23 Marzo, 2015

SOMMARIO: 1. Premessa 2. Gli aspetti giuridici; 2.1 Le obbligazioni come titoli di credito 3. L’emissione delle obbligazioni: iter procedurale 4. I limiti quantitativi alla emissione delle obbligazioni 5. Le obbligazioni partecipative e le obbligazioni subordinate nella disciplina novellata dal D.L. n. 83/2012 6. Assemblea degli obbligazionisti e gestione dei casi particolari 7. Disciplina fiscale delle obbligazioni.

1. Premessa

Storicamente, il sistema delle imprese italiano è stato caratterizzato dal ricorso in forma massiva al canale del credito bancario, mentre ben più ridotte sono state le forme di finanziamento diretto non bancario. Recenti interventi del legislatore – i c.d. “Decreti crescita”, D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134), e D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) – hanno introdotto nell’ordinamento varie modifiche toccando sia gli aspetti della regolamentazione che quelli della disciplina fiscale nell’intento di provare a rendere più efficiente per le imprese l’accesso al credito mediante l’emissione di prestiti obbligazionari.

2. Gli aspetti giuridici

2.1 Le obbligazioni come titoli di credito

Dal punto di vista giuridico, le obbligazioni sono titoli di credito che attribuiscono al legittimo titolare il diritto alla somma di denaro in essi indicata, oltre alla corresponsione di un interesse periodico determinato in rapporto alla stessa somma (1). Si tratta quindi di titoli di credito emessi in serie dalle società, nominativi o al portatore (2), contenenti l’obbligo di corrispondere al legittimo portatore del titolo la somma indicata oltre agli interessi. Sono strumenti di accesso al capitale di credito che si traducono, secondo la terminologia finanziaria, in operazioni di mutuo cartolarizzate e parcellizzate.

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Ai sensi dell’art. 2414 c.c., le obbligazioni devono necessariamente contenere:

a) la denominazione, l’oggetto e la sede della società, con l’indicazione dell’Ufficio del registro delle imprese presso il quale la società è iscritta;

b) il capitale sociale e le riserve esistenti al momento dell’emissione;

c) la data della deliberazione dell’assemblea che ha deciso sulla loro emissione e della sua iscrizione nel registro delle imprese;

d) l’ammontare complessivo dell’emissione, il valore nominale di ciascun titolo, i diritti con essi attribuiti, il rendimento o i criteri per la sua determinazione e il modo di pagamento e di rimborso, l’eventuale subordinazione dei diritti degli obbligazionisti a quelli di altri creditori della società;

e) le eventuali garanzie da cui sono assistite;

f) la data del rimborso del prestito e gli estremi dell’eventuale prospetto informativo.

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3. L’emissione delle obbligazioni: iter procedurale

Con riguardo all’emissione delle obbligazioni, si osserva un’attuazione piena del principio dell’autonomia statutaria, in quanto viene demandato allo statuto di stabilire se, quando, con quali modalità e con quali regole provvedere alla emissione del prestito obbligazionario. Per effetto degli interventi compiuti dal legislatore della Riforma societaria del 2004, la competenza all’emissione del prestito obbligazionario (non convertibile) è attribuita all’organo amministrativo (3), salvo che la legge o lo statuto non dispongano diversamente; tale previsione normativa va ovviamente nella direzione di rendere più snello l’iter di emissione delle obbligazioni, evitando di dover ogni volta passare per la deliberazione dell’assemblea dei soci (4). Lo statuto della società può demandare all’organo amministrativo anche l’emissione di obbligazioni convertibili; in questo caso, però, la delega dovrà contenere un ammontare massimo e un periodo non superiore a cinque anni dall’iscrizione della società nel registro delle imprese (5).

Il procedimento di emissione del prestito obbligazionario ha quindi inizio con la delibera dell’organo amministrativo (oppure, se lo prevede lo statuto, dell’assemblea dei soci). La deliberazione dovrà contenere le ragioni che hanno guidato all’emissione del prestito obbligazionario nonché il dettaglio della sua regolamentazione; in particolare, nella decisione di emissione del prestito si è soliti approvare anche un apposito regolamento del prestito obbligazionario contenente nel dettaglio tutte le caratteristiche e le sue regole di funzionamento. Alla deliberazione occorre allegare infine l’attestazione del collegio sindacale circa il rispetto del limite quantitativo di emissione (art. 2412, primo comma, c.c.) la quale potrebbe essere resa anche non contestualmente alla decisione di emissione (6).

Dal punto di vista formale, la deliberazione deve risultare da un verbale redatto da un notaio, soggetto a deposito e iscrizione al registro delle imprese (7); il notaio che ha verbalizzato la deliberazione ne richiede quindi l’iscrizione nel registro delle imprese contestualmente al deposito, e allega le eventuali autorizzazioni richieste. All’atto dell’iscrizione, il registro delle imprese si limita a verificare la sola regolarità formale della delibera; il controllo di legittimità è invece affidato al notaio verbalizzante (8) (art. 2436 c.c. richiamato dall’art. 2410).

La deliberazione di emissione del prestito obbligazionario è quindi destinata a non produrre effetti se non dopo la sua iscrizione, a cui è pertanto subordinata l’emissione materiale dei titoli a cura degli amministratori della società.

Dopo la fase di emissione del prestito obbligazionario, segue la fase del collocamento con la ricerca dei sottoscrittori; il collocamento delle obbligazioni sul mercato può essere effettuato:

direttamente dalla stessa società emittente; oppure

nei casi più rilevanti, attraverso un gruppo di banche riunite in sindacato.

4. I limiti quantitativi alla emissione delle obbligazioni

La ratio dell’esistenza nell’ordinamento di un limite alla emissione di obbligazioni trova fondamento tecnico nella esigenza di prevedere una garanzia per il sottoscrittore obbligazionista riguardo all’adempimento da parte della società agli impegni di pagamento assunti con l’emissione dei titoli stessi; una garanzia che il legislatore della Riforma societaria del 2004 ha inteso sganciare dal mero capitale sociale, per ancorarla più propriamente alla nozione di “patrimonio netto” della società, ritenuta più adeguata in termini di rapporto fra le due grandi forme di finanziamento: il capitale di rischio, commisurato appunto al patrimonio netto, e il capitale di credito.

L’intervento del legislatore con il primo dei Decreti crescita (9) del 2012 ha avuto poi come obiettivo quello di agevolare l’accesso delle imprese al mercato del capitale di credito semplificando e ampliando le opportunità di raccolta di denaro anche mediante l’eliminazione dei limiti quantitativi, ma ciò solamente per l’emissione di obbligazioni destinate ad essere quotate e per quelle convertibili (i c.d. “mini bond”).

Al di fuori di questi casi, quindi, l’attuale testo dell’art. 2412 c.c. prevede che le obbligazioni possano essere emesse per un ammontare non superiore al doppio della somma del capitale sociale che, secondo la prevalente dottrina, va prudenzialmente assunto nella misura in cui esso risulta versato, aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato; nel caso in cui l’emissione del prestito obbligazionario avvenga nel primo esercizio di vita della società, è richiesto all’assemblea di approvare un bilancio straordinario (10).

Nel computo del limite massimo è richiesto che venga fatto concorrere anche l’ammontare delle garanzie prestate dalla società per le obbligazioni emesse da altre imprese; la norma (11) vuole chiaramente evitare che il limite di legge possa essere agevolmente eluso attraverso forme di veicolazione del prestito obbligazionario, in modo particolare coinvolgendo società estere emittenti in grado di fruire, nel loro Stato di residenza, di norme meno rigide e coinvolgendo poi la società italiana nel ruolo di garante del prestito.

Come già in parte anticipato, vi sono situazioni che consentono il superamento di questo limite quantitativo, e precisamente:

1. se le obbligazioni emesse in eccedenza sono sottoscritte da investitori professionali i quali, in caso di successiva circolazione, rispondono dell’eventuale insolvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano anch’essi investitori professionali. La ratio di questa disposizione risiede nel fatto che, evidentemente, il legislatore intende l’investitore qualificato in grado di tutelarsi da solo, per cui il collegamento al patrimonio dell’emittente assumerebbe in questo caso una scarsa rilevanza. La norma specifica che deve trattarsi di “investitori professionali” sottoposti a “vigilanza prudenziale”; perciò, in dottrina si è ritenuto che vi rientrino gli intermediari denominati “clienti professionali di diritto” secondo le indicazioni contenute nell’Allegato 3, par. 1, del Regolamento Consob del 29 ottobre 2007, n. 16190.

In caso di successiva circolazione dei titoli, come detto, i sottoscrittori “investitori professionali” rispondono della solvenza della società nei confronti dei successivi acquirenti, sempre che non siano anch’essi investitori professionali; si tratta di un’ulteriore obbligazione di garanzia, con riguardo alla quale non è tuttavia definita in modo chiaro quale sia la misura della sua entità, ovvero se essa si riferisca all’intero ammontare del prestito obbligazionario, oppure se sia limitata alla sola porzione del prestito che eccede l’ordinario limite patrimoniale;

2. se l’emissione di obbligazioni è garantita da ipoteca su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili stessi. Con la modifica normativa apportata dal legislatore della Riforma societaria è stato chiarito che deve essere garantita solo la parte di prestito eccedente rispetto all’ordinario limite patrimoniale; il che non è forse pienamente soddisfacente, per il fatto che se gli immobili sono di proprietà della società emittente essi concorrono già indirettamente alla formazione del patrimonio netto di riferimento che si pone come garanzia generica del prestito obbligazionario, per cui sarebbe stato forse più tutelante domandare che in caso di splafonamento la garanzia ipotecaria si estendesse all’intero ammontare del prestito. L’ipoteca viene iscritta a favore della massa degli obbligazionisti, solitamente con annotazione del nome del rappresentante comune degli stessi (12);

3. se le obbligazioni sono emesse da società quotate in mercati regolamentati, o in sistemi multilaterali di negoziazione, ovvero se sono obbligazioni che danno il diritto di sottoscrivere azioni. Con il D.L. n. 83/2012 si è esteso l’ambito applicativo della norma, prima limitato alle sole obbligazioni quotate in mercati regolamentati, includendovi anche le obbligazioni destinate ad essere quotate in sistemi multilaterali di negoziazione, oltre a quelle “convertibili” in azioni. La formula utilizzata dal legislatore laddove si riferisce ad obbligazioni “destinate ad essere” quotate, lascia intendere che l’ammissione a quotazione possa intervenire anche in un secondo momento rispetto alla delibera di emissione, poiché ciò che rileva è che la società si sia diligentemente adoperata per conseguire la quotazione (13).

Riguardo alla deroga in materia di obbligazioni convertibili, si è dell’avviso che ciò valga solo per le c.d. convertibili dirette, ossia per le obbligazioni che danno diritto a sottoscrivere azioni dell’emittente, e non anche per le c.d. convertibili indirette, ossia per quelle obbligazioni che danno diritto a sottoscrivere azioni di altra società;

4. se le emissioni sono autorizzate con provvedimento dell’Autorità governativa per particolari ragioni che interessano l’economia nazionale. Si tratta invero di una fattispecie di assai limitata applicazione pratico professionale.

5. Le obbligazioni partecipative e le obbligazioni subordinate nella disciplina novellata dal D.L. n. 83/2012

Con lo scopo di incentivare la raccolta del capitale, con il D.L. n. 83/2012 il legislatore ha regolato l’emissione di due particolari tipologie di obbligazioni.

La prima specie è rappresentata dalle obbligazioni con clausole partecipative, ovvero obbligazioni che collegano la loro remunerazione ai risultati dell’impresa (14).

Nella disciplina civilistica già l’art. 2411, secondo comma, c.c., ammette la possibilità di prevedere oggettivi parametri di indicizzazione del rendimento delle obbligazioni, ai quali è possibile collegare la determinazione e/o il pagamento degli interessi sui titoli obbligazionari. Ed è in questo ambito che è intervenuta la succitata disposizione introducendo un set di regole speciali riguardo al funzionamento delle clausole di partecipazione agli utili della società.

La dottrina si è interrogata se, alla luce delle novità normative del D.L. n. 83/2012, alle imprese non quotate sia consentito emettere obbligazioni partecipative solo in aderenza ai nuovi precetti normativi, ovvero se sia ancora possibile fare un generale riferimento ai canoni di cui all’art. 2411, secondo comma, c.c.; secondo Assonime (15), poiché l’obiettivo del Decreto crescita è solo quello di favorire il finanziamento delle imprese ampliando le opportunità già disponibili o introducendone di nuove, si dovrebbe concludere che alle imprese sia consentito emettere obbligazioni partecipative tanto in base alle generali disposizioni del codice civile, quanto a norma del D.L. n. 83/2012.

Dal punto di vista oggettivo, la possibilità regolata dal D.L. n. 83/2012 viene limitata ad obbligazioni e titoli similari con scadenza pari o superiore a 36 mesi, emessi da società che non emettono strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati su mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione, e che siano diverse da banche e microimprese (16).

La remunerazione di queste obbligazioni emesse ai sensi della disciplina di cui al D.L. n. 83/2012 viene scissa in due componenti:

una parte fissa, determinata in base ad un tasso di interesse non inferiore al tasso ufficiale di riferimento (17) vigente al momento della emissione del titolo;

una parte variabile, che può riguardare solo la remunerazione del titolo e non il diritto alla restituzione del capitale investito (18), commisurata appunto al risultato economico della società. La norma (19) stabilisce che la parte variabile deve essere proporzionale al rapporto fra il valore nominale delle obbligazioni partecipative e la somma del capitale sociale, aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili, risultanti dall’ultimo bilancio approvato, e del medesimo valore delle predette obbligazioni. La ratio di questo meccanismo sta nel fatto che si vuole fare in modo che la quota di remunerazione partecipativa del titolo obbligazionario venga collegata in modo proporzionale alla patrimonializzazione della società cosicché, in caso di aumento del patrimonio, essa si riduca e, viceversa, in caso di riduzione essa si accresca, così da creare una sorta di sistema di equalizzazione della remunerazione variabile rispetto all’andamento del rischio sotteso all’investimento.

La disciplina speciale (20) prevede poi che il pagamento della parte variabile avvenga annualmente entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio d’esercizio.

Le regole di determinazione della parte variabile (21) vengono stabilite al momento dell’emissione delle obbligazioni, e restano invariate per l’intera durata del prestito. Si tratta di regole che devono essere oggettive, e non condizionate dalle decisioni che di volta in volta l’assemblea dei soci potrà assumere riguardo alla destinazione degli utili d’esercizio.

La seconda specie è rappresentata dalle obbligazioni con clausole di subordinazione. Si tratta di fattispecie già conosciuta a norma dell’art. 2411, primo comma, c.c.; il vincolo di subordinazione può riguardare il rimborso del capitale e/o il pagamento degli interessi, sia in toto che per una parte, così come può essere esteso a tutti i creditori della società, o solo ad alcuni di essi, può essere anche collegato al verificarsi di determinati eventi futuri (ad esempio, perdite che innescano i meccanismi di cui all’art. 2446 c.c., il superamento di specifici convenants, ecc.). La clausola di subordinazione incontra comunque il limite di non potere postergare il credito degli obbligazionisti rispetto ai soci.

La disciplina introdotta con il D.L. n. 83/2012 specifica quale deve essere il contenuto della clausola di subordinazione, stabilendo peraltro che deve trattarsi di titoli con scadenza uguale o superiore a 36 mesi, e introducendo per le società – diverse dalle società azionarie – l’obbligo di pubblicazione del bilancio e dell’elenco soci di cui all’art. 2435 c.c. (22).

6. Assemblea degli obbligazionisti e gestione dei casi particolari

Una volta emesso il Prestito obbligazionario, all’insieme dei suoi Sottoscrittori la legge riserva una specifica organizzazione nell’ambito della quale giocano un ruolo rilevante due organi: l’assemblea degli obbligazionisti e il rappresentante comune degli obbligazionisti.

L’assemblea degli obbligazionisti è l’organo deputato delle competenze previste dall’art. 2415, primo comma, c.c., e precisamente:

la nomina e revoca del rappresentante comune;

le modificazioni delle condizioni del prestito;

le proposte di amministrazione controllata e di concordato;

la costituzione di un fondo spese per la tutela degli interessi comuni;

altri temi di interesse comune degli obbligazionisti.

Ad essa si applicano le disposizioni relative all’assemblea straordinaria dei soci. L’assemblea degli obbligazionisti si riunisce dietro convocazione degli amministratori della società o del rappresentante comune degli obbligazionisti, quando necessario o comunque quando ne fanno richiesta tanti obbligazionisti che rappresentano almeno 1/20 dei titoli emessi. Anche i soci, se obbligazionisti, hanno diritto di intervento e di voto nell’assemblea degli obbligazionisti, essendovi esclusa solo la società qualora essa possegga obbligazioni di propria emissione.

L’assemblea è quindi chiamata a nominare un rappresentante comune degli obbligazionisti e, in difetto, vi provvede il Tribunale su istanza di uno o più obbligazionisti o degli amministratori. Tuttavia, la nomina del rappresentante comune deve essere vista come un diritto e non come un obbligo, tanto che in assenza di istanza la mancata nomina del rappresentante comune degli obbligazionisti non comporta che all’assemblea sia fornita un’informativa non adeguata e quindi una tutela non sufficiente degli interessi degli obbligazionisti (23).

È interessante osservare che compete all’assemblea degli obbligazionisti anche la decisione in merito alla proroga del prestito obbligazionario, poiché trattasi di una modifica delle “condizioni del prestito” inclusa nell’elenco di cui all’art. 2415, primo comma, n. 2, c.c. Secondo la parte maggioritaria della dottrina, sarebbero modificabili tutte le condizioni del prestito, sia quelle accessorie che quelle sostanziali, purché le modifiche siano giustificate da una situazione oggettiva della società tale da farle ritenere necessarie a tutela degli obbligazionisti. Le modifiche delle condizioni del prestito devono essere approvate tanto dall’organo sociale competente, quanto dall’assemblea degli obbligazionisti; le modifiche saranno quindi efficaci dopo l’avvenuta iscrizione della delibera dell’organo sociale al registro delle imprese, mentre la delibera dell’assemblea degli obbligazionisti sarà immediatamente efficace, senza dover attendere la sua iscrizione (24).

L’art. 2415, terzo comma, c.c., stabilisce che le modifiche delle condizioni del prestito sono decise a maggioranza con il voto favorevole di obbligazionisti che rappresentino la metà delle obbligazioni emesse; i limiti delle decisioni assunte a maggioranza sono individuabili nell’“interesse comune”, nella “parità di trattamento” e nella non alterabilità delle “caratteristiche strutturali del rapporto”.

Non è agevole classificare la modifica della data di scadenza del prestito come una variazione strutturale oppure come una variazione accessoria; tuttavia, in giurisprudenza se ne è sovente ammessa la modifica a maggioranza (25) al pari delle variazioni accessorie. L’assunto di base è che l’assemblea non potrebbe modificare la natura economica sostanziale dell’operazione, mentre potrebbe legittimamente decidere della proroga del termine di rimborso. Delibere che attengono invece alla struttura economica sostanziale del prestito, e che necessiterebbero di decisioni all’unanimità, potrebbero essere a titolo esemplificativo l’inserimento di una clausola di postergazione, oppure di una clausola di indicizzazione del tasso, ecc.; anche la posticipazione della scadenza potrebbe diventare una sostanziale modifica strutturale quando, ad esempio, la nuova scadenza fosse estremamente differita tanto da snaturare il rapporto originario così da determinare una rilevante variazione del rischio economico sotteso all’investimento (26).

Infine, vi è da domandarsi che sorte abbia il prestito obbligazionario in caso di trasformazione della società in società per azioni emittente in una società a responsabilità limitata. L’orientamento prevalente in dottrina e in giurisprudenza è nel senso della intrasformabilità della società azionaria in pendenza del prestito obbligazionario, tanto che prima di deliberare la trasformazione in società non azionaria si dovrebbe provvedere al rimborso anticipato del prestito oppure, qualora ciò fosse consentito dalle norme sulla disciplina del credito, al mutamento del titolo in un mutuo ordinario. Il rimborso anticipato, secondo le argomentazioni sopra sviluppate, se proposto anche nell’interesse degli obbligazionisti, potrebbe quindi rientrare nelle decisioni inerenti le variazioni delle condizioni del prestito deliberabili con la maggioranza ex art. 2415, terzo comma, c.c., dall’assemblea degli obbligazionisti.

Si riscontra tuttavia autorevole dottrina di diversa opinione (27) secondo cui la trasformazione in società a responsabilità limitata sarebbe possibile ove lo statuto della trasformata prevedesse la possibilità di emettere titoli di debito e, alternativamente: – le obbligazioni siano destinate alla sottoscrizione di investitori professionali, con il consenso dei soci-obbligazionisti, oppure: – vi sia la garanzia fideiussoria sulla solvenza della società prestata da un soggetto avente le caratteristiche di cui all’art. 2483 c.c.

7. Disciplina fiscale delle obbligazioni

Il legislatore, al fine di rendere ancor più competitive tali forme di accesso al capitale a credito, con il D.L. n. 83/2012 ha ristrutturato gli aspetti fiscali delle obbligazioni rendendoli del tutto identici a quelli applicabili alle cambiali finanziarie, in modo da concedere alle imprese due alternative tra loro similari con conseguente neutralità, da un punto di vista fiscale, della scelta operata.

Nello specifico, l’intervento ha interessato, da un lato, la disciplina della deducibilità degli interessi passivi erogati e, dall’altro, l’applicazione della ritenuta alla fonte sugli stessi interessi.

Da ultimo è intervenuto anche il D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116 (28).

Andando con ordine, anteriormente all’intervento di cui al D.L. n. 83/2012, le obbligazioni erano poco appetibili in capo all’ente erogatore, poiché si rendeva applicabile, ai fini della deducibilità degli interessi passivi erogati, la disciplina prevista dall’art. 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che di fatto li rendeva difficilmente deducibili, con conseguente antieconomicità rispetto ad altri strumenti di finanziamento.

Infatti, l’art. 3 richiamato prevede che gli interessi passivi siano deducibili a condizione che il tasso di rendimento effettivo alla data di emissione sia inferiore rispettivamente a:

il doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni e i titoli similari negoziati nei Paesi comunitari e in quelli aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) no black list, o collocati mediante offerta al pubblico nel rispetto della disciplina applicabile al momento di emissione e

al tasso ufficiale di riferimento aumentato di 2/3, delle obbligazioni e titoli similari diversi da quelli sopra individuati.

L’attuale disciplina, delineata dal legislatore con il D.L. n. 83/2012, ha quale discrimine, ai fini della normativa applicabile, la quotazione o meno dei titoli di debito che, come precisato dall’Agenzia delle entrate (29), deve essere verificata al momento dell’emissione delle obbligazioni.

Nel caso di quotazione in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di Paesi dell’Unione europea o di Paesi aderenti allo SEE inclusi nella white list non si rende applicabile, a prescindere da qualsivoglia altra condizione, la disciplina “restrittiva” di cui all’art. 3, comma 115, della legge n. 549/1995, bensì le ordinarie regole di cui all’art. 96 del TUIR.

Nel caso in cui le obbligazioni non siano quotate, il legislatore prevede alcune condizioni quali esimenti dal regime di cui all’art. 3 e più precisamente:

1. i titoli devono essere posseduti da investitori qualificati che non detengono, anche per interposta persona o società fiduciaria, una partecipazione in misura superiore al 2% del capitale o del patrimonio dell’emittente (30). Ai fini del calcolo si considerano anche i familiari come definiti all’art. 5, quinto comma, del TUIR, e quindi il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado;

2. il beneficiario effettivo degli interessi erogati deve essere residente nel territorio dello Stato o, comunque, in Stati che consentano un adeguato scambio di informazioni (31).

Sempre l’Agenzia delle entrate, con la richiamata circolare n. 4/E/2013 ha precisato che in merito alla qualifica di socio, ai fini del calcolo, si deve avere riguardo non solo alle azioni ordinarie, ma anche a quelle speciali, quali quelle privilegiate, di godimento, senza diritto di voto, a condizione che in esse siano rinvenibili le caratteristiche necessarie per poterle definire quali partecipazioni sociali. Al contrario non rilevano, ai fini della determinazione della percentuale partecipativa, i titoli e gli strumenti finanziari assimilati alle azioni ex art. 44, secondo comma, del TUIR.

Dal momento che l’art. 32 del D.L. n. 83/2012 fa riferimento anche alle partecipazioni indirette, è di tutta evidenza come, nel calcolo, si dovrà tenere nella dovuta considerazione l’effetto demoltiplicativo della partecipazione.

Come argutamente evidenziato in dottrina, vi è una discrasia tra la disciplina prevista per l’emissione delle obbligazioni, che fa riferimento a “investitori professionali”, e quella fiscale che, al contrario, si riferisce agli “investitori qualificati” (32).

Passando ad analizzare le caratteristiche che deve avere il beneficiario effettivo, ci si limita a evidenziare come esso non debba essere un’interposta persona e che ai fini della sussistenza della residenza non è necessario che essa sia rinvenibile obbligatoriamente in un Paese della white list, essendo sufficiente un adeguato scambio di informazioni (33).

Per quanto attiene la disciplina applicabile in capo agli investitori, l’art. 32, nono comma, del D.L. n. 83/2012, ha esteso l’ambito di applicazione del regime applicabile ai “grandi emittenti” (banche e società quotate) di cui al D.Lgs. 1° aprile 1996, n. 239, e consistente nell’applicazione di un’imposta sostitutiva nella misura del 20%, in luogo della ritenuta, sempre nella misura del 20%, di cui all’art. 26, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche alle società quotate e a quelle non quotate, purché in questo caso le obbligazioni o titoli similari siano negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione (34).

Schematizzando, avremo che l’imposta a titolo sostitutivo del 20% si rende applicabile a:

a) obbligazioni e titoli similari emessi da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo SEE inclusi nella white list;

b) obbligazioni e titoli similari emessi da enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizioni di legge;

c) obbligazioni e titoli similari negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo SEE inclusi nella white list emesse da soggetti diversi da quelli di cui al punto a).

Non resta che analizzare la disciplina fiscale prevista in capo agli emittenti delle obbligazioni partecipative subordinate.

Con il comma 24 dell’art. 32 del D.L. n. 83/2012 si deroga alla previsione generale di cui all’art. 109, nono comma, del TUIR, ai sensi del quale sono indeducibili le remunerazioni dei titoli emessi per la quota che comporta in via diretta o indiretta la partecipazione ai risultati economici dell’ente emittente o, comunque, di altri soggetti facenti parte del gruppo, prevedendo che «la componente variabile del corrispettivo costituisce oggetto di specifico accantonamento per onere nel conto dei profitti e delle perdite della società emittente, rappresenta un costo e, ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi, è computata in diminuzione del reddito dell’esercizio di competenza, a condizione che il corrispettivo non sia costituito esclusivamente da tale componente variabile».

In altri termini è ammessa la deduzione, in capo all’emittente, della remunerazione delle obbligazioni che è direttamente collegata ai risultati dell’emittente stesso.

Come affermato dall’Agenzia delle entrate, di fatto il legislatore deroga anche alla disciplina di cui all’art. 107, quarto comma, del TUIR, che non ammette in deduzione accantonamenti diversi da quelli previsti dal TUIR stesso.

Uno degli aspetti da analizzare che la più volte citata circolare n. 4/E/2013 non ha fatto è quello relativo al corretto trattamento da riservare alla quota variabile della remunerazione delle obbligazioni; in particolare, come affermato da Assonime (35) se essa rientri nel limite del 30% del ROL di cui all’art. 96 del TUIR.

L’Associazione sposa la tesi negativista, supportata sia dal dato letterale stesso della norma, sia dai profili giuridici e logico sistematici.

Dott. Fabio Landuzzi – Dott. Luigi Scappini

(1) Cfr. F.G. Panté G. Quatraro, Azioni, obbligazioni ed altri strumenti finanziari partecipativi, in www.sistemieditoriali.it.

(2) I titoli di credito contenenti l’obbligazione in parola possono essere emessi al portatore, nei casi stabiliti dalla legge (art. 2004 c.c.). In tal caso, il trasferimento avviene con la consegna del titolo e il possessore è legittimato all’esercizio dei diritti in base alla presentazione del titolo stesso (art. 2003 c.c.).

(3) Art. 2410 c.c.

(4) In questo senso, la scelta del legislatore è stata di adozione della linea di indirizzo dettata dalla delega per la Riforma societaria al cui art. 4 si era indicato con favore l’intento di attribuire all’organo amministrativo le decisioni inerenti «le modifiche statutarie attinenti alla gestione della società che non incidono sulle posizioni soggettive dei soci».

(5) Art. 2420-ter c.c.

(6) In questo senso, la Massima H.K.4 del Comitato interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie.

(7) Artt. 2410, secondo comma, e 2436, c.c.

(8) Di opinione diversa, secondo cui al notaio non compete un controllo di legittimità, il Comitato interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie nella Massima H.K.2.

(9) D.L. n. 83/2012 e D.L. n. 179/2012.

(10) Massima H.K.1 del Comitato interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie.

(11) Si tratta del quarto comma dell’art. 2412 c.c.

(12) Secondo la Massima H.K.12 del Comitato interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie la delibera di emissione che prevede la costituzione di garanzie deve contenere anche l’indicazione del notaio incaricato di compiere le formalità necessarie per la costituzione delle garanzie stesse.

(13) Cfr. circ. Assonime 16 dicembre 2013, n. 39.

(14) Art. 32, commi 19-25, del D.L. n. 83/2012.

(15) Ved. circ. Assonime n. 39/2013, cit.

(16) La nozione di “microimpresa” è quella contenuta nella Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003; per commenti ved. circ. Assonime 21 ottobre 2005, n. 58.

(17) Trattasi del tasso di interesse determinato dalla BCE constatabile sul sito web della stessa Banca.

(18) Art. 32, comma 23, del D.L. n. 83/2012.

(19) Art. 32, comma 21, del D.L. n. 83/2012.

(20) Art. 32, comma 21, del D.L. n. 83/2012.

(21) Ai sensi dell’art. 32, comma 25, del D.L. n. 83/2012, la parte variabile della remunerazione non è soggetta alle regole in materia di legge antiusura 7 marzo 1996, n. 108.

(22) Cfr. circ. Assonime n. 39/2013, cit., che osserva che tale norma sembra trovare significato con riguardo alle società a responsabilità limitata, e quindi ai titoli di debito con clausola di subordinazione, per le quali infatti non vige l’obbligo di deposito dell’elenco soci unitamente al bilancio d’esercizio.

(23) Cfr.Trib. Mantova 15 novembre 2010, in Le società, n. 2/2011, con nota di A. Stabilini, La nomina del rappresentante comune non è indispensabile per il funzionamento dell’assemblea degli obbligazionisti.

(24) Massima H.K.7 del Comitato interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie.

(25) Cfr. Trib. Monza 13 giugno 1997, in Le società, 1998, 175; e Corte Appello Milano 17 novembre 1998, ivi, 1999, 194.

(26) In questo senso F. Cesaris L. Plattner, La proroga del prestito obbligazionario tra rischio economico e autonomia negoziale, in Bilancio e reddito d’impresa, n. 4/2011.

(27) Osservatorio sul diritto societario del Consiglio notarile dei distretti riuniti di Firenze, Pistoia e Prato.

(28) L’art. 21 ha esteso la non applicazione della ritenuta nella misura del 26% agli interessi derivanti dalle obbligazioni emesse da società non quotate e non negoziate nei mercati regolamentati nel caso in cui essi siano percepiti da soggetti residenti in Paesi esteri white list, a condizione però che alcuni titoli obbligazionari siano detenuti da uno o più investitori qualificati.

(29) Cfr. circ. 6 marzo 2013, n. 4/E, in Boll. Trib., 2013, 362.

(30) Ai fini della qualifica di investitori qualificati, per effetto del rimando di cui all’art. 100 del TUF (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), si deve aver riguardo a quelli definiti nel regolamento CONSOB 29 ottobre 2007, n. 16190.

(31) Dal momento che compete alla società emittente la verifica della sussistenza di detti requisiti, l’Agenzia delle entrate consiglia di prevedere tale restrizione nello stesso documento di offerta. In senso conforme ved. D. Pini, Prestiti obbligazionari: le modifiche recate al trattamento fiscale, in Riv. operazioni straordinarie, 2013, 42.

(32) Cfr. G. Carpenzano M. Ragusa, Gli strumenti finanziari di debito: obbligazioni e titoli similari, cambiali finanziarie e project bond, in G. Corasaniti (a cura di), Gli strumenti finanziari nella fiscalità d’impresa, Milano, 2013, 139. Gli autori consigliano, stante la discrasia di riferimento che non è solo lessicale ma anche sostanziale, di procedere all’emissione di obbligazioni nei confronti di investitori che rientrino nella qualifica sia di “professionali” che “qualificati”.

(33) In tal senso ved. circ. n. 4/E/2013, cit.

(34) Sul punto si precisa come, per effetto di quanto previsto dall’art. 3, settimo comma, del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89), l’aliquota è stata elevata nella misura del 26%, in luogo di quella del 20% con decorrenza 1° luglio 2014.

(35) Cfr. circ. Assonime n. 39/2013, cit.

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