18 Febbraio, 2014

SOMMARIO: Premessa – 1. I crediti di modesto ammontare scaduti da almeno sei mesi – 2. I crediti prescritti – 3. La cancellazione dei crediti dal bilancio per i soggetti IAS-adopter – 4. Gli elementi certi e precisi per le perdite su crediti dei soggetti non IAS-adopter.

 

Premessa

Con le modifiche apportate in sede di conversione dell’art. 33, quinto comma, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (c.d. “decreto crescita”, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134), il legislatore ha modificato l’art. 101, quinto comma, del TUIR, introducendo alcune ipotesi che presumono l’esistenza degli “elementi certi e precisi” richiesti ai fini della deducibilità delle perdite su crediti. Tali ipotesi si manifestano: a) in ogni caso quando il credito è di modesta entità e siano decorsi sei mesi dalla data di scadenza di pagamento del credito stesso (il credito è di “modesta entità” se presenta un ammontare non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione (i c.d. “grandi contribuenti”) e 2.500 euro per le altre imprese; b) quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto; c) per i soggetti IAS-adopter, in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi. La necessità di un simile intervento normativo, come è noto, è stata imposta dalle difficoltà riscontrate dagli operatori nell’identificare in modo oggettivo, e, dunque, incontrovertibile, le ipotesi in cui detti elementi certi e precisi potessero considerarsi realizzati. In particolare, per i crediti di modesto ammontare, non era dato sapere quale fosse la soglia del credito che ne qualificasse il modesto ammontare, il che non ha agevolato la valutazione della convenienza economica ad avviare o proseguire azioni legali di recupero. Dubbi si sono manifestati anche ai fini della deducibilità delle perdite derivanti da atti realizzativi dei crediti stessi, poiché sia la giurisprudenza (1) che l’Agenzia delle entrate (2) hanno sempre sostenuto che le perdite derivanti da cessione dei crediti debbano essere disciplinate dall’art. 101, quinto comma, del TUIR – contrariamente a quanto sostenuto dalla dottrina maggioritaria (3) – e che la cessione dei crediti non rappresenta, di per sé, una condizione sufficiente per considerare esistenti gli “elementi certi e precisi” richiesti ai fini della deducibilità dell’eventuale perdita derivante dal realizzo dei crediti.

 Tuttavia, in seguito all’entrata in vigore delle modifiche apportate al citato art. 101, quinto comma, del TUIR, si sono manifestate non poche incertezze circa le relative modalità applicative e, dunque, con la circolare 1° agosto 2013, n. 26/E, l’Agenzia delle entrate ha fornito gli attesi chiarimenti (4).

 

[-protetto-]

 

 

 

1. I crediti di modesto ammontare scaduti da almeno sei mesi

 

 L’art. 101, quinto comma, del TUIR, attualmente in vigore afferma che: «Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta a un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all’articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese”. La ratio di tale disposizione normativa è presumere ex lege l’esistenza degli elementi certi e precisi e, quindi, la deducibilità delle perdite su crediti, in tutte quelle ipotesi in cui l’ammontare del credito rende antieconomico avviare o proseguire un’azione legale finalizzata al recupero, in tutto o in parte, del credito stesso. L’Amministrazione finanziaria, nella risoluzione 6 agosto 1976, n. 9/124 (5), aveva già tenuto conto di tale esigenza, chiarendo che per i crediti commerciali di modesto importo, che siano tali anche in relazione all’entità del portafoglio, la deduzione delle relative perdite può prescindere dalla dimostrazione rigorosa di prove formali, poiché le azioni di recupero degli stessi esporrebbero le imprese al sostenimento di ulteriori oneri (6). Tuttavia, tale pronunciamento non offriva comunque alle imprese un riferimento oggettivo per poter distinguere i crediti di modesto ammontare dagli altri (7).

 Mentre lo spirito della citata novella normativa appare chiaro nel suo intento, nonché di immediata comprensione, occorrendo soltanto attendere, ai fini della deducibilità della perdita, i sei mesi dalla scadenza del credito di modesto ammontare, alcuni dubbi sono stati sollevati in merito alla sua applicazione pratica. In particolare la modifica normativa in commento:

 non prevede un criterio di determinazione del “modesto ammontare”, e dunque non era chiaro se tale ammontare dovesse essere determinato in base al suo valore nominale ovvero al valore nominale incassato, se dovesse essere considerata l’IVA indicata in fattura, se il credito dovesse riguardare un’unica prestazione ovvero l’intero credito vantato nei confronti del medesimo debitore, anche se relativo a diverse prestazioni ovvero a diversi rapporti giuridici;

 non menziona espressamente se la novella normativa possa trovare applicazione anche nelle ipotesi in cui il minor valore del credito sia stato contabilmente determinato in seguito all’imputazione a conto economico di una svalutazione di crediti;

 non ne indica la decorrenza, e dunque non era chiaro se essa dovesse disciplinare unicamente le perdite su crediti di modesto ammontare i cui requisiti si sono manifestati a decorrere dalla data di entrata in vigore della norma, ovvero se la stessa dovesse trovare applicazione anche per disciplinare le perdite su tali crediti verificatesi anteriormente al periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

 Come anticipato, nella circolare n. 26/E/2013, l’Agenzia delle entrate ha chiarito, tra gli altri, tali profili di incertezza.

 In primo luogo è stato precisato che il “modesto ammontare” del credito è determinato tenendo conto del valore nominale del credito stesso non incassato, senza dunque porre alcun riguardo a eventuali rettifiche di valore operate in sede contabile e fiscale. Inoltre il calcolo del “modesto ammontare” del credito va effettuato: a) comprendendo altresì l’IVA oggetto di rivalsa nei confronti del debitore ma escludendo gli interessi di mora e gli oneri accessori addebitati al debitore in caso di inadempimento; b) avendo riguardo alla singola prestazione che ha generato il credito stesso, a meno che l’impresa creditrice non intrattenga con il debitore diversi rapporti giuridici. In tale ultima ipotesi il “modesto ammontare” del credito è dato dalla somma dei crediti che originano dal medesimo rapporto giuridico e che abbiano scadenza superiore ai sei mesi.

 Venendo all’identificazione del periodo di competenza cui le perdite su crediti di modesto ammontare devono essere dedotte, l’Amministrazione finanziaria afferma che il periodo di imposta in cui avviene la maturazione dei sei mesi dalla scadenza del credito rappresenta soltanto il dies a quo – vale a dire il periodo a decorrere dal quale la perdita su crediti potrà essere dedotta – e non già il periodo di imposta in cui obbligatoriamente devono essere imputate e dedotte le perdite su crediti di modesto ammontare. Pertanto, nell’ipotesi in cui i due requisiti previsti dalla disciplina in esame (modesto ammontare del credito e decorso dei sei mesi) si verificano in differenti periodi di imposta, se si verifica prima il decorso dei sei mesi, la perdita sarà deducibile nel periodo di imposta in cui essa sarà imputata a conto economico. Viceversa, se è rilevata la perdita a conto economico su un credito di modesto ammontare per il quale non è ancora decorso il periodo di sei mesi, la perdita sarà deducibile nel periodo di imposta in cui sarà finalizzato il decorso dei sei mesi. L’Amministrazione finanziaria ha poi precisato che la norma si applica anche laddove il costo che abbia determinato la riduzione di valore del credito sia stato imputato a conto economico sotto a titolo di svalutazione e la stessa non sia stata dedotta fiscalmente.

 In merito alla decorrenza della modifica normativa riguardante le perdite su crediti di modesto ammontare, l’Agenzia delle entrate, ribadendo l’assenza di un regime transitorio e che la disposizione normativa de qua produce i suoi effetti a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 134/2012 (12 agosto 2012), ha chiarito che la nuova norma si applica alle perdite imputate a conto economico dell’anno 2012 (o dei successivi) su crediti di modesto ammontare scaduti da almeno sei mesi, anche se tale decorso è maturato nei periodi di imposta antecedenti quello di prima applicazione della norma. Sembra dunque escluso che la disposizione in commento possa applicarsi al credito di modesto ammontare la cui perdita/svalutazione sia stata imputata in un periodo di imposta anteriore quello in corso al 12 agosto 2012 e con i sei mesi maturati nel 2012 (8).

2. I crediti prescritti

 

 La seconda ipotesi che presume l’esistenza degli elementi certi e precisi è rappresentata dalla prescrizione del diritto di credito.

 Il nuovo art. 101, quinto comma, del TUIR, infatti afferma che «Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto». Ad onore del vero, la norma non prevede una nuova e distinta ipotesi di esistenza degli elementi certi e precisi che non fosse già presente nel previgente ordinamento; la prescrizione del credito, infatti, anche prima delle modifiche normative citate determinava l’estinzione del credito e, dunque, la (definitiva) perdita del relativo valore (9).

 Per quanto riguarda gli aspetti applicativi di tale modifica, la norma dovrebbe riguardare ogni credito il cui diritto sia stato prescritto, indipendentemente dall’ammontare del credito; inoltre, a differenza di ciò che accade per i crediti di modesto ammontare, in cui il decorso del termine dei sei mesi comporta soltanto il dies a quo per la deducibilità della perdita, la prescrizione dovrebbe comportare che la perdita sia deducibile soltanto nel periodo in cui è maturato il termine della prescrizione (10). Inoltre essa dovrebbe essere applicata, naturalmente, tanto dai soggetti IAS-adopter quanto dai soggetti che adottano i principi contabili nazionali.

 L’Agenzia delle entrate ha confermato che la norma in commento trova applicazione «a prescindere dall’importo del credito prescritto». Per ciò che concerne la relativa decorrenza, l’Amministrazione finanziaria afferma che essa produce i suoi effetti a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data del 12 agosto 2012 anche se di fatto la stessa Agenzia riconosce che già in passato la prescrizione rappresentava un elemento certo e preciso ai fini della deducibilità della perdita. Una conferma di ciò si ha nel fatto che nella relazione tecnica al “decretocrescita” per tale modifica normativa non sono previsti effetti di gettito.

 

 

3. La cancellazione dei crediti dal bilancio per i soggetti IAS-adopter

 

 

La terza ipotesi che presume l’esistenza degli elementi certi e precisi è prevista soltanto per i soggetti IAS-adopter ed è rappresentata dalla cancellazione dei crediti da bilancio.

 Il nuovo art. 101, quinto comma, del TUIR, infatti, afferma che «gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi». Il tenore letterale del citato periodo del quinto comma dell’art. 101 non subordina l’esistenza degli elementi certi e precisi richiesti per la deducibilità della perdita su crediti a una mera cancellazione dei crediti dal bilancio; se così fosse stato, infatti, detti elementi certi e precisi sarebbero stati integrati in presenza di ogni ipotesi di derecognition del credito prevista dai principi contabili internazionali. A tal ultimo proposito, infatti, il principio contabile IAS 39, par. 17 e segg., stabilisce che un’attività finanziaria può essere cancellata dal bilancio al verificarsi di uno dei seguenti eventi:

 «17. Un’entità deve eliminare un’attività finanziaria quando, e soltanto quando:

 (a) i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dalle attività finanziarie scadono; o

 (b) l’entità trasferisce l’attività finanziaria come illustrato nei paragrafi 18 e 19 e il trasferimento si qualifica per l’eliminazione secondo quanto previsto dal paragrafo 20 (11).

 18. Un’entità trasferisce un’attività finanziaria, se e soltanto se:

 (a) trasferisce i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari dell’attività finanziaria; o

 (b) mantiene i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari dell’attività finanziaria, ma assume un’obbligazione contrattuale a pagare i flussi finanziari a uno o più beneficiari in un accordo che soddisfa le condizioni nel paragrafo 19» (12).

 Pertanto, se gli “elementi certi e precisi” fossero stati identificati unicamente nella (mera) «cancellazione dei crediti dal bilancio», la deducibilità dell’eventuale perdita scaturente da tale cancellazione sarebbe potuta originare sia da una derecognition soltanto contabile del credito [ipotesi disciplinata dal precedente paragrafo 18, lett. b)] che da una derecognition originata da un evento giuridico [ipotesi disciplinate dai precedenti par. 17 e 18, lett. a)]. Il legislatore, invece, ha espressamente previsto la presenza di elementi certi e precisi soltanto se la cancellazione in oggetto sia stata «operata in dipendenza di eventi estintivi»; non presentandosi, dunque, di immediata comprensione l’accezione da attribuire a detti eventi, è stato sostenuto che essi possono essere interpretati, sostanzialmente, seguendo due tesi.

 Secondo una prima interpretazione, che si presenta coerente con il dato letterale della norma, gli “eventi estintivi” che determinano la cancellazione del credito dal bilancio dovrebbero essere identificati sotto un profilo giuridico e non contabile, comprendendo sia l’ipotesi di atto realizzativo del credito (ad esempio, cessione di crediti e conversione di crediti in partecipazioni emesse dall’impresa debitrice) che gli atti “meramente estintivi” del credito (transazione, rinuncia e prescrizione) (13).

 Seguendo un’altra tesi, invece, gli eventi estintivi comprenderebbero tutte le ipotesi (anche quelle che non prevedono un atto realizzativo del credito sotto un profilo giuridico) che, applicando correttamente i principi di derecognition del principio IAS 39, diano luogo a una cancellazione del credito dal bilancio (“estinzione contabile” del credito). In particolare, la cancellazione del credito dovrebbe originare da un evento che comporti il trasferimento giuridico del credito, la scadenza del diritto a riceverne i relativi flussi finanziari ovvero il mantenimento del diritto di credito ma il sostanziale trasferimento dei relativi rischi e benefici (14).

 Ulteriore corollario di questa seconda impostazione sarebbe stato evidentemente quello di poter attribuire alla novella in discorso una natura meramente interpretativa e non novativa, sicché i suoi effetti avrebbero potuto estendersi anche ai periodi d’imposta precedenti a quello di entrata in vigore delle disposizioni de quibus (essenzialmente, il 2012).

 Nell’ambito di tale ricostruzione non dovrebbe essere compresa l’ipotesi di una cancellazione del credito originata da un processo di valutazione interna, vale a dire una rettifica di valore del credito (c.d. processo di impairment) che ne azzeri il valore. In tale ultima circostanza, infatti, il credito, sebbene non più presente in bilancio, non si potrebbe certo dirsi “estinto” e, dunque, non potrebbero ritenersi esistenti gli elementi certi e precisi richiesti ai fini della deducibilità dell’eventuale perdita che ne scaturirebbe (15).

 Con la circolare n. 26/E/2013, in via preliminare – quasi a voler giustificare l’applicabilità dell’art. 101, quinto comma, del TUIR, anche alle perdite derivanti da atti realizzativi del credito – l’Agenzia delle entrate afferma che detta disposizione tributaria rientra tra quelle disposizioni che limitano la deducibilità di componenti negativi di reddito dei soggetti IAS-adopter, per le quali, ai sensi dell’art. 2, secondo comma, del D.M. 1° aprile 2009, n. 48 (c.d. “decreto IAS”), non opera il principio di derivazione rafforzata (del reddito imponibile dal risultato del bilancio d’esercizio), non essendo in presenza di un fenomeno di qualificazione, imputazione temporale o classificazione in bilancio.

 La posizione espressa dall’Amministrazione finanziaria suscita qualche perplessità.

 Infatti, leggendo l’art. 2, secondo comma, del decreto IAS (16), nonché la relazione illustrativa al decreto IAS (17), è evidente come la perdita derivante da un evento che comporti la derecognition del credito dal bilancio è proprio il risultato di una qualificazione di bilancio (vale a dire la valutazione dei presupposti richiesti dal principio IAS 39 per la cancellazione del credito) applicata ad un evento che abbia comportato il trasferimento giuridico del credito o comunque dei suoi rischi e benefici. Accolta in questi termini la perdita derivante da derecognition del credito, l’art. 101, quinto comma, del TUIR, non dovrebbe rientrare tra quelle disposizioni richiamate dall’art. 2, secondo comma, del decreto IAS, poiché nella fattispecie modificata dalla normativa in commento l’onere imputato a conto economico non rappresenterebbe un ammortamento, né il risultato di una valutazione né un accantonamento. Viceversa, l’art. 101, quinto comma, del TUIR, dovrebbe poter rientrare tra le disposizioni del TUIR citate dall’art. 2, secondo comma, del decreto IAS/IFRS, limitatamente alle perdite derivanti da fenomeni valutativi dei crediti (18).

 Dopo aver fatto tale premessa e aver sinteticamente riportato le ipotesi di derecognition di un’attività finanziaria previste dal principio contabile IAS n. 39, l’Amministrazione finanziaria risolve il dubbio circa l’interpretazione da attribuire all’espressione «cancellazione del credito dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi» affermando che «… l’impresa IAS-adopter deve ritenere sussistenti i requisiti di certezza e precisione necessari per la deducibilità fiscale della perdita in ciascuna delle ipotesi in cui è possibile effettuare la derecognition di un credito».

 per quanto riguarda l’ambito oggettivo della norma, pertanto, l’Agenzia delle entrate ritiene che gli elementi certi e precisi per i soggetti IAS-adopter debbano ricorrere in tutte le ipotesi di derecognition del credito dal bilancio, anche se non operate in dipendenza di un atto di realizzo del credito sotto il profilo giuridico. Ciò dovrebbe comportare che i c.d. “eventi estintivi” non debbano essere identificati in termini “giuridici” – con l’effetto di limitare la presenza di elementi certi e precisi, come detto, soltanto agli atti di realizzo giuridico del credito che comportino anche il trasferimento dei rischi e benefici – bensì nei “più ampi” termini “contabili”, consentendo la deducibilità delle perdite su crediti derivanti ogni tipologia di derecognition prevista dal citato principio contabile IAS n. 39.

 L’Agenzia delle entrate, invece, non fornisce alcun chiarimento circa la decorrenza delle modifiche normative relative ai soggetti IAS-adopter. Si ritiene, comunque, che tali modifiche dovrebbero rivestire valenza innovativa per le seguenti considerazioni.

 In primo luogo, perché il tenore letterale della norma non sembra prevedere i requisiti richiesti dall’art. 1, secondo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 – ai sensi del quale «L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica» – affinché possa essere considerata una norma di interpretazione autentica (19) (20).

 In secondo luogo, verso l’efficacia innovativa sembra orientarsi anche la relazione tecnica all’emendamento apportato all’art. 33, quinto comma, del citato “decreto crescita”, allorquando la stessa afferma che la normativa proposta riconoscerà alle imprese, dalla data di entrata in vigore della modifica, la legittimità fiscale di un comportamento (deducibilità delle perdite derivanti dalla cancellazione del credito dal bilancio) già nei fatti attuato, chiarendo invece che tali modifiche non avrebbero alcun impatto sugli accertamenti in corso da parte dell’Amministrazione finanziaria (21) (22).

 

 

4. Gli elementi certi e precisi per la deducibilità delle perdite su crediti per i soggetti non IAS-adopter

 

 

Per ciò che concerne, invece, l’ambito soggettivo della novella normativa in commento, l’Agenzia delle entrate afferma che essa riguarda solo e soltanto i soggetti IAS-adopter, non comportando alcun effetto sui soggetti che adottano in bilancio i principi contabili domestici; per questi ultimi, dunque, le eventuali perdite derivanti da atti realizzativi dei crediti continueranno a essere deducibili previa dimostrazione degli “elementi certi e precisi”. Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria indica, nella citata circolare, alcune operazioni di atti realizzativi o estintivi di crediti posti in essere dai soggetti non IAS-adopter in cui si ritengono esistenti gli elementi certi e precisi.

 La prima operazione è rappresentata dalla «cessione del credito che comporta la fuoriuscita, a titolo definitivo, del credito dalla sfera giuridica, patrimoniale ed economica del creditore». Al riguardo l’Agenzia delle entrate ritiene verificati i requisiti di deducibilità della perdita quando il credito è ceduto a intermediari vigilati, residenti in Italia o in Paesi che garantiscano un adeguato scambio di informazioni e che risultino estranei al gruppo della società cedente e a quello del debitore ceduto (23). Inoltre la perdita derivante da una cessione di crediti si ritiene munita degli elementi certi e precisi quando la perdita stessa si presenta di ammontare non superiore a quello delle spese previste per il recupero del credito e sempre che l’impresa creditrice abbia esperito almeno un tentativo di recupero del credito.

 La seconda operazione è rappresentata dalla transazione con il debitore motivata dalle difficoltà finanziarie di quest’ultimo. In tali ipotesi, per l’Amministrazione finanziaria, si ritengono verificate le condizioni di deducibilità della perdita se le controparti della transazione sono parti terze e se è dimostrato lo stato di difficoltà finanziaria del debitore (24) ovvero se è dimostrata la convenienza economica della transazione.

 Infine l’Agenzia delle entrate riconosce che anche la rinuncia al credito possa dar luogo ad una perdita deducibile. poiché in tale ipotesi si è in presenza di un atto unilaterale che potrebbe sostanzialmente rappresentare un atto di liberalità, è necessario tuttavia che tale rinuncia sia inerente all’impresa, il che può verificarsi allorquando siano dimostrate l’inconsistenza patrimoniale del debitore ovvero l’inopportunità delle azioni esecutive.

 È opportuno evidenziare come per l’Agenzia delle entrate le citate condizioni alle quali devono verificarsi gli atti realizzativi dei crediti per integrare la presenza degli elementi certi e precisi valgono soltanto per i soggetti non IAS-adopter (25), proprio in quanto per tali soggetti, non essendo loro applicabile la nuova normativa dettata per i soggetti IAS-adopter, era necessario prevedere dei chiarimenti interpretativi circa l’esistenza degli elementi certi e precisi in presenza di eventi realizzativi o estintivi dei crediti. Ciononostante, la deducibilità della perdita da “derecognition” dei crediti subita dai soggetti IAS-adopter potrà essere sindacata dall’Amministrazione finanziaria quale perdita che origina da un’operazione antieconomica, nell’ipotesi in cui sarà dimostrata la natura di atto di liberalità dell’operazione stessa.

Dott. Giosuè Manguso

 

(1) Cfr. in questo senso, tra le altre, Cass., sez. trib., 4 ottobre 2000, n. 13181, in Boll. Trib., 2001, 704; Cass., sez. trib., 11 dicembre 2000, n. 15563, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 20 novembre 2001, n. 14568, in Boll. Trib., 2002, 1182; Cass., sez. trib., 23 maggio 2002, n. 7555, ivi, 2004, 465; Cass., sez. trib., 10 marzo 2006, n. 5357, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 12 aprile 2006, n. 8592, ivi; e Cass., sez. trib., 6 ottobre 2011, n. 20450, ivi.

 (2) Cfr. in questo senso, la posizione espressa dall’Agenzia delle entrate nella ris. 29 febbraio 2008, n. 70/E, in Boll. Trib. On-line; e nelle circ. 3 agosto 2010, n. 42/E, in Boll. Trib., 2010, 1236, e 28 febbraio 2011, n. 7/E, ivi, 2011, 358.

(3) Sul punto cfr., tra gli altri, assonime, Guida all’applicazione dell’IRES e dell’IRAP per le imprese IAS/IFRS adopterDocumento I, 82, nota 119, 2011, e circ. assonime 13 maggio 2013, n. 15, Decreto legge n. 83 del 2012: le disposizioni in tema di sopravvenienze attive e perdite su crediti; F. Crovato R. Lupi, Il reddito di impresa, Milano, 2002, 321; G. Zizzo, Il differenziale negativo dalla cessione pro soluto dei crediti tra incertezze di qualificazione e problemi di inerenza, in Riv. dir. trib., 2001, 366; e A. Trabucchi, Novità interpretative in tema di perdite e di svalutazioni dei crediti, in M. Leo, Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Milano, 2011, 253.

 (4) In questo stesso fascicolo a pag. 1254; ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 134/2012, le modifiche all’art. 101, quinto comma, del TUIR, sono entrate in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, vale a dire il 12 agosto 2012.

 (5) In Boll. Trib., 1976, 1745.

 (6) In particolare la risoluzione de qua ha affermato che «Per quanto concerne, invece, i crediti commerciali di modesto importo, e che siano tali anche in relazione all’entità del portafoglio, la scrivente ritiene di poter confermare i criteri orientativi ammessi con la citata risoluzione n. 189 del 17 settembre 1970, nel senso che, per l’imputazione delle relative perdite agli accantonamenti o per la loro deduzione nel periodo in cui si verificano, possa prescindersi dalla ricerca di rigorose prove formali, nella considerazione che la lieve entità dei crediti può consigliare le aziende a non intraprendere azioni di recupero che comporterebbero il sostenimento di ulteriori oneri».

 (7) Tale posizione è stata poi ribadita nella Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00570 del 5 novembre 2008, in cui si è affermato che: «la dimostrazione degli elementi di certezza e precisione della perdita può essere meno rigorosa in relazione ai casi nei quali l’azione di recupero è obiettivamente antieconomica».

(8) Non è di questo avviso Assonime, la quale, nella circ. n. 15/2013, cit., ritiene che le modifiche normative debbano riguardare anche le perdite su crediti/svalutazioni che siano state già imputate al conto economico di esercizi precedenti a quelli in corso al 12 agosto 2012 e, per le quali, al verificarsi del requisiti del decorso dei sei mesi, «le impresesarebbero tenute a dedurre le perdite senza possibilità di ulteriore rinvio».

 (9) Sul punto cfr. A. Trabucchi, L’applicazione copre già l’ultimo esercizio, in Il Sole 24 Ore, Norme e tributi, del 12 agosto 2013, 3, secondo il quale «In questo modo, viene ad essere avallato il comportamento seguito finora da molti operatori economici che, nell’incertezza sulla ricorrenza di eventi ben identificati tali da configurare gli elementi certi e precisi richiesti dalla norma, hanno preferito prudenzialmente attendere la prescrizione per imputare e dedurre le perdite su crediti».

 (10) Cfr. L. Miele V. Russo, Il trattamento applicabile alle ipotesi di deducibilità fiscale delle perdite su crediti, in Corr. trib., 2013, 2737.

 (11) Il principio IAS 39, par. 20, stabilisce che: «Quando un’entità trasferisce un’attività finanziaria (vedere paragrafo 18), deve valutare la misura in cui essa mantiene i rischi e i benefici della proprietà dell’attività finanziaria. In questo caso: (a) se l’entità trasferisce sostanzialmente tutti i rischi e benefici della proprietà dell’attività finanziaria, l’entità deve eliminare l’attività finanziaria e rilevare separatamente come attività o passività qualsiasi diritto e obbligazione originati o mantenuti con il trasferimento; (b) se l’entità mantiene sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà delle attività finanziarie, l’entità deve continuare a rilevare l’attività finanziaria; (c) se l’entità non trasferisce né mantiene sostanzialmente tutti i rischi e benefici della proprietà dell’attività finanziaria, l’entità deve determinare se ha mantenuto il controllo dell’attività finanziaria. In questo caso: (i) se l’entità non ha mantenuto il controllo, deve eliminare l’attività finanziaria e rilevare separatamente come attività o passività qualsiasi diritto e obbligazione originati o mantenuti nel trasferimento; (ii) se l’entità ha mantenuto il controllo, deve continuare a rilevare l’attività finanziaria nella misura del coinvolgimento residuo nell’attività finanziaria».

 (12) Il principio IAS 39, par. 19, stabilisce che: «Quando un’entità mantiene i diritti contrattuali a ricevere i flussi finanziari di un’attività finanziaria (la “attività originale”), ma assume un’obbligazione contrattuale a pagare quei flussi finanziari a una o più entità (i “beneficiari finali”), l’entità tratta la transazione come un trasferimento di un’attività finanziaria se, e soltanto se, tutte le tre condizioni seguenti sono soddisfatte. (a) L’entità non ha un’obbligazione a corrispondere importi ai beneficiari finali a meno che incassi importi equivalenti dall’attività originale. Le anticipazioni a breve termine da parte dell’entità con il diritto al recupero totale dell’importo prestato più gli interessi rilevati secondo i tassi di mercato non violano questa condizione. (b) Le condizioni del contratto di trasferimento impediscono all’entità di vendere o di impegnare le attività originali salvo quando queste sono a garanzia dell’obbligazione a corrispondere flussi finanziari ai beneficiari finali. (c) L’entità ha una obbligazione a trasferire qualsiasi flusso finanziario che incassa per conto dei beneficiari finali senza un ritardo rilevante. Inoltre, l’entità non ha diritto a reinvestire tali flussi finanziari, se non per investimenti in disponibilità liquide o disponibilità liquide equivalenti (come definito nello IAS 7 Rendiconto finanziario) durante il breve periodo di regolamento dalla data di incasso alla data del dovuto pagamento ai beneficiari finali, e gli interessi attivi su tali investimenti vengono passati ai beneficiari finali».

 (13) A. Trabucchi L. Miele, Perdite su crediti di modesta entità, da prescrizione del diritto e da «derecognition» IAS dei crediti, in Corr. trib., 2012, 2607.

 (14) Assonime, circ. n. 15/2013, cit.

 (15) L’ipotesi prospettata è quella prevista da Assonime come un’altra possibile interpretazione della disposizione in commento – che origina dalle istruzioni di Banca d’Italia relative agli schemi di bilancio delle imprese bancarie – sulla cui portata applicativa, tuttavia, la stessa Associazione nutre condivisibili perplessità. Per maggiori approfondimenti sul punto, si rinvia ad Assonime, circ. n. 15/2013, cit.

 (16) L’art. 2, secondo comma, del decreto IAS, afferma che «Anche ai soggetti IAS, fermo restando quanto previsto al comma 1, si applicano le disposizioni del Capo II, Sezione I, del testo unico che prevedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclusione o ne dispongono la ripartizione in più periodi di imposta …».

 (17) La relazione illustrativa al decreto IAS prevede che «Essendo estranee alla nozione di qualificazione, classificazione e imputazione temporale, si è ritenuto che debbano restare, viceversa, valevoli per i soggetti IAS non solo le disposizioni che pongono dei limiti al riconoscimento fiscale degli ammortamenti, delle valutazioni e degli accantonamenti, ma anche quelle che, per motivi di carattere prettamente fiscale, derogano al bilancio redatto con i criteri nazionali e che, dunque, continuano a porre analoghe deroghe anche al bilancio redatto con gli IAS. Si tratta, in particolare, delle disposizioni che prevedono l’imputazione di componenti positivi e negativi per cassa anziché per competenza (interessi di mora, compensi agli amministratori, dividendi, ecc.) e di quelle che non consentono o limitano la deduzione di costi in quanto non inerenti o che prevedono la tassazione di componenti positivi frazionata nel tempo per motivi di opportunità fiscale …».

 (18) Sul punto si rinvia ad assonime, Guida all’applicazione all’IRES e all’IRAP per le imprese IAS/IFRS adopterDocumento I, cit., 80 e segg.

 (19) Sul punto cfr. L. Miele, Per le perdite su crediti, elementi certi e precisi a individuazione automatica, in Eutekne-Info del 21 luglio 2012; A. Trabucchi L. Miele, op. cit., 2607.

 (20) Un esempio di norma di interpretazione autentica può rinvenirsi nell’art. 36, comma 34-bis, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, secondo il quale «In deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati come redditi diversi».

 (21) «La normativa proposta, pur avendo indubbia portata innovativa, prende atto pertanto di una prassi, consentendo a decorrere dalla data di entrata in vigore della modifica un comportamento già nei fatti attuato. Per quanto riguarda il pregresso, invece, la normativa proposta rafforza l’efficacia delle eventuali azioni accertatrici ancora in corso da parte della Amministrazione».

 (22) Per ulteriori approfondimenti circa l’efficacia innovativa della modifica normativa in commento sia consentito il rinvio ad A. Trabucchi – G. Manguso, Sulla cancellazione dei crediti per eventi estintivi regole bipartite tra soggetti «IAS-adopter» e non, in Corr. trib., 2013, 2751.

 (23) Non si comprendono i motivi che abbiano indotto l’Agenzia delle entrate a limitare la presenza degli elementi certi e precisi soltanto agli atti realizzativi dei crediti effettuati avendo come controparti soggetti vigilati. Infatti, la valutazione circa l’ammontare del “credito effettivamente esigibile” non viene necessariamente eseguita soltanto da un’impresa vigilata, e l’immediato riconoscimento fiscale (in capo ai soggetti vigilati) del (minore) valore del credito acquistato – con il conseguente assoggettamento a tassazione dell’eventuale incremento di valore o maggiore incasso rispetto al costo di acquisto – rappresenta un effetto fiscale che si verifica anche se la controparte di un atto realizzativo del credito sia un’impresa non vigilata.

(24) Secondo l’Agenzia delle entrate, tale prova potrebbe essere offerta, ad esempio, dall’istanza di ristrutturazione presentata dal debitore oppure dalla presenza di debiti insoluti anche verso terzi.

 (25) Cfr. par. 7 della circ. n. 26/E/2013.

 

 

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