24 Maggio, 2019

SOMMARIO: 1. La portata dell’art. 2953 c.c. – 2. Solo l’accertamento giudiziale del credito previdenziale o tributario determina la conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale – 3. I termini di prescrizione dei tributi e di decadenza e per la notifica degli avvisi di accertamento esecutivi – 4. L’applicazione dei principi fissati dalle Sezioni Unite da parte dei giudici di merito.

Con la sentenza n. 23397/2016 (1), i cui principi sono stati ribaditi nell’ordinanza n. 20425/2017 (2), relativa alla riscossione della tassa automobilistica, la Corte di Cassazione ha messo la parola fine alla vexata quaestio del termine per il recupero dei crediti previdenziali e tributari risultanti dalla cartella di pagamento. Invero, secondo il giudice della nomofilachia, la conversione del termine breve di prescrizione del credito in quello ordinario decennale, sulla scorta di una generalizzata (ma immotivata) applicazione dell’art. 2953 c.c. da parte di alcune precedenti pronunce della Suprema Corte, si porrebbe in contrasto con la ratio di consentire la rapida riscossione del credito erariale che emerge proprio dalla previsione di un termine breve per l’opposizione alla cartella di riscossione.
L’altalenante giurisprudenza in materia di prescrizione dei crediti erariali – previdenziali e tributari – è stata pertanto composta dalle Sezioni Unite nella sopra citata sentenza n. 23397/2016 con una serie di argomentazioni sistematiche che, superando alcune “strampalate” affermazioni delle Sezioni Tributarie e Lavoro, hanno ricordato che la disciplina della prescrizione è di stretta osservanza ed è insuscettibile d’interpretazione analogica (3), essendo pacifico che: a) in base all’art. 2946 c.c. la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale, a meno che la legge disponga diversamente; una deroga infatti concerne proprio i contributi previdenziali ove l’art. 3, nono comma, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha previsto, a decorrere da gennaio 1996, proprio la prescrizione quinquennale; b) la norma dettata dall’art. 2953 c.c. non è suscettibile di applicazione analogica; c) la prescrizione decennale da actio judicati decorre solo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza (4); d) la conversione della prescrizione breve in quella decennale ha il proprio fondamento esclusivo nel titolo medesimo; e) il generico riferimento al “diritto” per il quale sia stabilito un termine di prescrizione breve contenuto nell’art. 2953 c.c. consente di ritenere che, laddove intervenga un giudicato di condanna, la conversione del termine di prescrizione breve del diritto in quello decennale si estenda pure ai coobbligati solidali, anche se rimasti estranei al relativo giudizio (5).
Il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione in ordine ai limiti di applicabilità dell’art. 2953 c.c. è stato di recente ribadito anche in materia tributaria. Invero la Commissione tributaria regionale della Sardegna, con la sentenza n. 221/2017 (6), e poi la stessa Suprema Corte con la citata ordinanza n. 20425/2017, hanno ribadito che la mancata impugnazione della cartella di pagamento recante crediti derivanti da tasse automobilistiche produce esclusivamente la irretrattabilità del credito tributario ma non anche la conversione del termine di prescrizione breve in quello decennale di cui al più volte citato art. 2953 c.c.

1. La portata dell’art. 2953 c.c.

L’art. 2953 c.c. prevede la conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale quando l’accertamento del diritto del creditore è contenuto in una sentenza di condanna passata in giudicato.
Com’è noto la previsione di termini di prescrizione abbreviati è dettata da scelte di politica legislativa relative alla natura del rapporto che comporti la necessità di una pronta e celere definizione, oppure dall’esigenza di salvaguardare l’interesse del debitore quando è alto il rischio di dispersione della prova (7).
Tuttavia, quando il rapporto sia stato oggetto di un giudizio che ne abbia accertato il fondamento con una sentenza passata in giudicato, vengono meno i presupposti per l’operatività del termine breve di prescrizione poiché la sentenza di condanna è il segno della volontà del creditore di voler attuare il proprio interesse ed è idonea a conferire nuova certezza e stabilità a quello stesso rapporto. Questo è l’effetto dell’efficacia sostanziale del provvedimento giurisdizionale: dopo il passaggio in giudicato della sentenza il rapporto tra le parti è regolato dalle statuizioni contenute nella decisione giurisdizionale e non più dalla fattispecie giuridica originaria cui si è sostituito il comando del giudice (8).
Secondo la giurisprudenza la conversione del termine da breve a lungo ex art. 2953 c.c. può derivare solo da una sentenza o da un decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo che abbia acquisito efficacia di giudicato formale e sostanziale (9). A parere della dottrina, invece, lo stesso effetto dovrebbe riconoscersi ai decreti penali non opposti che contengano la condanna al pagamento di sanzioni civili nonché al lodo pronunciato nel corso di un arbitrato rituale e reso esecutivo ex art. 825 c.p.c. con decreto dell’Autorità giudiziaria (10).

2. Solo l’accertamento giudiziale del credito previdenziale o tributario determina la conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale

La tesi dell’esistenza di titoli giudiziali o para-giudiziali idonei a produrre gli effetti della sentenza di condanna passata in giudicato, in grado di produrre l’effetto della conversione dei termini brevi nella prescrizione decennale, non ha mai riguardato il lodo reso all’esito dell’arbitrato irrituale (11) né i provvedimenti amministrativi, compresi i ruoli (12).
Tuttavia, a partire da un certo momento, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con la sentenza 26 agosto 2004, n. 17051 (13), decidendo una controversia in tema di iscrizione a ruolo di crediti IVA, ha affermato che per effetto di detta iscrizione l’Ufficio forma un titolo esecutivo cui è sicuramente applicabile il termine prescrizionale di 10 anni previsto dall’art. 2946 c.c. L’apodittica statuizione della Corte regolatrice è stata fondata evidentemente sull’applicazione analogica della norma del codice civile che prevede la conversione del termine breve in quello ordinario decennale (art. 2953) allo scopo di evitare la prescrizione dei crediti tributari.
Sulla scorta di tale arresto giurisprudenziale la Sezione Lavoro, anche in questo caso all’evidente fine di agevolare la riscossione dei crediti previdenziali, nella sentenza 26 marzo 2002, n. 4338 (14), ha affermato, tra l’altro, che una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell’opposizione alla cartella esattoriale non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio judicati ai sensi dell’art. 2953 c.c.) trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c.
Con queste due sentenze, dunque, in un arco temporale di 10 anni due diverse Sezioni della Suprema Corte hanno applicato in via analogica l’art. 2953 c.c., estendendo la regola della conversione del termine prescrizionale breve in decennale ai crediti iscritti a ruolo e dunque ontologicamente diversi da quelli accertati con una sentenza di condanna, quale provvedimento conclusivo del procedimento giurisdizionale, inaugurando così un filone giurisprudenziale in contrasto con i principi che regolano la prescrizione dei diritti.
Al fine di evitare una incontrollata deriva giurisprudenziale, con la sentenza n. 23397/2016 la Corte di Cassazione ha ribadito che la scadenza del termine di 40 giorni – pacificamente perentorio – per proporre opposizione alla cartella di pagamento afferente i crediti contributivi di cui all’art. 24, quinto comma, del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur comportando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce solo l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo, ma non determina anche la cosiddetta “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie “quinquennale” secondo quanto disposto dall’art. 3, nono e decimo comma, della legge 8 agosto 1995, n. 335), in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Secondo il giudice di legittimità la conversione opera soltanto qualora l’accertamento del credito contributivo sia avvenuto con un titolo giudiziale divenuto definitivo, poiché la cartella di pagamento, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Le stesse considerazioni devono valere a fortiori per «l’avviso di addebito dell’INPS», il quale, dal 1° gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento con la funzione di atto di accertamento e di riscossione dei crediti di natura previdenziale di detto Istituto.
Orbene, lasciando in disparte la riscossione dei crediti previdenziali, nella sentenza n. 23397/2016 il giudice della nomofilachia ha inteso affermare il principio generale secondo cui la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o per impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o, comunque, un atto amministrativo dotato di efficacia esecutiva, «produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.». Il principio della immodificabilità del termine di prescrizione stabilito dalla legge per effetto dell’accertamento dei crediti pubblici in via amministrativa trova applicazione «con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva dei crediti degli enti previdenziali ovvero dei crediti relativi alle entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché dei crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative».
In tutti i casi di accertamento del credito in via amministrativa la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione non consente di applicare in via analogica l’art. 2953 c.c., norma che trova applicazione solo nel caso di accertamento di credito mediante un titolo giudiziale divenuto definitivo.

3. I termini di prescrizione dei tributi e di decadenza e per la notifica degli avvisi di accertamento esecutivi

Alla luce dei principi enucleati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si riassumono, di seguito, i termini di prescrizione dei crediti tributari.
I tributi erariali (IRPEF, IRES, IVA, IRAP e imposta di registro) si prescrivono nel termine di 10 anni dal giorno in cui il tributo è dovuto, per ciascuna annualità, ovvero dall’ultimo atto interruttivo tempestivamente notificato al contribuente ai sensi dell’art. 2946 c.c.
Attesa l’acquisita efficacia esecutiva degli inviti di accertamento (definititi da autorevole dottrina «atti impoesattivi») (15) per quasi tutti i tributi (16) oltre che per i contributi previdenziali, come ricordato dalle stesse Sezioni Unite, questi ultimi devono essere notificati ai contribuenti entro precisi termini di decadenza.
Per le imposte sui redditi, l’IRAP e l’IVA, gli avvisi di accertamento esecutivi devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione, o di presentazione di dichiarazione nulla, l’avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata (17).
Diversamente dalle imposte erariali, i tributi locali si prescrivono nel termine di cinque anni dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell’ultimo atto interruttivo tempestivamente notificato al contribuente, ai sensi dell’art. 2948, n. 4), c.c., trattandosi in fin dei conti di prestazioni periodiche dovute all’ente locale (18).
L’esazione della tassa di circolazione degli autoveicoli e dei natanti, invece, è soggetta al termine di prescrizione triennale previsto dall’art. 5, comma 51, del D.L. 30 dicembre 1982, n. 953 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53), come confermato dalla prevalente giurisprudenza (19).

4. L’applicazione dei principi fissati dalle Sezioni Unite da parte dei giudici di merito

Recentemente la Commissione tributaria regionale della Sardegna con la già ricordata sentenza n. 221/2017 ha applicato in maniera rigorosa i principi sanciti dalla Corte di Cassazione in tema di conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale.
Nel decidere una controversia, avente ad oggetto la riscossione della tassa di circolazione sugli autoveicoli, ha accolto l’appello del contribuente avverso un provvedimento di fermo amministrativo fondato su cartelle di pagamento notificate negli anni 2001 e 2003, confermando l’applicabilità del termine triennale di prescrizione previsto per la tassa di circolazione degli autoveicoli dall’art. 5, comma 51, del D.L. n. 953/1982.
A nulla è valso sostenere da parte dell’agente della riscossione l’applicazione del termine ordinario decennale di prescrizione, sulla base di un preteso effetto novativo soggettivo del rapporto discendente dalla formazione del titolo esecutivo, per effetto della sostituzione dell’ente creditore originario con l’agente della riscossione, quale soggetto legittimato all’esecuzione. Neppure la prospettata rilevanza in materia di prescrizione dell’art. 19, quarto e sesto comma, del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, dai quali si pretendeva di fare discendere una supposta esigibilità del credito fino al definitivo discarico (20), ha mutato l’orientamento dei giudici sardi, i quali hanno ribadito che le disposizioni che disciplinano i rapporti tra l’ente impositore e l’agente della riscossione non incidono sulla disciplina ordinaria della prescrizione prevista per i singoli tributi.
I principi affermati dai giudici di merito hanno trovato piena conferma, come già ricordato, nella citata ordinanza n. 20425/2017, nella quale i Supremi Giudici hanno statuito che quando la legge prevede per i singoli tributi un termine di prescrizione più breve di quello ordinario decennale la sola scadenza del termine per fare opposizione alla cartella di pagamento – ovvero, aggiungiamo, per impugnare un avviso di accertamento esecutivo – «non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo».
In conclusione, costituisce ormai ius receptum il principio per cui la notifica di un atto di accertamento esecutivo, sia esso relativo a tributi o a contributi previdenziali, non può mai determinare la “conversione” del termine di prescrizione breve, ove previsto dalle discipline dei singoli tributi, in quello ordinario decennale di cui all’art. 2953 c.c., anche in caso di mancata opposizione e conseguente definitività del medesimo. L’inderogabilità della disciplina ordinaria della prescrizione vale riguardo alla notifica di ogni tipo di atto – comunque denominato – di riscossione mediante ruolo o, comunque, di riscossione coattiva, dei crediti degli enti previdenziali ovvero dei crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, dei crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni per la violazione di norme tributarie e amministrative di ogni genere, salvo che non intervenga una sentenza giurisdizionale passata in giudicato a sancirne la debenza.

Dott. Fabrizio Cerioni

(1) Cfr. Cass., sez. un., 17 novembre 2016, n. 23397, in Boll. Trib., 2017, 148, con nota di V. AZZONI, Cartelle di pagamento e prescrizione del credito tributario: un salutare intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte.
(2) Cfr. Cass., sez. VI, 25 agosto 2017, ord. n. 20425, in pubbl. sul fascicolo n. 9/2018 di questa stessa Rivista.
(3) Ved. Cass., sez. II, 18 maggio 1971, n. 1482, in Mass. Giur. it., 1971; Cass., sez. lav., 13 aprile 2006, n. 8677, in Mass. Foro it., 2006, 774; e anche Corte dei Conti, sez. riunite, 27 aprile 2004, n. 8, in Giur. it., 2005, col. 1965 ss.
(4) Cfr. Cass., sez. III, 10 luglio 2014, n. 15765, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 4054, in Foro it., 2009, I, 1741; e Cass., sez. III, 14 luglio 2004, n. 13081, in Guida al diritto, 2004, 74.
(5) Cfr. Cass., sez. III, 13 gennaio 2015, n. 286, in Mass. Foro it., 2015, 13.
(6) Cfr. Comm. trib. reg. della Sardegna, sez. V, 4 luglio 2017, n. 221, in Boll. Trib. On-line.
(7) In argomento S. RUPERTO, Sub art. 2953, in AA.VV., La prescrizione, a cura di P. VITUCCI, Codice civile commentato, già a cura di P. SCHLESINGER (ora diretto da F.D. BUSNELLI), Milano, 1999, 285 ss.
(8) Sugli effetti degli atti processuali si veda E. FAZZALARI, Processo, I, Processo civile, d), Diritto vigente, in Enc. dir., XXXVI, Milano, 1987, 118 ss., specie 183.
(9) In questi termini cfr. Cass. n. 13081/2004, cit.; Cass., sez. III, 24 marzo 2006, n. 6628, in Mass. Foro it., 2006, 980; Cass., sez. III, 11 maggio 2010, n. 11360, ivi, 2010, 480; Cass., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1650, in Foro it., 2014, I, 1544; e Cass., sez. VI, 29 febbraio 2016, ord. n. 3987, in Fall., 2017, 352.
(10) In argomento L. AMMIRATI, Sub art. 2953, in G. ALPA – V. MARICONDA (a cura di), Codice civile commentato, IV, Milano, 2005, 727.
(11) Cfr. Cass., sez. I, 23 gennaio 1969, n. 197, in Foro it., 1969, I, col. 2319 ss.
(12) Cfr. Cass., sez. I, 21 ottobre 1980, n. 5643, in Mass. Giust. civ., 1980, 2374-2375, ha affermato che un provvedimento, di natura amministrativa, adottato dal commissario per la sistemazione e la liquidazione dei contratti di guerra non vale a trasformare in decennale la prescrizione breve cui sia soggetto il diritto investito dal provvedimento stesso (nella specie diritto dell’appaltatore di opere militari al risarcimento del danno per la mancata restituzione di materiali da parte dell’Amministrazione), atteso che un tale effetto può conseguire esclusivamente da una pronuncia giurisdizionale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.
(13) In Boll. Trib., 2005, 229.
(14) In Dir. e giust., 2002, 26.
(15) Cfr. C. GLENDI, Notifica degli atti “impoesattivi” e tutela cautelare ad essi collegata, in Dir. prat. trib., 2011, I, 482, nota 2; e ID., Atti “impoesattivi” e tutela cautelare, in Corr. trib., 2011, 2681, nota 1.
(16) Ved. l’art. 29 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2012, n. 122); in dottrina ved. C. ATTARDI, Accertamento esecutivo e ruolo dell’agente della riscossione, in Corr. trib., 2010, 3766. Sul tema cfr. anche V. UCKMAR, Riscossione più semplice o più veloce, in Corr. trib., 2011, 2643; A. CARINCI, Prime considerazioni sull’avviso di accertamento esecutivo, ex D.L. 78/2010, in Riv. dir. trib., 2011, I, 159; F. TUNDO, L’avviso di accertamento quale atto della riscossione, in Corr. trib., 2010, 2653; ID., L’avviso di accertamento quale titolo esecutivo e precetto, ibidem, 2672; e M. BRUZZONE, L’avviso di accertamento diventa titolo esecutivo per imposte dirette ed IVA, ibidem, 2230.
(17) Art. 43, primo e secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; art. 43 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; art. 30 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, e art. 29 del D.L. n. 78/2010.
(18) Hanno aderito a questa tesi Comm. trib. prov. di Milano, sez. V, 6 maggio 2016, n. 3940, e diverse sentenze della Suprema Corte a partire da Cass., sez. trib., 20 luglio 2012, n. 12691; entrambe in Boll. Trib. On-line.
(19) Così Comm. trib. prov. di Napoli, sez. IV, 18 ottobre 2017, n. 14633; Comm. trib. prov. di Milano, sez. XIII, 27 settembre 2017, n. 5535; e Cass., sez. trib., 9 maggio 2014, n. 10067; tutte in Boll. Trib. On-line.
(20) L’art. 19, quarto comma, del D.Lgs. n. 112/1999, dispone che: «Fino al discarico di cui al comma 3, resta salvo, in ogni momento, il potere dell’ufficio di comunicare al concessionario l’esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione e di segnalare azioni cautelari ed esecutive nonché conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore da intraprendere al fine di riscuotere le somme iscritte a ruolo».

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