SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Brevi note sulla disposizione normativa di riferimento – 3. Gli effetti fiscali in capo alla società assegnante e ai soci assegnatari – 4. Casi particolari di assegnazione.
1. Premessa
Riproponendo quanto già previsto da precedenti provvedimenti legislativi ( ), la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (di seguito “legge di Stabilità 2016”) ha introdotto un temporaneo regime di assegnazione ai soci avente ad oggetto alcuni beni societari e caratterizzato da un onere fiscale più contenuto rispetto a quello ordinariamente applicabile. Si sono ripresentate, dunque, le medesime difficoltà interpretative sorte in passato sulla corretta interpretazione della norma, con particolare riguardo, tra gli altri, ai criteri di determinazione degli effetti fiscali in capo ai soci assegnatari. Tuttavia, la recente circolare 1° giugno 2016, n. 26/E (2) si lascia apprezzare per aver preso posizione su alcuni aspetti della norma, dissipando tali dubbi e delineando, dunque, un contesto normativo più semplice da applicare.
La previsione di un regime di assegnazione agevolata ai soci di alcuni immobili e dei beni mobili iscritti in pubblici registri muove dalla circostanza che tali beni spesso non sono direttamente utilizzati dalla società bensì dai propri soci ovvero non sono affatto utilizzati. A ciò si aggiunga l’inasprimento che il regime fiscale degli immobili societari ha conosciuto negli ultimi anni, il quale ha reso antieconomica la presenza di tali beni all’interno del regime d’impresa (3). Conseguentemente, con il regime di assegnazione agevolata previsto dalla legge di Stabilità 2016, il legislatore ha voluto concedere un’opportunità temporanea per estromettere, a condizioni particolarmente favorevoli, dal regime di impresa alcuni immobili e i beni mobili iscritti in pubblici registri e assegnarli – ovvero cederli – ai soci (4). Il presente lavoro si propone, in primo luogo, di riportare in estrema sintesi le modifiche legislative manifestatesi nel corso dei passaggi parlamentari di approvazione della norma in commento e poi di descrivere sinteticamente gli effetti fiscali dell’assegnazione in capo all’assegnante e ai soci assegnatari, così come chiariti dalla recente circ. n. 26/E/2016.
Infine, saranno commentati alcuni requisiti del regime di assegnazione agevolata sui quali si è focalizzata l’attenzione dell’Agenzia delle entrate.
2. Brevi note sulla disposizione normativa di riferimento
Il regime di assegnazione agevolata previsto dall’art. 1, commi 115-120, della legge di Stabilità 2016, è stato inizialmente inserito nell’art. 9 del disegno di legge “AS 2111”, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. In particolare, il tenore letterale del citato art. 9, quarto comma – secondo il quale l’art. 47 del TUIR era disapplicato nei confronti dei soci assegnatari – aveva indotto una parte della dottrina a sollevare il dubbio che la disapplicazione integrale dell’art. 47 del TUIR non avrebbe generato utili in natura in capo ai soci, auspicando, pertanto, un chiarimento dell’Amministrazione finanziaria (5).
La disapplicazione dell’art. 47 del TUIR (art. 44, nella versione del TUIR antecedente alle modifiche di cui al D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344) prevista in passato è stata oggetto di due (differenti) chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria.
Con la prima (6) è stato sostenuto che la disapplicazione dell’art. 44 del TUIR prevista dall’art. 29 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 doveva riferirsi solo al terzo comma del citato art. 44 (recesso, esclusione e liquidazione) con l’effetto che le altre disposizioni del citato art. 44 continuavano ad applicarsi anche nelle ipotesi di assegnazione. Pertanto, seguendo l’interpretazione della circolare n. 112/E/1999, la distribuzione delle riserve di utili avrebbe avuto effetti in capo al socio assegnatario, e l’intero valore normale del bene avrebbe rappresentato un dividendo (7).
Tale interpretazione, tuttavia, è stata rivista dalla circolare 13 maggio 2002, n. 40/E (8) dell’Agenzia delle entrate. Secondo quest’ultima, infatti, l’imposta sostitutiva versata dalla società assegnante ha effetto liberatorio per il socio, ovviamente nei limiti del valore normale assoggettato a imposizione sostitutiva. L’eventuale eccedenza (del valore normale del bene assegnato sul valore normale del medesimo bene assoggettato a imposizione sostitutiva) rileva come dividendo ovvero riduzione del costo della partecipazione in base alla natura di riserva patrimoniale utilizzata dalla società assegnante. Pertanto, già nel 2002 non più era sostenibile che l’integrale disapplicazione dell’art. 44 (o dell’attuale art. 47) non avrebbe determinato effetti fiscali in capo al socio assegnatario, perché già da tale anno (rivedendo l’Agenzia delle entrate ciò che era stato detto nel 1999 dal Ministero) fu chiarito che gli effetti fiscali sono nulli in capo al socio assegnatario soltanto nei limiti del valore assoggettato a imposta sostitutiva.
Ciò premesso e tornando all’ultima versione del regime di assegnazione agevolata, nella versione definitiva di tale disposizione normativa la disapplicazione dell’art. 47 del TUIR non è più integrale ma limitata al secondo periodo del primo comma e ai commi dal quinto all’ottavo. Pertanto, essa continua a prevedere la disapplicazione del quinto comma, vale a dire della disposizione che disciplina le ipotesi che danno luogo alla distribuzione di utili o riserve di utili e quelle che, invece, determinano effetti sul costo della partecipazione detenuta nella società.
A tal proposito, infatti, vale la pena ricordare che nonostante le modifiche che hanno interessato la disciplina dell’utile da partecipazione (ex art. 44 del TUIR in vigore nel 2001), le disposizioni che disciplinano l’esistenza di utili o riserve di utili non si sono modificate. Infatti i commi 1, 2 e 3 del citato art. 44 prima del D.Lgs. n. 344/2003 sono stati trasposti nei commi 5, 6 e 7 dell’attuale art. 47 del TUIR: ne dovrebbe conseguire una sorta di indifferenza tra l’integrale disapplicazione del citato art. 47 e la relativa disapplicazione limitata ai commi 5, 6, 7 e 8.
Pertanto, anche nella sua versione definitiva, il tenore letterale della norma in commento continuerebbe ad alimentare dei dubbi interpretativi su come dovrebbero essere identificate le distribuzioni di utili o riserve di utili stante la disapplicazione del quinto comma dell’art. 47 del TUIR.
Poiché lo spirito dell’agevolazione secondo la circolare n. 40/E/2002 è quello di concentrare gli effetti fiscali dell’assegnazione in capo alla società assegnante facendo sì che, nei limiti del valore normale assoggettato a imposta sostitutiva, il socio non sia gravato da ulteriori oneri fiscali, allora parrebbe che tali difficoltà interpretative originino dall’essere la norma monca già nella prima versione del 1997 (cioè nell’art. 29 della legge n. 449/1997).
Dalla circolare n. 40/E/2002 in poi si è sempre sostenuto che la società paga con effetto liberatorio per i soci, cioè fino a concorrenza del valore normale assoggettato a imposta sostitutiva il bene assegnato al socio non fa scattare il citato art. 47 e, dunque, si esclude che possa esserci un effetto impositivo in capo a quest’ultimo indipendentemente dalla tipologia di riserva patrimoniale utilizzata. L’eventuale eccedenza, come si desume chiaramente sempre dalla citata circolare n. 40/E/2002, rende di nuovo applicabile l’art. 47 del TUIR, attribuendo rilevanza alla riserva di utili o di capitale che è stata utilizzata per comprendere se il socio assegnatario deve assoggettare a tassazione un dividendo ovvero una plusvalenza.
Se tale interpretazione è corretta (e deve esserlo perché è stata fatta propria dall’Agenzia delle entrate nella più volte citata circ. n. 40/E/2002) forse la disapplicazione dell’art. 44 del TUIR non è definitiva, poiché essa viene sostanzialmente meno quando il valore normale del bene assegnato eccede quello assoggettato a imposta sostitutiva. In altre parole, su tale eventuale eccedenza torna applicabile il regime ordinario di imposizione previsto dall’attuale art. 47 del TUIR.
Se tutto questo è vero, allora la versione definitiva della norma sull’assegnazione agevolata poteva prevedere, al comma 118 dell’art. 1 della legge n. 208/2015, che la disapplicazione dell’art. 47 fosse prevista limitatamente alla differenza di cui al comma 116, vale a dire alla differenza tra il valore normale/catastale del bene e il relativo costo fiscalmente riconosciuto. In tale modo sarebbe stata proprio la norma, per la prima volta, a stabilire che l’effetto fiscale in capo al socio è nullo (così come sostenuto dall’Agenzia delle entrate nella circ. n. 40/E/2002) nei limiti della citata differenza, superata la quale torna in vigore il regime ordinario (tutto l’art. 47 del TUIR).
Comunque sia, in seguito alla più volte citata circolare n. 26/E/2016 non c’è più spazio per tali dubbi, poiché l’Agenzia delle entrate ha ribadito (per la seconda volta, dopo la circ. n. 40/E/2002, rendendo superati i chiarimenti della circ. n. 112/E/1999) che l’assegnazione produce effetti fiscali anche in capo al socio assegnatario in tutte le ipotesi in cui il valore del bene attribuito allo stesso eccede il plusvalore del bene assoggettato a imposizione sostitutiva presso la società assegnante.
3. Gli effetti fiscali in capo alla società assegnante e ai soci assegnatari
Nella circolare n. 26/E/2016 l’Agenzia delle entrate ha, in primo luogo, ribadito il principio già espresso nella circolare n. 40/E/2002 secondo cui l’imposta sostitutiva versata dalla società ha effetto liberatorio nei confronti del socio assegnatario; in altre parole, per la quota del valore del bene assegnato al socio che ha già scontato l’imposta in capo alla società non sono dovute altre imposte da parte del socio (9).
Gli effetti fiscali in capo al socio, poi, dovranno essere determinati in funzione della natura delle riserve patrimoniali che la società avrà utilizzato per assegnare il bene, poiché in presenza di un bene assegnato avente un valore eccedente quello assoggettato a imposizione sostitutiva tale eccedenza rappresenterà un dividendo se saranno utilizzate riserve di utili, ovvero una riduzione di costo della partecipazione nel caso di riduzione di riserve di capitale.
Pertanto, dopo aver accertato che i beni di cui si vuole procedere all’assegnazione presentano i requisiti previsti dalla norma, la società ne determina il valore normale ai sensi dell’art. 9 del TUIR, lo confronta con il costo fiscalmente riconosciuto e il plusvalore che ne consegue è assoggettato ad aliquota pari all’8 per cento (10,5 per cento se la società è considerata non operativa).
Anche nella versione della norma approvata dalla legge di Stabilità 2016 è consentito determinare il valore del bene da assegnare ricorrendo alle tariffe catastali in luogo del valore normale di cui all’art. 9 del TUIR. In alternativa all’assegnazione, poi, la società può ricorrere anche alla cessione agevolata, applicando gli stessi criteri di determinazione del valore normale/catastale del bene.
Inoltre, per la determinazione degli effetti fiscali in capo al socio assegnatario si seguono le medesime regole già chiarite con la circolare n. 40/E/2002, poiché occorrerà in primo luogo identificare la tipologia di riserve utilizzate nell’assegnare il bene. Fatto ciò, si dovrà confrontare il valore del bene attribuito al socio assegnatario con il valore assoggettato a imposizione in capo alla società assegnante. Se il primo eccede sul secondo si produce il seguente effetto in capo al socio:
¬ se è distribuita riserva di capitale tale eccedenza va a ridurre il costo della partecipazione, se si determina un valore negativo si ha una plusvalenza in capo al socio,
¬ viceversa se sono ripartite riserve di utili allora non ci sono effetti sul costo della partecipazione, ma si determina un dividendo in capo al socio pari al valore del bene assegnato che eccede il valore tassato in capo alla società.
A tale riguardo nella circolare n. 26/E/2016 è stato previsto un chiarimento da accogliere con estremo favore e che riguarda il valore del bene che il socio assegnatario deve assumere nel determinare la propria posizione fiscale, se cioè deve applicarsi sempre il valore normale ovvero il valore utilizzato dalla società assegnante (10): l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il socio applica lo stesso criterio di valutazione (quello normale di cui all’art. 9 del TUIR ovvero quello catastale) adottato dalla società assegnante.
4. Casi particolari di assegnazione
Come ogni regime di imposizione anche la disciplina dell’assegnazione agevolata ai soci (art. 1, commi 115-120, della legge n. 208/2015) prevede un requisito soggettivo (tutti i soci devono essere iscritti nel libro soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015), uno oggettivo (beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione e beni mobili iscritti in registri pubblici) e, costituendo un regime opzionale, un ambito temporale entro il quale assegnare, o cedere, i beni agevolabili ai soci (30 settembre 2016) e un altro richiesto per il versamento delle imposte (il 60 per cento dell’imposta sostitutiva entro il 30 novembre 2016 e la restante parte entro il 30 giugno 2017).
Per tali requisiti, poi, non sono stati previsti ulteriori limitazioni dal legislatore. In particolare, nell’ambito del requisito oggettivo, non si richiede che i beni agevolabili siano stati acquisiti entro una certa data ovvero per effetto di particolari transazioni.
Pertanto, ne dovrebbe conseguire che i beni immobili aventi i requisiti per essere assegnati in modo agevolato ai soci dovrebbero comprendere anche quei beni di cui la potenziale società assegnante ha acquisito la titolarità giuridica in qualità di incorporante di una società fusa per incorporazione (ovvero di beneficiaria di una società oggetto di scissione).
Prima di intervenire sul punto con la circolare n. 26/E/2016 in commento, l’Amministrazione finanziaria si era espressa soltanto con la circolare n. 112/E/1999 (nulla fu detto nella successiva circolare n. 40/E/2002), e precisando unicamente la platea dei soci assegnatari nelle ipotesi di fusione/scissione. In particolare, l’allora Ministero delle finanze ebbe a chiarire che in ossequio al principio di continuità fiscale che assiste le operazioni di fusione e scissione la società incorporante risultante dalla fusione e le società beneficiarie delle scissioni possono procedere all’assegnazione dei beni, anche nei confronti dei soci delle società incorporate, fuse o scisse. Non fu chiarito, tuttavia, se i beni “assegnabili” potessero comprendere anche i beni rivenienti da un’operazione fiscalmente neutrale ovvero se questi ultimi dovessero essere esclusi dall’agevolazione.
Nella citata circolare n. 26/E/2016 l’Agenzia delle entrate, dopo aver ribadito che il requisito soggettivo è riscontrato anche presso i soci della società incorporata (purché già soci di quest’ultima al 30 settembre 2015), ha chiarito che «ai soci possono essere assegnati con la disciplina agevolata tutti i beni risultanti in capo alla nuova società (incorporante risultante dalla fusione o beneficiaria della scissione), sempreché gli stessi non rientrino tra quelli strumentali per destinazione». Pertanto, ora è chiaro che se dopo il 30 settembre 2015 una società che detiene uno o più beni agevolabili (beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione e beni mobili registrati) viene fusa per incorporazione o unione in un’altra società, la società incorporante o risultante dalla fusione potrà dar luogo all’assegnazione agevolata nei riguardi di tutti i propri soci (cioè sia di quelli che erano già soci della società assegnante sia di quelli che, nelle fusioni di società non interamente detenute dalla società incorporante, erano soci della società incorporata) che fossero già soci al 30 settembre 2015 e tale assegnazione potrà riguardare tutti i beni agevolabili presenti nel patrimonio della società assegnante alla data di assegnazione. Infine, la medesima Agenzia si cura di precisare che tale principio trova applicazione anche se, in luogo dell’assegnazione agevolata, la società ricorre alla cessione agevolata.
Con tale chiarimento, l’Agenzia delle entrate ha correttamente applicato il principio di continuità fiscale, confermandolo sul requisito soggettivo della platea dei soci assegnatari, ampliandolo sul piano dei requisiti oggettivi dei beni assegnabili/cedibili in modo agevolato, e, infine, scongiurando il rischio che i beni agevolabili esistenti presso la società giuridicamente non più esistente (perché oggetto di fusione per incorporazione ovvero di scissione totale) non potessero essere oggetto del regime opzionale in commento.
Come detto, ai beni immobili agevolabili (i.e. quelli diversi dai beni immobili strumentali per destinazione ai sensi dell’art. 43 del TUIR) non è richiesto che siano presenti già a una certa data nel patrimonio della società assegnante. Ne dovrebbe conseguire, pertanto, che i beni assegnabili possono essere acquisiti dalla società assegnante anche a una data immediatamente precedente a quella prevista per l’assegnazione (30 settembre 2016).
Se ciò è vero allora ne dovrebbe altresì discendere che detti beni possono essere acquisiti anche per effetto di un’operazione di assegnazione agevolata in cui la società che ne detiene la titolarità giuridica è stato socio assegnatario di una precedente assegnazione. Tale società, a sua volta, potrà procedere a un’ulteriore assegnazione agevolata sul medesimo bene, sempreché presso la stessa sia soddisfatto il requisito soggettivo richiesto (e cioè che i soci assegnatari erano già soci della seconda società assegnante al 30 settembre 2015).
Ad esempio ipotizzando che A controlla B che a sua volta controlla C, e quest’ultima è proprietaria di un immobile agevolabile, è necessario che i soci di B soddisfino il requisito soggettivo e che sia rispettato il requisito temporale del 30 settembre 2016 come termine entro il quale procedere alla (prima e alla) seconda assegnazione.
Infine, per stimare l’onere fiscale complessivo delle operazioni non si dovrebbe fare altro che applicare a ciascuna assegnazione i criteri impositivi di cui all’art. 1, commi 115-120, della legge di Stabilità 2016, così come chiariti dalla più volte citata circolare n. 26/E/2016, e sinteticamente riportati nel precedente paragrafo.
A tale riguardo, la società che agisce in qualità di assegnataria prima e assegnante poi (società B nel precedente esempio) non verserebbe la (seconda) imposta sostitutiva nella misura in cui utilizza la medesima valutazione (normale o catastale) adottata dalla propria società assegnante. Poi, ogni socio assegnatario di tale società assegnataria/assegnante (società A, nel precedente esempio) avrebbe un effetto fiscale (quale dividendo o riduzione del costo fiscale della partecipazione) pari al medesimo valore (normale o catastale) attribuito dalla società assegnante all’immobile ricevuto per effetto dell’assegnazione. Va da sé che ciascuna delle società assegnanti, in luogo dell’assegnazione, potrebbe dar luogo a una cessione agevolata ai propri soci sempre entro i termini temporali sopra citati (11).
La plurima assegnazione su un medesimo bene, infine, oltre a presentarsi in linea al tenore letterale della norma appare anche coerente con la relativa ratio, che è quella di consentire la fuoriuscita dal regime di impresa di alcuni beni (come gli immobili c.d. “patrimoniali”) utilizzabili direttamente dai soci persone fisiche.
Dott. Giosuè Manguso
(1) Il tenore letterale del regime di “assegnazione agevolata” inserita nella legge di Stabilità 2016 è simile a quello delle disposizioni normative previste prima dall’art. 29 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (successivamente integrate dall’art. 13 della legge 18 febbraio 1999, n. 28), e poi dall’art. 3 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (il quale sostanzialmente richiama quanto previsto dal citato art. 29). Le differenze normative sono state riscontrate in termini di ambito oggettivo (le prime due versioni del regime di assegnazione agevolata consentivano anche l’assegnazione di partecipazioni societarie), di aliquote di imposta sostitutiva applicabile, e di ambito oggettivo di imposte sostituite (l’assegnazione prevista dalla legge di Stabilità 2016 è agevolata soltanto ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, ma non ai fini IVA).
(2) In Boll. Trib., 2016, 940.
(3) Basti pensare all’art. 2 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148), che ha aumentato di 10,5 punti percentuali l’aliquota IRES applicabile alle società “non operative” di cui all’art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (comma 36-quinquies), ha previsto un nuovo regime di “società non operative” (comma 36-decies) se una società presenta dichiarazioni in perdita fiscale per due periodi di imposta su tre (poi passati a tre su cinque per effetto dell’art. 18 del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175), e ha previsto che nelle ipotesi di concessione in uso di beni societari ai soci la differenza tra il valore normale di tale utilizzo e il corrispettivo contrattuale previsto per tale uso rappresenta reddito diverso (comma 36-terdecies).
(4) A tale riguardo la relazione illustrativa all’art. 9 dell’AS 2111 (disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato) ha affermato che «in attesa che l’intera disciplina delle società non operative sia ripensata, o quanto meno che i coefficienti dei ricavi minimi e di redditività previsti dalla legge 724 del 1994 (coefficienti, come detto, non più sostenibili dagli attuali tassi di crescita dell’economia italiana) siano rivisti, contestualizzandone la misura alle attuali condizioni di mercato, si offre alle società non operative l’opportunità (assegnazione ai soci o anche trasformazione in società semplice) per estromettere dal regime di impresa – a condizioni fiscali meno onerose di quelle ordinariamente previste – quegli immobili per i quali ad oggi non si presentano condizioni di impiego mediamente profittevoli».
(5) P. MENEGHETTI – G.P. RANOCCHIA, No alla tassazione del valore normale, in Il Sole 24 Ore del 3 novembre 2015.
(6) Ved. circ. 12 luglio 1999, n. 112/E, in Boll. Trib., 1999, 1365.
(7) Citata circ. n. 112/E/1999, par. 4.1.1.1.
(8) In Boll. Trib., 2002, 845.
(9) Sul punto l’Agenzia delle entrate ha chiarito che «la norma ha lo scopo di consentire alle società … di assegnare beni ai soci, applicando un’imposta sostitutiva sulla differenza tra il valore normale dei beni stessi ed il loro costo fiscalmente riconosciuto, che chiuda (fino a concorrenza dell’ammontare tassato) qualsiasi debito tributario sia in capo alla società, sia in capo al socio. Ne consegue che il pagamento dell’imposta sostitutiva operato dalla società risulta definitivo e liberatorio per i soci assegnatari di qualsiasi ulteriore tassazione, esattamente come previsto nel caso delle trasformazioni agevolate in società semplici».
(10) Sul punto la dottrina non ha mai avuto dubbi sulla possibilità del socio assegnatario di potere valorizzare il bene assegnatogli adottando il valore catastale utilizzato dalla società. Su tutti cfr. L. MIELE, Assegnazione agevolata e tassazione in capo ai soci, in Corr. trib., 2002, 293; e L. MIELE – G. PICCININI, Valutazioni di convenienza per l’assegnazione agevolata di beni ai soci, ivi, 2016, 403.
(11) Ad esempio si ipotizza che l’immobile agevolabile di C abbia un costo fiscalmente riconosciuto pari a 0, valore normale pari a 100 e catastale pari a 20, e che il costo della partecipazione che B detiene in C sia pari a 50. C assegna tale bene, utilizzando riserve di capitale, e determinando il valore dell’immobile in base al suddetto valore catastale. Il plusvalore da assoggettare a imposizione sostitutiva in capo a C sarà pari a 20 e, per effetto del chiarimento dell’Agenzia delle entrate, l’unico effetto fiscale per B è la riduzione pari a 20 del costo della partecipazione detenuta in C. Quindi B, che avrà acquisito il bene al costo fiscalmente riconosciuto pari a 20, a sua volta, può assegnare l’immobile ad A anche adottando il medesimo valore catastale utilizzato da C (quindi pari a 20) determinando un plusvalore pari a zero. In tal caso, l’imposta sostitutiva da versare in capo alla società assegnante B è nulla perché nulla è la base imponibile (valore dell’immobile da assegnare al socio A è pari a 20 così come il relativo costo fiscalmente riconosciuto), mentre in capo alla società A l’effetto fiscale dipenderà dalla tipologia di riserva utilizzata da B per effettuare l’assegnazione (distribuzione di utili ovvero riduzione del costo della partecipazione, in entrambi i casi il valore di cui tenere conto sarà sempre pari a 20).