26 Giugno, 2015

 

 

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con l’annotata sentenza, si è pronunciata sulla compatibilità con il diritto comunitario della disciplina prevista dal legislatore italiano per le “agenzie di viaggio e turismo”.

Prima di affrontare nel dettaglio i motivi per i quali la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, si ritiene utile premettere brevemente le specifiche disposizioni che regolamentano la materia a livello nazionale.

Al riguardo viene in rilievo l’art. 74-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (e il relativo D.M. di attuazione 30 luglio 1999, n. 340), il quale prevede un regime particolare IVA (in deroga al regime ordinario) per le “agenzie di viaggio e turismo”, quando effettuano operazioni per l’organizzazione, anche tramite mandatari, in nome e per conto proprio e nei confronti del cliente, di pacchetti turistici costituiti (ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111) da viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi (1). l’art. 74-ter, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972, prevede che «le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e di turismo per la organizzazione di pacchetti turistici costituiti, ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111, da viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi, verso il pagamento di un corrispettivo globale sono considerate come una prestazione di servizi unica. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche qualora le suddette prestazioni siano rese dalle agenzie di viaggio e turismo tramite mandatari; le stesse disposizioni non si applicano alle agenzie di viaggio e turismo che agiscono in nome e per conto dei clienti».

Si precisa che il regime speciale si applica solo alle prestazioni acquistate dalle agenzie di viaggio presso soggetti passivi terzi (2).

Il medesimo art. 74-ter del D.P.R. n. 633/1972 prevede che rientrino nel regime speciale anche le seguenti prestazioni:

operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e turismo che agiscono in nome e per conto proprio, relative alla rivendita di pacchetti turistici organizzati da altri soggetti (l’art. 74-ter, quinto comma, del D.P.R. n. 633/1972, dispone infatti che «per le prestazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo che agiscono in nome e per conto proprio relative a pacchetti turistici organizzati da altri soggetti e per le prestazioni dei mandatari senza rappresentanza di cui al secondo periodo del comma 1, l’imposta si applica sulla differenza, al netto dell’imposta, tra il prezzo del pacchetto turistico ed il corrispettivo dovuto all’agenzia di viaggio e turismo, comprensivi dell’imposta»).

operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e turismo che consistono nella prestazione di servizi turistici che non integrano i requisiti richiesti per essere considerati pacchetti turistici, a condizione che essi siano effettuati da altri soggetti e siano stati acquisiti nella disponibilità dell’agenzia di viaggio antecedentemente ad una specifica richiesta del cliente (l’art. 74-ter, comma 5-bis, del D.P.R. n. 633/1972, stabilisce infatti che «per le operazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo relative a prestazioni di servizi turistici effettuati da altri soggetti, che non possono essere considerati pacchetti turistici ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111, qualora precedentemente acquisite nella disponibilità dell’agenzia, l’imposta si applica, sempreché dovuta, con le stesse modalità previste dal comma 5»).

[-protetto-]

L’attività di mera intermediazione, ossia quando l’agenzia di viaggio e turismo agisca in nome e per conto del cliente (ad esempio, prenotando camere di albergo o vendendo biglietti arerei o ferroviari) è soggetta, invece, al regime IVA ordinario previsto dal medesimo D.P.R. n. 633/1972.

Sotto il profilo soggettivo, non è necessario che l’operatore economico sia un’agenzia di viaggi o un organizzatore professionale di giri turistici (3).

Per le predette operazioni, quindi, si applicano delle regole particolari.

In primo luogo, le varie operazioni vengono considerate come una prestazione di servizi unica, e di conseguenza l’aliquota applicabile è quella ordinaria, anche per quei servizi che, considerati nella loro individualità, sarebbero altrimenti assoggettati ad un’aliquota speciale.

L’imponibilità di tali prestazioni è subordinata al fatto che le stesse siano eseguite nel territorio dell’Unione europea (4). Tant’è che se tali prestazioni sono effettuate in parte nel territorio comunitario e in parte fuori dallo stesso (c.d. “miste”), sono soggette ad imposta solo per la parte del corrispettivo relativa alle operazioni eseguite all’interno del territorio dell’Unione europea, mentre la restante parte non è imponibile, ai sensi dell’art. 9, n. 7-bis),del D.P.R. n. 633/1972 (5) (l’art. 74-ter, sesto comma, del D.P.R. n. 633/1972, prevede, infatti, che «se le prestazioni rese al cliente sono eseguite in tutto o in parte fuori della Comunità economica europea la parte della prestazione della agenzia di viaggio ad essa corrispondente non è soggetta ad imposta a norma dell’articolo 9»).

Per quanto riguarda la base imponibile, la disciplina in commento stabilisce, in deroga al regime ordinario (6), che la stessa venga applicata al c.d. “margine” realizzato dall’agenzia di viaggio, ossia alla differenza tra il corrispettivo dovuto all’agenzia di viaggio dal cliente per l’acquisto del pacchetto turistico e il costo sostenuto dalla medesima agenzia di viaggio per l’acquisto di beni e le prestazioni di servizi effettuati da terzi. Sia l’ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni imponibili che l’ammontare dei costi sostenuti devono essere calcolati al lordo dell’imposta corrisposta in Italia o all’interno dell’Unione europea (l’art. 74-ter, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972, prevede infatti che «ai fini della determinazione dell’imposta sulle operazioni indicate nel comma 1, il corrispettivo dovuto all’agenzia di viaggi e turismo è diminuito dei costi sostenuti per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da terzi a diretto vantaggio dei viaggiatori, al lordo della relativa imposta»).

Una volta determinato il c.d. “margine” nel modo sopra indicato, occorre scorporare l’IVA per determinare la base imponibile su cui calcolare l’IVA a debito (7).

Pertanto, non è ammessa in detrazione l’imposta relativa ai predetti costi afferenti l’acquisto di beni e le prestazioni di servizi effettuati da terzi (art. 74-ter, terzo comma, del D.P.R. n. 633/1972).

Il momento impositivo per le prestazioni in esame è determinato dal pagamento integrale del corrispettivo (non rileva il pagamento degli acconti) oppure dalla data di inizio del viaggio o del soggiorno, se precedente a detto pagamento. Al realizzarsi di tale momento impositivo, l’agenzia di viaggi deve emettere la fattura senza separata indicazione dell’imposta (l’art. 74-ter, settimo comma, del D.P.R. n. 633/1972, dispone infatti che «per le operazioni di cui al comma 1 deve essere emessa fattura ai sensi dell’articolo 21, senza separata indicazione dell’imposta, considerando quale momento impositivo il pagamento integrale del corrispettivo o l’inizio del viaggio o del soggiorno se antecedente. Se le operazioni sono effettuate tramite intermediari, la fattura può essere emessa entro il mese successivo»).

Descritto brevemente il regime speciale previsto a livello nazionale, passiamo ora ad analizzare il contenuto della sentenza annotata.

Si premette, al riguardo, che la Commissione europea nel 2006 aveva iniziato una verifica in merito all’applicazione da parte degli Stati membri del regime speciale sopra descritto, all’esito della quale aveva riscontrato che alcuni paesi membri, tra cui lo Stato italiano, ne avrebbero dato attuazione in modo, a suo dire, non conforme al diritto comunitario (8).

In particolare, ad avviso della Commissione europea, lo Stato italiano non si sarebbe conformato agli artt. da 306 a 310 della Direttiva 2006/112/CE, in quanto applica il regime speciale sopra descritto non solo alle prestazioni rese nei confronti del “viaggiatore”, inteso quale consumatore finale, ma anche nei confronti di clienti diversi, quali, ad esempio, altre agenzie di viaggio o altri soggetti passivi IVA.

Quindi, il 23 marzo 2007 la Commissione europea aveva inviato allo Stato italiano dapprima una lettera di diffida e, successivamente, in data 29 febbraio 2008 un parere motivato.

Poiché lo Stato italiano non si è conformato a tale parere, la Commissione europea ha proposto il ricorso, a seguito del quale è stata depositata l’annotata sentenza, chiedendo alla Corte di Giustizia di dichiarare «che, avendo consentito alle agenzie di viaggio di applicare il regime speciale delle agenzie di viaggio ai servizi di viaggi venduti a persone diverse dai viaggiatori, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli da 306 a 310 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto».

La Commissione europea nel proprio ricorso aveva eccepito che l’intento del legislatore dell’Unione, quando aveva adottato la Direttiva 77/388/CEE, era quello di circoscrivere il regime speciale delle agenzie di viaggio alle prestazioni fornite al “viaggiatore”, inteso quale “consumatore finale”.

Ad avviso della Commissione europea, tale conclusione deriverebbe dal fatto che cinque delle sei versioni linguistiche iniziali dell’art. 26 di tale Direttiva (il cui contenuto è stato riprodotto negli artt. 306 a 310 della Direttiva 2006/112/CE) utilizzavano sistematicamente il termine “viaggiatore” mentre l’utilizzo del termine “cliente” (“customer”) nella versione in lingua inglese del citato art. 26 della direttiva 77/388/CEE, ad avviso della Commissione, costituirebbe un errore; e poiché tale versione in lingua inglese è servita da base per le successive traduzioni della medesima Direttiva 77/388/CEE l’errore si sarebbe esteso anche alle altre versioni linguistiche sia di tale Direttiva sia della Direttiva 2006/112/CE (che, come detto, ha sostituito la Direttiva 77/388/CEE).

La Commissione ne aveva tratto la conclusione che, sebbene l’impostazione basata sul “cliente” fosse la più idonea a conseguire gli obiettivi perseguiti dal regime speciale delle agenzie di viaggio, gli Stati membri non avrebbero potuto adottare di propria iniziativa un’interpretazione che si discostasse dal testo letterale della Direttiva comunitaria.

Dall’altra parte, lo Stato italiano aveva replicato che per la soluzione del caso controverso fosse necessario ricorrere a un’interpretazione teleologica delle disposizioni in oggetto, ricercando gli obiettivi perseguiti dal regime speciale previsto per le agenzie di viaggio. Tali obiettivi, ad avviso dello Stato italiano, sarebbero la semplificazione delle regole relative all’IVA applicabili alle agenzie di viaggio e la ripartizione del gettito dell’IVA tra gli Stati membri. Poiché l’impostazione basata sul “cliente” sarebbe la più idonea a conseguire tali obiettivi, essa costituirebbe l’unica interpretazione corretta.

L’avvocato generale presso la Corte di Giustizia europea, nelle conclusioni depositate il 6 giugno 2013, aveva proposto di respingere il ricorso della Commissione, osservando, innanzitutto, come fosse inutile trovare una soluzione della questione attraverso l’analisi dei termini “viaggiatore” e “cliente”, che sono stati adottati nelle diverse versioni linguistiche degli artt. da 306 a 310 della Direttiva 2006/112/CE. Ad avviso dell’Avvocato generale, ancorché le eccezioni in deroga al regime generale debbano essere interpretate in maniera restrittiva, nella fattispecie il risultato che il regime si proponeva viene conseguito proprio mediante la versione adottata. D’altra parte, la giurisprudenza comunitaria non osta a un’interpretazione che determini un risultato più conforme agli obiettivi della normativa, purché essa non sia contraria a una disposizione chiara e univoca mentre, nel caso di specie, le disposizioni in esame non sono univoche.

Pertanto, l’Avvocato generale aveva concluso che le finalità del regime speciale fossero meglio conseguite permettendone l’applicazione anche quando la fornitura di servizi di viaggio venga resa a soggetti diversi dai “viaggiatori”.

A tale orientamento si è adeguata la Corte di Giustizia che, con la sentenza annotata, ha respinto il ricorso proposto dalla Commissione.

In via preliminare la Corte di Giustizia ha osservato che il termine “cliente”, in luogo della locuzione “viaggiatore”, è stato utilizzato in numerose versioni linguistiche della Direttiva 77/388/CEE (e non solo all’art. 26), nonché in numerose versioni degli artt. da 306 a 310 della Direttiva 2006/112/CE (9), che ha sostituito la Direttiva 77/388/CEE.

La Corte di Giustizia ha ritenuto che non possa essere accolta un’interpretazione puramente letterale del regime speciale delle agenzie di viaggio fondata sul testo di una o più versioni linguistiche ad esclusione delle altre, con la conseguenza che la disposizione in oggetto debba essere interpretata in funzione dell’impianto sistematico e della finalità della normativa di cui fa parte.

La Corte di Giustizia si è quindi soffermata sugli obiettivi perseguiti dal regime speciale in commento, ossia quello di semplificare le regole relative all’IVA applicabili alle agenzie di viaggio e di ripartire il gettito proveniente dalla riscossione di tale imposta in maniera equilibrata tra gli Stati membri, garantendo, da un lato, l’attribuzione del gettito dell’IVA relativo a ciascun servizio individuale allo Stato membro in cui si verifica il consumo finale del servizio e, dall’altro, l’attribuzione del gettito afferente al margine dell’agenzia di viaggio allo Stato membro in cui quest’ultima è stabilita.

La Corte di Giustizia ha quindi sottolineato come l’impostazione basata sul “cliente” sia quella più idonea a conseguire entrambi gli obiettivi, in quanto consente alle agenzie di viaggio di fruire di regole semplificate a prescindere dal tipo di clienti cui forniscono le loro prestazioni e favorisce, in tal modo, un’equilibrata ripartizione del gettito tra gli Stati membri.

Alla luce quindi della sentenza della Corte di Giustizia, lo Stato italiano ha correttamente applicato la Direttiva 2006/112/CE, adottando un’impostazione che, peraltro, risponde meglio alle esigenze del mutato contesto economico in cui operano oggi le agenzie di viaggio che, diversamente da quando era stato adottato il regime speciale (nel 1977), vendono non soltanto in modo diretto ai “viaggiatori”, ma anche ad altre agenzie di viaggio o ad altri tour operator.

L’annotata sentenza è senza dubbio interessante, perché affronta un problema che si può prospettare con una certa frequenza nell’ambito comunitario, nel quale tutte le lingue sono considerate ufficiali e, quindi, nessuna prevale sulle altre, assumendo tutte lo stesso valore giuridico.

Per tale motivo non è inusuale che la traduzione di una disposizione non sia uniforme nelle diverse versioni linguistiche.

L’orientamento seguito dalla Corte di Giustizia, negli ultimi anni, nel caso in cui vi sia una disparità tra le diverse versioni linguistiche del testo normativo, è quello di procedere all’interpretazione dello stesso utilizzando il criterio che tenga conto della finalità che la disciplina intende perseguire (10).

Tuttavia si potrebbe concludere che l’intervento della Corte di Giustizia non sempre può considerarsi sufficiente ad uniformare l’applicazione del diritto europeo all’interno della comunità, e il caso esaminato dalla sentenza in commento ne costituisce un esempio.

Alla luce infatti delle conclusioni della Corte di Giustizia gli Stati che hanno adottato la tesi del “cliente” possono mantenere legittimamente la propria posizione, a fronte di Stati che hanno adottato fin dall’origine la tesi del “viaggiatore” o si sono ad essa adeguati su richiamo della Commissione. Il risultato è che il regime speciale IVA delle agenzie di viaggio rimane tutt’ora applicato in maniera non uniforme all’interno della Comunità.

Solo quindi un intervento del legislatore comunitario può, nel caso di specie, risolvere il conflitto che si è venuto a creare a livello europeo sulla normativa speciale de qua.

Avv. Gabriella De Mattia

(1) Per quanto riguarda la definizione di “pacchetti turistici”, la norma che precedentemente li definiva (art. 2 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111) è stata sostituita dall’art. 34 del medesimo decreto, il quale prevede che «i pacchetti turistici hanno ad oggetto i viaggi, le vacanze, i circuiti tutto compreso, le crociere turistiche, risultanti dalla combinazione, da chiunque ed in qualunque modo realizzata, di almeno due degli elementi di seguito indicati, venduti od offerti in vendita ad un prezzo forfetario: a) trasporto; b) alloggio; c) servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio di cui all’articolo 36, che costituiscano, per la soddisfazione delle esigenze ricreative del turista, parte significativa del pacchetto turistico». Al riguardo con la circ. 24 dicembre 1997, n. 328/E, in Boll. Trib., 1998, 106, a commento dell’art. 2 del D.Lgs. n. 111/1995, il Ministero delle finanze aveva chiarito che il regime speciale non è applicabile alle ipotesi in cui l’attività dell’agenzia si limita all’esecuzione di una prestazione singola (come, ad esempio, solo trasporto, o solo alloggio, o solo servizio turistico). Ad avviso del Ministero, inoltre, il regime speciale non si applica neppure nelle ipotesi in cui i vari elementi che costituiscono la prestazione unica sono dedotti in contratto e valutati dalle parti contraenti come singoli servizi (tale interpretazione deriverebbe dal testo dell’art. 74-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale prevede che per le operazioni effettuate venga corrisposto “un corrispettivo globale”). Il D.M. 30 luglio 1999, n. 340 (in Boll. Trib., 1999, 1523), di attuazione dell’art. 74-ter del D.P.R. n. 633/1972, estende l’elenco dei servizi che costituiscono i pacchetti turistici facendovi rientrare anche «manifestazioni, convegni e simili», sempre che, come chiarito dalla citata circ. n. 328/E/1997, il costo della manifestazione o del convegno sia ricompreso nel corrispettivo unico dovuto per il pacchetto turistico. L’art. 1 del D.M. n. 340/1999, inoltre, prescrive che, perché si possa parlare di pacchetto turistico, è necessario che la «durata sia superiore alle ventiquattro ore, ovvero si estenda per un periodo di tempo comprendente almeno un notte». Al riguardo si segnala che è discussa l’applicazione di tale condizione, in quanto la stessa non è più stata prevista dall’art. 34 del D.Lgs. n. 79/2011 (il quale, come detto, ha sostituito l’art. 2 del D.Lgs. n. 111/1995, richiamato dall’art. 74-ter del D.P.R. n. 633/1972).

(2) In tal senso si è pronunciata Corte Giust. CEE 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97, in Boll. Trib. On-line, affermando che «si deve pertanto constatare che il regime particolare previsto dall’art. 26 della sesta direttiva si applica unicamente alle prestazioni acquistate presso terzi»; nello stesso senso Corte Giust. UE 26 ottobre 2012, causa C-557/11, in Boll. Trib. On-line, in cui si legge che «occorre pertanto rispondere alla questione sollevata dichiarando che gli articoli 306-310 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che, qualora, nell’ambito di un servizio turistico reso ad un viaggiatore dietro pagamento di un prezzo forfettario tassato conformemente alle disposizioni in parola, un’agenzia di viaggio fornisca allo stesso viaggiatore una prestazione propria di trasporto costituente uno degli elementi del suddetto servizio turistico, siffatta prestazione è assoggettata al regime generale dell’IVA, segnatamente quanto all’aliquota di imposizione, e non al regime speciale dell’IVA applicabile alle operazioni delle agenzie di viaggio. Conformemente all’articolo 98 della direttiva di cui trattasi, se gli Stati membri hanno previsto un’aliquota ridotta dell’IVA in materia di prestazione di servizi di trasporto, siffatta aliquota ridotta è applicabile alla prestazione suddetta».

(3) In tale senso si è pronunciata Corte Giust. CEE nella sentenza del 1998 resa nelle cause riunite C-308/96 e C-94/97, cit., affermando che «occorre pertanto rilevare che il regime di cui all’art. 26 della sesta direttiva si applica agli operatori economici che organizzino in nome proprio viaggi e giri turistici e che, per fornire le prestazioni di servizi generalmente collegate a tale tipo di attività, ricorrano a soggetti terzi, anche se formalmente non godano della qualifica di agenzia di viaggi o di organizzatore di giri turistici».

(4) In particolare, ai sensi dell’art. 306 della Direttiva 2006/112/CE, le prestazioni sono soggette ad imposta nello Stato in cui è stabilita l’agenzia di viaggio.

(5) Con la già citata circ. n. 328/E/1997, il Ministero delle finanze ha chiarito che, con riguardo alle prestazioni di trasporto, le stesse devono ritenersi accessorie al viaggio. Di conseguenza se il cliente usufruisce all’interno del territorio comunitario della sola prestazione di trasporto, mentre tutte le altre prestazioni vengono rese fuori dall’Unione europea, anche le prestazioni di trasporto sono considerate non imponibili, ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972; al contrario, se fuori dal territorio comunitario vengono effettuate solo le prestazioni di trasporto e all’interno dell’Unione europea tutte le altre prestazioni, le prime sono soggette al tributo.

(6) Com’è noto, secondo il regime ordinario la base imponibile è costituita, ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972, dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente del bene o al prestatore del servizio secondo le condizioni contrattuali; in sede di liquidazione dell’imposta da versare all’erario, il soggetto passivo, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, può detrarre, dall’imposta dovuta sulle operazioni attive, l’imposta assolta o dovuta o addebitata in relazione agli acquisti di beni e servizi destinati ad essere utilizzati nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione.

(7) Per fare un esempio che può chiarire meglio la fattispecie, si consideri che nel caso in cui l’agenzia di viaggio abbia ricevuto quale corrispettivo per la vendita di un pacchetto turistico un importo pari a euro 3.000,00 (comprensivo di IVA) e abbia sostenuto costi per i beni e servizi forniti al cliente per un importo di euro 2.000,00 (comprensivo di IVA), la base imponibile va determinata come segue: – imponibile lordo euro 1.000,00 (pari a euro 3.000,00 – euro 2.000,00); – imponibile netto euro 820,00 (ottenuto scorporando l’IVA); – IVA dovuta: euro 180,00 (pari a euro 820,00 x 22%).

(8) Invero, già nel 2002 la Commissione aveva proposto di modificare l’art. 26 della Direttiva 77/388/CEE, nel senso di estendere il campo d’applicazione del regime speciale a tutte le prestazioni fornite dalle agenzie di viaggio indipendentemente dallo status del cliente (privato, soggetto passivo, impresa, altra agenzia di viaggio, ecc.). Tuttavia, la proposta è rimasta al vaglio del Consiglio e non è mai stata adottata.

(9) La medesima versione in lingua italiana dell’art. 306 della Direttiva 2006/112/CE prevede testualmente che «gli Stati membri applicano un regime speciale dell’IVA alle operazioni delle agenzie di viaggio conformemente al presente capo, nella misura in cui tali agenzie agiscano in nome proprio nei confronti del viaggiatore e utilizzino, per l’esecuzione del viaggio, cessioni di beni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi».

(10) Da ultimo Corte Giust. UE, sez. II, 9 aprile 2014, causa C-74/13, in Boll. Trib. On-line, ha affermato che «a tale riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Le norme di diritto dell’Unione devono infatti essere interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione. In caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo di diritto dell’Unione, la disposizione di cui è causa dev’essere interpretata in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui essa fa parte»; nello stesso senso si vedano Corte Giust. UE, sez. VII, 3 aprile 2008, causa C-187/07; e Corte Giust. UE, sez. VIII, 15 novembre 2012, causa C-558/11; entrambe in Boll. Trib. On-line.

IVA – Comunità europea – Agenzie di viaggio e turismo – Regime speciale delle agenzie di viaggio previsto dalla Direttiva 2006/112/CE – Finalità e principi applicabili.

Il regime speciale IVA per le agenzie di viaggio e del turismo ha la propria ratio nella circostanza che i servizi forniti da tali agenzie e dagli organizzatori di giri turistici sono caratterizzati dal fatto di essere, di regola, composti da prestazioni plurime, in particolare in materia di trasporto e di alloggio, che vengono eseguite sia all’interno sia all’esterno del territorio dello Stato membro in cui l’impresa ha la sua sede o un centro di attività stabile, cosicché all’applicazione delle norme di diritto comune concernenti il luogo di imposizione, la base imponibile e la detrazione dell’imposta pagata a monte si frapporrebbero, a causa della varietà delle prestazioni e dei luoghi in cui vengono fornite, difficoltà pratiche per dette imprese, che sarebbero atte ad ostacolare l’esercizio della loro attività; di conseguenza, per adeguare le norme in materia alla specificità di tale attività il legislatore dell’Unione europea ha istituito con la Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 un regime IVA speciale che persegue l’obiettivo di semplificare le regole relative all’IVA applicabili alle agenzie di viaggio e mira, altresì, a ripartire il gettito proveniente dalla riscossione di tale imposta in maniera equilibrata tra gli Stati membri, garantendo da un lato l’attribuzione del gettito dell’IVA relativo a ciascun servizio individuale allo Stato membro in cui si verifica il consumo finale del servizio e, dall’altro, l’attribuzione del gettito afferente al margine dell’agenzia di viaggio allo Stato membro in cui quest’ultima è stabilita, di talché l’impostazione basata sul cliente è quella più idonea a conseguire entrambi gli obiettivi, in quanto consente alle agenzie di viaggio di fruire di regole semplificate a prescindere dal tipo di clienti cui forniscono le loro prestazioni e favorisce, in tal modo, un’equilibrata ripartizione del gettito tra gli Stati membri.

[Corte di Giustizia UE, sez. III (Pres. Ileši, rel. Fernlund), 26 settembre 2013, causa C-236/11, ric. Commissione europea c. Repubblica italiana]

1. Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, avendo consentito alle agenzie di viaggio di applicare il regime speciale delle agenzie di viaggio ai servizi di viaggi venduti a persone diverse dai viaggiatori, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli da 306 a 310 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

2. L’articolo 26 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), nella versione in lingua italiana così disponeva:

«1. Gli Stati membri applicano l’imposta sul valore aggiunto [(in prosieguo: l’“IVA”)] alle operazioni della agenzie di viaggi conformemente al presente articolo, nella misura in cui tali agenzie agiscano in nome proprio nei confronti del viaggiatore o utilizzino[,] per l’esecuzione del viaggio, cessioni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi. Il presente articolo non è applicabile alle agenzie di viaggi che agiscono unicamente quali intermediari e alle quali è applicabile l’articolo 11, parte A, paragrafo 3, lettera

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c). Ai sensi del presente articolo sono considerati come agenzie di viaggi anche gli organizzatori di giri turistici.

2. Le operazioni effettuate dall’agenzia di viaggi per la realizzazione del viaggio sono considerate come una prestazione di servizio unica fornita dall’agenzia di viaggi al viaggiatore. Essa è assoggettata all’imposta nello Stato membro in cui l’agenzia di viaggi ha la sede della sua attività economica o uno stabilimento permanente a partire dal quale essa ha fornito la prestazione di servizi. Per questa prestazione di servizio è considerat[o] come base imponibile e come prezzo al netto dell’imposta, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, lettera b), il margine dell’agenzia di viaggi, cioè la differenza tra l’importo totale a carico del viaggiatore, al netto dell’[IVA], ed il costo effettivo sostenuto dall’agenzia di viaggi per le cessioni e le prestazioni di servizi di altri soggetti passivi, nella misura in cui da tali operazioni il viaggiatore tragga direttamente vantaggio.

(…)

4. Gli importi dell’[IVA] imputati all’agenzia di viaggi da altri soggetti passivi per le operazioni di cui al paragrafo 2 e dalle quali il viaggiatore trae direttamente vantaggio, non sono né [detraibili], né rimborsabili in alcuno Stato membro».

3. Gli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA, nella versione in lingua italiana, dispongono, al capo 3 della medesima, rubricato «Regime speciale delle agenzie di viaggio»:

«Articolo 306

1. Gli Stati membri applicano un regime speciale dell’IVA alle operazioni delle agenzie di viaggio conformemente al presente capo, nella misura in cui tali agenzie agiscano in nome proprio nei confronti del viaggiatore e utilizzino, per l’esecuzione del viaggio, cessioni di beni e prestazioni di servizi di altri soggetti passivi.

Il presente regime speciale non è applicabile alle agenzie di viaggio che agiscono unicamente quali intermediari e alle quali per il computo della base imponibile si applica l’articolo 79, primo comma, lettera c).

2. Ai fini del presente capo, anche gli organizzatori di giri turistici sono considerati come agenzie di viaggio.

Articolo 307

Le operazioni effettuate, alle condizioni di cui all’articolo 306, dall’agenzia di viaggio per la realizzazione del viaggio sono considerate come una prestazione di servizi unica resa dall’agenzia di viaggio al viaggiatore.

La prestazione unica è assoggettata all’imposta nello Stato membro in cui l’agenzia di viaggio ha la sede della sua attività economica o una stabile organizzazione a partire dalla quale essa ha fornito la prestazione di servizi.

Articolo 308

Per la prestazione di servizi unica resa dall’agenzia di viaggio è considerato come base imponibile e come prezzo al netto dell’IVA, ai sensi dell’articolo 226, punto 8), il margine dell’agenzia di viaggio, ossia la differenza tra l’importo totale, al netto dell’IVA, a carico del viaggiatore ed il costo effettivo sostenuto dall’agenzia di viaggio per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi di altri soggetti passivi, nella misura in cui tali operazioni siano effettuate a diretto vantaggio del viaggiatore.

(…)

Articolo 310

Gli importi dell’IVA imputati all’agenzia di viaggio da altri soggetti passivi per le operazioni di cui all’articolo 307 effettuate a diretto vantaggio del viaggiatore non sono né detraibili né rimborsabili in alcuno Stato membro».

Il diritto italiano

4. L’articolo 74-ter del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633, istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (Supplemento ordinario alla GURI dell’11 novembre 1972, n. 292, pag. 1), così recita:

«1. Le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e di turismo per la organizzazione di pacchetti turistici costituiti, ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111, da viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi, verso il pagamento di un corrispettivo globale sono considerate come una prestazione di servizi unica. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche qualora le suddette prestazioni siano rese dalle agenzie di viaggio e turismo tramite mandatari; le stesse disposizioni non si applicano alle agenzie di viaggio e turismo che agiscono in nome e per conto dei clienti».

Fase precontenziosa del procedimento e procedimento dinanzi alla Corte

5. Il 23 marzo 2007 la Commissione ha inviato una lettera di diffida alla Repubblica italiana nella quale affermava che, consentendo che fosse applicato il regime speciale concepito per le agenzie di viaggio anche a prestazioni fornite ad una persona diversa dal viaggiatore, tale Stato membro non si era conformato agli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA.

6. Nella sua lettera di risposta, di data 21 maggio 2007, la Repubblica italiana ha contestato l’interpretazione che la Commissione ha dato agli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA.

7. Non considerandosi soddisfatta dalla suddetta risposta, il 29 febbraio 2008 la Commissione ha emesso un parere motivato, cui la Repubblica italiana ha risposto con lettera del 29 aprile 2008 confermando la propria posizione.

8. In questo contesto, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

9. Con ordinanza del presidente della Corte del 13 ottobre 2011, la Repubblica ceca, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica di Polonia e la Repubblica di Finlandia sono stati autorizzati ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

10. La Commissione ritiene che il regime speciale delle agenzie di viaggio, sancito agli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA, sia applicabile unicamente in caso di vendita di viaggi a viaggiatori (in prosieguo: «l’impostazione basata sul viaggiatore»). Essa censura la Repubblica italiana per aver autorizzato l’applicazione di detto regime in caso di vendita di viaggi a tutti i tipi di clienti (in prosieguo: l’«impostazione basata sul cliente»).

11. Tale istituzione ricorda che le disposizioni di detti articoli da 306 a 310, in sostanza, riprendono quelle dell’articolo 26, paragrafi da 1 a 4, della sesta direttiva.

12. Orbene, la Commissione sostiene che l’intento del legislatore dell’Unione quando ha adottato la sesta direttiva consisteva nel circoscrivere il regime speciale delle agenzie di viaggio alle prestazioni fornite al viaggiatore, consumatore finale. Essa avvalora tale affermazione adducendo che cinque delle sei versioni linguistiche iniziali di tale direttiva utilizzavano sistematicamente il termine «viaggiatore» all’articolo 26 di quest’ultima in maniera assolutamente chiara e coerente. Da ciò si inferirebbe che detto termine non richiedeva alcuno sforzo ermeneutico che si spingesse oltre al suo senso letterale, sicché l’interpretazione del citato articolo 26 era univoca.

13. L’utilizzo del termine «cliente» («customer») nella versione in lingua inglese della sesta direttiva costituirebbe un errore, che, peraltro, sarebbe stato commesso in un’unica occasione, all’articolo 26, paragrafo 1, di quest’ultima. Dato che tale versione in lingua inglese è servita da base per le successive traduzioni della sesta direttiva, tale termine sarebbe stato spesso ripreso in queste ultime, così come in svariate versioni linguistiche degli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA.

14. In occasione dell’udienza dinanzi alla Corte, la Commissione ha precisato che la versione in lingua francese della sesta direttiva, che utilizzava unicamente il termine «viaggiatore», aveva costituito il testo sul quale tutti gli Stati membri coinvolti avevano lavorato e si erano accordati.

15. La Commissione sottolinea che le disposizioni relative al regime speciale delle agenzie di viaggio devono essere interpretate in modo uniforme. La coesistenza dell’impostazione fondata sul viaggiatore e di quella basata sul cliente sarebbe fonte di doppie imposizioni e di distorsioni di concorrenza.

16. Facendo riferimento all’articolo 26 della sesta direttiva, la Commissione precisa i motivi per cui, sebbene il termine «cliente» appaia in talune versioni linguistiche degli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA, esso deve cionondimeno essere inteso nel senso di «viaggiatore».

17. Innanzitutto, la Commissione ritiene che, se si accogliesse l’impostazione basata sul cliente, la condizione che figura all’articolo 26, paragrafo 1, della sesta direttiva, secondo cui l’agenzia deve agire «in nome proprio», sarebbe ridondante, poiché un operatore agisce sempre in nome proprio nei confronti del suo cliente. Di conseguenza, secondo la Commissione, questi termini non devono ricevere un’interpretazione letterale e la parola «cliente» va intesa nel medesimo senso utilizzato nelle altre cinque versioni linguistiche iniziali di detta direttiva, ossia nell’accezione di «viaggiatore». In proposito, la Commissione sostiene che un’agenzia di viaggio può agire nei confronti di un «viaggiatore» sia in nome proprio sia in nome e per conto di terzi.

18. Inoltre, se il legislatore dell’Unione avesse inteso conferire al termine «cliente» non tanto il senso di viaggiatore, quanto piuttosto quello di tutti i tipi di «clienti», da ciò deriverebbero conseguenze illogiche, poiché il regime speciale delle agenzie di viaggio si applicherebbe anche quando un’agenzia agisce in qualità di intermediario, in particolare quando essa ricerca clienti per conto di un albergatore, in forza di un contratto di intermediazione stipulato con quest’ultimo.

19. La Commissione ritiene che tale illogicità appaia a maggior ragione evidente giacché nella versione in lingua inglese dell’articolo 26, paragrafo 2, prima frase, della sesta direttiva, a tenore della quale «[l]e operazioni effettuate dall’agenzia di viaggi per la realizzazione del viaggio sono considerate come una prestazione di servizio unica fornita dall’agenzia di viaggi al viaggiatore [“traveller”]», viene utilizzata la parola «viaggiatore». Orbene, secondo la Commissione, questa frase sarebbe priva di senso se il regime speciale delle agenzie di viaggio si applicasse senza tener conto della qualità del destinatario dei servizi. Se così fosse, secondo tale istituzione, il legislatore avrebbe dovuto avvalersi sistematicamente del termine «cliente».

20. La Commissione aggiunge che le sei versioni linguistiche iniziali dell’articolo 26, paragrafo 2, terza frase, della sesta direttiva utilizzano il termine «viaggiatore». Pertanto, sarebbe incoerente menzionare l’«importo totale a carico del viaggiatore» se il regime speciale delle agenzie di viaggio potesse essere applicato a prescindere dalla qualità del cliente dell’agenzia di viaggio. Infatti, quando una siffatta agenzia effettua una vendita ad un’altra agenzia di viaggio, secondo la Commissione occorrerebbe calcolare il margine contemplato a tale articolo 26, paragrafo 2, terza frase, tenendo conto della differenza tra l’importo a carico del viaggiatore ed i costi sostenuti dalla prima agenzia, il che sarebbe privo di pertinenza in mancanza di un nesso tra quest’ultima e il viaggiatore.

21. La Commissione adduce infine altri due argomenti. In primo luogo, essa sottolinea che le disposizioni dell’articolo 26 della sesta direttiva sono rimaste in vigore per circa trent’anni, fino all’abrogazione di quest’ultima, e che le versioni linguistiche di tale articolo successive alle sei versioni iniziali adottano, in larga maggioranza, la formulazione delle cinque versioni iniziali identiche, utilizzando esclusivamente il termine «viaggiatore». Solo cinque versioni linguistiche successive di tale articolo avrebbero fatto riferimento alla versione in lingua inglese. In secondo luogo, la Commissione ricorda che le eccezioni al regime generale dell’IVA devono essere interpretate restrittivamente.

22. Ciò premesso, secondo la Commissione, sebbene l’impostazione basata sul cliente sia la più idonea a conseguire gli obiettivi perseguiti dal regime speciale delle agenzie di viaggio, tale circostanza non comporterebbe che questa impostazione sia corretta. La Commissione riconosce che questo regime speciale è perfettibile, ma rimarca che gli Stati membri non possono adottare di propria iniziativa una siffatta impostazione, discostandosi dalle disposizioni che figurano espressamente nella sesta direttiva. In proposito, la Commissione si rifà, in particolare, al punto 28 della sentenza del 6 ottobre 2005, Commissione/Spagna (C-204/03, Racc. pag. I-8389). Essa aggiunge che il regime speciale in parola è stato introdotto per fare fronte alla situazione esistente nel 1977, epoca in cui i viaggi erano per la maggior parte venduti direttamente ai viaggiatori dalle agenzie di viaggio. A suo avviso, attualmente il settore interessato annovera un numero molto maggiore di operatori, tuttavia non sarebbe rimesso agli Stati membri, bensì al legislatore dell’Unione, ovviare alle carenze del citato regime speciale.

23. A seguito delle osservazioni presentate dagli Stati membri intervenienti, pur insistendo sull’impostazione basata sul viaggiatore, la Commissione ha leggermente attenuato la sua posizione, dichiarando che il termine «viaggiatore» non designa esclusivamente la persona fisica, bensì anche la persona giuridica che acquista un pacchetto turistico per le proprie esigenze e che, di riflesso, costituisce il destinatario finale del servizio di viaggio. Quindi, a dire della Commissione, tale termine include la società che acquista servizi di viaggio per i propri dipendenti. Per contro, il termine «viaggiatore» non sarebbe applicabile alla persona fisica o alla persona giuridica che rivende detto servizio a un’altra persona. Tale istituzione rimarca che il regime speciale delle agenzie di viaggio non è applicabile in una fase anteriore alla vendita di un servizio di questo genere al destinatario finale.

24. La Repubblica italiana contesta il modo in cui la Commissione ha interpretato il regime speciale delle agenzie di viaggio istituito agli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA.

25. Tale Stato membro adduce, di propria iniziativa o affermando di concordare con gli Stati membri intervenienti, i seguenti argomenti.

26. A suo avviso, l’interpretazione letterale operata dalla Commissione non può essere condivisa poiché, oltre alla versione in lingua inglese dell’articolo 306 della direttiva IVA, numerose altre versioni linguistiche di tale disposizione, ossia quelle in lingua bulgara, polacca, portoghese, rumena, slovacca, finlandese e svedese, non utilizzerebbero il termine «viaggiatore», bensì il termine «cliente».

27. Neppure l’analisi dei termini impiegati nelle disposizioni che contornano l’articolo 26, paragrafo 1, della sesta direttiva o detto articolo 306 potrebbe fungere da guida per determinare l’esatta portata di queste ultime due disposizioni. Difatti, dall’esame delle loro diverse versioni linguistiche si evincerebbe che il termine «viaggiatore» non è impiegato in modo sistematico né all’articolo 26, paragrafi da 1 a 4, della sesta direttiva né agli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA. Talune versioni linguistiche utilizzerebbero sistematicamente il termine «cliente», mentre altre impiegherebbero talvolta il termine «viaggiatore», talaltra «cliente». Tali divergenze costituirebbero una fonte di ambiguità, come dimostrato dalla circostanza che, in particolare, la Repubblica italiana, la Repubblica ceca, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna e la Repubblica francese seguono l’impostazione basata sul cliente, sebbene le versioni linguistiche della direttiva IVA, come pubblicate nelle loro lingue nazionali, si avvalgano del termine «viaggiatore».

28. La Repubblica italiana ne desume che è necessario ricorrere ad un’interpretazione teleologica delle disposizioni in oggetto, ricercando gli obiettivi perseguiti dal regime speciale delle agenzie di viaggio. Peraltro, questi ultimi non sarebbero contestati dalla Commissione e comprenderebbero, da un lato, la semplificazione delle regole relative all’IVA applicabili alle agenzie di viaggio e, dall’altro, la ripartizione del gettito dell’IVA tra gli Stati membri. Orbene, sarebbe altrettanto pacifico che l’impostazione basata sul cliente è la più idonea a conseguire tali obiettivi. Di conseguenza, tale impostazione costituirebbe l’unica interpretazione corretta.

29. La Repubblica italiana sottolinea che la qualità del destinatario del servizio, che si tratti del viaggiatore, consumatore finale, o di un’agenzia di intermediazione, non è pertinente. Tale Stato membro si fonda, per analogia, in particolare, sulla sentenza del 22 ottobre 1998, Madgett e Baldwin (C-308/96 e C-94/97 (1), Racc. pag. I-6229), e sostiene che, in tale sentenza, malgrado il carattere di deroga del regime speciale in oggetto, la Corte ha effettuato un’interpretazione estensiva dell’articolo 26 della sesta direttiva, facendo prevalere l’obiettivo perseguito da tale regime sulla lettera di detto articolo.

30. L’impostazione basata sul cliente, contrariamente a quella basata sul viaggiatore, consentirebbe di rispettare il principio della neutralità dell’IVA, trattando alla stessa maniera gli operatori che vendono direttamente pacchetti di viaggio ai viaggiatori e quelli che vendono tali viaggi ad altri operatori.

31. Per quanto concerne il rischio di doppia imposizione paventato dalla Commissione, la Repubblica italiana sostiene che esso è dovuto alla coesistenza delle due impostazioni in oggetto e che sarebbe scongiurato se fosse accolta un’unica impostazione.

32. La Repubblica italiana contesta l’esistenza delle presunte incoerenze riscontrate dalla Commissione per quanto concerne, in primo luogo, i termini «in nome proprio nei confronti del cliente». Essa afferma che la Commissione ha confuso l’espressione «nei confronti “del” cliente», utilizzata nella versione in lingua inglese dell’articolo 26 della sesta direttiva, con l’espressione «nei confronti “del suo” cliente». Solo questa seconda espressione potrebbe rivestire carattere ridondante.

33. Peraltro, la stessa Commissione avrebbe utilizzato l’espressione «che agisce in nome proprio nei confronti dei clienti» in numerose versioni linguistiche della sua proposta di direttiva del Consiglio dell’8 febbraio 2002, che modifica la direttiva 77/388 relativamente al regime speciale delle agenzie di viaggio [COM(2002) 64 def.].

34. Il timore, espresso dalla Commissione, che la citata espressione possa sfociare nell’applicazione del regime speciale delle agenzie di viaggio agli intermediari non avrebbe motivo di sussistere, considerata l’espressa menzione che figura all’articolo 306, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA che esclude tale possibilità.

35. Per quanto attiene, in secondo luogo, all’espressione «a carico del viaggiatore», la Corte avrebbe già riconosciuto che questa non può essere interpretata letteralmente e che ingloba altresì il corrispettivo a carico di un terzo.

36. L’impostazione della Commissione solleverebbe inoltre un problema di ordine pratico, nel senso che, se il regime speciale delle agenzie di viaggio si applicasse solo alle vendite al viaggiatore, consumatore finale, potrebbe risultare necessario verificare, caso per caso, se l’acquirente di un viaggio sia effettivamente la persona che lo sfrutterà e se egli non rivenderà il viaggio ad un altro soggetto.

37. Per di più, il riferimento che la Commissione ha effettuato alla citata sentenza Commissione/Spagna non sarebbe pertinente, poiché le disposizioni oggetto della causa da cui è scaturita tale sentenza, contrariamente a quelle al centro del presente ricorso, erano univoche.

Giudizio della Corte

38. Per decidere il presente ricorso occorre appurare se, autorizzando le agenzie di viaggio ad applicare il regime speciale in oggetto alle operazioni che esse effettuano non solo con i «viaggiatori», bensì anche con tutti i tipi di «clienti», la Repubblica italiana abbia trasposto correttamente gli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA.

39. Le versioni in lingua italiana dei citati articoli da 306 a 310, da un lato, e dell’articolo 26, paragrafi da 1 a 4, della sesta direttiva, dall’altro, utilizzano entrambe il termine «viaggiatore» in modo sistematico. Le altre versioni linguistiche, invece, impiegano i termini «viaggiatore» e/o «cliente», variandone talvolta l’uso da una disposizione all’altra.

40. Malgrado queste divergenze particolarmente significative, la Commissione ritiene praticabile un’interpretazione letterale, fondata su cinque delle sei versioni linguistiche iniziali della sesta direttiva, che utilizzano sistematicamente il termine «viaggiatore». L’uso del termine «cliente» nella versione in lingua inglese di tale direttiva costituirebbe un errore.

41. La circostanza che solo tale versione in inglese utilizzi il termine «cliente», e per di più in un’unica occasione, potrebbe indurre a ritenere che si tratti di un errore. Anche le spiegazioni fornite dalla Commissione in sede di udienza, secondo cui il documento di lavoro all’origine della sesta direttiva era redatto in lingua francese, potrebbero corroborare l’idea secondo cui è stato commesso un errore all’atto della traduzione in inglese di detta direttiva.

42. Tuttavia, numerose constatazioni inducono a rimettere in discussione questa disamina della Commissione.

43. Innanzitutto, si deve necessariamente riconoscere che, se si trattasse di un errore, esso non è stato corretto nella versione in lingua inglese della sesta direttiva.

44. Inoltre, lungi dall’apparire un’unica volta e dall’essere limitato ad una versione linguistica in particolare, il termine «cliente» è stato utilizzato in numerose altre versioni linguistiche della sesta direttiva e non solamente al suo articolo 26, paragrafo 1.

45. Per di più, sebbene questo presunto errore avrebbe potuto essere corretto per lo meno in occasione dell’adozione della direttiva IVA, così non è avvenuto, poiché il termine «cliente» figura in numerose versioni linguistiche degli articoli da 306 a 310 di tale direttiva, e a volte in maniera non sistematica.

46. Infine, la proposta di direttiva menzionata al punto 33 della presente sentenza, che mirava a sostituire la normativa esistente con un testo che sostanzialmente adotta l’impostazione basata sul cliente, utilizzava il termine «viaggiatore» nella versione in lingua francese dell’articolo 26, paragrafo 1, di tale direttiva, ma impiegava il termine «cliente» nella versione in lingua inglese della medesima disposizione.

47. Da ciò si evince che, contrariamente a quanto afferma la Commissione, un’interpretazione puramente letterale del regime speciale delle agenzie di viaggio fondata sul testo di una o più versioni linguistiche ad esclusione delle altre non può essere accolta. Secondo una giurisprudenza costante, occorre considerare che le norme del diritto dell’Unione devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme alla luce delle versioni in tutte le lingue dell’Unione. In caso di disparità tra le diverse versioni linguistiche di un testo dell’Unione, la disposizione di cui è causa dev’essere intesa in funzione dell’impianto sistematico e della finalità della normativa di cui fa parte (sentenza dell’8 dicembre 2005, Jyske Finans, C-280/04 (2), Racc. pag. I-10683, punto 31).

48. Nel caso di specie, le altre disposizioni che contornano quelle che utilizzano il termine «cliente», così come esso è impiegato nella versione in lingua inglese della sesta direttiva, variano a seconda delle versioni linguistiche delle due direttive in parola, cosicché dall’impianto sistematico delle disposizioni in oggetto non si può trarre alcuna conclusione in merito all’interpretazione del regime speciale delle agenzie di viaggio.

49. Quanto alla finalità di tale regime speciale, la Corte ha ripetutamente ricordato che i servizi forniti dalle agenzie di viaggio e dagli organizzatori di giri turistici sono caratterizzati dal fatto di essere, di regola, composti da prestazioni plurime, in particolare in materia di trasporto e di alloggio, che vengono eseguite sia all’interno sia all’esterno del territorio dello Stato membro in cui l’impresa ha la sua sede o un centro di attività stabile. All’applicazione delle norme di diritto comune concernenti il luogo di imposizione, la base imponibile e la detrazione dell’imposta pagata a monte si frapporrebbero, a causa della varietà delle prestazioni e dei luoghi in cui vengono fornite, difficoltà pratiche per dette imprese, che sarebbero atte ad ostacolare l’esercizio della loro attività. Al fine di adeguare le norme in materia alla specificità di tale attività, il legislatore dell’Unione ha istituito, all’articolo 26, paragrafi da 2 a 4, della sesta direttiva, un regime IVA speciale (v. sentenze del 12 novembre 1992, Van Ginkel, C-163/91 (3), Racc. pag. I-5723, punti da 13 a 15; Madgett et Baldwin, cit., punto 18; del 19 giugno 2003, First Choice Holidays, C-149/01 (4), Racc. pag. I-6289, punti da 23 a 25; del 13 ottobre 2005, ISt, C-200/04 (5), Racc. pag. I-8691, punto 21, nonché del 9 dicembre 2010, Minerva Kulturreisen, C-31/10 (6), Racc. pag. I-12889, punti 17 e 18).

50. Di conseguenza, il regime speciale anzidetto persegue l’obiettivo di semplificare le regole relative all’IVA applicabili alle agenzie di viaggio. Esso mira altresì a ripartire il gettito proveniente dalla riscossione di tale imposta in maniera equilibrata tra gli Stati membri, garantendo, da un lato, l’attribuzione del gettito dell’IVA relativo a ciascun servizio individuale allo Stato membro in cui si verifica il consumo finale del servizio e, dall’altro, l’attribuzione del gettito afferente al margine dell’agenzia di viaggio allo Stato membro in cui quest’ultima è stabilita.

51. Orbene, occorre sottolineare la circostanza – peraltro non contestata – che l’impostazione basata sul cliente è quella più idonea a conseguire entrambi gli obiettivi, in quanto consente alle agenzie di viaggio di fruire di regole semplificate a prescindere dal tipo di clienti cui forniscono le loro prestazioni e favorisce, in tal modo, un’equilibrata ripartizione del gettito tra gli Stati membri.

52. La circostanza che nel 1977, all’epoca in cui è stato adottato il regime speciale delle agenzie di viaggio, la maggioranza di queste ultime vendesse i propri servizi direttamente al consumatore finale non implica che il legislatore abbia inteso circoscrivere il predetto regime speciale a questo tipo di vendite ed escludere dallo stesso le vendite ad altri operatori.

53. Infatti, quando un operatore organizza un pacchetto e lo vende ad un’agenzia di viaggio che lo rivende successivamente ad un consumatore finale, è il primo operatore che si assume il compito di combinare differenti prestazioni acquistate presso diversi terzi assoggettati all’IVA. Considerata la finalità del regime speciale delle agenzie di viaggio, ciò che rileva è che il suddetto operatore possa fruire di regole semplificate in materia di IVA e che queste ultime non rimangano appannaggio dell’agenzia di viaggio, la quale, in un’ipotesi del genere, si limita a rivendere al consumatore finale il pacchetto acquistato presso detto operatore.

54. Occorre inoltre rammentare che la Corte è già stata chiamata ad interpretare il termine «viaggiatore» conferendogli un senso più ampio rispetto a quello di consumatore finale. Al punto 28 della citata sentenza First Choice Holidays, la Corte ha statuito che i termini «a carico del viaggiatore», utilizzati all’articolo 26, paragrafo 2, della sesta direttiva, non possono essere interpretati letteralmente nel senso che essi escludano dalla base imponibile IVA un elemento del «corrispettivo» ottenuto da parte di un terzo a norma dell’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva.

55. Le altre obiezioni sollevate dalla Commissione per respingere l’impostazione basata sul cliente non sono idonee a rimettere in discussione questa analisi.

56. La circostanza che il regime speciale delle agenzie di viaggio configuri un’eccezione alle regole di diritto comune, e che quindi, in quanto tale, detta eccezione non debba essere estesa oltre quanto necessario al raggiungimento dei suoi obiettivi (v. sentenza First Choice Holidays, cit., punto 22), non implica tuttavia che occorra adottare l’impostazione basata sul viaggiatore se quest’ultima pregiudica l’effetto utile del predetto regime speciale.

57. Pur riconoscendo che il regime speciale delle agenzie di viaggio è perfettibile, la Commissione fa osservare, fondandosi sul punto 28 della citata sentenza Commissione/Spagna, che non compete agli Stati membri adottare di propria iniziativa un’impostazione che, a loro avviso, migliori tale regime, poiché, procedendo in tal modo, essi si sostituiscono al legislatore dell’Unione. Tuttavia, la citata sentenza non può essere invocata proficuamente nel caso di specie, poiché, diversamente dal regime speciale delle agenzie di viaggio, la normativa al centro di tale sentenza era univoca.

58. L’argomento tratto dalle presunte incoerenze che risulterebbero da un’interpretazione del termine «cliente» non nel senso di «viaggiatore», bensì di qualsiasi tipo di «cliente» è valido solo nei confronti della versione iniziale in lingua inglese della sesta direttiva e delle versioni linguistiche successive, ricalcate su quest’ultima, che utilizzano tale termine in un’unica occasione. Per quanto attiene alle versioni linguistiche della direttiva IVA che si avvalgono di detto termine in maniera sistematica ai suoi articoli da 306 a 310, detto argomento è inconferente.

59. Quanto alla sussistenza del rischio che le agenzie di viaggio applichino il citato regime speciale anche quando agiscono in qualità di intermediario, è sufficiente rilevare che, considerati gli espliciti termini in cui è redatto l’articolo 306, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA, che escludono, in ogni caso, siffatta possibilità, tale rischio non è fondato.

60. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre interpretare il disposto degli articoli da 306 a 310 della direttiva IVA seguendo l’impostazione basata sul cliente.

61. Occorre pertanto respingere il ricorso della Commissione in quanto infondato.

Sulle spese

62. A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica italiana ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese. Peraltro, ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del medesimo regolamento, secondo cui le spese sostenute dagli Stati membri intervenuti nella causa restano a loro carico, occorre statuire che la Repubblica ceca, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica di Polonia e la Repubblica di Finlandia si fanno carico delle proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Commissione europea è condannata a sopportare le spese sostenute dalla Repubblica italiana.

3) La Repubblica ceca, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica di Polonia e la Repubblica di Finlandia si fanno carico delle proprie spese.

 

(1) In Boll. Trib. On-line.

(2) In Boll. Trib. On-line.

(3) In Boll. Trib. On-line.

(4) In Boll. Trib. On-line.

(5) In Boll. Trib. On-line.

(6) In Boll. Trib. On-line.