26 Maggio, 2016

IVA – Servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi da soggetti UE e non UE – Regime speciale del c.d. “Mini One Stop Shop” (MOSS) – Criteri applicativi.
(Circolare 26 maggio 2016, n. 22/E, dell’Agenzia delle entrate)

SOMMARIO:
PREMESSA
PARTE PRIMA: LE NUOVE REGOLE DI TERRITORIALITÀ
1. I CRITERI DI TERRITORIALITÀ IVA APPLICABILI A PARTIRE DAL 1° GENNAIO 2015
2. SEMPLIFICAZIONE DEGLI ADEMPIMENTI REALIZZATA DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 42/2015
3. TIPOLOGIA DI SERVIZI INTERESSATI DAI NUOVI CRITERI DI TERRITORIALITÀ
4. INDIVIDUAZIONE DEL LUOGO DI STABILIMENTO, DI DOMICILIO O DI RESIDENZA ABITUALE DEL COMMITTENTE NON SOGGETTO PASSIVO. LE PRESUNZIONI DI LOCALIZZAZIONE
4.1 Luogo di stabilimento delle persone giuridiche che non sono soggetti passivi
4.2 Pluralità di luoghi di stabilimento. Divergenza tra residenza abituale e domicilio
4.3 Presunzioni di localizzazione e relativa confutazione: Presunzione relativa sia ai rapporti B2B che ai rapporti B2C
5. PRESUNZIONI DI LOCALIZZAZIONE E RELATIVO SUPERAMENTO: PRESUNZIONE RELATIVA AI RAPPORTI B2C
6. PRESUNZIONI DI LOCALIZZAZIONE E RELATIVO SUPERAMENTO: MODALITÀ DI CONFUTAZIONE
7. IL LUOGO DI PRESTAZIONE DEI SERVIZI TTE RESI IN CONNESSIONE CON PRESTAZIONI ALBERGHIERE
8. VERIFICA DELLO STATUS DEL COMMITTENTE DEL SERVIZIO TTE
9. TRATTAMENTO IVA DEI SERVIZI TTE, NEI CASI DI INTERMEDIAZIONE NELLA RELATIVA EFFETTUAZIONE
PARTE SECONDA: IL REGIME SPECIALE MOSS
10. IL MINI ONE STOP SHOP
11. IL MOSS PER I SOGGETTI NON UE (REGIME NON UE)
12. IL MOSS PER I SOGGETTI STABILITI IN ITALIA (REGIME UE)
13. LA REGISTRAZIONE AL MOSS: CAUSE DI CANCELLAZIONE E DI ESCLUSIONE
14. LA DICHIARAZIONE TRIMESTRALE
15. I VERSAMENTI
16. I RIMBORSI
16.1 Rimborsi per soggetti extra UE
16.2 Rimborsi per soggetti stabiliti in un altro Stato membro comunitario
16.3 Rimborsi a operatori italiani registrati nel MOSS
16.4 Restituzione delle eccedenze di versamento
17. GLI OBBLIGHI DOCUMENTALI E CONTABILI
18. CONTROLLI
18.1. Controlli automatizzati sui soggetti passivi identificati in Italia
18.2 Liquidazione dell’IVA dovuta da prestatori aderenti al regime speciale MOSS sui servizi resi a committenti non soggetti passivi domiciliati o residenti in Italia
18.3 Accertamento dell’imposta dovuta dai soggetti aderenti al regime MOSS
18.3.1 Accertamenti in rettifica delle dichiarazioni trimestrali presentate dai soggetti aderenti al regime MOSS
18.3.2 Accertamento induttivo nei confronti di soggetti aderenti al regime MOSS
18.3.3 Efficacia, notifica ed esecuzione degli avvisi di accertamento. Tutele del contribuente
19. RAPPORTI TRA ATTIVITÀ DI CONTROLLO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE E FACOLTÀ DI RETTIFICA DELLA DICHIARAZIONE DA PARTE DEL SOGGETTO PASSIVO MOSS
20. SANZIONI.

“PREMESSA
Il 1° gennaio 2015 sono entrate in vigore le nuove norme in materia di territorialità ai fini IVA per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione e per quelli prestati per via elettronica (nel prosieguo indicati come “servizi TTE”), come previsto dalla direttiva del Consiglio n. 2008/8/CE del 12 febbraio 2008, che modifica la direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (di seguito, “direttiva n. 2006/112/CE”).
Le nuove norme della direttiva devono essere lette in combinazione con quelle del regolamento d’esecuzione (UE) n. 1042/2013 del 7 ottobre 2013 (di seguito “regolamento n. 1042”), che modifica, a sua volta, il precedente regolamento esecutivo (UE) n. 282/2011 del 15 marzo 2011 (di seguito “regolamento n. 282”), relativamente al luogo delle prestazioni di servizi ai fini IVA.
Per fornire una migliore comprensione della nuova normativa comunitaria la Direzione generale della Fiscalità e dell’Unione doganale della Commissione europea (DG TAXUD) ha pubblicato sul proprio portale telematico dedicato al MOSS, in data 3 aprile 2014, apposite Note esplicative che sono disponibili anche sul sito web dell’Agenzia delle Entrate.
Tali Note, che – per esplicita declaratoria della stessa DG TAXUD – sono prive di efficacia giuridicamente vincolante nei confronti sia dei contribuenti che delle amministrazioni fiscali degli Stati membri, costituiscono solo un orientamento pratico e informale sull’applicazione delle nuove regole comunitarie, conformemente ai pareri di DG TAXUD, né rappresentano le opinioni della Commissione europea. Le Note non sono esaustive e, anzi, sono suscettibili di revisione, modificazione ed integrazione, coerentemente con l’evoluzione della disciplina dei servizi in esame.

PARTE PRIMA: LE NUOVE REGOLE DI TERRITORIALITÀ
1. I CRITERI DI TERRITORIALITÀ IVA APPLICABILI A PARTIRE DAL 1° GENNAIO 2015
Con l’articolo 1 del decreto legislativo 42 del 31 marzo 2015, pubblicato sulla G.U. del 18 aprile 2015, che modifica l’articolo 7-sexies, comma 1, lettere f) e g), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito “d.P.R. n. 633”), il legislatore italiano ha previsto l’assoggettamento ad IVA nel territorio dello Stato delle seguenti prestazioni di servizi, se rese a committenti non soggetti passivi d’imposta:
le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all’estero (nuova lettera f);
le prestazioni di telecomunicazione e di teleradiodiffusione, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all’estero, e sempre che siano utilizzate nel territorio dell’Unione europea (nuova lettera g).
Sono state, inoltre, abrogate le previgenti lettere h) e i) dell’art. 7-septies, comma 1, del d.P.R. n. 633.
Ciò in attuazione dell’articolo 58 della direttiva n. 2006/112/CE, modificato dalla direttiva n. 2008/8/CE del Consiglio, il quale, allo scopo di avvicinare il più possibile la tassazione al luogo di effettivo consumo dei predetti servizi, ha ancorato l’applicazione dell’IVA allo Stato membro del committente, prevedendo che il luogo delle prestazioni dei servizi di telecomunicazione (lett. a), dei servizi di teleradiodiffusione (lett. b) e dei servizi forniti per via elettronica, in particolare quelli di cui all’allegato II della direttiva n. 2006/112/CE (lett. c), resi a persone che non sono soggetti passivi di imposta (B2C), si considera quello in cui queste ultime sono stabilite, hanno il proprio indirizzo permanente o la propria residenza abituale.
Oltre all’articolo 58, il legislatore comunitario ha modificato l’articolo 59-bis della direttiva n. 2006/112/CE, prevedendo che, al fine di prevenire casi di doppia imposizione, di non imposizione o di distorsione della concorrenza, per quanto concerne, tra gli altri, i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici, gli Stati membri hanno facoltà di considerare:
lett. a): il luogo delle prestazioni di uno o di tutti i medesimi servizi, situato all’interno del rispettivo territorio, in base ai criteri stabiliti dal suddetto art. 58, come se fosse situato al di fuori del territorio comunitario (localizzazione extracomunitaria, ndr), qualora l’effettiva utilizzazione e fruizione dei servizi stessi siano avvenute al di fuori dell’Unione europea;
lett. b): il luogo delle prestazioni di uno o di tutti i medesimi servizi, situato al di fuori dell’Unione, come se fosse situato all’interno del loro territorio nazionale (“localizzazione interna”, ndr), qualora l’effettiva utilizzazione e fruizione dei servizi stessi siano avvenute all’interno del loro territorio.
Con il decreto legislativo il legislatore italiano ha provveduto non solo a recepire i nuovi criteri di territorialità di cui all’art. 58 della direttiva n. 2006/112/CE, ma anche ad esercitare – sia pure parzialmente, con riferimento ai soli servizi di telecomunicazione e di teleradiodiffusione – la facoltà di cui al nuovo art. 59-bis, lett. a), della direttiva n. 2006/112/CE, escludendo da imposizione italiana le sole prestazioni di telecomunicazione e di teleradiodiffusione (non anche i servizi elettronici) che, benché rese a committenti domiciliati o residenti in Italia, siano effettivamente utilizzate all’esterno dell’Unione europea. Per quanto riguarda i servizi elettronici, pertanto, dovrà applicarsi il solo criterio del domicilio o della residenza del committente non soggetto passivo, senza che assuma alcuna rilevanza il luogo di effettivo utilizzo.
Per completezza, si ricorda che il passaggio dai previgenti criteri di territorialità IVA dei servizi TTE ai nuovi, che è avvenuto il 1° gennaio 2015, ha seguito la disciplina transitoria specificamente prevista dall’art. 2 del regolamento n. 1042, imperniata sulla individuazione temporale del fatto generatore dell’imposta.

2. SEMPLIFICAZIONE DEGLI ADEMPIMENTI REALIZZATA DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 42/2015
Le modifiche alla disciplina della territorialità sopra illustrate implicano, evidentemente, che i soggetti che prestino servizi TTE a committenti non soggetti passivi di imposta dovrebbero assolvere l’imposta (e tutti gli obblighi previsti dalla norma) dovuta in Italia i) identificandosi nel territorio dello Stato, nel caso in cui sussistano i requisiti previsti dall’articolo 35-ter del d.P.R. n. 633, ovvero ii) attraverso la nomina di un rappresentante fiscale, secondo le modalità previste dall’articolo 1, comma 4, del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 441.
Specularmente, anche i soggetti stabiliti in Italia che forniscano servizi TTE a committenti non soggetti passivi di imposta domiciliati in altri Paesi dell’Unione dovrebbero assolvere l’imposta sui servizi resi in ciascuno Stato membro in cui sono domiciliati i committenti, o attraverso l’identificazione diretta o attraverso la nomina di un rappresentante fiscale.
Il moltiplicarsi degli adempimenti posti a carico dei soggetti che prestano servizi TTE nei confronti di privati ha indotto il legislatore europeo a introdurre uno speciale regime (il “Mini One Stop Shop”) per rendere più agevole, in capo agli operatori, la gestione dell’imposta dovuta nei vari Stati membri di consumo. Le modifiche apportate dal decreto legislativo n. 42/2015 al d.P.R. n. 633 al fine di recepire le norme comunitarie che introducono la disciplina del Mini One Stop Shop saranno illustrate nella Seconda Parte di questa circolare. Si pongono nell’ottica di semplificare gli adempimenti che derivano dall’adozione dei nuovi criteri di territorialità dell’imposta relativa ai servizi resi nei confronti di privati
Il medesimo obiettivo è perseguito anche dall’intervento che concerne l’esonero dall’obbligo di fatturazione per i soggetti che prestano servizi TTE a committenti non soggetti passivi di imposta. Tale disposizione, in particolare, è recata dalla lettera c) del comma 1 del citato articolo 1 del decreto legislativo n. 42/2015, che inserisce, dopo il punto 6-bis) del primo comma dell’articolo 22 del d.P.R. n. 633, il nuovo punto 6-ter). Il primo comma dell’articolo 22, pertanto, prevede ora che: “L’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione:

6-ter) per le prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell’esercizio di impresa, arte o professione”.
Tale disposizione, già prevista per alcune categorie di soggetti passivi d’imposta che effettuino cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di clienti non soggetti passivi di imposta, viene estesa anche agli operatori che rendano prestazioni di servizi TTE nei confronti di committenti non soggetti passivi di imposta. La previsione descritta tiene conto delle difficoltà che spesso gli operatori, date le peculiarità tecniche che caratterizzano in particolare i servizi elettronici, incontrano nel reperire i dati necessari all’emissione della fattura. In attuazione dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 42/2015, inoltre, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 ottobre 2015 ha disciplinato l’esonero dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi percepiti a fronte della prestazione di servizi TTE a committenti non soggetti passivi di imposta.

3. TIPOLOGIA DI SERVIZI INTERESSATI DAI NUOVI CRITERI DI TERRITORIALITÀ
Il campo di applicazione delle nuove norme IVA è espressamente tracciato dall’art. 58 della direttiva n. 2006/112/CE, come modificato dalla direttiva 2008/8/CE. Tale disposizione richiama specificamente i servizi di telecomunicazione, i servizi di teleradiodiffusione ed i servizi forniti per via elettronica, in particolare quelli di cui all’allegato II alla medesima direttiva n. 2006/112/CE.
Per comprendere più puntualmente quali siano i servizi interessati dalle novità normative, occorre richiamare il regolamento d’esecuzione n. 1042 che, modificando il previgente regolamento n. 282 con efficacia a partire dal 1° gennaio 2015, ha introdotto nello stesso i nuovi artt. 6-bis e 6-ter, i quali recano, rispettivamente, elenchi in positivo ed elenchi in negativo dei servizi di telecomunicazione e dei servizi di teleradiodiffusione. Il medesimo regolamento ha altresì emendato il vigente art. 7 del regolamento n. 282, che già elencava in maniera non esaustiva i “servizi prestati tramite mezzi elettronici” di cui alla direttiva n. 2006/112/CE, specificando alcune ipotesi di servizi che non sono considerati come elettronici (prenotazione online di biglietti di ingresso a manifestazioni o eventi, prenotazione online di servizi turistici come alberghi, mezzi di trasporto e simili).
Tra i servizi di telecomunicazione, di cui all’art. 24, par. 2, della direttiva n. 2006/112/CE, il nuovo art. 6-bis del regolamento n. 282 annovera in via esemplificativa i seguenti:
1. i servizi di telefonia fissa e mobile per la trasmissione e commutazione di voce, dati e video, compresi i servizi telefonici con una componente video (servizi c.d. di videofonia);
2. i servizi telefonici forniti attraverso Internet, compresi i servizi vocali su protocollo Internet (Voice over Internet Protocol – VOIP);
3. i servizi di posta vocale, chiamata in attesa, trasferimento automatico della chiamata, identificazione del chiamante, chiamata a tre e altri servizi di gestione chiamata;
4. servizi di radioavviso;
5. i servizi di audiotext;
6. fax, telegrafo e telex;
7. l’accesso ad Internet e al World Wide Web;
8. le connessioni di rete private per collegamenti di telecomunicazione ad uso esclusivo del consumatore.
I servizi di teleradiodiffusione, invece, ai sensi del nuovo art. 6-ter, par. 1, del regolamento n. 282, “comprendono servizi consistenti nella fornitura al pubblico di contenuti audio e audiovisivi, come i programmi radiofonici o televisivi trasmessi attraverso reti di comunicazione da un fornitore di servizi di media sotto la sua responsabilità editoriale, per l’ascolto o la visione simultanei, sulla base di un palinsesto”.
I tratti peculiari dei servizi di teleradiodiffusione, che consentono di distinguerli dalle altre categorie di servizi interessate dalle novità in materia di IVA, e in particolare dai servizi elettronici, dunque, consistono: i) nel rivolgersi al pubblico, anziché a singoli destinatari; ii) nell’essere prestati da un fornitore di servizi media e sotto la sua responsabilità editoriale; iii) nell’essere destinati all’ascolto o alla visione simultanei da parte del pubblico, e cioè il contenuto audio o audiovisivo deve essere fornito in contemporanea al pubblico (in mancanza di quest’ultimo requisito, il servizio dovrebbe essere qualificato, di norma, come “prestato per via elettronica”). Per comprendere il concetto di “responsabilità editoriale”, occorre fare riferimento alla direttiva n. 2010/13/UE del 10 marzo 2010, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi). Tale direttiva, che codifica e sostituisce la previgente direttiva n. 89/552/CE, a sua volta recepita nell’ordinamento italiano con legge 6 agosto 1990, n. 223 (recante la “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato”), infatti, definisce la responsabilità editoriale come l’esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta (art. 1, par. 1, lett. c). Tale responsabilità editoriale, in base alla citata direttiva, non implica necessariamente la responsabilità giuridica, ai sensi del diritto nazionale, per i contenuti o i servizi forniti.
Tra i servizi di teleradiodiffusione così definiti rientrano, in particolare, i programmi radiofonici o televisivi trasmessi o ritrasmessi su una rete radiofonica o televisiva (art. 6-ter, par. 2, lett. a) ed i programmi radiofonici o televisivi distribuiti attraverso Internet o analoga rete elettronica (IP streaming), se sono diffusi contemporaneamente alla loro trasmissione o ritrasmissione su una rete radiofonica o televisiva (art. 6-ter, par. 2, lett. b).
Quanto ai servizi forniti per via elettronica, di cui alla direttiva n. 2006/112/CE, infine, l’art. 7, par. 1, del regolamento n. 282 continua ad individuarli nei servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica, la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione.
In quest’ultima categoria rientrano, in particolare (cfr. art. 7, par. 2), i seguenti:
1. la fornitura di prodotti digitali in generale, compresi software, loro modifiche e aggiornamenti;
2. i servizi che veicolano o supportano la presenza di un’azienda o di un privato su una rete elettronica, quali un sito o una pagina web;
3. i servizi automaticamente generati da un computer attraverso Internet o una rete elettronica, in risposta a dati specifici immessi dal destinatario;
4. la concessione, a titolo oneroso, del diritto di mettere in vendita un bene o un servizio su un sito Internet che operi come mercato online, in cui i potenziali acquirenti fanno offerte attraverso un procedimento automatizzato e in cui le parti sono avvertite di una vendita attraverso posta elettronica generata automaticamente da un computer;
5. le offerte forfettarie di servizi Internet (Internet services packages, ISP) nelle quali la componente delle telecomunicazioni costituisce un elemento accessorio e subordinato (vale a dire, il forfait va oltre il semplice accesso a Internet e comprende altri elementi, quali pagine con contenuto che danno accesso alle notizie di attualità, alle informazioni meteorologiche o turistiche, spazi di gioco, hosting di siti, accessi a dibattiti online, ecc.);
6. i servizi elencati nell’allegato I allo stesso regolamento n. 282.
Il legislatore unionale puntualizza che il mero fatto che un prestatore dei suddetti servizi ed il suo destinatario comunichino per posta elettronica non implica che il servizio reso debba considerarsi un servizio elettronico.
Come evidenziato dal considerando n. 3 del regolamento n. 1042, i predetti elenchi di servizi devono intendersi come non esaustivi né definitivi, con la conseguenza che qualsiasi servizio rientrante in una delle definizioni sopra fornite sarà assoggettato alle nuove regole di territorialità IVA, indipendentemente dal fatto che tale servizio rientri o meno tra gli esempi espressamente menzionati. Ciò consente al legislatore comunitario di tenere conto del fatto che l’evoluzione della realtà tecnologica potrebbe determinare l’insorgenza di nuove forme di servizi e attività riconducibili al settore TTE.

4. INDIVIDUAZIONE DEL LUOGO DI STABILIMENTO, DI DOMICILIO O DI RESIDENZA ABITUALE DEL COMMITTENTE NON SOGGETTO PASSIVO. LE PRESUNZIONI DI LOCALIZZAZIONE
Il regolamento n. 1042, al fine di consentire agli operatori del settore TTE e alle amministrazioni fiscali degli Stati membri di individuare la localizzazione del committente non soggetto passivo e, dunque, lo Stato membro legittimato ad applicare l’imposta sulle transazioni in questione, ha introdotto nel regolamento n. 282 nuove norme che assolvono, rispettivamente, le seguenti funzioni:
identificare il luogo di stabilimento delle persone giuridiche che non sono soggetti passivi (di seguito, “enti non soggetti” – ENS), destinatarie dei servizi TTE, oltre che di altre particolari tipologie di servizi (introduzione del nuovo art. 13-bis del regolamento n. 282);
risolvere i casi di molteplicità dei luoghi di stabilimento di uno stesso ENS, ovvero di divergenza tra il domicilio e la residenza abituale di una stessa persona fisica destinataria dei servizi TTE (modifica del vigente art. 24 del regolamento n. 282);
agevolare, mediante l’uso di presunzioni relative, l’identificazione del luogo di stabilimento, di domicilio o di residenza abituale nei casi in cui lo stesso sia praticamente impossibile da determinare o non si possa determinare con certezza (introduzione dei nuovi artt. 24-bis, 24-ter, 24-quinquies e 24-septies).

4.1 Luogo di stabilimento delle persone giuridiche che non sono soggetti passivi. Con riferimento al luogo di stabilimento di un ENS destinatario di servizi TTE, in particolare, il nuovo art. 13-bis statuisce che lo stesso deve essere individuato nei seguenti:
1. il luogo in cui sono svolte le funzioni della sua amministrazione centrale; oppure
2. il luogo di qualunque altra sede di attività caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e da una struttura idonea, in termini di risorse umane e tecniche, a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le proprie esigenze.
È evidente, peraltro, che i criteri specificati dall’art. 13-bis sono stati sostanzialmente mutuati – con gli opportuni adattamenti – dai vigenti artt. 10 e 11 del regolamento n. 282, i quali, con riferimento agli enti soggetti passivi d’imposta, definiscono rispettivamente il luogo in cui gli stessi hanno fissato la sede della propria attività economica e il concetto di “stabile organizzazione” ai fini IVA.

4.2 Pluralità di luoghi di stabilimento. Divergenza tra residenza abituale e domicilio. Per evitare possibili conflitti di giurisdizione tra Stati membri potenzialmente legittimati a tassare i medesimi servizi TTE (così come altre particolari tipologie di servizi), resi a committenti non soggetti passivi aventi molteplici luoghi di stabilimento oppure domicilio e residenza tra loro divergenti, d’altro canto, l’art. 24 del regolamento n. 282, come emendato dal regolamento n. 1042, detta i seguenti criteri di localizzazione ai fini IVA:
1. nel caso di un ENS, deve darsi priorità al luogo in cui sono svolte le funzioni della sua amministrazione centrale (criterio generale; art. 13-bis, lett. a), salvo che sia provato che l’effettiva utilizzazione del servizio avvenga nel luogo di un’altra sede di attività dell’ENS, determinato a norma dell’art. 13-bis, lett. b) (criterio speciale);
2. nel caso di una persona fisica, è data priorità al luogo in cui tale persona ha la sua residenza abituale (criterio generale), a meno che sia provato che l’utilizzazione del servizio avviene presso il suo indirizzo permanente (criterio speciale).
È evidente l’intento del legislatore comunitario di collegare il più possibile l’imposizione al luogo di fruizione effettiva del servizio, già espresso – in termini giuridicamente non vincolanti – dal considerando n. 7 del regolamento n. 1042.

4.3 Presunzioni di localizzazione e relativa confutazione: Presunzione relativa sia ai rapporti B2B che ai rapporti B2C. L’individuazione in concreto del luogo di stabilimento, di domicilio o di residenza del committente non soggetto passivo di servizi TTE può dare luogo a notevoli difficoltà ed oneri di carattere amministrativo in capo ai fornitori di servizi TTE, soprattutto per quanto concerne la raccolta e l’archiviazione dei dati personali necessari per il compimento di tale operazione. Il legislatore comunitario, infatti, al considerando n. 8) del regolamento n. 1042, ha riconosciuto esplicitamente la possibilità che il luogo di stabilimento, l’indirizzo permanente o la residenza abituale siano praticamente impossibili da determinare o non si possano determinare con certezza. Siffatto rischio, peraltro, tanto più si appalesa, quanto più il servizio rivesta carattere occasionale, coinvolga piccole somme e richieda la presenza fisica del destinatario, come nel caso della prestazione di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o di servizi elettronici presso postazioni Wi-Fi o Internet cafè, ovvero ogni qualvolta il servizio non preveda il rilascio di ricevute di pagamento o di altri elementi di prova per il servizio prestato, come nel caso delle cabine telefoniche (cfr. considerando n. 10).
Per agevolare gli operatori TTE nella localizzazione del committente, dunque, il regolamento n. 1042 ha introdotto nel regolamento n. 282 una serie di presunzioni legali, nell’ambito dei nuovi artt. 24-bis e 24-ter. Trattasi, nella fattispecie, di presunzioni aventi carattere relativo, posto che la normativa comunitaria ne contempla la possibilità di superamento da parte degli stessi prestatori o dell’Amministrazione finanziaria, alle condizioni fissate dai nuovi artt. 24-quinquies e 24-septies del regolamento n. 282.
È, inoltre, fondamentale precisare che le presunzioni in esame, lungi dal costituire una deroga ai criteri di territorialità fissati dai nuovi artt. 58 e 59-bis della direttiva n. 2006/112/CE, assolvono una funzione meramente ausiliaria a tali criteri.
Il nuovo articolo 24-bis del regolamento n. 282, introdotto dal regolamento n. 1042, in particolare, contempla un criterio agevolato di individuazione tanto del luogo di domicilio o di residenza del committente (sia esso un soggetto passivo o meno), ai sensi degli artt. 44 e 58 della direttiva n. 2006/112/CE, quanto del luogo di effettivo utilizzo del servizio, di cui all’art. 59-bis della direttiva n. 2006/112/CE, con il quale il criterio in esame, peraltro, tende di fatto a coincidere. La presunzione dispensa, dunque, il prestatore dall’onere di ricercare elementi di prova del luogo di domicilio o di residenza del committente, dando prevalenza alla localizzazione del luogo presso il quale il committente si reca fisicamente per fruire dei servizi TTE.
In forza della nuova disposizione comunitaria, infatti, ai fini dell’applicazione degli artt. 44, 58 e 59-bis, della direttiva n. 2006/112/CE, se uno qualsiasi dei servizi TTE è prestato in un luogo quale una cabina telefonica, un punto telefonico, una postazione Wi-Fi, un Internet cafè, un ristorante o una hall di albergo, e qualora la fruizione del servizio medesimo richieda la presenza fisica del destinatario in quel determinato luogo, si presume che il destinatario sia stabilito, abbia il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale nel luogo in questione e che il servizio sia effettivamente utilizzato e fruito in tale luogo (par. 1).
Il seguente esempio può essere d’ausilio per comprendere il funzionamento della presunzione, nonché i suoi rapporti con il nuovo art. 7-sexies, comma 1, lettere f) e g), del d.P.R. n. 633. Qualora un dato committente (sia esso business o consumer), di cui è incerto lo Stato di residenza o domicilio, utilizzi servizi di navigazione su Internet presso un Internet cafè situato nel territorio dello Stato italiano, tali servizi saranno assoggettati ad IVA italiana, in quanto si presumerà (salvo prova contraria) che il committente sia ivi residente o domiciliato. Tale Internet cafè, del resto, rappresenterà il luogo di effettivo utilizzo, a norma dell’art. 59-bis della direttiva n. 2006/112/CE (in Italia, a norma dell’art. 7-sexies, comma 1, lettera g, del d.P.R. n. 633).
È importante precisare, infine, che la presunzione dettata dall’art. 24-bis si limita a coprire i soli servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici prestati presso determinati luoghi e per i quali il cliente ha pagato il dovuto corrispettivo al gestore del locale.
Non sono, quindi, inclusi i servizi non compresi nel predetto corrispettivo, come, ad esempio, il download di file video o audio tramite una connessione ad Internet oggetto di specifico corrispettivo pagato. Se, invece, il luogo di esecuzione di tale servizio si trova a bordo di una nave, di un aereo o di un treno che effettua un trasporto passeggeri all’interno dell’Unione europea, nell’accezione di cui agli artt. 37 e 57 della direttiva n. 2006/112/CE, il luogo in cui il servizio è prestato si considera quello di partenza del trasporto di passeggeri, e dunque il committente si considera ivi stabilito, domiciliato o residente (par. 2).
Sul punto, si precisa che l’art. 37, par. 2, e l’art. 57, par. 2, della direttiva n. 2006/112/CE, forniscono una definizione del concetto di “parte di un trasporto passeggeri effettuata all’interno della Comunità” (rectius, “dell’Unione”). Tale definizione è stata recepita nell’ordinamento italiano all’art. 7, lett. e), del d.P.R. n. 633, che qualifica come tale la parte di trasporto che non prevede uno scalo fuori del territorio dell’Unione europea tra il luogo di partenza e quello di arrivo del trasporto passeggeri. A tal fine, per “luogo di partenza di un trasporto passeggeri” deve intendersi il primo punto di imbarco di passeggeri previsto in territorio comunitario, eventualmente dopo uno scalo effettuato al di fuori del territorio stesso. Per “luogo di arrivo di un trasporto passeggeri”, invece, si intende l’ultimo punto di sbarco previsto in territorio comunitario, per passeggeri imbarcati nel territorio stesso, eventualmente prima di uno scalo effettuato al di fuori dell’Unione.
Come si desume dall’incipit dell’art. 24-bis, la presunzione in commento è applicabile non solo alle transazioni B2C, ma anche a quelle B2B. L’elenco dei luoghi contenuto nell’art. 24-bis, par. 1, inoltre, ha carattere meramente indicativo, con la conseguenza che la presunzione in esame potrà applicarsi anche laddove la prestazione sia effettuata in un altro luogo, non tipizzato, sempreché risultino soddisfatte le condizioni di base della presunzione (necessaria presenza fisica del destinatario).

5. PRESUNZIONI DI LOCALIZZAZIONE E RELATIVO SUPERAMENTO: PRESUNZIONE RELATIVA AI RAPPORTI B2C
Diversamente dall’art. 24-bis, il nuovo art. 24-ter del regolamento n. 282 detta criteri agevolati di applicazione del solo art. 58 della direttiva n. 2006/112/CE e, dunque, per la sola individuazione del domicilio o della residenza dei committenti non soggetti passivi (B2C).
Da ciò deriva, in primo luogo, che le prestazioni dei servizi TTE in ambito B2B, nei casi specificati dall’art. 24-ter, dovranno essere tassate secondo il criterio generale di cui all’art. 44 della direttiva n. 2006/112/CE, ossia nel luogo il cui è stabilito il committente soggetto passivo (cfr. art. 7-ter, comma 1, lett. a, del d.P.R. n. 633).
La casistica specificamente presa in considerazione dall’art. 24-ter è la seguente:
1. servizi TTE resi attraverso una linea terrestre fissa, per i quali si presume che il destinatario sia stabilito, abbia il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale nel luogo in cui è installata detta linea terrestre fissa;
2. servizi TTE prestati attraverso reti mobili, in merito ai quali la presunzione è che il luogo in cui il destinatario è stabilito, ha il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale sia il paese identificato dal prefisso nazionale della carta SIM utilizzata per la ricezione dei servizi stessi;
3. servizi TTE per i quali è necessario utilizzare un decodificatore o un analogo dispositivo o una scheda di ricezione e senza che sia usata una linea terrestre fissa, relativamente ai quali si presume che il destinatario sia stabilito, abbia il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale nel luogo in cui il decodificatore o l’analogo dispositivo è installato o, se questo non è noto, nel luogo in cui la scheda di ricezione è inviata al fine di essere ivi utilizzata;
4. per i servizi TTE resi in circostanze diverse da quelle di cui all’art. 24-bis suddetto e di cui alle lettere da a) a c) dell’art. 24-ter, la presunzione è che il destinatario sia stabilito, abbia il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale nel luogo identificato come tale dal prestatore, sulla base di due elementi di prova, non contraddittori tra loro, individuati tra quelli elencati nel nuovo art. 24-septies del regolamento n. 282, anch’esso introdotto dal regolamento n. 1042. Quest’ultima presunzione ha, evidentemente, un carattere residuale, che ne consente l’applicazione in situazioni che non ricadono nelle più specifiche presunzioni dettate dalle stesse disposizioni qui in esame.
Si osserva che l’art. 24-ter citato, a differenza del precedente art. 24-bis, non richiama l’art. 59-bis della direttiva, che individua l’utilizzo effettivo come ulteriore criterio di localizzazione della prestazione. Gli elementi di prova utilizzabili ai fini della localizzazione del servizio, ai sensi dell’art. 24-ter, lett. d), nonché per poter confutare le presunzioni medesime, sono, dunque, quelli elencati – in modo meramente esemplificativo – nel nuovo art. 24-septies, in particolare i seguenti:
1. l’indirizzo di fatturazione del destinatario;
2. l’indirizzo di protocollo Internet (IP) del dispositivo utilizzato dal destinatario o qualsiasi metodo di geolocalizzazione;
3. le coordinate bancarie, come l’ubicazione del conto bancario utilizzato per il pagamento o l’indirizzo di fatturazione del destinatario in possesso di tale banca;
4. il prefisso del paese (Mobile Country Code – MCC) dell’identità utente mobile internazionale (International Mobile Subscriber Identity – IMSI) integrato nella carta SIM (Subscriber Identity Module) utilizzata dal destinatario;
5. l’ubicazione della linea terrestre fissa del destinatario attraverso la quale il servizio è prestato a quest’ultimo;
6. altre informazioni commerciali pertinenti. Quest’ultima voce, avente anch’essa carattere residuale, mira a dare rilevanza, ai fini della determinazione del luogo di prestazione di un servizio TTE, a tutti quegli elementi di prova attualmente non tipizzabili dal legislatore comunitario, in virtù della complessità dei modelli di business nel concreto attuabili da parte degli operatori, ovvero perché correlati alla presumibile ulteriore evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

6. PRESUNZIONI DI LOCALIZZAZIONE E RELATIVO SUPERAMENTO: MODALITÀ DI CONFUTAZIONE
Come si è detto, tutte le presunzioni di localizzazione dei servizi TTE sono relative, e dunque confutabili. Il superamento delle presunzioni costituisce oggetto di una facoltà in capo al prestatore, soggetto chiamato ad assolvere gli obblighi tributari connessi ai servizi erogati, e di una potestà in capo all’Amministrazione finanziaria, mentre non è consentito al committente non soggetto passivo (cfr. anche Note esplicative). Il legislatore comunitario, infatti, ha inteso, da un lato, garantire agli operatori dei servizi TTE massima semplicità nell’esecuzione degli adempimenti IVA correlati ai servizi medesimi (cfr. considerando n. 10 del regolamento n. 1042), dall’altro agevolare le amministrazioni fiscali degli Stati membri nello svolgimento dell’attività di controllo, circoscrivendo il più possibile l’ambito entro il quale è possibile confutare le presunzioni.
Il nuovo articolo 24-quinquies del regolamento n. 282, infatti, dispone che un prestatore di servizi TTE può confutare la presunzione di cui all’art. 24-bis o all’art. 24-ter, lettere a), b) e c), del regolamento stesso, sulla base di tre elementi di prova non contraddittori tra loro, da cui risulti che il destinatario è stabilito, ha il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale altrove. Tra i mezzi di prova in esame, peraltro, non sussiste alcun rapporto di priorità, in quanto il legislatore comunitario ha inteso fornire una gamma di elementi utilizzabili il più possibile ampia, in grado di adattarsi alla continua e imprevedibile evoluzione economica e tecnologica del mercato dei servizi TTE (vedi art. 24 septies).
Diversamente, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a confutare le predette presunzioni, nonché quella residuale di cui all’art. 24-ter, lett. d), qualora sussistano indizi di usi impropri delle stesse da parte del prestatore. Siffatta potestà di confutazione, a differenza di quanto previsto per il prestatore, non è soggetta ad alcun limite minimo di elementi giustificativi da addurre, ma si ritiene che non possa non tener conto del principio espresso dal considerando n. 10 del regolamento n. 1042, in forza del quale occorre evitare il più possibile di imporre oneri sproporzionati a carico del prestatore, ogni qualvolta il servizio rivesta carattere occasionale, coinvolga per lo più piccole somme e richieda la presenza fisica del destinatario in un determinato luogo, ovvero non preveda generalmente il rilascio di ricevute di pagamento o di altri elementi di prova per il servizio prestato.

7. IL LUOGO DI PRESTAZIONE DEI SERVIZI TTE RESI IN CONNESSIONE CON PRESTAZIONI ALBERGHIERE
Oltre alle presunzioni di cui agli artt. 24-bis e 24-ter, il regolamento n. 1042 ha inserito nel corpo del regolamento n. 282 anche una presunzione di territorialità specificamente applicabile ai servizi TTE prestati, da parte di un soggetto passivo che agisce in nome proprio, nell’ambito di una prestazione di alloggio nel settore alberghiero o in settori con analoghe funzioni, quali campi di vacanza o terreni attrezzati per il campeggio. In tal caso, a norma del nuovo art. 31-quater del regolamento n. 282, i suddetti servizi sono considerati prestati in detti luoghi.

8. VERIFICA DELLO STATUS DEL COMMITTENTE DEL SERVIZIO TTE
Come riferito nel paragrafo 1, le nuove regole di territorialità IVA riguardano i soli servizi TTE prestati a committenti non soggetti passivi, laddove per i committenti c.d. business continua ad applicarsi il criterio generale di cui all’art. 44 della direttiva n. 2006/112/CE.
Benché i criteri di territorialità applicabili alle transazioni B2C siano stati, di fatto, assimilati a quelli relativi alle transazioni B2B, continua ad avere rilievo non secondario l’esigenza di appurare e verificare lo status del destinatario del servizio. Tale esigenza, nello specifico, è connessa all’esatta individuazione del soggetto che dovrà assolvere gli obblighi IVA connessi alla prestazione di servizi TTE resa a committenti localizzati in uno Stato membro diverso da quello del prestatore (c.d. “prestazioni cross-border”).
Mentre, infatti, le prestazioni cross-border a clienti business soggiacciono al meccanismo dell’inversione contabile ai fini IVA, conformemente all’art. 196 della direttiva n. 2006/112/CE, quelle effettuate verso committenti non soggetti passivi implicano che il prestatore debba adempiere esso stesso gli obblighi IVA, direttamente nello Stato membro di stabilimento, dell’indirizzo permanente o della residenza abituale del committente.
Con la modifica dell’art. 18 del regolamento n. 282, apportata per il tramite del regolamento n. 1042, dunque, il legislatore comunitario ha inteso fornire ai prestatori soggetti passivi IVA dei criteri presuntivi, di agevole applicazione, al fine di determinare lo status del committente di una determinata prestazione TTE. A tal fine è stato inserito, all’interno dell’art. 18, par. 2, un nuovo comma, in base al quale il prestatore di servizi TTE, indipendentemente dal fatto di essere in possesso o meno di informazioni che depongano in senso contrario, può considerare il committente, sempreché stabilito nell’Unione europea, come una persona priva di soggettività passiva IVA, qualora quest’ultimo non gli abbia comunicato il proprio numero individuale di identificazione IVA.
Siffatta norma mira a semplificare, infatti, l’assolvimento degli obblighi IVA sui servizi TTE, frequentemente erogati nei confronti di un numero elevato di committenti e a fronte di corrispettivi di modesto ammontare, esentando i relativi prestatori dall’obbligo di ricercare altri elementi che provino lo status di soggetto passivo del destinatario, ogni qualvolta quest’ultimo non comunichi alcun numero di identificazione IVA.
La norma si pone, quindi, in deroga ai criteri generali di cui al medesimo articolo 18, par. 1 e par. 2, comma 1, del regolamento n. 282, i quali da un lato consentono al prestatore di fare affidamento sul numero di identificazione IVA comunicato dal committente, al fine di riconoscergli lo status di soggetto passivo (art. 18, par. 1, lett. a), dall’altro concedono al prestatore la potestà di equiparare ad una persona priva di soggettività passiva il committente che non abbia comunicato alcun numero di identificazione IVA, ma solo in assenza di informazioni contrarie che ne attestino, invece, tale status (art. 18, par. 2, co. 1).
Come si può evincere dalla formulazione letterale del nuovo comma introdotto al par. 2 dell’art. 18, il prestatore di servizi TTE ha una facoltà, non un obbligo, di qualificare come persona non soggetto passivo il destinatario che non gli abbia comunicato il proprio numero individuale di identificazione IVA. Da ciò consegue che al prestatore è data, altresì, facoltà di considerare il destinatario come un soggetto passivo d’imposta, subordinata, tuttavia, all’onere di raccogliere e fornire – a richiesta dell’Amministrazione finanziaria – dati ed informazioni sufficienti a dimostrare l’effettivo status del destinatario medesimo.
Peraltro, nel peculiare caso in cui il prestatore abbia già provveduto a qualificare il destinatario del servizio come persona priva di soggettività passiva e, successivamente, si veda comunicare dal destinatario il rispettivo numero di identificazione IVA, si ritiene che il prestatore debba trattare il destinatario come soggetto passivo.

9. TRATTAMENTO IVA DEI SERVIZI TTE, NEI CASI DI INTERMEDIAZIONE NELLA RELATIVA EFFETTUAZIONE
Un tratto caratteristico dell’economia digitale è che il numero dei soggetti coinvolti nella distribuzione di tali servizi può variare in misura considerevole. Talvolta, infatti, il servizio può essere reso direttamente dal proprietario del contenuto elettronico (nel prosieguo, il “fornitore del servizio”), mentre in altre circostanze la distribuzione del medesimo servizio coinvolge una molteplicità di soggetti passivi (in seguito, “intermediari”), che si frappongono tra il fornitore del servizio e il committente finale. In casi del genere, pertanto, è fondamentale individuare il soggetto passivo chiamato ad adempiere gli obblighi IVA inerenti alla prestazione del suddetto servizio elettronico al committente finale.
A siffatta esigenza il legislatore comunitario ha dato risposta con il nuovo art. 9-bis del regolamento n. 282, introdotto dal regolamento n. 1042, in forza del quale, ai fini dell’applicazione dell’art. 28 della direttiva n. 2006/112/CE, nel caso in cui i servizi elettronici siano resi attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale (di seguito, “infrastruttura IT”), come – ad esempio – un mercato delle applicazioni, si presume che un soggetto passivo che interviene in detta prestazione (intermediario) agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi e, conseguentemente, sia il soggetto fiscalmente obbligato.
È bene precisare che la predetta presunzione si applica a tutti gli intermediari che intervengono nella catena che parte dal fornitore del servizio e termina presso il consumatore finale: in altri termini, ciascuno degli intermediari che interviene tra il fornitore e il consumatore si ritiene che abbia ricevuto e fornito il servizio in questione in nome proprio.
Tale presunzione, che si lega allo scopo di tassare i servizi in esame il più vicino possibile al consumatore finale, può tuttavia essere superata qualora il fornitore del servizio sia esplicitamente designato come prestatore – e, dunque, come responsabile fiscalmente – da parte di ciascuno degli intermediari, e ciò risulti contestualmente dagli accordi contrattuali in essere tra le parti (cfr. par. 1).
Tale norma si estende anche ai servizi telefonici prestati via Internet, ivi compresi i servizi vocali su protocollo Internet (c.d. VOIP), ove prestati attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale, come – ad esempio – un mercato delle applicazioni, sempreché siano eseguiti alle medesime condizioni individuate dal par. 1 per i servizi elettronici cioè con l’interposizione tra il fornitore del servizio e il cliente finale di più soggetti passivi (cfr. art. 9-bis, par. 2 e 3).
Trattasi, dunque, di una presunzione legale di responsabilità del soggetto intermediario ai fini IVA, funzionale ad un’agevole individuazione del soggetto passivo che, tra tutti quelli intervenuti nella catena distributiva di un determinato servizio elettronico, è tenuto ad assolvere gli obblighi tributari sulla cessione al consumatore finale. L’art. 9-bis, peraltro, costituisce una norma regolamentare che – come si evince dalla sua stessa formulazione – attua e specifica il principio espresso dall’art. 28 della direttiva n. 2006/112/CE, ai sensi del quale “qualora un soggetto passivo, che agisca in nome proprio ma per conto terzi, partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale”.
Siffatta presunzione, tuttavia, per espressa previsione normativa, ha carattere relativo, essendone consentito il superamento. Per poter superare la presunzione di responsabilità ai fini IVA in capo agli intermediari della catena distributiva (a partire dall’ultimo, ovvero quello che si rapporta direttamente con il consumatore finale), e considerare dunque l’originario fornitore del servizio come responsabile, infatti, il par. 2 dell’art. 9-bis richiede la sussistenza di determinate condizioni e la relativa previsione nell’ambito degli accordi contrattuali vigenti tra le parti della catena. Le condizioni sono, nello specifico, le seguenti:
1. la fattura emessa o resa disponibile da ciascun soggetto passivo che interviene nella prestazione del servizio elettronico (nei rapporti tra esso ed i successivi soggetti passivi intervenienti – transazioni B2B) deve identificare tanto il servizio, quanto il relativo fornitore;
2. la nota di pagamento o la ricevuta, emessa o resa disponibile per il destinatario finale al termine della catena distributiva, deve identificare tanto il servizio prestato, quanto il relativo fornitore (nell’ultima transazione, che ha natura B2C).
Qualora la presunzione non sia confutata dall’intermediario, quest’ultimo viene considerato fornitore del contenuto, e da ciò consegue che la fattura diretta al medesimo debba riportare, come base imponibile, l’intero corrispettivo relativo alla vendita del servizio elettronico.
Se, invece, l’intermediario confuta la presunzione, la fattura da lui emessa dovrà riportare solo il contenuto del servizio di intermediazione reso.
A norma del par. 1, comma 3, della disposizione in commento, tuttavia, tale facoltà di designazione del fornitore come responsabile degli adempimenti IVA sull’erogazione del servizio al committente finale non è concessa al soggetto passivo intermediario che, in relazione alla stessa, autorizzi l’addebito del relativo corrispettivo al destinatario, ovvero autorizzi l’esecuzione della prestazione, oppure stabilisca i termini e le condizioni generali della prestazione.
È sufficiente, pertanto, che sia soddisfatta anche una sola delle condizioni di cui al comma 3 per escludere la facoltà di superare la presunzione in capo al suddetto intermediario, in quanto lo stesso risulta aver svolto un’attività determinante e funzionale all’erogazione del servizio (della quale costituisce una fase) e all’adempimento delle obbligazioni contrattuali verso il committente finale, non una mera attività prodromica, ausiliaria o accessoria (1).
Il principio sopra illustrato, del resto, è alla base del disposto dell’ultimo paragrafo della norma in commento, ai sensi del quale l’art. 9-bis – con la presunzione di responsabilità fiscale ivi prevista – non si applica al soggetto passivo che, nell’ambito della catena distributiva, provveda solamente al trattamento dei pagamenti relativi ai servizi elettronici o ai servizi telefonici prestati via Internet, compresi quelli vocali su protocollo Internet (VOIP), senza di fatto intervenire nella prestazione dei medesimi servizi (è il caso, ad esempio, delle società fornitrici di carte di credito).
È importante, altresì, rammentare che, affinché un contribuente o l’Amministrazione finanziaria possa accertare se un determinato soggetto passivo intervenga effettivamente nella prestazione di servizi elettronici o di telefonia via Internet attraverso un’infrastruttura IT, occorre appurare i fatti ed esaminare la natura delle relazioni contrattuali tra le parti. Ove si riscontrino divergenze tra gli accordi contrattuali e la realtà economica, deve essere riconosciuta prevalenza a quest’ultima, che, essendo soggetta a continua evoluzione – in connessione con il progresso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione – non può essere facilmente ed esaustivamente tipizzata in sede di norme legislative o regolamentari o di prassi amministrativa.
Da ultimo, è essenziale che, ogni qualvolta un determinato soggetto passivo partecipante alla catena distributiva sia individuato come fornitore del servizio, e dunque come responsabile per i correlati adempimenti IVA, i successivi soggetti intervenienti (a valle) pongano in essere procedure e/o meccanismi informativi tali da consentire a tale fornitore (a monte) di acquisire tutti gli elementi utili – in primis, quelli relativi alla localizzazione del committente finale – per la corretta applicazione dell’imposta, risalendo all’indietro lungo la predetta catena (cfr. anche Note esplicative, p. 37).
Al fine di meglio illustrare i concetti ora esposti si riportano qui di seguito due diagrammi nei quali viene esemplificata la situazione in cui:
la presunzione si applica a tutti gli intermediari (figura 1);
tutti gli intermediari confutano la presunzione (figura 2).
Figura 1: vedi documento in formato PDF
Figura 2: vedi documento in formato PDF

PARTE SECONDA: IL REGIME SPECIALE MOSS
10. IL MINI ONE STOP SHOP
Le modifiche riguardanti la rilevanza territoriale dei servizi TTE, precedentemente illustrate, implicano un aggravio degli oneri e degli adempimenti in capo ai soggetti che prestano tali servizi, essendo dal 1° gennaio 2015 chiamati a identificarsi in ciascuno Stato membro in cui effettuino le citate prestazioni nei confronti di committenti non soggetti passivi di imposta, al fine di assolvere l’IVA ivi dovuta.
Per ovviare al moltiplicarsi degli adempimenti, il legislatore comunitario ha previsto che gli operatori possano operare applicando, a partire dal 1° gennaio 2015, lo speciale regime Mini One Stop Shop (o Mini Sportello Unico, di seguito, per brevità, MOSS), che offre la possibilità, a tutti i soggetti che effettuino prestazioni di servizi TTE nei confronti di committenti non soggetti passivi di imposta domiciliati nell’Unione europea, di identificarsi – con una specifica procedura online – in un unico Stato membro al fine di adempiere agli obblighi connessi all’assolvimento dell’IVA per le prestazioni TTE rese in ciascuno Stato membro.
Il nuovo regime è delineato dalla direttiva n. 2006/112/CE negli articoli da 357 a 369-duodecies, originariamente introdotti dalla direttiva 2008/8/CE del 12 febbraio 2008. La direttiva è entrata in vigore dal 1° gennaio 2015. Il legislatore nazionale, recependo le indicazioni comunitarie, ha abrogato l’articolo 74-quinquies in vigore sino al 31 dicembre 2014, ed ha introdotto nel corpus del d.P.R. n. 633, oltre al nuovo articolo 74-quinquies (“Regime speciale per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi da soggetti non UE”), gli articoli 74-sexies (“Regime speciale per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi da soggetti UE”) e 74-septies (“Disposizioni per i soggetti identificati in un altro Stato membro”).
Le specificità del MOSS sono state disciplinate in dettaglio dal regolamento di esecuzione (UE) n. 815/2012 della Commissione del 13 settembre 2012 e dal regolamento (UE) n. 967/2012 del Consiglio del 9 ottobre 2012.
Inoltre, la Commissione Europea ha emanato il 23 ottobre 2013 una “Guida al mini sportello unico per l’IVA” (di seguito Linee Guida MOSS), che illustra gli aspetti peculiari del nuovo regime.
Tale ultimo documento, in sintesi, ha evidenziato che “un soggetto passivo registrato ai fini del mini sportello unico in uno Stato membro (Stato membro di identificazione) trasmette per via elettronica le dichiarazioni IVA trimestrali per il mini sportello unico, in cui fornisce informazioni dettagliate sui servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici prestati a persone che non sono soggetti passivi in altri Stati membri (Stati membri di consumo), e versa l’IVA dovuta. Le dichiarazioni, assieme all’IVA versata, vengono poi trasmesse dallo Stato membro di identificazione ai rispettivi Stati membri di consumo mediante una rete di comunicazioni sicura”.
Da tale sintesi emerge che il nuovo regime presenta importanti peculiarità, che verranno analizzate nei paragrafi successivi.
È importante sottolineare che il MOSS introduce un innovativo metodo di gestione degli adempimenti IVA realizzato dagli Stati membri attraverso specifiche procedure informatiche. Sono effettuate telematicamente:
l’adesione al regime, mediante richiesta di registrazione, nel caso di regime UE, o mediante richiesta di identificazione, nel caso di regime non UE;
la presentazione delle dichiarazioni trimestrali;
l’effettuazione dei versamenti;
le comunicazioni inviate al contribuente da parte dello Stato membro di identificazione e da parte dei vari Stati membri di consumo;
lo scambio di informazioni fra lo Stato membro d’identificazione e i vari Stati membri di consumo.
Fondamentali – ai fini della gestione del regime speciale in esame – sono le nozioni di “Stato membro di identificazione” e di “Stato membro di consumo”.
In particolare, lo Stato membro di identificazione (di seguito anche “SMI”) è lo Stato membro in cui il soggetto passivo è registrato ai fini MOSS e in cui dichiara e versa l’IVA dovuta a uno o più Stati membri di consumo. Lo Stato di identificazione può essere uno solo tra i vari Paesi appartenenti all’Unione europea, ed in particolare:
per i soggetti stabiliti nell’Unione europea coinciderà con lo Stato membro in cui il soggetto passivo ha fissato la sede della propria attività economica, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 282. Nel caso in cui la sede dell’attività economica del soggetto non sia ubicata nell’Unione europea, lo Stato membro di identificazione coincide con quello in cui è presente la stabile organizzazione del soggetto passivo (dovendosi intendere, per stabile organizzazione, qualsiasi organizzazione diversa dalla sede dell’attività economica e caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e da una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere, utilizzare e fornire i servizi resi o ricevuti, in base a quanto stabilito dall’articolo 11 del regolamento n. 282). Qualora le stabili organizzazioni siano – nell’ambito dell’Unione europea – più di una, il prestatore di servizi TTE può scegliere di identificarsi per il MOSS in uno degli Stati in cui sono presenti le stabili organizzazioni medesime;
i soggetti che abbiano fissato la sede della propria attività economica fuori dell’Unione europea, e che non dispongano in essa di una stabile organizzazione, potranno (diversamente da quanto previsto per i soggetti UE) scegliere di identificarsi per il MOSS in un qualsiasi Stato membro liberamente scelto.
Lo Stato membro di consumo (di seguito anche “SMC”), invece, è lo Stato membro in cui il soggetto che si è registrato al MOSS presta servizi TTE a committenti che non sono soggetti passivi di imposta.
Ulteriore caratteristica del MOSS è la circostanza che il contribuente che sceglie di aderire a tale regime è tenuto ad evidenziare, nella dichiarazione trimestrale presentata allo Stato membro di identificazione, esclusivamente l’IVA dovuta in ciascuno Stato membro e gravante sui servizi resi nell’ambito dello speciale regime in commento, essendo precluso l’inserimento in tale dichiarazione dell’imposta assolta sugli acquisti effettuati – nello Stato membro di identificazione o in uno degli altri Stati membri – al fine di rendere le prestazioni di servizi TTE. Il legislatore comunitario garantisce, in ogni caso, il principio di neutralità per l’imposta che ha gravato sugli acquisti effettuati in ambito MOSS, attraverso un ampliamento delle procedure previste per il rimborso dell’IVA sia a soggetti comunitari che a soggetti stabiliti al di fuori dell’Unione europea.
La direttiva 2006/112/CE distingue tra “regime non UE” e “regime extra-UE”, che si differenziano per alcuni aspetti applicativi a seconda che il soggetto passivo di imposta sia stabilito in un Paese extra UE o in un Paese dell’Unione Europea.
Si procede, di seguito, ad analizzare i due diversi regimi.

11. IL MOSS PER I SOGGETTI NON UE (REGIME NON UE)
Al fine di recepire le disposizioni dell’articolo 359 della direttiva n. 2006/112/CE del 2006, in vigore dal 1° gennaio 2015, l’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 42/2015 modifica radicalmente l’articolo 74-quinquies del d.P.R. n. 633, sostituendo il precedente testo normativo con un nuovo testo in cui viene disciplinato l’accesso al mini sportello unico dei prestatori di servizi TTE che siano stabiliti fuori dell’Unione europea.
Come anticipato, requisito indispensabile affinché il soggetto passivo extra UE possa identificarsi in Italia per l’applicazione del MOSS, aderendo al regime riservato ai soggetti non UE, è costituito dal fatto che l’operatore:
non disponga di una stabile organizzazione in Italia o in un qualunque Stato appartenente all’UE (in tal caso, il soggetto dovrebbe aderire al MOSS secondo il regime UE, descritto nel paragrafo successivo),
non abbia ottenuto da uno dei Paesi appartenenti all’Unione europea, un numero di identificazione ai fini IVA. Per quanto concerne tale ultimo aspetto, è necessario sottolineare che l’esistenza di un numero identificativo ai fini IVA attribuito da un qualsiasi Stato membro preclude – per il soggetto non stabilito nell’Unione – l’accesso al regime MOSS (sia nel regime UE che nel regime non UE), anche nel caso in cui tale numero identificativo non sia stato utilizzato per la prestazione di servizi TTE ma sia stato richiesto, ad esempio, per ottenere un rimborso di imposta.
A far data dal 1° gennaio 2015 il MOSS ha sostituito – per i soggetti extra UE – il regime speciale VOES (VAT On E-Services) disciplinato dall’articolo 74-quinquies del d.P.R. n. 633, in vigore sino al 31 dicembre 2014: infatti, il regime speciale per l’assolvimento da parte dei soggetti extra UE dell’IVA sui servizi elettronici prestati nell’Unione europea ha esaurito la sua validità con la fine del quarto trimestre 2014. Il portale VOES resterà comunque attivo per ogni altra funzione relativa ai trimestri IVA precedenti alla data del 1/1/2015 e pertanto fino al 31/12/2017 sarà possibile per i soggetti iscritti non stabiliti nella UE inviare tramite esso le relative dichiarazioni ed eventuali successive correzioni delle stesse.
I soggetti extra UE registrati nel regime speciale VOES, che abbiano aggiornato i propri dati mediante la procedura online, sono migrati nel regime speciale MOSS alla data del 1° gennaio 2015, senza necessità di trasmettere la richiesta telematica per l’assegnazione di un ulteriore numero identificativo.
La richiesta di identificazione al regime MOSS va presentata attraverso la specifica procedura telematica, disponibile dal 1° ottobre 2014 sul sito istituzionale www.agenziaentrate.gov.it, in apposita sezione anche in lingua inglese (c.d. “Portale MOSS”). Effettuate le necessarie verifiche sull’istanza, l’Agenzia delle entrate attribuisce al soggetto richiedente un numero identificativo, valido per operare nell’ambito del regime speciale, in cui la serie numerica è preceduta dal prefisso EU (es., EUxxxyyyyyz).
In base a quanto stabilito dall’articolo 74-quinquies del d.P.R. n. 633, i soggetti non UE che si siano registrati in Italia per il MOSS possono assolvere, con le peculiari regole previste per tale regime, l’IVA dovuta per i servizi TTE resi nei confronti di qualunque committente non soggetto passivo di imposta domiciliato o residente in uno qualsiasi degli Stati membri della UE, ivi compresi i committenti domiciliati o residenti in Italia. Con riferimento alla totalità di tali servizi, il soggetto passivo non UE presenta telematicamente all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione trimestrale, evidenziando il debito maturato in ciascuno Stato membro, ed effettua il pagamento dell’imposta complessivamente dovuta in tutta l’Unione europea.
In merito all’importo minimo da versare, la Commissione Europea, nelle Specifiche Funzionali inerenti all’implementazione del Regime, ha previsto la possibilità per gli Stati Membri di identificazione di differire i pagamenti a favore degli Stati Membri di consumo qualora questi siano di importo inferiore ad una determinata soglia stabilita dagli Stati Membri di identificazione. In proposito, si ritiene che in Italia debba applicarsi la soglia prevista dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 126/2003, pari a € 10,33.

12. IL MOSS PER I SOGGETTI STABILITI IN ITALIA (REGIME UE)
Innovando rispetto a quanto previsto sino al 31 dicembre 2014, gli articoli 369-bis (“Regime speciale per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici prestati da soggetti passivi stabiliti nella Comunità ma non nello Stato membro di consumo”) e seguenti della direttiva n. 2006/112/CE offrono anche ai soggetti passivi stabiliti nell’Unione europea la possibilità di aderire (pur con particolari distinguo che si approfondiranno in seguito) al regime speciale IVA per i servizi TTE che siano resi nei confronti di committenti non soggetti passivi di imposta stabiliti nella UE.
I soggetti stabiliti nell’Unione europea che intendano aderire al MOSS sono tenuti a chiedere la registrazione al regime nel Paese in cui è situata la sede dell’attività, mediante registrazione al Portale nazionale.
Il legislatore unionale specifica che possono aderire al regime UE anche i prestatori che, oltre ad aver fissato la sede della propria attività in uno Stato appartenente all’Unione, dispongano in altri Stati membri di un numero identificativo IVA e/o di una o più stabili organizzazioni.
Inoltre, come già precisato, possono rientrare nel “regime UE” previsto per i soggetti comunitari anche i soggetti extra UE che abbiano una o più stabili organizzazioni nell’Unione europea. Nel caso in cui la stabile organizzazione sia una sola, il soggetto extra UE dovrà presentare l’istanza per la registrazione al MOSS nel Paese in cui si trova la stabile organizzazione. Qualora, invece, il soggetto extra UE disponga di più stabili organizzazioni, potrà decidere di presentare l’istanza per l’accesso al MOSS in un qualsiasi Stato membro liberamente scelto fra quelli in cui sono situate le stabili organizzazioni, restando vincolato alla scelta effettuata per tutto l’anno civile in cui la scelta stessa è stata effettuata e per i due successivi.
In ogni caso, il soggetto (UE o extra UE stabilito nella UE) che disponga di stabili organizzazioni nell’Unione europea deve segnalare l’esistenza delle medesime al momento della compilazione della richiesta di registrazione, come specificamente richiesto dall’Allegato I del citato regolamento n. 815 del 2012, per consentire allo Stato membro di identificazione, in primis¸ e a tutti gli Stati di consumo di verificare la corretta applicazione del regime.
Elemento fondamentale che caratterizza il regime UE è il vincolo posto dall’articolo 57-quater del regolamento n. 282, come modificato dall’art. 1 del regolamento n. 967 del 2012, in base al quale “Il regime UE non si applica ai servizi di telecomunicazione, ai servizi di teleradiodiffusione o ai servizi elettronici forniti in uno Stato membro in cui il soggetto passivo ha fissato la sede della propria attività economica o dispone di una stabile organizzazione”.
Necessaria conseguenza di tale scelta è il fatto che le prestazioni di servizi rese da soggetti aderenti al MOSS (in regime UE) a committenti non soggetti passivi di imposta che siano domiciliati nello stesso Paese in cui è situata la sede del prestatore o una sua stabile organizzazione devono essere evidenziate nella dichiarazione IVA nazionale della sede o della stabile organizzazione, prevista dall’articolo 250 della direttiva 2006/112/CE, dovendo essere tali operazioni assoggettate alle regole ordinariamente previste dallo Stato in cui sia presente la sede o la stabile organizzazione.
Le Linee Guida MOSS specificano che confluiscono, invece, nel regime MOSS (dovendo essere evidenziate nella dichiarazione trimestrale presentata allo Stato membro di identificazione) le prestazioni di servizi TTE rese da una stabile organizzazione a committenti domiciliati o residenti in un Paese diverso da quello in cui la sede del soggetto passivo o la stessa stabile è situata.
Si immagini, per esemplificare, il caso di un soggetto (IT MOSS) che ha fissato la propria sede in Italia (Paese in cui è registrato al MOSS), e ha stabili organizzazioni in Olanda e in Grecia.
IT MOSS rende servizi di commercio elettronico diretto a committenti non soggetti passivi di imposta in Italia, Grecia, Francia e Germania, mentre la stabile organizzazione olandese rende prestazioni di commercio elettronico diretto, oltre che a privati olandesi, anche a committenti non soggetti passivi di imposta italiani e tedeschi.
IT MOSS farà confluire nella propria dichiarazione trimestrale per il mini sportello unico non solo le proprie prestazioni di commercio elettronico diretto effettuate in Francia e in Germania, ma anche le prestazioni rese dalla stabile organizzazione olandese in Germania.
Come prima accennato, invece, le prestazioni rese:
da IT MOSS nei confronti di privati italiani confluiscono nella dichiarazione annuale nazionale di IT MOSS e sono assoggettate a regime ordinario, sia con riferimento al versamento dell’imposta che agli altri adempimenti;
da IT MOSS nei confronti di privati greci confluiscono nella dichiarazione presentata in Grecia dalla stabile organizzazione ivi esistente;
dalla stabile organizzazione olandese nei confronti di privati italiani confluiscono nella dichiarazione IVA nazionale presentata da IT MOSS in Italia.
In base al comma 3 dell’articolo 74-sexies, la partita IVA di cui il soggetto, che ha la sede o la stabile organizzazione in Italia, dispone ai fini del regime IVA nazionale è utilizzata anche quale numero identificativo per operare nell’ambito del MOSS. Come specificato dalle Linee Guida MOSS, in assenza di tale numero identificativo (preesistente al MOSS) un soggetto passivo non può registrarsi nel regime UE.
Il comma 4 dell’articolo 74-sexies prevede che i soggetti registrati al MOSS in Italia (Stato in cui è situata la sede dell’operatore o una stabile organizzazione, nel caso in cui l’operatore sia un soggetto extra UE) debbano far confluire nella dichiarazione trimestrale MOSS anche le operazioni rese tramite la stabile organizzazione nei Paesi dell’Unione europea diversi i) dall’Italia (Paese cui deve essere presentata, anche per le prestazioni di servizi TTE rese dal soggetto iscritto al MOSS, la dichiarazione nazionale) ii) dal Paese in cui si trova la stabile organizzazione (in cui deve essere presentata, sia per le prestazioni di servizi TTE rese dal soggetto iscritto al MOSS in Italia che per le prestazioni rese dalla stabile organizzazione, la dichiarazione nazionale).
Per completezza, si osserva che l’adesione al regime UE del MOSS è possibile anche per i soggetti che beneficiano di regimi fiscali di vantaggio – attualmente, il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile ed i lavoratori in mobilità di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, fino ad esaurimento, e il regime c.d. forfetario, di cui all’articolo 1, commi 56 e ss. della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e successive modificazioni.
Al riguardo, si ricorda che alle prestazioni di servizi rese dai soggetti in regime di vantaggio si applicano le ordinarie regole in materia di territorialità e gli adempimenti connessi (cfr. articolo 1, comma 58, lettera d), della citata legge n. 190 del 2014).
In caso di prestazione di servizi TTE a soggetti non passivi, pertanto, il prestatore aderente al regime fiscale di vantaggio, in alternativa all’identificazione in ciascuno Stato membro in cui presta tali servizi, può avvalersi del MOSS secondo quanto previsto dall’articolo 74-sexies in commento (risoluzione 28 agosto 2015, n. 75).

13. LA REGISTRAZIONE AL MOSS: CAUSE DI CANCELLAZIONE E DI ESCLUSIONE
Come già anticipato, il soggetto passivo che sceglie di avvalersi del regime MOSS per adempiere agli obblighi in materia di IVA per i servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione o servizi elettronici resi a committenti non soggetti passivi d’imposta domiciliati o residenti in uno Stato membro dell’Unione europea, può registrarsi, ai sensi degli articoli 74-quinquies e 74-sexies del D.P.R. n. 633 del 1972, attraverso l’apposita interfaccia elettronica (“Portale MOSS”), di cui all’art. 2 del regolamento di esecuzione (UE) n. 815/2012, seguendo le modalità operative definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Il Portale è operativo dal 1° ottobre 2014.
In particolare, la richiesta di registrazione – da presentarsi online mediante la procedura disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate – deve contenere almeno le indicazioni previste nel comma 3 dell’articolo 74-quinquies, ossia:
1. per le persone fisiche, il cognome e nome ed eventualmente la ditta; per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la ragione sociale, la denominazione;
2. indirizzo postale, indirizzi elettronici, inclusi i siti web;
3. numero di codice fiscale attribuito dallo Stato di residenza o domicilio, se previsto;
4. dichiarazione sulla mancata identificazione ai fini dell’IVA all’interno dell’Unione europea (indicazione necessaria solo per il regime non UE).
I dati di identificazione (regime non UE) e di registrazione (regime UE) devono essere forniti in base agli schemi, definiti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, redatti in conformità all’allegato I del regolamento (UE) n. 815/2012.
È compito dello Stato membro di identificazione trasmettere, agli altri Stati membri, le informazioni raccolte in fase di registrazione.
Per i soggetti UE l’identificazione ai fini MOSS avviene con il medesimo numero di partita IVA già in possesso per gli adempimenti IVA nazionali, mentre per gli extra-UE, a seguito dell’espletamento delle necessarie verifiche, è attribuito un numero di identificazione IVA (cfr. paragrafo sub 11).
Come già chiarito, i soggetti passivi presenti nell’abrogato regime speciale VOES, e non esclusi al 31 dicembre 2014, sono transitati nel regime speciale MOSS e sono stati registrati in automatico con la partita IVA a suo tempo attribuita. In considerazione della circostanza che tra i dati acquisiti in fase di adesione al VOES non sono comprese tutte le informazioni previste per la registrazione al regime speciale MOSS, tali soggetti avrebbero dovuto aggiornare i propri dati mediante la procedura online, comunicando le informazioni mancanti.
La registrazione ha effetto a decorrere dal primo giorno del trimestre civile successivo a quello in cui il soggetto passivo ha comunicato allo Stato membro di identificazione l’intenzione di avvalersi del regime speciale MOSS, fornendo le informazioni richieste. Quindi, se il soggetto passivo chiede di essere iscritto al MOSS il 10 maggio, inviando tutte le informazioni necessarie, può avvalersi del regime speciale per le prestazioni effettuate dal 1° luglio.
Tuttavia, se anteriormente alla registrazione sono state effettuate operazioni rientranti nel regime speciale MOSS, quest’ultimo ha inizio dalla data della prima prestazione resa a condizione che, entro il decimo giorno del mese successivo all’effettuazione della stessa, il soggetto passivo comunichi allo Stato di identificazione lo svolgimento delle predette attività.
Così, ad esempio, il soggetto passivo che rende la prima prestazione di servizi rientrante nel MOSS il 1° marzo ed informa lo Stato di identificazione entro il 10 aprile, ha aderito al regime speciale dalla data del 1° marzo, con la conseguenza che le prestazioni di servizi successivamente rese sono attratte nell’ambito di tale regime. Diversamente, ossia nell’ipotesi in cui la comunicazione (rectius, “registrazione”) allo Stato di identificazione non sia effettuata entro il decimo giorno del mese successivo a quello in cui è resa la prima prestazione di servizi rientrante nel MOSS, il soggetto passivo è tenuto ad identificarsi ed a dichiarare l’IVA nello Stato membro del committente.
Secondo quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 74-quinquies, il soggetto passivo ha l’obbligo di comunicare eventuali modifiche dei dati trasmessi in fase di registrazione, nonché l’intenzione di non fornire più servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici o la sopravvenuta mancanza dei requisiti per avvalersi del regime speciale.
La comunicazione di variazione deve essere trasmessa entro il decimo giorno del mese successivo a quello in cui l’evento si è verificato, come previsto dall’art. 57-nonies del regolamento n. 282 (cfr. Linee Guida MOSS).
Il soggetto passivo può, altresì, uscire volontariamente dal MOSS, comunicando attraverso il Portale la propria intenzione allo Stato membro di identificazione almeno quindici giorni prima della fine del trimestre civile che precede quello in cui intende cessare di avvalersi del regime speciale, o può esserne escluso a seguito di un provvedimento emesso dallo Stato membro di identificazione.
L’esclusione dal regime speciale, secondo quanto previsto dal successivo comma 5 dell’articolo 74-quinquies, è disposta qualora il soggetto passivo:
comunichi di non fornire più servizi telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici;
si presuma abbia cessato l’attività di fornitura di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici;
non soddisfi più i requisiti richiesti per il regime speciale;
persista a non osservare le norme che disciplinano il MOSS.
Inoltre, per effetto dell’art. 58, comma 5, del regolamento n. 282, l’esclusione va disposta nel caso di trasferimento della sede dell’attività economica o della stabile organizzazione in altro Stato membro, previa apposita comunicazione da parte del soggetto passivo da effettuarsi per via elettronica allo SMI, entro il decimo giorno del mese successivo, ai sensi dell’art. 57-nonies, comma 2, sopra citato.
Con riferimento al momento in cui diventa effettiva l’esclusione, occorre distinguere tra le diverse ipotesi:
se il soggetto passivo decide di abbandonare volontariamente il regime, la cessazione ha effetto dal primo giorno del trimestre civile successivo;
se il soggetto passivo comunica allo Stato membro di identificazione di non prestare più servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione o elettronici oppure persiste nel non rispettare le norme relative al regime speciale, l’esclusione ha effetto dal primo giorno del trimestre successivo alla data in cui viene inviata per via elettronica al soggetto passivo la decisione sull’esclusione;
qualora l’esclusione sia dovuta ad un trasferimento della sede dell’attività economica o della stabile organizzazione, essa ha effetto dalla data del trasferimento, a condizione che il soggetto passivo abbia effettuato la comunicazione non oltre il decimo giorno del mese successivo al trasferimento stesso.
Con riferimento al periodo di “quarantena”, cioè al periodo in cui al soggetto passivo è inibito aderire al MOSS dopo esserne uscito, in conformità alla normativa contenuta nel regolamento n. 282 e a quanto precisato nelle Linee Guida al MOSS (Parte 1b), si precisa quanto segue:
1. se il soggetto passivo abbandona volontariamente il regime (“cancellazione “volontaria”): è previsto un periodo di quarantena di due trimestri civili dalla data di cessazione che si applica solo al regime in cui operava il soggetto passivo (cfr. art. 57-octies del regolamento n. 282);
2. se il soggetto passivo persiste a non osservare le norme del regime speciale (esclusione “d’ufficio”): è previsto un periodo di quarantena di otto trimestri civili dalla data di cessazione che si applica a entrambi i regimi (cfr. art. 58-ter del regolamento n. 282);
3. se il soggetto passivo comunica allo SMI di aver cessato di offrire servizi TTE (cancellazione “obbligatoria”): è previsto un periodo di quarantena di due trimestri civili dalla data di cessazione delle attività. Il periodo di quarantena si applica solo al regime in cui operava il soggetto passivo;
4. se il soggetto passivo è escluso perché non soddisfa più le condizioni necessarie per l’applicazione del regime speciale (esclusione d’ufficio): non viene applicato alcun periodo di quarantena;
5. se si presume che il soggetto passivo abbia cessato di svolgere le attività rientranti in un regime speciale, non avendo effettuato prestazioni nell’ambito di quel regime per otto trimestri civili consecutivi (esclusione d’ufficio): non viene applicato alcun periodo di quarantena. Detta esclusione, pertanto, non preclude al soggetto di avvalersi del regime speciale qualora riprenda le sue attività (cfr. art. 58-bis del regolamento n. 282).
Resta inteso che gli obblighi IVA inerenti le prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione o elettronici rese successivamente all’esclusione, devono essere adempiuti direttamente presso lo Stato membro di consumo.

14. LA DICHIARAZIONE TRIMESTRALE
Secondo quanto disposto dal comma 6 dell’articolo 74-quinquies, i soggetti che optano per il regime speciale del MOSS presentano, direttamente, una dichiarazione per ciascun trimestre dell’anno solare, anche nell’ipotesi in cui non abbiano prestato servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione o elettronici.
La dichiarazione, da trasmettere esclusivamente attraverso il Portale MOSS entro il venti del mese successivo al trimestre di riferimento (20 aprile, 20 luglio, 20 ottobre e 20 gennaio), è redatta in base agli schemi di dati definiti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate in conformità all’allegato III del regolamento n. 815/2012.
Si fa presente che, contrariamente ai tradizionali criteri nazionali di determinazione delle scadenze, il termine per la presentazione non viene spostato al primo giorno lavorativo successivo, anche qualora ricada di sabato o in un giorno festivo.
Dalla dichiarazione trimestrale devono risultare, tra l’altro, l’ammontare delle prestazioni di servizi TTE effettuate, le aliquote applicate in relazione allo Stato membro di domicilio o residenza dei committenti e l’IVA dovuta in ciascuno Stato. In assenza di operazioni, la dichiarazione va, comunque, presentata con saldo pari a zero.
Sul sito della Commissione europea (http://ec.europa.eu/taxation_customs/tic/public/vatRates/vatrates.html) è possibile acquisire informazioni – con valore meramente indicativo – sulle aliquote applicate nei vari Paesi.
Come già anticipato, inoltre, ai sensi del comma 4 dell’articolo 74-sexies, nelle dichiarazioni trimestrali dei soggetti passivi UE che hanno optato per il MOSS identificandosi in Italia devono essere indicati, oltre ai dati previsti dall’articolo 74-quinquies, anche l’ammontare dei servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici resi tramite una stabile organizzazione in ciascuno Stato membro, diverso da quello in cui quest’ultima è localizzata, in cui i committenti hanno il domicilio o la residenza. Non confluiscono, invece, nella dichiarazione MOSS, ma nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione IVA annuale ordinaria, le prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese dal soggetto MOSS UE nel Paese in cui è situata la sede dell’attività economica o una stabile organizzazione (si veda, al riguardo, quanto specificato al paragrafo 12).
Si osserva, infine, che ai sensi dell’articolo 61 del regolamento n. 282, entro il termine di tre anni, la dichiarazione IVA MOSS può essere rettificata, apportando le modifiche, attraverso il Portale, direttamente sulla dichiarazione originaria.
Se la rettifica determina un maggior debito, il soggetto passivo effettua il pagamento allo Stato membro di identificazione che provvederà al riparto tra gli Stati membri di consumo interessati. La ripartizione dell’imposta avviene entro i dieci giorni successivi alla fine del mese in cui è pervenuto allo SMI il pagamento, a norma degli articoli 41 e 46 del regolamento del Consiglio n. 904 del 2010.
Se la rettifica, invece, da luogo ad una eccedenza di versamento, la restituzione verrà effettuata direttamente al soggetto passivo (vedi anche infra paragrafo n. 16):
dallo SMI, se la rettifica interviene prima della ripartizione dell’imposta (comma 1, art. 63, regolamento n. 282);
da ciascuno SMC, se la rettifica interviene dopo la ripartizione dell’imposta (comma 2, art. 63, regolamento n. 282).
Va tuttavia precisato che, dal combinato disposto degli articoli 60-bis, 61, par. 2, comma 2 e 63-bis, par. 3, del regolamento 282, emerge il principio fondamentale in base al quale, trascorso un breve lasso di tempo, SMC può avocare a sé la competenza alla gestione delle dichiarazioni e alla ricezione dei pagamenti, operando sulla base delle proprie norme nazionali in materia di accertamento e modifica (art. 61, par. 2, comma 2). L’operatore, a quel punto, non potrà più effettuare alcun pagamento a SMI. Inoltre, SMC, una volta avviate le attività di accertamento, potrà non tenere conto delle correzioni ex art. 61, par. 1 nel frattempo apportate dal soggetto passivo alla dichiarazione iniziale.

15. I VERSAMENTI
Entro il termine di presentazione della dichiarazione, il soggetto passivo effettua il versamento dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione stessa e, tenuto conto dei dati ivi indicati, lo Stato di identificazione trasmette le informazioni e ripartisce l’imposta tra i diversi Stati membri di consumo.
A tal proposito, si fa presente che il versamento dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione MOSS è effettuato senza possibilità di avvalersi della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e secondo le modalità stabilite con decreto del Direttore Generale delle Finanze del 20 aprile 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 99 del 30 aprile 2015.
Il versamento, in particolare, è effettuato in base alle seguenti modalità:
per i soggetti registrati al regime UE, accedendo al Portale e seguendo le istruzioni ivi fornite, con addebito sul proprio conto corrente postale o bancario;
per i soggetti registrati al regime non UE e per quelli che non sono in possesso di conto bancario o postale in Italia, mediante bonifico su un conto aperto presso la Banca d’Italia. Sul Portale MOSS è disponibile il codice IBAN di tale conto.
È necessario che i soggetti passivi indichino nella causale del versamento il numero unico di riferimento della dichiarazione alla quale il versamento si riferisce, onde consentire al Sistema il corretto abbinamento.
Inoltre, ai fini della determinazione dell’imposta dovuta nell’ambito del regime MOSS, è precluso al soggetto passivo l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi né quella relativa alle importazioni, che, in ogni caso, potrà essere chiesta a rimborso (come si illustrerà nel paragrafo 16).
Ricevuti i versamenti dovuti, come già detto in precedenza, lo SMI trasmetterà le informazioni di versamento e ripartirà l’imposta tra i diversi Stati membri di consumo.

16. I RIMBORSI
È stato ricordato che elemento peculiare del regime in commento è costituito dal fatto che il soggetto che si avvale del MOSS non può detrarre l’IVA che grava sugli acquisti effettuati nell’ambito del regime medesimo dall’imposta a debito relativa alle prestazioni di servizi TTE.
Tale peculiarità è disciplinata dagli articoli 368 (per i soggetti non stabiliti nella Comunità) e 369-undecies (per i soggetti stabiliti nella Comunità) della direttiva n. 2006/112/CE, recepiti nel nostro ordinamento dagli articoli 74-quinquies, comma 11 (per i citati soggetti extra UE), e 74-sexies, comma 5, del d.P.R. n. 633 (per i soggetti UE), in forza dei quali il contribuente che abbia aderito al regime speciale non può esercitare il diritto alla detrazione nell’ambito della dichiarazione trimestrale relativa ai servizi TTE.
Il legislatore comunitario, in ogni caso, ha garantito la neutralità dell’IVA assolta sugli acquisti attraverso il rimborso dell’imposta medesima, che deve essere eseguito dallo Stato membro in cui sono stati effettuati gli acquisti.
Il decreto legislativo n. 42/2015, al fine di coordinare le norme del MOSS con altre disposizioni già recate dal d.P.R. n. 633, è intervenuto per introdurre o modificare le norme relative a varie fattispecie, al fine di consentire ai soggetti che prestano servizi nel particolare regime speciale di ottenere il rimborso dell’IVA gravante su acquisti effettuati sia in Italia che in altri Stati membri.
Ai fini di una trattazione sistematica della materia è opportuno analizzare in primo luogo le disposizioni relative al rimborso per i soggetti che operano nel MOSS in regime extra UE, e successivamente quelle per i soggetti stabiliti nell’Unione europea, che operano in regime UE.

16.1 Rimborsi per soggetti extra UE. Come sopra anticipato, l’articolo 74-quinquies in vigore dal 2015 prevede, al comma 11, che i soggetti extra-UE che si sono registrati in Italia per il MOSS “… non possono detrarre dall’imposta dovuta ai sensi del presente articolo quella relativa agli acquisti di beni e servizi ed alle importazioni di beni; l’imposta relativa agli acquisti di beni e servizi ed alle importazioni di beni effettuati nel territorio dello Stato può essere in ogni caso chiesta a rimborso ai sensi dell’articolo 38-ter, comma 1-bis”.
Sino al 31 dicembre 2014, l’articolo 38-ter del d.P.R. n. 633 disciplinava l’esecuzione dei rimborsi di imposta a soggetti non residenti, stabiliti in altri Stati non appartenenti alla Comunità che garantiscano condizioni di reciprocità (ad oggi, tali Stati sono Svizzera, Norvegia e Israele). Il rimborso è concesso limitatamente all’imposta relativa agli acquisti e importazioni di beni mobili e servizi, effettuate in Italia, che siano inerenti alle attività economiche svolte dai soggetti medesimi.
Prima delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 42/2015, tale disposizione, richiamando espressamente (nel comma 1) le disposizioni del comma 1 dell’articolo 38-bis2 del d.P.R. n. 633, stabiliva, quali condizioni imprescindibili per l’erogazione del rimborso IVA a soggetti extra comunitari, che il soggetto richiedente:
1. non disponesse di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato;
2. non avesse svolto nel territorio dello Stato operazioni diverse da quelle per le quali debitore dell’imposta è il committente o cessionario e da quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti.
Ora, mentre la caratteristica di cui al punto sub 1) è conditio sine qua non per l’iscrizione al regime MOSS non UE (il soggetto non UE, infatti, può accedere a tale regime solo a patto che non disponga di una stabile organizzazione o di un numero identificativo nell’Unione europea), la condizione di cui al punto sub 2) avrebbe potuto costituire un ostacolo alla presentazione della richiesta di rimborso.
Infatti, il soggetto MOSS “non UE” ben potrebbe aver reso in Italia – nell’ambito del regime del mini sportello unico – servizi a privati italiani, risultando in tal modo non soddisfatta la condizione di non aver svolto nel territorio dello Stato operazioni attive (le operazioni MOSS, infatti, non rientrano né tra le operazioni per le quali il committente o cessionario è debitore di imposta, né – ovviamente – tra quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti).
Pertanto, al fine di recepire le indicazioni del legislatore comunitario in materia di rimborsi a soggetti extra UE (si veda, in particolare, il citato art. 368 della direttiva n. 2006/112/CE), è stato inserito – nell’articolo 38-ter del d.P.R. n. 633 – il nuovo comma 1-bis, in forza del quale potranno presentare istanza di rimborso per l’IVA assolta su acquisti di beni e servizi effettuati in Italia anche i soggetti, iscritti in Italia o in un altro Stato membro al MOSS quali soggetti extra UE, ancorché:
1. abbiano svolto in Italia, nei confronti di committenti non soggetti passivi di imposta, prestazioni di servizi nell’ambito del regime speciale in commento, e
2. non siano stabiliti in Paesi che garantiscono una condizione di reciprocità (la disposizione, quindi, non è più limitata ai soggetti stabiliti in Svizzera, Norvegia e Israele).
È, in ogni caso, necessario che gli acquisti – su cui grava l’imposta chiesta a rimborso – siano strettamente afferenti alle prestazioni TTE assoggettate ad imposta nell’ambito del regime speciale MOSS.
In seguito a tali modifiche, pertanto, tutti i soggetti extra UE che abbiano aderito al MOSS in Italia potranno chiedere il rimborso dell’IVA gravante sugli acquisti di servizi in Italia, con modalità dettagliate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia.

16.2 Rimborsi per soggetti stabiliti in un altro Stato membro comunitario. La necessità di garantire il diritto alla detrazione, oltre che ai soggetti extra UE identificati in Italia ai fini MOSS, anche ai soggetti registrati al medesimo regime in un altro Stato membro dell’Unione, ha reso necessaria una riscrittura dell’articolo 38-bis2 del d.P.R. n. 633, al fine di consentire il recupero dell’IVA a credito relativa ad acquisti effettuati in Italia dai soggetti UE che operano in ambito MOSS.
In particolare, il secondo periodo del comma 1 di tale articolo è stato sostituito, al fine di integrare (in considerazione del nuovo regime speciale) il novero delle ipotesi in cui il contribuente stabilito in un altro Stato membro, pur avendo svolto operazioni attive nel nostro Paese, può chiedere il rimborso dell’IVA assolta sugli acquisti con la particolare procedura telematica prevista dall’articolo 38-bis2 citato.
Anteriormente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 42/2015, come sopra ricordato, il rimborso era concesso solo qualora il soggetto non avesse svolto nel territorio dello Stato operazioni attive diverse da quelle per le quali debitore dell’imposta è il committente o cessionario e da quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti. Tale situazione avrebbe comportato che tutti coloro che:
essendo identificati ai fini MOSS in uno Stato membro diverso dall’Italia;
avessero prestato in Italia a committenti privati servizi rientranti nel regime speciale;
avessero effettuato acquisti in Italia nell’ambito del regime speciale,
non avrebbero potuto accedere alla procedura di rimborso prevista dall’articolo 38-bis2.
Per ovviare a tale problema, l’articolo 38-bis2, comma 1, secondo periodo, è stato modificato dal decreto legislativo n. 42/2015, al fine di comprendere tra le operazioni attive – che pur svolte nello Stato in cui sono stati effettuati acquisti di beni o servizi, non precludono al prestatore la richiesta di rimborso dell’imposta assolta nello Stato medesimo – anche le prestazioni di servizi rese nell’ambito del MOSS nei confronti di privati italiani.
Grazie alla nuova formulazione, pertanto, i soggetti passivi di imposta residenti in altri Stati membri ed ivi registrati ai fini MOSS, che abbiano effettuato in Italia prestazioni di servizi rientranti nel regime speciale potranno chiedere il rimborso dell’IVA sugli acquisti effettuati in Italia attraverso il portale elettronico predisposto da ciascuno Stato membro in ottemperanza a quanto previsto dalla direttiva 2008/9/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008 (cfr. Provvedimento 1° aprile 2010).
In ogni caso, in ottemperanza a quanto previsto dal secondo paragrafo dell’articolo 369-undecies della direttiva n. 2006/112/CE, nel caso in cui un soggetto che ha aderito al MOSS in regime UE sia anche identificato in un certo Stato membro di consumo per lo svolgimento di attività (diverse dalla prestazione di servizi TTE) per le quali sia necessaria l’identificazione, tale soggetto eserciterà il diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti effettuati in quel determinato Stato nella dichiarazione nazionale che dovrà essere presentata con riferimento alle attività svolte (diverse dai servizi TTE) nello Stato di consumo medesimo.

16.3 Rimborsi a operatori italiani registrati nel MOSS. Già in precedenza si è accennato al fatto che non possono rientrare nell’ambito del regime MOSS le prestazioni di servizi TTE rese nei confronti dei privati italiani da un soggetto passivo d’imposta domiciliato o residente in Italia (senza domicilio all’estero) che abbia aderito in Italia al MOSS.
A tali servizi, resi nel territorio dello Stato, sarà pertanto applicabile la disciplina IVA ordinariamente prevista dal d.P.R. n. 633 in materia di versamento dell’imposta e di dichiarazione annuale.
Per quanto concerne il recupero dell’IVA assolta sugli acquisti effettuati in Italia, l’articolo 74-sexies prevede, al comma 5, che il soggetto passivo che – aderendo al regime UE – sia registrato in Italia per il MOSS “… non può detrarre dall’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 74-quinquies quella relativa agli acquisti di beni e servizi ed alle importazioni di beni. Detto soggetto passivo può esercitare il diritto alla detrazione relativa agli acquisti di beni e servizi ed alle importazioni di beni effettuati nel territorio dello Stato, qualora spettante ai sensi dell’articolo 19 e seguenti, dall’ammontare dell’imposta applicata alle operazioni effettuate nell’ambito delle attività non assoggettate al regime speciale svolte dal soggetto passivo stesso”.
Come emerge chiaramente dalla lettera della norma, l’operatore stabilito in Italia e ivi identificato per il MOSS, dovrà recuperare l’imposta a credito gravante sugli acquisti effettuati in Italia per il MOSS in occasione delle liquidazioni mensili o trimestrali, scomputando l’imposta a credito dall’imposta dovuta per i servizi TTE resi nei confronti di committenti non soggetti passivi di imposta in Italia.
Nel caso in cui il soggetto MOSS non abbia reso servizi TTE a privati in Italia, il credito IVA risultante dagli acquisti MOSS dovrà essere evidenziato nella dichiarazione annuale che sarà comunque presentata (anche con volume d’affari pari a zero), e il contribuente avrà la possibilità o di chiedere il rimborso del credito medesimo, se ricorrono le condizioni previste dall’articolo 30 del d.P.R. n. 633, o di computare l’eccedenza nelle dichiarazioni degli anni successivi.
Qualora il soggetto iscritto al MOSS in Italia svolga (oltre alla prestazione di servizi TTE) anche un’altra attività, l’imposta gravante sugli acquisti di beni e servizi per il MOSS potrà essere computata in detrazione dall’imposta complessivamente dovuta nella dichiarazione annuale del contribuente.

16.4 Restituzione delle eccedenze di versamento. L’articolo 63 del regolamento n. 282, come modificato dall’articolo 1 del regolamento n. 967 del 2012, prevede che, in caso di versamenti effettuati in eccesso rispetto al debito evidenziato nella dichiarazione trimestrale MOSS, lo Stato membro di identificazione provveda a restituire l’importo eccedente direttamente al soggetto passivo che ha presentato la dichiarazione ed effettuato il versamento.
Qualora, pertanto, lo Stato membro di identificazione – in sede di abbinamento della dichiarazione trimestrale MOSS con il versamento effettuato dal contribuente o in sede di effettuazione di controlli successivi – riscontri che la somma ricevuta per il trimestre è superiore al complessivo debito di imposta evidenziato nella corrispondente dichiarazione, deve provvedere senza ulteriori riscontri a restituire l’eccedenza al soggetto che ha effettuato il versamento.
La Commissione, nelle Linee Guida MOSS, specifica che – pur in assenza di una norma che fissi il termine entro cui deve essere effettuata la restituzione dell’eccedenza di versamento – la stessa dovrebbe essere eseguita entro trenta giorni dal riscontro del versamento in eccesso.
Data la peculiarità della fattispecie e dell’istituto in cui si inserisce, il legislatore nazionale ha disciplinato questa particolare forma di “restituzione” integrando il d.P.R. n. 633 con il nuovo articolo 38-bis3.
In particolare, il comma 1 del nuovo articolo prevede che qualora l’Italia sia Stato membro di identificazione e, in sede di ripartizione tra i vari Stati membri di consumo, si rilevi una eccedenza delle somme versate dal contribuente rispetto al debito dal medesimo complessivamente dichiarato, l’Agenzia delle Entrate provvede a restituire l’eccedenza di versamento entro 30 giorni dalla data in cui è stata effettuata la ripartizione delle somme tra i vari Stati.
Potrebbe, inoltre, verificarsi il caso in cui, in relazione alle dichiarazioni ed ai versamenti effettuati dai soggetti passivi che hanno aderito ai regimi MOSS negli altri Stati membri, venga rilevata un’eccedenza di versamento dall’amministrazione fiscale italiana. La fattispecie è disciplinata dal comma 2 del nuovo articolo 38-bis3 del d.P.R. n. 633.
In forza di tale disposizione, qualora in sede di effettuazione dei controlli automatici disciplinati dal nuovo articolo 54-quater del d.P.R. n. 633 venga rilevato un versamento in eccesso rispetto all’imposta effettivamente dovuta (si ipotizzi, ad esempio, che il contribuente abbia applicato ai servizi di commercio elettronico resi a privati italiani un’aliquota di imposta superiore a quella del 22 per cento attualmente in vigore), l’Agenzia delle Entrate è tenuta ad effettuare la restituzione dell’eccedenza entro 30 giorni dal momento della conclusione dei controlli automatici che hanno portato alla rilevazione dell’eccedenza medesima.
In tale contesto si inserisce la disposizione del paragrafo 3 dell’articolo 46 del regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010. In base a tale norma, lo Stato membro di identificazione – all’atto della ripartizione tra i diversi Stati membri dell’imposta versata dai soggetti che hanno aderito al MOSS in regime UE – è autorizzato a trattenere sino al 31 dicembre 2018 una determinata percentuale delle somme incassate, ed in particolare:
il 30 per cento dei versamenti relativi al periodo che va dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2016;
il 15 per cento dei versamenti relativi al periodo che va dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018.
Nulla, invece, potrà essere trattenuto con riferimento alle somme che si riferiscono a periodi di imposta che decorrono dal 1° gennaio 2019.
Come è possibile desumere sia dall’articolo 46 del regolamento n. 904 del 2010, sia dalle Linee Guida MOSS, gli Stati membri di identificazione potranno trattenere le somme corrispondenti alle percentuali sopra citate solo con riferimento all’imposta versata dai soggetti che aderiscono al MOSS in regime UE, mentre non potrà essere effettuata alcuna trattenuta all’atto della ripartizione delle somme versate dai soggetti che aderiscono al MOSS in regime extra UE (in tal senso, deve considerarsi un mero refuso il riferimento effettuato dal comma 3 dell’articolo 38-bis3 all’articolo 74-quinquies).
Ciò posto, per quanto concerne l’ipotesi di un versamento di imposta che risulti effettuato in eccesso successivamente alla ripartizione dell’imposta effettuata dallo Stato membro di identificazione tra i diversi Stati membri di consumo, si deve sottolineare che, nel caso in cui la maggiore imposta rilevata dallo Stato membro di consumo emerga da versamenti riferibili a periodi di imposta sino al 31 dicembre 2018, il contribuente riceverà la restituzione dell’eccedenza a suo tempo versata sia dallo Stato membro di consumo che dallo Stato membro di identificazione, che restituiranno rispettivamente la quota di maggior imposta (lo SMC) e la percentuale dell’imposta medesima a suo tempo trattenuta (lo SMI).
Per esemplificare, qualora l’amministrazione italiana rilevi un’eccedenza di versamento – effettuato da un contribuente che ha la sede in Francia ed è ivi identificato per il MOSS – relativa al terzo trimestre 2016, l’Agenzia delle Entrate dovrà restituire al contribuente l’imposta ricevuta in eccesso, al netto della quota del 30 per cento a suo tempo trattenuta dalla Francia, Stato membro di identificazione. A tale riguardo, la medesima Agenzia comunicherà per via elettronica all’Amministrazione francese a quanto ammonta la restituzione già effettuata, e quale invece è la somma che deve essere restituita, essendo stata trattenuta dalla Francia, in qualità di Stato membro di identificazione.
Infine, il comma 3 del nuovo articolo 38-bis3 in commento disciplina l’ipotesi speculare a quella prevista dal comma 2, ovvero il caso in cui l’Italia sia lo Stato membro di identificazione e, con riferimento a periodi di imposta compresi nell’arco temporale che si conclude al 31 dicembre 2018, riceva da uno Stato membro di consumo l’indicazione del fatto che è necessario restituire a un contribuente, identificato in Italia per il MOSS, la quota trattenuta e relativa ad una maggiore imposta versata e restituita dallo Stato membro di consumo.
In tale caso, la norma prevede che l’Agenzia delle Entrate restituisca al contribuente identificato in Italia, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione dallo Stato membro di consumo, la quota dell’imposta a suo tempo trattenuta a titolo di aggio, comunicando, altresì, per via elettronica allo Stato membro di consumo medesimo il fatto che la restituzione – dallo stesso sollecitata – è stata effettuata.
In merito all’importo minimo da restituire, la Commissione Europea ha chiarito che spetta agli Stati Membri stabilire la soglia minima al di sotto della quale sospendere l’erogazione delle restituzioni.
In proposito, si ritiene che in Italia debba applicarsi la soglia prevista dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 126/2003, pari a € 10,33.
Come chiarito dal comma 4 dell’articolo in esame, sulle somme restituite dovranno essere calcolati gli interessi previsti dall’articolo 38-bis, primo comma, che decorreranno dal trentunesimo giorno successivo:
alla data di ripartizione delle somme tra i diversi Stati membri, nel caso in cui l’eccedenza derivi da un versamento superiore rispetto al debito di imposta evidenziato in dichiarazione (fattispecie disciplinata dal comma 1 dell’articolo in commento);
alla data di conclusione dei controlli automatici di cui all’articolo 54-quater, nel caso in cui l’Italia sia lo Stato membro di consumo che deve rimborsare una quota di imposta scaturente dai controlli automatici effettuati in un periodo successivo al ricevimento della dichiarazione e dell’imposta di competenza, al netto dell’eventuale trattenuta operata dallo SMI;
alla data di ricevimento della comunicazione elettronica dello Stato di consumo, nel caso in cui l’Italia sia uno Stato membro di identificazione e debba rimborsare solo la quota di aggio.
La peculiarità della restituzione dell’imposta versata in eccesso consiste, oltre che nella agilità della procedura, anche nel fatto che in sede di restituzione dell’imposta versata in eccesso non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 28-ter del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973 e dell’articolo 23 del decreto legislativo n. 472 del 18 dicembre 1997 (secondo quanto disposto dal comma 6 dell’articolo in esame).
Ciò implica, in sostanza, che l’Agenzia delle Entrate effettuerà la restituzione delle somme versate in eccesso anche nel caso in cui il contribuente MOSS sia debitore, nei confronti dell’Amministrazione, di somme iscritte a ruolo ovvero anche nel caso in cui al soggetto medesimo sia stato notificato un atto di contestazione o di irrogazione di sanzioni.

17. GLI OBBLIGHI DOCUMENTALI E CONTABILI
In considerazione del fatto che il MOSS si caratterizza quale regime snello e volto a semplificare gli adempimenti dei soggetti prestatori di servizi TTE, e tenendo conto anche delle raccomandazioni espresse dalla Commissione europea nel Report from the Commission to the Council on Article 6 of the Council Directive 2008/8/CE in materia di semplificazione, il legislatore ha introdotto alcune importanti novità volte a snellire gli adempimenti dei prestatori di servizi TTE.
La prima, già oggetto di commento nel paragrafo 2 della presente circolare, è rivolta alla generalità dei contribuenti e consiste nell’inserimento – nel primo comma dell’articolo 22 del d.P.R. n. 633 – del punto 6-ter), che esonera i prestatori di servizi TTE dall’obbligo di emissione della fattura. In proposito, ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 42/2015, è stato emanato il decreto ministeriale 27 ottobre 2015 che ha disciplinato l’esonero dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi relativi alle prestazioni di servizi TTE.
Per quanto concerne, invece, le semplificazioni riservate agli operatori che hanno optato per il regime del Mini One Stop Shop, merita rilevare che sono dispensati dagli obblighi previsti dal Titolo II del d.P.R. n. 633 del 1972:
gli operatori extra UE che aderiscono in Italia al regime MOSS non UE, in base a quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 74-quinquies del d.P.R. n. 633;
gli operatori italiani che aderiscono al regime MOSS UE, in forza del richiamo operato dal comma 1 dell’articolo 74-sexies all’articolo 74-quinquies, con specifico riguardo ai servizi resi nell’ambito del regime speciale;
gli operatori che, essendo registrati per il MOSS in un altro Stato dell’Unione europea, prestino servizi rientranti nel regime speciale a committenti non soggetti passivi di imposta stabiliti in Italia, in base a quanto previsto dal comma 4 del citato articolo 74-septies.
In forza di tali disposizioni, i soggetti extra UE che si registrino in Italia al MOSS (per i servizi a chiunque resi), i soggetti italiani che abbiano optato per l’applicazione del regime speciale (per le prestazioni di servizi TTE rese a privati stabiliti in altri Stati membri dell’Unione), e i soggetti che si siano identificati per il MOSS in un altro Stato membro (per le prestazioni di servizi TTE rese a privati italiani):
non devono tenere i registri di cui agli articoli 23 e seguenti del d.P.R. n. 633, dovendo solo avere memoria in formato elettronico delle operazioni effettuate, tenendo conto di quanto richiesto dall’articolo 63-quater del regolamento n. 282, come modificato dall’articolo 1 del regolamento n. 967/2012, e dal comma 10 dell’articolo 74-quinquies del d.P.R. n. 633;
non devono presentare la dichiarazione annuale IVA, essendo tenuti esclusivamente alla presentazione della dichiarazione trimestrale di cui al comma 6 dell’articolo 74-quinquies prima citato.
È in ogni caso da rilevare che, qualora le prestazioni di servizi TTE siano rese a privati italiani da un soggetto iscritto al MOSS in un altro Stato membro, e tale soggetto disponga in Italia di una stabile organizzazione che deve evidenziare tali servizi nella propria dichiarazione domestica, la stabile organizzazione è esonerata esclusivamente dall’obbligo di fatturazione delle prestazioni rese dalla casa madre, e non già dall’osservanza degli obblighi di cui al titolo II del d.P.R. n. 633.
Si immagini, per esemplificare, che una società francese (FR MOSS), che si è registrata al MOSS in Francia, disponga di una stabile organizzazione in Italia (che non si occupa di commercio elettronico) e renda servizi di commercio elettronico a privati consumatori italiani direttamente dalla Francia.
In tal caso, i servizi resi da FR MOSS a privati italiani dovranno confluire nella contabilità e nella dichiarazione IVA nazionale della stabile organizzazione italiana, che tuttavia sarà esonerata dall’obbligo di emettere fattura per le prestazioni medesime.
È opportuno ricordare che, in base a quanto previsto dalle disposizioni comunitarie, gli operatori italiani registrati al MOSS che rendano prestazioni di servizi a committenti privati in altri Paesi dell’Unione dovranno fare riferimento alla legislazione vigente in ciascuno Stato, al fine di verificare se lo Stato del committente imponga o meno adempimenti in materia di fatturazione.
Resta inteso che i soggetti che aderiscono al regime in commento sono tenuti ad effettuare tutti gli adempimenti per cui non è prevista un’espressa deroga. Tali soggetti, ad esempio, dovranno presentare la comunicazione di cui all’articolo 21 del decreto legge n. 78/2010 e successive modifiche (c.d. “spesometro”).

18. CONTROLLI
Uno dei tratti caratteristici della disciplina del nuovo regime speciale IVA MOSS è che, sebbene gli adempimenti dichiarativi e di versamento siano assolti in modo centralizzato presso lo Stato membro di identificazione del soggetto passivo, la potestà impositiva ai fini dell’IVA sulle prestazioni rese a clienti di un determinato Stato membro di consumo spetta in ogni caso a quest’ultimo.
L’articolo 369, par. 1, e l’art. 369-duodecies, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE, come modificati dalla direttiva n. 2008/8/CE, infatti, prevedono che il soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di consumo conservi una documentazione delle operazioni effettuate nel quadro del regime speciale. La documentazione deve essere sufficientemente dettagliata per consentire alla relativa amministrazione fiscale di verificare la correttezza della dichiarazione IVA presentata dal contribuente.
Conseguentemente, il regolamento n. 282, come modificato dal regolamento del Consiglio (UE) n. 967/2012, ha previsto che:
in caso di mancata presentazione della dichiarazione o di mancata effettuazione del versamento, lo Stato membro di identificazione inoltra al soggetto passivo un primo sollecito (cfr. nuovi artt. 60-bis, comma 1, e 63-bis, comma 1);
i solleciti successivi al primo e i provvedimenti adottati ai fini dell’accertamento e della riscossione dell’IVA sono di competenza dello Stato membro di consumo interessato (cfr. nuovo art. 60-bis, comma 2 e art. 63-bis);
qualora i solleciti successivi al primo siano stati già emessi dalle autorità fiscali di un determinato SMC, l’IVA dovuta in base agli stessi deve essere versata a detto Stato membro (cfr. nuovo art. 63-bis, comma 3);
se non è stata presentata alcuna dichiarazione IVA o se la dichiarazione IVA è stata presentata in ritardo o è incompleta o non corretta, oppure se il pagamento dell’IVA è effettuato in ritardo, eventuali interessi, sanzioni o altri oneri sono calcolati e accertati dallo Stato membro di consumo. Il soggetto passivo versa direttamente allo Stato membro di consumo tali interessi, sanzioni o altri oneri eventuali (cfr. nuovo art. 63-ter).
Considerati i limiti e le difficoltà insiti nell’applicazione delle tradizionali forme di controllo e di accertamento vigenti nell’ordinamento italiano ai soggetti aderenti al nuovo regime speciale, identificati o meno in Italia, il legislatore nazionale, con il decreto legislativo di recepimento n. 42/2015, ha provveduto a dettare, al riguardo, norme specifiche, ispirate a quelle del regime IVA ordinario.
L’art. 5 del decreto di recepimento, infatti, ha introdotto nel d.P.R. n. 633 i nuovi articoli 54-ter, 54-quater e 54-quinquies, che regolano, rispettivamente, le seguenti fattispecie:
i controlli automatizzati sui soggetti passivi identificati in Italia, a norma dell’articolo 74-quinquies (soggetti residenti o domiciliati al di fuori del territorio dell’Unione europea) o dell’articolo 74-sexies (soggetti residenti o domiciliati in territorio italiano). Tali controlli automatizzati, non assimilabili a quelli di cui all’art. 54-bis del d.P.R. n. 633, sono effettuati in qualità di SMI (e non di SMC) al solo fine del primo reminder (sollecito) o dell’esclusione d’ufficio; non è previsto alcun atto di definizione della pretesa impositiva conseguente a questi primi controlli;
la liquidazione dell’IVA dovuta sui servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi da soggetti passivi non residenti né domiciliati in Italia a committenti non soggetti passivi localizzati in Italia, disciplinati dall’art. 74-quinquies, ove resi da soggetti extracomunitari identificati in Italia, o dal nuovo art. 74-septies, ove resi da soggetti passivi identificati in altro Stato membro;
l’accertamento in rettifica o induttivo dell’imposta dovuta dai soggetti passivi non residenti né domiciliati in Italia a committenti non soggetti passivi localizzati in Italia.

18.1 Controlli automatizzati sui soggetti passivi identificati in Italia. Il nuovo articolo 54-ter del d.P.R. n. 633 detta norme per l’effettuazione di controlli automatizzati sul corretto adempimento degli obblighi MOSS da parte dei soggetti passivi identificati in Italia ai sensi degli articoli 74-quinquies e 74-sexies del d.P.R. n. 633.
Tale forma di controllo, effettuata in qualità di SMI, innovando l’ordinamento interno, rappresenta, come già detto, una peculiare attività che non produce conseguenze in termini di imposizione sul contribuente, in quanto l’unico soggetto impositore in ambito MOSS è lo SMC.
Tale disposizione, infatti, stabilisce che entro il decimo giorno successivo alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione trimestrale (di cui all’art. 74-quinquies, comma 6) o per il versamento dell’imposta risultante dalla medesima (di cui all’art. 74-quinquies, comma 9), e sulla base dei dati e degli elementi desumibili dal Portale MOSS, l’Agenzia delle Entrate verifica l’avvenuta presentazione della dichiarazione trimestrale, nonché la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell’imposta dovuta in base ad essa (art. 54-ter, comma 1).
L’Agenzia delle Entrate, peraltro, ove rilevi che la dichiarazione trimestrale non sia stata ancora trasmessa entro il decimo giorno dalla relativa scadenza di legge, è tenuta ad inoltrare al soggetto passivo identificato in Italia un sollecito, rammentandogli l’obbligo di presentare la dichiarazione (comma 2). Analogamente, nei casi di omesso o incompleto versamento dell’imposta dovuta nei termini di legge, l’Agenzia delle Entrate inoltra al soggetto passivo identificato in Italia un sollecito, rammentandogli l’obbligo di versare, con le modalità stabilite dal decreto del Direttore Generale delle Finanze del 20 aprile 2015, l’importo dell’IVA ancora dovuta in base alla dichiarazione già presentata (comma 3). Detti solleciti sono inoltrati al soggetto per via elettronica, direttamente all’interno della propria area riservata nel Portale e per e-mail all’indirizzo fornito in sede di registrazione.
In merito alla natura giuridica dei solleciti emessi a norma del nuovo articolo 54-ter del d.P.R. n. 633, si fa presente che gli stessi sono sprovvisti dei connotati tipici degli ordinari atti impositivi contemplati dall’ordinamento italiano, configurandosi come mere segnalazioni di criticità indirizzate al soggetto passivo, senza imporre alcun obbligo di pagamento di imposta, interessi o sanzioni amministrative.
L’emissione dei solleciti da parte dell’Italia, quale Stato membro di identificazione, tuttavia, rileva ai fini della qualificazione dell’ipotesi di persistente inosservanza delle norme relative al regime speciale, nonché ai fini della possibilità per lo SMC di attivarsi direttamente per richiedere al soggetto passivo il pagamento dell’imposta ancora dovuta e di eventuali sanzioni e interessi.
Come stabilito dall’art. 58-ter, par. 2, del regolamento n. 282, come modificato dal regolamento (UE) n. 967/2012, infatti, si considera che un soggetto passivo persista a non osservare le norme relative al regime speciale MOSS almeno se si verifica uno dei seguenti casi:
1. se sono stati emessi i solleciti nei suoi confronti, ai sensi del citato art. 60-bis, dallo Stato membro di identificazione, relativamente ai tre trimestri civili immediatamente precedenti, e la dichiarazione IVA per ciascuno di detti trimestri civili, nessuno escluso, non è stata presentata entro dieci giorni dall’emissione del sollecito;
2. se sono stati emessi i solleciti nei suoi confronti, ai sensi del citato art. 63-bis, dallo Stato membro di identificazione, relativamente ai tre trimestri civili immediatamente precedenti e l’intero importo dell’IVA dichiarata non è stato versato dallo stesso soggetto passivo per ciascuno di detti trimestri civili, nessuno escluso, entro dieci giorni dall’emissione del sollecito, eccetto qualora la somma non ancora versata sia inferiore a 100 euro per ciascun trimestre civile;
3. se, a seguito di una prima richiesta da parte dello Stato membro di identificazione o dello Stato membro di consumo, e un mese dopo che lo Stato membro di identificazione ha emesso un successivo sollecito, il soggetto passivo non ha messo a disposizione delle amministrazioni fiscali procedenti, per via elettronica, la documentazione di cui agli articoli 369 e 369-duodecies della direttiva n. 2006/112/CE, relativa alle operazioni effettuate in regime speciale.
Nei casi di persistente inosservanza delle norme sui regimi speciali MOSS l’Agenzia delle Entrate, quale autorità competente dello Stato membro di identificazione, provvede ad esercitare i poteri di esclusione disciplinati dal suddetto art. 58 del regolamento n. 282 e dai nuovi articoli 74-quinquies, comma 5, e 54-ter, comma 4, del d.P.R. n. 633, comunicando al soggetto passivo inadempiente un provvedimento motivato di esclusione dal regime speciale (art. 54-ter, comma 4). Resta ferma, in ogni caso, la possibilità per il soggetto passivo di ricorrere avverso tale provvedimento, secondo le ordinarie disposizioni in materia di contenzioso tributario.
Si fa presente che l’avvenuta emissione del sollecito da parte dell’Agenzia delle Entrate, quale autorità dello Stato membro di identificazione, non preclude automaticamente al soggetto passivo in regime speciale di assolvere l’obbligo di pagamento dell’imposta o della maggiore imposta alla medesima. Come statuito dall’art. 62 del regolamento n. 282, infatti, il soggetto passivo è tenuto ad effettuare i pagamenti allo Stato membro di identificazione. È fatta salva, tuttavia, la potestà da uno Stato membro di consumo interessato di emettere solleciti successivi e/o provvedimenti finalizzati alla riscossione dell’IVA, con applicazione di interessi moratori, sanzioni o altri oneri in conformità alla rispettiva normativa tributaria (cfr. articoli 63-bis, comma 3, e 63-ter del medesimo regolamento comunitario). Al fine di mettere il contribuente nelle condizioni di assolvere correttamente i propri obblighi di versamento delle somme ancora dovute, l’Agenzia delle Entrate, immediatamente dopo essere stata informata da un determinato Stato membro di consumo dell’avvenuta emissione di un sollecito e/o di un provvedimento di recupero da quest’ultimo, provvederà a comunicare al contribuente – sempre in forma elettronica – il trasferimento in capo a tale Stato della competenza a riscuotere le somme ad esso dovute.
Nell’ipotesi in cui, nonostante un sollecito o altro provvedimento emesso dallo Stato membro di consumo, il soggetto passivo versi all’Agenzia delle Entrate le somme ancora dovute, quest’ultima provvederà a restituirle in conformità al nuovo art. 38-bis3 del d.P.R. n. 633, non essendo previsti nel regime MOSS meccanismi di compensazione dei debiti e dei crediti tra amministrazioni fiscali degli Stati membri.

18.2 Liquidazione dell’IVA dovuta da prestatori aderenti al regime speciale MOSS sui servizi resi a committenti non soggetti passivi domiciliati o residenti in Italia. Il nuovo articolo 54-quater del d.P.R. n. 633, introdotto dal decreto legislativo di recepimento n. 42/2015, disciplina l’attività di liquidazione dell’IVA dovuta sui servizi TTE erogati da prestatori aderenti al regime MOSS nei confronti di committenti non soggetti passivi d’imposta, domiciliati o residenti nel territorio dello Stato italiano.
Trattasi, nello specifico, dei prestatori domiciliati o residenti fuori dell’Unione europea e identificati ai fini del MOSS in Italia, a norma dell’articolo 74-quinquies del d.P.R. n. 633, ovvero di prestatori domiciliati o residenti in uno Stato membro dell’Unione diverso dall’Italia, a norma del successivo articolo 74-septies. È importante rammentare che la norma non concerne i servizi TTE resi da prestatori domiciliati o residenti in Italia a committenti non soggetti passivi anch’essi domiciliati o residenti in Italia, in quanto siffatti servizi sono soggetti agli ordinari adempimenti previsti ai fini IVA e alle connesse attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria italiana.
Con l’articolo 54-quater del d.P.R. n. 633, il legislatore nazionale ha inteso adattare i poteri e le procedure del controllo automatizzato delle ordinarie dichiarazioni IVA, di cui all’articolo 54-bis, al regime speciale MOSS, la cui caratteristica principale è costituita dalla presentazione della dichiarazione IVA alle autorità fiscali di un certo Stato membro (lo Stato membro di identificazione), a fronte di obbligazioni tributarie insorte nei confronti di altri Stati membri (gli Stati membri di consumo).
L’articolo 54-quater, dunque, stabilisce che, avvalendosi di procedure automatizzate, l’Agenzia delle Entrate provvede ad effettuare la liquidazione dell’IVA dovuta in base alle dichiarazioni trimestrali presentate dai soggetti aderenti al regime speciale, relativamente ai servizi TTE resi a committenti non soggetti passivi d’imposta domiciliati o residenti nel territorio dello Stato italiano (comma 1).
Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli presenti nell’Anagrafe tributaria, in particolare, l’Amministrazione finanziaria provvede a:
1. correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione dell’imposta;
2. controllare la rispondenza con la dichiarazione trimestrale e la tempestività dei versamenti dell’imposta risultante dalla stessa.
Il comma 3 dell’articolo, inoltre, dispone che, qualora dai controlli automatizzati emerga un risultato diverso da quello riportato nella dichiarazione, l’esito di tale controllo deve essere comunicato per via elettronica al contribuente, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Tale comunicazione di esito della liquidazione contiene l’intimazione ad adempiere, entro sessanta giorni dalla relativa ricezione, al pagamento dell’imposta o della maggiore imposta dovuta e non versata, unitamente alla sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e agli interessi moratori di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, calcolati fino al giorno in cui è effettuata la liquidazione. In caso di mancato pagamento delle somme dovute entro il predetto termine, la comunicazione diviene titolo esecutivo ai fini della riscossione coattiva.
Ai sensi del successivo comma 5 dell’articolo 54-quater, qualora il contribuente rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dell’imposta, lo stesso può fornire per via elettronica, entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, i chiarimenti necessari all’amministrazione finanziaria.
La disposizione in commento, dunque, integra e conferisce concreta operatività, nell’ordinamento nazionale, alle norme di cui agli articoli 60-bis, comma 2, 63-bis, comma 3, e 63-ter del regolamento n. 282, come modificato dal regolamento n. 967/2012.
In considerazione dell’assenza di versamenti IVA in acconto nell’ambito del regime MOSS e del contenuto estremamente semplificato delle dichiarazioni trimestrali, le quali riportano soltanto i dati delle operazioni attive e l’imposta dovuta sulle stesse, senza prevedere alcuna detraibilità dell’IVA sugli acquisti inerenti ai servizi erogati, né alcuna rettifica, variazione in diminuzione o eccedenza risultante da precedenti periodi d’imposta, l’attività di liquidazione in questione avrà ad oggetto principalmente i seguenti aspetti:
la tempestiva presentazione della dichiarazione trimestrale;
il tempestivo e completo versamento dell’imposta dovuta per le prestazioni rese a clienti privati localizzati in Italia;
l’applicazione della corretta aliquota IVA ai servizi erogati a clienti localizzati in Italia, nel solo caso in cui quella materialmente indicata dal contribuente sia del tutto inesistente nell’ordinamento nazionale (ad esempio, stando alle norme attualmente vigenti in Italia, nel caso di applicazione di un’aliquota del 2 per cento o del 27 per cento). In quest’ultimo caso, dunque, l’Agenzia delle Entrate provvederà d’ufficio e in modo automatico ad applicare l’aliquota IVA ordinaria sull’imponibile assoggettato ad aliquota inesistente, liquidando così il maggiore importo dovuto, unitamente alla sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (pari al 30 per cento di ogni importo non versato), e agli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, calcolati fino al giorno in cui è effettuata la liquidazione.
L’articolo 54-quater, comma 6, con disposizione analoga all’articolo 54-bis, comma 4, inoltre, prevede che i dati contabili risultanti dalla comunicazione di esito della liquidazione si considerino a tutti gli effetti come dichiarati dal contribuente.
In relazione alla natura giuridica della comunicazione dell’esito della liquidazione, si evidenzia che l’articolo 54-quater, comma 3, ultimo periodo, prevede: “In caso di mancato pagamento delle somme dovute entro il termine indicato la comunicazione diviene titolo esecutivo ai fini della riscossione”.
Pertanto, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni, ai sensi del predetto comma 3, la comunicazione è titolo esecutivo per la riscossione coattiva ed è suscettibile di impugnazione secondo le norme sul contenzioso tributario. Il termine di sessanta giorni per l’impugnazione decorre, ovviamente, dal momento in cui la comunicazione acquista efficacia di titolo esecutivo.
In sintesi: entro sessanta giorni dalla notifica della comunicazione il contribuente, se non paga, può avviare un contraddittorio ai sensi del comma 5 dell’articolo 54-quater. Entro i successivi sessanta giorni potrà fare ricorso contro la comunicazione che nel frattempo, senza mutare contenuti, ha acquistato efficacia di titolo esecutivo.
Per completezza, si osserva che, sebbene si tratti di somme dovute a seguito di controlli che possono definirsi “automatici”, la specialità della procedura prevista dall’articolo 54-quater esclude l’applicabilità delle modalità di definizione della comunicazione di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n, 462.
Quanto alle modalità di esecuzione coattiva della pretesa tributaria, deve innanzitutto rammentarsi che tale pretesa riguarda l’imposta dovuta da soggetti residenti o domiciliati al di fuori dell’Unione europea ovvero in uno Stato membro diverso dall’Italia, non da soggetti stabiliti in Italia. Di conseguenza, l’articolo 54-quater, comma 4, del d.P.R. n. 633 ha stabilito che, nei casi in cui l’Amministrazione finanziaria verifichi, sulla base delle informazioni presenti nel sistema informativo dell’Anagrafe tributaria, che il soggetto passivo non domiciliato o non residente nel territorio dello Stato non disponga di fonti di reddito o di beni disponibili in Italia, la riscossione delle somme dovute possa essere richiesta direttamente ad un altro Stato membro dell’Unione, tramite la cooperazione amministrativa per il recupero di crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure, disciplinata dalla direttiva del Consiglio UE n. 2010/24/UE e dai relativi atti d’esecuzione, ovvero ad uno Stato extracomunitario, sulla base di accordi internazionali sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari. Tali norme comunitarie o internazionali in materia di cooperazione amministrativa, peraltro, possono derogare alle disposizioni nazionali relative all’iscrizione a ruolo (cfr. art. 54-quater, comma 4, ultimo periodo). Resta inteso che, al di fuori dei casi previsti dal comma 4 – e, dunque, quando sia verificata l’esistenza di fonti di reddito o di beni disponibili in Italia – gli uffici seguiranno le procedure ordinarie: dovranno, pertanto, attivare il titolo esecutivo, affidandone il carico all’agente della riscossione (come per l’accertamento esecutivo), senza procedere all’iscrizione a ruolo e successiva cartellazione (come per le comunicazioni ex art. 54-bis del d.P.R. n. 633).
Nell’opposto caso in cui l’attività di liquidazione faccia emergere un’eccedenza di versamento da parte del soggetto passivo (estero) all’Erario italiano, infine, l’Agenzia delle Entrate provvederà alla restituzione del relativo ammontare nelle forme e nei modi previsti dal nuovo articolo 38-bis3, comma 2, del d.P.R. n. 633 (cfr. paragrafo n. 16.4).

18.3 Accertamento dell’imposta dovuta dai soggetti aderenti al regime MOSS. Analogamente a quanto previsto per i controlli formali, il decreto legislativo di recepimento n. 42/2015 ha introdotto nel d.P.R. n. 633 anche norme finalizzate a regolamentare i controlli sostanziali nei confronti dei soggetti passivi aderenti al regime speciale. Le norme ordinariamente applicabili, ovvero i vigenti articoli 54 e 55, infatti, non erano suscettibili di immediata applicazione nell’ambito del regime stesso.

18.3.1 Accertamenti in rettifica delle dichiarazioni trimestrali presentate dai soggetti aderenti al regime MOSS. Il nuovo articolo 54-quinquies, rubricato “Accertamento dell’imposta dovuta dai soggetti di cui all’art. 74-quinquies e 74-septies”, statuisce al comma 1 che l’Amministrazione finanziaria, con apposito avviso di accertamento, procede alla rettifica delle dichiarazioni trimestrali presentate, nei rispettivi Stati membri di identificazione, dai soggetti passivi aderenti al regime speciale, relativamente ai servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici prestati a committenti, non soggetti passivi, residenti o domiciliati nel territorio dello Stato italiano.
Tale rettifica, in particolare, è svolta sulla base delle informazioni contenute nella documentazione contabile di cui all’articolo 63-quater del regolamento n. 282, dei dati e delle notizie raccolti in sede di cooperazione amministrativa comunitaria (di cui alla direttiva del Consiglio UE n. 2010/24/UE) o in forza delle convenzioni internazionali stipulate con Stati non appartenenti all’UE, nonché sulla base di eventuali ulteriori dati e notizie raccolti dall’Amministrazione finanziaria esercitando i poteri di cui all’articolo 51 del d.P.R. n. 633.
L’articolo 63-quater, paragrafo 1, a sua volta, prevede che la documentazione contabile rilevante ai fini del regime speciale, per poter essere considerata sufficientemente dettagliata ai sensi degli articoli 369 e 369-duodecies della direttiva n. 2006/112/CE, deve contenere le seguenti informazioni:
1. lo Stato membro di consumo in cui il servizio è prestato;
2. il tipo di servizio prestato;
3. la data di prestazione del servizio;
4. la base imponibile con l’indicazione della valuta utilizzata;
5. eventuali aumenti o riduzioni successivi della base imponibile;
6. l’aliquota IVA applicata;
7. l’importo dell’IVA esigibile con l’indicazione della valuta utilizzata;
8. la data e l’importo dei pagamenti ricevuti;
9. eventuali acconti ricevuti prima della prestazione del servizio;
10. in caso di emissione della fattura, le informazioni riportate nella stessa;
11. il nome del destinatario, se noto al soggetto passivo;
12. le informazioni utilizzate per determinare il luogo in cui il destinatario è stabilito o ha l’indirizzo permanente o è abitualmente residente.
Tali informazioni debbono essere registrate dal soggetto passivo, in modo da essere messe tempestivamente a disposizione delle autorità fiscali procedenti dello Stato membro di consumo o di identificazione, per via elettronica e per ciascuna prestazione di servizi (art. 63-quater, paragrafo 2).
Nei casi di infedeltà della dichiarazione trimestrale presentata dal soggetto passivo (estero) al rispettivo Stato membro di identificazione, qualora tale infedeltà abbia determinato il versamento di un’imposta inferiore al dovuto all’Italia, quale Stato membro di consumo, l’Agenzia delle Entrate provvederà dunque a rettificare la dichiarazione stessa, operando il confronto tra gli elementi ivi indicati e quelli riportati nella documentazione contabile di cui al summenzionato articolo 63-quater, nonché verificando la completezza, l’esattezza e la veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta di eventuali documenti rappresentativi dei corrispettivi, di eventuali altre scritture contabili, nonché di altri dati e notizie raccolti nei modi previsti dall’art. 51 del d.P.R. n. 633.
L’Agenzia delle Entrate può procedere alla rettifica, anche indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili per un ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture di cui ai numeri 2), 3) e 4) del secondo comma dell’art. 51 del d.P.R. n. 633, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso.
Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice, da effettuarsi entro i termini di decadenza di cui all’articolo 57 del d.P.R. n. 633, e qualora dalle attività istruttorie condotte dalle autorità fiscali dello Stato membro di identificazione, di eventuali altri Stati membri di stabilimento o della stessa Amministrazione finanziaria italiana, in regime di cooperazione amministrativa ai sensi del regolamento del Consiglio (UE) n. 904/2010, nonché dalle segnalazioni effettuate da altri uffici dell’Amministrazione finanziaria, dalla Guardia di Finanza, da altre pubbliche amministrazioni o enti pubblici, sia italiani che esteri, oppure dai dati in possesso dell’Anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati, l’Agenzia delle Entrate potrà anche emettere, in base ai predetti elementi, avvisi di accertamento parziale, aventi ad oggetto l’imposta o la maggiore imposta dovuta, nonché l’imposta o la maggiore imposta non versata, escluse le ipotesi disciplinate dall’articolo 54-quater (2).
Si rammenta, peraltro, che il rispetto del fondamentale principio del contraddittorio endoprocedimentale tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria, sancito in forma legislativa dall’articolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000 (il c.d. Statuto dei diritti del contribuente) e più volte ribadito in sede giurisprudenziale (si considerino, in particolare, le fondamentali sentenze del 18 dicembre 2008 della Corte di Giustizia dell’Unione europea, in causa C-349/07, Sopropè, e del 29 luglio 2013, n. 18184, delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione), impone agli organi accertatori di informare il contribuente dei rilievi scaturiti dall’attività istruttoria, in modo tale da consentirgli di formulare memorie /o osservazioni entro un congruo lasso di tempo, individuabile in 60 giorni prima della formale emanazione dell’avviso di accertamento in rettifica, anche parziale.

18.3.2 Accertamento induttivo nei confronti di soggetti aderenti al regime MOSS. L’articolo 54-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 633 stabilisce che l’Amministrazione finanziaria è tenuta a comunicare ai soggetti passivi che applicano i regimi speciali disciplinati dal Titolo XII, Capo 6, Sezioni 2 e 3, della direttiva n. 2006/112/CE, relativamente ai servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici effettuati nel territorio dello Stato italiano, l’omessa presentazione della dichiarazione IVA trimestrale, sollecitandoli ad adempiere entro trenta giorni, trascorsi i quali essa provvede a determinare l’imposta dovuta per le medesime prestazioni con apposito avviso di accertamento, emesso ai sensi dell’articolo 55 del d.P.R. n. 633.
La norma in commento si raccorda con l’articolo 60 bis, comma 2, del regolamento n. 282, che disciplina i poteri degli Stati membri di consumo nei casi di omessa presentazione della dichiarazione MOSS, una volta emesso il sollecito dello Stato membro di identificazione, di cui al comma 1 della medesima disposizione, i successivi solleciti o provvedimenti adottati per l’accertamento e la riscossione dell’IVA sono di competenza dello Stato membro di consumo interessato.
L’avviso di omessa presentazione della dichiarazione MOSS, inoltrato al contribuente dall’Agenzia delle Entrate a norma dell’articolo 54-quinquies, comma 2, pertanto, concretizza il primo atto posto in essere dallo Stato italiano, quale Stato membro di consumo, nell’esercizio della sua attività di controllo sui soggetti aderenti al regime MOSS, mediante il quale si instaura il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente. Per effetto della previsione del suddetto termine dilatorio di trenta giorni nell’articolo 54-quinquies, comma 2, conseguentemente, il contribuente è posto nelle condizioni di presentare osservazioni o memorie o di produrre documenti atti ad evidenziare le ragioni, di diritto o di fatto, della mancata presentazione della dichiarazione, conformemente ai principi vigenti nell’ordinamento comunitario e nell’ordinamento tributario nazionale (ribaditi, tra l’altro, dalle richiamate sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 18 dicembre 2008, Sopropè, e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 29 luglio 2013, n. 18184).
Il decorso del predetto termine di trenta giorni, senza che il contribuente abbia provveduto a presentare la dichiarazione trimestrale – sia pure tardivamente rispetto al termine di legge – oppure a fornire chiarimenti o documenti a supporto delle sue ragioni, legittima l’Amministrazione finanziaria ad attivare il procedimento di accertamento induttivo dell’imposta, ricorrendo ai poteri previsti dall’articolo 55 del d.P.R. n. 633. In particolare, l’Ufficio può accertare l’imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della documentazione contabile del soggetto passivo, determinando in via induttiva l’ammontare imponibile delle prestazioni di servizi rese in Italia e l’aliquota applicabile alle stesse, ricorrendo ai dati e alle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza del medesimo.
Considerato l’esplicito richiamo all’articolo 55 del d.P.R. n. 633, deve ritenersi che la procedura di accertamento induttivo possa essere attivata dall’Agenzia delle Entrate anche nelle seguenti ipotesi:
1. quando, da apposito verbale d’ispezione o da omologa documentazione estera, redatta dalle autorità dello Stato membro di identificazione, risulti che il contribuente non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all’ispezione la documentazione contabile prevista dall’articolo 63-quater del regolamento n. 282;
2. quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi dell’articolo 54-quater, ovvero le irregolarità formali della documentazione contabile, risultanti dal verbale di ispezione o da omologa documentazione redatta dalle autorità fiscali dello Stato membro di identificazione, siano così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.

18.3.3 Efficacia, notifica ed esecuzione degli avvisi di accertamento. Tutele del contribuente. Gli avvisi di accertamento di cui all’articolo 54-quinquies del d.P.R. n. 633 debbono, a norma del comma 3 di tale disposizione, essere emessi entro gli ordinari termini di decadenza fissati dall’articolo 57 del d.P.R. n. 633. Ne deriva che, a seguito delle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 130-132 della legge 28 dicembre 2015, n. 208), gli avvisi di accertamento nei confronti di soggetti aderenti al MOSS, per l’imposta dovuta all’Erario italiano, debbono essere notificati entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. A titolo esemplificativo, considerando una dichiarazione trimestrale presentata il 20 aprile 2016 per le operazioni poste in essere nel primo trimestre 2016, il termine di decadenza per l’azione accertatrice deve individuarsi nel 31 dicembre 2021.
In caso di omessa presentazione della dichiarazione MOSS, invece, l’avviso di accertamento induttivo, di cui all’articolo 54-quinquies, comma 2, potrà essere notificato fino al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. A titolo esemplificativo, considerando ancora una volta la dichiarazione per il primo trimestre 2016, il termine di decadenza per l’azione accertatrice dovrà ravvisarsi alla data del 31 dicembre 2023.
Tali nuovi termini, per espressa previsione del comma 132 della legge di stabilità 2016, si applicano agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi. Per i periodi d’imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (2019 per le operazioni poste in essere nel 2015) ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata (2020 per le operazioni poste in essere nel 2015).
Devono ritenersi applicabili anche ai soggetti aderenti al MOSS le disposizioni contenute nei commi 4 e 5 dell’articolo 57, in forza delle quali, fino alla scadenza del predetto termine decadenziale, le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, ogni qualvolta sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi.
Analogamente agli avvisi di accertamento emessi nei confronti di soggetti in regime IVA “ordinario”, inoltre, anche quelli relativi ai soggetti aderenti al MOSS costituiscono titolo esecutivo ai fini della riscossione, ai sensi del comma 3 dell’articolo 54-quinquies. Ciò implica che l’avviso di accertamento debba obbligatoriamente contenere, tra gli altri elementi costitutivi, quelli previsti dall’articolo 29 del decreto-legge n. 78/2010 (recante disposizioni in materia di “Concentrazione della riscossione nell’accertamento”), tra i quali l’intimazione ad adempiere, entro il termine di sessanta giorni per la presentazione del ricorso giurisdizionale, all’obbligo di versamento delle somme richieste dagli organi accertatori. L’avviso di accertamento, pertanto, acquisterà esecutività decorsi sessanta giorni dalla relativa notifica; decorsi ulteriori trenta giorni, la riscossione delle somme ancora dovute potrà essere affidata agli agenti della riscossione per l’avvio dell’esecuzione forzata, senza necessità che sia previamente notificata alcuna cartella di pagamento.
Relativamente alle modalità di notifica degli accertamenti di cui all’articolo 54-quinquies, si rammenta che destinatari degli stessi sono soggetti passivi che non hanno domicilio né residenza nel territorio dello Stato italiano, con la conseguenza che dovranno applicarsi le disposizioni dettate dalla direttiva del Consiglio UE n. 2010/24/UE (e relativa disciplina di recepimento), dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1189/2011 e dalla decisione di esecuzione (UE) del 18 novembre 2011, che regolamentano l’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure.
Analogamente, con riferimento alle modalità di esecuzione coattiva delle somme dovute dal soggetto passivo in regime MOSS, il comma 4 dell’articolo 54-quinquies, come già evidenziato, consente all’Agenzia delle Entrate di derogare alle disposizioni nazionali in materia di iscrizione a ruolo e di affidamento in carico agli agenti della riscossione delle somme dovute in base ad un avviso di accertamento, richiedendo la riscossione delle stesse direttamente ad uno Stato estero, in sede di cooperazione amministrativa “intracomunitaria” per il recupero dei crediti (ai sensi della direttiva n. 2010/24/UE del Consiglio UE), o in forza di accordi internazionali con Stati terzi sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari, comparabile a quella assicurata dalla citata direttiva n. 2010/24/UE. Siffatti poteri sono esercitabili dall’Amministrazione finanziaria ogni qualvolta essa verifichi, sulla base delle informazioni presenti al sistema informativo dell’Anagrafe tributaria, che il soggetto passivo, non domiciliato o residente nel territorio dello Stato italiano, non dispone di fonti di reddito o di beni disponibili nel territorio nazionale.
Resta inteso che gli avvisi di accertamento emessi ai sensi dell’articolo 54-quinquies sono atti impugnabili secondo le regole ordinarie. Più in generale, per tutti gli aspetti non espressamente previsti dall’articolo 54-quinquies del d.P.R. n. 633, debbono ritenersi applicabili, in quanto compatibili, le norme ordinarie in materia di accertamento e di tutela del contribuente.

19. RAPPORTI TRA ATTIVITÀ DI CONTROLLO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE E FACOLTÀ DI RETTIFICA DELLA DICHIARAZIONE DA PARTE DEL SOGGETTO PASSIVO MOSS
La disciplina delle attività di controllo sui soggetti aderenti al MOSS da parte dell’Agenzia delle Entrate, che, a seconda dei casi, opera come autorità dello Stato membro di identificazione o dello Stato membro di consumo, va coniugata con il disposto dell’articolo 61 del regolamento n. 282, in forza del quale le modifiche delle cifre contenute in una dichiarazione trimestrale possono essere effettuate, successivamente alla relativa data di presentazione, soltanto mediante modifiche della dichiarazione medesima e non mediante rettifiche da riportare all’interno di una dichiarazione successiva (cfr. paragrafo 1). Siffatte modifiche, inoltre, devono essere trasmesse per via elettronica allo Stato membro di identificazione entro tre anni dalla data in cui la dichiarazione doveva essere presentata (paragrafo 2, comma 1). Deve, tuttavia, precisarsi che, nonostante il dettato testuale della norma, tali modifiche possono riguardare ogni aspetto della dichiarazione trimestrale, fatta eccezione per il periodo d’imposta interessato, per il numero identificativo unico della dichiarazione interessata dalle modifiche e per la data di iniziale trasmissione.
Restano, in ogni caso, impregiudicate le norme degli Stati membri di consumo in materia di accertamento e modifica delle dichiarazioni trimestrali (paragrafo 2, comma 2) .
Ciò posto, i soggetti passivi registrati al MOSS in Italia potranno rettificare una dichiarazione precedentemente inviata utilizzando le funzionalità previste nel Portale MOSS, entro tre anni dal termine di presentazione di tale dichiarazione previsto dalla legge. Eventuali pagamenti aggiuntivi dovuti agli Stati membri di consumo dal soggetto passivo, conseguenti alle modifiche, dovranno essere effettuati all’Agenzia delle Entrate, che provvederà successivamente alla ripartizione delle somme tra gli Stati membri di consumo interessati. Ove, invece, le modifiche evidenzino un’eccedenza di versamento d’imposta ad un determinato Stato membro di consumo, sarà quest’ultimo a dover restituire direttamente al soggetto passivo l’eccedenza precedentemente incassata.
Nel silenzio della normativa comunitaria, e sulla base di quanto riportato nelle Linee guida MOSS (cfr. pagina 20, quesito n. 17, della versione in italiano), deve ritenersi che il soggetto passivo in regime MOSS abbia la possibilità di presentare la dichiarazione trimestrale all’Italia, quale Stato membro di identificazione, entro tre anni dal relativo termine di presentazione di legge, anche nel caso in cui, nonostante l’avvenuto invio di solleciti, tale dichiarazione non sia stata ancora presentata. Soltanto dopo l’inutile decorso di tale termine (tre anni dalla scadenza prevista), infatti, resta definitivamente preclusa al soggetto identificato in Italia la possibilità di avvalersi del Portale MOSS per operare le correzioni su una dichiarazione già presentata, ovvero per inviarne una nuova. In tale situazione il soggetto passivo dovrà rivolgersi direttamente alle competenti autorità degli Stati di consumo interessati per adempiere agli obblighi dichiarativi.
Va tuttavia precisato che, dal combinato disposto degli articoli 60-bis, 61, par. 2, comma 2 e 63-bis, par. 3, del regolamento n. 282, emerge il principio fondamentale in base al quale, trascorso un breve lasso di tempo, la competenza alla gestione delle dichiarazioni e alla ricezione dei pagamenti passa allo Stato membro di consumo che opererà sulla base delle proprie norme nazionali in materia di accertamento e modifica (art. 61, par. 2, comma 2). L’operatore, a quel punto, non potrà più effettuare alcun pagamento allo Stato membro d’identificazione. Inoltre, Stato membro di consumo, una volta avviate le attività di accertamento, potrà non tenere conto delle correzioni ex art. 61, par. 1, nel frattempo apportate dal soggetto passivo alla dichiarazione iniziale.
Diversamente, nelle ipotesi in cui l’Italia costituisca lo Stato membro di consumo dei servizi TTE, fermo restando il termine di decadenza triennale di cui al citato art. 61, l’Agenzia delle Entrate è tenuta ad intraprendere tempestivamente ogni attività necessaria per l’accertamento e la riscossione dell’imposta o della maggiore imposta non tempestivamente versata dal soggetto passivo (estero). Conseguentemente, in caso di inoltro da parte del competente Ufficio della comunicazione di esito della liquidazione di cui all’articolo 54-quater, comma 3, del d.P.R. n. 633, ogni pagamento dovuto all’Erario italiano dovrà essere effettuato all’Agenzia delle Entrate, non più alle autorità fiscali dello Stato membro di identificazione. In tal senso, del resto, dispone l’articolo 63-bis, comma 3, del regolamento n. 282 e depongono, altresì, le richiamate Linee Guida MOSS (cfr. pagina 29 della versione italiana, quesito n. 4).
Ciò non preclude la facoltà per il contribuente di emendare la dichiarazione entro il termine triennale. Tali modifiche dovranno essere comunicate elettronicamente allo Stato membro di identificazione, e contestualmente dovrà essere versata allo stesso l’eventuale maggiore imposta. L’importo degli interessi di mora e delle sanzioni amministrative correlate al tardivo versamento di tale maggiore imposta, invece, dovrà essere versato direttamente all’Agenzia delle Entrate, quale autorità creditrice della maggiore imposta, ai sensi dell’articolo 63-ter del regolamento n. 282, e seguendo le indicazioni fornite dalla stessa.
Nell’ipotesi in cui, invece, il soggetto passivo (estero) sia destinatario di un avviso di accertamento in rettifica (emesso ai sensi dell’art. 54-quinquies, comma 1) o di un accertamento induttivo (ex art. 54-quinquies, comma 2), ferma restando la facoltà di emendare una dichiarazione già presentata ovvero di inviare una dichiarazione fino a quel momento omessa entro il termine triennale di cui all’articolo 61 del regolamento n. 282, l’Agenzia delle Entrate potrà discrezionalmente decidere se accogliere o meno tali correzioni o le risultanze di tale dichiarazione tardiva. Deve ritenersi, infatti, che l’avvenuto esercizio dell’attività di controllo sostanziale da parte dell’Amministrazione finanziaria determini la quantificazione definitiva dell’obbligazione tributaria, facendo venir meno per il contribuente la possibilità di rettificare unilateralmente la stessa.

20. SANZIONI
L’art. 63-ter del regolamento n. 282 demanda alla legislazione dello Stato Membro di consumo l’accertamento e il calcolo di interessi, sanzioni ed altri oneri per le violazioni concernenti le dichiarazioni e i pagamenti commesse dai soggetti passivi nell’ambito del regime speciale del Mini One Stop Shop.
A tal fine, nel rispetto del principio di legalità che caratterizza la disciplina delle sanzioni tributarie non penali, in sede di recepimento della normativa comunitaria, l’articolo 6 del d.lgs. n. 42 del 2015 ha integrato il d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 – recante la disciplina delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto – al fine di individuare le sanzioni applicabili alle diverse ipotesi di violazioni ravvisabili con riferimento al regime MOSS. Va detto che, successivamente, il decreto legislativo n. 158 del 2015, nell’attuare la riforma del regime fiscale sanzionatorio, è nuovamente intervenuto per meglio coordinare le sanzioni in argomento.
Ad oggi le sanzioni applicabili in caso di violazione degli obblighi connessi al regime MOSS sono rinvenibili:
nell’articolo 5, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce con la sanzione dal centoventi al duecentoquaranta per cento, con un minimo di 250 euro, anche l’omessa o tardiva presentazione della dichiarazione trimestrale, inviata dai soggetti passivi registrati in Italia al regime non UE, o dai soggetti registrati in altro Stato membro per le operazioni rese a privati consumatori localizzati in Italia. La sanzione proporzionale è commisurata all’ammontare dell’imposta dovuta nel territorio dello Stato che avrebbe dovuto formare oggetto di dichiarazione;
nell’articolo 5, comma 4, del d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce le dichiarazioni infedeli con una sanzione proporzionale dal novanta al centottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza di credito utilizzato e, quindi, anche le dichiarazioni trimestrali presentate nell’ambito del regime MOSS (prima della modifica recata dal d.lgs. n. 158 del 2015 il comma 4 dell’articolo 5 rinviava espressamente alla disciplina MOSS, ma il legislatore della riforma ha ritenuto superfluo lo specifico richiamo delle norme di riferimento, trattandosi di disposizioni applicabili a tutte le dichiarazioni IVA infedeli);
nell’articolo 5, comma 6 del d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce con una sanzione da 500 a 2.000 euro anche coloro che presentano la richiesta di registrazione per l’opzione al regime speciale MOSS con indicazioni incomplete o inesatte, anche relativamente all’indirizzo di posta elettronica e all’URL del sito web, tali da non consentire l’individuazione del contribuente o dei luoghi ove è esercitata l’attività. Il legislatore della riforma fiscale delle sanzioni ha, poi, ulteriormente integrato il citato comma 6 al fine di estendere il regime sanzionatorio ivi previsto anche alla incompleta o inesatta presentazione delle successive comunicazioni;
nell’articolo 8, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce con la sanzione da euro 250 a 2.000 euro anche le violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni trimestrali MOSS;
nell’articolo 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce con la sanzione del trenta per cento gli omessi o tardivi versamenti e, quindi, anche gli omessi o tardivi versamenti dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione trimestrale MOSS.
Si osserva, inoltre, che anche alle violazioni commesse nell’ambito del regime speciale MOSS si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie contenute nel d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
In particolare, si è dell’avviso che il soggetto passivo non residente, con riferimento alle operazioni effettuate nel territorio nazionale, possa sanare l’omessa o tardiva presentazione della dichiarazione trimestrale, nonché l’omesso o tardivo versamento dell’IVA avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Resta inteso che, ai fini della regolarizzazione della violazione commessa, il soggetto passivo non residente dovrà versare l’imposta allo Stato di identificazione, mentre gli interessi e le sanzioni ridotte – calcolati sulla parte di imposta dovuta per le operazioni effettuate nel territorio dello Stato – direttamente all’Italia, quale Stato membro di consumo”.

NOTE:
(1) Ad esempio, il mero trattamento dei pagamenti dei corrispettivi, ovvero la mera messa a disposizione della rete Internet, sulla quale è trasferito il contenuto elettronico o è eseguito il pagamento (vedi Note esplicative, p. 30).
(2) Si precisa, inoltre, che la Commissione Europea ha pubblicato sul proprio sito Internet un documento denominato “Audit and control of the Mini One Stop Shop” che riassume le raccomandazioni e le linee guida predisposte dal Gruppo di lavoro Fiscalis FPG 86. Le raccomandazioni contengono regole di approccio al contribuente e alle relazioni con gli Stati partner, ad esempio l’uso del modello Standard audit file MOSS per lo scambio di dati contabili del contribuente tra SMI e SMC e l’utilizzo del modello SCAC per lo scambio di informazioni.

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