14 Gennaio, 2016

 

 

 

La Corte di Cassazione blocca i pignoramenti dell’abitazione principale, anche se attivati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98), c.d. “decreto del fare”, con un’interpretazione formalmente condivisibile, a tutela del soggetto passivo, che pone fine ad una diatriba che aveva visto apparentemente contrapposti Equitalia da un lato e l’Amministrazione finanziaria dall’altro.

La pronuncia, di indubbio interesse, riguarda una platea estesa di debitori e richiede, quindi, una ricostruzione completa del quadro normativo di riferimento.

1. Le novità del 2013 in materia di espropriazioni immobiliari

Con l’art. 52 del citato D.L. n. 69/2013 si è provveduto alla riscrittura di diversi articoli del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, tra i quali, in materia di pignoramenti immobiliari, gli artt. 76 e 77. In particolare, con riferimento all’attività esecutiva, si è previsto che non si possa dare luogo al pignoramento dell’abitazione principale, in presenza delle seguenti condizioni: a) l’immobile è quello di residenza anagrafica del debitore; b) si tratta di un’abitazione non di lusso che costituisce l’unico immobile posseduto dal debitore; c) il bene ha destinazione catastale abitativa. Tanto, indipendentemente dall’ammontare iscritto a ruolo. Inoltre, per ciò che attiene al pignoramento immobiliare in generale, si è stabilito che ad esso possa procedersi se: a) l’importo a ruolo supera 120.000 euro; b) siano decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione di ipoteca.

In ogni caso, l’agente della riscossione è legittimato ad intervenire in procedure promosse da terzi, ai sensi dell’art. 499 c.p.c.

Le novità, quindi, sono improntate ad un evidente favor nei confronti del contribuente, se solo si pone mente al fatto che, durante la legislazione previgente, l’abitazione principale non godeva di franchigie di sorta e l’importo minimo per procedere ad esproprio era fissato in ventimila euro. In passato, inoltre, non vi era alcuna necessità che l’attività esecutiva fosse preceduta dall’apposizione del vincolo ipotecario.

Nessuna novità è stata invece introdotta in materia di iscrizione di ipoteca, di tal che il vincolo suddetto (1) continua a poter essere apposto, anche sull’abitazione principale, alla sola condizione che l’importo a ruolo sia almeno pari a ventimila euro (2).

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2. L’antefatto interpretativo

Sull’efficacia temporale delle innovazioni apportate in materia di espropriazioni immobiliari è da subito intervenuta Equitalia con la direttiva del 1° luglio 2013. In tale documento, la società pubblica di riscossione, con l’intento di farsi carico sino in fondo delle finalità di tutela del patrimonio del soggetto escusso espresse con le modifiche in esame, ha promosso la tesi secondo cui alla novella occorreva dare una interpretazione sostanzialmente retroattiva. Per effetto di tale lettura, quindi, in assenza delle nuove condizioni di legge, non si sarebbero potute proseguire le attività esecutive anche con riferimento a pignoramenti già notificati alla data di entrata in vigore del D.L. n. 69/2013 (22 giugno 2013). La soluzione interpretativa veniva comunque proposta in via temporanea, in attesa di non meglio precisati futuri chiarimenti. Nelle more di tali chiarimenti, le società del gruppo erano in ogni caso invitate a non proseguire le attività esecutive immobiliari in corso.

La situazione è rimasta, almeno ufficialmente, immutata sino alla risposta all’interrogazione parlamentare del 7 maggio 2014, fornita dal sottosegretario al Ministero dell’economia e delle finanze. In tale occasione si è precisato che, non essendo nel frattempo intervenuti gli auspicati chiarimenti legislativi e dovendo nel contempo escludere la portata retroattiva delle modifiche apportate dal suddetto D.L. n. 69/2013, le attività esecutive attivate con pignoramenti notificati ante 22 giugno 2013 sarebbero proseguite (3) nel rispetto della disciplina precedente.

3. L’arresto della Corte di Cassazione

Con l’annotata sentenza la Suprema Corte conferma in sostanza la fondatezza di quello che in origine era un mero auspicio di Equitalia, espresso peraltro senza particolari approfondimenti nella sopra citata nota del luglio 2013. Osserva sul punto la Corte come nella specie non si sia in presenza di un vero e proprio divieto di pignoramento, ma di condizioni procedurali all’attività di espropriazione immobiliare. A supporto di tale conclusione, oltre alla formulazione letterale della norma, i giudici di legittimità rilevano come all’agente della riscossione sia sempre consentita la facoltà di intervenire nelle procedure attivate da terzi, creditori di diritto comune.

In altri termini, ci si trova al cospetto di un assetto di disposizioni miranti a regolare l’attività esecutiva, in assenza delle quali la stessa non può essere né iniziata né proseguita. La natura procedimentale della novella comporta dunque l’applicazione dell’ordinario criterio di diritto a mente del quale essa esplica effetti nei confronti di tutte le procedure in corso alla data della sua entrata in vigore, per le quali dunque non sia ancora intervenuta la vendita all’incanto del bene pignorato. È interessante segnalare come la sentenza si sia conclusa con una dichiarazione di cessazione della materia del contendere, atteso che l’agente della riscossione investito della controversia aveva già provveduto sua sponte a cancellare il pignoramento già eseguito.

Considerato che si è in presenza di un decreto-legge regolarmente convertito, non è chiaro peraltro il motivo per cui la data di riferimento alla quale il procedimento doveva essere pendente è stata individuata in quella di entrata in vigore della legge di conversione (4), anziché in quella collegata al decreto-legge (5).

In conclusione, i pignoramenti dell’abitazione principale, per i quali siano rispettati i requisiti posti a tutela del debitore, devono essere cancellati, anche se promossi prima della novella sopra illustrata.

4. Possibili implicazioni ulteriori

Il responso della Suprema Corte si presta peraltro anche a ulteriori considerazioni.

I giudici di legittimità, vale ribadire, hanno ritenuto che il novellato art. 76 del D.P.R. n. 602/1973 non contenesse una prescrizione di impignorabilità dell’abitazione principale. Tale conclusione, nel ragionamento della Corte di Cassazione, risulta avvalorata dai seguenti argomenti: a) la lettera della norma (6), che si esprime in termini significativamente diversi rispetto alle disposizioni del codice di rito in materia di impignorabilità di determinati beni o diritti (7); b) la circostanza che all’agente della riscossione non sia preclusa la facoltà di intervenire in procedure promosse da terzi.

Si tratta di capire se i medesimi argomenti possano essere utilizzati in ordine alle nuove regole introdotte nei riguardi della generalità delle esecuzioni immobiliari esattoriali. Il riferimento è per l’appunto al limite maggiorato di 120.000 euro di importo iscritto a ruolo e alla condizione del “consolidamento” dell’ipoteca per almeno sei mesi. Sotto il profilo letterale, anche in questo caso il legislatore non utilizza termini che richiamano un vero e proprio divieto di pignoramento ma adotta locuzioni tipiche delle previsioni procedurali («l’agente della riscossione … può procedere all’espropriazione immobiliare se …»). Inoltre, resta sempre confermata la facoltà di intervento nei procedimenti immobiliari attivati da terzi. Sembra, quindi, che siano presenti le medesime premesse interpretative poste a fondamento della conclusione raggiunta dalla Suprema Corte in ordine all’immediata applicabilità delle nuove regole ai procedimenti in corso alla data del 21 agosto 2013. Ciò comporterebbe, pertanto, la cancellazione anche dei pignoramenti immobiliari relativi a beni diversi dall’abitazione principale qualora non fossero presenti una o entrambe le condizioni legislative, riferite al limite minimo di importo a ruolo e alla preventiva iscrizione ipotecaria di sei mesi.

Luigi Lovecchio

(1) La cui natura cautelare, e non esecutiva, è stata da ultimo acclarata da Cass., sez. un., 18 settembre 2014, nn. 19667 e 19668, in Boll. Trib., 2014, 1742, con nota di P. Accordino, Il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo nei procedimenti tributari concepito come un principio fondamentale dell’ordinamento la cui violazione determina la nullità dell’atto non preavvisato.

(2) E sempre che l’iscrizione ipotecaria sia stata preceduta dall’intimazione a pagare le somme dovute entro trenta giorni: cfr. Cass. nn. 19667 e 19668 del 2014, citt.

(3) E nei fatti erano già state riprese.

(4) Ossia il 21 agosto 2013, per la legge n. 98/2013.

(5) Ossia il 22 giugno 2013, per il D.L. n. 69/2013.

(6) «L’agente della riscossione non dà corso all’espropriazione».

(7) Artt. 514 ss. c.p.c.

 

 

Imposte e tasse – Riscossione coattiva – Espropriazione immobiliare – Pignoramento immobiliare e notificazione dell’avviso di vendita dell’unico immobile di proprietà del debitore adibito a sua abitazione principale – Art. 76 del D.P.R. n. 602/1973, come modificato dall’art. 52 del D.L. n. 69/2013 – Sopravvenuta improcedibilità dell’azione esecutiva – Consegue – Cancellazione della trascrizione del pignoramento – Va disposta.

Imposte e tasse – Riscossione coattiva – Espropriazione immobiliare – Unico immobile di proprietà del debitore adibito ad abitazione principale – Art. 76 del D.P.R. n. 602/1973, come modificato dall’art. 52 del D.L. n. 69/2013 – Sopravvenuta improcedibilità dell’azione esecutiva – Consegue – Cessazione della materia del contendere – Si verifica.

In tema di espropriazione immobiliare esattoriale, qualora sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell’avviso di vendita ai sensi dell’art. 78 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013 di entrata in vigore dell’art. 52, primo comma, lett. g), del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98), che ha sostituito il testo dell’art. 76, primo comma, del citato D.P.R. n. 602/1973, l’azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente della riscossione, se l’espropriazione ha ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore stesso, il quale ivi abbia la propria residenza anagrafica.

In caso di sopravvenuta improcedibilità dell’azione esecutiva avente ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore da parte dell’agente della riscossione ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come novellato dall’art. 52, primo comma, lett. g), del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98), l’improcedibilità del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere sull’opposizione all’esecuzione concernente la pignorabilità del bene, che determina anche la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione della sentenza che abbia deciso in merito.

 [Corte di Cassazione, sez. III (Pres. Salmè, rel. Barreca), 12 settembre 2014, sent. n. 19270, ric. Equitalia Esatri s.p.a.]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – 1. Con la decisione ora impugnata, pubblicata l’8 aprile 2008, il Tribunale di Milano ha accolto l’opposizione all’esecuzione immobiliare esattoriale proposta da G.N. nei confronti di ESATRI – Esazione Tributi s.p.a., avverso il pignoramento dell’usufrutto vitalizio di un appartamento in …, già casa coniugale; il diritto era stato costituito in suo favore con la sentenza del Tribunale di Milano che aveva dichiarato la cessazione degli effetti del matrimonio con il signor S.J., su domanda congiunta, con applicazione del rito camerale, ed alle condizioni concordate dai coniugi. Il Tribunale ha ritenuto che la costituzione dell’usufrutto fosse stata fatta quale corresponsione in unica soluzione dell’assegno di divorzio, ai sensi dell’art. 5, comma ottavo, della legge n. 898 del 1970, e che, avendo questo una funzione assistenziale, non potesse essere pignorato.

2. Avverso la sentenza Equitalia Esatri s.p.a. (già ESATRI – Esazione Tributi s.p.a.) ha proposto ricorso straordinario affidato a tre motivi.

G.N. si è difesa con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE – 1. Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. la parte ricorrente ha fatto presente che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha modificato l’art. 76 del D.P.R. n. 602 del 1973, ritenuto applicabile al caso di specie, Equitalia Esatri s.p.a. ha provveduto alla cancellazione del pignoramento per cui è causa ed ha chiesto la dichiarazione della cessazione della materia del contendere.

All’udienza del 13 maggio 2014 il difensore della stessa parte, alla presenza del difensore della parte resistente, ha prodotto visure dell’Agenzia delle Entrate relative alla richiesta di cancellazione del pignoramento sull’appartamento oggetto dell’espropriazione immobiliare esattoriale, alla quale è riferita l’opposizione all’esecuzione per cui è ricorso.

A sua volta, la parte resistente, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., ha richiamato la normativa sopravvenuta, che, a suo dire, comporterebbe l’impignorabilità da parte dell’agente della riscossione della casa di abitazione, quando sia l’unico immobile di proprietà del debitore, che vi risieda anagraficamente; ha convenuto sulla sussistenza dei requisiti per l’applicazione, nella specie, l’art. 76 del nuovo testo del D.P.R. n. 602 del 1973.

2. La situazione normativa e processuale sopra delineata comporta che si debba verificare l’assunto della ricorrente circa l’applicabilità dello ius superveniens sopra richiamato (cfr., da ultimo, Cass. n. 16642/12, sull’applicazione nel giudizio di legittimità dello ius superveniens che introduca una nuova disciplina del rapporto), in forza del quale la stessa ricorrente ha dedotto la sopravvenuta cessazione della materia del contendere avendo chiesto la cancellazione della trascrizione del pignoramento dell’usufrutto della casa di abitazione della resistente, ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973.

Il primo comma dell’art. 76 è stato sostituito dall’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, con la seguente previsione:

«1. Ferma la facoltà di intervento ai sensi del codice di procedura civile, l’agente della riscossione: a) non da corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente; b) nei casi diversi da quello di cui alla lettera a), può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila Euro. L’espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l’ipoteca di cui all’articolo 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto».

Il Collegio ritiene che la lettera

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a) della disposizione novellata non preveda un’ipotesi di impignorabilità.

Depone, in tale senso, in primo luogo, la lettera della legge, che, a differenza delle disposizioni, anche del codice di rito, con le quali si sia inteso sottrarre all’esecuzione determinati beni, non sancisce che l’unico immobile di proprietà del debitore adibito a sua abitazione sia “impignorabile” ovvero non assoggettabile ad espropriazione (cfr., tra gli altri, gli artt. 514 e 545 cod. proc. civ.). Essa, già dal punto di vista letterale, non appare rivolta a dettare una disciplina peculiare del bene, in sé considerato, ma piuttosto a regolare l’azione esecutiva dell’agente della riscossione.

Inoltre, è la stessa norma che consente all’agente della riscossione di intervenire nel processo esecutivo immobiliare, avente ad oggetto quel bene immobile, che altri creditori del debitore abbiano intrapreso ai sensi delle norme del codice di rito. La casa di abitazione del debitore, che costituisce l’unico immobile di sua proprietà, resta perciò pignorabile, alla stregua di tali norme. Essa continua a far parte dei beni che assicurano la garanzia patrimoniale dell’art. 2740 cod. civ. Peraltro, la previsione che, esercitata la facoltà di intervento, l’agente della riscossione possa partecipare alla distribuzione del ricavato porta ad escludere che sia venuta meno detta garanzia patrimoniale anche in riferimento ai crediti per i quali sarebbe stata consentita l’azione esecutiva esattoriale, se non vi fosse il limite normativo in oggetto.

2.1. Il testo del nuovo comma 1 dell’art. 76 corrobora la conclusione che non si tratti di un’ipotesi di impignorabilità, laddove, nella stessa lettera a), sancisce che l’agente della riscossione «non dà corso all’espropriazione ….».

L’espressione consente di argomentare nel senso che il legislatore voglia evitare il risultato tipico del processo esecutivo immobiliare, vale a dire la perdita, in capo al debitore esecutato, dell’unica casa di sua proprietà, nella quale abbia la residenza. Risulta perciò coerente l’uso di un’espressione, quale è quella di non «dare corso», che consente di comprendervi sia l’impedimento all’inizio del processo esecutivo che l’impedimento alla sua prosecuzione.

Questo risultato interpretativo appare altresì coerente con la ratio legis, evidentemente finalizzata, anche per quanto si evince dai lavori preparatori, a salvaguardare il diritto del debitore alla casa di abitazione.

2.2. L’interpretazione supportata dalla lettera e dalla ratio della legge, nonché riscontrata sistematicamente dal riconoscimento della facoltà di intervento dell’agente della riscossione nelle procedure esecutive ordinarie che abbiano ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore che sia adibito a sua casa di abitazione, è nel senso che l’art. 76, comma primo, nel testo novellato, preveda una condizione dell’azione esecutiva esattoriale, la cui mancanza ne impedisce l’inizio ovvero l’ulteriore «corso».

Dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un’ipotesi di impignorabilità «sopravvenuta» del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, ove il legislatore non abbia diversamente disposto, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 delle preleggi, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore ma anche i singoli atti, ad essa successivamente compiuti, di processi iniziati prima della sua entrata in vigore, quand’anche la nuova disciplina sia più rigorosa per le parti rispetto a quella vigente all’epoca di introduzione del giudizio (così Cass. n. 3688/11).

L’art. 76, comma primo, lett. a), del D.P.R. n. 602 del 1973, va quindi immediatamente applicato con riferimento agli atti da compiersi nei processi esecutivi pendenti per impulso dell’agente della riscossione. Ne segue che questo può proseguire i procedimenti esecutivi esattoriali già pendenti soltanto se detta condizione della sua azione esecutiva sia tuttora sussistente. In mancanza, dovranno trarsi le dovute conseguenze dalla sopravvenuta situazione di improcedibilità.

Va perciò affermato che, in tema di espropriazione immobiliare esattoriale, qualora sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell’avviso di vendita ai sensi dell’art. 78 del D.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, ed il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013 (di entrata in vigore dell’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ai sensi dell’art. 86 del decreto legge n. 69 del 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 Suppl. Ord. del 20 agosto 2013), l’azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente della riscossione, se l’espropriazione ha ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale ivi abbia la propria residenza anagrafica.

2.3. Nel caso di specie, peraltro, risulta che l’agente della riscossione ha già richiesto la cancellazione del pignoramento trascritto il 25 febbraio 2005 al n. 7198 reg. part. avente ad oggetto l’immobile per cui è causa.

È venuta perciò a cessare la materia del contendere del giudizio di opposizione, che era basato esclusivamente sull’impignorabilità dell’usufrutto costituito con accordi tra coniugi in sede di divorzio.

Al riguardo, va richiamato il principio per il quale, qualora siano state proposte opposizioni esecutive, l’estinzione del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo, rispetto alle opposizioni agli atti esecutivi ed alle opposizioni all’esecuzione che riguardano la pignorabilità dei beni (mentre rispetto alle opposizioni aventi per oggetto il diritto a procedere ad esecuzione forzata, in rapporto all’esistenza del titolo esecutivo o del credito, permane l’interesse alla decisione: cfr., tra le altre, Cass. n. 23084/05, nonché di recente Cass. n. 6546/11 e n. 4498/11). Il principio, espresso in riferimento all’estinzione tipica, bene può essere esteso all’estinzione c.d. atipica che si viene a determinare ogniqualvolta il processo esecutivo non possa proseguire per difetto di condizioni dell’azione o di presupposti processuali (Cass. n. 1353/12).

Va perciò affermato che in caso di sopravvenuta improcedibilità dell’azione esecutiva avente ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore da parte dell’agente della riscossione ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, come novellato dall’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 93, l’improcedibilità del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere sull’opposizione all’esecuzione concernente la pignorabilità del bene. La cessazione della materia del contendere sull’opposizione all’esecuzione determina la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione della sentenza che abbia deciso in merito e quindi l’inammissibilità del presente ricorso.

3. Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità, considerate la sopravvenienza delle nuove norme e la peculiarità delle questioni poste, nel merito, dal ricorso. Sono infatti tuttora controverse sia l’equiparazione degli accordi tra coniugi in sede di divorzio (ed in particolare, dell’accordo che si è avuto nel caso di specie, la cui interpretazione non è, in concreto, nient’affatto pacifica tra le parti) alle statuizioni giudiziali di cui all’art. 5 della legge n. 898 del 1970, sia l’equiparazione dell’erogazione periodica dell’assegno alla corresponsione una tantum (cfr., da un lato, Cass., sez. I, n. 13108/10 e n. 16744/11; dall’altro, Cass. sez. lav., n. 3635/12).

Parimenti controversa è la possibilità di riferire al diritto reale costituito in luogo dell’assegno di divorzio (ovvero allo stesso assegno di divorzio, periodico o corrisposto in denaro in unica soluzione) l’impignorabilità che l’art. 545 cod. proc. civ. prevede per i crediti di natura alimentare, attesa la non coincidenza, in termini assoluti, della funzione assistenziale, riconosciuta in via esclusiva all’assegno di divorzio, con quella alimentare che presuppone lo stato di bisogno dell’alimentando (che, invece, non è necessario per il riconoscimento dell’assegno al coniuge divorziato: cfr. Cass. n. 4021/06).

P.Q.M. – La Corte dichiara inammissibile il ricorso per carenza di interesse, essendo cessata la materia del contendere. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

 

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