26 Marzo, 2019

1. Premessa

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, nel decidere alcuni ricorsi avverso avvisi di accertamento e di rettifica in materia di dazi e IVA emessi dall’Agenzia delle dogane di Como, nonché impugnativi dei relativi atti di irrogazione delle sanzioni, ha avuto occasione con alcune recenti pronunce di consolidare il proprio orientamento interpretativo in materia di inclusione o meno, nel valore doganale, dei diritti di licenza per uso di un marchio nelle particolari ipotesi in cui l’importatore nazionale acquisti la merce prodotta al di fuori del territorio doganale dell’Unione europea versando le relative royalties (1) ad un soggetto estraneo al rapporto di compravendita (2).
Da un punto di vista pratico, la presenza di un legame stabile tra licenziante ed esportatore e il pagamento dei diritti di licenza come condizione per la fornitura del bene sono direttamente proporzionali. Tale circostanza non è per così dire di “automatica” integrazione ove i menzionati soggetti siano tra loro indipendenti: caso in cui sarà necessaria una puntuale verifica se il licenziante sia in condizione di conoscere e incidere sull’attività dell’impresa esportatrice (3).

2. La disciplina delle royalties nel Codice doganale

È opportuno, in primo luogo, un breve inquadramento normativo della disciplina in rilievo, anche in considerazione delle recenti modifiche legislative che hanno investito tale materia, spesso oggetto di dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza (4).
Ebbene l’art. 29, primo comma, del Regolamento CEE n. 2913/1992 del Consiglio del 12 ottobre 1992, che ha istituito il Codice doganale (c.d. CDC) (5), stabiliva come primo criterio per la valorizzazione il valore di transazione, eventualmente adeguato secondo le previsioni contenute agli artt. 32 e 33 del medesimo. Nella disciplina imposta dall’art. 32, par. 1, lett. c), del Regolamento citato, la rettifica del valore dichiarato delle merci in importazione poteva essere operata addizionandovi i corrispettivi per i diritti di licenza che l’acquirente, in relazione alle merci da valutare, fosse tenuto a pagare direttamente o indirettamente come condizione di vendita delle merci (6).
Rispetto alle disposizioni appena richiamate, il nuovo Regolamento UE n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, che ha istituito il Codice doganale dell’Unione (7), all’art. 70 prevede che il valore di transazione (8) costituisce la base primaria per il valore doganale. L’inclusione di tutti i pagamenti effettuati a favore del venditore come condizione della vendita stessa comporta che tale risultato sia ora elemento essenziale della base primaria per il calcolo del valore in dogana; al contrario nel previgente Regolamento CEE n. 2913/1992 tale “principio cardine” del valore in dogana era relegato a mero ruolo di “aggiustamento” di quest’ultimo (9).
Peraltro rimangono pressoché invariate le condizioni per la daziabilità delle royalties, già contemplate nel precedente art. 32 del CDC e nell’art. 157 del Regolamento Comunitario di Attuazione del Codice doganale di cui al Regolamento CEE n. 2454/93 della Commissione del 2 luglio 1993 recante le relative disposizioni d’applicazione (c.d. DAC) (10), secondo quanto disposto dall’art. 71, par. 1, lett. c), del nuovo Codice doganale dell’Unione (c.d. CDU) di cui al Regolamento UE n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013. Invero l’art. 136 del Regolamento di esecuzione UE n. 2015/2447 della Commissione del 24 novembre 2015 (c.d. RE) (11) detta dei requisiti specifici affinché il versamento dei diritti di licenza integri una “condizione di vendita” delle merci e, pertanto, i primi siano da addizionare al valore doganale (12).
Al pari del previgente Codice, anche nell’attuale disciplina la complessità maggiore risiede nel determinare quando il pagamento delle royalties debba essere ritenuto una “condizione per la vendita”. A tale proposito, e in primo luogo, risulta superato il sistema normativo pregresso, vigente ora l’unica disposizione in materia contenuta nell’art. 136 del RE.
Una delle novità introdotte dal Regolamento UE n. 952/2013 è rappresentata dalla circostanza per cui le condizioni previste dalla disposizione da ultimo richiamata non debbano più sussistere congiuntamente; sicché risulta sufficiente che sia soddisfatta una soltanto di esse perché i diritti di licenza vadano addizionati al valore doganale dei beni importati (13), con la conseguenza che l’esistenza di un legame tra il licenziante e il fornitore del bene è sufficiente, di per sé, a comportarne la daziabilità.
Per i fini che qui occupano rileva in particolare la disposizione contenuta alla lett. a), par. 4, dell’art. 136 del RE, ai sensi del quale i corrispettivi e i diritti di licenza sono considerati pagati come condizione della vendita delle merci importate quando il venditore o una persona a esso “collegata” chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento.
L’art. 32 del CDC, come già accennato, prevedeva che il valore di transazione dovesse essere rettificato anche nel caso in cui le royalties fossero pagate “indirettamente” dal compratore, e cioè a un soggetto terzo, diverso dal venditore (dunque al licenziante). In tale ipotesi l’art. 160 delle DAC disponeva che, qualora il diritto di licenza fosse pagato a un terzo, le condizioni previste dall’art. 157, par. 2, delle stesse DAC, si considerassero avverate solo se il pagamento fosse stato richiesto da una persona legata al venditore (14).
L’attenzione al prezzo pagato o da pagare tra soggetti collegati è nel nuovo CDU molto più generale e non più relegata all’ipotesi tanto eccezionale, quanto residuale, del «prezzo relativo ad una vendita anteriore all’ultima vendita» (15). Con un’inversione di prospettiva, infatti, il nuovo art. 128 del RE delinea questo scenario introducendo, definitivamente, il sistema della “last sale rule”, in luogo della precedente possibilità di applicazione del valore di prima vendita per le merci vendute per l’esportazione nel territorio doganale dell’Unione europea (c.d., appunto, “first sale rule”) (16).
Quanto al concetto di “persone legate”, già contemplato nell’art. 143 delle DAC (17), esso è oggi trasfuso nell’art. 127 del RE: è appena il caso di sottolineare come vi sia uno scollamento tra il contenuto degli artt. 127 e 136 citati, dacché i termini “collegamento” e “legame” potrebbero fare presuppore una possibile incompleta sovrapposizione interpretativa, in cui il secondo appaia meno incisivo del primo. Seguendo questa impostazione si potrebbe a un primo sguardo essere indotti a ritenere che il nuovo Codice imponga la necessità di una maggiore compenetrazione fra i soggetti coinvolti nell’operazione affinché le royalties versate possano essere incluse nel calcolo del valore doganale.
Altresì merita di essere osservata la differente terminologia che il legislatore comunitario utilizza nei diversi momenti normativi. Eppure, almeno secondo quanto rilevato dall’Agenzia delle dogane nella circolare 21 aprile 2017, n. 5/D (18), vi sarebbe sostanziale continuità rispetto al passato, almeno per quanto riguarda il concetto di controllo (19).

3. L’inclusione delle royalties nel valore in dogana

Come già accennato, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha avuto occasione di tornare a pronunciarsi sul tema. Infatti, già in alcune pronunce più datate i giudici milanesi erano arrivati alla conclusione che, per l’inclusione nel valore doganale delle royalties versate al titolare di un marchio in relazione alle merci importate acquistandole da un esportatore diverso dal licenziatario, dovessero risultare soddisfatti i requisiti stabiliti dal (previgente) e già citato Regolamento CEE n. 2913/1992, agli artt. 29 e 32 e in particolare agli artt. 143, 157 e 160 delle relative Disposizioni di attuazione.
Nel decidere il caso “Giochi Preziosi” (20), il Collegio lombardo aveva affermato che il mero controllo di qualità delle merci prodotte imposto dal licenziante al licenziatario, anche attraverso l’uso di produttori terzi, non costituirebbe un’ipotesi di “controllo indiretto” (21), così escludendo che tale “legame” soddisfi appieno i requisiti indicati dagli artt. 143 e 160 delle citate disposizioni attuative. Di conseguenza, le eventuali royalties corrisposte non costituiscono una “condizione della vendita delle merci da valutare” ai sensi dell’art. 157 delle DAC (22). non rientrando quindi nel valore doganale.
In tale contesto, anche in considerazione dell’assenza ad oggi di pronunce da parte dei giudici di legittimità, assume un’importante valenza sistematica la pronuncia del 9 marzo 2017 della Corte di Giustizia europea (23). Sebbene la Corte statuisca in quel caso avendo riguardo alla previgente disciplina, i principi da questa enunciati risultano attuali – come sarà appresso meglio specificato – specie con riguardo al concetto di “legame”, espresso dalla normativa doganale, al pari delle condizioni per la verifica della sua sussistenza.
Tornando alla sentenza in epigrafe, la controversia che aveva occupato la Commissione lombarda traeva origine da alcuni avvisi di accertamento e irrogazione delle relative sanzioni per l’anno 2011 – in modo analogo a una contestazione mossa per l’anno precedente – con cui l’Agenzia delle dogane di Como aveva rideterminato in aumento il valore dichiarato all’atto dell’importazione mediante l’inclusione dei corrispettivi afferenti a royalties corrisposte dal licenziatario.
La società importatrice-acquirente, con separati ricorsi, si era opposta alle irregolarità contestate dall’Agenzia delle dogane per omessa indicazione del corrispettivo pagato al licenziante dal produttore-esportatore (nonché licenziatario), in cui si evidenziava che il corrispettivo versato per l’acquisto dovesse essere integrato con quello supposto per il diritto all’utilizzazione del marchio. Infatti, secondo la ricorrente, dall’esame dei contratti di licenza sottoscritti non si sarebbero ravvisati gli elementi necessari per soddisfare i requisiti degli artt. 143 e 160 delle DAC; ricostruzione di fatto rigettata dai giudici di prime cure (24).
Con l’atto di appello la società soccombente ha lamentato, fra gli altri, la violazione dell’art. 32 del Regolamento CEE n. 2913/1992 e degli artt. 143, 157 e 160 delle DAC, applicabili ratione temporis (25), in merito alla erronea valutazione del giudice a quo dei presupposti per la qualificazione dei corrispettivi pattuiti come condizioni di vendita delle merci oggetto di valutazione e, perciò, inclusivi dei diritti di licenza nella determinazione complessiva del valore in dogana.

4. Il legame tra venditore e licenziante

Il fulcro della questione consiste nello stabilire le ipotesi per le quali in un rapporto trilaterale tra titolare del marchio, produttore e distributore-importatore (ossia il c.d. “scenario a tre parti”), il pagamento delle royalties possa essere considerato una “condizione di vendita” delle merci importate (26).
Su tale punto, secondo la Commissione tributaria regionale lombarda, ove nel prezzo dei beni pagato o da pagare da parte del compratore non sia già incluso il corrispettivo comprensivo dei diritti di licenza, questi sono da addizionare al primo fattore se il venditore, in assenza di tale ulteriore onere del compratore, non avesse effettuato la vendita.
In altre parole la nozione di condizione di vendita deve essere intesa come conditio in base alla quale il venditore sia disposto ad autorizzare la vendita di prodotti solo in presenza del pagamento dei diritti di licenza (27) e cioè, nell’ambito dei rapporti contrattuali tra il venditore – o la persona ad esso legata – e l’acquirente, l’assolvimento del corrispettivo o del diritto di licenza rivesta un’importanza tale per il venditore che, in difetto, quest’ultimo non sarebbe disposto a vendere; circostanza che spetta al giudice di merito verificare (28). Detta condizione, peraltro, non è essenziale che sia specificata nell’accordo di licenza, potendo anche risultare in modo implicito (29).
Con queste premesse le condizioni di daziabilità delle royalties previste dall’art. 71 del CDU si considerano soddisfatte, ai sensi dell’art. 136, par. 4, del RE – in riferimento al previgente art. 160 delle DAC – nel caso in cui un soggetto legato al fornitore estero richieda all’acquirente di effettuare il pagamento del corrispettivo per i diritti di licenza. Tale condizione sussiste anche laddove il “terzo”, al quale devono essere versate le royalties, e la “persona legata” al venditore siano la stessa persona (30). I diritti di licenza integrano una condizione di vendita delle merci da valutare nel caso in cui, all’interno di un gruppo societario, il pagamento degli stessi sia richiesto da un’impresa collegata tanto al venditore quanto all’acquirente e sia effettuato nei confronti di questa stessa impresa (31).
Sotto il profilo relativo al collegamento fra un terzo e il venditore, nel caso in cui il titolare del marchio sia un distinto soggetto a cui il compratore è obbligato da uno dei primi due a versare le royalties, la Commissione meneghina – con la pronuncia in epigrafe – ha avuto occasione di sostenere che tale relazione debba estrinsecarsi in un potere che lo legittimi ad esprimersi in termini vincolanti, nel negozio giuridico in questione, nei confronti del compratore.
Ovviamente il pagamento diretto (al licenziatario) o indiretto (a soggetto terzo) rileva ai fini della rettifica del valore in dogana esclusivamente nella misura in cui risulti provato che il primo costituisca una “condizione della vendita”.
È fuori d’ogni dubbio che il “luogo” in cui trovare degli indici rivelatori di tale legame, tanto penetrante da integrare una vera e propria condizione di vendita, saranno i contratti di licenza o di compravendita (32): ed ancora, più in generale, rileverà un attento esame di tutti i profili dei rapporti contrattuali da cui sia possibile ricavare che vi sia un’effettiva ingerenza nell’attività svolte.
Infatti solo gli obblighi contrattuali, quali il diritto di imporre limitazioni od orientamenti su aspetti essenziali relativi alla gestione delle attività di un’impresa terza, possono determinare un effettivo legame tra le parti (33).
Perciò, in concreto, spetterà all’Agenzia delle dogane provare che il licenziante possa impedire al venditore o al produttore di vendere le merci se il compratore-importatore non paghi le relative royalties. Così, essendo l’Ufficio finanziario tenuto a fornire la prova in merito alla sussistenza di un legame fra il titolare del marchio e il venditore (in virtù del quale il primo si trovi nella condizione di esercitare un potere di diritto o di fatto sul secondo), sarebbe erroneo escludere aprioristicamente che il titolare riesca a controllare la catena produttiva e distributiva dei prodotti contrassegnati dal marchio, garantendosi il pagamento delle royalties e dei diritti di licenza (34).
Il controllo di cui si è poc’anzi fatto cenno è necessario si riverberi in un vero e proprio potere di interdizione nei confronti del licenziatario, e non già un mero controllo di qualità della merce prodotta con il marchio soggetto a licenza (35).
In particolare, nella pronuncia in commento, il licenziatario aveva la disponibilità di diversi marchi da apporre sui propri prodotti, ma non risultava che il licenziante avesse imposto all’impresa licenziataria uno specifico produttore o l’utilizzo di determinati materiali o componenti, né avesse alcun potere d’indirizzo in relazione alle scelte di quest’ultima in tali ambiti. Infatti, dall’analisi dei contratti, l’unico fattore comune risultava un controllo di qualità dei prodotti e del rispetto da parte dei fabbricanti di determinate condizioni di lavoro, comunque e in ogni caso ben lungi da un controllo gestionale delle società stesse.
Nel caso di specie, ulteriormente, la disciplina della licenza dei marchi e quella della produzione dei prodotti erano regolate da separati contratti. Risulta perciò condivisibile la ricostruzione operata dalla Commissione lombarda secondo la quale il pagamento delle royalties in una simile ipotesi non influisce concretamente sui rapporti tra produttore e licenziatario nei confronti del licenziante.
In conclusione, dunque, se la disciplina ordinaria prevista dal Codice europeo è costituita dal rapporto tra venditore e acquirente, è possibile una variante, in cui le royalties debbano essere pagate a un terzo. Tuttavia, anche in quest’ultima ipotesi, è “il venditore o una persona ad esso legata”, come contemplato dall’art. 136, paragrafo 4, lett. a), del RE, che possa inserire nel contratto una clausola di pagamento dei diritti di licenza a carico di una terza persona (36).
Così non risulteranno integrate le condizioni espresse dalla normativa doganale unionale per computare nel valore delle merci importate i diritti di licenza (37), qualora i rapporti di controllo leghino unicamente licenziante e licenziatario senza coinvolgere il terzo produttore, per cui l’impresa licenziataria risulti essere «direttamente responsabile e garante nei confronti della licenziante del rispetto di quanto stabilito nel contratto di licenza», determinando una scissione in due opposti versanti contrattuali.

Dott. Stefano Didoni

(1) Si può peraltro richiamarne la generica definizione contenuta nell’art. 12, secondo paragrafo, del Modello OCSE di convenzione sul reddito e sul patrimonio (2014), sulla base del quale le royalties ricomprendono «i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore …, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio … (comunemente definite “know-how”)».
(2) Sebbene di regola le parti del contratto di compravendita delle merci coincidono con quelle dell’accordo di licenza, risulta sempre più usuale la fabbricazione delle merci destinate al mercato europeo da parte di produttori concentrati, per la maggior parte, nei c.d. Paesi in via di sviluppo, sotto la direzione e il controllo del soggetto titolare del marchio il quale assegna la conseguente distribuzione a soggetti terzi, a fronte del pagamento di diritti di licenza. Pertanto, come si è visto, molto ricorrente nella pratica è il c.d. “scenario a tre parti”, caratterizzato da tre soggetti e da due rapporti negoziali: il primo, ossia un rapporto di compravendita, tra il licenziatario-importatore e l’impresa estera fornitrice dei beni importati; il secondo, avente ad oggetto il contratto di licenza, tra il titolare del marchio (licenziante) e il licenziatario-importatore.
(3) Cfr., ex multis, Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXXV, 26 maggio 2015, n. 2321; Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXXV, 25 settembre 2014, n. 4947; e Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. VII, 15 luglio 2014, n. 4761; tutte in Boll. Trib. On-line.
(4) Per un approfondimento si veda M. ALLENA, Royalties e valore in dogana, in Dir. prat. trib., 2014, I, 865 ss.; per un più ampio e attuale quadro circa la disciplina delle royalties, nonché delle altre novità introdotte dal Codice unionale, ved. ancora ID., Nuovo codice doganale e disciplina del valore: alcune riflessioni sulla ricomprensione delle royalties alla luce delle novità introdotte, in Jus Online, 2017, 35 ss.
(5) In Boll. Trib. On-line.
(6) Cfr. A. MAROCCO – L. DE ANGELIS, La daziabilità delle royalties corrisposte per l’utilizzo dei marchi, in Fisc. e comm. internaz., 2013, 29 ss.; si precisa che il predetto adeguamento opera in aumento solo – com’è ovvio – nella misura in cui detti corrispettivi non siano già stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare.
(7) In Boll. Trib. On-line.
(8) Il valore di transazione è «il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando sono vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione, eventualmente adeguato»; il secondo paragrafo del medesimo art. 70 precisa che «Il prezzo effettivamente pagato o da pagare è il pagamento totale che è stato o deve essere effettuato dal compratore nei confronti del venditore, per le merci importate, e comprende tutti i pagamenti che sono stati o devono essere effettuati, come condizione della vendita delle merci importate». Per un approfondimento si vedano S. ARMELLA – L. MANNARINO, Nuovo codice doganale dell’Unione: cosa cambia nelle regole sul valore doganale, in Corr. trib., 2016, 1507 ss.
(9) Così si esprime l’Agenzia delle dogane nella recente circ. 21 aprile 2017, n. 5/D, in Boll. Trib. On-line.
(10) Il citato Regolamento CEE n. 2454/1993, pubblicato in G.U. n. 253 dell’11 ottobre 1993 e in Boll. Trib. On-line, fissa talune disposizioni d’ap¬plicazione del Regolamento CEE n. 2913/1992 istitutivo del Codice doganale comunitario ed è stato abrogato dall’art. 1 del Regolamento di esecuzione n. 2016/481 della Commissione dal 1° aprile 2016.
(11) Il Regolamento di esecuzione n. 2015/2447 è pubblicato in Boll. Trib. On-line.
(12) Ai sensi dell’art. 136, par. 4, del citato Regolamento di esecuzione n. 2015/2447, «I corrispettivi e i diritti di licenza sono considerati pagati come condizione della vendita delle merci importate quando è soddisfatta una delle seguenti condizioni: a) il venditore o una persona ad esso collegata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento; b) il pagamento da parte dell’acquirente è effettuato per soddisfare un obbligo del venditore, conformemente agli obblighi contrattuali; c) le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza versamento dei corrispettivi o diritti di licenza a un licenziante».
(13) Cfr. L. UGOLINI, Il nuovo valore di transazione nel CDU e la disciplina delle “royalties”, in Corr. trib., 2016, 3678 ss.
(14) Le previsioni contenute nell’art. 160 delle DAC sono ora riprese alle lett. a) e c) dell’art. 136 del RE.
(15) Si fa riferimento alla c.d. first sale rule, contemplata nel previgente art. 147 delle DAC, sulla quale, per un approfondimento, ved. S. ARMELLA – L. MANNARINO, Il metodo del “first sale price”: legittimi risparmi sui dazi doganali, in Corr. trib., 2015, 1262 ss.; mentre in relazione ai profili processuali cfr. B. SANTACROCE, Valore doganale e onere della prova nell’applicazione della “first sale rule” per le merci in deposito, ivi, 2013, 1694 ss.
(16) Cfr. B. SANTACROCE – E. SBANDI, Valore doganale e transfer pricing: dichiarazioni a forfait o accertamento sospeso, in Corr. trib., 2017, 1890.
(17) Per un confronto ved. D. AVOLIO – B. SANTACROCE – F. SBANDI, Il concetto di “persone legate” e il concetto di qualità nell’accertamento del valore in dogana, in Corr. trib., 2012, 1938 ss.
(18) In Boll. Trib. On-line.
(19) Infatti la circ. n. 5/D/2017, cit., chiarisce che quello che il vecchio Allegato 23 alle DAC definiva come legame «se una persona è in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento nei confronti di un’altra» è oggi tradotto nella clausola di chiusura sul solo concetto di controllo di cui alle lett. e), f) e g) del primo paragrafo dell’art. 127 del RE citato, contenuta nel successivo paragrafo 3, ai sensi della quale molto genericamente «si ritiene che una parte controlli l’altra quando la prima è in grado, di diritto o di fatto, di imporre orientamenti alla seconda»; pertanto il sotteso concetto non cambierebbe, considerando che l’endiadi formata dalle parole “costrizione” e “orientamento” è ora semplicemente rimodulata nella locuzione “imporre orientamenti”.
(20) Cfr. Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. VII, 19 novembre 2013, n. 174, in Boll. Trib. On-line; dello stesso avviso Comm. trib. prov. di Firenze, sez. IX, 6 marzo 2009, n. 31, ivi; per una rassegna della giurisprudenza di merito di maggiore rilevanza in materia di royalties si veda M. ALLENA, Nuovo codice doganale e disciplina del valore: alcune riflessioni sulla ricomprensione delle royalties alla luce delle novità introdotte, cit., 58.
(21) Sul punto si era anche espressa in senso affermativo l’Agenzia delle dogane nella circ. 30 novembre 2012, n. 21/D, in Boll. Trib. On-line.
(22) Per un approfondimento si veda P. MASSARI, “Royalties” e diritti di licenza nella giurisprudenza di merito, in attesa di pronunce di legittimità, in Corr. trib., 2014, 1268 ss.; e ID., Royalties e diritti di licenza, senza la prova del “controllo” sfuggono all’imposizione daziaria, in L’IVA, 2014, 13 ss.
(23) Cfr. Corte Giust. UE, sez. V, 9 marzo 2017, causa C-173/15, GE Healtcare GmbH, in Boll. Trib. On-line; per un commento e una compiuta ricostruzione della fattispecie si rinvia a V. BALDI, Il legame societario determina la daziabilità delle royalties, in Corr. trib., 2017, 2579 ss.
(24) Cfr. Comm. trib. prov. di Como, sez. III, 9 marzo 2015, n. 103; e Comm. trib. prov. di Como, sez. IV, 18 giugno 2014, n. 300; entrambe in Boll. Trib. On-line.
(25) Come già accennato in nota 10, il Regolamento CEE n. 2913/1992 è stato sostituito, a far data dal 1° maggio 2016, dal Regolamento delegato n. 952/2013, nonché dal Regolamento n. 2446/2015 della Commissione del 28 luglio 2015 (c.d. RD), che integra il Regolamento n. 952/2013 in relazione al¬le modalità che specificano alcune disposizioni del Codice doganale dell’Unione, e dal Regolamento esecutivo n. 2447/2015, salvo che per le disposizioni contenute nell’art. 288, comma primo, del CDU, le quali trovano applicazione già a decorrere dal 30 ottobre 2013; sull’argomento cfr. M. SCUFFI – G. ALBENZIO – M. MICCINESI, Diritto doganale, delle accise e dei tributi ambientali, Milano, 2014; e F. CERIONI, Entrato in vigore il codice doganale dell’Unione europea, in Corr. trib., 2013, 3648 ss.
(26) Secondo quanto precisato dal Commentario 25.1 del 2011 della World Customs Organization (WCO), tale condizione si darebbe per avverata qualora nell’accordo di licenza o dal contratto di vendita o documenti correlati si possa trovare un riferimento, ad esempio, all’obbligo del pagamento delle royalties o la risoluzione del contratto nel caso di mancato pagamento di questi ultimi, o ancora nell’ipotesi in cui siano riservati in capo al licenziante specifici poteri che, di fatto, attribuiscano a quest’ultimo il controllo della produzione.
(27) Cfr. Comm. trib. reg. Lombardia, sez. XXXV, 4 febbraio 2016, n. 658, in Boll. Trib. On-line: secondo il Collegio la necessità che, per la rettifica del valore in dogana, il pagamento delle royalties costituisca una «condizione di vendita», determina la conseguenza che «i pagamenti effettuati dal compratore come corrispettivo dei diritti di licenza nella fase di rivendita delle merci successiva alla loro importazione nel territorio comunitario non costituiscono, di per sé, conditio sine qua non alla quale occorre fare riferimento per la rettifica del valore in dogana».
(28) Di tale avviso, recentemente, Corte Giust. UE causa C-173/15 del 2017, cit., al punto 60 della motivazione; il Collegio richiama ampiamente le conclusioni dell’Avvocato Generale (Mengozzi) il quale, a sua volta, si riporta al punto 1 del commento n. 11 del Comitato del Codice doganale.
(29) Così il Commento n. 3 della raccolta dei testi del Comitato del Codice doganale; cfr. M. FABIO, Manuale di diritto e pratica doganale, Milano, 2016, 213.
(30) Cfr. Corte Giust. UE causa C-173/15 del 2017, cit., nella parte in cui afferma, al punto 68 della motivazione, che «il fatto che una persona legata al venditore non sia qualificata come “terzo” … non consente di concludere che il pagamento di corrispettivi o dei diritti di licenza non costituisca una “condizione di vendita” delle merci da valutare».
(31) Cfr. V. BALDI, op. cit., 2582.
(32) Comm. trib. reg. della Lombardia n. 658/2016, cit., menziona a titolo esemplificativo: «l’imposizione del produttore o del venditore in esclusiva da parte dell’acquirente … un contratto diretto tra licenziante e venditore … un controllo di fatto sulla produzione, sulla logistica o sulla consegna delle merci».
(33) Così il Comitato tecnico WCO sul valore doganale, Case study 11.1 e Explanatory note 15.4, come riportato da S. ARMELLA, Diritto doganale dell’Unione europea, Milano, 2017, 258.
(34) Diversamente, a favore di questa ricostruzione, si è espressa Comm. trib. prov. di La Spezia, sez. II, 29 maggio 2015, n. 613, in Boll. Trib. On-line; per un commento si veda F. CERIONI, L’esclusione delle “royalties” dal valore in dogana tra strategie aziendali elusive e incertezze dei giudici tributari, in Corr. trib., 2015, 2349 ss.
(35) Quest’ultimo infatti, sempre secondo Comm. trib. reg. della Lombardia n. 658/2016, cit., sarebbe finalizzato alla protezione dell’immagine del licenziante nei confronti dei consumatori finali, e non anche alla tutela dello specifico interesse patrimoniale del licenziante al pagamento delle royalties secondo il principio dell’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c.
(36) Perciò, ad esempio, non sarà da rettificare in aumento includendovi le royalties il valore delle merci importate in cui il venditore abbia ricevuto dal committente l’ordine di realizzare dei prodotti le cui caratteristiche siano già nella disponibilità del committente stesso in esecuzione di specifici accordi tra l’acquirente e il titolare del marchio. Per completezza riportiamo il citato art. 136, par. 4, del RE: «4. I corrispettivi e i diritti di licenza sono considerati pagati come condizione della vendita delle merci importate quando è soddisfatta una delle seguenti condizioni: a) il venditore o una persona ad esso collegata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento; b) il pagamento da parte dell’acquirente è effettuato per soddisfare un obbligo del venditore, conformemente agli obblighi contrattuali; c) le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza a un licenziante».
(37) È appena il caso di precisare che l’aumento del valore in dogana a seguito dell’inclusione dei diritti di licenza comporta non solo il ricalcolo dei dazi, ma anche la rettifica in aumento dell’IVA, atteso che la base imponibile dell’IVA all’importazione si determina, ai sensi dell’art. 69 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, tenendo conto delle disposizioni in materia doganale.

IVA – Comunità europea – IVA all’importazione – Valore in dogana delle merci importate – Inclusione delle royalties o dei diritti di licenza – Condizioni.

IVA – Importazioni – Valore in dogana delle merci importate – Inclusione delle royalties o dei diritti di licenza – Condizioni.

Imposte e tasse – Sanzioni – Atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni – Definizione agevolata a norma dell’art. 17 del D.Lgs. n. 472/1997 – Irrogazione di ulteriori sanzioni – Illegittimità.

L’art. 160 delle Disposizioni di Applicazione del Codice doganale comunitario, di cui al Regolamento CEE n. 2454/1993 della Commissione del 2 luglio 1993 (c.d. DAC), riferen¬dosi espressamente all’ipotesi in cui il pagamento del corrispettivo e del diritto di licenza non sia dovuto al venditore bensì ad un terzo, titolare dei diritti sul bene, prevede che «le condizioni previste dall’art. 157, para¬grafo 2, si considerano soddisfatte solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento» uniformando in tal modo alla disciplina propria della fattispecie definita “ordinaria” la peculiare fattispecie in cui il titolare dei diritti sul bene non sia il venditore ma un terzo, ipotesi in cui l’importo del corrispettivo e del diritto di licenza va incluso nel valore in dogana dei beni sottoposti a valutazione solo se è lo stesso venditore o persona ad esso legata ad indicare all’acquirente la necessità di effettuare il pagamento a terza persona, ciò evidente¬mente in virtù degli accordi intercorsi con il titolare dei diritti sul bene che ha consentito la produzione o commercializzazione del prodotto, di talché nel caso in cui al fabbricante/venditore sia del tutto indifferente il fatto che venga pagato un corrispettivo o un diritto di licenza, in quanto egli ha ricevuto dal committente un ordine di realizzare prodotti le cui caratteristiche erano già nella disponibilità del committente stesso in virtù di pregressi accordi tra l’ordinante/acquirente e il titolare del diritto sul bene, ovvero il bene oggetto della importazione sia il frutto della mera esecuzione di un ordine di realizzare pro-dotti conformi a modelli forniti dallo stesso commit¬tente a sua volta autorizzato dal titolare del diritto, non sussistono le condizioni richieste dalla normativa comunitaria per computare nel valore in dogana delle merci importate l’importo dei diritti di licenza, con la conseguenza che l’importo dei diritti pagati a titolo di royalties non deve essere computato nel “valore in dogana” dei beni importati e che perciò i relativi atti impositivi e sanzionatori devono essere an¬nullati e deve essere restituito quanto eventualmente versato nelle more del giudizio.

In materia di violazioni tributarie, l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni è autonomo rispetto al procedimento di accertamento del tributo cui le medesime si riferiscono, con la conseguenza che qualora il trasgressore scelga di addivenire alla definizione agevolata di cui all’art. 17, secondo comma, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, non è consentita l’irrogazione di ulteriori sanzioni, dovendosi ritenere definitivamente chiuso, a quel momento, il rapporto tra contribuente e fisco in ordine alle altre conseguenze sanzionatorie delle violazioni stesse già rilevate.

[Commissione trib. regionale della Lombardia, sez. VII (Pres. Punzo, rel. Gatti), 31 gennaio 2017, sent. n. 271]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Si tratta di due ricorsi, riuniti per ragioni di connessione, presentati da G.C., e dalla S. e E. Srl avverso un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane di Como in relazione ad una serie di operazioni di importazione del 2011, riguardanti i prodotti di cartoleria realizzati da H.K. e riproducenti loghi di noti marchi registrati, ed avviso di irrogazione sanzioni per le stesse bollette.
Le ricorrenti contestavano la motivazione degli avvisi ovvero la pretesa dell’ufficio doganale di sottoporre a dazio i corrispettivi dei diritti di licenza – royalties – che la C. si era impegnata a versare ai titolari dei marchi, vicenda negoziale cui, secondo la ricorrente, erano estranei i fornitori-produttori dei prodotti presentati in dogana. Chiedevano annullarsi anche le sanzioni.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Dogane di Como che contestava la fondatezza dei ricorsi alla luce delle disposizioni normative – interne e comunitarie – relative alla determinazione dei dazi doganali ed alle circolari applicative delle stesse norme.
La Commissione di primo grado riteneva di respingere i ricorsi ai sensi dell’art. 32, primo comma, lettera c), del Codice Doganale Comunitario poiché diritti di licenza dovuti dall’importatore, nella misura in cui non siano già compresi nel prezzo dei prodotti, soggiacciono ai dazi doganali qualora costituiscano una condizione di vendita delle merci. Riteneva che nel caso di specie il pagamento delle royalties fosse condizione per la vendita e pertanto respinti i motivi di ricorso nel merito, li rigettava.
Dichiarava inammissibili i ricorsi relativi alle sanzioni. Compensava le spese.
Presentano appello, per la parte della sentenza a loro sfavorevole, la C. Srl e la S.E. Srl le quali, in primo luogo, fanno presente che sono stati notificati oltre 60 avvisi di rettifica, ed i relativi atti di irrogazione sanzioni, tutti impugnati avanti la CTP. In primo grado gli esiti delle controversie sono stati sia di accoglimento totale, che parziale, che di rigetto delle impugnazioni. In Commissione Tributaria Regionale su due ricorsi la società ha visto accolto il proprio appello. Fanno anche presente che la stessa Commissione Tributaria Provinciale di Como, nel medesimo contesto in cui hai emesso la decisione qui impugnata ha messo altra decisione nella quale accoglieva le doglianze presentate con il ricorso.
La vertenza trae origine da un formale invito della Direzione Regionale della Lombardia, Agenzia delle Dogane, Ufficio di Como, che chiedeva specifica documentazione afferente a tutte le importazioni definitive effettuate dalla ricorrente ed eseguite nel periodo dal 1° luglio 2009 al 28 dicembre 2011. Con le bollette richieste la società G.C. Srl aveva importato da un Paese terzo prodotti sui quali all’atto della commercializzazione vengono corrisposti ai titolari del marchio licenziante delle royalties, calcolate in misura percentuale sulle vendite nette effettuate dalla ricorrente. I funzionari avevano ritenuto che il corrispettivo pagato al licenziante dovesse essere incluso nel valore delle merci dichiarato in dogana all’atto dell’importazione e pertanto da assoggettare a dazio e relativa Iva.
Le società appellanti, dopo aver chiarito gli estremi dei contratti stipulati con le licenzianti dei marchi, fanno presente che la misura delle royalties viene ragguagliata alle vendite effettuate. I contratti prevedono clausole diverse che riguardano la corretta distribuzione, la qualità dei beni prodotti, la scelta della linea di prodotti da commercializzare, ma non consentono al licenziante alcun controllo sulla scelta del produttore, né sul lavoro da questo effettuato.
La appellante C. aveva incaricato la controllata C.H.K. Limited di far produrre i beni, di cui ai contratti qui in esame, da società che operano sul mercato cinese e che vengono scelte dalla società H.K. in maniera autonoma con l’unico obbligo che rispettino, laddove venga richiesto, il protocollo chiamato “codice di condotta del fabbricante” per la tutela dei diritti del lavoratore. Le società licenzianti non hanno quindi in alcun modo un potere di costrizione ed orientamento sul produttore, né potrebbero impedire a quest’ultimo di vendere le merci al compratore-licenziatario-importatore nel caso che questo non pagasse le royalties.
Ricorda ancora che comunque le royalties vengono pagate alla licenziante sulla base del venduto e non dell’acquistato, e quindi non avrebbe potuto essere dichiarato all’atto dell’importazione un valore incerto sia nell’an che nel quantum.
Rileva ancora una violazione e falsa applicazione degli artt. 201 e 202 del c.d.c. relativamente alla responsabilità del rappresentante indiretto.
Chiedono la riforma della sentenza impugnata, con vittoria di spese e restituzione di quanto eventualmente versato nelle more del giudizio.
Si costituisce l’Agenzia delle Dogane la quale, presentando controdeduzioni, contesta le eccezioni sollevate dalla parte appellante e sostiene che la sentenza della CTP qui in esame sarebbe conforme allo spirito della normativa comunitaria in tema di importazioni.
Ritiene che la questione del calcolo delle royalties da effettuare sul venduto contrasti con il dato normativo e rifletta un aspetto meramente contabile. Ritiene che nel caso di specie le royalties siano una condizione di vendita delle merci. Ritiene di dover fare riferimento ad una decisione relativa alla questione qui dibattuta ed emessa da questa stessa sezione della CTR Lombardia che confermerebbe la sua tesi.
Chiede la conferma della sentenza impugnata con vittoria di spese.
Nelle more del giudizio il G.C. Srl in liquidazione è stato dichiarato fallito, con sentenza n. 123/2015 reg. fallimenti del Tribunale di Como.
Il 4 novembre 2016 è stata presentata costituzione in giudizio del Fallimento G.C. Srl giusta autorizzazione del Tribunale di Como, Sezione Fallimentare, del 10 ottobre 2016.

DIRITTO – MOTIVI DELLA DECISIONE – Questo Collegio, presa visione di quanto in atti depositato dalle parti, passa all’esame dei fatti di cui è causa.
In primo luogo deve essere confermata la decisione, nella parte relativa all’atto di irrogazione sanzioni poiché, come è ormai giurisprudenza consolidata, la definizione in via agevolata costituisce una facoltà concessa al contribuente per definire, con il versamento di una somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile come sanzione, l’aspetto sanzionatorio del rapporto tributario in contestazione, e con effetti, per un verso, preclusivi per l’Ufficio dell’irrogazione della pena nei limiti edittali, e dall’altra ostativi per il contribuente della ripetizione di quanto pagato. Il principio è stato ribadito ancora recentemente da Cass. del 30/12/2015 n. 26061 (1) che ha stabilito che “In materia di violazioni tributarie, l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni è autonomo rispetto al procedimento di accertamento del tributo cui le medesime si riferiscono, con la conseguenza che, qualora il trasgressore scelga di addivenire alla definizione agevolata di cui all’art. 17, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, non è consentita l’irrogazione di ulteriori sanzioni, dovendosi ritenere definitivamente chiuso, a quel momento, il rapporto tra contribuente e fisco in ordine alle altre conseguenze sanzionatorie delle violazioni stesse già rilevate”.
Va esaminato ora il punto della pretesa dell’Ufficio doganale di sottoporre a dazio i corrispettivi dei diritti di licenza – royalties – in relazione ad una serie di operazioni (sette) di importazione del 2011, riguardanti i prodotti di cartoleria realizzati da H.K. e riproducenti loghi di noti marchi registrati.
Ritiene la Commissione che occorra, preliminarmente, osservare come la disciplina delineata dalla normativa comunitaria abbia chiaramente riguardo alla fattispecie che si può definire “ordinaria” di importazione di beni acquistati da un soggetto comunitario da produttore extracomunitario generalmente titolare anche dei diritti di licenza inerenti le caratteristiche del bene. L’art. 29 del c.d.c. stabilisce che il valore di transazione è il prezzo effettivamente pagato o da pagare tenuto conto anche delle eventuali rettifiche effettuate ai sensi degli artt. 32 e 33 e l’art. 32 lett. c) prevede che al prezzo effettivamente pagato si debbano aggiungere i corrispettivi ed i diritti di licenza “relativi alla merce da valutare” che il compratore deve pagare “come condizione della vendita della merce da valutare” e ciò ove detti corrispettivi non siano già ricompresi nel prezzo. È anche bene ricordare, per chiarire quale sia la situazione presupposta dalla normativa in esame, che lo stesso art. 29 punto 3, a) recita testualmente “Il prezzo effettivamente pagato o da pagare è il pagamento totale effettuato o da effettuare da parte del compratore al venditore o a beneficio di quest’ultimo per le merci importate e comprende la totalità dei pagamenti eseguiti o da eseguire, come condizione della vendita delle merci importate, dal compratore al venditore, o dal compratore a una terza persona, per soddisfare un obbligo del venditore (omissis)”.
L’art. 157 n. 2 del d.a.c. precisa che l’aggiunta al prezzo effettivamente pagato o da pagare dell’importo relativo al corrispettivo e diritto di licenza deve avvenire solo se il pagamento stesso si riferisce alle merci oggetto di valutazione e costituisce una condizione di vendita delle merci in questione. Ne consegue che, ove nel prezzo dei beni pagato o da pagare dal compratore non fosse incluso il corrispettivo e i diritti di licenza questi debbono essere inclusi nel “valore in dogana” se l’importo versato o da versare a tale titolo si riferisce ai beni specificamente sottoposti a valutazione e se il venditore in assenza di tale ulteriore onere del compratore non avrebbe effettuato la vendita.
L’art. 160 del d.a.c. riferendosi espressamente all’ipotesi in cui il pagamento del corrispettivo e del diritto di licenza non sia dovuto al venditore ma bensì ad un terzo (evidentemente titolare dei diritti sul bene) prevede che “le condizioni previste dall’art. 157, paragrafo 2 si considerano soddisfatte solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento”. Questa disposizione non fa altro che uniformare alla disciplina propria della fattispecie definita “ordinaria” il caso particolare di cui sopra: poiché il titolare dei diritti sul bene non è il venditore (che, diversamente, come si è visto è legittimato ad imporre la condizione alla vendita) ma un terzo, l’importo del corrispettivo e del diritto di licenza va incluso nel valore in dogana dei beni sottoposti a valutazione solo se è lo stesso venditore o persona ad esso legata ad indicare all’acquirente la necessità di effettuare il pagamento a terza persona (ciò evidentemente in virtù degli accordi intercorsi con il titolare dei diritti sul bene che ha consentito la produzione o commercializzazione del prodotto). Quanto al riferimento alla “persona ad esso legata” è agevole osservare che deve trattarsi di soggetto avente un collegamento col venditore (nei termini indicati dallo stesso art. 143 del d.a.c.) che lo legittima ad esprimersi in termini vincolanti nel negozio giuridico in questione nei confronti del compratore.
Preme ribadire che l’ottica nella quale la disciplina sopra indicata è stata posta è quella propria di una situazione nella quale l’acquisto riguarda beni prodotti da un soggetto extracomunitario in virtù di diritti propri o acquisiti da terzo e quindi ceduti a soggetto comunitario. L’asse portante della disciplina, come è naturale, è costituito dal rapporto tra venditore ed acquirente con la variabile del caso in cui i diritti di licenza debbano essere pagati ad un terzo ma anche in questo caso è il venditore o persona a lui legata che può includere le clausole del pagamento dei diritti a terza persona.
Richiamato quanto già esposto in tema di diritti di licenza “relativi alla merce da valutare” che, il compratore, deve pagare “come condizione della vendita della merce da valutare” va esaminata nello specifico l’altra condizione posta dall’art. 160 del d.a.c. relativa ai legami fra licenziante e fornitore/produttore extracomunitario. Ora analizzando se, nel caso in esame, vi fosse un controllo effettivo dei licenzianti sui venditori non comunitari si rileva che dall’analisi dei contratti qui in discussione l’unico controllo comune in tutti è il controllo di qualità (tenuto anche conto di quanto disposto dal Commento 11 sul Valore nella C.E. – TAXUD n. 800/02).
Con i diversi accordi la C. ha avuto dalle licenzianti la disponibilità dei diversi marchi, da riprodurre sui propri prodotti. Si evince ancora, dagli stessi accordi, che i licenzianti non impongono i produttori terzi alla licenziataria, né ne indirizzano la scelta. Non impongono nemmeno l’utilizzo di determinati materiali o particolari componenti: la licenziataria resta libera di scegliere il produttore terzo senza alcun vincolo, se non quello, unico, più volte indicato della necessaria “qualità” della merce prodotta e commercializzata. È evidente che tale è il contenuto del controllo sulle merci prodotte, da non incidere minimamente sulla libertà di scelta del licenziatario nei confronti del produttore.
Prendendo in esame i singoli contratti è facile constatare che l’unico controllo che i licenzianti possono esercitare è quello del controllo della qualità della merce prodotta: i rapporti fra le parti implicano cioè solo un controllo di qualità dei prodotti e del rispetto da parte dei fabbricanti di determinate condizioni di lavoro e non certo un controllo gestionale delle società stesse. Addirittura, se si analizzano i contratti, si evince chiaramente che da un lato vi è il contratto di licenza, dall’altro un contratto con il produttore materiale del prodotto. Per quest’ultimo, quindi, il pagamento delle royalties non ha alcuna importanza, in quanto tale elemento non interseca il rapporto di produzione e pagamento della merce da lui prodotta. Ripetendo quanto già detto più sopra, l’asse portante della disciplina è costituito dal rapporto tra venditore ed acquirente, con la variabile del caso in cui i diritti di licenza debbano essere pagati ad un terzo, ma anche in questo caso è il venditore o persona a lui legata che può includere la clausola del pagamento dei diritti a terza persona. Vale a dire che nel caso in cui il diritto di licenza competa ad un terzo l’art. 160 del c.d.c. prevede che le condizioni previste dall’art. 157 paragrafo 2 dello stesso c.d.c. si considerano realizzate solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento. Appare del tutto evidente come in un caso quale quello di specie al fabbricante/venditore sia del tutto indifferente il fatto che venga pagato un corrispettivo o un diritto di licenza e ciò in quanto egli ha ricevuto dal committente un ordine di realizzare prodotti le cui caratteristiche erano già nella disponibilità del committente stesso e ciò in virtù di pregressi accordi tra l’ordinante/acquirente ed il titolare del diritto sul bene.
Vale la pena evidenziare che anche dalle norme contrattuali riportate dall’Ufficio nel suo atto di appello si evince che i rapporti di controllo legano unicamente il Licenziante al Licenziatario e non coinvolgono il terzo produttore: è infatti, per esempio, la Licenziataria che fornisce alla Licenziante un rapporto completo sulla produzione e tutti i controlli sulle idee creative e sui materiali, gli imballaggi e quant’altro si voglia richiamare. È la Licenziataria che è “direttamente responsabile e garante nei confronti della Licenziante del rispetto di quanto stabilito nel contratto di licenza”. È evidente pertanto che non vi è alcun rapporto tra la Licenziante ed il terzo produttore, i rapporti sono scissi: il terzo produttore risponderà alla Licenziataria mentre la Licenziataria risponderà alla Licenziante.
Tale essendo il quadro sintetico degli elementi di fatto propri del caso in esame si può osservare che lo stesso presenta caratteri che lo differenziano radicalmente rispetto a quello “tipico” desumibile dalla normativa sopra richiamata. Infatti il bene oggetto della importazione è il frutto di una mera esecuzione di un ordine di realizzare prodotti conformi a modelli forniti dallo stesso committente a sua volta autorizzato dal titolare del diritto.
Ritiene quindi la Commissione che, nel caso in esame, non sussistano le condizioni richieste dalla normativa comunitaria per computare nel valore in dogana delle merci importate l’importo dei diritti di licenza. La insussistenza delle condizioni di cui agli artt. all’artt. 160 e 157 n. 2 del d.a.c. implica che l’importo dei diritti pagati a titolo di royalties non doveva essere computato nel “valore in dogana” dei beni importati e che, conseguentemente, gli atti di accertamento impugnati debbono essere annullati e deve essere restituito quanto eventualmente versato nelle more del giudizio.
Restano assorbite tutte le altre eccezioni sollevate dalle appellanti.
Quanto alle spese del presente grado esse seguono la soccombenza e vengono liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila) oltre accessori di legge e

P.Q.M. – La Commissione accoglie l’appello e condanna l’Ufficio al pagamento delle spese del presente grado che liquida in complessivi € 2.000,00 oltre accessori di legge.

(1) In Boll. Trib. On-line.

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