4 Luglio, 2018

1. Premessa

Con la sentenza in esame, la Commissione tributaria provinciale di Lecce si è pronunciata su due questioni di grandissimo rilievo: la prima riguarda l’obbligo, per l’agente della riscossione, di attivare il contraddittorio endoprocedimentale prima di iscrivere l’ipoteca di cui all’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sui beni immobili del debitore; la seconda riguarda la decadenza dal piano di rateazione del carico iscritto a ruolo e il diritto del debitore alla “proroga” della stessa.
Il Collegio salentino, su entrambe le questioni, si è espresso in senso favorevole al contribuente, ma con motivazioni che, ad avviso di chi scrive, non appaiono convincenti.
Vogliamo cogliere l’occasione della presente nota, pertanto, per rivisitare le disposizioni che disciplinano gli istituti de quibus e, alla luce anche dei principali contributi giurisprudenziali in subiecta materia, svolgere qualche osservazione critica sulle soluzioni interpretative proposte dai giudici leccesi.

2. Il caso di specie

L’agente della riscossione notificava a una società, a distanza di pochi giorni uno dall’altra, un «provvedimento di rigetto dell’istanza di rateizzazione» e una «comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria».
Avverso i due atti la società proponeva un unico ricorso, eccependo la violazione, da parte dell’agente della riscossione, dei principi di collaborazione col contribuente e di buona fede, la mancata attivazione del contraddittorio, e la sproporzione tra l’entità del debito e il valore dell’immobile “sottoposto a garanzia”.
La Commissione tributaria provinciale di Lecce, preliminarmente, ha precisato che anche l’agente della riscossione è tenuto a rispettare i principi sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente contenuti nella legge 27 luglio 2000, n. 212, nello «svolgimento del proprio ruolo pubblico» e, in conformità anche al «codice deontologico dei concessionari», ispirare il proprio comportamento ai doveri di lealtà, correttezza e diligenza.
Fatte tali premesse di carattere generale, relativamente al caso di specie i giudici salentini hanno evidenziato che «per quanto riguarda la comunicazione provvisoria di iscrizione ipotecaria, non è stato attivato il preventivo contraddittorio con la società ricorrente», mentre la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che «il contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento tributario» (1).
Per tale motivo, il Collegio salentino ha ritenuto di dover dichiarare la «nullità del provvedimento di comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria per mancata attivazione del contraddittorio da parte di Equitalia».
Per altro verso, ha chiosato la Commissione tributaria provinciale, se si fosse svolto il suddetto contraddittorio, non si sarebbe verificato «l’assurdo di una evidente sproporzione tra entità del debito e il valore dell’immobile sottoposto a garanzia».
Relativamente al diniego di “proroga della rateizzazione”, i giudici leccesi hanno osservato che la società ricorrente aveva regolarmente pagato tutte le rate; che si è «arretrata di soltanto otto rate a partire dal mese di settembre 2013 fino al mese di aprile 2014»; che nel mese di marzo 2014 «ha presentato istanza di proroga della rateizzazione senza ottenere risposta»; che soltanto a seguito di una seconda istanza l’agente della riscossione ha formalizzato il proprio diniego, con il provvedimento impugnato, privo di un’adeguata motivazione.
Alla luce di tali osservazioni, la Commissione tributaria provinciale ha annullato il provvedimento di rigetto dell’istanza di rateizzazione e ha «autorizzato la società ricorrente a proseguire il pagamento della rateizzazione a suo tempo richiesto»; ha inoltre annullato la «comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b, del D.L. n. 16 del 02/03/2012 … che fa divieto all’agente della riscossione di iscrivere ipoteca ai sensi dell’art. 77, comma 2-bis, DPR n. 602/73, in presenza di un piano di rateizzazione in corso nonché del corretto pagamento delle rate, come documentato in atti».

3. L’impugnabilità del diniego di rateazione e della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria

Leggendo la narrativa della sentenza che si annota, rileviamo che la stessa parte ricorrente si era preoccupata di porre la questione della “impugnabilità” del provvedimento di “rigetto della rateizzazione”.
Osserviamo che tale provvedimento, come il “preavviso” di iscrizione ipotecaria, non figura tra quelli elencati nell’art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero tra gli atti “autonomamente impugnabili” dinanzi alle Commissioni tributarie (2).
Tuttavia, l’impugnabilità del diniego di rateazione dinanzi al giudice tributario è stata riconosciuta dal Supremo Collegio con la motivazione che la relativa controversia ha «ad oggetto per l’appunto un debito tributario, a nulla rilevando che la decisione spettante all’Agenzia delle Entrate [oggi all’agente della riscossione, n.d.r.] debba essere assunta in base a considerazioni estranee alla materia tributaria, essendo la giurisdizione attribuita in ragione esclusiva dell’oggetto della controversia» (3).
In successive occasioni il segnalato orientamento è stato ribadito nella considerazione, più pertinente a nostro avviso, che l’impugnazione del provvedimento di rigetto dell’istanza di rateazione, «implicando … una questione sulla spettanza o meno di un’agevolazione attinente alla fase della riscossione precedente a quella dell’esecuzione vera e propria … introduce, perciò, una controversia di carattere tributario devoluta … alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali» (4).
Più articolato è il discorso relativo all’impugnabilità della «comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria», che pure nel caso di specie non era stata sollevata da alcuna delle parti in causa.
Invero, nell’originaria formulazione dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 non erano elencate le “misure cautelari” del fermo dei beni mobili registrati e dell’iscrizione ipotecaria, adottabili dal concessionario della riscossione, né ovviamente i “preavvisi” o le “comunicazioni preventive” di quelle misure.
Senza ripercorrere in questa sede la diatriba che si scatenò, in dottrina come in giurisprudenza, sull’impugnabilità di tali misure dinanzi alle Commissioni tributarie, è sufficiente ricordare che nel 2006 intervenne il legislatore a risolvere la questione, con una specifica integrazione della richiamata disposizione processuale.
Con il comma 26-quinquies dell’art. 35 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, introdotto dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, furono inserite nel primo comma dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 le lett. e-bis) ed e-ter), con la conseguenza che, dall’entrata in vigore della novella, l’elenco degli atti impugnabili dinanzi ai giudici tributari comprende espressamente l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973 e il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 dello stesso decreto.
L’Amministrazione finanziaria, peraltro, aveva in precedenza stabilito che dopo l’adozione del provvedimento di “fermo amministrativo dell’auto”, ma prima di dare corso alla sua iscrizione, si doveva invitare il debitore ad adempiere entro venti giorni.
Anche avverso tale atto, naturalmente, molti contribuenti proposero ricorso, generando un contenzioso rispetto al quale, prima di ogni altra, si pose la questione se il preavviso del fermo dei beni mobili registrati fosse o meno un atto immediatamente ed autonomamente impugnabile.
La suddetta (nuova) querelle si risolse definitivamente nel 2009, quando intervennero le Sezioni Unite della Suprema Corte a precisare quanto segue: «Il preavviso di fermo è stato istituito dall’Agenzia delle Entrate con nota n. 57413 del 9 aprile 2003, disponendo che i concessionari, una volta emesso il provvedimento di fermo amministrativo dell’auto, ma prima di procedere alla iscrizione del medesimo, comunichino al contribuente moroso … un avviso ad adempiere al debito entro venti giorni, decorsi i quali si provvederà a rendere operativo il fermo. La richiamata nota dell’Agenzia delle Entrate dispone, inoltre, che nell’ipotesi di persistente inadempimento, il preavviso “vale, ai sensi dell’art. 4, comma 1, secondo periodo, del D.M. 7 settembre 1998, n. 503 (il quale resta applicabile, giusta la disposizione di cui all’art. 3, comma 41, del D.L. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni con L. n. 248 del 2005, fino all’emanazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 86, comma 4, del D.P.R. n. 602 del 1973, in ordine alle procedure per l’esecuzione del fermo amministrativo), come comunicazione di iscrizione del fermo a decorrere dal ventesimo giorno successivo”. Sicché il preavviso è sostanzialmente l’unico atto mediante il quale il contribuente viene a conoscenza della esistenza nei suoi confronti di una procedura di fermo amministrativo dell’autoveicolo. Come è evidente il preavviso si colloca all’interno di una sequela procedimentale – emanazione del provvedimento di fermo, preavviso, iscrizione del provvedimento emanato – finalizzata ad assicurare, mediante una pronta conoscibilità del provvedimento di fermo, una ampia tutela del contribuente che di quel provvedimento è il destinatario: in questa prospettiva il preavviso di fermo svolge una funzione assolutamente analoga a quella dell’avviso di mora nel quadro della comune procedura esecutiva esattoriale, e come tale avviso esso non può non essere un atto impugnabile» (5).
Dopo tale autorevole presa di posizione, il legislatore ha pensato bene di modificare l’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, riscrivendo completamente il secondo comma, che, nella versione attualmente in vigore, stabilisce che «La procedura di iscrizione del fermo di beni mobili registrati è avviata dall’agente della riscossione con la notifica al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione» (6).
Il preavviso di iscrizione ipotecaria, invece, non è stato istituito da un documento di prassi ma dal legislatore che, attraverso l’art. 7 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, modificato dalla legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106, ha inserito il comma 2-bis nell’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, a norma del quale «L’agente della riscossione è tenuto a notificare al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1».
Vale sottolineare che, dopo qualche anno, il Supremo Collegio è intervenuto a precisare che l’obbligo di far precedere l’iscrizione di ipoteca dalla notifica di una “comunicazione preventiva” sussisteva già prima che fosse codificato dal legislatore.
Con le già citate sentenze nn. 19667 e 19668 del 2014, infatti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che «il comma 2-bis dell’art. 77, D.P.R. n. 602 del 1973, introdotto con D.L. n. 70 del 2011, che obbliga l’agente della riscossione “a notificare al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca di cui al comma 1”, non “innova” (soltanto) – se non sul piano formale – la disciplina dell’iscrizione ipotecaria, ma ha (anche e prima ancora) una reale “valenza interpretativa”, in quanto esplicita in una norma positiva il precetto imposto dal rispetto del principio fondamentale immanente nell’ordinamento tributario che prescrive la tutela del diritto di difesa del contribuente mediante l’obbligo di attivazione da parte dell’amministrazione del “contraddittorio endoprocedimentale” ogni volta che debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente medesimo. Principio il cui rispetto è dovuto da parte dell’amministrazione indipendentemente dal fatto che ciò sia previsto espressamente da una norma positiva e la cui violazione determina la nullità dell’atto lesivo che sia stato adottato senza la preventiva comunicazione al destinatario».
Per quanto riguarda, poi, la questione della immediata impugnabilità del preavviso di iscrizione ipotecaria, essa non può che essere risolta in senso affermativo non solo perché, come hanno sottolineato le Sezioni Unite della Suprema Corte nell’arresto da ultimo richiamato, «è ravvisabile una sostanziale equiparabilità della situazione normativa dell’iscrizione di ipoteca (art. 77, del medesimo decreto), a quella del fermo amministrativo di beni mobili registrati (art. 86, D.P.R. n. 602 del 1973)», ma soprattutto perché la comunicazione preventiva di cui ci stiamo occupando porta a conoscenza dell’intimato una ben individuata pretesa impositiva ed «è strutturalmente funzionale a consentire e a promuovere, da un lato, il reale ed effettivo esercizio del diritto di difesa del contribuente a tutela dei propri interessi e, dall’altro, l’interesse pubblico ad una corretta formazione procedimentale della pretesa tributaria e dei relativi mezzi di realizzazione».
Se, dunque, il preavviso di iscrizione ipotecaria è funzionale all’esercizio del diritto di difesa del contribuente, è innegabile che avverso tale atto si possa immediatamente proporre ricorso al giudice tributario.

4. La mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale

Ciò chiarito sulla impugnabilità degli atti avverso i quali era stato proposto il ricorso deciso dalla Commissione tributaria provinciale di Lecce, passiamo ad esaminare le motivazioni addotte dal Collegio a supporto della pronuncia in rassegna.
Cominciando dalla comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, abbiamo visto che ne è stata dichiarata la nullità per due motivi: il primo, articolato, connesso alla (asserita) mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale; il secondo, più sbrigativo, connesso alla «presenza di un piano di rateizzazione in corso», circostanza nella quale è fatto «divieto all’agente della riscossione di iscrivere ipoteca».
In questo paragrafo ci occuperemo del primo di quei motivi, rimandando al paragrafo successivo l’esame delle motivazioni relative alla “proroga” della rateazione e agli effetti della stessa.
I giudici leccesi, dopo avere precisato che anche l’agente della riscossione deve rispettare i principi di collaborazione e buona fede sanciti dall’art. 10 della legge n. 212/2000 (7), oltre che gli “obblighi di correttezza” previsti dal codice deontologico dei concessionari, hanno richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo la quale «il contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento tributario», in tal senso citando proprio la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19667/2014 alla quale abbiamo fatto cenno nel paragrafo precedente.
Alla luce dei richiamati principi, è stata dichiarata la nullità dell’impugnato preavviso di iscrizione ipotecaria, «per mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale».
La Commissione leccese ha osservato, peraltro, che «se si fosse svolto correttamente il contraddittorio non si sarebbe verificato l’assurdo di una evidente sproporzione tra entità del debito e valore dell’immobile sottoposto a garanzia».
Le considerazioni che precedono, ad avviso di chi scrive, non giustificano affatto la dichiarazione di nullità del provvedimento impugnato.
Se non intendiamo male l’assunto della Commissione tributaria provinciale, essa ritiene che il preavviso di iscrizione ipotecaria debba necessariamente essere preceduto, a pena di nullità, dall’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale.
Ergo, in sostanza, i giudici leccesi pretenderebbero che prima di iscrivere l’ipoteca di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973 non solo si debba instaurare un “contraddittorio endoprocedimentale”, ma prima ancora di questo si debba attivare un “contraddittorio del contraddittorio” (sic!).
Forse sfugge a quei giudici che la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria rappresenta già attivazione o promozione del “contraddittorio endoprocedimentale” rispetto al successivo “provvedimento lesivo”, costituito dall’iscrizione di ipoteca vera e propria.
Forse la sentenza n. 19667/2014 della Suprema Corte, che pure è stata richiamata dalla Commissione territoriale, non è stata letta con la dovuta attenzione.
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione il ricorso del contribuente era stato proposto avverso la comunicazione di iscrizione ipotecaria, ovvero avverso un provvedimento lesivo già adottato dall’agente della riscossione, una misura cautelare già iscritta nei registri immobiliari.
Rispetto all’adozione di tale provvedimento lesivo la Suprema Corte ha stabilito il principio secondo cui è necessario attivare preventivamente il contraddittorio, ovvero è necessario che l’iscrizione di ipoteca sia comunicata al debitore «prima di essere eseguita, in ragione del dovuto rispetto del diritto di difesa mediante l’attivazione del “contraddittorio endoprocedimentale”».
Ora è del tutto evidente che il preavviso di iscrizione ipotecaria assolve proprio alla specifica funzione di rendere partecipe il contribuente del procedimento avviato nei suoi confronti e del provvedimento lesivo che l’agente della riscossione intende adottare in suo danno.
Non a caso la Suprema Corte, pur dando atto della sopravvenuta introduzione del comma 2-bis dell’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, gli ha attribuito valenza interpretativa «in quanto esplicita in una norma positiva il precetto imposto dal rispetto del principio fondamentale immanente nell’ordinamento tributario che prescrive la tutela del diritto di difesa del contribuente mediante l’obbligo di attivazione da parte dell’amministrazione del “contraddittorio endoprocedimentale” ogni volta che debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente medesimo» (8).
In sostanza, l’obbligo di notificare il preavviso di iscrizione ipotecaria esisteva già prima che il legislatore lo prescrivesse esplicitamente in una disposizione di legge.
Pertanto, la Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità dell’iscrizione ipotecaria impugnata in quel giudizio, perché eseguita in «violazione dell’obbligo che incombe all’amministrazione di attivare il “contraddittorio endoprocedimentale”, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo».
Nel caso esaminato dalla Commissione tributaria provinciale di Lecce, invece, l’atto impugnato era proprio la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria prevista dall’art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. n. 602/1973, e non c’è dubbio che con essa l’agente della riscossione avesse già validamente attivato il contraddittorio endoprocedimentale che deve precedere la materiale iscrizione di ipoteca nei registri immobiliari.
Il preavviso di iscrizione ipotecaria, rappresentando lo specifico strumento attraverso il quale si promuove il contraddittorio endoprocedimentale, non deve affatto essere preceduto, a sua volta, da alcun invito o comunicazione al contribuente, in quanto con la sua notifica si garantisce già all’intimato la piena partecipazione al procedimento amministrativo, la possibilità di intervenire ed interloquire con l’Amministrazione procedente e, ove lo ritenga, di esercitare immediatamente il proprio diritto di difesa, impugnandolo dinanzi al giudice tributario.
Se si assecondasse l’assunto dei giudici leccesi, si arriverebbe al paradosso per cui qualunque atto si notifichi al contribuente, per renderlo edotto e partecipe del procedimento impositivo (o di riscossione o di esecuzione) avviato a suo carico dall’Amministrazione finanziaria o dall’agente della riscossione, risulterebbe nullo perché non preceduto dall’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale.
In una tale ricostruzione, invero, non esiste – o non riusciamo ad immaginarlo noi – un atto della sequenza procedimentale con il quale si possa validamente dare notizia al contribuente dell’avvio del procedimento a suo carico, senza incorrere nella nullità per mancata instaurazione del contraddittorio preventivo.
Esclusa, dunque, la possibilità di dichiarare la nullità del preavviso di iscrizione ipotecaria non preceduto dall’attivazione del contraddittorio, riteniamo che la statuizione dei giudici leccesi non si giustifichi nemmeno con l’ulteriore considerazione secondo cui «se si fosse svolto correttamente il contraddittorio non si sarebbe verificato l’assurdo di una evidente sproporzione tra entità del debito e valore dell’immobile sottoposto a garanzia».
Non c’è nulla di assurdo nella sproporzione tra il valore del bene immobile sul quale l’agente della riscossione intende iscrivere ipoteca e il debito erariale che si intende garantire, tale evenienza rientrando, semmai, nella normalità delle cose.
Del resto, l’ipoteca di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973 è certamente un peso che grava sull’immobile del debitore a garanzia del credito erariale, ma la sua iscrizione non equivale già all’espropriazione forzata del bene, anzi, nella più volte citata sentenza della Corte di Cassazione n. 19667/2014 è stata chiaramente affermata l’alternatività della prima rispetto alla seconda.
Si aggiunga che il nostro legislatore ha tenuto ben presente la possibilità che sussista una sproporzione tra il carico iscritto a ruolo e il valore dell’immobile del debitore, e ha imposto che quando quella sproporzione è di una certa rilevanza l’agente della riscossione deve iscrivere ipoteca prima di procedere all’esecuzione forzata (9).
Una prescrizione normativa di segno diametralmente opposto all’assunto dei giudici salentini.
Invero, nel nostro ordinamento tributario esiste una specifica disposizione che fissa l’unico limite quantitativo (ventimila euro) al potere dell’agente della riscossione di adottare la misura cautelare de qua (10).
Quando l’importo complessivo del credito per il quale si procede è superiore al suddetto limite, l’iscrizione di ipoteca è sempre legittima (al ricorrere, ovviamente, delle altre condizioni di legge), a nulla rilevando, in senso contrario, la (s)proporzione tra lo stesso credito e il valore dell’immobile gravato.
Né il giudice tributario può, per altro verso, in alcun modo sindacare l’opportunità di adottare o meno quella misura cautelare, trattandosi di una scelta che rientra nella piena ed esclusiva discrezionalità dell’agente della riscossione, secondo l’inequivocabile tenore letterale dell’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973 che attribuisce allo stesso agente il “potere” di iscrivere ipoteca sull’immobile del debitore.

5. La proroga della rateazione

Stando alla narrativa dell’annotata sentenza, la società ricorrente era stata autorizzata a rateizzare il pagamento del carico iscritto a ruolo, aveva versato le prime rate, ma poi si era «arretrata di soltanto otto rate a partire dal mese di settembre 2013 fino al mese di aprile 2014».
A marzo del 2014 la stessa società aveva presentato una prima “istanza di proroga della rateizzazione” e, nel silenzio dell’agente della riscossione, ne aveva presentato una seconda, alla quale il concessionario aveva risposto con l’impugnato provvedimento di rigetto.
La Commissione tributaria provinciale di Lecce ha annullato tale provvedimento e ha autorizzato la società a «proseguire il pagamento della rateizzazione a suo tempo richiesto».
Non ci è chiaro se la decisione sia motivata dalla ritenuta scarsa rilevanza dell’inadempimento del debitore (“arretrato di sole otto rate”, sic!), o sia una conseguenza della violazione dei principi dello Statuto dei diritti del contribuente (silenzio sulla prima istanza di proroga), o sia dovuta alla ravvisata illegittimità dell’impugnato provvedimento perché privo di una “adeguata motivazione”.
Osserviamo, tuttavia, che la “dilazione di pagamento” delle somme iscritte a ruolo è disciplinata dall’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973.
Si tratta di una disposizione modificata ben sette volte soltanto negli ultimi cinque anni.
Stando alla cronologia dei fatti di causa, la versione del richiamato art. 19 applicabile ratione temporis prevedeva già la possibilità, a norma del comma 1-bis, di ottenere (“una sola volta”) la proroga della dilazione concessa, in caso di «comprovato peggioramento della situazione di cui al comma 1» (11), «a condizione che non sia intervenuta decadenza».
Ebbene, a norma del successivo terzo comma della medesima disposizione, anch’esso nella versione vigente ratione temporis (12), «in caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di otto rate, anche non consecutive, il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione».
Trattasi, dunque, di decadenza derivante ipso iure dal mancato pagamento di otto rate, sanzione rispetto alla quale non deve essere addotta chissà quale motivazione, se non la circostanza che si è verificata la situazione di fatto prevista dalla norma.
Una volta che la decadenza è “intervenuta”, vale ribadirlo, il debitore non può beneficiare della “proroga” della dilazione già concessa, per espressa previsione del richiamato comma 1-bis dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, né sussiste più impedimento alcuno per l’agente della riscossione ad iscrivere ipoteca sull’immobile del debitore.
Che altro aggiungere? Anche l’annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di “proroga della rateizzazione”, disposto con l’annotata sentenza, ci sembra una decisione tutt’altro che condivisibile.

Dott. Domenico Carnimeo

(1) Cfr. Cass., sez. un., 18 settembre 2014, nn. 19667 e 19668, in Boll. Trib., 2014, 1742, con nota di P. ACCORDINO, Il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo nei procedimenti tributari concepito come un principio fondamentale dell’ordinamento la cui violazione determina la nullità dell’atto non preavvisato.
(2) Vale qui segnalare, incidentalmente, che dopo un’iniziale interpretazione restrittiva della richiamata disposizione, secondo la quale doveva escludersi «la proponibilità della impugnazione di un atto ivi non contemplato» (ved. Cass., sez. trib., 11 dicembre 2004, n. 22564, in Boll. Trib. On-line), la giurisprudenza di legittimità iniziò ad orientarsi nel senso che l’identificazione dell’atto impugnabile nel processo tributario non doveva essere condotta secondo un criterio nominalistico, occorrendo invece «verificare se ci si trovi di fronte ad un atto sostanzialmente impositivo, che, essendo prodromico alla riscossione coattiva, possa ritenersi autonomamente impugnabile» (così Cass., sez. trib., 6 dicembre 2004, n. 22869, ivi). Il passo ulteriore, ovvero il riconoscimento dell’impugnabilità anche di atti non espressamente elencati nell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, è stato compiuto nel 2007 dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, con due sentenze emesse a distanza di pochi giorni, nelle quali si afferma che devono qualificarsi come avvisi di accertamento o di liquidazione di un tributo (atti certamente impugnabili perché nominati, n.d.r.) «tutti quegli atti con cui la Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione si concluda non con una formale intimazione al pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito “bonario” a versare quanto dovuto» (cfr. Cass., sez. un., 24 luglio 2007, n. 16293, in Boll. Trib., 2007, 1810; e Cass., sez. un., 26 luglio 2007, n. 16428, in Boll. Trib. On-line). Naturale conseguenza di tale approdo interpretativo è stata l’affermazione del principio secondo cui «In tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli “atti impugnabili”, contenuta nell’art. 19 D.Lg. n. 546 del 1992, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (art. 24 e 53 cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 cost.), che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la l. n. 448 del 2001. Ciò comporta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 citato. Sorge, infatti, in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico. La mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (e cioè la cristallizzazione) di quella pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’art. 19» (cfr. Cass., sez. trib., 8 ottobre 2007, n. 21045, in Boll. Trib., 2008, 587, con nota di G. CHIARIZIA, Impugnabili tutti gli atti che esprimono una pretesa tributaria compiuta e non condizionata: la Corte di Cassazione consolida tale principio). Principi, quelli testé illustrati, che nel tempo si sono via via consolidati a seguito delle numerose sentenze che li hanno recepiti e condivisi (si vedano, ex multis, Cass., sez. trib., 25 febbraio 2009, n. 4513; Cass., sez. trib., 2 marzo 2009, n. 4965; Cass., sez. un., 11 maggio 2009, ord. n. 10672; Cass., sez. trib., 27 agosto 2009, ord. n. 18731; Cass., sez. trib., 12 gennaio 2010, n. 285; Cass., sez. trib., 17 dicembre 2010, n. 25591; Cass., sez. trib., 18 maggio 2011, n. 10987; Cass., sez. un., 12 ottobre 2011, n. 20931; tutte in Boll. Trib. On-line; nonché Cass., sez. trib., 11 maggio 2012, n. 7344, in Boll. Trib., 2012, 1547, con nota di P. ACCORDINO, Riconosciuta l’autonoma impugnabilità delle cosiddette comunicazioni di irregolarità; ed ancora Cass., sez. trib., 5 ottobre 2012, n. 17010, ivi, 2013, 211; Cass., sez. VI, 26 marzo 2013, ord. n. 7630; Cass., sez. un., 5 maggio 2014, ord. n. 9570; Cass., sez. trib., 11 febbraio 2015, n. 2616; Cass., sez. trib., 19 agosto 2015, n. 16952; e Cass., sez. VI, 19 febbraio 2016, ord. n. 3315; tutte in Boll. Trib. On-line).
(3) Cfr. Cass., sez. un., 30 marzo 2010, n. 7612, in Boll. Trib. On-line.
(4) Cfr. Cass., sez. un., 7 ottobre 2010, ord. n. 20781; e Cass., sez. un., 14 marzo 2011, ord. n. 5928; entrambe in Boll. Trib. On-line.
(5) Cfr. Cass. n. 10672/2009, cit.
(6) La novella è stata introdotta dall’art. 52, primo comma, lett. m-bis), del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98).
(7) Alle medesime conclusioni era già approdata Comm. trib. prov. di Pescara, sez. I, 30 giugno 2009, n. 248, in Boll. Trib., 2009, 1298, con nota di F. CERIONI, Anche gli atti dell’agente della riscossione devono essere conformi alle prescrizioni dello Statuto dei diritti del contribuente.
(8) Così la Suprema Corte nella pronuncia resa da Cass. n. 19667/2014, cit.
(9) Dispone l’art. 77, secondo comma, del D.P.R. n. 602/1973, che «Se l’importo complessivo del credito per cui si procede non supera il cinque per cento del valore dell’immobile da sottoporre ad espropriazione determinato a norma dell’articolo 79, il concessionario, prima di procedere all’esecuzione, deve iscrivere ipoteca. Decorsi sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto, il concessionario procede all’espropriazione».
(10) Si tratta dell’art. 77, comma 1-bis, del D.P.R. n. 602/1973, a norma del quale «L’agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può iscrivere la garanzia ipotecaria di cui al comma 1, anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all’espropriazione di cui all’art. 76, commi 1 e 2, purché l’importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a ventimila euro».
(11) Il primo comma dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 stabilisce che «L’agente della riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili».
(12) Ci riferiamo alla versione del terzo comma modificata dall’art. 52, primo comma, lett. a), n. 2), del D.L. n. 69/2013. L’art. 10 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159, con decorrenza dal 22 ottobre 2015, ha ridotto a cinque le rate il cui mancato pagamento determina l’automatica decadenza dal beneficio della rateazione.

Imposte e tasse – Riscossione – Atti dell’agente della riscossione – Rispetto dei principi di collaborazione e buona fede e dei doveri di lealtà, correttezza e diligenza – Necessita.

Imposte e tasse – Riscossione – Comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria – Mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale e presenza di un regolare piano di rateazione – Nullità della comunicazione – Consegue.

Imposte e tasse – Riscossione – Diniego di rateazione – Competenza sulle relative controversie – Appartiene al giudice tributario – Mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale e mancanza di motivazione del diniego – Nullità dell’atto – Consegue.

Procedimento – Commissione – Giurisdizione delle Commissioni – Controversie in materia di diniego della rateazione da parte dell’agente della riscossione – Giurisdizione del giudice tributario – Sussiste – Mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale e mancanza di motivazione del diniego – Nullità dell’atto – Consegue.

L’agente della ri¬scossione durante lo svolgimento del proprio ruolo pubblico deve rispettare i principi di collaborazione con il contribuente e di buona fede espressi dall’art. 10, primo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), nonché ispirare il proprio comportamento ai doveri di lealtà, di correttezza e di diligenza, come sancito dall’art. 3 del D.M. 16 novembre 2000, n. 280, recante il codice deontologico degli agenti e degli uffici di riscossione, con cui sono stati definiti gli obblighi di correttezza cui gli stessi devono attenersi nella gestione delle procedure.

Il contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento tributario, che deve essere attuato anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa, di talché deve essere dichiarata la nullità del provvedimento di comunicazione preventiva di iscri¬zione ipotecaria nel caso di mancata attivazione del con-traddittorio da parte dell’agente della riscossione e in presenza di un piano di rateazione in corso con corretto pagamento delle relative rate.

Il diniego opposto dall’agente della riscossione all’istanza di rateazione o della sua proroga presentata dal contribuente rientra nella competenza del giudice tributario e deve essere annullato allorquando sia privo di motivazione, non sia stato attivato il preventivo contraddittorio endoprocedimentale, violando in tal modo i principi di collaborazione con il contribuente e di buona fede previsti dallo Statuto dei diritti del contribuente, e vi sia un’evidente sproporzione tra l’entità del debi¬to ed il valore dell’immobile sottoposto a garanzia.

[Commissione trib. provinciale di Lecce, sez. II (Pres. Fiorella, rel. Gargano), 11 febbraio 2016, sent. n. 478]

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Equitalia Sud Spa in data 3/11/2014 notificava alla … in persona del legale rappresentante, sig. .., la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria e, successivamente, in data 6/11/2014, notificava sempre alla stessa società il provvedimento di rigetto dell’istanza di rateizzazione.
Avverso i due suddetti provvedimenti la società, tramite l’avv. M.V., presentava tempestivo ricorso eccependo:
1 – l’impugnabilità del provvedimento di rigetto della istanza di rateizzazione come stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con ordinanza n. 15647 del 1/7/2010 , nonché l’impugnabilità della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, come stabilito dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza n. 19668 del 18/9/2014 ;
2 – l’avvenuto pagamento di alcune rate e la mancata risposta alla prima istanza di ulteriore rateizzazione, violando in tal modo il principio di collaborazione con il contribuente ed il principio di buona fede, entrambi previsti dallo Statuto dei diritti del contribuente;
3 – la mancata attivazione del contraddittorio;
4 – in subordine, la sproporzione tra entità del debito ed il valore dell’immobile sottoposto a garanzia.
Equitalia sud Spa si costituiva in giudizio in data 16/1/2015, contrastando tutte le eccezioni di parte e confermando la correttezza del proprio operato.
La Commissione all’udienza del 31/3/2015 con ordinanza n. 757/02/15 accoglieva l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati.
All’udienza pubblica di merito del 23/6/2015 le parti intervenute, dopo ampio ed approfondita discussione, si riportavano ai rispettivi scritti difensivi con richiesta di condanna alle spese.
La Commissione, sentite le parti, visti gli atti processuali, introitava la causa per la decisione, in camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE – La Commissione ritiene doversi accogliere il ricorso ed annullare i due atti impugnati.
Occorre precisare che il concessionario della riscossione durante lo svolgimento del proprio ruolo pubblico deve rispettare il principio di collaborazione con il contribuente ed il principio di buona fede, principi espressi dall’art. 10, comma 1, della Legge n. 212/2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente).
A ciò si aggiunga che qualche mese dopo l’approvazione del suddetto statuto fu approvato anche il codice deontologico dei concessionari e degli uffici di riscossione (Decreto Ministeriale delle Finanze n. 280 del 16/11/2000), con cui sono stati definiti gli obblighi di correttezza cui gli stessi devono attenersi nella gestione delle procedure.
Nello specifico, come rilevato dalla difesa di parte, nel suddetto codice deontologico è espressamente sancito all’art. 3 che i concessionari del servizio di riscossione devono ispirare il proprio comportamento ai doveri di lealtà, di correttezza e di diligenza.
Nel caso di specie, Equitalia Sud Spa non ha rispettato assolutamente i suddetti principi. Infatti, per quanto riguarda la comunicazione provvisoria di iscrizione ipotecaria, non è stato attivato il preventivo contraddittorio con la società ricorrente.
La giurisprudenza sia della Corte di Cassazione (sent. n. 19667 del 18/9/2014 ), sia della Corte di Giustizia Europea, con le varie sentenze citate nel ricorso, hanno stabilito il corretto principio che il contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento tributario, che deve essere attuato anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa.
Alla luce di quanto sopra, dichiara la nullità del provvedimento di comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria per mancata attivazione del contraddittorio da parte di Equitalia, che, peraltro, sul punto non ha mosso specifiche contestazioni, non dimostrando, quindi, il contrario.
Se si fosse svolto correttamente il contraddittorio, non si sarebbe verificato l’assurdo di una evidente sproporzione tra entità del debito (pari ad euro 81.685,06) ed il valore dell’immobile sottoposto a garanzia (valore pari ad euro 1.450.000,00), come risulta dalla perizia in allegato n. 15 del ricorso introduttivo, mai contestata da Equitalia.
Per ciò che riguarda la rateizzazione, di competenza di questo giudice tributario, occorre precisare che la società ricorrente:
– ha regolarmente pagato tutte le rate – così come dimostrato in atti (all’allegato n. 6 del ricorso);
– si è arretrata di soltanto otto rate a partire dal mese di settembre 2013 fino al mese di aprile 2014, come da prospetto (in allegato n. 7 del ricorso), ricominciando i pagamenti rateali nel maggio 2014 (all. 8 del ricorso);
– in data 27/03/2014 ha presentato istanza di proroga della rateizzazione, senza ottenere risposte da parte del concessionario (all. n. 9 del ricorso), violando, quindi i principi dello Statuto del contribuente;
– solo a seguito di una seconda istanza, Equitalia Sud Spa provvedeva a notificare un provvedimento di rigetto, oggi in contestazione, privo di una adeguata motivazione.
Alla luce di tutto quanto sopra esposto e documentato, questa Commissione Tributaria:
– annulla il provvedimento di rigetto dell’istanza di rateizzazione prot. n. … del 29/10/2014 ed autorizza, di conseguenza, la società ricorrente a proseguire il pagamento della rateizzazione a suo tempo richiesto in 72 rate e già accordata da Equitalia Sud Spa;
– annulla la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b, del D.L. n. 16 del 2/3/2012, conv. con modificazioni, dalla Legge n. 44 del 26/4/2012, che fa divieto all’agente della riscossione di iscrivere ipoteca ai sensi dell’art. 77, comma 2-bis, DPR n. 602/73, in presenza di un piano di rateizzazione in corso nonché del corretto pagamento delle rate, come documentato in atti.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza;

P.Q.M. – La Seconda Sezione della C.T.P. di Lecce così dispone:
– accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;
– condanna Equitalia Sud Spa al pagamento delle spese processuali che liquida complessivamente in euro 8.572,00,oltre accessori se dovuti, con distrazione in favore del difensore costituito.

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