25 Maggio, 2016

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Circolare 25 maggio 2016, n. 21/E, dell’Agenzia delle entrate

INDICE:
PREMESSA
1. AMBITO OGGETTIVO
2. AMBITO SOGGETTIVO
2.1 Soggetti esclusi
3. DECORRENZA
4. SANZIONI.

“PREMESSA
Il D.Lgs. 11 febbraio 2016, n. 24, (G.U. n. 52 del 3 marzo 2016), adottato in attuazione delle Direttive 2013/42/UE e 2013/43/UE del Consiglio del 22 luglio 2013, ha modificato l’art. 17 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
In particolare, l’articolo 1, comma 1, lett. a), del citato D.Lgs. ha modificato la rubrica dell’art. 17, del D.P.R. n. 633/1972, che ora fa riferimento al “debitore d’imposta”. Le successive lettere da a) a d) del citato articolo 1, hanno modificato il contenuto dell’articolo 17, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972, che individua le operazioni soggette al meccanismo dell’inversione contabile, c.d. reverse charge.
Nel dettaglio, la novella legislativa, ha
– riformulato la lett. b), concernente le cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni, non riporta più il riferimento ai “loro componenti e accessori”. L’intervento legislativo è di mero aggiornamento formale e non ha alcuna conseguenza atteso che, in relazione ai componenti e accessori di computer, il meccanismo dell’inversione contabile previsto dalla previgente formulazione della lett. b) non aveva trovato applicazione per assenza dell’autorizzazione da parte degli organi dell’UE;
– sostituito la lett. c) che adesso fa riferimento alle cessioni “di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”. La nuova disposizione ha portata innovativa nella parte in cui estende, a decorrere dal 2 maggio 2016, il reverse charge alle cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop.
Sono state, infine, abrogate, le disposizioni di cui alla lettera d) e d-quinquies) che non aveva trovato applicazione per assenza della necessaria autorizzazione dell’UE, concernenti rispettivamente:
– le cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere;
– le cessioni di beni effettuate nei confronti degli ipermercati (codice attività 47.11.1), supermercati (codice attività 47.11.2) e discount alimentari (codice attività 47.11.3).
Al riguardo, con la presente circolare si forniscono i primi chiarimenti con riguardo modifiche normative sopravvenute aventi carattere innovativo.

1. AMBITO OGGETTIVO
L’articolo 17, sesto comma, lett. c), del DPR n. 633 del 1972, dispone l’applicazione del reverse charge in relazione alle cessioni “di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”.
La predetta disposizione nazionale trova fondamento nell’articolo 199 bis della direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, (di seguito “direttiva IVA”) secondo cui fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni, gli Stati membri possono stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell’IVA sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate, tra l’altro, le operazioni di cui alla lettera h) di cui alla citata direttiva IVA che fa riferimento a “cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop”. Tale disposizione, come è noto, risponde all’esigenza di affrontare il diffondersi di fenomeni fraudolenti, specie in alcuni particolari settori manifestamente più a rischio, regolando direttamente l’applicazione del meccanismo del reverse charge. In tali ipotesi, i singoli Stati membri hanno la facoltà di adottare tale particolare meccanismo impositivo, a condizione che ne diano comunicazione al Comitato IVA e forniscano le informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode, la descrizione delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo.
In forza della predetta facoltà concessa dalla normativa dell’UE, il legislatore nazionale ha ampliato l’art. 17, sesto comma, lett. c), del DPR n. 633 del 1972, che, nella versione previgente, faceva riferimento solo “alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori”. La previgente disposizione, come è noto, era entrata in vigore dopo la decisione di esecuzione del Consiglio del 22 novembre 2010, n. 2010/710/UE, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 25 novembre 2010, che aveva autorizzato l’Italia ad applicare il reverse charge alle operazioni, tra soggetti passivi, aventi ad oggetto, tra l’altro, “dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”. Con la circolare n. 59/E del 2010 e la Risoluzione n. 36/E del 2011, la scrivente ha già avuto modo di precisare l’ambito di applicazione del reverse charge in relazione alle cessioni di dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione.
Per effetto della modifica normativa in commento il medesimo reverse charge è applicabile anche alle cessioni, territorialmente rilevanti in Italia, effettuate tra soggetti passivi, dei seguenti prodotti:
– console da gioco, (NC 9504 50 00);
– tablet PC (NC 8471 30 00);
– Laptop (NC 8471 30 00).
Giova precisare che ai fini dell’individuazione dei predetti beni, non rileva la denominazione “commerciale” ma, bensì, la circostanza che si tatti di beni della stessa qualità commerciale, aventi le stesse caratteristiche tecniche e lo stesso codice di Nomenclatura Combinata (NC).

2. AMBITO SOGGETTIVO
L’applicazione del meccanismo del reverse charge comporta che il destinatario della cessione territorialmente rilevante, se soggetto passivo d’imposta, è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente.
Giova precisare che il cessionario è obbligato all’assolvimento dell’imposta mediante reverse charge anche se non stabilito in Italia o avente stabile organizzazione in Italia. Per assolvere il predetto obbligo, dunque, il cessionario – non stabilito o in assenza di stabile organizzazione nel territorio dello Stato – dovrà identificarsi ai fini IVA in Italia (cfr. Risoluzione n. 28/E del 2012).
Pertanto, i cedenti dei beni in argomento sono tenuti ad emettere fattura senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 21 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse charge (art. 17, sesto comma, lett. c); il cessionario dovrà integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi, di cui agli artt. 23 o 24 del D.P.R. n. 633 del 1972, entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro degli acquisti di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 633 del 1972.

2.1 Soggetti esclusi. Si ritiene che l’obbligo del meccanismo dell’inversione contabile alle fattispecie in esame, ai sensi del citato articolo 17, comma 6, lett. c), del DPR n. 633 del 1972, trovi applicazione per le sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio, analogamente a quanto già precisato dalla scrivente con la circolare n. 59/E del 2010 e la Risoluzione n. 36/E del 2011.
Tale interpretazione è coerente con l’ampia facoltà concessa agli Stati membri in forza del citato art. 199 bis della direttiva IVA e con le caratteristiche che connotano il meccanismo del reverse charge, vale a dire, l’utilità ad evitare e scoraggiare eventuali tentativi di frode, nonché semplificare la procedura di riscossione dell’IVA. Ciò giustifica, ad avviso della scrivente, che il meccanismo dell’inversione contabile per le fattispecie in esame non trova applicazione per la fase del commercio al dettaglio la cui attività, è di regola, caratterizzata da una frequenza tale da rendere particolarmente onerosa l’osservanza dell’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile in ragione della qualità di soggetto passivo del cessionario-cliente.
Diversamente, per le cessioni dei beni in argomento che si verificano in tutte le fasi di commercializzazione precedenti la vendita al dettaglio, il destinatario della cessione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente.

3. DECORRENZA
L’articolo 2 del D.Lgs. n. 24 del 2016, dispone che “Le disposizioni di cui all’articolo 17, sesto comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, come sostituite dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del presente decreto, si applicano alle operazioni effettuate a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’entrata in vigore del presente decreto” (3 marzo 2016).
Come già sopra evidenziato, la citata lett. c), dell’art. 17, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972, ha portata innovativa nella parte in cui estende il reverse charge alle cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop.
Ciò posto, in relazione alle cessioni aventi ad oggetto i predetti beni , in forza dell’art. 2 del D.Lgs. n. 24 del 2016, che si ispira ai principi dello Statuto del contribuente (art. 3, comma 2, della Legge 27 luglio 2000, n. 212) il reverse charge è applicabile alle operazioni effettuate a decorrere dal 2 maggio 2016. La misura ha carattere temporaneo, e si applica alle operazioni effettuate fino al 31 dicembre 2018, coerentemente alla previsione di cui all’art. 199-bis della direttiva IVA.

4. SANZIONI
Con riguardo alle violazioni relative all’omessa o errata applicazione del reverse charge tornano applicabili le sanzioni di cui all’articolo 6, commi 9-bis 1 e 9-bis 2 del D.Lgs. n. 471 del 1997.
In considerazione dell’incertezza in materia e della circostanza che la nuova disciplina in commento ha esplicato comunque la sua efficacia già in relazione alle operazioni effettuate a decorrere dal 2 maggio 2016, nonché in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente, si precisa che sono fatti salvi i comportamenti finora adottati dai contribuenti, ai quali, pertanto, non dovranno essere applicate sanzioni per le violazioni eventualmente commesse anteriormente all’emanazione del presente documento di prassi”.

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