21 Ottobre, 2015

 

 

 

SOMMARIO: Premessa – 1. Gli agenti dei calciatori: profilo fiscale generale e controversa identificazione della natura giuridica della prestazione svolta – 2. La natura giuridica della prestazione dell’agente sportivo secondo gli ordini professionali – 3. L’incerto futuro dell’agente sportivo – 4. La giurisprudenza relativa all’attività dell’agente – 5. Il controverso trattamento tributario dei compensi agli agenti, la prassi recente e la collocazione contabile dell’operazione di acquisto dell’atleta – 6. L’introduzione, nell’art. 51 del TUIR, del comma 4-bis – 7. Il problema della elusiva cessione dei diritti di immagine da parte degli atleti.

 

 

Premessa

Esiste – dietro il vero e proprio “terreno di gioco” delle società calcistiche – una serie di problematiche interpretative di carattere civilistico e fiscale che, sviluppandosi in un mondo oramai lontano dalla filosofia di De Coubertin, vanno a riflettersi su rilevanti interessi economici; oltre il pubblico erario, è conseguentemente coinvolta – in “partite” di concreta rilevanza giuridica – una larga platea di privati quali i calciatori, gli agenti di questi ultimi, le società di appartenenza, nonché avvocati e commercialisti.

1. Gli agenti dei calciatori: profilo fiscale generale e controversa identificazione della natura giuridica della prestazione svolta

Una delle figure che maggiormente sposta una serie di questioni, da un profilo eminentemente “sportivo” ad un piano prettamente economico (e da qui la prevalenza, nel presente scritto, di argomenti attinenti), è quella dell’agente del calciatore, talvolta identificata con quella del “procuratore sportivo” (1) (2).

L’esercizio di tale attività può assumere varie forme e, in via generale, i riflessi che ne conseguono sono diversi tra loro: se l’agente svolge la sua attività professionale direttamente, non per il tramite di società commerciali, è soggetto passivo IRPEF (art. 2 del TUIR), IRAP (se dotato di autonoma organizzazione: art. 2 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446) e, infine, è soggetto passivo IVA (artt. 4 e 5 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). Ai fini IRPEF, poi, occorre distinguere a seconda se l’attività è svolta sotto forma di impresa, di lavoro autonomo o lavoro dipendente, perché l’agente sportivo potrebbe, teoricamente, essere titolare, rispettivamente, di reddito d’impresa (art. 55 del TUIR), di lavoro autonomo (art. 54 del TUIR), o reddito di lavoro dipendente (art. 49 del TUIR). Invece, si riverberano sull’agente sportivo, che svolge la sua attività professionale per il tramite di una società commerciale, tutte le distinzioni e gli effetti di carattere fiscale che derivano dalla sua correlazione ad una società di persone o ad una società di capitali, restando comunque pacifico il fatto che, per “trasparenza”, sono assoggettati a imposizione anche i redditi prodotti dall’agente sportivo “associato” con altri agenti sportivi, per il tramite non di una società commerciale ma di un’associazione professionale, rilevandosi, nel primo caso, le modalità proprie del reddito d’impresa e, nel secondo, le disposizioni afferenti la determinazione del reddito di lavoro autonomo. Parallelamente, per le società commerciali viene seguito il criterio della tassazione per «competenza» mentre per l’associazione professionale di agenti sportivi vale il metodo della «cassa» (artt. 5, primo comma, e 54, del TUIR).

Certo è che l’individuazione di una corretta “identità fiscale” dell’agente dei calciatori è resa poco agevole dal fatto che è incerta la figura giuridica da attribuire a tale attività, tant’è che molteplici sono state le ipotesi avanzate, quali la mediazione, l’agenzia, la rappresentanza, il mandato e la prestazione d’opera intellettuale.

[-protetto-]

La dottrina maggioritaria ha preferito ricondurre la figura de qua nell’ambito delle prestazioni di opera professionale ex art. 2229 e segg. c.c., che hanno come presupposto l’avvenuto rilascio di un mandato senza rappresentanza (3) e come oggetto la fornitura di un’obbligazione di mezzi (4). Detta forma di mandato si può facilmente evincere, ad esempio, dal fatto che, allorquando si concludono le trattative tra l’agente e le società sportive, è l’atleta in persona a sottoscrivere il contratto di lavoro e non il suo agente.

È stata inoltre criticata la lettura (poi meglio descritta nel prosieguo del presente scritto) adottata dagli ordini professionali e incentrata sulla corrispondenza dell’attività di agente sportivo con quella afferente i contratti di mediazione ex art. 1754 c.c.; a conforto di tale pensiero, la “leva” argomentativa è stata apposta sul fatto che le disposizioni regolamentari fanno espresso divieto all’agente di rappresentare, a differenza della mediazione, gli interessi di entrambe le parti e impongono che il pagamento dei compensi spettanti all’agente avvenga in via esclusiva (in linea di principio e fatta salva la deroga esposta più avanti) da parte del solo soggetto che gli ha conferito l’incarico (5), mentre l’art. 1755 c.c. stabilisce che «Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento».

Tale orientamento poggia su forti argomentazioni; deve infatti tenersi presente che:

l’attività del mediatore incontra un elemento di assoluta «essenzialità» nella (funzionale) conclusione dell’affare, quale unico evento dal quale matura un corrispettivo;

il mediatore non può essere legato ad alcuna delle parti da alcun vincolo di collaborazione, dipendenza o rappresentanza, mentre l’agente di calciatori, per espressa disposizione della norma di diritto sportivo, opera nell’interesse esclusivo di una sola parte dei contraenti (calciatore o compagine sportiva).

Secondo i contributi intesi ad inquadrare l’agente di calciatori nell’attività di prestazione di opera intellettuale (art. 2230 c.c.), essa sarebbe riconoscibile – oltre che da altri aspetti – principalmente dalla necessità di conoscenza, attraverso una prestazione fondamentalmente personale e infungibile, delle normative federali e dei relativi aspetti tecnici da esse previsti in materia di tesseramenti, trasferimenti e cessioni di contratto dei calciatori, nonché dalla discrezionalità e dall’autonomia dell’agente dal proprio assistito nella scelta dei mezzi e dei modi più opportuni per lo svolgimento della propria attività, espletante un’obbligazione di mezzi (6) (7), ove solo elementi quali la perizia, la diligenza, la dedizione, la puntualità nell’espletamento dell’incarico, assurgono a requisiti capaci di graduare e verificare l’effettivo adempimento dello stesso.

In effetti, anche l’opinione che equipara il mandato dell’agente al contratto di «mandato con rappresentanza», trova un ostacolo nell’art. 95, ottavo comma, delle NOIF (Norme Organizzative Interne della FIGC), che esclude che l’agente sottoscriva il contratto di prestazione sportiva in nome e per conto del soggetto assistito: «L’accordo per il trasferimento o la cessione di contratto deve essere sottoscritto, a pena di nullità da coloro che possono impegnare validamente le società contraenti agli effetti sportivi e nei rapporti federali, nonchè dal calciatore e, se questi è minore di età, anche da chi esercita la potestà genitoriale».

Alla luce di tutto ciò, e rilevandosi anche come l’istituto della rappresentanza di diritto comune mal si presti a descrivere tutti i risvolti e i profili della figura dell’agente sportivo, sembra preferibile considerare il rapporto professionale svolto da quest’ultimo quale espressione di un «contratto atipico», non disciplinato dalle disposizioni codicistiche (8).

Non aiuta a risolvere i suindicati dubbi la circostanza che il legislatore, sancendo il principio di autonomia dell’ordinamento sportivo (9) rispetto a quello statale e, indicando quali sono le materie affidate alla sua giurisdizione esclusiva, elenca al contempo anche i soggetti che ad essa sono vincolati e deve annotarsi che, tra questi ultimi, non vi è menzione dell’agente sportivo.

Alla luce di quest’ulteriore considerazione, in dottrina tale soggetto è stato assimilato al c.d. «ausiliario sportivo» (10), tant’è che, in questo modo, dovrebbe essere considerato dotato di quella «soggettività riflessa» (11) dalla quale discenderebbe, all’interno dell’ordinamento sportivo, l’assoggettamento di tale professionista alla normativa impartita dalle varie federazioni sportive di riferimento, con effetti giuridici rilevanti sia sul piano teorico che sul piano pratico applicativo (12).

2. La natura giuridica della prestazione dell’agente sportivo secondo gli ordini professionali

Da notare che gli ordini professionali di avvocati e commercialisti, fornendo una propria interpretazione sulla natura del rapporto professionale de quo, escludono la possibilità dei loro iscritti di figurare, simultaneamente, nell’albo degli agenti sportivi.

È questo un punto sicuramente coinvolgente la platea professionale di lettori di questa Rivista e, pertanto, pare opportuno fornire qualche indicazione in merito a tale incompatibilità. Ad esempio, il Consiglio Nazionale dell’ODCEC del 13 marzo 2012 ha evidenziato:

a. che quella dell’agente di calciatori sarebbe un’attività sostanzialmente mediatoria, incompatibile con l’esercizio della professione per espressa previsione normativa;

b. che i caratteri dell’attività mediatoria sarebbero ravvisabili laddove essa: i) sarebbe volta alla messa in contatto finalizzata alla conclusione di un accordo di trasferimento di un calciatore; ii) avrebbe gli elementi del mandato con rappresentanza e del contratto di mediazione; iii) non si esaurirebbe nella «mera prestazione di consulenza giuridica, in quanto l’agente di calciatori si vincola all’interesse del cliente; iiii) può organizzare in modo imprenditoriale la propria attività nonché attribuire a società di capitali i diritti economici derivanti dalla propria attività» (13).

Non è stato da meno il Consiglio Nazionale Forense il qualeha osservato che, mentre il Regolamento Agenti attribuisce all’agente la facoltà di contattare, al fine di acquisirne l’incarico professionale, quei calciatori che non siano legati da mandato con altri agenti, il Codice Deontologico Forenseoppone un generale divieto di procacciamento della clientela (14).

Così il CNF impone ai propri affiliati la cancellazione dall’Albo degli avvocati a quel professionista che esercita l’attività di agente sportivo ma giova, a tal proposito, ricordare che il regolamento federale riconosce ai rappresentanti della classe forense la possibilità di svolgere – al pari dei prossimi congiunti dell’atleta – l’attività di agente dei calciatori, sebbene tale riconoscimento non attribuisca all’Avvocato lo status formale di «soggetto dell’Ordinamento Federale» né quella di «tesserato della FIGC» (status, peraltro, non attribuito neanche agli Agenti in senso proprio) (15).

Come dianzi accennato, le conclusioni, offerte dagli ordini professionali sulla natura della prestazione dell’agente, sono state criticate dalla dottrina; certo è che due figure, quella dell’agente e dell’avvocato, apparentemente funzionali ad un fattivo rapporto di collaborazione, ognuno in relazione alle proprie competenze professionali, sono passate – sul piano sostanziale – ad una posizione di concorrenza o, addirittura, di incompatibilità.

3. L’incerto futuro dell’agente sportivo

Va detto che neanche la posizione degli agenti dei calciatori, indipendentemente dall’iscrizione in altri albi professionali, è assolutamente tranquilla; ne è un esempio il fatto che, nella seduta del 21 marzo 2014 del Comitato Esecutivo Fifa, veniva nuovamente adombrata una questione “permanentemente aperta” quale quella dell’ipotesi di una deregulation consistente nell’abolizione degli albi ed esami riservati agli agenti dei calciatori, evento che darebbe così spazio ad una figura pressoché generalizzata di «intermediari» (16). Tale eventuale alternativa è stata talvolta comparata all’indirizzo dettato dalla giurisprudenza comunitaria che ha identificato l’attività dell’agente sportivo in quelle rientranti a pieno titolo nell’ambito di applicazione del diritto della concorrenza, con la conseguenza che le regole che ne disciplinano l’esercizio devono risultare compatibili con i principi antitrust. Questo è, infatti, il contenuto della sentenza del Tribunale di primo grado (17) in cui i giudici comunitari – rilevando (come accennato in precedenza) che «l’attività di agente di calciatori consiste … nel presentare dietro compenso e sulla base di regole fisse … un calciatore ad una società in vista di un impiego oppure … due società l’una all’altra in vista di concludere un contratto di trasferimento» – hanno indicato che gli agenti dei calciatori svolgono un’attività soltanto «periferica all’attività sportiva», qualificabile, pertanto, come «un’attività economica di prestazione di servizi e non un’attività peculiare al mondo dello sport» e come tale soggetta non solo alla disciplina civilistica dettata dall’ordinamento dello Stato di appartenenza per le prestazioni d’opera intellettuale, ma anche a quella comunitaria e nazionale in tema di concorrenza e di antitrust.

Come manifestato in dottrina (18), ciò equivale a dire che le peculiarità proprie del settore dello sport possono rilevare in tale ambito solo nella misura in cui l’attività degli agenti si presta ad interferire con principi e prassi prettamente sportive che, benché suscettibili di restringere la concorrenza, risultino necessarie a garantire il corretto ed equilibrato funzionamento delle competizioni sportive.

4. La giurisprudenza relativa all’attività dell’agente

In ordine alle appena prospettate osservazioni, appare opportuno riepilogare qualche spunto giurisprudenziale di maggiore interesse.

La giustizia amministrativa ha affermato che l’attività di agente sportivo è «inquadrabile nella prestazione d’opera professionale (art. 2229 c.c.), che ha come presupposto l’avvenuto rilascio di un mandato senza rappresentanza e come oggetto un’obbligazione di mezzi, e non di risultato» (19). Nel contesto argomentativo è stata richiamata la dianzi citata giurisprudenza comunitaria che, come già rappresentato, indicando come tale prestazione sia solo «periferica all’attività sportiva, e non peculiare al mondo dello sport», sembrerebbe implicitamente ricondurre alla «soggettività riflessa» dell’agente, adombrata dalla dottrina e recepita con esiti contrastanti nella passata giurisprudenza (20).

Su questo argomento, la Suprema Corte – da un lato – ha inquadrato il contratto di specie in un «contratto misto normativo» ove la disciplina del diritto comune deve intendersi integrata dalla normativa regolamentare federale della FIGC (21) (22), mentre – dall’altro – definendo il procuratore sportivo un «mandatario senza rappresentanza», ha avuto modo di rimarcare come nel sistema dell’IVA, tal tipo di mandatario sia considerato «operatore in proprio» (in forza degli artt. 3, terzo comma, e 13, secondo comma, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972), tant’è che le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate autonomi presupposti per l’applicazione del tributo anche nei rapporti tra mandante e mandatario; per effetto di questa preliminare considerazione, i giudici di piazza Cavour hanno statuito che le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte dall’agente sportivo, rivestente la descritta qualità pur nell’interesse della controparte ma in nome proprio, concorrono a formare la base imponibile (23).

5. Il controverso trattamento tributario dei compensi agli agenti, la prassi recente e la collocazione contabile dell’operazione di acquisto dell’atleta

Ritornando su altri profili eminentemente fiscali, va detto che relativamente ai compensi corrisposti agli agenti sportivi da parte delle società di calcio, gli Uffici tributari hanno talvolta emesso avvisi di accertamento contenenti contestazioni:

sia in capo ai calciatori, relativamente all’omessa tassazione ad IRPEF di tali compensi, quali “fringe benefitsex art. 51 del TUIR, laddove le spettanze versate agli agenti dalla società sportiva – per lo svolgimento di attività intese riferibili nel solo interesse degli atleti – corrispondevano, ad avviso dell’accertatore, ad un vero e proprio emolumento (in natura), rilevante fiscalmente quale componente della “retribuzione” dei calciatori (24), come riprovato dalla rilevazione (nel corso delle verifiche fiscali) dell’esistenza del solo c.d. “modulo blu”, cioè, di quel contratto comprovante l’avvenuto affidamento dell’incarico all’agente da parte del calciatore (e non del c.d. “modulo rosso”, utilizzabile, invece, dalle società di calcio);

sia in capo alle società di calcio, relativamente all’omessa effettuazione delle ritenute d’acconto (25) applicabili su detti compensi in natura, nonché alla indebita deduzione (dei costi per compensi) ai fini dell’IRAP e all’indebita detrazione IVA dell’imposta addebitata dall’agente.

Più precisamente, l’impossibilità della detrazione appena accennata veniva giustificata dall’impositore a causa dell’assenza, in siffatte operazioni, del necessario requisito di «strumentalità», mentre gli oneri sostenuti dalla società calcistica, sulla base dei suddetti accordi contrattuali, costituendo fringe benefits – pur deducibili ai fini dell’imposta sui redditi – non potevano considerarsi tali ai fini IRAP, dovendo essere considerati «costo del lavoro» e non prestazione di servizi.

Per quel che riguarda una casistica normativa più recente, va rammentato che nella circolare 20 dicembre 2013, n. 37/E (26), è stata confermata l’applicabilità ai calciatori professionisti, in quanto lavoratori subordinati, dell’art. 51 del TUIR che considera redditi di lavoro dipendente «tutte le somme ed i valori (27) in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta anche sotto forma di erogazioni liberali in relazione al rapporto di lavoro».

Anticipatorio, rispetto a questi concetti, è stato il citato responso n. 1/2010 fornito dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, laddove tale Collegio ha rammentato che l’atleta dovrebbe farsi personalmente e direttamente carico dell’onere economico derivante dalle prestazioni di assistenza e consulenza rese a suo favore e dal procuratore designato, come di norma avviene in ogni fattispecie in cui un soggetto intende avvalersi a sua esclusiva tutela dell’opera e dell’attività di un esperto al quale, a tal fine, conferisce specifica procura; tale considerazione ha giudizialmente postulato l’affermazione che «l’intervento economico, non dovuto ma voluto, della società non può che configurarsi come un ulteriore vantaggio ed utilità economica attribuita al proprio lavoratore dipendente, oltre quelli previsti nel contratto di lavoro, e come tale rientrante nella previsione di cui all’art. 51 del D.P.R. n. 917/86».

L’intervento dell’Agenzia delle entrate ricade su casistiche pratiche complesse; ne è un esempio, l’art. 16, quarto comma, del Regolamento Agenti, il quale consente che, in sede di sottoscrizione del contratto tra società sportiva e calciatore assistito da agente, l’atleta possa (e qui la deroga, dianzi accennata, al generale obbligo di pagamento del compenso convenuto) «esprimere il suo consenso scritto, autorizzando la società di calcio a pagare direttamente l’agente per suo conto. Il pagamento effettuato a nome del calciatore deve riflettere le condizioni generali di pagamento concordate tra il calciatore e l’agente».

Il costo della cessione del contratto di prestazione calcistica – traducendosi nel diritto di utilizzazione della prestazione sportiva del calciatore – confluisce nell’attivo dello stato patrimoniale tra le altre immobilizzazioni immateriali, utilizzandosi – al fine della relativa iscrizione contabile – la denominazione “Diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori” (praticamente un’operazione contabile definita “intangibles” secondo il linguaggio dei principi contabili internazionali). Oltre a corrispondere ad un bene immateriale vero e proprio, esso deve considerarsi un bene strumentale, pertanto ammortizzabile ai sensi dell’art. 103, secondo comma, del TUIR, rientrando nel novero degli «altri diritti iscritti nell’attivo» e costituendo, nel contempo, una voce, dunque, del bilancio che genera ammortamenti e da cui emergono plusvalenze e minusvalenze al momento della cessione dell’atleta (28).

Anche le commissioni agli agenti – da inserirsi fra gli «onorari professionali sostenuti direttamente per portare l’attività alle relative condizioni di funzionamento» (Ias 38, paragrafo 28) quale esempio di costo direttamente imputabile all’attività immateriale – vengono considerate parte integrante del costo d’acquisto dei calciatori e deve concordarsi con l’interpretazione secondo cui la capitalizzazione delle commissioni è corretta anche all’atto del prolungamento del contratto, questo in virtù del fatto che – in tal momento – la provvigione rappresenta un costo, successivo all’acquisto dell’attività immateriale, ma utile alla sua “manutenzione” (29).

6. L’introduzione, nell’art. 51 del TUIR, del comma 4-bis

Nella legge di stabilità per il 2014 è stato inserito un comma all’art. 51 del TUIR, precisamente il comma 4-bis, il quale dispone che, ai fini della determinazione dei valori del reddito da lavoro dipendente «per gli atleti professionisti si considera altresì il costo dell’attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche nell’ambito delle trattative aventi ad oggetto le prestazioni sportive degli atleti professionisti medesimi, nella misura del 15 per cento, al netto delle somme versate dall’atleta professionista ai propri agenti per l’attività di assistenza nelle medesime trattative». Conseguentemente, viene a palesarsi un regolamento normativo di favore, tenuto presente che l’integrazione voluta con la legge di stabilità ha creato una precisa distinzione con il trattamento riservato a qualsiasi altro lavoratore subordinato, a riguardo dei fringe benefits riconosciuti dal datore di lavoro. Ben vero, quanto corrisposto dalle società all’agente dell’atleta professionista va a comporre il reddito imponibile di quest’ultimo solo nella misura del 15%, mentre l’indetraibilità dell’IVA – da parte della società – resta “limitata” entro la medesima soglia del 15%; tale imposta, sempre per effetto del nuovo assetto normativo, non è considerata quale componente negativa in ordine alla determinazione del reddito d’impresa ai fini IRES e del valore della produzione netta imponibile IRAP sempre nella misura dell’indicato limite percentuale.

7. Il problema della elusiva cessione dei diritti di immagine da parte degli atleti

Un altro aspetto peculiare del mondo calcistico è la “partita” che il fisco gioca contro atleti e società quando quest’ultima – al fine di eludere la tassazione dei redditi da lavoro dipendente, ai fini delle imposte dirette – acquista da una società con sede in Paese “black-list” il diritto di immagine, a quest’ultima ceduto (a cifre irrisorie) dal calciatore ingaggiato dalla società sportiva. Si tratta in pratica di una triangolazione (ben lontana da quella cara alle cronache calcistiche) incentrata su una fittizia operazione per ricevere una parte della retribuzione che sfugge ad una più rilevante tassazione in quanto, ai fini dell’IVA, la prestazione sportiva sarà soggetta ad IVA intracomunitaria, mentre ai fini delle imposte sui redditi e IRAP i costi sostenuti dalla società calcistica italiana per ottenere i diritti di immagine potranno essere interamente dedotti in Italia, senza peraltro pagamento di oneri contributivi e assistenziali nonché della ritenuta fiscale, atteso che l’esborso appare posto nei confronti del diritto allo sfruttamento dell’immagine e non della prestazione sportiva. Poca cosa è poi la “sopportazione fiscale” della società cedente che, proprio perché ubicata nel Paese black-list a fiscalità privilegiata, deve affrontare aliquote poco impegnative dal punto di vista economico.

La fattispecie della cessione del diritto di immagine, del resto, non è poi nuova nel panorama degli accertamenti fiscali a società di calcio e atleti: molti, a tal proposito, ricorderanno il “caso Maradona” che grande eco ha avuto sulla stampa nazionale e internazionale. Certo è che questo ultimo fenomeno elusivo ha assunto proporzioni ragguardevoli e una riprova è fornita dalle disposizioni del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, c.d. “Visco-Bersani”), che, mirando a contrastare l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del calcio professionistico, ha imposto la messa a disposizione degli organi di controllo dei dati indispensabili alla verifica delle posizioni degli atleti tesserati (incluse quelle attinenti le sponsorizzazioni) e delle società sportive, relativamente alle somme percepite per i diritti di sfruttamento dell’immagine (30).

Avv. Antonino Russo

(1) L’agente sportivo ha assunto un ruolo fondamentale dopo l’abolizione del vincolo sportivo “a vita” (operata con la legge 23 marzo 1981, n. 91, in favore del vincolo contrattuale a tempo determinato) e le indicazioni della giurisprudenza comunitaria (in particolare alla famosa sentenza «Bosman», cfr. Corte Giust. CE 15 dicembre 1995, causa C-415/93, in Boll. Trib. On-line), esse affermanti – in ragione del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea in materia di libera circolazione dei lavoratori – l’illegittimità delle norme federali che prevedevano, in caso di trasferimento di un calciatore da una società ad un’altra, il pagamento della cosiddetta «indennità di formazione e promozione» alla scadenza del contratto.

(2) La giurisprudenza comunitaria ha evidenziato l’inutilità della qualifica che una federazione si da unilateralmente a scapito dell’approfondimento concreto caso per caso della natura, professionistica dilettantistica, dell’attività svolta dall’atleta; cfr. sul punto E. Crocetti Bernardi, Rapporto di lavoro nel diritto sportivo, digesto, disciplina privatistica, sez. comm., Torino, 2003; Corte Giust. CE 11 aprile 2000, cause riunite C-51/96 e C-191/97; e Trib. Verona, sez. I, 25 luglio 2002, ord. n. 831; entrambe in Boll. Trib. On-line.

(3) In effetti, all’agente sportivo è conferito il «potere gestorio» senza alcuna attribuzione del potere rappresentativo.

(4) Come ricordato da E. Mattesi, Il trattamento tributario delle prestazioni rese dagli agenti dei calciatori professionisti, in il fisco, 2012, 6673, si sono manifestati conformi a tale interpretazione alcuni orientamenti della giurisprudenza: sul punto cfr. TAR Lazio, sez. III, 11 novembre 2010, n. 33424, in Merito extra, n. 2013.464.1; e Trib. Bologna, sez. II, 7 luglio 2011, in Boll. Trib. On-line, oltre che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella sua indagine conoscitiva IC 27, chiusasi con provvedimento Agcm 21 dicembre 2006, n. 16280.

(5) Per un ampio approfondimento sul tema, cfr. D. Marini, La qualificazione fiscale dei compensi corrisposti ai procuratori sportivi da parte delle società di calcio, in Boll. Trib., 2011, 905.

(6) Così sostanzialmente E. Lubrano, Il regolamento FIGC per agenti di calciatori (2010), in P. Amato – M. Colucci (a cura di), L’agente sportivo – Analisi giuridica e prospettive di riforma, Sports law and policy centre, 2011.

(7) In effetti, le norme regolamentari che stabiliscono il calcolo del compenso dell’agente in misura percentuale sul corrispettivo lordo annuo contrattualmente dovuto al calciatore – che, astrattamente, potrebbero pure ricondurre alla «obbligazione di risultato» – appaiono come una tariffa premiale minima sul contratto concluso che non esclude la prevalenza dell’obbligazione di mezzi, insita nella prestazione.

(8) Cfr. F.M. Miccichè – T. Sarno, Profili di diritto penale, in P. Amato – M. Colucci (a cura di), L’agente sportivo – Analisi giuridica e prospettive di riforma, op. cit.

(9) Cfr. D.L. 19 agosto 2003, n. 220, Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280.

(10) M. Sannino, Diritto sportivo, Padova, 2002, 64-70.

(11) Ved. M. Di Francesco, Il ruolo dell’agente di calciatori tra ordinamento sportivo e ordinamento statale, Bari, 2007.

(12) Rammentano questa osservazione F.M. Miccichè – T. Sarno, op. cit.

(13) Critico L. Quarta, Gli agenti di calciatori possono appartenere agli ordini professionali?, in www.quotidianogiuridico.it, che, proprio in ordine al problema della «imprenditorialità» dell’agente quale carattere incompatibile con la professione di dottore commercialista, ha rammentato che l’art. 4, comma 2, del vigente Regolamento Agenti, impone una serie di condizioni ineludibili, che in gran parte ricalcano in modo simmetrico e speculare quelli fissati dall’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, in materia di società tra professionisti, quali: (a) un oggetto sociale esclusivo; (b) la possibilità, in capo ai soci non professionisti/non agenti di detenere solo quote di minoranza; (c) lo svolgimento delle attività professionali solo da parte dei soci professionisti/agenti; (d) la preclusione a detenere quote di altre società professionali/di agenti; (e) la soggezione per i soci professionisti/agenti agli rispettivi obblighi deontologici.

(14) In passato regolato dall’art. 19 di tale codice e, dopo l’approvazione avvenuta il 31 gennaio 2014, dall’art. 37 dello stesso.

(15) La sua estraneità all’ordinamento federale preclude all’avvocato-agente, che non vede onorati i pretesi compensi, di rivolgersi agli organi di giustizia federale (oggi il TNAS – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport del CONI) dovendo egli invece adire il giudice ordinario; per converso, lo stesso professionista mai potrà subire le sanzioni disciplinari previste dalla normativa federale.

(16) A riguardo ved. S. Sica, Bosco: “No tassativo alla deregulation Agenti Fifa”, in www.tuttomercatoweb.com, 30 marzo 2014.

(17) Cfr. Tribunale di primo grado 26 gennaio 2005, causa T-193/02, Piau, in Boll. Trib. On-line.

(18) Ved. P.G. Traversa, Ordinamento sportivo e contratto «immeritevole» di tutela, in Contratti, 2007, 1, 31.

(19) Cfr. TAR Lazio, sez. III, 11 novembre 2010, n. 33428, in Merito extra, n. 2013.467.1.

(20) Su posizioni opposte si collocano, tra loro, TAR Toscana, sez. I, 13 maggio 1999, n. 293, in Foro amm., 2000, 999; e TAR Lazio, sez. III, n. 3965/1999, in www.giustizia-amministrativa.it, ottobre 2010.

(21) Cfr. Cass., sez. III, 20 settembre 2012, n. 15934, in Giur. it., 2013, 1671.

(22) In funzione di tale disciplina integrata, che considera la ragione dell’affare, come la vera causa illecita sottostante, la Suprema Corte ha affermato l’invalidità del contratto de quo ex art. 1322, secondo comma, c.c., per ragioni di ordine pubblico sportivo, secondo una lettura costituzionalmente orientata dall’art. 2 Cost. Nell’occasione, la Corte ha rappresentato un importante principio, afferente il contraente che presenta la duplice veste di avvocato e di procuratore sportivo, affermando che quando questi finisce con lo squilibrare il sinallagma negoziale vincolando il calciatore con clausole e con una penale rilevante difformi dal modello proprio di un disciplinare federale, non può reclamare tutela in relazione al contratto di mandato professionale, posto per l’appunto in frode alle regole dell’ordinamento sportivo.

(23) Cfr. Cass., sez. trib., 18 dicembre 2013, n. 28285, in Boll. Trib. On-line.

(24) La Comm. trib. prov. di Roma 13 maggio 2010, n. 252, inedita, ha indicato la non imponibilità ai fini IRPEF dei compensi spettanti al procuratore di calcio in corrispondenza di prestazioni di servizi dirette a tutelare esclusivamente l’immagine della società di calcio, e non anche la posizione personale del calciatore; a conclusioni analoghe è giunta la Comm. trib. prov. di Milano 13 dicembre 2011, n. 389, inedita, rilevandosi, nel caso da essa affrontato, l’assenza di prove documentali da cui potesse desumersi la resa delle prestazioni dell’agente nell’esclusivo interesse dello stesso calciatore; i responsi di cui alla presente nota sono richiamati da E. Mattesi, Il trattamento tributario delle prestazioni rese dagli agenti dei calciatori professionisti, cit., 6673.

(25) Favorevoli all’Amministrazione finanziaria, relativamente a tal recupero a tassazione, Comm. trib. prov. di Roma, sez. I, 18 gennaio 2010, n. 1; e Comm. trib. prov. di Rimini 23 ottobre 2009, n. 175; entrambe in Boll. Trib. On-line.

(26) In Boll. Trib., 2014, 115; la suddetta circolare ha tenuto conto dell’esame di alcune questioni fiscali emerse nel corso del Tavolo tecnico tra la stessa Agenzia ed i rappresentanti della FIGC e delle Leghe Nazionali Professionistiche.

(27) Tra questi anche la circolare de qua ha inteso ricomprendere espressamente il vitto e l’alloggio del calciatore a carico della società, ad eccezione del fatto che tali spese si riferiscano ad attività del calciatore stesso svolte fuori dalla sede lavorativa indicata nel contratto di lavoro (ritiri pre-campionato e ritiri-partita).

(28) Su questo punto ved. D. Marini,

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La qualificazione fiscale dei compensi corrisposti ai procuratori sportivi da parte delle società di calcio, cit., 906.

(29) I paragrafi 68 e 18 del principio contabile 38 dispongono, infatti, che: «Le spese sostenute per un elemento immateriale devono essere rilevate come costo nell’esercizio in cui sono state sostenute a meno che: a) siano parte del costo di un’attività immateriale che soddisfa le condizioni previste per la rilevazione in bilancio (cfr. par. da 18 a 67) … La rilevazione di un elemento come attività immateriale richiede che l’entità dimostri che detto elemento soddisfi: a) la definizione di attività immateriale (cfr. par. da 8 a 17); e b) i criteri di rilevazione (cfr. par. da 21 a 23). Questa disposizione si applica ai costi sostenuti inizialmente per acquistare o generare internamente un’attività immateriale e a quelli sostenuti successivamente per aggiungere, sostituire una parte ovvero effettuare la manutenzione».

(30) L’Agenzia delle entrate e la Federazione italiana giuoco calcio hanno riconfermato quanto già disposto nel protocollo d’intesa per lo scambio di informazioni sull’equilibrio finanziario delle società sportive al fine di consentire, all’Agenzia, di ricevere tutti i dati utili alle attività di controllo delle società calcistiche sul rispetto degli obblighi fiscali e contributivi e, alla Federcalcio, di procedere alla regolare composizione dei campionati professionistici per la stagione sportiva 2014/2015.