27 Maggio, 2014

 

Imposte e tasse – Elusione fiscale – Norme antielusive – Disapplicazione di norme antielusive ai sensi dell’art. 30 della legge n. 724/1994 – Oggettive situazioni tali da rendere impossibile il conseguimento dei ricavi, proventi e redditi determinabili presuntivamente – Necessità – Società fin dall’origine con ricavi non allineati ai coefficienti presuntivi – Disapplicazione delle norme antielusive – Esclusione.

L’art. 30, comma 4-bis, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, statuisce che può essere richiesta la disapplicazione delle disposizioni antielusive «in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati» ai sensi del presente articolo, facendo quindi riferimento a fatti sopravvenuti e non prevedibili che abbiano reso impossibile il conseguimento di ricavi e di redditi presuntivamente determinati, di talché appare evidente che se la società, per sue debolezze strategiche intrinseche o anche per difficoltà del mercato prescelto, fin dall’origine e anche nel corso della sua esistenza, non sia in grado di evidenziare la necessaria vitalità economica, non può fare ricorso alla disapplicazione della normativa antielusiva in presenza di ricavi non allineati ai coefficienti presuntivi.

[Commissione trib. II grado di Trento, sez. I (Pres. e rel. Pascucci), 4 aprile 2013, sent. n. 30, ric. Mata s.r.l. società unipersonale c. Agenzia delle entrate]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSOMOTIVI DELLA DECISIONE – La società “Mata s.r.l. – Società Unipersonale” impugnava davanti alla Commissione Tributaria di I grado di Trento l’avviso di accertamento nr. … dell’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Trento con il quale, in applicazione del regime (antielusivo per le società non operative) di cui all’art. 30 della L. 1994 n. 724, recuperava a tassazione per l’anno di imposta 2006 la base imponibile minima prevista per legge.

Va detto che la società “Hinterland srl” (ora incorporata nella “Mata srl”) aveva presentato all’Agenzia delle Entrate il 6.12.2007 istanza intesa ad ottenere, per gli anni 2006 e 2007, … la disapplicazione del citato art. 30 L. 1994 n. 724 assumendo di trovarsi nella condizione di oggettiva impossibilità per il conseguimento dei ricavi presuntivi previsti per legge, dichiarata improcedibile per l’anno 2006 ed inaccoglibile nel merito per l’anno 2007.

Notificato l’avviso di accertamento di cui sopra, la “Mata srl” aveva presentato istanza di autotutela, a cui veniva opposto da parte dell’Agenzia diniego con Provv. del 9 febbraio 2010.

Con il ricorso davanti alla Commissione Tributaria la società assumeva che l’attività svolta nel 2006 consisteva nella fornitura di servizi di volo e nella locazione dell’unico elicottero acquistato nel 2002 e ceduto definitivamente a “Alicopter srl” in data 19.1.2007.

[-protetto-]

Nel corso del 2003 la “Hinterland srl” (poi incorporata nella “Mata srl”) aveva locato detto elicottero alla ditta “Helavia di C.M.” fino al 30.11.2005.

Il contratto di locazione era stato prorogato tacitamente alla scadenza e risolto consensualmente il 15.5.2006, in cui veniva sottoscritto altro contratto di locazione con la “Alicopter srl”, risolto anticipatamente il 19.1.2007, con questo cessando di fatto la propria attività in ragione delle difficoltà economiche del mercato, insorte già nel 2006 nel corso del quale l’attività era stata prevalentemente finalizzata al realizzo del patrimonio, avvenuto a gennaio con la citata cessione dell’elicottero.

Il coefficiente del 12%, per la determinazione del reddito, presuntivamente ricavabile dal bene posseduto per effetto della normativa sulle c.d. società di comodo, era, pertanto, per le ragioni indicate, da ritenersi irrealistico.

Ed infatti con il nuovo contratto di locazione stipulato nel corso del 2006 con Alicopter prevedeva un canone molto lontano dalla resa presunta del 12%, in costanza del quale il locatario avrebbe avuto interesse ad acquistare il bene (eventualmente in leasing) giacché in otto anni sarebbe rientrato dall’investimento.

La Commissione di I grado di Trento rigettava il ricorso giacché la società ricorrente aveva addotto a sostegno della disapplicazione della normativa antielusiva non ragioni di carattere oggettivo, ma direttamente connesse a libere decisioni, quale era quella di essere titolare di un solo bene e di destinarlo alla locazione nonostante l’asserita impossibilità di conseguire un canone elevato, tenendo peraltro in vita per cinque anni (dal 2002 al 2006) una società che non aveva possibilità alcuna di conseguire ricavi superiori al limite minimo previsto dall’art. 30, comma 1, L. 1994 n. 724.

Proponendo appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria di I grado, e con una successiva memoria illustrativa, la società replica in sostanza le doglianze fatte valere nel giudizio di I grado, riproponendo la considerazione che vi sia stata, per le ragioni sopra indicate, un’impossibilità oggettiva di raggiungere i ricavi pari a quanto risultante dall’applicazione al valore del bene dei coefficienti presuntivi.

Costituendosi in giudizio per vedere rigettato il gravame per le ragioni esplicitate dai primi giudici, l’Agenzia delle Entrate rileva come la “Hinterland srl” sia stata costituita nel 1999, avendo come oggetto sociale la compravendita di beni immobili, salvo modificarlo in “noleggio di mezzi di trasporto aerei” nel 2001.

Nelle prime due di annualità di esercizio, la società aveva dichiarato redditi imponibili esigui, pari a Euro 9.074,00 (nel 2000) ed Euro 5.574,00 (nel 2001).

A far data dal 2002, in cui era stato attivato il noleggio dell’elicottero, la società non aveva più conseguito redditi fino al 2007, esponendo nel 2003 addirittura una perdita di Euro 638.159,00.

Simili risultati di esercizio dimostrerebbero, ad avviso dell’Agenzia, che non si sia trattato affatto di elementi oggettivi sopravvenuti che abbiano reso impossibili i ricavi presunti, bensì di una scelta imprenditoriale di proseguire un’attività patentemente inidonea fin dall’inizio a produrre redditi. Sottolinea l’Agenzia, inoltre, come la società in questione abbia avuto rapporti per tutte le annualità 2002-2007 con un solo soggetto, tale Z., titolare sia della società “Helavia” che della società “Elicopter”, da ultimo acquirente dell’elicottero, per questo costituendo uno schermo dietro cui sarebbe stato occultato il godimento personale del velivolo.

L’appello va respinto.

L’art. 30, comma 4-bis, L. 1994 n. 724 statuisce che può essere richiesta disapplicazione delle disposizioni antielusive “in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi … nonché del reddito ai sensi del presente articolo …”.

Deve, dunque, trattarsi, in una lettura corretta della norma (come hanno fatto i giudici di prime cure), di fatti sopravvenuti e non prevedibili che abbiano reso impossibile il conseguimento di ricavi e di redditi presuntivamente determinati.

È, infatti, evidente che, se la società per sue debolezze strategiche intrinseche o anche per difficoltà del mercato prescelto, fin dall’origine ed anche nel corso della sua esistenza non sia in grado di evidenziare la necessaria vitalità economica, non può fare ricorso alla disapplicazione della normativa antielusiva in presenza di ricavi non allineati ai coefficienti presuntivi.

Nel caso di specie, come ha evidenziato l’Agenzia delle entrate, fin dall’acquisto dell’elicottero e per tutta la durata della sua locazione a terzi, la società in oggetto non ha denunciato redditi, addirittura esponendo nel 2003 una perdita milionaria.

All’evidenza, dunque, non si versa nell’ipotesi – voluta dal legislatore – di un evento posteriore, sopravvenuto e non prevedibile (all’inizio dell’attività), che abbia reso impossibile il conseguimento dei ricavi e di reddito.

Si tratta, per contro, della libera decisione della società appellante di costituire e successivamente mantenere in vita una società proprietaria di un solo elicottero da offrire in locazione a terzi, per questo inidonea a conseguire ricavi pari o superiori al limite minimo previsto dall’art. 30, comma 1, L. 1994 n. 724.

Quanto al rilievo che in effetti la società appellante abbia costituito uno schermo in favore dell’utilizzo personale dell’elicottero da parte di una stessa persona, non è rilevante ai fini del decidere, anche se finisce con l’illuminare il senso vero dell’intera operazione societaria posta in essere.

Al rigetto dell’appello consegue la condanna dell’appellante, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese di causa, che si liquidano in Euro 1.000,00, oltre gli accessori di legge.

P.Q.M. – (Omissis).

Le situazioni (s)oggettive che legittimano la disapplicazione della normativa sulle società di comodo

1. La fattispecie esaminata dal giudice di merito

La Commissione tributaria di secondo grado di Trento affronta la tematica delle c.d. “società di comodo” di cui all’art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modifiche e integrazioni, segnatamente in relazione al periodo di imposta 2006, per il quale l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla società contribuente un apposito avviso di accertamento – peraltro preceduto da un’istanza di disapplicazione ad hoc del relativo regime prodotta ex art. 30, comma 4-bis della citata legge n. 724/1994, ma ritenuta «improcedibile per l’anno 2006 e inaccoglibile nel merito per l’anno 2007» (1) – recuperando a tassazione per detta annualità la base imponibile minima predeterminata ex lege (2).

Da quanto è dato di ricostruire sulla base del testo della sentenza, l’Ufficio finanziario sosteneva la propria pretesa sia in considerazione dell’insufficienza dei ricavi dichiarati, rispetto al coefficiente di redditività del 12 per cento prestabilito in relazione al possesso dell’unico elicottero locato dalla società proprietaria a terzi, sia a motivo del conseguimento di risultati reddituali modesti per tutto l’arco temporale (2002-2007) in cui la società aveva esercitato la propria attività di fornitura di servizi di volo e di locazione del predetto cespite.

dall’istruttoria dell’Ufficio risultava inoltre che la società veniva utilizzata nel concreto per interporre uno schermo dietro cui sarebbe stato occultato il godimento personale del velivolo; circostanza, questa, desumibile dal fatto che la medesima persona fisica risultava “titolare” – per tutti gli anni di imposta – sia della società proprietaria e locatrice dell’elicottero sia della società conduttrice.

Tale concomitanza di elementi riscontrati nell’accertamento erariale ha evidentemente, e giustamente, indotto sia la Commissione tributaria di prime cure sia quella adita in appello a confermare la pretesa impositiva; del resto, nella fattispecie esaminata sembra fossero presenti tutti gli elementi e le condizioni patologiche tali da giustificare l’applicazione tout court della normativa prevista per le società di comodo.

In effetti era dato di riscontrare vuoi la scarsa fruttuosità del cespite, il cui sfruttamento economico produceva risultati inferiori a quelli predeterminati in base al coefficiente legale, vuoi l’intestazione del velivolo ad una struttura societaria, preordinata a schermarne l’utilizzo personale da parte della persona fisica-socio. Insomma, erano presenti tutti gli “elementi-indice” patologici scoraggiati dal legislatore con la normativa di cui all’art. 30 della legge n. 724/1994, di guisa che, con buona pace delle ragioni dell’erario, l’esito del contenzioso doveva dirsi segnato (3).

Nondimeno, è d’uopo prospettare alcune considerazioni a margine del decisum dei giudici di merito i quali, pur pervenendo ad una soluzione corretta della querelle loro sottoposta, articolano il loro percorso logico con delle affermazioni, talvolta troppo rigorose, che non possono essere generalizzate, ma vanno circoscritte e limitate al caso concreto.

2. In subiecta materia non si può generalizzare, ma è opportuna un’analisi specifica “caso per caso”

Il fulcro della decisione ruota sul concetto investigato dai giudici di appello, menzionato al comma 4-bis dell’art. 30 della legge n. 724/1994, in ordine alle condizioni legittimanti la disapplicazione delle disposizioni antielusive ivi contemplate, a seguito della presentazione di un’istanza preventiva di interpello da parte della società. Trattasi, in particolare, di quelle “oggettive situazioni”, a prescindere dal requisito della straordinarietà, ormai da tempo espunto dalla normativa, che rendono impossibile il conseguimento dei target fissati dalla legge e che facoltizzano l’ente societario a presentare all’Amministrazione finanziaria un interpello preventivo ai sensi dell’art. 37-bis, ottavo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

A tal proposito val la pena di rammentare che ad oggi le “vie di fuga” dal penalizzante regime impositivo contemplato per le società non operative sono le seguenti:

1) le cause legali di esclusione da tale disciplina, espressamente indicate dal citato art. 30, primo comma, ultimo periodo;

2) le cause di disapplicazione da prospettare con la presentazione di una preventiva istanza di interpello, che evidenzi le oggettive situazioni esimenti, ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis;

3) le cause di disapplicazione c.d. “automatica” di cui all’art. 30, comma 4-ter – cioè senza che sia necessario presentare l’istanza di interpello – che rinvia agli appositi provvedimenti di attuazione emessi dal direttore dell’Agenzia delle entrate nel 2008 e nel 2012 (4).

Orbene su questo concetto – i.e.oggettive situazioni” – la Commissione tributaria di secondo grado, come l’Ufficio del resto, insiste nell’affermare che deve trattarsi di eventi posteriori, sopravvenuti e non prevedibili ex ante, cioè all’inizio dell’attività imprenditoriale posta in essere dalla società; se così non fosse, si tratterebbe di una «scelta imprenditoriale di proseguire un’attività patentemente inidonea fin dall’inizio a produrre redditi», e, quindi, di una libera decisione della società, come tale non riconducibile nell’alveo delle predette “situazioni oggettive”, costituenti valide esimenti per disapplicare la normativa in esame.

Nel caso specifico tale ricostruzione è valida e trova riscontro nella prassi amministrativa nella quale, invero, si sono analizzate alcune fattispecie tipiche, per certi aspetti similari a quella esaminata dal giudice di appello, che possono legittimare la disapplicazione – su istanza preventiva del contribuente – delle norme antielusive, quali ad esempio:

i) l’ipotesi della società che debba intraprendere un’iniziativa immobiliare, ma, dopo l’acquisto del terreno edificando, quest’ultimo venga sottoposto a vincolo; l’importante, afferma l’Amministrazione finanziaria, è che tale evento non intervenga prima, ma dopo l’avvio dell’operazione, altrimenti, si tratterebbe di una libera scelta dell’impresa, come tale non accettabile quale esimente;

ii) lo stesso è a dirsi nel caso in cui non intervengano o tardino ad essere rilasciate le concessioni amministrative per proseguire con successo un business immobiliare intrapreso a suo tempo dalla società;

iii) rappresenta altresì un valido motivo di disapplicazione del regime impositivo di cui all’art. 30 della legge n. 724/1994, l’impossibilità, per causa non imputabile alla società, di negoziare e/o modificare i canoni di locazione, specialmente con riferimento agli immobili già locati oppure sottoposti ad un regime negoziale vincolato;

iv) rientra pure tra le ipotesi di disapplicazione (parziale) dell’art. 30 anche il caso in cui una società effettui attività di noleggio di un’imbarcazione da diporto, però limitata nel tempo, di talché si deve tener conto della natura stagionale dell’attività svolta e dei periodi di esercizio effettivo di tale attività (5).

Tuttavia è proprio dall’analisi di queste fattispecie che si ingenerano le nostre notazioni critiche, nel senso che le affermazioni dei giudici territoriali sono condivisibili avuto riguardo al caso concreto, ma se generalizzate e avulse dalla fattispecie de qua sono suscettibili di intralciare la libertà economica e l’autonomia contrattuale delle imprese, che va sempre salvaguardata in ossequio agli artt. 41 Cost. e 1322 c.c.

La lite di imposta esaminata dalla Commissione tributaria – lo si è detto prima – difficilmente poteva oltrepassare indenne l’accertamento erariale e il vaglio del giudice; tuttavia, al di là del caso specifico sub iudice, non si può affermare, con validità di assioma e di principio generale, che il comportamento di una società sia sempre e comunque censurabile, perché da reputarsi discrezionale e antieconomico tout court, qualora essa: a) utilizzi un solo bene strumentale; b) non percepisca un canone di locazione redditizio o peggio quest’ultimo risulti incongruo rispetto al coefficiente di redditività predeterminato dalla legge; c) abbia rapporti soltanto con un cliente-conduttore.

Tali circostanze – scevre da altri aspetti patologici, quali l’intestazione di comodo del velivolo riscontrata nel caso di specie – non è detto che disvelino necessariamente un comportamento elusivo. Infatti potrebbe trattarsi di una fase di start up (protrattasi oltre il primo periodo di imposta) dell’attività intrapresa dalla società, che in prosieguo di tempo si intende sviluppare e implementare (6); obiettivo questo che però, medio tempore, non è stato possibile conseguire, vuoi in ragione del particolare settore economico considerato, vuoi a motivo dell’ingente ammontare degli investimenti da effettuare per raggiungere detti migliori risultati (trattandosi di cespiti costosi), vuoi infine a causa della rigidità della contrattazione, che risente magari della scarsità della domanda e/o della crisi del periodo e/o del settore.

Per di più “scartabellando” tra le pronunzie dell’Agenzia delle entrate si ritrova persino l’affermazione – antitetica a quella della Commissione di secondo grado – per cui se gli impedimenti oggettivi allo sviluppo delle operazioni economiche progettate e avviate a suo tempo dalla società si protraggono per diverse annualità, ciò non impedisce comunque la disapplicazione dell’art. 30 per tutti i relativi periodi di imposta considerati (7).

3. Un’ipotesi meno rigorosa di definizione

Aggiungasi che nella disamina delle esimenti che legittimano l’istanza di interpello disapplicativo non solo non è consentito generalizzare, dovendosi effettuare sempre un’analisi specifica “volta per volta”, ma, inoltre, il giudizio espresso dalla Commissione di seconde cure, a nostro avviso, appare troppo rigoroso.

Invero, secondo il giudice di merito, le «situazioni oggettive» che legittimano il disinnesco della disciplina antielusiva dovrebbero essere «sopravvenute» e «imprevedibili», tali da rendere «impossibile» l’iniziativa imprenditoriale; soprattutto, dovrebbe trattarsi di eventi assolutamente indipendenti dalle scelte aziendali e/o dalla volontà dell’impresa.

Tale approccio appare tuttavia troppo rigoroso poiché, in questa prospettiva, sarebbero riconducibili tra le esimenti solo gli eventi naturali e straordinari, gli avvenimenti atmosferici, il factum principis e, più in generale, le circostanze oggettive in nessun modo condizionate dalle scelte della società.

A nostro avviso, invece, possono verificarsi delle ipotesi, comunque scriminanti, ancorché influenzate dalle opzioni dell’impresa; esemplificando, si possono ipotizzare le seguenti “situazioni oggettive” su cui pure hanno inciso le decisioni aziendali:

a) il caso in cui gli investimenti e/o le scelte strategiche della società si sono rivelati a posteriori inopportuni o errati;

b) la fattispecie in cui la società abbia voluto comunque proseguire medio tempore nell’attività non efficiente ed economica per affectio all’azienda, trattandosi di un brand prestigioso o di un’attività storica, di famiglia, risalente nel tempo;

c) l’ipotesi di “passaggio generazionale”, nel senso che i nuovi soci subentranti non sono ancora all’altezza del capostipite, anche a motivo del disaccordo tra di loro (8);

d) il caso in cui la società, o per scelta aziendale o perché impostogli dal committente, sostiene degli elevati costi per mantenere e assicurare alla clientela di nicchia un elevato standard di qualità dei beni ceduti e/o dei servizi prestati;

e) l’ipotesi in cui la società consegua scarsi risultati economici-reddituali a motivo vuoi della inesperienza o giovane età della compagine societaria, anche in considerazione del sofisticato settore imprenditoriale;

f) vuoi a seguito della scelta di svolgere un’attività stagionale o limitata nel tempo nel corso del periodo di imposta (9).

In sintesi a noi sembra che nel delineare le “situazioni oggettive” di cui all’art. 30, comma 4-bis, della legge n. 724/1994, non si possa né generalizzare né tracciare definizioni troppo rigorose; può accadere, infatti, che dette esimenti siano condizionate e influenzate anche da scelte consapevoli della società, purché ovviamente non si tratti di fenomeni irragionevoli, anomali, patologici.

4. Conclusioni

In definitiva deve dirsi che proprio perché la normativa sulle società di comodo rappresenta – similmente agli studi di settore e al c.d. “redditometro”, incluso quello di nuova generazione di cui all’art. 22 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122) (10) – uno strumento impositivo e di controllo “standardizzato”, cioè fondato in parte su elementi e dati di natura statistica, di talché essa andrebbe applicata e calibrata cum grano salis nel caso concreto (11), in questo ambito non possono declinarsi dei principi e degli assiomi di carattere generale, validi in astratto e applicabili in ogni fattispecie.

Né sarebbe auspicabile formulare definizioni e prestabilire concetti e nozioni troppo rigorosi e intransigenti; diversamente, si corre il rischio di incoraggiare ulteriori ipotesi di sindacato erariale delle scelte imprenditoriali, di valutazione di congruità dei comportamenti aziendali in termini di necessaria economicità e imprescindibile redditualità, in contrasto con i principi degli artt. 41 Cost. e 1322 c.c., oltre che con i principi di imparzialità, buona fede e collaborazione di cui agli artt. 97 Cost. e 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).

Si aggiunga che, nel contesto del regime delineato dall’art. 30 della legge n. 724/1994, l’onere di disapplicare la normativa delle società di comodo – fatte salve le ipotesi legali di esclusione e quelle tipizzate di disapplicazione in via automatica – ricade sempre più spesso sulla società interessata. Quest’ultima, non di rado, si deve attivare al fine di formulare una preventiva istanza di interpello, nella quale è tenuta a documentare e giustificare i motivi imprenditoriali, le ragioni aziendali ovvero negoziali sottese al proprio comportamento (anti)economico, i calcoli e i ratio economico-finanziari che legittimano il proprio operato dinanzi al fisco; il tutto evidentemente ben oltre le normali competenze proprie del settore giuridico.

Ciò appare tanto più inaccettabile se si considerano le incessanti e restrittive modifiche e “correzioni di tiro” apportate, sostanzialmente senza soluzione di continuità, a tale corpus normativo (12), spesso emendato dal legislatore più per esigenze di cassa e al fine di incremento del gettito, piuttosto che per contrastare, con strumenti più efficaci e mirati, il fenomeno dell’abuso dello strumento societario.

Avv. Edoardo Belli Contarini

(1) Per la problematica, tuttora attuale, afferente l’impugnabilità dell’interpello negativo alla società, allo stato è dato riscontrare una diversità di vedute. Da un lato la giurisprudenza di legittimità (con Cass., sez. trib., 15 aprile 2011, n. 8663, in Boll. Trib., 2011, 1249; Cass., sez. trib., 5 ottobre 2012, n. 17010, nonché Cass., sez. VI, 20 novembre 2012, ord. n. 20394, ivi, 2013, 211), che invero ammette il rimedio giurisdizionale; dall’altro lato l’Amministrazione finanziaria (con circ. 2 febbraio 2007, n. 5/E, ivi, 2007, 270; e circ. 14 giugno 2010, n. 32/E, ivi, 2010, 966), che invece nega in modo rigoroso la proponibilità del ricorso in commissione tributaria. Orientamento quest’ultimo, criticato pure dall’Assonime nella circ. 25 luglio 2007, n. 43, 35 ss.; in argomento più di recente, anche per altri riferimenti, cfr. Accordino, Riflessioni in tema di impugnabilità del provvedimento di diniego della disapplicazione di norme antielusive, in nota a Cass., sez. trib., 13 aprile 2012, n. 5843, in Boll. Trib., 2012, 1019; Orsi, L’impugnazione del provvedimento declaratorio dell’inammissibilità dell’istanza di interpello disapplicativo ed i termini di presentazione dell’istanza stessa, in nota a Comm. trib. prov. di Milano, sez. XVI, 7 maggio 2012, n. 181, ibidem, 1419; Giorgetti, Per unico test sugli interpelli, in Il Sole 24 ore del 10 settembre 2013, 18; Fransoni, Spunti ricostruttivi in tema di atti impugnabili nel processo tributario, in Riv. dir. trib., 2012, I, 1007; e Fucile, Riflessioni in tema di impugnabilità del diniego di applicazione di una norma antielusiva, ivi, 2011, II, 421 ss. Sull’istituto dell’interpello in generale si vedano G. Masi R. Masi, Il diritto di interpello. Portata e limiti di applicazione, in Boll. Trib., 1995, 645; Betti, Parte il diritto di interpello: ouverture con stecca. Il pronunciamento ministeriale sui concetti di spese di pubblicità e spese di rappresentanza lascia interdetti, ivi, 1999, 373; Lovecchio, Brevi note sul regolamento dell’interpello, ivi, 2001, 973; Verna, Il diritto d’interpello, ibidem, 1445; Perrucci, Interpello riservato a pochi contribuenti, ibidem, 885; Sciarra, Una società di leasing tra omessa ritenuta ed esercizio del diritto di interpello, ibidem, 735; Sorrentino, La risposta di interpello. Spunti critici sull’asserita sua vincolatività limitatamente all’Amministrazione finanziaria, ivi, 2002, 1612; Ghiselli, L’interpello nella disciplina del consolidato mondiale: alcune riflessioni, ivi, 2004, 174; Taglioni, Sulla rettificabilità da parte dell’Amministrazione finanziaria del parere reso a seguito di istanza di interpello ex art. 11 della legge n. 212/2000, ivi, 2006, 1769; De Mita, Principi di diritto tributario, Milano, 2011, 40; e Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte generale, Padova, 2008, 373. In tema di interpello antielusivo, si rinvia a Leonardi, Interpello per la disapplicazione delle norme antielusive: brevi considerazioni e prospettive di sviluppo, in Boll. Trib., 2000, 808; Pellecchia, Breve rassegna dei pareri del comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive sul procedimento di interpello speciale, ivi, 2007, 405; e Fransoni, Efficacia e impugnabilità degli interpelli fiscali con particolare riguardo all’interpello disapplicativo, in Maisto (a cura di), Elusione ed abuso del diritto tributario, Milano, 2009, 9
0.

(2) Da notare come non sia la prima volta che la giurisprudenza di merito affronta la disciplina delle società di comodo, segnatamente con riguardo alla individuazione di quelle “obiettive situazioni” che consentono di disapplicare detta normativa; tra le più recenti e interessanti è d’uopo menzionare le seguenti pronunce: Comm. trib. reg. della Toscana, sez. XXX, 25 febbraio 2013, n. 27, in Boll. Trib. On-line, in ordine alla documentazione, esibita da un’impresa alberghiera, dell’esimente costituita dalla vasta concorrenza presente nella zona a spiccata vocazione turistica, nel concreto attestata dal sindaco; Comm. trib. prov. di Genova, sez. V, 9 gennaio 2013, n. 21, ivi, in relazione alla definizione della locuzione “situazione oggettiva”, tale da ricomprendere pure le scelte imprenditoriali, purché ricollegate, se non ad un’opzione di natura necessitata, quanto meno ad una situazione di natura oggettiva che renda giustificabile almeno temporaneamente lo scostamento dei parametri di operatività previsti dalla legge; e Comm. trib. prov. di Gorizia, sez. I, 30 maggio 2012, n. 54, ivi, secondo cui le “situazioni oggettive” non necessitano di essere provate dalla società che le invoca se consistono in nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza, come accade per la notoria maggiore competitività delle produzioni asiatiche, tale da mettere in crisi il settore tessile.

(3) Sugli obiettivi perseguiti da tale normativa cfr., per l’Agenzia delle entrate, la circ. n. 5/E/2007, cit.; e più di recente la circ. 29 marzo 2013, n. 7/E, in Boll. Trib., 2013, 517; trattasi, in sintesi, del contrasto all’abuso societario preordinato a schermare e segregare i patrimoni e i redditi in capo alla società e a fruire del regime di deduzione in via analitica tipico del reddito di impresa.

(4) Trattasi dei provv. 11 giugno 2012 e 14 febbraio 2008. per la verità, in relazione ai periodi di imposta 2006 e 2007, presi in considerazione dalla sentenza, va notato che l’ulteriore “via di uscita” era prevista per il tramite dello scioglimento opzionale e con regime fiscale agevolato delle società non operative, in forza delle leggi 27 dicembre 2006, n. 296, e 24 dicembre 2007, n. 244; tuttavia, tale opportuna previsione non è stata riproposta all’esito delle nuove e restrittive modifiche recate al regime de quo da ultimo con l’art. 2 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148).

(5) Cfr. la circ. 9 luglio 2007, n. 44/E, in Boll. Trib., 2007, 1210; e la circ. n. 5/E/2007, cit.; per una panoramica della prassi amministrativa sulle varie ipotesi di interpello disapplicativo cfr. pure AA.VV., Le società di comodo, in Italia Oggi del 12 dicembre 2011, n. 25.

(6) Da notare come il legislatore abbia sentito l’esigenza di prevedere espressamente l’inapplicabilità della disciplina delle società di comodo solamente (e addirittura) nei confronti delle c.d. “start up innovative” di cui agli artt. 25 e segg. del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221).

(7) Cfr. la circ. n. 5/E/2007, cit., sub par. 3.

(8) Riconduce tra le esimenti il dissidio insorto tra i soci, purché documentato, Comm. trib. prov. di Trapani 25 gennaio 2013, n. 1, inedita.

(9) Rappresenta un’“oggettiva situazione” esimente l’andamento costante sempre difficoltoso di un’azienda sciistica per Comm. trib. prov. di Reggio Emilia, sez. IV, 13 luglio 2012, n. 96, in Boll. Trib. On-line.

(10) Su cui cfr. il relativo D.M. di attuazione del 24 dicembre 2012, e la recente circ. 31 luglio 2013, n. 24/E, in Boll. Trib., 2013, 1191.

(11) Come pure già notato in altra occasione, tant’è che per contrastare il fenomeno dell’abuso dello strumento societario perpetrato dalle società non operative potrebbe farsi riferimento anche alla norma sull’interposizione di cui all’art. 37 del D.P.R. n. 600/1973; a tal proposito, ci sia consentito di rinviare a Belli Contarini, Nuove (e meno recenti) disposizioni fiscali di contrasto (anche) per le società ed enti di comodo e loro soci e partecipanti, in Boll. Trib., 2011, 1608 ss.

(12) Da ultimo cfr. le modifiche recate dall’art. 2 del D.L. n. 138/2011, anche in tema di società in perdita triennale; per una ricostruzione delle continue e incessanti modifiche cfr. anche Miceli, Società di comodo, in Fantozzi (a cura di), Commentario breve alle leggi tributarie, III, Tuir e leggi complementari, Padova, 2010.

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