10 Dicembre, 2018

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. La notificazione con o senza l’intermediazione di un “soggetto qualificato” – 3. L’irrilevanza di qualsiasi “legame” o rapporto tra consegnatario e notificatario – 4. Raccomandata informativa con o senza avviso di ricevimento?

1. Premessa

Come abbiamo evidenziato in un precedente intervento su questa Rivista (1), la principale disposizione in materia di notificazione degli “atti tributari” è rappresentata dall’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che oltre a disciplinare la notifica «degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente» nell’ambito dell’accertamento delle imposte sui redditi, costituisce anche la norma di riferimento per la notifica degli atti impositivi relativi alle altre imposte e tributi, in forza dello specifico richiamo della stessa contenuto nelle singole leggi d’imposta (2).
Il suddetto art. 60, che pure prevede un generale rinvio alle norme del codice di procedura civile in materia di notifica (artt. 137 e ss. c.p.c.), reca una disciplina autonoma e (in parte) speciale rispetto a tali norme, derogandovi attraverso la previsione di talune specifiche “modifiche”.
Tra le disposizioni dell’art. 60 “derogatorie” rispetto alle regole del codice di rito civile, rientra certamente quella contenuta nella lett. b-bis) del primo comma, ai sensi della quale «se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata».
Trattasi di una disposizione relativamente “nuova”, introdotta dall’art. 37, comma 27, lett. a), del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), che la giurisprudenza di legittimità ha giudicato non suscettibile di applicazione retroattiva (3).
In precedenza, ovvero per gli atti notificati mediante consegna a «persona diversa dal destinatario» – presso il suo domicilio fiscale (4) – prima dell’entrata in vigore della novella, in assenza di specifica previsione nel previgente art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, trovava applicazione l’art. 139 c.p.c. (5), in forza del generale rinvio più sopra evidenziato (6).
È nostra opinione, tuttavia, che nella transizione tra la vecchia e la nuova disciplina di questa particolare modalità di esecuzione della notifica non sia mancata qualche incertezza interpretativa in seno alla giurisprudenza di legittimità, consistente principalmente nella – a nostro avviso indebita – sovrapposizione di quelle discipline, che genera inevitabilmente confusione tra gli addetti ai lavori.
Con il presente contributo vogliamo dare conto delle segnalate incertezze e verificare se vi sia o meno conciliabilità tra le soluzioni fin qui proposte e se sia necessario l’ennesimo intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Suprema Corte.

2. La notificazione con o senza l’intermediazione di un “soggetto qualificato”

Prima di approfondire le tematiche che attengono specificamente alla consegna dell’atto a «persona diversa dal destinatario», ci sembra opportuno ricordare, ancora una volta (7), che le disposizioni “speciali” contenute nell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 disciplinano esclusivamente la notifica eseguita dai “soggetti qualificati” indicati nella lett. a), mentre, ove gli Uffici finanziari (o l’agente della riscossione) intendano procedere “direttamente” alla notifica degli atti impositivi (o della riscossione), ovvero attraverso propri dipendenti, possono provvedervi (soltanto) tramite il servizio postale e, in quest’ultimo caso, trovano applicazione le norme concernenti il “servizio postale ordinario” e non quelle previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, che regolano esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario.
Sul punto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è ormai granitico.
Segnaliamo, tra le numerosissime, l’ordinanza della Suprema Corte in cui si rammenta che «l’art. 60 dPR 600/1973, … prevede che la notificazione è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti c.p.c., e che i compiti dell’ufficiale giudiziario sono svolti “dai messi comunali o dai messi autorizzati dall’ufficio”. Orbene, si è affermato da Cass. n. 9111/2012 che la l. n. 890/82 regola esclusivamente la notifica (ex art. 149 c.p.c.) eseguita dall’ufficiale giudiziario, non altre forme di notifica, in particolare non quelle previste dalle singole leggi di imposta nonché dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3 (“le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento”). Si è quindi ricordato che (sentenza 28 luglio 2010 n. 17598) “a decorrere … dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della … L. n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere direttamente alla notifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale (Cass. n. 15284 del 2008)”: “ciò significa che, così come è stabilito per la notifica degli atti processuali dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, il notificante è abilitato alla notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando, ovviamente, quella dell’ufficiale postale), e, quindi, le modalità di notificazione semplificata, alle quali, pertanto, non si applicano le disposizioni della L. n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale ordinario (cfr., in materia di contenzioso tributario, Cass. nn. 17723 del 2006 e 1906 del 2008; in tema di tributi locali, Cass. n. 2690 del 2002)” – cfr. Cass. n. 272/2014, conf. Cass. 1207/2014. Ne consegue che, quando l’ufficio finanziario si sia avvalso della facoltà di notificazione a mezzo posta, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982 (Cass. 17598/2010 in tema di validità della notifica con raccomandata non ritirata presso l’ufficio postale, senza che ad essa fosse seguito l’invio della raccomandata informativa previsto dalla L. n. 890 del 1990, art. 8). … Del resto, la diversità di disciplina fra notifiche a mezzo posta e a mezzo di ufficiale giudiziario è in linea con quanto più volte affermato dalla Corte costituzionale, avendo il legislatore disciplinato la notificazione a mezzo posta e quella eseguita con il tramite dell’ufficiale giudiziario in modo diverso “nel ragionevole esercizio della discrezionalità che gli appartiene” (sentenza n. 17 del 2011), trattandosi di situazioni differenti tra loro (ex multis, Corte cost. nn. 43/2010, n. 131/2007; Corte cost. n. 130/2011)» (8).
Nello stesso senso, ma con riferimento alla notifica della cartella di pagamento (e dei successivi atti della riscossione), la Suprema Corte ha ribadito che «la specialità della disciplina normativa della notificazione della cartella, contenuta nell’esaminato D.P.R. n. 602 del 1973, articolo 26, trova, invero, riscontro anche nella stessa Legge n. 890 del 1982 che, all’articolo 14, comma 1, dispone che la notifica degli atti tributari al contribuente, da effettuarsi con l’impiego di plico sigillato, “può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari”, venendo fatti espressamente salvi i disposti di cui al citato D.P.R. n. 602 del 1973, articoli 26 e 45. Com’è noto, la norma accomuna modalità procedimentali distinte per la notifica della cartella di pagamento in quanto accanto alla individuazione, nella prima parte, dei soggetti abilitati assimilati all’Ufficiale giudiziario, competenti ad eseguire la notifica della cartella nelle forme previste per la notifica degli atti giudiziari, come disciplinate dal Codice di rito e dalla Legge n. 890 del 1982, ha previsto, nella seconda parte, una forma alternativa di notifica – corrispondente a quella effettuata “direttamente” dagli Uffici finanziari a mezzo posta: Legge n. 890 del 1982, articolo 14, comma 1 – che consente al Concessionario (Agente) di avvalersi “direttamente” del servizio postale ordinario, consegnando in plico sigillato la cartella all’ufficio postale per la spedizione con raccomandata con avviso di ricevimento. Appare, dunque, evidente che tale forma speciale di notifica si colloca al di fuori delle attività di competenza degli Ufficiali giudiziari, e soggetti abilitati assimilati, esaurendosi nel compimento delle modalità richieste per la ordinaria spedizione postale in raccomandazione con avviso di ricevimento, rimanendo quindi estranea alla fattispecie notificatoria in questione la redazione della relata di notifica» (9).
Non c’è possibilità alcuna, dunque, di fare confusione tra le norme che regolano la notifica eseguita da un “agente qualificato/abilitato” e le norme che regolano la notifica per posta eseguita “direttamente” dal notificante, sia esso l’Ufficio finanziario (art. 14, primo comma, della legge n. 890/1982), l’agente della riscossione (art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 602/1973) o una delle parti del processo tributario (art. 16, terzo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546).
Ciò nondimeno, talvolta la stessa Corte di Cassazione, richiamando principi che attengono alla notifica “diretta” per posta in contesti che attengono alla notifica ex art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, ha sovrapposto impropriamente le relative discipline e fornito “indicazioni interpretative” niente affatto univoche.
Un esempio emblematico di tale impropria sovrapposizione si rinviene nella recentissima Cass. n. 20863/2017 (10), dove la Suprema Corte era chiamata a scrutinare la contestata violazione e/o falsa applicazione proprio dell’art. 60, primo comma, lett. b-bis), del D.P.R. n. 600/1973, avendo a tal fine eccepito il ricorrente «per un verso la mancata prova della spedizione della “raccomandata informativa” …, per altro verso l’insussistenza della qualità di “familiare” della persona ricevente detti atti impositivi».
Precisiamo subito che ci occuperemo diffusamente nei paragrafi che seguono della spedizione della c.d. “raccomandata informativa”, delle conseguenze della sua mancata esecuzione e della distribuzione del relativo onere probatorio.
Per quanto riguarda, invece, la contestata insussistenza nel consegnatario della qualità di “familiare” del destinatario, i Supremi Giudici hanno ritenuto opportuno ribadire che «in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, eseguita mediante consegna dell’atto a persona di famiglia che conviva, anche temporaneamente, con il destinatario, il rapporto di convivenza, almeno provvisorio, può essere presunto sulla base del fatto che il familiare si sia trovato nell’abitazione del destinatario ed abbia preso in consegna l’atto da notificare, onde non è sufficiente, per affermare la nullità della notifica, la mancata indicazione della qualità di convivente sull’avviso di ricevimento della raccomandata, il cui contenuto, in caso di spedizione diretta a mezzo piego raccomandato, ai sensi dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è quello prescritto dal regolamento postale per la raccomandata ordinaria e non già quello previsto dall’art. 139 cod. proc. civ.».
Di qui l’osservazione secondo cui «la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto, peraltro essendo in fatto ammesso dallo stesso ricorrente che la persona ricevente gli atti impositivi in questione era effettivamente la compagna convivente del figlio a sua volta pacificamente convivente del contribuente».
Ebbene, siamo dell’avviso che “ribadire” in questa occasione un principio affermato con riferimento alla notifica per posta nel processo tributario, prevista dall’art. 16, terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, sia del tutto improprio e fuorviante.
Come abbiamo osservato all’inizio di questo paragrafo, tutte le disposizioni dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, compresa quella contenuta nella lett. b-bis), disciplinano esclusivamente l’attività notificatoria propria degli “agenti qualificati” indicati nella lett. a), che è autonoma e distinta dall’attività notificatoria “diretta” alla quale possono provvedere, attraverso il solo “servizio postale”, gli uffici finanziari, gli agenti della riscossione e le parti del processo tributario.
Naturalmente, vale ripeterlo per ulteriore chiarezza, anche gli agenti notificatori “qualificati”, nell’esercizio delle proprie funzioni, possono avvalersi del servizio postale, con la differenza che la notifica “per posta” eseguita da tali soggetti è disciplinata dalla citata legge n. 890/1982 (con l’utilizzo di buste e avvisi di ricevimento di colore verde, note come “raccomandate per atti giudiziari”), mentre la notifica per posta eseguita “direttamente” dagli Uffici finanziari, dagli agenti della riscossione e dalle parti del processo tributario è disciplinata dalle norme concernenti il servizio postale ordinario (D.M. 9 aprile 2011) (11).
Pertanto, ci pare utile ribadirlo ancora a conclusione di questo paragrafo, del tutto inappropriato risulta il riferimento fatto dalla Suprema Corte, nell’ordinanza n. 20863/2017, ai principi che regolano la notifica per posta nel processo tributario, risultando tale riferimento del tutto avulso e fuori luogo rispetto ad un contesto in cui si controverteva della (presunta) violazione o falsa applicazione dell’art. 60, primo comma, lett. b-bis), del D.P.R. n. 600/1973.

3. L’irrilevanza di qualsiasi “legame” o rapporto tra consegnatario e notificatario

Considerazione analoghe a quelle da ultimo svolte possiamo fare anche con riferimento all’impropria sovrapposizione tra la disciplina prevista dall’art. 139 c.p.c. e la disciplina prevista dalla vigente lett. b-bis) del suddetto art. 60 del D.P.R. n. 600/1973.
Come abbiamo anticipato in premessa, prima dell’entrata in vigore della novella, nel caso di notifica degli «atti tributari» eseguita mediante consegna a «persona diversa dal destinatario», risultavano certamente applicabili l’art. 139 c.p.c. (12) e i connessi principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, in forza del generale rinvio operato dallo stesso art. 60.
Da luglio 2006 anche quella particolare modalità di notifica è autonomamente disciplinata da una specifica disposizione normativa (lett. b-bis), motivo per il quale ad essa non risulta più applicabile la menzionata disposizione codicistica e l’eventuale richiamo dei connessi principi giuridici, in subiecta materia, risulta per lo più fuori luogo.
Pensiamo, in particolare, al vincolo di parentela o al rapporto professionale o lavorativo che intercorre tra il destinatario dell’atto tributario e il soggetto (diverso) al quale l’atto viene materialmente consegnato.
Nel rito civile, verificare se sussista o meno quel vincolo o quel rapporto è essenziale, visto che a norma dell’art. 139 c.p.c., quando il destinatario non viene trovato nei luoghi indicati al primo comma, l’agente notificatore consegna l’atto «a persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda» (secondo comma), mentre in mancanza di tali persone «la copia è consegnata al portiere dello stabile dov’è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla» (terzo comma), con l’ulteriore previsione che «il portiere o il vicino deve sottoscrivere una ricevuta e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata» (quarto comma).
È del tutto evidente, dunque, che nel rito civile soltanto ove l’atto venga consegnato al portiere o al vicino di casa sussiste l’obbligo, a pena di nullità, di inviare la raccomandata informativa, non anche quando l’atto venga consegnato a persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda (13).
Ricordiamo, in linea generale, che la “conoscenza legale” che si raggiunge all’esito del procedimento notificatorio rappresenta un “equilibrato compromesso” tra l’esigenza di tempi processuali o procedimentali contenuti e certi e l’esigenza di tutela del diritto di difesa.
L’equilibrio, precisa la Suprema Corte, «è garantito da una articolata regolamentazione che, con particolare riguardo alla consegna dell’atto da notificare a mani di persona diversa dal destinatario, individua una serie di soggetti che, per i loro legami con il notificatario, consentono di fondare una ragionevole presunzione di consegna dell’atto, disciplinando anche l’ordine secondo il quale le differenti categorie di soggetti indicati possono venire in considerazione e prevedendo perfino la necessità di ulteriori incombenti quando il legame col destinatario dell’atto non sia ritenuto da solo sufficiente a fondare la suddetta presunzione di consegna (ipotesi di consegna al portiere o al vicino di casa)» (14).
Ebbene, per quanto riguarda la “materia tributaria”, dopo l’introduzione della lett. b-bis) nel primo comma dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, siamo dell’avviso che quell’ulteriore incombente, ovvero l’invio della raccomandata informativa, debba essere adempiuto sempre, tutte le volte in cui l’atto venga «notificato a mani di persona diversa dal destinatario», qualunque sia il legame o il rapporto tra quest’ultimo e il consegnatario, pena la nullità della notifica.
Nella novella disposizione, ci sembra quasi superfluo sottolinearlo, diversamente che nell’art. 139 c.p.c., il procedimento notificatorio è unico, senza che rilevi in alcun modo se a ricevere l’atto sia un parente del destinatario, piuttosto che un dipendente, piuttosto che il portiere dello stabile o un vicino di casa.
La norma, che ha certamente natura speciale, impone di dare «notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata», chiunque sia il consegnatario.
Alla luce di tale elementare constatazione, ci sembra fuori luogo richiamare i principi elaborati con riferimento alla disciplina codicistica ove si controverta di “atti tributari” notificati dopo luglio 2006.
Eppure, nonostante la lett. b-bis) dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 sia ormai vigente da oltre un decennio, in più di un’occasione il Supremo Collegio ha continuato a richiamare quei principi e ad affermare, ancorché si contestasse la violazione della novella disposizione, che «in caso di notificazione ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario – Cass. n. 26501/2014; Cass. n. 12181/2013; v. pure Cass. nn. 16164/2003 e 12181/2013, ove si è chiarito che per tale forma di notificazione da ultimo indicata non è necessario l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario, a mezzo lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione, come è invece previsto, al quarto comma dello stesso art. 139, in caso di consegna al portiere o al vicino di casa –. Orbene, nel caso di specie la CTR ha ritenuto che l’avviso di accertamento consegnato alla moglie – per come risulta dall’atto riprodotto a pag. 3 del ricorso per cassazione – richiedesse parimenti le formalità di cui all’art. 139 c.p.c., discostandosi dai principi espressi da questa Corte» (15).
È nostra opinione, invece, che nella controversia decisa con l’ordinanza che precede, il giudice di appello avesse interpretato correttamente la lett. b-bis) dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, “discostandosi” giustamente dai principi giuridici espressi con riguardo all’art. 139 c.p.c., che non sono più applicabili alla notifica degli atti tributari eseguita dai cd. “agenti qualificati”.
Peraltro, la stessa Corte di Cassazione, in altra occasione, ha riconosciuto che il tenore letterale della lett. b-bis) dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 «configura la raccomandata informativa come un adempimento essenziale del procedimento di notifica» (16).
La sentenza da ultimo richiamata, invero, si riferisce ugualmente ad una controversia nella quale il giudice di appello aveva confermato l’annullamento della cartella di pagamento impugnata per nullità della notifica dell’avviso di accertamento presupposto, notificato mediante consegna a mani del coniuge del destinatario senza che fosse stata inviata a quest’ultimo la raccomandata informativa.
La ricorrente per cassazione Agenzia delle entrate, nell’occasione, aveva contestato l’errore commesso dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte nell’aver attribuito “valenza di norma precettiva” alla suddetta lett. b-bis) dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 e disatteso quanto stabilito dall’art. 139 c.p.c., ovvero che nell’ipotesi di consegna dell’atto a “persona di famiglia” non fosse necessario inviare alcuna ulteriore comunicazione al destinatario.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della parte pubblica e ha stabilito – se ancora ce ne fosse bisogno – che le disposizioni speciali che regolano la notifica degli “atti tributari” prevalgono sulla disciplina codicistica, con la conseguenza che nel caso di notifica mediante consegna dell’atto a soggetto diverso dal destinatario, quest’ultimo deve essere sempre e comunque avvisato tramite lettera raccomandata, pena la nullità della notifica stessa.
Sussiste, dunque, una evidente inconciliabilità tra le diverse posizioni assunte dal Collegio di legittimità nell’interpretare la lett. b-bis) del più volte citato art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, che, per quanto possa sembrare dovuta più a superficialità che a ponderata opzione ermeneutica, necessita ormai dell’autorevole chiarimento delle Sezioni Unite.

4. Raccomandata informativa con o senza avviso di ricevimento?

Precisato che, a nostro parere, nel caso di notifica di un “atto tributario” mediante consegna «a mani di persona diversa dal destinatario», a quest’ultimo debba sempre essere data «notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata», ci sembra opportuno completare il presente approfondimento accennando a due ulteriori problematiche connesse a tale “incombenza”.
In primo luogo, vogliamo verificare se, ai fini che qui rilevano, sia necessario utilizzare una “raccomandata con avviso di ricevimento” o se sia sufficiente una “raccomandata semplice”.
Trattasi di una questione espressamente affrontata nella più volte menzionata Cass. n. 20863/2017 (17), rispetto alla quale è stato precisato che l’art. 60, lett. b-bis), del D.P.R. n. 600/1973, «prevede esclusivamente la spedizione di una “lettera raccomandata”, non quindi di una raccomandata con avviso di ricevimento».
Secondo la giurisprudenza di legittimità, dunque, perché si completi (per il soggetto notificante) il procedimento notificatorio in esame, è sufficiente che il messo speciale invii al destinatario una “raccomandata semplice”.
L’assunto non può che essere condiviso, e non solo per argomentazioni meramente formali, che pure sarebbero già sufficienti a confortare tale opzione interpretativa.
Invero, nel nostro “sistema delle notificazioni”, rappresentato dagli artt. 137 e ss. c.p.c., si rinvengono due disposizioni contigue – gli artt. 139 e 140 – nelle quali è previsto, al ricorrere di specifiche condizioni, l’invio al notificatario di una “raccomandata” e, tuttavia, soltanto nella seconda di quelle disposizioni (art. 140) si prevede l’utilizzo di una “raccomandata con avviso di ricevimento”.
Ciò significa che la previsione dell’uno piuttosto che dell’altro tipo di raccomandata non è dovuta al caso, ma è la conseguenza di una precisa scelta del legislatore che, evidentemente, l’interprete non può né ignorare né disattendere.
Appurato, dunque, che al nostro legislatore è ben chiara e presente la differenza tra “raccomandata semplice” e “raccomandata con avviso di ricevimento”, quando è previsto, come nell’art. 60, lett. b-bis), del D.P.R. n. 600/1973, che il procedimento notificatorio si completi col semplice invio di una “lettera raccomandata”, il destinatario dell’atto non può in alcun modo dolersi del mancato invio di una “raccomandata a.r.”.
La giurisprudenza di legittimità, peraltro, a conforto del suddetto assunto ha addotto, accanto all’argomento letterale, argomenti sistematici alquanto convincenti.
È stato infatti osservato che «dall’analisi del sistema normativo delle notificazioni, nel quale si inseriscono le norme in argomento [artt. 139, quarto comma, c.p.c., e 7, ultimo comma, della legge n. 890/1982, n.d.r.], emerge che la previsione della sola raccomandata senza avviso di ricevimento è rispondente ad una distinzione ragionevole dalle ipotesi nelle quali l’avviso di ricevimento è richiesto. Infatti, il legislatore richiede espressamente l’avviso di ricevimento quando si tratti della notifica a mezzo posta dell’atto e non della comunicazione della notizia che la notificazione dell’atto è stata effettuata ad altra persona. Così è richiesto l’avviso di ricevimento: per la notifica dell’atto a mezzo ufficiale postale, fatta al destinatario, a persona di famiglia, al portiere (art. 7 cit. commi da 1 a 5); per la notifica a mezzo posta effettuata dall’ufficiale giudiziario (art. 149 c.p.c.); per la notifica dell’atto all’estero (art. 142 c.p.c.), secondo l’interpretazione della giurisprudenza, a specificazione del richiamo nella norma della sola raccomandata (Cass. n. 12834 del 2003). Eccezionalmente, il legislatore richiede l’avviso di ricevimento anche quando non si tratti della notifica dell’atto ma della notizia da comunicare al destinatario. E lo fa quando l’atto è stato consegnato in luogo lontano dalla disponibilità del destinatario. È l’ipotesi disciplinata dall’art. 140 c.p.c., rispetto alla notifica dell’atto fatta dall’ufficiale giudiziario nel caso di impossibilità della notifica per irreperibilità, incapacità, rifiuto delle persone legittimate a ricevere, dovendosi in tal caso depositare l’atto notificando presso il Comune e, tra l’altro, dare notizia dell’avvenuto deposito mediante raccomandata con avviso di ricevimento» (18).
La seconda questione, cui vale conclusivamente accennare, riguarda le “modalità di contestazione” del mancato invio della raccomandata informativa.
Considerato che, come abbiamo da ultimo acclarato, il procedimento notificatorio in esame si completa con l’invio di una “raccomandata semplice” e che, pertanto, il soggetto che ha richiesto la notifica non dispone di un “avviso di ricevimento”, vogliamo appurare se, in caso di contestazione della validità di tale notifica, sia sufficiente che quel soggetto produca in giudizio la sola relata di notifica o se sia necessario che produca anche la ricevuta di spedizione della raccomandata informativa.
Saremmo propensi a preferire questa seconda soluzione, tenuto conto del fatto che è la legge a prevedere espressamente tale “ulteriore incombente” e, pertanto, appare del tutto logico consentire in limine al destinatario di verificare se tutte le formalità notificatorie siano state eseguite correttamente.
Sta di fatto che, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, nel caso di dedotta «assenza di comunicazione dell’avvenuta notificazione, secondo quanto prescritto dall’art. 60, lett. b-bis), D.P.R. n. 600 del 1973», è sufficiente produrre in giudizio la sola relata di notifica nella quale l’agente notificatore attesti che della consegna ha «informato il destinatario con raccomandata» (19), in ossequio al principio, anche questo consolidatissimo, secondo cui «per contestare il contenuto della relata di notifica, ove è attestato che l’ufficiale giudiziario ha compiuto tutte le formalità prescritte, ivi compresa la spedizione della raccomandata in una certa data, è necessaria la proposizione della querela di falso, dal momento che l’ufficiale giudiziario esercita innegabilmente funzioni pubbliche. Ne discende che gli atti di tale soggetto soggiacciono alla disciplina di cui all’art. 2700 c.c., poiché attestano – con l’incontrovertibilità degli atti fidefacienti – tutte le operazioni dal medesimo compiute» (20).
Restiamo dell’avviso, tuttavia, che nonostante la natura fidefacente delle attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario, non sia affatto irragionevole pretendere che, nelle ipotesi in cui il procedimento notificatorio consti anche dell’invio di una raccomandata, chi intenda opporre in giudizio la validità della notifica debba produrre la ricevuta di spedizione della stessa.
Tale produzione, ribadiamo, consentirebbe al destinatario di svolgere, da subito e agevolmente, tutte le opportune verifiche, senza la necessità di proporre una “querela di falso” che, merita evidenziarlo, costituisce una vera e propria causa da radicarsi avanti al Tribunale competente, la quale, inevitabilmente, non solo allungherebbe il procedimento di accertamento della validità della notifica (21) ma lo graverebbe di costi ulteriori e ingenti, invece evitabili con un minimo di collaborazione e buon senso.

Dott. Domenico Carnimeo

(1) Ved. D. CARNIMEO, La notificazione degli atti in materia tributaria, in Boll. Trib., 2016, 811.
(2) Analogo richiamo è contenuto nell’art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in materia di notifica delle cartelle di pagamento, il cui ultimo comma stabilisce che «Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 60 del predetto decreto [n. 600/1973, n.d.r.]; per la notificazione della cartella di pagamento ai contribuenti non residenti si applicano le disposizioni di cui al quarto e quinto comma dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600».
(3) Cfr. Cass., sez. VI, 17 dicembre 2015, ord. n. 25425, in Boll. Trib. On-line.
(4) Ricordiamo, a tale specifico riguardo, il fondamentale principio secondo cui «quando la notificazione non avviene in mani proprie, il destinatario, giusta il disposto dei commi primo e secondo dell’art. 139 cod. proc. civ., commi 1 e 2, va ricercato nel comune di residenza e, precisamente, nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, e, nel caso in cui non venga trovato in tali luoghi, l’atto va consegnato ivi, a persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda. Ne consegue che il presupposto per l’esecuzione di una valida notificazione con queste modalità è che la consegna avvenga nella casa di abitazione o presso il domicilio del notificando, mentre, se essa avviene in luoghi diversi, diventa irrilevante il rapporto tra il consegnatario e la persona cui l’atto è destinato e la notificazione deve considerarsi comunque nulla – (Cass. n. 3445 del 1996). La notificazione dell’atto mediante consegna al familiare del destinatario, infatti, è assistita da presunzione di ricezione, ai sensi dell’art. 139, secondo comma, c.p.c., solo se avvenuta presso l’abitazione del destinatario, non anche se effettuata presso l’abitazione del familiare (cfr. Cass. n. 18989 del 2015)»; così Cass., sez. trib., 16 settembre 2016, n. 18202, in Boll. Trib. On-line.
(5) Art. 139 c.p.c. titolato “Notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio”: «1. Se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio. 2. Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace. 3. In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla. 4. Il portiere o il vicino deve sottoscrivere una ricevuta e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata. 5. Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave mercantile, l’atto può essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci. 6. Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti».
(6) In tal senso, da ultimo, Cass., sez. trib., 3 marzo 2017, n. 5410, in Boll. Trib. On-line, ove si ribadisce che «a norma dei commi primo e secondo dell’art. 139 c.p.c. (applicabile anche alla notifica “degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente”, in forza del richiamo operato dall’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con la sola modifica – per quel che rileva ai fini in esame – di cui alla lett. c) secondo cui “salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”), la notificazione, “se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, … deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio. Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace”. Se ne deve desumere, quindi, che, se la notificazione non avviene in mani proprie, il destinatario va ricercato nel comune del domicilio fiscale e, precisamente, nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, e, nel caso in cui non venga trovato in tali luoghi, l’ufficiale giudiziario è tenuto a consegnare ivi l’atto a persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, trattandosi comunque di persone la cui posizione giustifica – in caso di accettazione dell’atto senza esternazione di alcuna riserva – la presunzione di una sollecita consegna di esso al destinatario. Ne consegue che il presupposto per l’esecuzione di una valida notificazione con queste modalità è che la consegna avvenga nella casa di abitazione o presso il domicilio del notificando e non presso l’abitazione del familiare. Secondo pacifico indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, invero, in tema di notifica effettuata a mani di un familiare del destinatario, la presunzione di convivenza non meramente occasionale non opera nel caso in cui la notificazione sia stata eseguita nella residenza propria del familiare, diversa da quella del destinatario dell’atto, in tal caso non potendosi ritenere avverato il presupposto della frequentazione quotidiana sul quale si basa l’ipotesi normativa della presumibile consegna (v. ex aliis Sez. 6 – 2, Ord. n. 7750 del 05/04/2011, Rv. 617432; Sez. 1, n. 6817 del 02/07/1999, Rv. 528208; Sez. 1, Sentenza n. 1843 del 20/02/1998, Rv. 512870)».
(7) Cfr. D. CARNIMEO, op. loc. cit.
(8) Cass., sez. VI, 23 giugno 2014, ord. n. 14196, in Boll. Trib. On-line.
(9) Cass., sez. trib., 18 novembre 2016, n. 23511, in Boll. Trib. On-line.
(10) Cass., sez. VI, 6 settembre 2017, ord. n. 20863, pubbl. in questo stesso fascicolo a pag. 1602.
(11) Tra le più recenti in tal senso, cfr. Cass., sez. trib., 27 gennaio 2017, n. 2102; nonché Cass., sez. trib., 24 marzo 2017, n. 7625; entrambe in Boll. Trib. On-line.
(12) Anche l’Amministrazione finanziaria, nel fornire i “primi chiarimenti” sulle novità introdotte dal D.L. n. 223/2006, evidenziava che «Precedentemente alla modifica apportata dal decreto, l’agente notificatore, in caso di assenza del destinatario dell’atto, effettuava la notifica nei confronti dei soggetti legittimati a riceverla ex art.139 c.p.c.»; così circ. 4 agosto 2006, n. 28/E, in Boll. Trib., 2006, 1285.
(13) Cfr. Cass., sez. VI, 17 maggio 2013, ord. n. 12182, in Boll. Trib. On-line.
(14) Così Cass., sez. trib., 17 dicembre 2014, n. 26501, in Boll. Trib. On-line.
(15) In questi esatti termini Cass., sez. VI, 25 gennaio 2017, ord. n. 1971; si veda altresì, analogamente, Cass., sez. trib., 31 maggio 2017, n. 13739, entrambe in Boll. Trib. On-line.
(16) Cass., sez. trib., 3 febbraio 2017, n. 2868, pubbl. in questo stesso fascicolo a pag. 1603.
(17) Ved. nota sub 10.
(18) Così, testualmente, Cass., sez. III, 22 maggio 2015, n. 10554; cfr., altresì, Cass., sez. lav., 16 giugno 2016, n. 12438, entrambe in Boll. Trib. On-line.
(19) Cfr. Cass. n. 13739/2017, cit.
(20) In questi esatti termini, cfr. Cass., sez. trib., 6 settembre 2013, n. 20520, in Boll. Trib. On-line. Si vedano, altresì, Cass., sez. trib., 27 marzo 2013, n. 7714, ivi, che ha precisato che «la relata di notifica di un atto, in relazione a circostanze che costituiscano il frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale che l’ha effettuata, è assistita da fede fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 c.c. Ed invero, poiché l’ufficiale giudiziario esercita pubbliche funzioni, gli atti che attestano le operazioni da lui compiute, il ricevimento delle dichiarazioni resegli ed il contenuto estrinseco delle notizie apprese, sono dotati della fede privilegiata attribuita dall’ordinamento agli atti del pubblico ufficiale»; cfr., ancora, Cass., sez. III, 22 febbraio 2010, n. 4193; Cass., sez. trib., 20 maggio 2016, n. 10493; e Cass., sez. trib., 9 settembre 2016, n. 17807; tutte in Boll. Trib. On-line.
(21) Tra l’altro, lo ricordiamo, a norma del primo comma dell’art. 39 del D.Lgs. n. 546/1992, «il processo è sospeso quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio» e, dal momento che i processi civili sono noti per la loro eccessiva durata, il processo tributario ne subirebbe inevitabilmente le conseguenze.

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