19 Marzo, 2019

Il ricorso che la società contribuente aveva proposto in primo grado avverso un avviso di accertamento era stato sottoscritto soltanto dal legale rappresentante della società. L’incarico al difensore veniva conferito prima dell’udienza di discussione. Trattandosi di un avviso di accertamento che superava il limite di euro 2.582,28 allora previsto per l’assistenza tecnica, l’Agenzia delle entrate aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso per la mancata sottoscrizione del medesimo da parte del difensore. Nulla era stato rilevato a tale proposito dalla Commissione tributaria provinciale in sede di esame preliminare del ricorso ex art. 27 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, né tantomeno successivamente in quanto il contribuente, aderendo all’eccezione dell’Ufficio, si era munito di difensore venti giorni prima dell’udienza di trattazione.
Respinto il ricorso per ragioni attinenti al merito, la società aveva impugnato la sentenza. Così come avvenuto in primo grado, anche l’appello veniva sottoscritto soltanto dal legale rappresentante. La nomina del difensore veniva perfezionata prima dell’udienza pubblica. La Commissione tributaria regionale lo dichiarava inammissibile a mente dell’art. 53, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, per non essere stato sottoscritto a norma dell’art. 18, terzo comma, del medesimo decreto.
Proposto ricorso avanti la Corte di Cassazione, il gravame veniva assegnato alle Sezioni Unite. La questione da risolvere era quella relativa all’applicabilità, anche in grado di appello, del principio secondo cui un ricorso per controversie di valore superiore all’importo indicato nell’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992, sottoscritto soltanto dal contribuente, può essere dichiarato inammissibile solo dopo la mancata esecuzione, da parte di questi, dell’ordine impartitogli dal giudice di munirsi di un difensore.
Il principio che riguarda questa iniziativa del giudice volta a perfezionare la nomina del difensore è stato affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000, n. 189 (1). Chiamata a pronunciarsi se le norme di cui agli artt. 12, quinto comma, e 18, commi terzo e quarto, del D.Lgs. n. 546/1992, violassero o meno gli artt. 3 e 24, primo comma, Cost., nella parte in cui sanciscono l’inammissibilità del ricorso che sia sottoscritto dal solo contribuente, la Corte Costituzionale ebbe a rilevare che la norma denunciata era suscettibile di essere interpretata in modo da escludere una tale eventualità.
L’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992 relativo all’obbligo dell’assistenza tecnica da parte del difensore non dice se il relativo incarico al professionista debba avvenire prima della presentazione del ricorso, ma anzi è previsto che il medesimo possa essere conferito anche nel corso dell’udienza pubblica, quando cioè il rapporto processuale si è già costituito. Ciò significa che il ricorso che avvia il giudizio tributario ben può essere sottoscritto direttamente dalla parte senza l’assistenza del difensore.
La sottoscrizione del ricorso da parte del ricorrente non impedisce dunque il regolare instaurarsi del rapporto processuale. Siccome la nomina del difensore è comunque obbligatoria, l’inammissibilità in parola entra in gioco, questa la conclusione della Consulta, solo a seguito della sua mancata nomina nei termini fissati nell’ordine del giudice.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno fatto propria questa impostazione con la sentenza 2 dicembre 2004, n. 22601 (2). Il principio per cui il giudice che sia chiamato a conoscere una controversia il cui valore supera quanto previsto dall’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992, è «tenuto a disporre che l’attore parte privata che stia in giudizio senza assistenza tecnica si munisca di essa, conferendo incarico a difensore abilitato», è così diventato diritto vivente.
«Soltanto qualora la parte privata non ottemperi, nel termine all’uopo fissato, all’ordine di munirsi di assistenza tecnica, impartitole dal presidente della commissione tributaria», tali le parole usate da una recente sentenza della Suprema Corte (3), il ricorso diventa inammissibile.
Nel caso in esame l’inammissibilità dell’appello era stata dichiarata dal giudice in quanto, così come avvenuto in primo grado, la nomina del difensore era avvenuta soltanto dopo la notifica del gravame, prima dell’udienza di discussione.
Nell’ambito del processo civile, una tale circostanza avrebbe subito comportato, già in primo grado, la declaratoria di inammissibilità dell’azione, risolvendosi in un difetto di ius postulandi.
Diversamente da quanto avviene in tale processo, in quello tributario non è previsto che la parte ricorrente debba stare in giudizio con il ministero di un difensore. Più semplicemente è previsto che la stessa debba farsi assistere da un difensore abilitato, il cui incarico può essere conferito, senza formalità alcuna, anche nel corso dell’udienza pubblica.
In tali termini, vero l’asserto contenuto nella sentenza che si annota, secondo cui il ricorrente «aveva depositato, anche nel giudizio di appello (nel termine di venti giorni prima dell’udienza di discussione della causa), atto di procura a un difensore abilitato», l’incarico era stato dunque conferito nei limiti temporali previsti dalla norma.
Al vaglio delle Sezioni Unite non era stata, tuttavia, sottoposta la questione sulle modalità temporali della nomina del difensore, per valutare ad esempio se, come nel caso in esame, la medesima potesse essere formalizzata in qualsiasi atto del processo, anche successivo al ricorso, fino all’udienza di discussione. Alle stesse era stato chiesto, a mente dell’art. 374, secondo comma, del codice di rito, di valutare se la fissazione del termine per munirsi del difensore da parte della Commissione tributaria trovasse o meno applicazione anche nel giudizio di secondo grado, quando il contribuente impugna una sentenza e non un atto impositivo.
Dopo aver ribadito il principio per cui l’inammissibilità del ricorso alla Commissione tributaria provinciale non è procurata dalla sua mancata sottoscrizione da parte del difensore, ma dall’omessa esecuzione dell’ordine di nominarlo, la Suprema Corte ha osservato che una tale regola ben può essere applicata, in linea di pura astrazione, anche nel giudizio di appello.
L’asserto è da condividere, dato che la terminologia legislativa utilizzata dall’art. 12, quinto comma, del D.Lgs. n. 546/1992, laddove parla di controversie, non rappresenta di certo una preclusione ermeneutica. La stessa norma prosegue infatti parlando dei “procedimenti relativi”, con ciò facendo intendere che si tratta di un generico riferimento ai giudizi nel loro complesso, e dunque anche a quelli di secondo grado (4).
Del tutto consequenziale, pertanto, la successiva affermazione della Suprema Corte secondo cui l’ordine di munirsi di assistenza tecnica, ove impartito nel corso del giudizio di primo grado, estende i suoi effetti anche all’eventuale giudizio di secondo grado. Se la parte è stata resa edotta del fatto che il procedimento da essa instaurato comporta l’obbligo dell’assistenza tecnica, non vi è ragione alcuna per cui il giudice debba reiterare lo stesso ammonimento a mezzo di un identico provvedimento nei successivi gradi di giudizio (5), quindi anche in quello di secondo grado.
Tale è la soluzione prospettata dalle Sezioni Unite: l’appello del contribuente che non si avvalga dell’assistenza in parola, nonostante il precedente invito a munirsene, va dichiarato inammissibile per difetto di ius postulandi.
Altrettanto deve avvenire, questa la conclusione per il caso oggetto di giudizio, quando nel corso del giudizio di primo grado il ricorrente sia stato reso edotto, attraverso l’eccezione di controparte, «della necessità di munirsi dell’assistenza tecnica necessaria».
Stimiamo questa conclusione non congruente con le premesse esegetiche sopra esposte. La stessa si basa infatti sulla ingiustificata parificazione in termini di effetti tra l’informazione sulla necessità dell’assistenza tecnica che il contribuente riceve attraverso un’eccezione della sua controparte e il provvedimento del giudice che gli impone di nominare un difensore entro un determinato termine, sotto pena della declaratoria di inammissibilità del suo ricorso.
Il problema legato all’assistenza tecnica non è tanto quello del sapere che la legge ne ha previsto l’obbligo, del tutto noto; il problema è legato alle modalità attraverso le quali tale obbligo debba essere adempiuto, e in merito a ciò la legge è invece del tutto imprecisa.
Tra i punti certi, uno è quello per cui il difetto di assistenza tecnica non si traduce in un difetto di rappresentanza processuale. A differenza di quanto avviene nel processo civile, ove questa rappresentanza è espressamente richiesta dall’art. 82 c.p.c., la normativa tributaria dispone soltanto l’obbligo della difesa consultiva, concetto del tutto diverso dalla difesa attiva a cui fa riferimento la norma processual-civilistica.
Mentre nel processo civile l’art. 125 c.p.c. dispone che la procura deve essere rilasciata, al più tardi, prima della costituzione in giudizio, nel processo tributario nulla viene disposto a tal proposito. La norma afferma che la nomina del difensore possa avvenire in calce o a margine di un atto del processo, e anche oralmente all’udienza pubblica, ma nulla statuisce sul termine ultimo.
Altrettanto certo è il fatto che la mancata emissione da parte del giudice di primo grado dell’ordine di munirsi di assistenza tecnica nei confronti della parte che ne sia priva non incide sulla regolarità del contraddittorio. La parte è ritualmente costituita in giudizio ed è partecipe al processo. Il vizio che ne deriva non è pertanto una nullità assoluta, come tale rilevabile d’ufficio, ma «soltanto dalla parte cui sia stato leso il diritto all’adeguata assistenza tecnica» (6).
La declaratoria di inammissibilità dell’appello sancita dal giudice di secondo grado, in quanto il contribuente era venuto a conoscenza della necessità dell’assistenza tecnica attraverso l’eccezione di controparte, non pare pertanto condivisibile.
A tale proposito la Suprema Corte ha del tutto trascurato il valore che il contribuente potrebbe aver attribuito al silenzio che su questo punto il giudice di primo grado aveva mantenuto: di sentirsi cioè legittimato a leggerlo come approvazione implicita della modalità con cui egli aveva dato corso alla nomina del difensore, tanto da ripeterla in sede di impugnazione della sentenza, ritenendola per l’appunto conforme al dettato normativo.
Tra l’altro, se la legge non dispone diversamente, come nei casi di silenzio assenso o di silenzio rigetto, il silenzio altro non è che silenzio.
Parificando tale silenzio all’emissione dell’ordine di munirsi di assistenza tecnica, così da ritenere del tutto superflua la “reiterazione” in secondo grado dell’ordine di munirsi di difensore, che il primo giudice non aveva invece impartito, la Suprema Corte ha del tutto snaturato il valore di tale circostanza.
Appare pertanto sproporzionata la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione siccome priva della sottoscrizione del difensore.
Le pronunce della Corte Costituzionale e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sopra riferite intendevano assicurare, in un contesto di imprecisioni e contraddizioni normative, che il giudice tributario svolga una funzione collaborativa tesa a regolarizzare taluni difetti in cui la parte potrebbe incorrere nella costituzione del rapporto processuale. Ciò in una prospettiva volta ad assicurare un’effettiva e adeguata tutela del contribuente contro gli atti dell’Amministrazione finanziaria, «evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità, che si risolvano in danno per il soggetto che si intende tutelare» (7).
Se così è, si deve ritenere che il caso in esame non rappresenti la giusta applicazione di un tale condivisibile principio generale.

Avv. Bruno Aiudi

(1) In Boll. Trib., 2000, 1191, con nota di V. AZZONI, Ricorso sottoscritto dal contribuente e non dal difensore per liti di valore superiore ai cinque milioni di lire: é sanabile il vizio?
(2) In Boll. Trib., 2005, 133.
(3) Ci si riferisce a Cass., sez. trib., 26 maggio 2017, n. 13346, in Boll. Trib. On-line. Per l’analisi di questo aspetto, semplicemente presupposto dalla decisione in commento, si rinvia a B. AIUDI, Brevi note sulla nomina del difensore tributario e sulla sua responsabilità professionale, in Boll. Trib., 2017, 1764, in nota ad App. Milano, sez. II, 5 aprile 2017, n. 1448, e ai richiami ivi contenuti.
(4) Contra cfr. Cass., sez. trib., 13 ottobre 2010, n. 21139, in Boll. Trib. On-line, che valorizza a questo proposito il tenore letterale dell’art. 12 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, laddove si riferisce alla proposizione delle controversie.
(5) A tale regola fa evidentemente eccezione il caso in cui il difetto di assistenza tecnica venga rilevato per la prima volta in grado di appello, oppure quando la parte ne sia priva soltanto in tale grado; in tal caso, rileva giustamente la Suprema Corte, l’ordine di munirsi di assistenza tecnica «deve essere impartito nel giudizio di appello in quanto, in tali ipotesi, la parte potrebbe effettivamente non essere a conoscenza dell’obbligo dell’assistenza tecnica e, quindi, non in condizione di ottenere la concreta tutela giurisdizionale dei propri diritti»
(6) Così Cass., sez. trib., 17 gennaio 2014, n. 839; e nello stesso senso Cass., sez. trib., 17 febbraio 2016, n. 3120; entrambe in Boll. Trib. On-line.
(7) In tali termini cfr. Cass., sez. trib., 2 marzo 2012, n. 3266, in Boll. Trib. On-line.

Procedimento – Commissioni – Giudizio avanti le Commissioni – Mancanza o invalidità della procura – Inammissibilità del ricorso – Non si configura – Ordine del giudice tributario di munirsi di assistenza tecnica – Necessita – Reiterazione di tale ordine anche nel giudizio di appello qualora il contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione della sentenza – Esclusione – Inammissibilità dell’appello – Consegue – Ordine del giudice di munirsi di assistenza tecnica ed eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controparte – Equipollenza.

Procedimento – Commissioni – Giudizio avanti le Commissioni – Mancanza o invalidità della procura – Inammissibilità del ricorso – Non si configura – Ordine del giudice tributario di munirsi di assistenza tecnica – Necessita – Eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controparte – Equipollenza all’ordine del giudice di munirsi di assistenza tecnica – Reiterazione di tale ordine anche nel giudizio di appello qualora il contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione della sentenza – Esclusione – Inammissibilità dell’appello – Consegue – Presunta violazione del diritto di difesa del contribuente – Non si configura.

L’ordine impartito dal giudice al contribuente, nel giudizio tributario di primo grado, di munirsi di assistenza tecnica, nel caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, ancorché astrattamente ammissibile anche in grado di appello, non deve essere reiterato, con conseguente inammissibilità dell’appello per la mancanza di “ius postulandi”, e l’impugnazione è parimenti inammissibile se la parte, sfornita in grado di appello della necessaria assistenza tecnica, sia stata comunque resa edotta dall’eccezione di controparte, nel giudizio davanti alla Commissione tributaria provinciale, della necessità dell’assistenza tecnica necessaria, non dovendo tale invito essere reiterato dalla Commissione tributaria regionale.

L’ordine di munirsi di assistenza tecnica, ove impartito dal giudice al contribuente nel giudizio tributario di primo grado nel caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, ancorché astrattamente ammissibile, non deve essere reiterato per il ricorso in appello, atteso che se la parte è stata resa edotta, mediante invito della Commissione tributaria provinciale, della necessità che la controversia richiede l’assistenza tecnica, non vi è ragione che lo stesso invito venga reiterato dalla Commissione tributaria regionale, e la medesima valutazione va fatta anche con riferimento al caso in cui il contribuente sia stato comunque messo a conoscenza della mancanza della necessaria assistenza tecnica dall’eccezione della controparte, rendendo quindi superfluo l’ordine del giudice che non deve dunque reiterarlo in secondo grado, dovendo ritenersi inammissibile il ricorso in appello ove la parte sia sfornita di assistente abilitato alla difesa in quanto è stata già resa edotta dell’obbligo di farsi assistere da un difensore abilitato, nonché della sanzione, la declaratoria di inammissibilità, che, in difetto, ne sarebbe conseguita, non potendosi configurare alcuna violazione del diritto di difesa poiché il contribuente è già stato reso edotto, o a seguito di ordine del giudice o di eccezione di parte, della mancanza della necessaria difesa tecnica in primo grado e il perdurare della situazione anche in grado di appello va addebitato a comportamento negligente della parte, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione proposta senza avvalersi della necessaria assistenza tecnica.

[Corte di Cassazione, sez. un. (Pres. Amoroso, rel. Chindemi), 13 dicembre 2017, sent. n. 29919, ric. Art Moda s.r.l. c. Agenzia delle entrate]

FATTO – L’Agenzia delle entrate, Ufficio di Firenze 2, notificava alla ART MODA s.r.l. un avviso di accertamento, con il quale, sulla base delle risultanze del processo verbale di constatazione notificato alla stessa ART MODA s.r.l. il 27 maggio 2008, accertava, per l’anno 2005, l’omessa contabilizzazione di ricavi nonché la deduzione di costi non inerenti e di costi non di competenza e, conseguentemente, maggiori IRES per € 71.063,00, IRAP per € 9.152,00 e IVA per € 17.617,00, oltre a interessi e a sanzione pecuniaria.
La ART MODA s.r.l. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Firenze (hinc anche «CTP»), sottoscritto dal legale rappresentante della società. L’Agenzia delle entrate, Ufficio di Firenze 2, costituitasi nel giudizio, in via preliminare, eccepiva l’inammissibilità del ricorso in quanto sottoscritto dal legale rappresentante della società ricorrente, soggetto non abilitato all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, nonostante il valore della controversia superasse € 2.582,28 (limite sussistente ratione temporis) e, nel merito, chiedeva il rigetto del ricorso. La Commissione tributaria provinciale di Firenze, in via preliminare, rigettava l’eccezione sollevata dall’Ufficio di Firenze 2 in quanto, in seguito alla stessa, la ART MODA s.r.l. aveva provveduto a conferire l’incarico a un difensore abilitato, depositando il relativo atto di conferimento, e, nel merito, rigettava il ricorso della società.
La ART MODA s.r.l. proponeva appello alla Commissione tributaria regionale della Toscana (hinc anche «CTR») che, con la sentenza n. 108/13/11, depositata il 14 novembre 2011, lo dichiarava inammissibile per due autonome ragioni. In primo luogo perché, nonostante la controversia fosse di valore superiore a € 2.582,28, il ricorso in appello era «stato sottoscritto personalmente dal legale rappresentante della società, senza l’ausilio di un difensore abilitato», in violazione dell’art. 18, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 (secondo cui «Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente e contenere l’indicazione dell’incarico a norma dell’art. 12, comma 3, salvo che … non sia sottoscritto personalmente», nel caso di controversie di valore inferiore a € 2.582,28), richiamato dall’art. 53, comma 1, secondo periodo, dello stesso decreto (secondo cui «Il ricorso in appello è inammissibile … se non è sottoscritto a norma dell’art. 18, comma 3»); disposizioni in base alle quali, «per le controversie di valore superiore [a € 2.582,28], la procura e la firma del difensore sono elementi essenziali per l’ammissibilità dell’appello, la cui mancanza non può essere sanata nel corso del procedimento».
In secondo luogo, perché privo dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesti, a pena di inammissibilità, dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992.
Avverso tale sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, non notificata, la ART MODA s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso formulando ricorso incidentale condizionato, affidato a un unico motivo.
La Sezione Tributaria della Suprema Corte, con l’ordinanza n. 10080 del 21 aprile 2017, ha trasmesso la causa al Primo Presidente che, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., l’ha assegnata alle Sezioni Unite della Corte, perché si pronuncino sulla questione di massima di particolare importanza, posta dal primo motivo di ricorso, se il principio secondo cui, nel processo tributario avente a oggetto controversie di valore pari o superiore a € 2.582,28, l’inammissibilità del ricorso proposto direttamente dalla parte senza assistenza tecnica (che può essere dichiarata soltanto a seguito della mancata tempestiva esecuzione dell’ordine del giudice di munirsi di tale assistenza, conferendo l’incarico a un difensore abilitato) trovi applicazione soltanto nel giudizio di primo grado (e, quindi, soltanto con riguardo al caso in cui il contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato al fine di impugnare l’atto tributario) oppure anche in quello di secondo grado (e, quindi, con riguardo al caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato al fine di impugnare).

RAGIONI DELLA DECISIONE – 1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 12, 18, comma 3, e 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, «anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 189/2000», in quanto la CTR, rilevato il difetto di assistenza tecnica in ragione della sottoscrizione del ricorso in appello da parte del legale rappresentante della società (anziché di un soggetto abilitato), non avrebbe potuto dichiarare l’inammissibilità di tale ricorso, ma avrebbe dovuto invitare la parte a munirsi dell’assistenza tecnica, e ciò anche nel caso in cui un siffatto invito fosse già stato rivolto alla stessa in primo grado; infatti, posto che, in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 189 del 2000 (1), costituisce ius receptum quello per cui l’inammissibilità del ricorso relativo a una controversia di valore superiore a € 2.582,28 (limite elevato a € 3.000 dall’art. 9, comma 1, D.lgs. 24.9.2015 n. 156, in vigore al 1° gennaio 2016) sottoscritto dalla parte priva dei requisiti professionali per stare in giudizio personalmente può essere dichiarata soltanto a seguito della mancata tempestiva esecuzione, a opera della stessa parte, dell’ordine del giudice di munirsi di assistenza tecnica conferendo l’incarico a un difensore abilitato, identica soluzione si imporrebbe anche per il ricorso in appello, atteso che l’art. 53, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel disciplinare la forma dell’appello, rinvia, con riguardo alla sottoscrizione del ricorso, all’art. 18, comma 3, dello stesso decreto, e che l’art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, dispone che nel procedimento di appello si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado (se non incompatibili con quelle stabilite per il giudizio di appello).
Con il secondo motivo di ricorso, la ART MODA s.r.l. denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso che, contrariamente a quanto da essa ritenuto, dal proprio ricorso in appello «i motivi dell’impugnazione [erano] desumibili … in modo sufficientemente chiaro ed univoco».
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso incidentale condizionato, affidato a un unico motivo, con il quale denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 32, 58 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, perché la CTR avrebbe omesso di dichiarare l’inammissibilità della produzione documentale della ART MODA s.r.l., avvenuta solo il 14 settembre 2011, oltre il termine di venti giorni liberi prima della data di trattazione (fissata per l’udienza pubblica del 29 settembre 2011), stabilito dall’art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, richiamato dall’art. 61 dello stesso decreto.

2. La questione controversa, sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite, come già evidenziato concerne la valutazione se nel processo tributario avente a oggetto controversie di valore pari o superiore a € 2.582,28, l’inammissibilità del ricorso proposto direttamente dalla parte senza assistenza tecnica (che può essere dichiarata soltanto a seguito della mancata tempestiva esecuzione dell’ordine del giudice di munirsi di tale assistenza, conferendo l’incarico a un difensore abilitato) trovi applicazione soltanto nel giudizio di primo grado (e, quindi, soltanto con riguardo al caso in cui il contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato al fine di impugnare l’atto tributario) oppure anche in quello di secondo grado (e, quindi, con riguardo al caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato al fine di impugnare, con ricorso in appello, la sentenza di primo grado).
L’Agenzia sostiene, al riguardo, che l’invito del giudice alla parte a munirsi dell’assistenza tecnica deve ritenersi relativo allo svolgimento di tutte le attività processuali nel corso dell’intero giudizio, ivi incluse le impugnazioni, con la conseguenza che, una volta che il detto invito sia stato rivolto alla parte esso non deve essere reiterato e che «il riproporsi, nelle attività processuali successive al conferimento del mandato tra le quali l’impugnazione della sentenza, del difetto di difesa tecnica comporta necessariamente l’inammissibilità dell’atto di appello, non più sanabile nel corso del giudizio».
La ART MODA s.r.l. ha replicato con memoria con la quale ha rappresentato, tra l’altro, che: a) la CTP non le aveva rivolto alcun invito a munirsi di assistenza tecnica, dato che essa contribuente aveva già depositato l’atto di conferimento dell’incarico a un difensore abilitato, con la conseguenza che, qualora la CTR l’avesse invitata a munirsi dell’assistenza tecnica, tale invito non avrebbe costituito la reiterazione di un (inesistente) precedente invito; b) aveva depositato, anche nel giudizio di appello (nel termine di venti giorni prima dell’udienza di discussione della causa), atto di procura a un difensore abilitato.

3. Sussistono due diversi orientamenti della S.C. al riguardo. La prevalente giurisprudenza di legittimità, nel fare applicazione di tale principio, ha sostenuto che l’ordine di munirsi di assistenza tecnica deve essere impartito dal giudice al contribuente soltanto nel giudizio di primo grado e, quindi, soltanto con riferimento al caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, ma non al caso in cui ciò accada per il ricorso in appello. In forza di tale orientamento «l’obbligo del giudice tributario di fissare al contribuente, che ne sia privo, un termine per la nomina di un difensore – previsto, per le controversie di valore eccedente Euro 2.582,28, dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come interpretato dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 189 del 2000 e n. 202 [recte: 520] del 2002 e con l’ordinanza n. 158 del 2003 – sussiste solo nell’ipotesi in cui la parte sia “ab initio” sfornita di assistenza tecnica, e non riguarda il giudizio di secondo grado, come si desume sia dall’esplicito riferimento, nella citata giurisprudenza costituzionale, al solo giudizio di prime cure, sia dal tenore letterale dell’art. 12 cit., che si riferisce espressamente alla proposizione delle controversie, e non alla prosecuzione dei giudizi.
Ne consegue che, quando la parte si sia munita di assistenza tecnica nel giudizio di primo grado a seguito di ottemperanza all’ordine emesso dal giudice e proponga appello personalmente l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile, non dovendo l’ordine essere reiterato, e l’appello va dichiarato immediatamente inammissibile, attesa la riferibilità di quello impartito in prime cure all’intero giudizio» (Cass. n. 21139 del 2010 (2), cfr. anche Cass. 4/4/2008, n. 8778 (3); Cass. 30/6/2010 n. 15448 (4), Cass. 13/9/2013 n. 20929 (5) e Cass. del 18/12/2014 n. 26851 (6)).
Un orientamento minoritario ritiene, invece, che l’ordine del giudice di munirsi dell’assistenza tecnica, a norma dell’art. 12, comma 5, terzo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, è applicabile anche al giudizio di appello (cfr. Cass. n. 21459 del 2009 (7) e Cass. n. 1100 del 2002 (8) (quest’ultima pronuncia ritiene che il menzionato ordine sia previsto per le sole controversie di valore inferiore a € 2.582,28 (oggi € 3.000) e sia rimesso alla discrezionalità del giudice).

4. In presenza di orientamenti contrastanti va preliminarmente specificato se l’ordine al contribuente di munirsi di difesa tecnica per le cause che richiedono necessariamente tale assistenza, debba essere impartito anche da parte del giudice di appello.
Gli argomenti ermeneutici a sostegno della inammissibilità tout court di tale ordine nel giudizio di appello non appaiono risolutivi e possono essere superati anche in forza di una interpretazione costituzionalmente orientata a tutela del diritto di difesa.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 189 del 2000 investita, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo comma, Cost., della questione di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 5, e 18, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, sollevata sul presupposto interpretativo che tali disposizioni stabilissero l’inammissibilità del ricorso avente a oggetto controversie di valore superiore a € 2.582,28 sottoscritto dal solo contribuente, «senza prevedere che questi potesse nominare un difensore in un momento successivo, eventualmente su disposizione del presidente di commissione o di sezione, ovvero del collegio», ne dichiarò l’infondatezza con una sentenza interpretativa di rigetto.
La Corte ha affermato, in particolare, che il censurato art. 18, commi 3 e 4, è suscettibile di essere interpretato in modo tale da escludere i dubbi prospettati dal giudice a quo circa gli ostacoli che esso avrebbe frapposto «all’esercizio dell’azione avanti al giudice tributario di primo grado (commissione provinciale)» e del diritto di difesa. Tale interpretazione si fondava sugli argomenti che: a) il rinvio operato dall’art. 18, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, all’art. 12, comma 5, dello stesso decreto, «assume un significato logico (con interpretazione in armonia con un sistema processuale che deve garantire la tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità che si risolvano a danno del soggetto che si intende tutelare) di richiamo complessivo all’intero comma 5 e quindi anche al meccanismo dell’ordine da parte del Presidente della commissione o della sezione o del collegio di “munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa (parte) è tenuta, a pena di inammissibilità, a conferire l’incarico ad un difensore abilitato”», con la conseguenza che l’inammissibilità scatta – per scelta del legislatore tutt’altro che irragionevole – solo a seguito di ordine ineseguito nei termini fissati e non per il semplice fatto della mancata sottoscrizione del ricorso da parte di un professionista abilitato»; b) tale soluzione era maggiormente in linea con il principio e criterio direttivo dettato dall’art. 30, comma 1, lett. i), della legge di delegazione n. 413 del 1991; c) si trattava «di semplice assistenza tecnica (e non anche di rappresentanza), il cui incarico può essere conferito anche in sede di udienza pubblica (art. 12, comma 3, ultima parte)», con la precisazione che «rientra nella discrezionalità del legislatore la disciplina del diritto di difesa, non essendovi in via generale una scelta costituzionalmente obbligata di assistenza di difensore abilitato»; d) «non osta alla anzidetta interpretazione la considerazione dell’Avvocatura generale dello Stato, secondo cui questa soluzione comporterebbe la necessità di un’ampia rimessione in termini del contribuente, in quanto il tema del decidere resta circoscritto dal ricorso introduttivo, mentre la possibilità di “motivi aggiunti” è dal legislatore limitata alle sole ipotesi tassative di integrazione dei motivi del ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione tributaria, ed entro termini tassativi dalla notizia del deposito (art. 24 del d.lgs. n. 546 del 1992)».
La sentenza citata si riferisce esclusivamente ad ipotesi in cui il contribuente sia ab initio sfornito di assistenza tecnica e, soprattutto, richiamando il rinvio del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, all’art. 12, comma 5, dello stesso decreto, fa evidentemente riferimento alla proposizione del ricorso introduttivo, senza essere stata investita e senza prendere posizione con riferimento al giudizio di appello, essendo state sollevate le questioni di legittimità da una Commissione tributaria provinciale (quella di Novara) e concernenti soltanto le norme che disciplinano il ricorso al giudice tributario di primo grado, sicché nessuna preclusione può essere desunta da tale pronuncia alla non applicabilità in appello di tale principio.
In tale sentenza la Consulta mette in rilievo che tratterebbesi di interpretazione costituzionalmente adeguata degli artt. 18, commi 3 e 4, e 12, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, ripresa dalle Sezioni Unite quella secondo cui l’inammissibilità del ricorso alla commissione tributaria provinciale “scatta” in conseguenza non della mera mancata sottoscrizione da parte di un difensore abilitato ma soltanto dell’omessa esecuzione dell’ordine del giudice alla parte di munirsi dell’assistenza tecnica (Cass., S.U. n. 22601 del 2004 (9)).
La interpretazione costituzionalmente adeguata, con i limiti che saranno evidenziati, ben può essere invocata anche nel giudizio di appello; inoltre trattandosi di assistenza tecnica (e non anche di rappresentanza), il relativo incarico può essere conferito sia in primo che in secondo grado, anche in sede di udienza pubblica (art. 12, comma 3, ultima parte), ai sensi dell’art. 53, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992 che rinvia all’art. 18, comma 3, che rinvia, a sua volta, all’art. 12, comma 3, secondo periodo, dello stesso decreto.
Non appare risolutivo, in senso contrario, l’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, richiamato dall’art. 18, comma 3, dello stesso decreto, che, in forza di un orientamento della S.C., si riferisce espressamente alla proposizione delle controversie e, quindi del ricorso introduttivo e non alla prosecuzione dei giudizi (Cass. n. 21139 del 2010, Cass. n. 8778 del 2008), in quanto tale rilievo deve essere interpretato con il combinato disposto del predetto art. 12, comma 5 che, dopo avere stabilito che le controversie “minori” «possono essere proposte direttamente dalle parti interessate», stabilisce che queste ultime, «nei procedimenti relativi, possono stare in giudizio anche senza assistenza tecnica»; là dove la generica locuzione «procedimenti» sarebbe riferibile – come anche prospettato dalla ordinanza interlocutoria – anche a quelli di secondo grado.
Non sussistono preclusioni ermeneutiche ostative all’applicabilità anche al giudizio di appello dell’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992 che, ancorché si riferisca alla proposizione delle controversie, è applicabile anche alla prosecuzione dei giudizi; l’art. 53, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, prevedendo che «Il ricorso in appello è inammissibile … se non è sottoscritto a norma dell’art. 18, comma 3», appare infatti stabilire l’applicabilità al ricorso in appello della disciplina dettata per il ricorso introduttivo dal menzionato art. 18, comma 3, il quale, a sua volta, rinvia all’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992.

5. Alla luce delle precedenti considerazioni, questa Corte ritiene, tuttavia, che l’ordine di munirsi di assistenza tecnica ove impartito dal giudice al contribuente nel giudizio di primo grado nel caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, ancorché astrattamente ammissibile, non debba essere reiterato per il ricorso in appello.
Se la parte è stata resa edotta, mediante invito della Commissione Tributaria della necessità che la controversia – a prescindere dal suo svolgimento in uno o in due gradi di merito – richiede l’assistenza tecnica, non vi è ragione che lo stesso invito venga reiterato dalla commissione tributaria regionale.
La medesima valutazione va fatta anche con riferimento al caso in cui, come nella fattispecie, il contribuente sia stato comunque messo a conoscenza della mancanza della necessaria assistenza tecnica dall’eccezione della controparte, rendendo quindi, superfluo l’ordine del giudice che non deve, quindi reiterarlo in secondo grado, dovendo ritenersi inammissibile il ricorso in appello ove la parte sia sfornita di assistente abilitato alla difesa in quanto è stata già resa edotta dell’obbligo di farsi assistere da un difensore abilitato, nonché della sanzione, la declaratoria di inammissibilità, che, in difetto, ne conseguirebbe.
In tale evenienza va anche esclusa alcuna violazione del diritto di difesa in quanto il contribuente è già stato reso edotto, o a seguito di ordine del giudice o di eccezione di parte, della mancanza della necessaria difesa tecnica in primo grado e il perdurare della situazione anche in grado di appello va addebitata a comportamento negligente della parte, con conseguente inammissibilità della impugnazione proposta senza avvalersi della necessaria assistenza tecnica.
La mancanza di alcun pregiudizio all’effettività della tutela giurisdizionale non consente di affermare che l’inammissibilità della impugnazione, in tal caso, costituirebbe una sanzione irragionevole in quanto la preventiva conoscenza dell’obbligo dell’assistenza tecnica e della sanzione derivante dalla sua inosservanza consentono di ritenere che la parte, in quanto consapevole delle regole del processo, fosse in realtà in condizione di ottenere l’effettiva tutela giurisdizionale dei propri diritti.
La reiterazione dell’invito, da parte del giudice di appello (CTR) a munirsi dell’assistenza tecnica a una parte che è già stata destinataria di un analogo invito da parte del giudice di primo grado è anche contrastante con il principio di ragionevole durata del processo, in quanto comporterebbe l’inevitabile rinvio della trattazione della controversia, con un allungamento dei tempi di definizione della stessa non giustificato dall’esigenza di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale.
La medesima valutazione va fatta anche con riferimento al caso in cui, come nella fattispecie, il contribuente sia stato comunque messo a conoscenza della mancanza di assistenza necessaria dall’eccezione della controparte, rendendo quindi, superfluo l’ordine del giudice in primo grado e la sua reiterazione in secondo grado, essendo, quindi, in condizione di ottenere – facendo uso dell’ordinaria diligenza – l’effettiva tutela giurisdizionale dei propri diritti in ogni grado del processo.
Diverso è il caso che tale evenienza si verifichi per la prima volta in grado di appello, ove, ad esempio, non sia stato rilevato in primo grado oppure nel caso in cui la parte, già munita di assistenza tecnica in primo grado, ne sia invece priva in appello; in tal caso l’ordine di munirsi di assistenza tecnica con riferimento al caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione della sentenza, deve essere impartito nel giudizio di appello in quanto, in tali ipotesi, la parte potrebbe effettivamente non essere a conoscenza dell’obbligo dell’assistenza tecnica e, quindi, non in condizione di ottenere la concreta tutela giurisdizionale dei propri diritti.
Va, quindi affermato il seguente principio di diritto: «l’ordine impartito dal giudice al contribuente, nel giudizio di primo grado, di munirsi di assistenza tecnica – nel caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo – ancorché astrattamente ammissibile anche in grado di appello, non deve essere reiterata, con conseguente inammissibilità dell’appello per la mancanza di “ius postulandi”. L’impugnazione è parimenti inammissibile se la parte, sfornita in grado di appello della necessaria assistenza tecnica, sia stata comunque resa edotta dall’eccezione di controparte, nel giudizio davanti alla Commissione Tributaria provinciale, della necessità dell’assistenza tecnica necessaria, non dovendo tale invito essere reiterato dalla commissione tributaria regionale».
Rimangono assorbiti il secondo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale.
Va, conseguentemente rigettato il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.
La particolarità della questione consente di compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M. – Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

(1) Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 189, in Boll. Trib., 2000, 1191.
(2) Cass. 13 ottobre 2010, n. 21139, in Boll. Trib. On-line.
(3) In Boll. Trib. On-line.
(4) In Boll. Trib. On-line.
(5) In Boll. Trib. On-line.
(6) In Boll. Trib. On-line.
(7) Cass. 9 ottobre 2009, n. 21459, in Boll. Trib. On-line.
(8) Cass. 29 gennaio 2002, n. 1100, in Boll. Trib. On-line.
(9) Cass. 2 dicembre 2004, n. 22601, in Boll. Trib., 2005, 133.

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