30 Gennaio, 2019

SOMMARIO: 1. Il distacco transazionale in favore della stabile organizzazione – 2. Il regime di deducibilità del costo del lavoro relativo ai dipendenti distaccati, ante legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) sino al 31 dicembre 2014 – 3. Il regime di deducibilità del costo del lavoro relativo ai dipendenti distaccatati, post legge di Stabilità 2015 (dal 1° gennaio 2015) – 4. Requisiti soggettivi e oggettivi per la deducibilità del costo del distacco da parte delle Stabili Organizzazioni di enti commerciali – 5. Considerazioni conclusive.

1. Il distacco transazionale in favore della stabile organizzazione

Il presente contributo si pone l’obiettivo di individuare il corretto regime di deducibilità ai fini dell’IRAP dei costi connessi al distacco in Italia di dipendenti a tempo indeterminato con cittadinanza estera, assunti da una casa madre straniera ma collocati temporaneamente presso la sua stabile organizzazione italiana (1).
Prima di entrare nel merito delle questioni fiscali, è necessario soffermarsi brevemente sull’istituto del distacco, anche di tipo transazionale.
Nel nostro ordinamento il distacco ha ricevuto una sua disciplina specifica solo con l’art. 30 della c.d. “legge Biagi” (D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276), il quale ha per la prima volta definito l’istituto, precisando che «l’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa».
Nella circolare esplicativa 15 gennaio 2004, n. 3, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha poi precisato che il distacco è caratterizzato da due requisiti fondamentali: a) la temporaneità, intesa come provvisorietà, dello stesso e b) l’interesse del distaccante, inteso come utilità, anche indiretta, del distaccante allo svolgimento delle prestazioni in favore del distaccatario. In aggiunta, però, la dottrina e la giurisprudenza giuslavoristica hanno individuato ulteriori requisiti previsti dal nostro legislatore per la configurabilità del distacco, tra i quali il requisito della diversità soggettiva tra distaccante e distaccatario, posto che l’art. 30 della “legge Biagi” fa esplicito riferimento ad un “altro soggetto” (2).
Il distacco che presenta elementi di transnazionalità è però regolato dalla Direttiva 16 dicembre 1996, n. 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), alla quale il nostro Paese ha dato attuazione con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 72. Tale decreto precisa, all’art. 2, che: «si intende per «lavoratore distaccato» il lavoratore abitualmente occupato in uno stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro in territorio nazionale italiano». La norma, giova specificarlo, si applica non solo agli Stati membri, ma anche alle «imprese stabilite in uno Stato non membro» che hanno distaccato i loro lavoratori nel territorio italiano (art. 1, terzo comma, del D.Lgs. n. 72/2000).
La disposizione comunitaria ha quindi caratteristiche più flessibili e contorni meno rigidi di quella interna, in quanto l’unico requisito richiesto dal legislatore comunitario è quello dello «svolgimento del lavoro in Italia per un periodo limitato», a prescindere dallo Stato membro di “abituale occupazione” del dipendente estero.
Tale caratteristica assume una concreta rilevanza in relazione alla questione della configurabilità o meno di un “distacco di personale” tra la società estera e la sua stabile organizzazione in Italia.
La dottrina, anche tributaria, si è infatti interrogata sulla idoneità del comando del dipendente estero presso una stabile organizzazione italiana a costituire un “distacco” in senso tecnico, in ragione della sostanziale coincidenza giuridica tra distaccante e distaccataria e quindi in ragione dell’assenza del requisito del rapporto trilaterale tra datore di lavoro, lavoratore distaccato e soggetto che usufruisce della prestazione (come noto, invero, la stabile organizzazione non è altro che una articolazione dell’impresa in territorio estero, non già un autonomo soggetto giuridico distinto dalla casa-madre).
Ebbene, alla luce della definizione comunitaria di “distacco transazionale”, il quesito appena esposto pare trovare soluzione positiva: è ammissibile il distacco di dipendenti in capo alla distaccataria stabile organizzazione in quanto la norma comunitaria non richiede affatto, come quella italiana, che il datore di lavoro effettui il comando del proprio dipendente presso un “altro soggetto”, bensì si limita a richiedere la temporanea presenza in Italia di un dipendente che, di norma, svolge invece la propria prestazione in altro Stato comunitario.
Inoltre, nei casi in cui la stabile organizzazione opera nel nostro Paese attraverso una propria sede fissa (c.d. stabile organizzazione “materiale”), non può nemmeno essere messa in dubbio la configurabilità del “coordinamento gerarchico” da parte della distaccataria, implicito nell’istituto del distacco.
Conseguentemente, si ritiene che non vi sia alcun valido ostacolo all’astratta configurabilità di un legittimo distacco transnazionale in favore di una stabile organizzazione.

2. Il regime di deducibilità del costo del lavoro relativo ai dipendenti distaccati, ante legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) sino al 31 dicembre 2014

In sede di approvazione dell’art. 11 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, il legislatore ha introdotto, al primo comma, lett. c), n. 1, la regola della non deducibilità del costo del lavoro ai fini dell’IRAP («Nella determinazione della base imponibile: … c) non sono ammessi in deduzione: 1) i costi relativi al personale indicati nell’articolo 2425, primo comma, lettera b), numeri 9) …, del codice civile»).
Con il D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 506, il legislatore ha poi ritenuto di dovere introdurre, al secondo comma dell’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997, una specifica disposizione relativa al trattamento dell’IRAP dei costi connessi al distacco di personale, precisando che «Gli importi spettanti a titolo di recupero di oneri di personale distaccato presso terzi non concorrono alla formazione della base imponibile», fermo restando, viceversa, che «Nei confronti del soggetto che impiega il personale distaccato, tali importi si considerano costi relativi al personale non ammessi in deduzione». In altri termini, le somme percepite dalla distaccante a titolo di rimborso per distacco «non concorrono alla formazione della base imponibile» e non subiscono quindi tassazione ai fini dell’IRAP (essendo correlati a elementi indeducibili), mentre tali importi, in capo alla distaccataria, sono ritenuti dal punto di vista sostanziale costi per lavoro indeducibile (ossia «costi relativi al personale non ammessi in deduzione») e concorrono pertanto alla formazione della base imponibile.
L’idea originaria del legislatore, quindi, era quella di “tassare” il fattore produttivo “lavoro” presso l’impresa che se ne avvantaggia, e tale scelta trova riscontro sia nella previsione generale di una indeducibilità ai fini dell’IRAP del costo del lavoro [art. 11, primo comma, lett. c), (4) n. 1], che nella previsione specifica di cui al secondo comma del medesimo art. 11, in base alla quale il costo sopportato dalla distaccataria per il rimborso del personale ricevuto in distacco è indeducibile presso quest’ultima, mentre gli stessi importi sono esclusi dalla base imponibile della distaccante.
Come correttamente rilevato da Assonime, «il costo sostenuto dalla impresa “distaccataria” viene ad essere riqualificato da corrispettivo per un servizio ad essa reso dalla impresa “distaccante”, a puro e semplice costo di lavoro non deducibile agli effetti dell’IRAP; ciò comportando, conseguentemente, anche per l’impresa “distaccante”, la neutralizzazione ai fini impositivi del rimborso ricevuto per il distacco medesimo. È stata così operata una scelta che, a nostro avviso, appare coerente con la natura economico-giuridica del “distacco” mediante il quale, l’impresa titolare del rapporto di lavoro si limita semplicemente a mettere temporaneamente a disposizione di altra impresa, il fattore lavoro addossandole l’onere della remunerazione. D’altra parte, tale scelta appare coerente con gli aspetti sistematici della disciplina in commento che intende per l’appunto “tassare” la “remunerazione” del fattore lavoro presso l’impresa che effettivamente lo utilizza» (5).
Come correttamente osservato dalla dottrina, la giustificazione della regola per cui «in caso di distacco di dipendenti presso terzi, non costituisce componente positivo per il loro datore di lavoro (distaccante) il recupero degli oneri relativi a tali soggetti, mentre detto importo è indeducibile per chi se ne avvale (distaccatario)» «è ravvisata nell’esigenza di evitare, da un lato, una doppia tassazione sul distaccante, il quale altrimenti dovrebbe considerare componente positivo il rimborso degli oneri effettuato dall’utilizzatore ed indeducibile il costo del suo personale; dall’altro, un vantaggio indebito per il distaccatario, il quale avrebbe potuto dedurre quel rimborso come costo di una prestazione di servizi ricevuta» (6).
La disposizione di cui al secondo comma è rimasta sostanzialmente immutata sino al 2007, quando è stata abrogata ad opera dell’art. 1, comma 50, lett. f), n. 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il quale ha previsto che «Al fine di semplificare le regole di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive … sono apportate le seguenti modificazioni: … f) all’art. 11: … 3) i commi 2, 3 e 4 sono abrogati».
L’abrogazione esplicita del secondo comma dell’art. 11 è avvenuta nell’ambito di una prima – seppure limitata – apertura del legislatore nei confronti della deducibilità del costo del lavoro ai fini dell’IRAP.
Invero, con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, il legislatore ha introdotto una deroga alla regola generale della indeducibilità del costo del lavoro a tempo indeterminato prevedendo la possibilità, per alcuni soggetti, di dedurre dal proprio reddito d’impresa un «importo pari a 5.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta».
La norma, com’è evidente, è stata introdotta nell’ambito degli incentivi al mercato del lavoro, allo scopo di stimolare le assunzioni a tempo indeterminato; invero, nel corso del decennio successivo all’introduzione della prima deroga alla regola della indeducibilità, la misura della deduzione ammessa per i costi da lavoro è stata più volte oggetto di modifica, con conseguenti ampliamenti delle deroghe già introdotte o modifica dei requisiti delle stesse. Volendo riassumere schematicamente:

Art. 11 D.Lgs. n. 446/1997

in vigore da
a
comma
Agevolazioni per cuneo

21.8.2014
31.12.2014
1, lett. a), n. 2
7.500,00
Uomo

13.500,00
Under 35 o donna

25.6.2014
20.8.2014
1, lett. a), n. 2
7.500,00
Uomo

13.500,00
Under 35 o donna

1.1.2014
24.6.2014
1, lett. a), n. 2
7.500,00
Uomo

13.500,00
Under 35 o donna

1.1.2013
31.12.2013
1, lett. a), n. 2
7.500,00
Uomo

13.500,00
Under 35 o donna

6.12.2011
31.12.2012
1, lett. a), n. 2
4.600,00
Uomo

10.600,00
Under 35 o donna

1.1.2008
5.12.2011
1, lett. a), n. 2
4.600,00

18.8.2007
31.12.2007
1, lett. a), n. 2
5.000,00

1.1.2007
17.8.2007
1, lett. a), n. 2
5.000,00

Facendo un passo indietro, va però detto che il Ministero dell’economia e delle finanze, subito dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 50, lett. f), n. 3, della legge n. 244/2007, aveva negato che l’abrogazione del secondo comma dell’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997 equivalesse ad un’abolizione del divieto di deducibilità dei costi connessi al distacco, permanendo tale divieto in maniera implicita – secondo il Ministero – alla luce dell’impianto sistematico dell’IRAP. Si legge infatti nella circolare n. 2/DPF/2008 (7) che, in ipotesi di distacco di personale, «resta ferma, per il soggetto distaccante … la neutralizzazione delle somme ricevute a titolo di rimborso dei costi retributivi e contributivi e, per il soggetto distaccatario o che impiega il lavoratore, la tassazione delle stesse», posto che «l’abrogazione del comma 2 …. non sottende alcuna volontà legislativa di cambiare tale impostazione sostanziale, ma solo l’esigenza di attuare una semplificazione del testo normativo, eliminando una regola già desumibile a livello sistematico. Costituisce, infatti, principio immanente nel sistema IRAP, che il costo del lavoro deve incidere, in termini di indeducibilità … sul soggetto passivo presso il quale viene effettivamente svolta la prestazione lavorativa che concorre alla realizzazione del valore della produzione» (8).
Tale interpretazione è stata successivamente avallata anche dall’Agenzia delle entrate in vari documenti di prassi (9). Pertanto, secondo l’Amministrazione finanziaria, la sussistenza di un generale divieto di deducibilità ai fini dell’IRAP dei costi del lavoro ricomprendeva, anche dopo l’abrogazione del secondo comma dell’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997, l’indeducibilità dei costi del lavoro distaccato, salva l’applicazione delle deroghe sul c.d. “cuneo fiscale” (10).
Va detto, infatti, che il costo per il lavoro dipendente a tempo indeterminato è considerato deducibile in presenza dei presupposti richiesti per il “cuneo fiscale”.
Invero la presenza delle condizioni soggettive e oggettive per l’applicazione del cuneo consente la deducibilità, nei limiti previsti dalle norme derogatorie (cfr. tabella sopra riportata), dei costi dei lavoratori a tempo indeterminato anche qualora si tratti di dipendenti oggetto di distacco.
In tale senso si segnala, in particolare:
• risoluzione n. 203/E/2008 (11), nella quale l’Amministrazione finanziaria non ha escluso la deducibilità ai fini dell’IRAP del costo connesso ai dipendenti oggetto di distacco, purché adibiti ad attività commerciale (se, invece, adibiti dall’ente non commerciale ad attività promiscua, ossia commerciale e istituzionale insieme, la deduzione è ammessa solo in misura proporzionale all’apporto commerciale);
• risoluzione n. 235/E/2008 (12), nella quale l’Amministrazione finanziaria si sofferma in maniera analitica sull’«Attribuzione del cuneo fiscale in caso di distacco di personale», riconoscendo espressamente la deducibilità dell’IRAP, in capo alla distaccataria, del costo del personale a tempo indeterminato oggetto di distacco in suo favore, in presenza dei presupposti e nei limiti del “cuneo”: «Sul piano fiscale, ai fini dell’applicazione delle disposizioni sul cuneo fiscale, è all’impresa distaccante che occorre fare riferimento al fine di stabilire se sussistano i presupposti legali richiesti dalla legge. È, tuttavia, corretto ritenere che, nella misura in cui il personale sia, di fatto, dislocato presso il distaccatario e quest’ultimo sia tenuto a rimborsare il costo relativo al personale utilizzato, competono al distaccatario anche le deduzioni relative al cuneo fiscale, secondo il principio per cui le deduzioni “seguono il lavoratore”, sempreché anche il distaccatario rientri nell’ambito dei soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lettere da a) a e) del decreto IRAP» (13).
Riassumendo, quindi, quanto sin qui esposto:
• sino al 31 dicembre 2007, il costo del lavoratore distaccato era sempre tutto indeducibile per il distaccatario, data la sussistenza di un apposito divieto ad hoc in tal senso (art. 11, secondo comma, del D.Lgs. n. 446/1997);
• dal 1° gennaio 2008, con l’abrogazione del secondo comma (14), è venuto meno il divieto assoluto di deducibilità del lavoro distaccato ed è stata ammessa la deduzione, in via condizionata e ridotta, dei costi relativi ai dipendenti a tempo indeterminato oggetto di distacco: l’Amministrazione finanziaria ha, invero, riconosciuto una deducibilità parziale di tali elementi negativi, solo ed esclusivamente in presenza dei presupposti soggettivi e oggettivi del “cuneo fiscale” e nei limiti di questo (15).

3. Il regime di deducibilità del costo del lavoro relativo ai dipendenti distaccatati, post legge di Stabilità 2015 (dall’1 gennaio 2015)

Com’è noto, la “legge di Stabilità 2015” (art. 1, comma 20, della legge 23 dicembre 2014, n. 190), ha introdotto il comma 4-octies all’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997, il quale oggi espressamente prevede che «Fermo restando quanto stabilito dal presente articolo e in deroga a quanto stabilito negli articoli precedenti, per i soggetti che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9, è ammessa in deduzione la differenza tra il costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e le deduzioni spettanti ai sensi dei commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis.1 e 4-quater del presente articolo».
La norma, con una formulazione alquanto contorta e farraginosa, non ha fatto altro che “sovvertire” il tradizionale trattamento del costo del lavoro subordinato e a tempo indeterminato ai fini dell’IRAP: mentre in precedenza, come già illustrato, la regola generale era quella della indeducibilità del costo del lavoro dipendente a tempo indeterminato, ed erano ammessi in deduzione solo i costi per dipendenti a tempo indeterminato inquadrabili all’interno del c.d. “cuneo fiscale”, oggi la regola generale è, al contrario, quella della piena deducibilità del costo (per l’importo che residua rispetto alle deduzioni) per il personale dipendente a tempo indeterminato, fatte salve le deduzioni già vigenti.
Invero «la norma introduce un criterio di deducibilità per differenza tra il costo del lavoro complessivo sostenuto in relazione ai rapporti di impiego a tempo indeterminato e le deduzioni spettanti ai sensi dell’art. 11» (16), per cui si deve ritenere che «il diritto alla deduzione non sostituisce le preesistenti deduzioni parziali dei costi per il personale dipendente previste dall’art. 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (cosiddette deduzioni per la riduzione del cuneo fiscale), ma si aggiunge ad esse ammettendo la deduzione della parte di costi che in base alla preesistente disciplina rimanevano indeducibili» (17).
Di fatto, comunque, il Legislatore, con una disposizione volta ad alleggerire il carico fiscale sulle assunzioni a tempo indeterminato, ha ammesso in maniera generalizzata la deduzione dalla base imponibile IRAP dei costi sostenuti dall’impresa per i propri lavoratori assunti senza termine.
La predetta disposizione è già stata oggetto di analisi da parte dell’Agenzia delle entrate, la quale, nella citata circolare n. 22/E/2015, ha incluso tra le «significative modifiche alla disciplina del tributo regionale» operate dalla legge di Stabilità 2015 l’intervenuto «inserimento della nuova deduzione di cui all’art. 11, comma 4-octies del decreto IRAP»; a tale proposito, nell’ambito di un quesito sollevato in relazione ai contratti di somministrazione, l’Agenzia è intervenuta sul costo del lavoro dipendente oggetto di distacco, precisando che «In relazione al distacco di personale, si è dell’avviso che ai sensi della nuova disciplina siano deducibili dalla base imponibile IRAP dell’impresa distaccante i costi sostenuti in relazione al personale dipendente distaccato impiegato con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con conseguente rilevanza degli importi spettanti, a titolo di rimborso, delle spese afferenti al medesimo personale».
Secondo la prassi suindicata, quindi, in ipotesi di distacco di personale dipendente a tempo indeterminato, la distaccante deduce dal proprio reddito di impresa i costi retributivi e contributivi relativi a tale personale, ma gli importi versati dalla distaccataria a titolo di rimborso sono rilevanti ai fini della determinazione del Valore della produzione.
Come a dire che, in capo alla distaccante:
• rileva il costo del lavoro;
• si applica l’art. 11, comma 4-octies, del D.Lgs. n. 446/1997, per i costi del lavoro relativi ai dipendenti a tempo indeterminato;
• rilevano tra gli elementi positivi i proventi percepiti a titolo di rimborso dalla distaccataria.
La sopraddetta circolare non si sofferma, però, sulla rilevanza IRAP del distacco in capo alla distaccataria; a livello interpretativo, quindi, si potrebbero astrattamente delineare due diversi scenari:
a) gli importi erogati alla distaccante rilevano in capo alla distaccataria come costi per il personale (analogamente a quanto accade in capo alla distaccante);
b) tali rimborsi rilevano per la distaccataria in termini di costi per prestazioni di servizi.
La tesi di cui al punto a) pare trovare il pieno avallo di Assonime, la quale è intervenuta con due circolari:
– nella prima circolare (18), emessa dopo l’entrata in vigore della legge di Stabilità 2015 ma prima della pubblicazione della circolare dell’Agenzia delle entrate n. 22/E/2015, Assonime ha confermato la portata radicalmente innovativa della novella, la quale ha «introdotto il principio dell’integrale deducibilità dei costi per lavoro dipendente a tempo indeterminato»;
– nella seconda circolare (19), emessa a commento della circolare dell’Agenzia delle entrate n. 22/E/2015, Assonime ha precisato che il diritto alla deduzione del costo del lavoro a tempo indeterminato sussiste sia per il datore di lavoro (distaccante) che per il soggetto utilizzatore (distaccatario): il primo deduce il costo ma tassa il rimborso percepito dal distaccatario; quest’ultimo, poi, deduce anch’esso il costo del lavoro da lui sostenuto, sotto forma di rimborso alla distaccante.
Si legge, invero, in tale documento che «La circolare dell’Agenzia chiarisce che la nuova deduzione spetta all’utilizzatore per il periodo di effettivo impiego del personale somministrato e che essa opera a condizione che il rapporto contrattuale sottostante – cioè quello fra il datore di lavoro e il dipendente – sia a tempo indeterminato … Riguardo alla situazione del datore di lavoro (somministrante), l’Agenzia accoglie la tesi … consistente nel consentire la deduzione dei costi a monte (i costi cioè del personale a tempo indeterminato “somministrato”) a fronte dei componenti positivi per i ricavi ottenuti. L’impresa utilizzatrice, d’altro canto, potrà dedurre i costi in base alla nuova normativa se, ripetiamo, il rapporto fra il datore di lavoro e il lavoratore è a tempo indeterminato. Lo stesso criterio si applica nelle fattispecie analoghe a quella appena descritta, nelle quali si realizza un distacco di personale» (20).
Altra dottrina, invece, pare già schierarsi per l’ipotesi b): il riaddebito del costo viene considerato non un costo per il personale, bensì come un normale costo per servizi e, pertanto, ritenuto deducibile al pari degli altri servizi: «nel passato si era sempre ragionato affermando che, in capo alla società distaccante, il costo del lavoro ed il provento per il recupero fossero ininfluenti ai fini dell’IRAP …, spostando l’analisi in capo alla società che materialmente impiegava il lavoratore, pur non essendone il datore. Ora, invece, l’amministrazione attribuisce rilevanza all’aspetto formale ed afferma … che il costo del lavoro – con l’eventuale deduzione – ed il provento per il riaddebito rilevino in capo all’effettivo datore [n.d.a.: distaccante]. Non viene esplicitato, ma sembrerebbe conseguente, che in capo alla distaccataria il costo subito per l’addebito debba divenire una “normale” prestazione di servizi deducibile; diversamente, vi sarebbero indebite duplicazioni» (21).
Vale sul punto la pena di precisare che la paventata “duplicazione” riguarderebbe un profilo esclusivamente formale: non vi è infatti alcuna reale duplicazione dei costi, giacché quelli sostenuti dalla distaccante vengono controbilanciati dal ricavo inerente al riaddebito degli oneri alla distaccataria. Sistematicamente, quindi, non pare esservi alcun dubbio in merito al fatto che la deduzione dei costi compete alla distaccataria, mentre il titolo formale di tale deduzione (costo del lavoro o spese per servizi resi da terzi) riguarda un profilo secondario e tale da non incidere sull’an e sul quantum della deduzione.
La questione non appare inequivocabilmente chiarita dalle istruzioni per la dichiarazione IRAP per l’anno 2015, aggiornate in data 5 maggio 2016, nelle quali si legge: «Gli importi spettanti a titolo di recupero di oneri di personale distaccato presso terzi non concorrono alla formazione della base imponibile. Nei confronti del soggetto che impiega il personale distaccato, tali importi si considerano costi relativi al personale non ammessi in deduzione (salva l’applicazione delle deduzioni per lavoro dipendente previste dall’art. 11). In caso di distacco di personale dipendente per il quale si fruisce della deduzioni di cui all’art. 11, comma 4-octies, si rinvia ai chiarimenti forniti con la circolare n. 22/E del 9 giugno 2015». Nonostante la formulazione assai infelice delle istruzioni, pare di comprendere che le prime due frasi fanno esclusivamente riferimento all’ipotesi di costo del lavoro a tempo non indeterminato, mentre l’ultima frase si riferisce al regime del lavoro a tempo indeterminato, per il quale vi è solo un rinvio formale alla più volte già citata circolare n. 22/E/2015.
Ciò detto, va sottolineato che le tesi suesposte esprimono i medesimi principi: (i) se da un lato, per il distaccante, assumono rilevanza fiscale sia i costi sostenuti per i lavoratori distaccati (ora deducibili), che gli importi percepiti a titolo di rimborso dal distaccatario (ora, tassabili); (ii) dall’altro lato, per il distaccatario, tali rimborsi non potranno che risultare pienamente deducibili, in perfetta sintonia con il dettato del legislatore.
In sostanza, l’unico elemento che differenzia le due tesi è la rappresentazione contabile da attribuire al costo del rimborso per il personale distaccato, costo del personale o costo per servizi.
Ebbene, si ritiene preferibile la tesi di cui al punto b), sia perché un doppio inquadramento (in capo alla distaccante e altresì in capo alla distaccataria) nei termini di “costo per il personale” potrebbe generare un certo grado di confusione, sia perché la configurabilità per la distaccataria in termini di “costo per servizi” appare più corretta sotto il profilo giuridico-contabile.
In particolare l’Organismo Italiano di Contabilità, nel Documento interpretativo n. 1 del Principio contabile 12, ha precisato che alla voce n. B) (Costi della produzione), n. 7 (per servizi) del conto economico redatto ex art. 2524 c.c, vanno indicati anche i «Costi per il personale distaccato presso l’impresa e dipendente da altre imprese» (22).
Riassumendo, quindi, quanto sin qui esposto, si ritiene che a partire dall’1° gennaio 2015, il costo sopportato dalla distaccataria per il distacco dei dipendenti assunti dalla distaccante con contratto a tempo indeterminato è per essa interamente deducibile, in qualità di costo per servizi, ex art. 5, primo comma, del D.Lgs. n. 446/1997 (o comunque, in subordine, quale costo per il personale dipendente ex art. 11, comma 4-octies, del D.Lgs. n. 446/1997).

4. Requisiti soggettivi e oggettivi per la deducibilità del costo del distacco da parte delle Stabili Organizzazioni di enti commerciali

Dopo avere chiarito il regime di deducibilità oggi vigente, non resta che soffermarsi sui requisiti soggettivi e oggettivi richiesti per la deduzione dei costi da parte della stabile organizzazione.
Quanto ai requisiti soggettivi, come noto, l’art. 3, primo comma, lett. e), del D.Lgs. n. 446/1997, include tra i soggetti passivi dell’IRAP le «società e gli enti di cui alla lettera d)» dell’art. 87 del TUIR [ora art. 73, primo comma, lett. d)], i quali non sono altro che «le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato»; pertanto, rientrano senza dubbio in tale definizione le stabili organizzazioni, che non sono altro che mere articolazioni e basi fisse in Italia delle imprese estere.
L’art. 11, comma 4-octies, del D.Lgs. n. 446/1997, limita il godimento delle deduzioni per i dipendenti a tempo indeterminato ai «soggetti che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9», e tra tali soggetti rientrano espressamente gli enti commerciali, dato che l’art. 10, quarto comma, del D.Lgs. n. 446/1997, precisa che «Per gli altri soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), la base imponibile è determinata: a) per le società ed enti commerciali secondo le disposizioni degli articoli 5, 6 e 7».
Pertanto, ai sensi degli artt. 11, comma 4-octies, e 10, quarto comma, del D.Lgs. n. 446/1997, non vi sono ostacoli di tipo soggettivo al godimento da parte della stabile organizzazione del regime di deducibilità già illustrato.
In dottrina è già stato osservato che «Problemi applicativi potrebbero porsi … per le imprese estere che collocano stabili organizzazioni in Italia. Normalmente tali stabili organizzazioni si avvalgono di lavoratori assunti in Italia e, quindi, sulla base di contratti regolati dalla legge italiana. Non si può escludere, tuttavia, che i lavoratori impiegati presso la stabile organizzazione possano anche essere stati assunti all’estero sulla base di schemi contrattuali diversi da quelli considerati dall’ordinamento nazionale. In questi casi, si dovrebbe probabilmente analizzare la natura di questi rapporti per verificare se essi abbiano caratteristiche che possano farli ricondurre ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato ai fini della spettanza della deduzione» (23).
Come correttamente rilevato da Assonime, ai fini della deducibilità dell’IRAP in capo alla stabile organizzazione (distaccataria), sarà necessario appurare la sussistenza del requisito oggettivo del lavoro a tempo indeterminato, e tale verifica non può che essere fatta esaminando analiticamente i contratti di lavoro stipulati tra il datore di lavoro estero (distaccante) e il lavoratore distaccato, al fine di comprendere se tali contratti possono essere definiti “a tempo indeterminato” anche per il nostro ordinamento. È quindi indispensabile, nei casi in cui i lavoratori distaccati siano stati assunti sulla base di schemi contrattuali esteri, effettuare un’operazione comparatistica al fine di accertarsi di essere in presenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come inteso dal nostro ordinamento.
Sarà quindi necessaria, in primis, una verifica documentale avente ad oggetto il preciso contenuto dei contratti di lavoro sottoscritti dai dipendenti esteri, nei quali dovranno essere ricercati i tratti dei rapporti di lavoro di natura subordinata, assimilabili a quelli di cui all’art. 2094 c.c. In altri termini, andrà verificata la presenza, nei contratti di lavoro esteri, di “indici di subordinazione”, sotto forma di clausole contrattuali che sottopongono il lavoratore al potere direttivo e/o organizzativo del datore di lavoro, assoggettano il lavoratore al potere disciplinare del datore di lavoro, contemplano un obbligo di fedeltà del lavoratore al proprio datore; ecc.
Dopo avere verificato di essere in presenza di un rapporto di lavoro subordinato, bisognerà verificare che tale rapporto sia inquadrabile anche nell’ambito dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, assimilabili a quelli di cui all’art. 1 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (c.d. Jobs Act). In tal senso, sarà sufficiente appurare l’esistenza di clausole che individuano espressamente la durata del rapporto “a tempo indeterminato” e/o che introducono limiti al diritto di recesso del datore di lavoro (ad esempio, ammettendolo solo in ragione della impossibilità della prosecuzione del rapporto, a causa della condotta gravemente inadempiente del dipendente, analogamente al recesso per giusta causa contemplato dal nostro art. 2119 c.c.).

5. Considerazioni conclusive

In conclusione, dal 1° gennaio 2015 il costo sopportato dalle stabili organizzazioni distaccatarie per il comando, in loro favore, di dipendenti esteri assunti a tempo indeterminato dalla casa-madre straniera deve essere ritenuto interamente deducibile in capo alle medesime stabili organizzazioni, in qualità di costo per servizi, ex art. 5, primo comma, del D.Lgs. n. 446/1997 (o comunque, in subordine, quale costo per il personale dipendente ex art. 11, comma 4-octies, del D.Lgs. n. 446/1997).
Ai fini della deducibilità, l’esame dello specifico contratto di lavoro sottoscritto dal dipendente estero acquisirà un ruolo primario e spesse volte decisivo, posto che è soprattutto dall’analisi puntuale di tale documento che si ricavano tutti gli elementi a comprova della sussistenza di un rapporto di lavoro estero parificabile, ai fini qui in esame, ad un “rapporto subordinato a tempo indeterminato” così come inteso dal nostro ordinamento.

Avv. Zeila Gola – Dott. Andrea Beraldo

(1) Naturalmente la problematica sussiste solo per il distacco di personale estero in Italia, posto che, pacificamente, nessuna deduzione viene riconosciuta dal nostro ordinamento in ipotesi di distacco di personale italiano all’estero; cfr. circ. 19 novembre 2007, n. 61/E, par. 1.2, in Boll. Trib., 2007, 1891, «nessuna deduzione spetta per i dipendenti destinati dall’impresa a strutture produttive estere: in questo caso, infatti, le deduzioni stesse devono intendersi implicitamente assorbite nella previa esclusione dalla base imponibile di tutto il valore della produzione realizzato fuori dal territorio dello Stato».
(2) Cfr. Cass., sez. lav., 22 gennaio 2015, n. 1168, in Boll. Trib. On-line.
(3) Tale Direttiva è stata poi integrata dalla successiva Direttiva 15 maggio 2014, n. 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, alla quale però l’Italia non ha ancora dato esecuzione.
(4) Poi divenuta b) nel 2000.
(5) Cfr. circ. Assonime 9 giugno 1998, n. 52.
(6) Cfr. R. SCHIAVOLIN, L’imposta regionale sulle attività produttive. Profili sistematici, Milano, 2007, 415.
(7) Cfr. circ. 12 febbraio 2008, n. 2/DPF, in Boll. Trib. On-line.
(8) Cfr. circ. n. 2/DPF/2008, cit.
(9) In particolare cfr. ris. 3 luglio 2008, n. 275/E, in Boll. Trib., 2008, 1760; e ris. 6 febbraio 2009, n. 35/E, in Boll. Trib. On-line.
(10) Cfr. G. MOCCI, “Cuneo fiscale IRAP”: determinazione del beneficio per il 2007. Aspetti operativi derivanti dall’applicazione graduale nel corso dell’anno, in Boll. Trib., 2007, 1868.
(11) Cfr. ris. 19 maggio 2008, n. 203/E, in Boll. Trib. On-line.
(12) Cfr. ris. 10 giugno 2008, n. 235/E, in Boll. Trib., 2008, 1361.
(13) Nel senso di tale ultimo documento si è espressa anche circ. Assonime 2 aprile 2015, n. 7, su cui infra.
(14) L’art. 1, comma 50, lett. f), n. 3, della legge n. 244/2007, è invero entrato in vigore il 1° gennaio 2008.
(15) Cfr. ris. n. 235/E/2008, cit.
(16) Così circ. 9 giugno 2015, n. 22/E, in Boll. Trib., 2015, 938, su cui infra.
(17) Così circ. Assonime 10 giugno 2015, n. 21, su cui infra.
(18) Cfr. circ. Assonime n. 7/2015, cit.
(19) Cfr. circ. Assonime n. 21/2015, cit.
(20) Cfr. circ. Assonime n. 21/2015, par. 2.8, cit.
(21) Cfr. G. VALCARENGHI, Nella dichiarazione IRAP 2016 la deduzione del costo del personale dipendente a tempo indeterminato, in Corr. trib., 2016, 1773.
(22) OIC, Documenti interpretativo n. 1 del Principio contabile 12, Classificazione nel conto economico dei costi e ricavi del 13 luglio 2005, poi confluito nel Principio contabile OIC 12 dell’agosto 2014.
(23) Così circ. Assonime n. 7/2015, cit.

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