla movimentazione del singolo rapporto – sui profili evolutivi o involutivi dei rapporti finanziari saranno utilizzate dall’Agenzia delle entrate per l’elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione. Difatti, lo strumento ricognitivo permette di neutralizzare andamenti anomali, scostanti nelle movimentazione dei conti, in relazioni ai flussi reddituali dichiarati, alludo ad un dato finanziario non coperto da quello reddituale; il che autorizza l’Ufficio finanziario ad attivare indagini finanziarie (non necessariamente, ved. infra) per una riconversione ex lege, ved. artt. 32 e segg. del D.P.R. n. 600/1973, dei flussi finanziari in extrareddito. L’invio delle comunicazioni integrative introdotte dal decreto Monti non soffre limitazioni interinali endoprocedimentali. Il riferimento è ad autorizzazioni di organismi sovraordinati invece previste per le indagini finanziarie, pertanto sono affievolite le garanzie a tutela del contribuente. Nel flusso informativo vengono inclusi anche i conti “scudati”, corredati delle informazioni richieste dal secondo e terzo comma dell’art. 11 del D.L. n. 201/2011 e, quindi, anche con l’evidenza degli importi dei saldi e dei totali dare e avere delle movimentazioni di periodo. Soluzione de qua che pone dunque tutti i contribuenti sullo stesso piano; non incide sul principio di riservatezza, alludo ad un utilizzo dei dati sulle attività scudate, il quale avviene attraverso un algoritmo e senza alcun “intervento umano”. Si ritiene che, sul diverso profilo delle interrelazioni delle nuove comunicazioni integrative con l’antiriciclaggio, è da escludere che i soggetti inseriti in quelle liste selettive siano automaticamente segnalati alla Unità di informazione finanziaria (UIF), fatti salvi i casi di evidenza immediata da cui emergano elementi incontrovertibili di azioni di riciclaggio.

È evidente che l’indagine bancaria potrà essere verosimilmente autorizzata e avviata con il rilievo di quelle presupposte anomalie (elemento di rassicurazione), ancora la stessa non è vincolata alle seconde. Dunque, sulla scelta e preferenza sulle future alternative modalità endoprocedimentali, non necessariamente da indagini bancarie, potrà interferire la conoscenza delle anomalie dei conti cui riferire le future modalità endoprocedimentali anche extrabancarie, ved. infra i collegamenti con gli studi di settore per rafforzare il loro valore indiziario (degrado). Così, le prefate anomalie potranno coniugarsi ovvero obliterare il dato statistico da studi di settore, ved. il loro riconosciuto degrado indiziario, ancora rafforzare le esitazioni da un “sintetico”. L’Ufficio finanziario (è previsto un utilizzo a livello centrale di quelle notizie), potrà conoscere l’ammontare delle operazioni de quibus, senza richiedere autorizzazioni interinali preventive che saranno dovute solo con l’apertura delle vere indagini bancarie. Seguirà, attraverso la “lavorazione” di quella mole di dati finanziari, la formazione delle liste dei soggetti da controllare, cui riferire le ben note presunzioni legali di imponibilità, ved. artt. 32 e segg. del D.P.R. n. 600/1973.

Invero, sul concorso di presunzioni legali relative di imponibilità, ovvero di modalità endoprocedimentali che utilizzano presunzioni legali relative, vi sono riserve ontologiche, alludo all’impossibilità di rafforzare attraverso le spiegate anomalie dei conti, una presunzione legale relativa di imponibilità, ved. da “accertamento sintetico”, che ex se realizza un’inversione dell’onere probatorio, de facto non abbisognevole di qualificazione ultronea. Si vuole dire che le anomalie dei conti non possono rafforzare un redditometro che già realizza un’inversione dell’onere probatorio – sia pure filtrato dal necessario contraddittorio interinale.

Sulla natura legale (relativa) della presunzione di imponibilità da indagini bancarie, ved. infra la clausola di salvezza della prova contraria, la giurisprudenza di legittimità è oramai granitica nell’affermare che l’Amministrazione finanziaria goda delle facilitazioni date dall’inversione dell’onere probatorio, appunto gravante sul contribuente, il quale dovrà dimostrare la natura extrafiscale dei flussi finanziari monitorati, altrimenti il fisco può considerare imponibili le movimentazioni in parola. Prosegue dunque la linea dura della Corte di Cassazione (3) sulla natura legale delle presunzioni derivanti da flussi finanziari, non necessitando le presunzioni da contestazioni bancarie dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. A tale presunzione va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice o un’affermazione di carattere generale, né è possibile ricorrere all’equità. Difatti, la presunzione legale (4) non può essere vinta da una presunzione semplice per cui le possibilità di produrre una prova contraria vengono limitate. Pertanto, vi è la necessità della specificità della prova da parte del contribuente, riferibile alla singola movimentazione monitorata al fine di superare l’asimmetria informativa esistente fra fisco e contribuente (il secondo dispone di conoscenze sul fondamento economico delle proprie operazioni non raggiungibili dal primo). Tale prova dovrà essere libera, sia nell’an che nel quantum. Il giudice di merito dovrà valutare se, ed eventualmente, a quali operazioni la documentazioni fornita si riferisca. La presunzione de qua non potrà essere utilizzata per attribuire una qualifica imprenditoriale al contribuente i cui conti sono monitorati, operando sul quantum debeatur, con l’effetto deteriore che l’accertamento dell’an deve trovare la sua giustificazione in altre norme di sistema. Ancora, lo strumento istruttorio potrà essere utilizzato anche nei confronti delle persone fisiche non obbligate alle scritture contabili, cioè a prescindere dalla prova presuntiva che il contribuente eserciti una determinata attività e dalla natura lecita o illecita dell’attività stessa. Invero, nell’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 vengono richiamate le rettifiche ai sensi degli artt. 39 e segg. del medesimo decreto, ma la pregiudiziale sulla fonte reddituale cui associare le informazioni finanziarie è stata superata dalla Corte di Cassazione (5) che ha escluso la possibilità attraverso di esse di rettificare il reddito di lavoro dipendente. Le operazioni elusive, ved. art. 37 del D.P.R. n. 600/1973, sono escluse dalla presunzione de qua, anche per la considerazione che vertesi di evasione interpretativa. Nel processo penale, non opera la spiegata inversione dell’onere probatorio (6), essendo governato da regole diverse, per cui la sanzione penale non potrà mai derivare da giudizi di verosimiglianza, sintetici essendo necessario un effettivo riscontro probatorio (un compendio indiziario grave).

Sulla tassazione dei prelevamenti (corrisposta ad un costo a sua volta produttivo di ricavi), trattati alla stregua di acquisizione di utili e pertanto si presumono ricavi non dichiarati (o compensi), si rinnovano le plurime criticità (7) per la verosimile duplicazione impositiva della medesima ricchezza, nella misura in cui ideologicamente il prelevamento è l’apprensione di utili o più verosimilmente oblitera un costo, essendo associato a voci di spesa (dovrebbe essere neutro). La presunzione dovrebbe operare in relazione alle sole movimentazioni attive, in quanto ritenute espressive di un reddito imponibile. Un mutamento delle norme sostanziale sulla determinazione del reddito, piuttosto che un semplice adattamento di un meccanismo istruttorio, già in vigore per le imprese. Pertanto, la presunzione de qua sarebbe giustificabile solo in termini sanzionatori, alludo alle conseguenze negative discendenti dalla scarsa collaborazione del contribuente nella fase endoprocedimentale sull’indicazione del beneficiario del prelievo, in quanto, attraverso l’indicazione de qua, sarebbe facilitato l’accertamento, diretto o indiretto, della finalità, anche extrafiscale, del prelevamento stesso. Dunque, la tassazione dei prelevamenti fuori da ogni logica impositiva, intrinsecamente irrazionale si giustifica alla stregua di una presunzione-sanzione, che vuole “fiscalizzare” il comportamento reticente di colui che appunto non assolve all’identificazione del beneficiario e alla “causa” del prelevamento. Una disposizione “anti-omertà” in quanto volta a sollecitare la collaborazione del contribuente in ordine alla individuazione di altri soggetti coinvolti negli schemi di evasione di cui egli è parte. Sulla retroattività della modifica all’art. 32, primo comma, n. 2, secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973 (apportata dall’art. 1, comma 402, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), la Corte Costituzionale ha ritenuto la norma non retroattiva (tax prelevamenti estesa ai professionisti) in quanto, secondo il diritto vivente, doveva ritenersi che un’identica presunzione era operante già prima del 1° gennaio 2005. Invero, l’applicazione della presunzione de qua agli accertamenti anteriori al 2005 discende dalla qualificazione come procedimentale della norma in questione e dalla conseguente applicazione della regola di diritto intertemporale tempus regit actum.

La norma positiva prevedendo risultati de facto sostanziali, derivanti da un’abdicazione volontaria alla cooperazione interinale con l’Ufficio fiscale, ha effetti deteriori, non dissimili da altre norme di sistema. Il riferimento è alle preclusioni probatorie sull’utilizzo dei documenti non esibiti o trasmessi in risposta agli inviti di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973. Anche qui il contribuente viene de facto sanzionato con un prelievo sostanziale proprio dei comportamenti dichiarativi viziati nell’applicazione della norma primaria, pur non avendo evaso o eluso regole positive (un disvalore nelle sue colpevoli omissioni). La finalità della citata norma risiede nella volontà di contrastare comportamenti dolosi, volontari dei contribuenti che intenzionalmente rendono indisponibili i documenti richiesti ad essi evidentemente sfavorevoli. Dovrebbe rilevare il mero rifiuto di esibizione dei documenti richiesti per ingenerare la preclusione probatoria endoprocessuale, non ritengo difatti necessaria un’indagine sull’intensità (dolo o colpa) del profilo soggettivo nell’omissione de qua. In altri termini, una responsabilità oggettiva da mancata trasmissione. Pertanto, la tassazione dei prelevamenti condivide la medesima natura parasanzionatoria delle preclusioni probatorie prima illustrate di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973. Si vuole censurare la reticenza del contribuente, il quale potrà liberarsi attraverso l’indicazione, a differenza dei versamenti, del beneficiario senza dover fornire prova formale (vincolato ex lege alla indicazione del beneficiario del prelevamento, un regime di predeterminazioni positive in punto di prova contraria). Non vi sono altre giustificazioni razionali sull’esegesi della norma di cui all’art. 32, primo comma, n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, non comprendendosi come un prelevamento possa generare nuova utilità. Non è irragionevole, ispirandosi a principi equitativi tuttavia esclusi dalla norma endoprocessuale, la destinazione imprenditoriale di certi prelevamenti, de facto costi deducibili, rilevato che, nella tassazione endosocietaria, sono deducibili anche i costi non imputati al conto economico se risultano da elementi certi e precisi. Difatti, lo stesso criterio di normalità dovrebbe valere per il fatto, ancor più ovvio, che le imprese sostengono dei costi la cui esistenza può essere data in via presuntiva. Invece, in un contesto extraimprenditoriale, non si pone un problema di deduzione di costi, atteso che gli utili distribuiti (occultamente) per definizione sono ex se depurati dei costi, essendo nuova utilità disponibile. Invero, incomberebbe sempre sul contribuente (8) la prova specifica del costo occulto, la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, non essendo possibile un loro riconoscimento presuntivo, equitativo, senza una loro fattuale dimostrazione.

Sulle interposizioni fittizie nella detenzione dei conti comunque imputabili al contribuente (ha la disponibilità) si ritiene che l’azione dell’Ufficio finanziario dovrebbe prevedere un’autonoma autorizzazione o quantomeno sarebbe necessario l’obbligo di motivazione della stessa normalmente non previsto dalla legge. Sull’utilizzo dei conti di terzi che siano legati al contribuente appare necessario, a tal fine, che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche in via presuntiva, la natura fittizia dell’intestazione a tali soggetti. Difatti, la presunzione legale relativa, con inversione dell’onere probatorio, opera sui conti del contribuente non sui conti di terzi. Questa modalità endoprocedimentale, molto diffusa, coinvolge i rapporti endosocietari, per cui l’esistenza di vincoli di parentela fra i soci e gli amministratori è stata ritenuta ex se bastevole per l’estensione de qua, purché venga provato dall’Amministrazione finanziaria con elementi concreti che quei movimenti dai conti dei soci siano riferibili ad operazioni della partecipata, ovvero ricavi della stessa. Lo stesso dicasi anche per i conti cointestati, laddove non dovrebbe ragionevolmente consentire di imputare ex se al contribuente verificato tutte le movimentazioni effettuate sugli stessi. In altri termini, si ricade con l’utilizzo dei conti di “terzi”, nello schema dell’interposizione fittizia di cui all’art. 37, terzo comma, del D.P.R. n. 600/1973, per cui la riallocazioni dei flussi finanziari dai conti di terzi, sarà possibile solo provando, ved. presunzioni qualificate, la fittizietà dell’intestazione solo formale e apparente di questi ultimi (un diaframma, con una discontinuità soggettiva nel possesso delle utilità).

Avv. Fabio ciani

Università Roma Tre

(1) L’indagine bancaria ovvero il flusso finanziario monitorato è “coperto” da una presunzione legale di imponibilità relativa, con l’effetto deteriore di un travaso dell’onere probatorio sul contribuente, in deroga alla regola sistemica endoprocessuale che vede invece gravare sull’Ufficio finanziario l’onere probatorio. Sulla “ripartizione probatoria” nelle procedure inferenziali, ved. Tomassini, Ripartito tra Fisco e contribuente l’onere della prova nel transfer pricing, in Corr. trib., 2014, 121 ss., il quale sulla regola “distributivade qua osserva che «l’onere dell’ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi della pretesa non è che la presa d’atto che nel procedimento tributario non vi è alcuna presunzione di legittimità dell’avviso di accertamento. Tale principio non è tuttavia assiomatico, visto il mutevole atteggiarsi del rapporto di imposta e le eterogenee modalità con cui deve giungere alla misurazione amministrativa della ricchezza tassabile, che è l’essenza del diritto tributario».

(2) Sulle criticità nella redazione di una black list dei soggetti che presentano ex se un andamento anomalo, fluttuante dei propri conti in relazioni ai profili reddituali dichiarati, ved. Serranò, L’art. 11 del decreto salva Italia e l’emersione degli imponibili attraverso le indagini finanziarie, in Boll. Trib., 2012, 327 ss.; l’Autore osserva sulla ricognizione preventiva dei conti che «l’agenzia acquisisca, così, la facoltà di ispezionare preventivamente, senza autorizzazioni ad hoc, le movimentazioni ed ogni ulteriore informazione relativa ai rapporti di cui all’art. 7, comma 6, del D.P.R. n. 605/1973, senza attribuire alcun rilievo al fatto che esse siano in conto o fuori conto e sia altresì tenuta a presentare, con cadenza annuale, una relazione alle camere sui risultati relativi all’emersione dell’evasione a seguito della introduzione di tale disposizione … vengono individuati in primis i soggetti da controllare, cui fanno capo rapporti finanziari che presentano anomalie e, successivamente, orienta l’attività di accertamento unicamente in capo a tali categorie di contribuenti».

(3) Cfr. Cass., sez. trib., 20 novembre 2013, n. 25984, in Boll. Trib. On-line.

(4) Sulla natura legale della presunzione de qua de facto in bianco e sulle sue criticità in relazione anche alle superiori istanze difensive, ved. Marcheselli, Dati bancari e lotta all’evasione: uno strumento efficace da usare ragionevolmente, in Corr. trib., 2012, 1039 ss., il quale osserva che «non può configurarsi una presunzione legale cosi generica come la dizione di questa parte della disposizione: essa comporterebbe, in pratica, qualsiasi illazione, non importa quanto fantasiosa e fondata, tratta dai dati bancari potrebbe essere posta a base dell’accertamento a meno che non sia il contribuente a dimostrare che i dati non sono collegati a operazioni e proventi imponibili. Un’inversione dell’onere della prova cosi ampia, e una presunzione in bianco è, ad avviso di scrive, illegittima siccome in radicale contrasto con la consolidata giurisprudenza della corte costituzionale».

(5) Cfr. Cass., sez. trib., 11 novembre 2009, n. 23852, in Boll. Trib., 2010, 58, con nota di Ficari, Movimentazioni bancarie ed accertamento in capo ad un lavoratore dipendente.

(6) Esiste in questo comparto un tendenziale principio di inutilizzabilità delle presunzioni legale, da intendersi come meri dati processuali liberamente valutabili dal giudice, oggetto di autonoma e critica valutazione da parte del giudice. Il coordinamento fra i diversi processi ai fini dell’applicazione della misura cautelare è stato di recente analizzato da Iorio-Mecca, Le presunzioni legali tributarie legittimano la confisca per equivalente nel procedimento penale, in Corr. trib., 2013, 1091 ss.; gli Autori osservano che «la giurisprudenza della cassazione è ormai consolidata nell’affermare che le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, assumendo il valore di meri dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente ad elementi di riscontro che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa. tuttavia sottolineano i giudici, tali presunzioni hanno valore indiziario, e dunque ben può essere fondata su di esse l’applicazione di una misura cautelare».

(7) Sulle criticità dell’estensione della presunzione de qua ai professionisti nella misura in cui comporta de facto un mutamento delle regole sulla determinazione del reddito professionale, ved. Lupi-Bertolaso, Presunzione contronatura sulla redditualità dei prelevamenti: tentativi di razionalizzazione (per i professionisti), in Dial., 2012, 610 ss.; gli Autori osservano che «se per l’imprenditore è sostenibile che i ricavi possono essere generati anche dai prelevamenti, in quanto attraverso l’acquisto/investimento di fattori produttivi si realizza la caratterizzazione del profit oriented di tale soggetto, per il professionista, per il quale la realizzazione, del contratto d’opera costituisce il fine dell’attività, invece, non si comprende come da un prelevamento si possa presumere un compenso non dichiarato … è uno dei tanti casi di sdoppiamento fiscale della stessa realtà, dove il fatto indiziante della presunzione viene considerato solo a danno del contribuente, ma non a suo favore come costo».

(8) Sulla necessità di un contraddittorio interinale, ved. anche le sue coperture sovranazionali CGE e le simmetrie con il procedimento amministrativo, Nardelli, Il contraddittorio formale e le contraddizioni sostanziali, in Riv. giur. trib., 2013, 203 ss.; l’Autore osserva che «la caratteristiche del procedimento tributario, non possono impedire soprattutto in vista dell’interpretazione orientata della norma, di ravvisare l’esistenza di una intima coerenza sistematica tra il procedimento tributario e quello amministrativo, con il conseguente abbandono del rapporto di soggezione, e, soprattutto con significativo approdo ad una fase procedimentale amministrativa partecipata dal privato ed in questo senso il principio del contraddittorio … va considerato immanente al procedimento tributario antecedente all’emanazione dell’atto di accertamento, o comunque alla manifestazione della pretesa tributaria, quale che ne sia l’origine».