23 Maggio, 2014

 

Procedimento – Commissioni – Impugnazione della cartella di pagamento per tardività della notificazione – Non costituisce sempre un vizio proprio della cartella – Legittimazione passiva – Non è esclusiva dell’agente della riscossione e può sussistere in capo all’ente titolare del credito tributario – Fattispecie.

 Procedimento – Ricorsi – Impugnazione della cartella di pagamento non preceduta dalla notificazione dell’atto presupposto – Legittimazione passiva – Non è esclusiva dell’agente della riscossione e può sussistere in capo all’ente titolare del credito tributario – Fattispecie.

 Procedimento – Commissioni – Impugnazione dell’atto conseguente a quello presupposto non notificato – Cartella di pagamento non preceduta dalla notificazione dell’atto presupposto – Nullità della cartella – Consegue.

 Imposte e tasse – Riscossione – Cartella di pagamento non preceduta dalla notificazione dell’atto presupposto – Nullità della cartella – Consegue.

 Imposte e tasse – Riscossione – Mancata notificazione dell’avviso di accertamento – Nullità della conseguente cartella di pagamento – Consegue.

 Imposte e tasse – Accertamento – Omessa notificazione dell’atto presupposto – Comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato – Possibilità di far valere la nullità scegliendo se impugnare l’atto consequenziale per il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o se impugnare cumulativamente anche quest’ultimo atto per contestare l’intera pretesa tributaria – Sussiste – Interpretazione della scelta compiuta dal contribuente – Spetta al giudice tributario.

 Procedimento – Ricorsi – Impugnazione dell’atto conseguente a quello presupposto non notificato – Facoltà del contribuente di scegliere se eccepire solo l’invalidità dell’atto successivo o se far valere anche i vizi dell’atto presupposto per contestare radicalmente la pretesa tributaria – Sussiste ex art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 – Interpretazione della scelta compiuta dal contribuente – Spetta al giudice tributario.

 Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Avviso di accertamento – Fallimento – Presupposto d’imposta verificatosi prima della dichiarazione del fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta della dichiarazione stessa – Notificazione dell’atto impositivo – Deve essere effettuata sia al curatore fallimentare e sia al contribuente.

 Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Avviso di accertamento – Fallimento – Presupposto d’imposta verificatosi prima della dichiarazione del fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta della dichiarazione stessa – Notificazione dell’atto impositivo al solo curatore fallimentare – Efficacia nei confronti del contribuente fallito – Esclusione – Definitività dell’accertamento – Non si verifica.

 Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Avviso di accertamento – Fallimento – Presupposto d’imposta verificatosi prima della dichiarazione del fallimento del contribuente – Notificazione dell’atto impositivo al solo curatore fallimentare – Efficacia nei confronti del contribuente fallito – Esclusione – Solidarietà passiva fra il curatore fallimentare e l’amministratore od i soci della società di persone fallita – Non si verifica.

 

Nelle liti riguardanti l’impugnazione della cartella di pagamento la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e la tardività della notificazione della cartella di pagamento non costituisce in ogni caso un vizio proprio di quest’ultima tale da legittimare in via esclusiva l’agente della riscossione a contraddire nel relativo giudizio, in quanto la tempestività della notificazione della cartella di pagamento è espressione del principio di garanzia, da parte dell’ordinamento, dell’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, interesse che si correla a posizioni di obbligo imputabili all’ente impositore.

 In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato e poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento o avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione), facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo per contestare radicalmente la pretesa tributaria, spetta al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che nel primo caso deve verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), mentre nel secondo caso la pronuncia deve riguardare la legittimità o meno di tale pretesa.

 L’accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore, in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare o comunque della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento, ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla definitività dell’atto impositivo.

 L’accertamento tributario operato dall’Ufficio finanziario non può che decorrere, per il fallito, dal momento in cui sia eseguita nei suoi confronti la notifica del relativo avviso ed egli sia così posto nell’effettiva condizione di difendersi, dal che deriva, da una parte, la non definitività dell’avviso di accertamento che non sia stato notificato all’amministratore di una società fallita ma al solo curatore fallimentare e, dall’altra parte, il disconoscimento di una solidarietà passiva fra il curatore stesso e l’amministratore od i soci di una società di persone fallita, qualora questi ultimi non siano stati messi a conoscenza nei modi di legge dell’accertamento notificato al solo curatore.

 

 

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Cappabianca, rel. Crucitti), 19 luglio 2013, sent. n. 17687, ric. Agenzia delle entrate c. Bollettino Contributi e Tasse s.r.l.]

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in accoglimento dell’appello proposto dalla Bollettino Contributi e Tasse s.r.l., ed in totale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava nullo l’avviso di accertamento, relativo ad irpeg dell’anno di imposta 1993, per mancata notificazione dello stesso presso la sede legale della società e, conseguentemente, non dovute le imposte.

 I giudici di appello ritenevano che non fosse sufficiente la notificazione dell’avviso, effettuata al Curatore fallimentare che ebbe a rifiutarsi di ricevere l’atto, ma che fosse, altresì, necessaria, pur nella pendenza del fallimento, la notificazione dell’avviso di accertamento e della cartella presso la sede sociale.

 Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, l’Agenzia delle Entrate.

 Ha resistito con controricorso la società.

 

[-protetto-]

 

MOTIVI DELLA DECISIONE – 1. Per ragioni di ordine logico e processuale delle questioni devolute all’esame di questa Corte va, da primo, esaminato, involgendo un questione preliminare, il sesto motivo di ricorso con il quale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., la ricorrente deduce la nullità dell’intero giudizio per non avervi preso parte anche il Concessionario del servizio riscossione tributi.

 1.1. Il motivo è infondato alla luce dei principi sanciti da questa Corte secondo cui “nelle liti riguardanti l’impugnazione della cartella esattoriale la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario” e che “la tardività della notificazione della cartella di pagamento non costituisce in ogni caso, vizio proprio di questa tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio”, in quanto la tempestività della notificazione della cartella esattoriale è espressione del principio di garanzia, da parte dell’ordinamento, dell’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini, certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, interesse che si correla a posizioni di obbligo imputabili all’ente impositore (Cass. n. 22939/2007 (1); id. n. 933/2009 (2); n. 8613/2011 (3); n. 1532/2012 (4)).

 2. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere la Commissione tributaria lombarda dichiarato l’inammissibilità del ricorso in quanto la contribuente non aveva impugnato unitamente alla cartella anche l’avviso di accertamento.

 2.1. Il motivo è infondato.

 Le Sezioni Unite di questa Corte hanno fissato il principio, cui si ritiene dare continuità, per cui “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa” (SS.UU n. 5791/2008 (5)).

 3. Con il terzo, il quarto ed il quinto motivo la ricorrente – premesso che in atti era pacifico che l’avviso venne notificato al curatore del fallimento della società, all’epoca sottoposta a procedura concorsuale – censura, sotto l’egida della violazione di legge, la sentenza impugnata per non avere ritenuto sufficiente tale notificazione ed avere, ritenuto, la necessità di ulteriore notificazione dell’avviso di accertamento e della cartella presso la sede sociale.

4. I motivi sono infondati.

 L’argomentazione giuridica svolta dai Giudici di appello relativamente alla necessità di notificazione dell’atto anche alla società e costituente ratio decidendi autonomamente idonea a sorreggere la decisione, è, infatti, in linea con la giurisprudenza di questa Corte in materia di notificazione degli atti del rapporto tributario a soggetto fallito.

 Si è, infatti, più volte affermato il principio, cui si ritiene dare continuità, secondo cui l’accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati, come nella specie, prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore – in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento – ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla definitività dell’atto impositivo (Cass. n. 2910 del 6/2/2009(6)). Ed, ancora, in termini Cass. n. 6476 del 19/3/2007 (7) la quale, nell’affermare il medesimo principio, ha rilevato come l’accertamento operato dall’ufficio non può che decorrere, per il fallito, dal momento in cui sia eseguita nei suoi confronti la notifica del relativo avviso, ed egli sia così posto nell’effettiva condizione di difendersi. “Ciò comporta, da una parte, la non definitività di un avviso di accertamento non notificato all’amministratore di una società fallita, ma al solo curatore, e, dall’altra, il disconoscimento di una solidarietà passiva fra il curatore e l’amministratore o i soci di una società di persone fallita, qualora questi ultimi non siano stati messi a conoscenza nei modi di legge dell’accertamento notificato al solo curatore”.

 5. Il rigetto dei superiori motivi comporta l’assorbimento del settimo motivo con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., sul presupposto della rituale notificazione della cartella al curatore nel 2001 mentre il ricorso venne proposto solo in data 28.9.2005.

 6. In ossequio al principio di soccombenza le spese liquidate, come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012, vanno poste a carico di Agenzia delle Entrate.

 

 

P.Q.M. – La Corte rigetta il ricorso e condanna Agenzia delle Entrate alla refusione in favore della controricorrente delle spese del grado di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 12.500,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

 

 

 (1) Cass. 30 ottobre 2007, n. 22939, in Boll. Trib. On-line.

 (2) Cass. 16 gennaio 2009, n. 933, in Boll. Trib. On-line.

 (3) Cass. 15 aprile 2011, n. 8613, in Boll. Trib. On-line.

 (4) Cass. 2 febbraio 2012, n. 1532, in Boll. Trib. On-line.

 (5) Cass. 4 marzo 2008, n. 5791, in Boll. Trib. On-line.

 (6) In Boll. Trib. On-line.

 (7) In Boll. Trib. On-line.

 

 

 

L’omessa notificazione dell’atto presupposto alla cartella di pagamento non costituisce “vizio proprio” della stessa e nel caso di sua impugnazione è l’ente impositore il soggetto legittimato passivo

 

1. Premessa

 

L’annotata sentenza merita di essere segnalata perché in essa la Suprema Corte ha affrontato diverse questioni, certamente non nuove nel panorama giurisprudenziale, ma tutte di grandissimo rilievo.

 Ci riferiamo, in particolare, ai vizi dell’atto della sequenza procedimentale non preceduto dalla notifica dell’atto presupposto, alla legittimazione passiva dell’ente impositore nelle controversie che hanno per oggetto le cartelle di pagamento, e alle conseguenze della notificazione dell’atto impositivo eseguita al solo curatore fallimentare, nel caso di accertamento tributario inerente a crediti fiscali i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente.

 Si tratta, ripetiamo, di questioni sulle quali il Supremo Collegio in passato è già intervenuto, in più di un’occasione, adottando soluzioni chiare e inequivocabili, puntualmente richiamate e condivise nell’annotata pronuncia.

 Ciò nondimeno, il fatto che tali questioni si ripresentino con immutata frequenza nel contenzioso tributario dimostra che, evidentemente, rispetto ad esse permane ancora molta incertezza tra gli “addetti ai lavori”. Di qui l’opportunità di un approfondimento sull’ennesimo intervento chiarificatore della Corte di Cassazione.

 

2. Il caso di specie

 

 

 Dall’esame dei motivi di ricorso per cassazione e della motivazione della sentenza, più che dalla scarna premessa in fatto, deduciamo che nel caso in esame una società a responsabilità limitata in liquidazione aveva impugnato una cartella di pagamento emessa a seguito di un avviso di accertamento in precedenza notificato al solo curatore fallimentare.

 Sosteneva la società ricorrente che la notifica dell’atto impositivo al solo curatore fallimentare le aveva impedito di averne formale conoscenza e, di conseguenza, di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.

 Soccombente nel primo grado di giudizio, la contribuente proponeva appello, che veniva accolto dalla Commissione tributaria regionale nel presupposto che, attenendo la pretesa tributaria a crediti fiscali i cui presupposti si erano determinati prima della dichiarazione di fallimento della società, l’avviso di accertamento dovesse essere necessariamente notificato, oltre che al curatore fallimentare, anche alla società fallita nella propria sede.

 Ricorreva per cassazione l’Agenzia delle entrate, censurando la sentenza d’appello per i seguenti motivi: violazione dell’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; violazione di legge per avere il giudice di appello ritenuto necessaria l’ulteriore notifica dell’avviso di accertamento presso la sede legale; nullità dell’intero procedimento «per non avervi preso parte il concessionario della riscossione».

 

3. La legittimazione passiva dell’agente della riscossione

 

 

 «Per ragioni di ordine logico e processuale delle questioni devolute» con il ricorso per cassazione, la Suprema Corte ha esaminato per primo il motivo con il quale si eccepiva la nullità dell’intero procedimento per la mancata partecipazione dell’agente della riscossione.

 La ricorrente Agenzia delle entrate, evidentemente, riteneva che il vizio della cartella di pagamento contestato dalla contribuente (mancata notifica dell’atto presupposto) costituisse “vizio proprio” dell’atto impugnato, imputabile al concessionario della riscossione (sic!), e che quest’ultimo fosse l’unico soggetto legittimato a contraddire in giudizio, con la conseguenza che la sua mancata chiamata in causa inficiasse l’intero processo.

 Il motivo è stato giudicato infondato alla luce dei principi sanciti in precedenza dalla stessa Corte di Cassazione, secondo cui nelle liti riguardanti l’impugnazione della cartella di pagamento «la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario» e «la tardività della notificazione della cartella di pagamento non costituisce in ogni caso vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio», in quanto «la tempestività della notificazione della cartella esattoriale è espressione del principio di garanzia, da parte dell’ordinamento, dell’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, interesse che si correla a posizioni di obbligo imputabili all’ente impositore (Cass. n. 22939/2007; id n. 933/2009; n. 8613/2011; n. 1532/2012)».

 Le affermazioni della Suprema Corte sono tutte condivisibili, ma riteniamo che sia opportuno fare qualche precisazione.

 Innanzi tutto osserviamo che nel caso di specie non era in alcun modo contestata (o meglio, dalla sentenza in esame non si evince che fosse stata contestata) la «tardività della notificazione della cartella di pagamento», motivo per il quale non riteniamo pertinente né l’affermazione di principio fatta al riguardo dal Supremo Collegio, né il riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione n. 22939/2007 (1).

 Vale la pena, tuttavia, cogliere l’occasione di tale improprio riferimento per richiamare l’attenzione sulle rilevanti implicazioni che quelle precisazioni hanno, soprattutto sulla corretta instaurazione del processo.

 Qualificando la “tardiva notificazione” della cartella di pagamento non come “vizio proprio” dell’atto, bensì come «vizio che ridonda sulla stessa sussistenza della pretesa», la Suprema Corte ha chiarito che nel processo in cui si contesti la suddetta tardività la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito e non all’agente della riscossione, soggetti «tra i quali, peraltro, non è configurabile una ipotesi di litisconsorzio necessario» (2).

 In altri termini il contribuente che intenda impugnare la cartella di pagamento per eccepirne la tardiva notifica deve chiamare in giudizio l’ente impositore e non l’agente della riscossione, nonostante sia quest’ultimo il soggetto che provvede materialmente ad effettuare tale incombenza.

 Precisiamo, peraltro, che in tali casi il ricorso notificato al solo agente della riscossione non è affetto da alcun vizio, men che mai da inammissibilità, né inficia in alcun modo il processo. Come vedremo nel paragrafo che segue, il ricorso impropriamente notificato all’agente della riscossione produce soltanto l’effetto di onerare quest’ultimo della chiamata in giudizio del predetto ente impositore «se non vuole rispondere dell’esito della lite».

 

4. La mancata notificazione dell’atto presupposto

 

 

 Tornando all’eccezione formulata dalla società contribuente nel caso in esame, ovvero all’eccezione di nullità della cartella di pagamento impugnata per mancata notificazione del presupposto avviso di accertamento oltre che al curatore fallimentare anche al soggetto fallito, la Suprema Corte ha giudicato infondato anche il motivo di ricorso con il quale l’Agenzia delle entrate eccepiva la «violazione dell’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992», limitandosi a richiamare il principio stabilito dalle Sezioni Unite nella sentenza della Corte di Cassazione n. 5791/2008 (3).

 Si tratta, in particolare, del principio secondo cui «la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa. Pertanto, la mancata notifica di un atto presupposto, come è l’avviso di accertamento rispetto alla cartella esattoriale, determina la nullità per vizio procedurale dell’atto consequenziale (pur ritualmente notificato): per far valere tale nullità il contribuente può scegliere di impugnare la sola cartella, rimanendo esposto all’eventuale successiva azione dell’amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto; oppure può impugnare cumulativamente anche l’atto presupposto mai ricevuto, contestando radicalmente la pretesa tributaria. Spetta al giudice di merito – la cui valutazione se congruamente motivata non può essere censurata in sede di legittimità – interpretare la domanda proposta dal contribuente al fine di verificare se egli abbia inteso far valere la nullità dell’atto consequenziale in base all’una o all’altra opzione».

 Nell’occasione, com’è evidente, il principio per il quale esiste l’obbligo di assicurare, «mediante una sequenza ordinata» di atti, la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è stato sancito dal Supremo Collegio nell’ambito di un processo in cui si eccepiva la nullità dell’atto tipico della fase della riscossione (cartella di pagamento) per omessa notifica dell’atto tipico della fase accertativa (avviso di accertamento), ovvero in una fattispecie in cui l’atto presupposto, non notificato, era stato emesso da un soggetto diverso da quello che aveva formato e notificato l’atto successivo.

 Segnaliamo, tuttavia, che in precedenza le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si erano già espresse in tal senso, ma con riferimento al rapporto tra due atti tipici della fase della riscossione, formati e notificati dal medesimo soggetto (agente della riscossione), stabilendo che è affetto da nullità – e non da mera irregolarità – l’avviso di mora (atto ormai soppresso e parzialmente sostituito dal sollecito di pagamento) non preceduto dalla notifica della presupposta cartella di pagamento (4).

 La segnalazione che precede non ha un rilievo meramente statistico né ha lo scopo di stabilire la data precisa di primogenitura del principio in esame.

Riteniamo opportuno evidenziare, invece, che in quest’ultimo pronunciamento del 2007, dove la fattispecie atteneva alla sequenza procedimentale di atti propri della sola fase della riscossione, si è espressamente chiarito che il «“vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto … non può essere ridotto alla (mera) dimensione di “vizio proprio dell’atto” … si tratta di qualcosa di più rilevante … Si tratta di un “vizio procedurale” che, incidendo sulla sequenza procedimentale stabilita dalla legge a garanzia del contribuente, determina l’illegittimità dell’intero processo di formazione della pretesa tributaria, la cui correttezza è assicurata mediante il rispetto dell’ordinato progredire delle notificazioni degli atti, destinati, con diversa e specifica funzione, a portare quella pretesa nella sfera di conoscenza del contribuente e a rendere possibile per quest’ultimo un efficace esercizio del diritto di difesa. Si tratta, quindi, pur sempre di un vizio che ridonda sulla stessa sussistenza della pretesa tributaria, potendone determinare la eventuale decadenza … Sicché la legittimazione passiva resta in capo all’ente titolare del diritto di credito e non al concessionario il quale, se fatto destinatario dell’impugnazione, dovrà chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non trattandosi nella specie di vizi che riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi: l’enunciato principio di responsabilità esclude, come già detto, che il Giudice debba ordinare ex officio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore».

 Il principio di fondo, dunque, è lo stesso che ha ispirato la successiva e già citata sentenza della Corte di Cassazione del 2008 e la stessa pronuncia in esame; tuttavia l’aspetto che merita di essere sottolineato, ad avviso di chi scrive, è che pur vertendosi in ipotesi in cui tanto l’atto presupposto (cartella di pagamento) quanto l’atto successivo erano stati emessi dal medesimo soggetto (agente della riscossione), cui peraltro è imputabile il vizio contestato dal contribuente (omessa notificazione del primo), la Suprema Corte ha ritenuto che la legittimazione passiva nel giudizio resti in capo all’ente impositore, trattandosi di vizio che attiene al «processo di formazione della pretesa tributaria».

 

5. La necessaria notifica dell’accertamento al soggetto fallito

 

 

 Come anticipato in premessa, la società ricorrente aveva eccepito l’illegittimità del procedimento di formazione della pretesa tributaria, fatta valere nei suoi confronti con la notifica dell’impugnata cartella di pagamento, in quanto l’omessa notifica del presupposto avviso di accertamento le aveva impedito di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.

 L’Agenzia delle entrate, al contrario, sosteneva la legittimità di quel procedimento nel presupposto che, pur trattandosi di accertamento tributario inerente ad annualità precedenti alla dichiarazione di fallimento, fosse sufficiente notificare l’atto impositivo al solo curatore fallimentare, adempimento che legittimava la successiva iscrizione a ruolo del credito tributario e, di conseguenza, la notifica della cartella di pagamento anche alla società ricorrente, oltre che alla curatela.

 La Corte di Cassazione, con la sentenza in rassegna, ha giudicato infondata la tesi erariale.

 La ritenuta necessità, in casi come quello di specie, di notificare l’avviso di accertamento anche al soggetto fallito, ratio decidendi autonomamente idonea a sorreggere la decisione della Commissione tributaria regionale, risulta infatti in linea con la giurisprudenza di legittimità in materia di notificazione degli atti del rapporto tributario al soggetto fallito.

 La Suprema Corte, in tal senso, ha richiamato quanto testualmente affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 2910/2009 (5), ovvero che «l’accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore …, ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla definitività dell’atto impositivo».

 La presa di posizione è netta e, soprattutto, conforme ad un orientamento giurisprudenziale che può ormai considerarsi granitico (6).

 Resta dunque poco da aggiungere se non ricordare che il soggetto fallito, al quale sia stato regolarmente notificato l’avviso di accertamento inerente ad annualità precedenti alla dichiarazione di fallimento, è eccezionalmente abilitato ad impugnare l’atto impositivo, a condizione, però, che a tanto non abbia già provveduto il curatore fallimentare (7).

Dott. Domenico Carnimeo

 

 (1) Cfr. Cass., sez. trib., 30 ottobre 2007, n. 22939, in Boll. Trib. On-line.

 (2) Si veda Cass., sez. trib., 25 novembre 2008, n. 28091, in Boll. Trib., 2009, 254.

 (3) Cfr. Cass., sez. un., 4 marzo 2008, n. 5791, in Boll. Trib. On-line.

 (4) Si veda Cass., sez. un., 25 luglio 2007, n. 16412, in Boll. Trib., 2007, 1555, con nota di L. Ferlazzo Natoli – G. Ingrao, Nullità degli “atti successivi”, non preceduti dalla notifica degli “atti presupposto”.

 (5) Cfr. Cass., sez. trib., 6 febbraio 2009, n. 2910, in Boll. Trib. On-line.

 (6) Accanto ai precedenti richiamati nell’annotata sentenza ved. Cass., sez. trib., 13 ottobre 2011, n. 21074, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 15 marzo 2006, n. 5671, ivi; nonché Cass., sez. trib., 24 febbraio 2006, n. 4235, in Boll. Trib., 2006, 629.

 (7) In tal senso si veda la giurisprudenza citata nella precedente nota 5.

 

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