27 Maggio, 2019

Accertamento imposte sui redditi – Assistenza fiscale – Visto di conformità infedele – Art. 39, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 241/1997.
Circolare 24 maggio 2019, n. 12/E, dell’Agenzia delle entrate

“Premessa
L’art. 6 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, ha modificato la
disciplina del visto di conformità infedele, contenuta nell’art. 39, comma 1, lettera
a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
A seguito delle innovazioni introdotte dal menzionato d.lgs. n. 175 del 2014
– che, tra le altre, ha istituito la dichiarazione precompilata – viene espressamente
tutelato il legittimo affidamento dei contribuenti che si rivolgono ai Centri di
assistenza fiscale (CAF) o ai professionisti abilitati per la presentazione della
dichiarazione dei redditi con il modello 730. La definitività del loro rapporto con il
Fisco è garantita dalla previsione che il professionista abilitato, il Responsabile
dell’Assistenza Fiscale (RAF) e, in solido con quest’ultimo, il CAF sono tenuti al
pagamento di un importo corrispondente alla somma dell’imposta, degli interessi e
della sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente ai sensi dell’art. 36-ter del
DPR n. 600 del 1973, salvo il caso di condotta dolosa o gravemente colposa del
contribuente.
L’articolo 7-bis del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con
modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, ha modificato la disciplina del
visto di conformità infedele contenuta nell’art. 39, comma 1, lettera a), del d.lgs. n.
241 del 1997 già emendato dall’art. 6 del d.lgs. n. 175 del 2014. La modifica
riguarda l’importo della somma richiesta al RAF/CAF o al professionista nel caso
di apposizione di un visto infedele su voci oggetto di controllo formale. La nuova
disposizione, per quanto si dirà nel prosieguo, si applica a partire dall’assistenza
fiscale prestata nel 2019 (anno d’imposta 2018).

Normativa vigente
In base alla nuova formulazione dell’art. 39, comma 1, lettera a), del d.lgs. n.
241 del 1997, recata dall’articolo 7-bis del citato decreto-legge n. 4 del 2019, in
caso di visto di conformità infedele su una dichiarazione modello 730, il
professionista abilitato, il Responsabile dell’Assistenza Fiscale (RAF) e, in solido
con quest’ultimo, il CAF sono tenuti al pagamento di un importo pari al 30 per
cento della maggiore imposta riscontrata, sempre che il visto infedele non sia stato
indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.
La nuova norma conferma che il CAF o il professionista può trasmettere una
dichiarazione rettificativa del contribuente ovvero, se il contribuente non intende
presentare la nuova dichiarazione, può trasmettere una comunicazione dei dati
relativi alla rettifica il cui contenuto è definito con provvedimento del direttore
dell’Agenzia delle entrate sempreché l’infedeltà del visto non sia già stata
contestata con la comunicazione di cui all’articolo 26, comma 3-ter, del
regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164.
In tal caso la somma dovuta è ridotta ai sensi dell’articolo 13 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
In base alla nuova disposizione, in caso di visto infedele, in luogo
dell’importo corrispondente alla somma dell’imposta, degli interessi e della
sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente ai sensi dell’art. 36-ter del DPR
n. 600 del 1973, il professionista abilitato, il Responsabile dell’Assistenza Fiscale
(RAF) e, in solido con quest’ultimo, il CAF sono tenuti al pagamento dell’importo
pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata.
La maggiore imposta dovuta e i relativi interessi sono richiesti al
contribuente (art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 175 del 2014) per tutte le dichiarazioni
modello 730 con visto di conformità (art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014).
Inoltre, ancorché la nuova disposizione non fa più riferimento esplicito agli
importi dovuti ai sensi dell’art. 36-ter del DPR n. 600 del 1973, si rileva che la
procedura prevista per le attività successive resta quella relativa alla procedura di
controllo in argomento indicata all’articolo 26 del regolamento di cui al decreto n.
164 del 1999. Pertanto, anche in base alla normativa vigente si deve intendere che
l’applicazione dei menzionati effetti è limitata esclusivamente alle fattispecie che
conseguono il controllo effettuato ai sensi del citato art. 36-ter.
Si segnala, infine, che il comma 3-quater del citato articolo 26 del
regolamento di cui al decreto n. 164 del 1999 non appare coordinato con le nuove
disposizioni allorquando stabilisce che l’ammontare delle somme dovute dal
RAF/CAF o dal professionista è “pari all’imposta, agli interessi dovuti fino
all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della
comunicazione e alla sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 471, ridotta a due terzi”.
Al riguardo infatti, la riduzione a due terzi deve intendersi applicabile
all’importo pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata indicata alla
lettera a) del comma 1 dell’articolo 39 del d.lgs. n. 241 del 1997.

Ambito di applicazione temporale della nuova normativa
La legge di conversione n. 26 del 2019 del decreto-legge n. 4 del 2018 è
stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 del 29 marzo 2019 e, ai sensi
dell’articolo 29 della stessa legge, è entrata in vigore il 30 marzo 2019, giorno
successivo a quello della pubblicazione.
Anche le disposizioni recate dall’articolo 7-bis del citato decreto-legge n. 4
del 2019, in assenza di norme derogatorie specifiche, entrano in vigore il 30 marzo
2019.
Ciò premesso, al fine di stabilire se le nuove disposizioni trovano
applicazione anche con riferimento alle violazioni commesse ante 30 marzo 2019, è
necessario verificare se la somma richiesta dall’articolo 39, comma 1, lettera a)
possa essere considerata a tutti gli effetti una sanzione cui si applica il principio di
legalità di cui all’articolo 3 del d.lgs. 18 settembre 1997, n. 472, che al comma 3
dispone che “3. Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la
violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la
legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto
definitivo.”. Al riguardo, occorre valorizzare la composizione della somma
richiesta in caso di errore che, nella versione previgente dell’articolo 39, comma 1,
lettera a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, come modificata dal decreto
legislativo del 21 novembre 2014, n. 175, era pari all’importo dell’imposta, della
sanzione e degli interessi dovuti dal contribuente (sempreché l’errore non fosse
dipeso dalla condotta dolosa o gravemente colposa di questo ultimo).
In sostanza, tenuto conto dell’impegno assunto dai CAF e dai professionisti
abilitati nei confronti dei contribuenti per una corretta predisposizione della
dichiarazione e del conseguente affidamento di quest’ultimi circa la definitività del
rapporto tributario relativo alla medesima dichiarazione, il legislatore aveva posto
in capo ai medesimi, in caso di errore, l’onere di corrispondere in “sostituzione”
dell’originario debitore (il contribuente), un importo dato dall’imposta e dagli
interessi, nonché dalla corrispondente sanzione applicabile alla violazione. La
scelta era stata, quindi, quella di punire con una sorta di sostanziale
corresponsabilità il CAF o il professionista che, chiamati a svolgere un ruolo
essenziale di mediazione tra amministrazione e contribuenti, fossero risultati
inadempienti.
La stessa norma limitava detta responsabilità al solo pagamento della quota
pari alla sanzione nel caso di comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati
rettificati – sempreché l’infedeltà del visto non fosse già stata contestata con la
comunicazione di cui all’articolo 26, comma 3-ter, del regolamento di cui al decreto
del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164 (inizialmente era previsto il
termine del 10 novembre).
In tale evenienza, residuando della somma richiesta la sola voce imputabile
alla sanzione, la norma ne consentiva il ravvedimento.
Il ricorso all’istituto del ravvedimento non era, invece, consentito con
riferimento a quella parte della somma commisurata all’imposta e interessi che
sarebbero stati richiesti al contribuente, proprio a distinguerne la sua funzione
risarcitoria e non anche sanzionatoria.
Le modifiche intervenute nel corso degli anni (1) nella misura della riduzione
per ravvedimento e in quella del periodo entro il quale detto istituto trova
applicazione non hanno modificato la struttura delineata dalla norma originaria.

(1) Art. 39 del Decreto Legislativo del 9.7.1997 n. 241 modificato:
• dall’articolo 6 del Decreto Legislativo del 21.11.2014 n. 175 in vigore dal 13.12.2014: Salvo il caso
di presentazione di dichiarazione rettificativa, se il visto infedele è relativo alla dichiarazione dei
redditi presentata con le modalità’ di cui all’articolo 13, del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n.
164, i soggetti indicati nell’articolo 35 sono tenuti nei confronti dello Stato o del diverso ente
impositore al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi
che sarebbero stati richiesti al contribuente ai sensi dell’articolo 36-ter del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sempre che il visto infedele non sia stato indotto dalla
condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente. Costituiscono titolo per la riscossione
mediante ruolo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, le
comunicazioni con le quali sono richieste le somme di cui al periodo precedente. Eventuali
controversie sono devolute alla giurisdizione tributaria. Se entro il 10 novembre dell’anno in cui la
violazione è stata commessa il CAF o il professionista trasmette una dichiarazione rettificativa del
contribuente ovvero, se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, trasmette una
comunicazione dei dati relativi alla rettifica il cui contenuto è definito con provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle entrate, la somma dovuta è pari all’importo della sola sanzione La
sanzione è ridotta nella misura prevista dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, se il versamento è effettuato entro la stessa data del 10
novembre.
• dall’articolo 24 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, in vigore dal 1.1. 2016: La sanzione è ridotta
a un nono del minimo se il versamento è effettuato entro la stessa data del 10 novembre.
• dall’articolo 7-quater del decreto legge del 22.10.2016 n. 193, convertito dalla legge 1.12.2016 n.
225, in vigore dal 3.12.2016: Sempreché l’infedeltà del visto non sia già stata contestata con la
comunicazione di cui all’articolo 26, comma 3-ter, del regolamento di cui al decreto del Ministro
delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, il Centro di assistenza fiscale o il professionista può
trasmettere una dichiarazione rettificativa del contribuente, ovvero, se il contribuente non intende
presentare la nuova dichiarazione, può trasmettere una comunicazione dei dati relativi alla
rettifica il cui contenuto è definito con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate; in tal
caso la somma dovuta è pari all’importo della sola sanzione riducibile ai sensi dell’articolo 13 del
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
• dall’articolo 7-bis del Decreto Legge del 28.1.2019 n. 4, convertito dalla Legge 28.3.2019 n. 26, in
vigore dal 30.3.2019. Se il visto infedele è relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le
modalità di cui all’articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31
maggio 1999, n. 164, non si applica la sanzione di cui al periodo precedente e i soggetti di cui
all’articolo 35 sono tenuti al pagamento di una somma pari al 30 per cento della maggiore imposta
riscontrata, sempre che il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente
colposa del contribuente. … Sempre che l’infedeltà del visto non sia già stata contestata con la
comunicazione di cui all’articolo 26, comma 3ter, del regolamento di cui al decreto del Ministro
delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, il Centro di assistenza fiscale o il professionista può
trasmettere una dichiarazione rettificativa del contribuente, ovvero, se il contribuente non intende
presentare la nuova dichiarazione, può trasmettere una comunicazione dei dati relativi alla
rettifica il cui contenuto è definito con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. In tal
caso la somma dovuta è ridotta ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997,
n. 472.

L’attuale norma ha conservato dell’impianto punitivo la sola quota riferibile
alla sanzione (sempre ravvedibile ai sensi dell’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del
1997), eliminando le voci risarcitorie. Ne deriva che il favor rei nei confronti dei
CAF e dei professionisti abilitati potrebbe essere potenzialmente applicabile
limitatamente alla quota commisurata alle sanzioni, mentre non può trovare
applicazione per quella quota richiesta a titolo di risarcimento, parametrata
all’imposta e agli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente.
Peraltro, tenuto conto che la misura riferibile alla sola sanzione è rimasta la
medesima (pari al 30 per cento dell’imposta), non si ravvisano le condizioni per
applicare il principio del favor rei.
In conclusione, le nuove misure destinate a punire gli errori commessi dai
CAF e dai professionisti si applicano all’assistenza fiscale prestata successivamente
alla sua entrata in vigore e, quindi, a partire dall’assistenza fiscale prestata nel
2019.

Dichiarazione rettificativa e comunicazione dei dati rettificati
Qualora il CAF o il professionista abilitato, successivamente alla
trasmissione della dichiarazione, riscontri errori che hanno comportato

l’apposizione di un visto infedele sulla dichiarazione stessa, avvisa il contribuente
al fine di procedere all’elaborazione e trasmissione all’Agenzia delle entrate della
dichiarazione rettificativa, mediante il modello 730 relativo al periodo d’imposta da
rettificare. La trasmissione può essere effettuata sempre che non sia stata già
contestata l’infedeltà del visto con la comunicazione di cui all’art. 26, comma 3-ter,
del regolamento di cui al decreto n. 164 del 1999, con la quale è comunicato l’esito
del controllo con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica dei
dati contenuti nella dichiarazione.
Se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, il CAF o il
professionista abilitato può comunicare all’Agenzia delle entrate i dati rettificati, e
anche in questo caso l’infedeltà non deve essere stata già contestata tramite la
comunicazione sopra citata.
Come già chiarito, sia nel caso di presentazione della dichiarazione
rettificativa del contribuente che nel caso di comunicazione dei dati rettificati da
parte del CAF o del professionista abilitato, la responsabilità di questi ultimi è
limitata al pagamento dell’importo corrispondente al 30 per cento della maggiore
imposta riscontrata, o per l’assistenza fiscale prestata fino al 2018 alla sola
sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente. Tali somme sono soggette a
riduzione ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Con riguardo all’assistenza fiscale prestata fino al 2018, in caso di
presentazione di una dichiarazione rettificativa mediante modello 730, con
pagamento di una somma pari alla sanzione da parte del CAF/professionista e
consegna della delega F24 al contribuente per il pagamento di imposta e interessi, il
CAF/professionista può ritenersi liberato e, pertanto, l’omesso o carente
versamento di imposta e interessi deve essere riferito al contribuente”.

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