6 Luglio, 2018

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. La c.d. “Road Map” – 3. Il Protocollo modificativo – 4. L’Accordo del 27 febbraio/2 marzo 2017.

1. Premessa

Rispettivamente in data 27 febbraio e 2 marzo 2017 le Autorità competenti di Italia e Svizzera hanno firmato un Accordo amministrativo (“Agreement between the Competent Authorities of the Swiss Confederation and Italy on exchange of information through group requests”) (1) avente quale oggetto specifico le c.d. “richieste di gruppo”.
La tematica delle richieste di gruppo (ovverossia quelle richieste aventi ad oggetto particolari gruppi di contribuenti non identificati individualmente ma accomunati da alcune modalità di comportamento) è, negli ultimi anni, uno degli aspetti più importanti e controversi dell’assistenza amministrativa (2) che, sulla base di diversi strumenti giuridici (3), gli Stati si prestano vicendevolmente, secondo lo standard dell’OCSE, per verificare il corretto adempimento degli obblighi fiscali dei rispettivi contribuenti.
È noto, al riguardo, come la Svizzera, come Stato richiesto, abbia dovuto dare seguito a diverse richieste di gruppo avanzate dalle Autorità fiscali di altri Stati; è quindi interessante, sulla scorta anche di tali precedenti (4), analizzare quale possa essere, nei rapporti tra Italia e Svizzera, l’oggetto delle medesime, tenendo conto anche degli altri documenti ufficiali anteriori all’Accordo qui in commento [“Road Map” (5) e Protocollo modificativo della Convenzione tra Italia e Svizzera (6)].

2. La c.d. “Road Map”

Oltre a dare atto, al paragrafo 1, che i due Stati contraenti concordano sull’introduzione, nei dovuti tempi, dello scambio automatico di informazioni fiscali secondo le indicazioni dell’OCSE, particolarmente interessanti sono, per quanto qui rileva, alcune previsioni contenute nel paragrafo 2 (“Regularization of the past and exchange of information on request on cross border assets”).
Innanzitutto, al paragrafo 2.1. si prevedeva (circostanza poi verificata) che, nei sessanta giorni successivi alla data di entrata in vigore delle disposizioni sulla c.d. Voluntary Disclosure (7), Italia e Svizzera avrebbero firmato un Protocollo modificativo della Convenzione atto a recepire nella medesima un articolo totalmente conforme allo standard OCSE sullo scambio di informazioni che però tenesse anche conto delle modifiche apportate al Commentario al Modello OCSE sul tema delle c.d. “richieste di gruppo”. Si aggiungeva, poi, che le richieste di informazioni basate sul nuovo standard sarebbero state attivabili dalle rispettive Autorità a decorrere dalla data di entrata in vigore del Protocollo ma anche con riferimento alle situazioni esistenti dalla data di firma del Protocollo in poi («this article will allow each Contracting State to make requests on or after the date of entry into force of the amending Protocol for information that relates to any date beginning on or after the date of signature of the amending Protocol»).
Dopo aver regolato al paragrafo 2.2. alcuni aspetti relativi alla Voluntary Disclosure, il paragrafo 2.3. (“Transitional Period”) della Road Map ‘ritornava’ sul tema affermando al paragrafo 2.3.1. che, finché non fosse stato attivato tra Italia e Svizzera lo scambio automatico di informazioni, i due Stati contraenti avrebbero utilizzato gli strumenti loro disponibili allo scopo, tra l’altro, di individuare contribuenti con ‘questioni fiscali aperte’ (“open tax liabilities”) (8) che avessero tentato di evitare di regolarizzare la loro situazione fiscale (“who try to avoid regularizing their tax situation”) trasferendo i loro investimenti altrove (“by moving assets away”) o non partecipando ai programmi di Voluntary Disclosure previsti nei loro Stati di residenza (9). Uno degli strumenti disponibili a tal fine, proseguiva la Road Map, era, per l’appunto, costituito dalle “richieste di gruppo” per situazioni o fatti riferibili (‘all’indietro’) fino alla data di firma (non oltre) del Protocollo modificativo della Convenzione (“including group requests … going back to the date of signature of the amending Protocol …”).
I ‘contorni’ delle “richieste di gruppo” ammissibili [che, come abbiamo appena visto, avrebbero interessato i soggetti che (i) avevano trasferito gli investimenti altrove o (ii) non avevano partecipato ai programmi di Voluntary Disclosure] erano meglio delineati dalla Road Map nei successivi paragrafi 2.3.2. e 2.3.3. nei seguenti termini:
a) “richieste di gruppo” basate sul comportamento di contribuenti (sospettati di evasione) che avrebbero deciso di chiudere o ridurre sostanzialmente le loro relazioni finanziarie in Svizzera (“deciding to close their financial position with the Swiss … financial institutions … or not closing their financial position but substantially emptying their accounts”) dopo la firma del Protocollo di modifica della Convenzione (par. 2.3.2.);
b) “richieste di gruppo” basate sul comportamento di contribuenti (sospettati di evasione) che, avendo ricevuto richieste da parte degli intermediari finanziari svizzeri in merito al corretto assoggettamento fiscale in Italia degli investimenti da essi detenuti in Svizzera (“who have been asked by their Swiss … financial institution whether the assets deposited are duly taxed”), avrebbero risposto negativamente o rifiutato di rispondere (“who gave a negative answer or refused to answer”) (par. 2.3.3.) (10).
Per quanto qui rileva, la Road Map concludeva (par. 2.3.4.) rinviando a successivi accordi tra le autorità competenti dei due Stati la determinazione delle modalità operative sulla base delle quali tali richieste di gruppo sarebbero state eseguite e processate (11).

3. Il Protocollo modificativo

Il Protocollo modificativo (12) della Convenzione tra Italia e Svizzera:
1. abroga l’art. 27 e lo sostituisce con un nuovo art. 27, pienamente conforme all’art. 26 del Modello di Convenzione OCSE del 2014 (articolo I);
2. inserisce nel Protocollo aggiuntivo del 9 marzo 1976 una nuova lett. e-bis) (articolo II);
3. contiene (articolo III) le disposizioni in merito alla sua entrata in vigore (come detto, 13 luglio 2016) e alla decorrenza delle richieste di informazioni che:
¬ potranno essere presentate dalla data di entrata in vigore del Protocollo (13 luglio 2016);
¬ dovranno riferirsi a “fatti e/o circostanze esistenti o realizzate il giorno della firma del Protocollo di modifica [23 febbraio 2015] o dopo questa data” (13).
Relativamente al primo intervento, ci limitiamo ad osservare che il par. 1 del nuovo art. 27 contiene la disposizione centrale della disciplina dello scambio di informazioni in materia fiscale: “le autorità competenti degli Stati contraenti si scambiano le informazioni verosimilmente rilevanti per applicare le disposizioni della presente Convenzione oppure per l’amministrazione o l’applicazione del diritto interno relativo alle imposte di qualsiasi natura o denominazione riscosse per conto degli Stati contraenti, delle loro suddivisioni politiche o enti locali nella misura in cui l’imposizione prevista non sia contraria alla Convenzione. Lo scambio di informazioni non è limitato dagli articoli 1 e 2”.
A tale riguardo sono ovviamente rilevanti i chiarimenti forniti dall’OCSE che, qui di seguito, ripercorriamo sinteticamente e con particolare riferimento alle “richieste di gruppo”.
Mentre nel Modello OCSE, fino alla versione del 2003, si prevedeva che lo scambio avesse ad oggetto le informazioni “necessarie” all’applicazione delle disposizioni convenzionali o domestiche, dal Modello del 2005 in poi (e così, quindi, anche nella novellata Convenzione tra Italia e Svizzera) lo scambio tra autorità ha ad oggetto “le informazioni presumibilmente rilevanti” ai fini dell’applicazione delle “imposte di qualsiasi natura e denominazione” – quindi, anche delle imposte non ricomprese nel campo applicativo della singola Convenzione.
Secondo l’OCSE la previsione di una “presumibile rilevanza” delle informazioni scambiate ha lo scopo di:
¬ da un lato, ampliare il più possibile lo ‘spettro’ di informazioni ‘scambiabili’;
¬ dall’altro, impedire le cc.dd. “fishing expeditions” cioè le richieste speculative di informazioni prive di un nesso apparente con un’indagine o un accertamento in corso a carico di una persona (14).
In altre parole, la “presumibile rilevanza” implica che, al momento della richiesta, vi sia una ragionevole e documentata possibilità che le informazioni richieste siano utili (15), essendo comunque irrilevante che le informazioni, una volta scambiate, si dimostrino concretamente inutilizzabili.
Le “informazioni presumibilmente rilevanti” possono riguardare sia un singolo contribuente (purché identificato per nome o altrimenti) che una pluralità di contribuenti (purché identificati per nome o altrimenti) siano essi persone fisiche o enti, residenti o non residenti, senza limite di nazionalità. Il requisito della riferibilità delle informazioni ricercate a un contribuente (o a un gruppo) identificato risiede, evidentemente, anche nella necessità, per lo Stato richiesto, di esercitare una forma di controllo sulle medesime, anche per limitare il dispendio di risorse amministrative dedicate all’attività di scambio di informazioni a favore dell’altro Stato.
Nel caso in cui la richiesta abbia ad oggetto, invece, un particolare gruppo di contribuenti non identificati individualmente, la medesima, per non essere qualificata come “fishing expedition”, deve contenere secondo l’OCSE:
¬ una descrizione chiara e dettagliata del gruppo di contribuenti e degli specifici fatti e circostanze del caso;
¬ chiarimenti in merito a (i) le disposizioni concretamente applicabili alla fattispecie, (ii) i motivi sulla base dei quali l’autorità richiedente ritiene che il gruppo di contribuenti non vi abbia adempiuto, e (iii) l’utilità delle informazioni richieste ai fini delle verifiche in corso.
Più esaurienti sono alcuni esempi riportati nel Commentario al Modello di Convenzione OCSE:
¬ lo Stato A, sulla base dei dati relativi alle transazioni effettuate, in un dato anno, nel suo territorio mediante carte di credito estere, individua (anche sulla base della frequenza) tipi di utilizzi delle carte di credito che lascerebbero presupporre che i relativi titolari siano residenti nello Stato A medesimo. Lo Stato A non è in possesso né può ottenere i nominativi dei titolari delle carte di credito. I numeri identificativi delle carte di credito evidenziano, tuttavia, che le stesse sono state emesse dalla Banca B residente nello Stato B; pertanto e ai fini delle indagini in corso lo Stato A richiede allo Stato B i nominativi dei titolari (nonché degli altri soggetti autorizzati all’utilizzo) delle carte di credito: richiesta di gruppo ammissibile [par. 8, lett. f), del Commentario all’art. 26];
¬ le autorità fiscali dello Stato A hanno in corso indagini sull’intermediario finanziario B, residente nello Stato B, che commercializza un prodotto finanziario nello Stato A asserendo che i relativi proventi non siano ivi tassabili. La sottoscrizione del prodotto finanziario richiede che un conto corrente sia aperto presso B. Le autorità fiscali dello Stato A hanno emesso un comunicato (“taxpayer alert”) con il quale avvisano tutti i contribuenti che il reddito del prodotto finanziario in questione è in realtà fiscalmente rilevante nello Stato A. B, comunque, continua a commercializzare il prodotto via sito e rete di consulenti. Lo Stato A ha riscontrato che diversi contribuenti residenti hanno già acquistato il prodotto finanziario di B e non ne hanno dichiarato i proventi. Lo Stato A ha esaurito le fonti di informazioni disponibili ai fini dell’individuazione dei sottoscrittori residenti e, pertanto, richiede allo Stato B i nominativi dei propri residenti che (i) dispongono di un conto corrente con B, e (ii) hanno sottoscritto il prodotto finanziario in questione: richiesta di gruppo ammissibile [par. 8, lett. h), del Commentario all’art. 26);
¬ le autorità fiscali dello Stato A richiedono a quelle dello Stato B di fornire i nominativi e i saldi dei relativi conti (incluse informazioni sugli investimenti eseguiti attraverso tali conti) di residenti dello Stato A che abbiano rapporti finanziari con la banca B, residente dello Stato B, nota per intrattenere rapporti con correntisti non residenti: richiesta di gruppo non ammissibile [par. 9, lett. a), del Commentario all’art. 26).
Ai fini dell’ammissibilità della richiesta di gruppo rileva, quindi, il comportamento proattivo delle autorità fiscali dello Stato richiedente che, nell’ambito di indagini o accertamenti in corso, ritengano ragionevolmente che le informazioni disponibili nello Stato interpellato possano essere utili perché hanno un nesso logico con gli elementi già raccolti sul piano domestico.
La nuova lett. e-bis) del Protocollo aggiuntivo del 1976 (16) recepisce direttamente, seppur in maniera sintetica, le indicazioni fornite dall’OCSE nei vari commentari e, per quanto qui rileva, la possibilità che la richiesta di assistenza amministrativa possa riguardare (n. 3) “una pluralità di contribuenti (identificati con il nome o altrimenti)”.
Qui, ovviamente, il riferimento principale (minimo) è fatto ai modelli di comportamento già individuati nella Road Map (cioè, chiusura o riduzione sostanziale delle relazioni finanziarie in Svizzera dopo il 23 febbraio 2015 e risposta negativa/rifiuto di risposta alle richieste degli intermediari svizzeri in merito al corretto assoggettamento fiscale in Italia) che, pur essendo un documento politico-programmatico (17), costituisce chiaramente uno strumento interpretativo rilevante a tali fini (18).
Quanto alla decorrenza delle richieste di informazioni (come visto, presentate dal 13 luglio 2016 in poi e relative a fatti/circostanze esistenti o realizzate dal 23 febbraio 2015 in poi), è importante qui notare che la Svizzera (come l’Italia) è parte della Convenzione Multilaterale del Consiglio d’Europa e dell’OCSE sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale le cui disposizioni, per essa, sono entrate in vigore dal 1° gennaio scorso. Tale Convenzione prevede all’art. 28, settimo comma, che, in deroga alle disposizioni generali sull’entrata in vigore, le richieste di informazioni aventi ad oggetto condotte penalmente rilevanti possano avere applicazione retroattiva (19). Ciò significa, pertanto, che mentre l’assistenza, come regola generale, riguarda i periodi d’imposta successivi a quello di entrata in vigore della Convenzione Multilaterale, in caso di condotta penalmente rilevante nello Stato richiedente, l’assistenza è estesa ai periodi precedenti. Agli Stati aderenti è lasciata però la possibilità di esercitare il diritto di riserva che può, tra le altre questioni, avere ad oggetto la limitazione dell’effetto retroattivo dell’assistenza amministrativa in caso di fattispecie penalmente rilevanti con riferimento a periodi di imposta che abbiano avuto inizio il 1° gennaio del terzo anno precedente all’entrata in vigore della Convenzione (1° gennaio 2017 per la Svizzera). La Svizzera ha esercitato tale facoltà e, pertanto, potrà dar seguito, ai sensi della Convenzione Multilaterale, a richieste di assistenza amministrativa avanzate dall’Italia, ma solo per fattispecie penalmente rilevanti e con riferimento ai periodi d’imposta dal 2014 in poi (20).

4. L’Accordo del 27 febbraio/2 marzo 2017

La Road Map, come si è visto, aveva previsto al par. 2.3.4. successivi accordi in merito alle modalità operative sulla base delle quali le richieste di gruppo sarebbero state eseguite e processate. Il quarto “Whereas” dell’Accordo specifica quindi che le parti desiderano con esso giungere a una comune interpretazione ma di “a specific category of admissible group requests” (quindi, non tutte le possibili richieste di gruppo). Pertanto, il quinto “Whereas” restringe l’oggetto dell’Accordo in questione alle sole richieste di gruppo concernenti quei contribuenti che hanno dato risposta negativa (o rifiutato di dare risposta) alle richieste degli intermediari svizzeri in merito al corretto assoggettamento fiscale in Italia delle attività finanziarie detenute in Svizzera (21) (contribuenti definiti come “recalcitrant account holders”).
L’Accordo non concerne, pertanto, le richieste di gruppo per i contribuenti che hanno chiuso (o ridotto sostanzialmente) le loro relazioni finanziarie in Svizzera dopo il 23 febbraio 2015 (per i quali le parti continueranno le discussioni) (22).
Dopo aver ricordato che lo scambio di informazioni automatico (CRS) tra Italia e Svizzera (ai sensi dell’Accordo tra quest’ultima e l’Unione europea) avrà effetto dal 2018 con riguardo alle relazioni finanziarie esistenti al 31 dicembre 2016 e quelle aperte dal 1° gennaio 2017, nell’art. 1 dell’Accordo qui in commento la Svizzera conferma che darà seguito alle richieste di gruppo avanzate dall’Italia che concernino le relazioni finanziarie svizzere detenute dai contribuenti italiani (della specifica categoria) nel periodo compreso dal 23 febbraio 2015 (data di firma del Protocollo modificativo) al 31 dicembre 2016 (decorso il quale le informazioni verranno scambiate in via automatica ai sensi del CRS).
L’art. 2 dell’Accordo (“Group requests referred to in Article 1 shall concern ‘recalcitrant account holders’”) conferma ulteriormente che le richieste di gruppo regolate dal Protocollo concerneranno (al momento) solo i contribuenti della specifica categoria.
A tal fine, il par. 2 dello stesso articolo tenta di meglio definire (rispetto alla Road Map) chi siano i “recalcitrant account holders” che saranno oggetto della richiesta di gruppo.
Si tratta delle persone fisiche contribuenti italiani (i cui nominativi non siano, ovviamente, noti) che, nel periodo compreso dal 23 febbraio 2015 al 31 dicembre 2016, abbiano tenuto il seguente modello di comportamento (benché l’Accordo non sia chiaro, tutti gli elementi esposti di seguito devono evidentemente essere concorrenti tra loro):
a) la persona fisica è (23) (o era) titolare di uno o più conti con intermediari finanziari svizzeri;
b) la medesima ha (o aveva) un indirizzo di domicilio o residenza in Italia (per quanto risultante dalla documentazione bancaria detenuta dall’intermediario svizzero);
c) l’intermediario finanziario svizzero aveva inviato al titolare del conto una lettera nella quale annunciava la chiusura forzata del conto o dei conti a meno che il titolare non avesse fornito all’intermediario (i) una dichiarazione firmata con la quale lo autorizzava alla trasmissione delle informazioni bancarie sulla base della c.d. Direttiva Risparmio o della Voluntary Disclosure o (ii) qualsiasi altra prova di aver adempiuto agli obblighi fiscali per tale conto o conti;
d) nonostante la lettera, il titolare del conto non aveva fornito all’intermediario svizzero sufficiente evidenza dei relativi adempimenti fiscali (“sufficient evidence of tax compliance”).
Poiché la definizione contenuta nell’art. 2 di “recalcitrant account holder”, benché più analitica della Road Map, rimane in parte collegata a circostanze non facilmente documentabili [ad esempio, la ricezione da parte del titolare del conto della lettera di cui al punto c)] o che, comunque, richiedono un apprezzamento soggettivo (è stata o non è stata data “sufficiente evidenza” di aver adempiuto agli obblighi fiscali italiani?), l’art. 3 dell’Accordo specifica che non rientrano nella categoria, oggetto di richiesta di gruppo, alcune tipologie di conti (“out of scope of Article 2 are accounts …”).
Oltre ai conti oggetto di specifiche altre procedure di assistenza (24), sono esclusi dalle richieste di gruppo i conti intrattenuti con intermediari svizzeri collegati alle diverse edizioni del c.d. “scudo fiscale” [lett. c) (25)] ma, aspetto particolarmente rilevante, solo a determinate condizioni che devono, per di più, essere tutte soddisfatte. Più in particolare, le condizioni sono le seguenti:
1) i conti in questione devono essere stati integralmente regolarizzati con lo “scudo fiscale”;
2) l’ammontare totale del conto intrattenuto con l’intermediario svizzero al momento della firma della relativa dichiarazione riservata era “equivalente” all’ammontare degli “asset” svizzeri regolarizzati indicato nella dichiarazione riservata (“the overall amount of the account maintained with the financial institution located in Switzerland at the time of the signature of the anonymous declaration (and its annexes, if any) was equivalent to the amount of the Swiss regularized assets indicated on the anonymous declaration”);
3) la dichiarazione riservata è stata firmata dal contribuente e controfirmata dall’intermediario italiano;
4) non vi sono stati nuovi apporti di denaro nel conto dopo la data di firma della dichiarazione riservata (i proventi degli asset regolarizzati non si considerano nuovi apporti) (“no new money was deposited into the account after the date of signature of the anonymous declaration. Proceeds of regularized assets do not qualify as new money”);
5) il mandato all’intermediario finanziario italiano (per l’assolvimento degli obblighi tributari) non è stato revocato (o, se lo è stato, è stato nominato un nuovo intermediario).
Particolarmente delicate appaiono le condizioni sub 2) e 4). Ci limitiamo ad alcune prime osservazioni. Quanto alla prima, è noto che le disposizioni concernenti lo “scudo fiscale” prevedevano, per quanto qui rileva, che fossero oggetto di regolarizzazione le attività finanziarie detenute presso gli intermediari esteri a una specifica data di riferimento (nel caso dell’ultima edizione, si trattava del 31 dicembre 2008) e che gli eventuali rendimenti prodotti dalle medesime successivamente (fino alla data della dichiarazione riservata) fossero, a determinate condizioni, soggetti ad imposizione, in via analitica o forfettaria, a cura dell’intermediario italiano incaricato della regolarizzazione.
La condizione sub 2) sembra, per l’appunto, fare riferimento alla situazione tipica appena richiamata.
Perplessità suscitano, tuttavia, i termini del raffronto: da un lato, l’ammontare del conto alla data di regolarizzazione (cioè alla data della firma della dichiarazione riservata) e, dall’altro, l’ammontare degli “asset” svizzeri (26) indicato nella dichiarazione riservata.
Ipotizzando che l’ammontare del conto (per esempio pari a 350) alla data di regolarizzazione (per esempio 15 dicembre 2009) fosse costituito dalle disponibilità esistenti (per esempio pari a 300) alla data di riferimento dello “scudo fiscale” (31 dicembre 2008) più i rendimenti – per esempio pari a 50 – prodotti successivamente, la normativa sullo “scudo fiscale” prevedeva che l’ammontare da indicare nella dichiarazione riservata fosse pari a 300. In quest’ipotesi scolastica l’ammontare indicato nella dichiarazione riservata (300) non coinciderebbe (non sarebbe “equivalente”) con l’ammontare del conto alla data di regolarizzazione (350) (27), benché, nell’esempio, sia stata data corretta esecuzione, dal punto di vista normativo, allo “scudo fiscale”. Sulla base di un’interpretazione solo formale e non logico-sistematica dell’Accordo, il conto, non soddisfacendo una delle condizioni previste, dovrebbe quindi essere comunicato.
Vediamo il caso in cui, tra la data di riferimento dello “scudo fiscale” (31 dicembre 2008) e la data di regolarizzazione (15 dicembre 2009), siano avvenuti uscite a titolo definitivo o nuovi apporti.
Nel primo caso (uscite a titolo definitivo per esempio di 100), le disponibilità esistenti al 31 dicembre 2008 (per esempio 300) non andavano indicate nel loro intero ammontare nella dichiarazione riservata perché, alla data di regolarizzazione, ne residuavano, nell’esempio, solo 200. In quest’ipotesi, l’ammontare del conto alla data di regolarizzazione (200) sarebbe “equivalente” all’ammontare esposto nella dichiarazione riservata (200), ragione per la quale il conto in questione dovrebbe essere escluso dalle richieste di gruppo (28). Se, tuttavia, ipotizziamo che, con le uscite a titolo definitivo, siano state costituite disponibilità presso altri intermediari esteri (non svizzeri), non è chiaro perché, sulla base di un’interpretazione logico-sistematica e non solo formale dell’Accordo, il conto dovrebbe essere escluso dalle richieste di gruppo (29).
Nel secondo caso (nuovo apporto di capitale, per esempio, di 100), la normativa sullo “scudo fiscale” imponeva che l’importo indicato nella dichiarazione riservata corrispondesse alle disponibilità esistenti al 31 dicembre 2008 (300). In quest’ulteriore ipotesi, l’ammontare del conto alla data di regolarizzazione (400) non è “equivalente” all’ammontare esposto nella dichiarazione riservata (300). Il conto, quindi, dovrebbe essere comunicato sulla base dell’Accordo.
Nell’esempio appena fatto i due ammontari, al contrario, diverrebbero “equivalenti” (400, da un lato, e 400, dall’altro) se, in manifesta violazione della normativa sullo “scudo fiscale”, fosse stato esposto, nella dichiarazione riservata, l’importo di 400 (e non quello, corretto, di 300). Sulla base di un’interpretazione solo formale dell’Accordo il conto, invece, non dovrebbe essere comunicato.
Questi esempi rendono evidente (30) come, al fine di evitare conseguenze illogiche, il requisito della “equivalenza” vada inteso in senso qualitativo (cioè, lo “scudo fiscale” deve essere stato eseguito correttamente, ciò richiedendo, pertanto, una verifica analitica) e non in senso quantitativo perché, nei casi concreti (e non di scuola), una coincidenza di importi tra ammontare del conto alla data di regolarizzazione e ammontare esposto nella dichiarazione riservata non potrà, pressoché mai, essere verificata.
La condizione sub 4) prevede che, ai fini della non inclusione nelle richieste di gruppo, non vi siano stati nuovi apporti dopo la data di firma della dichiarazione riservata (e, quindi, anche in anni recenti). Se, al contrario, vi sono stati nuovi apporti (diversi dagli eventuali rendimenti delle attività regolarizzate), il conto dovrebbe essere comunicato (i) nonostante il mandato all’intermediario italiano e (ii) a prescindere dalla circostanza che gli apporti costituiscano capitale o siano rappresentativi di redditi regolarmente assoggettati a tassazione in Italia (ad esempio, dopo la firma della dichiarazione riservata v’è stato un nuovo apporto di capitale proveniente da altra gestione patrimoniale intrattenuta con intermediario non svizzero e per la quale sono stati adempiuti tutti gli obblighi fiscali e di monitoraggio in Italia).
Nonostante le perplessità sopra evidenziate, dovrebbe comunque essere possibile sostenere quanto segue.
Se, sulla base di una lettura solo formale dell’Accordo, una delle condizioni sopra individuate non è soddisfatta, il conto collegato allo “scudo fiscale”, sulla base dell’art. 3 dell’Accordo medesimo, non è escluso dall’art. 2 (cioè, non è “out of scope of Article 2”): il conto, pertanto, è potenzialmente collegabile a un “recalcitrant account holder” dell’art. 2.
Ma se così è, il contribuente non è più un “recalcitrant account holder” nei limiti in cui abbia già dato all’intermediario svizzero “sufficiente evidenza”, nelle forme e nel periodo individuati dall’art. 2, di aver adempiuto agli obblighi italiani. Se così è, il conto in questione, pertanto, non può essere oggetto di richieste di gruppo; se non è così, il conto, al contrario, dovrebbe essere comunicato.
Queste prime e limitate osservazioni rendono comunque evidente come le rilevanti complessità tecniche dello “scudo fiscale” (che devono, per di più, essere interpretate dagli intermediari e dalle autorità svizzere!) mal si attaglino alle categorizzazioni, per così dire, “matematiche” dell’Accordo.
Certo, le informazioni che potranno essere fornite (nei limitati casi in cui, per quanto sopra, conti collegati allo “scudo fiscale” dovessero ricadere nelle richieste di gruppo) saranno i saldi al 28 febbraio 2015 e al 31 dicembre 2016 (31) per cui gli eventuali redditi di natura finanziaria prodotti in tale periodo risulteranno generalmente tassati dall’intermediario italiano; l’esperienza pratica tuttavia insegna come, anche da tali risultanze, possano scaturire complesse e controverse (32) attività ispettive a ritroso che, peraltro, potrebbero (salvo casi particolari) risolversi “in nulla” o “in poco” per effetto di prescrizioni e decadenze già intervenute o prossime.
La lett. d) dell’art. 3 contiene, infine, una categoria residuale di conti esclusi dalle richieste di gruppo per i quali, in sintesi, il contribuente italiano abbia fornito evidenza all’Amministrazione fiscale Federale svizzera che le attività ivi detenute sono state riportate nel quadro RW dell’ultima dichiarazione fiscale presentata (“the assets in the account at the end of the last tax year for which the deadline to hand in the tax return has passed were included in the appropriate tax return duly filed”) (33).
L’art. 4 dell’Accordo esplicita i contenuti che le richieste di gruppo devono avere (simili a quelle previste nei documenti OCSE e nel Protocollo modificativo della Convenzione); di particolare rilievo, a tale riguardo, è la circostanza che debba comunque essere indicato dalle autorità italiane il nome dell’intermediario svizzero (34).
Altre tipologie di richieste di gruppo, come ha cura di specificare l’Accordo qui in commento, saranno oggetto di ulteriori discussioni tra le autorità competenti dei due Stati. Oltre a quelle concernenti i c.d. “conti chiusi” e i “conti sostanzialmente svuotati”, è possibile che le informazioni relative ai conti intrattenuti in Svizzera dai soggetti italiani che ivi abbiano trasferito la residenza dall’Italia (un possibile nuovo modello di comportamento) saranno oggetto di richiesta di assistenza amministrativa alla Svizzera (35).

Dott. Siegfried Mayr – Dott. Giovanni Fort

(1) In Boll. Trib., 2017, 457.
(2) Quanto alla dottrina italiana, svariati negli ultimi anni sono i contributi sullo scambio di informazioni. Tra gli altri, e senza pretesa alcuna di completezza, cfr. S.M. RONCO, Scambio di informazioni tra Stati Uniti e Svizzera: il caso Julius Baer, in Rass. trib., 2014, 1331 ss.; T. DI TANNO, Lo scambio di informazioni fra amministrazioni finanziarie, ivi, 2015, 665 ss.; G. CORASANITI, Lo scambio di informazioni tra presupposti internazionalistici e prospettive applicative, in Corr. trib., 2015, 1361 ss.; P. BONARELLI, Lo scambio automatico di informazioni: il nuovo scenario internazionale, in Fisc. & comm. int., 2016, 30 ss. Per quanto concerne più specificamente i rapporti tra Italia e Svizzera si segnalano i seguenti: S. MASSAROTTO – V. MAIESE, Lo scambio di informazioni tra Italia e Svizzera: il caso delle “group requests”, in Corr. trib., 2016, 3569 ss.; S. SERBINI, L’Accordo sullo scambio di informazioni con la Svizzera ed il Principato di Monaco, in Fisc. & comm. int., 2015, 9 ss.; e A. DELLA CARITÀ – D. ANTONACCI, La collaborazione con la Svizzera e le nuove richieste di gruppo, in Corr. trib., 2017, 1532 ss. Su questioni connesse cfr. anche G. POLO – A. PORCELLI, La collaborazione fiscale internazionale (l’Italia ratifica l’Accordo FATCA), in Boll. Trib., 2015, 1445 ss.; e ID., Lo scambio internazionale di informazioni tra Amministrazioni Finanziarie si estende al ‘Common Reporting Standard’ (CRS), ivi, 2016, 1061 ss.
(3) Tra cui le Convenzioni contro le doppie imposizioni, i Tax Information Exchange Agreements (TIEAs), la Convenzione OCSE e del Consiglio d’Europa del 25 gennaio 1988 sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale (come emendata dal protocollo del 2010) e ratificata dall’Italia il 31 gennaio 2006, la Direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011 (Direttiva relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale) e modifiche successive. L’art. 6 della Convenzione del 1988 rappresenta, inoltre, la base legale dello sviluppo, tra l’altro, del Multilateral Competent Authority Agreement on Automatic Exchange of Financial Account Information, per lo scambio automatico di informazioni finanziarie («MCAA CRS»). Alla data del 21 aprile 2017 risultano impegnate allo scambio di informazioni secondo lo standard del CRS 88 giurisdizioni (tra cui Italia e Svizzera).
(4) La “nozione” di richiesta di gruppo (e quella, connessa, di modelli di comportamento) può, in sintesi, farsi risalire all’Agreement del 19 agosto 2009 tra Svizzera e Stati Uniti sulla richiesta di informazioni fatta dall’IRS alle Autorità svizzere per quanto concerneva alcuni clienti statunitensi (non identificati) di UBS AG. È importante notare che l’art. 26 della Convenzione tra i due Stati non era basato sullo standard OCSE e aveva un ambito più ridotto poiché prevedeva lo scambio di informazioni, oltre che ai fini dell’applicazione della Convenzione, solo «for the prevention of tax fraud or the like in relation to the taxes which are the subject of the present Convention». L’Annex a tale Agreement individuava i criteri sulla base dei quali il requisito di identificare la persona oggetto della richiesta di informazioni si intendeva comunque soddisfatto. Tra le varie fattispecie veniva, ad esempio, individuata (punto 1.B.) quella delle «US persons … who beneficially owned ‘offshore company accounts’ that have been established or maintained during the period of years 2001 through 2008 and for which a reasonable suspicion of ‘tax fraud or the like’ can be demonstrated». Relativamente a tali soggetti, la sussistenza del requisito della ‘tax fraud or the like’ era da individuarsi sulla base di alcuni modelli di comportamento tra cui (punto 2.B.b.) «acts of continued and serious tax offence for which the Swiss Confederation may obtain information under its laws and practices … which … includes cases where the US person failed to prove upon notification by the Swiss Federal Tax Administration that the person has met his or her statutory tax reporting requirements in respect of their interest in such offshore company accounts … Absent such confirmation, the Swiss Federal Tax Administration would grant information exchange». Sebbene basata su una diversa Convenzione ma, comunque, su simili modelli di comportamento, va altresì segnalata, tra le altre, la recente sentenza 12 settembre 2016 del Tribunale Federale svizzero su una richiesta di assistenza amministrativa dell’autorità fiscale olandese che impone alle autorità svizzere di trasmettere le informazioni bancarie relative a residenti olandesi che non avevano fornito la prova, come loro richiesto da UBS, della conformità fiscale dei loro depositi. Per un completo commento dalla prospettiva svizzera cfr., tra altri, P. BERNASCONI – S. SCHURCH, Fishing expedition e rogatorie di gruppo nella cooperazione internazionale con la Svizzera in materia fiscale. Norme e prassi recenti ed imminenti, in Riv. dir. trib., 2015, 109 ss.
(5) In Boll. Trib., 2015, 342 (vers. inglese), 345 (vers. italiano).
(6) In Boll. Trib., 2015, 349.
(7) L’art. 5-quinquies, settimo comma, del D.L. 28 giugno 1990, n. 167 – convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 -, introdotto con l’art. 1, primo comma, della legge 15 dicembre 2014, n. 186, prevedeva, difatti, che particolari effetti premiali si producessero, nel caso di detenzione di attività finanziarie in Stati c.d. ‘black list’, qualora tali Stati, entro i sessanta giorni successivi alla data di entrata in vigore della disposizione, avessero stipulato con l’Italia accordi che consentissero un effettivo scambio di informazioni ai sensi dell’art. 26 del Modello OCSE, anche per il periodo intercorrente tra la data di stipulazione e l’entrata in vigore dell’accordo.
(8) Il termine inglese utilizzato (“liabilities”) lascerebbe, in realtà, maggiormente intendere che si tratti di soggetti con passività fiscali già constatate o accertate, cioè quasi che si avesse riguardo più a un problema di riscossione che, per l’appunto di verifica (anche l’intento, richiamato poco dopo, di trasferire gli investimenti in altra località sembra sottendere la volontà di sottrarre il patrimonio alla riscossione). Benché la formulazione non sia delle più ‘felici’ non riteniamo che questo più limitato scopo sia voluto.
(9) Al paragrafo 2.2.5. è difatti fatto cenno alla possibilità per i contribuenti svizzeri di fare ricorso a un programma locale di Voluntary Disclosure (“once in a lifetime voluntary disclosure”).
(10) Mentre nelle richieste sub a) il comportamento rilevante (il trasferimento delle attività finanziarie) doveva chiaramente avvenire dopo la firma del Protocollo, in quelle sub b) rimane indefinito quando la richiesta della banca e la risposta negativa (o il rifiuto di rispondere) del contribuente dovrebbero essere avvenuti.
(11) Il successivo paragrafo 5.2. prevedeva, in diretta connessione con l’entrata in vigore del Protocollo modificativo e, quindi, dello scambio di informazioni secondo lo standard OCSE, che l’Italia, in pari data, avrebbe cancellato la Svizzera dalle sue “black list” (o l’avrebbe inclusa nelle sue “white list”) basate esclusivamente sulla mancanza di un effettivo scambio di informazioni (e non, quindi, anche sul livello di tassazione svizzero). Proprio perché basata sul livello di tassazione, non si poteva quindi trattare della lista di cui al D.M. 4 maggio 1999 [cioè della lista degli Stati e territori in cui si siano trasferiti cittadini italiani (iscritti all’AIRE) che, per presunzione relativa, continuano a considerarsi residenti in Italia], ove, difatti, la Svizzera è ancora ricompresa, quanto del D.M. 4 settembre 1996 (c.d. “white list”). Difatti, il D.M. 9 agosto 2016 (successivamente all’entrata in vigore del Protocollo) ha modificato la “white list” ampliando significativamente il numero degli Stati o territori con i quali è attuabile lo scambio di informazioni tra cui, per l’appunto, la Svizzera.
(12) Firmato il 23 febbraio 2015, ratificato dall’Italia con legge 4 maggio 2016, n. 69 ed entrato in vigore, dopo il perfezionamento delle procedure di notifica, in data 13 luglio 2016.
(13) Il Commentario al Modello OCSE (2014) prevede al paragrafo 10.3 che lo scambio di informazioni non sia limitato alle annualità successive all’entrata in vigore della Convenzione (la retroattività è, quindi, permessa) lasciando, comunque, liberi gli Stati contraenti «to clarify the extent to which the provisions of the Article are applicable to such information, in particular when the provisions of that convention will have effect with respect to taxes arising or levied from a certain time».
(14) “Speculative requests that have no apparent nexus to an open inquiry or investigation” (cfr. Commentario Modello OCSE 2014, par. 5 ss.).
(15) L’art. 5, par. 5, del Modello OCSE di accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale (c.d. TIEA), fornisce qualche indicazione maggiore in merito alle caratteristiche che la richiesta deve avere per soddisfare il requisito della “presumibile rilevanza” delle informazioni. Secondo tale documento la richiesta deve, tra l’altro: identificare il contribuente sotto indagine (negli esempi contenuti nel Commentario al Modello TIEA si prevede, tuttavia, che nel caso in cui le informazioni concernano conti ma non se ne conoscano i titolari, la richiesta potrà avere ad oggetto il numero di conto); fornire una dichiarazione sulle informazioni ricercate compresa la loro natura e la forma in cui la parte richiedente desidera ricevere le informazioni dalla parte richiesta; indicare la finalità tributaria della richiesta; indicare gli elementi sulla base dei quali si ritiene che le informazioni richieste siano in possesso della parte richiesta o di persone soggette alla sua giurisdizione; se noto, indicare il nome e l’indirizzo di ogni persona che si ritiene essere in possesso delle informazioni richieste; fornire una dichiarazione di conformità alla legge e alla prassi amministrativa della parte richiedente delle informazioni richieste; fornire una dichiarazione nella quale la parte richiedente attesti di aver utilizzato tutti i mezzi a propria disposizione per ottenere le informazioni (eccetto quelle che avrebbero comportato difficoltà sproporzionate).
(16) «Resta inteso: … e-bis) che, per quanto concerne l’art. 27: (1) lo Stato richiedente deve sfruttare tutte le fonti d’informazione abituali previste dalla sua procedura fiscale interna prima di richiedere informazioni; (2) le autorità fiscali dello Stato richiedente forniscono le seguenti informazioni alle autorità fiscali dello Stato richiesto quando presentano una richiesta di informazioni secondo l’art. 27 della Convenzione: (i) l’identità della persona oggetto del controllo o dell’inchiesta, (ii) il periodo di tempo oggetto della domanda, (iii) la descrizione delle informazioni richieste, nonché indicazioni sulla forma nella quale lo Stato richiedente desidera ricevere tali informazioni dallo Stato richiesto, (iv) lo scopo fiscale per cui le informazioni sono richieste, (v) se sono noti, il nome e l’indirizzo del detentore presunto delle informazioni richieste; (3) il riferimento a informazioni “verosimilmente rilevanti” ha lo scopo di garantire uno scambio di informazioni in ambito fiscale il più ampio possibile, senza tuttavia consentire agli Stati contraenti di intraprendere una ricerca generalizzata e indiscriminata di informazioni (“fishing expedition”) o di domandare informazioni la cui rilevanza in merito agli affari fiscali di un determinato contribuente non è verosimile; sebbene il numero (2) preveda importanti requisiti di tecnica procedurale volti a impedire la “fishing expedition”, i punti da (i) a (v) del numero (2) non devono essere interpretati in modo da ostacolare uno scambio effettivo di informazioni; la condizione “verosimilmente rilevante” può essere soddisfatta sia in casi relativi ad un singolo contribuente (identificato con il nome oppure altrimenti) sia in casi relativi ad una pluralità di contribuenti (identificati con il nome oppure altrimenti); (4) lo scambio automatico di informazioni relativo ai conti finanziari e lo scambio spontaneo di informazioni tra le parti dovranno essere oggetto di strumenti giuridici separati; (5) nel caso di uno scambio di informazioni si applicano nello Stato richiesto le norme di procedura amministrativa relative ai diritti del contribuente. Resta inoltre inteso che questa disposizione serve a garantire al contribuente una procedura regolare e non mira a ostacolare o ritardare indebitamente gli scambi effettivi di informazioni».
(17) Cfr. comunic. stampa 23 febbraio 2015, n. 40, del MEF secondo cui la Road Map è “documento politico che fissa il percorso per la prosecuzione dei negoziati su altre questioni”.
(18) Cfr. in tal senso S. MASSAROTTO – V. MAIESE, op. cit.
(19) “for tax matters involving intentional conduct which is liable to prosecution under the criminal laws of the applicant Party, the provisions of this Convention … shall have effect from the date of entry into force in respect of a Party in relation to earlier taxable periods or charges to tax”.
(20) In tal senso anche S. MASSAROTTO – V. MAIESE, op. cit.
(21) Viene difatti fatto riferimento alla sentenza della Corte Federale svizzera del 12 settembre 2016 sul caso UBS (Convenzione Svizzera Paesi Bassi) che ha avuto ad oggetto proprio tale categoria di contribuenti e per i quali è stata accolta la richiesta di assistenza dell’Amministrazione finanziaria olandese.
(22) Ciò è sorprendente perché, oltre che nella Road Map (ove il modello di comportamento è già definito nei suoi elementi essenziali), nel Protocollo aggiuntivo dell’Accordo tra Italia e Liechtenstein sullo scambio di informazioni in materia fiscale è proprio quest’ultima categoria di contribuenti ad essere oggetto di regolazione nei seguenti termini: «Articolo 1.1. Il Liechtenstein consente le richieste di gruppo relative ai conti detenuti da un titolare di conto residente in Italia presso intermediari finanziari del Liechtenstein per il periodo intercorrente tra la data della firma dell’Accordo e la data di attuazione di un accordo sullo scambio automatico di informazioni basato sul modello comune di comunicazione (Common Reporting Standard) dell’OCSE tra Liechtenstein e Italia … Articolo 2. Le richieste di gruppo di cui all’articolo 1 si applicano ai seguenti casi di azione o di mancata azione da parte di titolari di conto residenti in Italia: (1) “Conti chiusi” I “conti chiusi” sono conti detenuti da titolari di conto residenti in Italia e chiusi tra la data della firma dell’Accordo e la data di attuazione di un accordo sullo scambio automatico di informazioni …, indipendentemente da quando sono stati aperti tali conti. Ciò include i conti chiusi laddove le attività sono trasferite presso qualsiasi altra istituzione finanziaria e/o sono oggetto di prelievi in contanti. Un conto chiuso non rientra nel campo di applicazione delle richieste di gruppo, se si verifica una delle seguenti condizioni: i. il titolare di conto residente in Italia ha rilasciato l’autorizzazione prevista dal programma italiano di collaborazione volontaria all’intermediario finanziario del Liechtenstein; ii. le attività sono state trasferite presso intermediari finanziari situati in Italia o in un Paese che al momento del trasferimento attua con l’Italia lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari … (2) “Conti sostanzialmente svuotati” I “conti sostanzialmente svuotati” sono conti detenuti da titolari di conto residenti in Italia che soddisfano tutti i seguenti requisiti: a) sono mantenuti alla data della firma dell’Accordo; b) sono ancora in essere alla data di scadenza del programma italiano di collaborazione volontaria; c) presentano un saldo di conto superiore a 15.000 euro alla fine del mese che precede la data della firma dell’Accordo; d) presentano, alla fine del mese della data di scadenza del programma italiano di collaborazione volontaria o, se successivo, al 31 dicembre 2015, un saldo di conto sostanzialmente inferiore al saldo di conto indicato alla lettera c). Il saldo di conto di cui alla lettera d) è sostanzialmente inferiore se è inferiore del 50% del saldo di conto indicato alla lettera c) … (3) “Conti inattivi” I “conti inattivi” sono tutti gli altri conti che non sono stati chiusi o sostanzialmente svuotati detenuti, da un titolare di conto residente in Italia, alla data della firma dell’Accordo e mantenuti alla data dell’attuazione di un accordo sullo scambio automatico di informazioni». Analoghe previsioni sono contenute nel Protocollo all’omologo Accordo con il Principato di Monaco.
(23) Non si comprende la formulazione al tempo presente del verbo [anche nella lett. b)] che comunque deve essere riferito a un periodo (23 febbraio 2015 – 31 dicembre 2016) ormai passato al momento della firma dell’Accordo [tant’è che il comportamento dell’intermediario della lett. c) è formulato unicamente al tempo passato].
(24) Cioè, i conti che sono già stati oggetto di comunicazione ai sensi della Direttiva Risparmio [lett. a)], quelli per i quali il contribuente ha concesso autorizzazione (c.d. “waiver”) all’intermediario finanziario svizzero all’eventuale comunicazione dei dati all’Amministrazione finanziaria italiana ai sensi dei programmi di Voluntary Disclosure italiana [lett. b)] e quelli per i quali è già stata data assistenza [lett. e)].
(25) Come ha premura di specificare l’Accordo si tratta, evidentemente, delle attività finanziarie oggetto del c.d. “rimpatrio giuridico”.
(26) Paiono rilevare (“assets”) anche le attività patrimoniali svizzere (ad esempio, immobili) indicate nella dichiarazione riservata mentre le medesime paiono non rilevare alla data di regolarizzazione. Il possibile riferimento ad attività patrimoniali, non necessariamente “monitorabili” da un intermediario finanziario svizzero, e la citata asimmetria potrebbero essere foriere di difficoltà applicative.
(27) I rendimenti prodotti dalla gestione, difatti, sembrano poter rilevare solo successivamente alla regolarizzazione [cfr. terzo punto della lett. c) dell’art. 3 dell’Accordo]. L’art. 3 dell’Accordo fa anche riferimento agli allegati alla dichiarazione riservata tra i quali, nel caso di rimpatrio giuridico, una situazione patrimoniale quanto più prossima alla data di regolarizzazione. Nell’esempio, tuttavia, tale situazione patrimoniale esporrebbe l’importo di 350, ancora non “equivalente” all’ammontare indicato nella dichiarazione riservata (300).
(28) Anche se, a ben vedere, l’importo dello “scudo fiscale” (200 nell’esempio) non “copre” le disponibilità al 31 dicembre 2008 (300 nell’esempio) ragione per la quale vi sarebbe un interesse, per l’Amministrazione finanziaria italiana, alla comunicazione del conto.
(29) Dal punto di vista logico-sistematico, tale conto svizzero dovrebbe essere comunicato anche se il conto di destinazione (non svizzero e non italiano) è stato comunque regolarizzato con lo “scudo fiscale”; difatti, l’intermediario svizzero non ha evidenza della dichiarazione riservata concernente questo altro conto.
(30) Pur capendo le motivazioni degli intermediari svizzeri alla ricerca di “modalità semplificate” di individuazione dei conti in oggetto.
(31) L’art. 5 dell’Accordo chiarisce il contenuto della risposta da parte delle autorità fiscali svizzere (da fornire sulla base di uno standard predisposto dall’autorità fiscale italiana): i dati personali del titolare del conto (“presumed Italian taxpayer”), il numero del conto e i saldi del conto al 28 febbraio 2015 e al 31 dicembre 2016.
(32) In particolare in merito all’applicabilità dell’art. 12, commi 2, 2-bis e 2-ter, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102).
(33) Se l’ammontare delle disponibilità detenute con gli intermediari svizzeri esposto nel quadro RW fosse superiore al saldo di uno specifico conto, il contribuente deve fornire indicazione degli altri conti svizzeri affinché l’Amministrazione fiscale Federale svizzera possa effettuare la riconciliazione; correlativamente, se l’ammontare delle disponibilità detenute con intermediari svizzeri esposto nel quadro RW fosse inferiore al saldo dei conti svizzeri, tali conti verranno inclusi nelle richieste di gruppo.
(34) Suffragando tale indicazione (i) con una dichiarazione con la quale l’autorità italiana afferma che, sulla base dell’evidenze statistiche concernenti le procedure di Voluntary Disclosure, presso quello specifico intermediario un considerevole numero di contribuenti italiani ha intrattenuto rapporti non dichiarati e (ii) con una copia di una lettera inviata a uno o più contribuenti italiani dallo specifico intermediario svizzero con la quale quest’ultimo comunicava la chiusura forzata del conto in assenza di prova in merito alla regolarizzazione dello stesso ai fini fiscali italiani.
(35) In tal senso, cfr. A. GALIMBERTI, Il Fisco insegue le carte di soggiorno, in Il Sole 24 Ore del 12 aprile 2017; e S. MASSAROTTO – V. MAIESE, op. cit. (secondo cui le richieste di gruppo potrebbero avere ad oggetto anche i trasferimenti di residenza avvenuti anteriormente al 23 febbraio 2015 perché “i fatti e/o circostanze” richiamati dal Protocollo sono riferibili alle attività detenute in Svizzera e non al trasferimento in sé). Sul punto specifico è utile ricordare che gli artt. 1 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 (convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248) e 83, commi 16, 17, 17-bis e 17-ter, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) hanno rispettivamente previsto che i Comuni partecipino con una quota del 33% all’accertamento fiscale e contributivo a carico dei soggetti fittiziamente trasferiti all’estero e che i medesimi Comuni, entro sei mesi dalla richiesta di iscrizione all’AIRE, debbano dare conferma (o meno) all’Agenzia delle entrate che il contribuente ha effettivamente cessato la residenza nel territorio nazionale (la vigilanza dovendo comunque continuare per il triennio successivo al trasferimento). Lo stesso adempimento è previsto a carico dei Comuni anche ai fini della formazione da parte dell’Agenzia delle entrate di liste selettive “per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati” (comma 17-bis, introdotto dal D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225), essendo chiarito che, in fase di prima applicazione di questa norma, le attività svolte dai Comuni avranno ad oggetto le persone fisiche che abbiano chiesto l’iscrizione all’AIRE a decorrere dal 1° gennaio 2010 e che, ai fini della formazione delle liste selettive, si terrà conto dell’eventuale mancata presentazione di istanza per la c.d. Voluntary Disclosure. I criteri di formazione delle suddette liste selettive sono stati definiti al punto 2 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 3 marzo 2017.

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