31 Marzo, 2015

Circolare 27 marzo 2015, n. 14/E, dell’Agenzia delle entrate

 

PREMESSA: IL CONTESTO COMUNITARIO

1. ESTENSIONE DEL REVERSE CHARGE NELL’AMBITO DEL SETTORE EDILE E DEI SETTORI CONNESSI

1.1. Ambito oggettivo e soggettivo di applicazione

1.2. Prestazioni relative ad “edifici”

1.3. Servizi di pulizia negli edifici

1.4. Demolizione, installazione di impianti e completamento degli edifici

1.5. Entrata in vigore

2. ESTENSIONE DEL REVERSE CHARGE NELL’AMBITO DEL SETTORE ENERGETICO

3. ESTENSIONE DEL REVERSE CHARGE ALLE CESSIONI DI PALLETS RECUPERATI AI CICLI DI UTILIZZO SUCCESSIVI AL PRIMO

4. RAPPORTO TRA SPLIT PAYMENT E REVERSE CHARGE

5. APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE DA PARTE DELLE SOCIETÀ CONSORZIATE

6. REVERSE CHARGE E REGIME DELL’IVA PER CASSA

7. REVERSE CHARGE E NUOVO REGIME FORFETARIO

8. ACQUISTI DI SERVIZI PROMISCUI DA PARTE DI UN ENTE NON COMMERCIALE

9. UTILIZZO DEL PLAFOND

10. SOGGETTI ESCLUSI DALL’APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE

11. CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA.

 

PREMESSA: IL CONTESTO COMUNITARIO 

L’articolo 1, commi 629 e 631, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge di stabilità 2015), integrando l’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ha disposto l’estensione del meccanismo di assolvimento dell’IVA mediante inversione contabile (c.d. reverse charge) a nuove fattispecie nell’ambito del settore edile ed energetico. Lo stesso articolo 1 della Legge di stabilità 2015, al comma 629, lettera d), inoltre, modificando l’articolo 74, comma 7, del DPR 633 del 1972, ha esteso il meccanismo dell’inversione contabile anche alle cessioni di “bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo”.

Con riferimento al settore edile, in conformità all’articolo 199, par. 1, lettera a) della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, il Legislatore ha introdotto la nuova lettera a-ter) al sesto comma dell’articolo 17 del citato DPR 633 del 1972, prevedendo l’applicazione del reverse charge alle “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici”. 

Inoltre, compatibilmente con l’articolo 199-bis della Direttiva n. 2006/112/CE, sono state aggiunte le nuove lettere d-bis), d-ter) e d-quater), al medesimo articolo 17, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972 per l’applicazione temporanea (fino al 31 dicembre 2018) del reverse charge ai trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra di cui all’articolo 3 della Direttiva n. 2003/87/CE; ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva n. 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica; alle cessioni di gas e di energia elettrica ad un soggetto passivo-rivenditore. 

Come noto, l’adempimento dell’imposta secondo il meccanismo dell’inversione contabile, ai sensi dell’articolo 17, quinto comma, del citato DPR n. 633 del 1972, comporta che gli obblighi relativi all’applicazione dell’IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore. 

Tale meccanismo, adottato dagli Stati membri – secondo la Direttiva 2006/69/CE del 24 luglio 2006 – in deroga alla procedura normale di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto secondo il sistema della rivalsa, mira a contrastare le frodi in particolari settori a rischio, evitando che il cessionario porti in detrazione l’imposta che il cedente non provvede a versare all’erario. 

In particolare, per le operazioni indicate nell’articolo 199 della Direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, l’applicazione dell’inversione contabile può essere adottata dagli Stati membri senza la necessità di un’autorizzazione preventiva, essendo sufficiente una semplice comunicazione al Comitato IVA di cui all’articolo 398 della stessa Direttiva. 

L’articolo 199-bis della Direttiva 2006/112/CE, inoltre, come modificato ad opera dell’articolo 1 della Direttiva 22 luglio 2013, n. 2013/43/UE, ha stabilito una serie di nuove fattispecie rispetto alle quali, per finalità antifrode, gli Stati membri “fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni” possono decidere di applicare il meccanismo dell’inversione contabile informando previamente il Comitato IVA. La norma comunitaria consente, quindi, agli Stati membri di introdurre il meccanismo dell’inversione contabile a condizione che ne diano comunicazione al Comitato IVA e forniscano le informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode, la descrizione delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo.

In linea con il dettato comunitario, per arginare l’evasione da riscossione e le frodi IVA, la legge di stabilità 2015 ha, dunque, previsto di ampliare il novero delle operazioni soggette al sistema dell’inversione contabile nell’ambito dei settori sopra menzionati. 

Con riferimento alle nuove fattispecie introdotte nell’ambito del settore edile ed energetico, il meccanismo dell’inversione contabile si applica alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2015. 

La presente circolare intende fornire i primi chiarimenti in ordine alle novità fiscali introdotte in materia di reverse charge, al fine di consentire agli operatori del settore una agevole applicazione delle disposizioni in argomento. 

Per chiarezza espositiva, la circolare è divisa in tre macro argomenti (settore edile, energetico e dei pallets recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo), ciascuno dei quali esamina l’ambito applicativo delle novità normative introdotte nella relativa area.

 

1. ESTENSIONE DEL REVERSE CHARGE NELL’AMBITO DEL SETTORE EDILE E DEI SETTORI CONNESSI

La lettera a-ter) dell’articolo 17, sesto comma, del DPR 633 del 1972, introdotta ad opera dell’articolo 1, comma 629, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha esteso l’obbligo di inversione contabile alle “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici”.

La novella – come precisato in premessa – trova base giuridica comunitaria nell’articolo 199, lettera a), della Direttiva del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE secondo cui “gli Stati membri possono stabilire che il debitore d’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili”.

A tale riguardo, si precisa che l’ordinamento italiano ha già in parte recepito la norma comunitaria richiamata, prevedendo l’applicazione del reverse charge alle “prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore” (art. 17, sesto comma, lettera a), del DPR 633 del 1972). 

La circolare 37/E del 29 dicembre del 20061, in proposito, ha chiarito che l’ambito oggettivo della suddetta misura va limitato alle ipotesi in cui soggetti subappaltatori rendono servizi ad imprese del comparto dell’edilizia che si pongono quali appaltatori o, a loro volta, quali subappaltatori, in relazione alla realizzazione dell’intervento edilizio. I servizi forniti ai soggetti appaltatori o ad altri subappaltatori assumono rilevanza non solo se resi sulla base di un contratto riconducibile alla tipologia dell’appalto, ma anche se effettuati in base ad un contratto di prestazione d’opera. Per converso, il regime dell’inversione contabile non si applica alle prestazioni rese direttamente, in forza di contratti d’appalto, nei confronti di imprese di costruzione o di ristrutturazione. Tale meccanismo non si applica, altresì, alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori (c.d. general contractor).

La citata circolare n. 37 del 2006 ha, inoltre, precisato che tenuti all’applicazione del reverse charge sono i subappaltatori che svolgono, anche se in via non esclusiva o prevalente, attività identificate dalla sezione F della classificazione delle attività economiche ATECO.

Per effetto dell’introduzione della disposizione di cui alla lettera a-ter) dell’articolo 17, sesto comma, del DPR 633 del 1972, l’obbligo di inversione contabile viene ora esteso alle seguenti prestazioni relative ad edifici:

servizi di pulizia;

demolizione;

installazione di impianti;

completamento.

Come si evince dal dettato della novella normativa in commento, l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile riguarda, quindi, attività relative al comparto edile (prestazioni di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici) già interessate dal reverse charge alle condizioni di cui alla previgente lettera a) dell’articolo 17, comma 6, del DPR n. 633 del 1972, e, al contempo, interessa nuovi settori collegati non rientranti nel comparto edile propriamente inteso, come i servizi di pulizia relativi ad edifici.

A tale proposito, si osserva che il contenuto della lettera a-ter) risulta oggettivamente contiguo e complementare rispetto alla previsione di cui alla lettera a) del medesimo sesto comma, ma, al contempo, se ne differenzia sotto molteplici aspetti.

Differenti sono, infatti, i presupposti e l’ambito applicativo della novella normativa rispetto a quelli relativi alla lettera a) del sesto comma dell’articolo 17 del DPR 633 del 1972.

 

1.1. Ambito oggettivo e soggettivo di applicazione. Per l’individuazione delle prestazioni di cui alla lettera a-ter) sopra elencate, in una logica di semplificazione e allo scopo di evitare incertezze interpretative, si ritiene, in conformità, peraltro, ai criteri adottati in sede di Relazione Tecnica, che debba farsi riferimento unicamente ai codici attività della Tabella ATECO 2007. Tale criterio deve, quindi, essere assunto al fine di individuare le prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici.

Occorre comunque tener presente che i soggetti passivi che rendono i servizi di cui alla lettera a-ter), devono applicare il reverse charge indipendentemente dalla circostanza che si tratti di prestatori che operano nel settore edile, ossia che svolgono un’attività economica compresa nei codici della sezione F della classificazione delle attività economiche ATECO.

Tuttavia, qualora il prestatore del servizio svolga sistematicamente attività ricomprese nelle classificazioni ATECO relative alle prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici, ma tali attività non siano state comunicate ai sensi dell’articolo 35, comma 3, del DPR n. 633 del 1972, le stesse dovranno essere assoggettate al meccanismo dell’inversione contabile, con l’obbligo, da parte dello stesso prestatore di procedere all’adeguamento del codice ATECO (cfr. risoluzione n. 172/E del 13 luglio 20072).

Il sistema dell’inversione contabile si applica, inoltre, a prescindere dalla circostanza che le prestazioni siano rese:

dal subappaltatore nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore;

nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori.

Va evidenziato, altresì, che per le prestazioni di cui alla lettera a-ter) il sistema dell’inversione contabile si applica a prescindere:

dal rapporto contrattuale stipulato tra le parti;

dalla tipologia di attività esercitata.

In tal senso, la relazione tecnica alla Legge di Stabilità 2015, in cui si afferma testualmente che “il reverse charge riguarderebbe non soltanto le opere effettuate nei contratti di subappalto, bensì tutte le prestazioni rese nei rapporti B2B, anche nei confronti dei committenti che non operano nel settore edile o dei contraenti generali”

Il reverse charge di cui alla lettera a) dell’articolo 17, sesto comma, continua, invece, ad applicarsi solo alle ipotesi di subappalto relativamente alle attività identificate dalla sezione F della classificazione delle attività economiche ATECO, diverse da quelle di installazione di impianti, demolizione e completamento.

Degli esempi possono meglio chiarire quanto sopra rappresentato: si pensi all’appalto avente ad oggetto prestazioni di completamento di un edificio rese nei confronti di un’impresa di costruzioni, come pure ad un servizio di pulizia reso da un’impresa nei confronti di uno studio professionale. Entrambe le fattispecie rientrano ora nell’ambito applicativo della lettera a-ter) ed in entrambi i casi l’imposta andrà applicata secondo il meccanismo dell’inversione contabile. 

Con riferimento, invece, al caso di attività di costruzione di un edificio continua ad applicarsi il meccanismo del reverse charge solo in presenza di prestazioni dipendenti da subappalto, rese nei confronti di un appaltatore, ai sensi del disposto della lettera a) dell’articolo 17, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972.

Da ultimo, in linea con l’indirizzo interpretativo fornito con la più volte citata circolare n. 37/E del 2006, devono ritenersi escluse dal reverse charge le forniture di beni con posa in opera in quanto tali operazioni, ai fini IVA, costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi, poiché la posa in opera assume una funzione accessoria rispetto alla cessione del bene (cfr. anche risoluzioni n. 148/E del 28 giugno 20073, n. 164/E del 11 luglio 20074 e n. 172/E del 13 luglio 20075).

 

1.2. Prestazioni relative ad “edifici”. Al fine di meglio delineare l’ambito applicativo della norma in commento, è necessario definire il concetto di edificio, al quale la lettera a-ter) fa testuale riferimento. 

Da un punto di vista fiscale non si rinviene, in ambito IVA, una definizione di edificio.

A tale proposito, appare utile fare presente che l’articolo 2 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”, definisce l’edificio come “un sistema costituito dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito, dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti e dispositivi tecnologici che si trovano stabilmente al suo interno; la superficie esterna che delimita un edificio può confinare con tutti o alcuni di questi elementi: l’ambiente esterno, il terreno, altri edifici; il termine può riferirsi a un intero edificio ovvero a parti di edificio progettate o ristrutturate per essere utilizzate come unità immobiliari a sé stanti”.

Tale definizione appare in linea con i chiarimenti già forniti dall’Amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 46/E/1998

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6, ove, riprendendo la circolare del Ministero dei lavori pubblici del 23 luglio 1960, n. 1820, è stato precisato che per “edificio e fabbricato si intende qualsiasi costruzione coperta isolata da vie o da spazi vuoti, oppure separata da altre costruzioni mediante muri che si elevano, senza soluzione di continuità, dalle fondamenta al tetto, che disponga di uno o più liberi accessi sulla via, e possa avere una o più scale autonome”.

In base alla ricostruzione normativa sopra operata, pertanto, si è dell’avviso che il Legislatore, utilizzando il riferimento alla nozione di edificio, abbia sostanzialmente voluto limitare la disposizione in commento ai fabbricati, come risultanti dalle disposizioni sopra esposte e non alla più ampia categoria dei beni immobili. 

La disposizione deve intendersi riferita sia ai fabbricati ad uso abitativo che a quelli strumentali, ivi compresi quelli di nuova costruzione, nonché alle parti di essi (ad esempio, singolo locale di un edificio). Devono ricomprendersi, inoltre, nell’ambito applicativo della norma in commento anche gli edifici in corso di costruzione rientranti nella categoria catastale F3 e le “unità in corso di definizione” rientranti nella categoria catastale F4.

Sulla base della ricostruzione sopra operata, si ritiene che non rientrino, pertanto, nella nozione di edificio e vadano, quindi, escluse dal meccanismo del reverse charge le prestazioni di servizi di cui alla lettera a-ter) aventi ad oggetto, ad esempio, terreni, parti del suolo, parcheggi, piscine, giardini, etc., salvo che questi non costituiscano un elemento integrante dell’edificio stesso (ad esempio, piscine collocate sui terrazzi, giardini pensili, impianti fotovoltaici collocati sui tetti, etc.).

Resta inteso che il meccanismo del reverse charge non si applica alle prestazioni di servizi di pulizia, installazione di impianti e demolizione relative a beni mobili di ogni tipo.

 

1.3. Servizi di pulizia negli edifici. In via preliminare, si fa presente che precedentemente all’entrata in vigore della lettera a-ter), sesto comma, dell’articolo 17 del DPR 633 del 1972, i servizi di pulizia relativi ad edifici erano esclusi dall’applicazione del reverse charge. 

A riguardo la sopra menzionata circolare n. 37/E del 2006, chiarendo che tale attività non rientrava nella sezione F della Tabella ATECO 2007 (costruzioni), ha precisato che su tali prestazioni l’IVA andava applicata con le modalità ordinarie.

Per effetto delle modifiche normative introdotte dall’articolo 1, comma 629, della Legge di stabilità 2015, a partire dal 1° gennaio 2015, alle prestazioni di servizi di pulizia relative ad edifici si applica il meccanismo dell’inversione contabile. Relativamente ai servizi di pulizia, dunque, l’unica condizione richiesta dalla lettera a-ter), sesto comma, dell’articolo 17 del DPR 633 del 1972 è che tali prestazioni siano “relative ad edifici” (ad esempio, i servizi di pulizia resi da una impresa nei confronti di società o di uno studio di professionisti).

Per l’individuazione delle prestazioni rientranti nella nozione di servizi di pulizia, come già anticipato, si può fare riferimento alle attività ricomprese nei codici attività della Tabella ATECO 2007. 

Sono, dunque, da ricomprendere nell’ambito applicativo della lettera a-ter) le attività classificate come servizi di pulizia dalla suddetta Tabella, a condizione che questi ultimi siano riferiti esclusivamente ad edifici:

81.21.00 Pulizia generale (non specializzata) di edifici;

81.22.02 Altre attività di pulizia specializzata di edifici e di impianti e macchinari industriali. Devono intendersi escluse dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile le attività di pulizia specializzata di impianti e macchinari industriali, in quanto non rientranti nella nozione di edifici.

 

1.4. Demolizione, installazione di impianti e completamento degli edifici. Nell’ambito del settore edile propriamente inteso, la lettera a-ter) dell’articolo 17 del DPR 633 del 1972 estende il meccanismo dell’inversione contabile anche alle prestazioni di servizi di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici.

Analogamente a quanto osservato relativamente ai servizi di pulizia, si è dell’avviso che il riferimento alla classificazione delle prestazioni nell’ambito delle attività economiche ATECO 2007 sia utilizzabile anche per l’individuazione delle prestazioni in commento.

In proposito, si osserva che le attività di “demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici” sono espressamente menzionate nelle seguenti voci della Tabella ATECO 2007: 

Demolizione

43.11.00 Demolizione 

Installazione di impianti relativi ad edifici

43.21.01 Installazione di impianti elettrici in edifici o in altre opere di costruzione (inclusa manutenzione e riparazione);

43.21.02 Installazione di impianti elettronici (inclusa manutenzione e riparazione);

43.22.01 Installazione di impianti idraulici, di riscaldamento e di condizionamento dell’aria (inclusa manutenzione e riparazione) in edifici o in altre opere di costruzione;

43.22.02 Installazione di impianti per la distribuzione del gas (inclusa manutenzione e riparazione);

43.22.03 Installazione di impianti di spegnimento antincendio (inclusi quelli integrati e la manutenzione e riparazione)

43.29.01 Installazione, riparazione e manutenzione di ascensori e scale mobili;

43.29.02 Lavori di isolamento termico, acustico o antivibrazioni;

43.29.09 Altri lavori di costruzione e installazione n.c.a. (limitatamente alle prestazioni riferite ad edifici).

Completamento di edifici

Si osserva che il termine “completamento” di edifici, contenuto nella lettera a-ter) in commento, è utilizzato dal Legislatore in modo atecnico. L’articolo 3 del Testo Unico dell’edilizia (decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380), non menziona, infatti, la nozione di completamento, ma fa riferimento a interventi quali manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, etc. 

Peraltro, non si ravvisa una nozione di completamento né nella Direttiva del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE né nel Regolamento di esecuzione (UE) N. 1042/2013 del Consiglio del 7 ottobre 2013.

Ai fini dell’individuazione delle prestazioni rientranti nella nozione di “completamento di edifici” soccorrono nuovamente le classificazioni fornite dai seguenti codici attività ATECO 2007:

43.31.00 Intonacatura e stuccatura;

43.32.01 Posa in opera di casseforti, forzieri, porte blindate;

43.32.02 Posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili e simili. La posa in opera di “arredi” deve intendersi esclusa dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, in quanto non rientra nella nozione di completamento relativo ad edifici;

43.33.00 Rivestimento di pavimenti e di muri;

43.34.00 Tinteggiatura e posa in opera di vetri;

43.39.01 Attività non specializzate di lavori edili – muratori (limitatamente alle prestazioni afferenti gli edifici);

43.39.09 Altri lavori di completamento e di finitura degli edifici n.c.a.

completamento di edifici”. 

Dalla citata elencazione emerge che le prestazioni consistenti nel rifacimento della facciata di un edificio possono ritenersi comprese fra i servizi di completamento e, conseguentemente, assoggettate al meccanismo del reverse charge ai sensi dell’articolo 17, sesto comma, lettera a-ter), del DPR n. 633 del 1972.

Si ritiene, invece, che debbano essere escluse dal meccanismo dell’inversione contabile le prestazioni di servizi relative alla preparazione del cantiere di cui al codice ATECO 2007 43.12, in quanto le stesse non sono riferibili alla fase del completamento, bensì a quella propedeutica della costruzione.

Si evidenzia, inoltre, che in presenza di un unico contratto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge. Ciò in quanto il meccanismo dell’inversione contabile, attesa la finalità antifrode, costituisce la regola prioritaria. 

In tale ipotesi, pertanto, le singole prestazioni soggette a reverse charge dovranno essere distinte dalle altre prestazioni di servizi ai fini della fatturazione, in quanto soggette in via autonoma al meccanismo dell’inversione contabile. Si pensi, ad esempio, ad un contratto che preveda l’installazione di impianti, unitamente allo svolgimento di altre generiche prestazioni di servizi non rientranti nel meccanismo dell’inversione contabile. In tal caso, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni oggetto del contratto, distinguendo le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge (nell’esempio, il servizio di installazione di impianti) da quelle assoggettabili ad IVA secondo le regole ordinarie.

Tuttavia, stante la complessità delle tipologie contrattuali riscontrabili nel settore edile, le indicazioni sopra fornite potrebbero risultare di difficile applicazione con riferimento all’ipotesi di un contratto unico di appalto – comprensivo anche di prestazioni soggette a reverse charge ai sensi della lettera a-ter) – avente ad oggetto la costruzione di un edificio ovvero interventi di restauro, di risanamento conservativo e interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. 

In una logica di semplificazione, si ritiene che, anche con riferimento alla prestazioni riconducibili alla lettera a-ter), trovino applicazione le regole ordinarie e non il meccanismo del reverse charge.

Così, ad esempio, in presenza di un contratto avente ad oggetto la ristrutturazione di un edificio in cui è prevista anche l’installazione di uno o più impianti, non si dovrà procedere alla scomposizione del contratto, distinguendo l’installazione di impianti dagli interventi, ma si applicherà l’IVA secondo le modalità ordinarie all’intera fattispecie contrattuale.

 

1.5. Entrata in vigore. Il meccanismo del reverse charge, relativamente alle nuove tipologie di operazioni indicate dalla citata lettera a-ter) si applica alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2015. 

Il momento di effettuazione delle operazioni andrà verificato secondo le regole generali previste dall’articolo 6 del DPR n. 633 del 1972.

 

2. ESTENSIONE DEL REVERSE CHARGE NELL’AMBITO DEL SETTORE ENERGETICO

In senso conforme all’articolo 199-bis della Direttiva n. 2006/112/CE, l’articolo 1, comma 629, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 ha aggiunto le nuove lettere d-bis), d-ter) e d-quater), all’articolo 17, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972.

Tali commi estendono l’inversione contabile: 

ai trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra definite dall’articolo 3 della Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, e successive modificazioni, trasferibili ai sensi dell’articolo 12 della medesima Direttiva 2003/87/CE, e successive modificazioni;

ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;

alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 3, lettera a).

L’articolo 199-bis della Direttiva 112/2006 consente di estendere il meccanismo del reverse charge alle operazioni sopra elencate per una durata non inferiore a due anni e non oltre la data del 31 dicembre 2018. 

Si tratta, dunque, come accennato in premessa, di una misura di carattere temporaneo introdotta al fine di contrastare l’utilizzo diffuso delle frodi IVA riscontrate nell’ambito del settore energetico, come evidenziato, peraltro, dalla relazione tecnica alla legge di stabilità 2015.

L’ambito di applicazione della disposizione in commento riguarda in primo luogo i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra di cui all’articolo 3 della Direttiva n. 2003/87/CE.

In proposito, si fa presente che la citata Direttiva 2003/87/CE ha istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nell’Unione Europea al fine di promuovere la riduzione delle emissioni inquinanti. Tale sistema permette agli Stati membri di adempiere agli obblighi di riduzione delle emissioni attraverso un meccanismo di acquisto o di vendita di quote di emissione. 

Il nostro ordinamento ha dato attuazione alle norme comunitarie con più atti legislativi, tra cui il decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216 e, da ultimo, il decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30.

La disposizione normativa in commento ha, altresì, previsto che il meccanismo dell’inversione contabile si applichi anche ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva n. 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica. 

Nell’ambito applicativo della norma vanno, dunque, ricompresi i certificati che hanno finalità di incentivazione dell’efficienza energetica o della produzione di energia da fonti rinnovabili, in conformità alle finalità e agli obiettivi della Direttiva n. 2003/87/CE, quali ad esempio i certificati verdi, i titoli di efficienza energetica (c.d. certificati bianchi) e le garanzie di origine.

In virtù della natura e della funzione da essi svolta, tali titoli vanno qualificati come certificati collegati al settore dell’energia elettrica e del gas, in quanto consentono agli operatori del settore di ottemperare agli obblighi relativi al rispetto ambientale. 

In proposito si fa presente che, i certificati verdi sono stati introdotti nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (che dà attuazione alla Direttiva 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), per consentire ai produttori di energia elettrica di adempiere all’obbligo di immettere ogni anno in rete una determinata quota di energia elettrica “pulita”. Tali certificati rappresentano, infatti, la produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili. 

I titoli di efficienza energetica (c.d. certificati bianchi), introdotti nel 2004 (Decreti Ministeriali del 20 luglio 2004, “gas” e “energia elettrica”, come modificati successivamente dal Decreto Ministeriale 21 dicembre 2007 e 28 dicembre 2012), attestano il risparmio di gas ed energia elettrica conseguito attraverso sistemi di efficientamento della produzione. 

Le garanzie di origine sono state introdotte con il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (che ha recepito la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30), ed hanno esclusivamente lo scopo di consentire ai fornitori di energia elettrica di provare ai clienti finali la quota o la quantità di energia derivante da fonti rinnovabili nel proprio mix energetico.

Pertanto, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi aventi ad oggetto i titoli sopra richiamati sono soggetti all’applicazione del reverse charge ai sensi dell’articolo 17, sesto comma, lettera d-ter), del DPR n. 633 del 1972. 

Si ritiene che debbano essere compresi nell’ambito applicativo della lettera d-ter), anche le unità di riduzione delle emissioni (ERU) e le riduzioni certificate delle emissioni (CER).

Da ultimo, l’estensione del reverse charge riguarda le cessioni di gas e di energia elettrica al ‘soggetto passivo-rivenditore’. 

A tale proposito, si fa presente che per soggetto passivo-rivenditore deve intendersi “un soggetto passivo la cui principale attività in relazione all’acquisto di gas, di energia elettrica (…) è costituita dalla rivendita di detti beni ed il cui consumo personale di detti prodotti è trascurabile” (articolo 7-bis), comma 3, lettera a), del DPR n. 633 del 1972).

Con riferimento a tale nozione, la circolare n. 54/E del 23 dicembre 20047ha precisato che, ai fini della individuazione, in capo al soggetto passivo-rivenditore, del requisito dell’acquisto e della rivendita, in via principale, di gas e di elettricità non è necessario avere riguardo al complesso delle attività svolte dal soggetto interessato, ma bisogna esaminare il comportamento del soggetto in relazione ai singoli acquisti di gas ed elettricità. Il documento di prassi sopra citato precisa, inoltre, che non fa venir meno la qualificazione di “rivenditore” la circostanza che una parte del prodotto acquistato possa essere destinato a sopperire agli immediati bisogni del soggetto stesso, nell’ambito ovviamente dell’esercizio della sua attività economica, a condizione che tale uso e consumo sia di trascurabile entità.

Alle cessioni di gas e di energia elettrica ad un soggetto che non sia qualificabile come ‘soggetto passivo-rivenditore’, secondo la definizione sopra riportata, l’IVA deve essere applicata con le modalità ordinarie.

Va da sé che restano escluse dall’ambito applicativo della disposizione in commento le cessioni di gas e di energia elettrica effettuate nei confronti di un consumatore finale.

Da ultimo, si osserva che il generico riferimento alle “cessioni di gas” operato dalla disposizione di cui alla lettera d-quater) in commento, comporta l’esclusione dall’ambito applicativo della norma e, conseguentemente, dall’applicazione del reverse charge delle cessioni aventi ad oggetto il Gas di Petrolio Liquefatto (GPL), in quanto tale sostanza presenta caratteristiche più simili agli oli minerali che non ai gas vettoriati tramite sistemi o reti di gas naturale. 

Ciò appare coerente, peraltro, con l’impianto sistematico delle norme comunitarie. Si segnala, infatti, che l’articolo 199-bis), paragrafo 1, lett. e) della Direttiva n. 112 del 2006 stabilisce che il meccanismo del reverse charge è applicabile, fra l’altro alle “cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 2”. 

Per “soggetto passivo – rivenditore”, ai sensi della disposizione di cui all’articolo 38, paragrafo 2, della citata Direttiva n. 112 del 2006 (recepita in ambito domestico dall’articolo 7-bis), comma 3 lettera a) del DPR n. 633 del 1972), si intende un soggetto passivo la cui principale attività in relazione all’acquisto di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo è costituita dalla rivendita di tali prodotti e il cui consumo personale dei medesimi è trascurabile. 

Tale definizione è specificamente dettata ai fini del paragrafo 1 dell’articolo 38 della Direttiva IVA e, precisamente, per la delimitazione del presupposto territoriale dell’IVA relativamente alle cessioni di gas che avvengono “attraverso un sistema del gas naturale situato nel territorio della Comunità o qualsiasi rete connessa a un siffatto sistema”. 

Pertanto, come sopra già evidenziato, il meccanismo del reverse charge non può ritenersi applicabile alle cessioni di GPL, in quanto le stesse non avvengono tramite un sistema di gas naturale o reti connesse a tale sistema.

 

3. ESTENSIONE DEL REVERSE CHARGE ALLE CESSIONI DI PALLETS RECUPERATI AI CICLI DI UTILIZZO SUCCESSIVI AL PRIMO

Come sopra anticipato, il comma 629, lettera d), dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015, modificando l’articolo 74, comma 7, del DPR 633 del 1972, ha esteso, con decorrenza 1 gennaio 2015, il meccanismo dell’inversione contabile alle cessioni di “bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo”.

Sulla base del dato letterale della novella normativa di cui all’articolo 74, comma 7, del DPR 633 del 1972, che ha una evidente finalità antifrode, la condizione necessaria ai fini dell’applicazione del reverse charge alle cessioni di bancali in legno, è che questi ultimi siano pallets recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.

A tal fine, non è richiesta – come nel caso dei rottami – la condizione che i beni in questione (pallets) siano inutilizzabili rispetto alla loro originaria destinazione se non attraverso una fase di lavorazione e trasformazione, essendo sufficiente, nel caso che qui interessa, che il pallet sia ceduto in un ciclo di utilizzo successivo al primo.

Peraltro, si è dell’avviso che con la locuzione “cicli di utilizzo successivi al primo”, il Legislatore abbia voluto fare riferimento a tutte le fasi successive alla prima immissione in commercio del pallet nuovo. Ciò in quanto il bene – essendo normalmente sottoposto al trasporto, magazzinaggio, selezione, etc. – è di fatto un bene recuperato ad un ciclo di utilizzo successivo al primo. Conseguentemente, tutte le fasi di rivendita successive alla prima andranno assoggettate al regime dell’inversione contabile. 

 

4. RAPPORTO TRA SPLIT PAYMENT E REVERSE CHARGE

L’articolo 17-ter) del DPR n. 633 del 1972, introdotto dall’articolo 1, comma 629, lettera b) della legge di stabilità 2015 prevede che “per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”.

Tale disposizione prevede il meccanismo del c.d. split payment, che consiste in una speciale modalità di versamento dell’IVA, in relazione alle operazioni effettuate nei confronti dei soggetti pubblici espressamente individuati dalla norma medesima, per le ipotesi in cui questi ultimi non risultino essere debitori di imposta.

In particolare, mediante il meccanismo dello split payment l’ente pubblico cessionario/committente corrisponde al fornitore del bene o del servizio il corrispettivo pattuito al netto dell’IVA indicata in fattura, che deve essere versata all’Erario direttamente dall’ente.

La norma prevede espressamente che le disposizioni relative allo split payment non si applicano qualora l’ente pubblico sia debitore di imposta. E’ il caso, ad esempio, di un ente pubblico cessionario o committente che, in qualità di soggetto passivo d’imposta, deve applicare il meccanismo del reverse charge.

E’ evidente che i servizi in commento, resi alla Pubblica Amministrazione, soggetti al meccanismo dell’inversione contabile, sono unicamente quelli che vengono acquistati da quest’ultima nell’esercizio della propria attività economica. 

 

5. APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE DA PARTE DELLE SOCIETÀ CONSORZIATE

Nell’individuare l’ambito di applicazione del meccanismo dell’inversione contabile nelle ipotesi in cui intervengano organismi di natura associativa, la circolare n. 19/E del 4 aprile 20078ha precisato che le prestazioni rese dai consorziati al consorzio assumono la medesima valenza delle prestazioni rese dal consorzio ai terzi, in analogia con quanto previsto dall’articolo 3, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972, con riferimento al mandato senza rappresentanza.

In sostanza, qualora il consorzio agisca sulla base di un contratto assoggettabile alla disciplina del reverse-charge, tale modalità di fatturazione, riverberandosi anche nei rapporti interni, è applicabile anche da parte delle società consorziate per le prestazioni rese al consorzio.

Tali chiarimenti devono considerarsi validi anche con riferimento alle nuove fattispecie introdotte dall’articolo 1, commi 629, 631 e 632 della Legge di Stabilità 2015 alle quali si applica il meccanismo di inversione contabile.

 

6. REVERSE CHARGE E REGIME DELL’IVA PER CASSA

L’articolo 32-bis) del decreto-legge n. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede il differimento dell’esigibilità dell’IVA (c.d. regime IVA per cassa o cash accounting) per i soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti di altri soggetti passivi IVA e che, avendo realizzato nell’anno precedente un volume di affari non superiore a 2 milioni di euro, hanno esercitato apposita opzione.

Con circolare n. 44/E del 26 novembre 20129è stato precisato che il regime dell’IVA per cassa non è applicabile alle operazioni per le quali l’IVA è applicata secondo regole peculiari. In particolare è stato chiarito che in relazione alle operazioni soggette al reverse charge, il cedente o prestatore non può oggettivamente applicare il differimento dell’esigibilità dell’imposta, in quanto il soggetto tenuto al versamento dell’imposta a debito è colui che ha ricevuto il bene o il servizio.

L’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, costituendo una deroga alle modalità ordinarie di assolvimento dell’imposta, esclude, quindi, l’applicabilità del regime di cash accounting. 

Pertanto, qualora i soggetti che abbiano optato per l’IVA per cassa, dal 1° gennaio 2015, pongano in essere operazioni che, per effetto e delle nuove disposizioni introdotte dalla Legge di stabilità 2015, rientrano nel meccanismo del reverse charge, relativamente a tali operazioni non potranno più applicare per il regime di cash accounting.

Come sopra precisato, ai fini dell’applicabilità del meccanismo del reverse charge, il momento di effettuazione delle operazioni andrà verificato secondo le regole generali previste dall’articolo 6 del DPR n. 633 del 1972.

Conseguentemente, le operazioni effettuate fino al 31 dicembre 2014, per le quali, in base alla novella normativa, troverebbe applicazione a partire dal 1° gennaio 2015 il meccanismo del reverse charge, resteranno soggette al regime del cash accounting.

 

7. REVERSE CHARGE E NUOVO REGIME FORFETARIO 

La legge di stabilità 2015, all’articolo 1, commi da 54 a 89, ha introdotto, a partire dal 1° gennaio 2015, un nuovo regime forfetario. 

Con riferimento all’IVA, i contribuenti che applicano tale regime forfetario sono, tra l’altro, esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal DPR 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti. 

Per tali soggetti rimane, quindi, obbligatoria l’emissione della fattura (senza addebito dell’IVA a titolo di rivalsa), che dovrà riportare l’annotazione “operazione in franchigia da IVA” con l’indicazione del riferimento normativo. Per quanto riguarda gli acquisti, conseguentemente, non potrà essere esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA sulle relative fatture.

Dall’impianto normativo sopra illustrato discende che non si applica il reverse charge alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate da soggetti che applicano il regime forfetario (in tal senso si rinvia alla circolare n. 37/E del 29 dicembre 2006 con la quale sono stati forniti chiarimenti in merito al regime dei “minimi”). 

Qualora, invece, tali soggetti acquistino beni o servizi in regime di reverse charge, gli stessi saranno tenuti ad assolvere l’imposta secondo tale meccanismo e, non potendo esercitare il diritto alla detrazione, dovranno effettuare il versamento dell’imposta a debito.

Resta inteso che le precisazioni fornite relativamente al nuovo regime forfetario debbano ritenersi valide anche con riferimento al regime dei “minimi”, la cui proroga è stata prevista dall’articolo 10, comma 12-undecies), del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (c.d. “Milleproroghe”), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11.

 

8. ACQUISTI DI SERVIZI PROMISCUI DA PARTE DI UN ENTE NON COMMERCIALE

Va considerata, con particolare attenzione, la circostanza del committente ente non commerciale che acquista un servizio destinato, in parte allo svolgimento della propria attività commerciale e in parte allo svolgimento della propria attività non commerciale (cd. attività istituzionale). 

In tal caso, ai fini dell’individuazione della modalità di applicazione del tributo, occorrerà far riferimento a criteri oggettivi.

In particolare, per distinguere la quota di servizi da imputare alla gestione commerciale dell’ente, assoggettabile al meccanismo dell’inversione contabile, da quella imputabile all’attività istituzionale, occorrerà far riferimento, ad esempio, agli accordi contrattuali tra le parti, all’entità del corrispettivo pattuito, al carattere dimensionale degli edifici interessati, etc. 

Al riguardo, può tornare utile il seguente esempio:

 

Un’associazione culturale acquista, al costo di 7.200 euro, un servizio di pulizia dei propri locali [superficie mq 400, di cui mq 30 adibiti allo svolgimento di attività commerciali (ad esempio, un bar) e mq 370 adibiti allo svolgimento della propria attività istituzionale non commerciale] 

 

Percentuale del locale adibito all’attività commerciale, rispetto all’area oggetto del contratto:

 

x:100=30:400

 

100×30 = 7,5%

 

400

 

Percentuale dello spazio adibito all’attività istituzionale, rispetto all’area oggetto del contratto:

 

x:100=370:400

 

100×370 = 92,5%

 

400

 

Quota di corrispettivo del servizio di pulizia imputabile all’attività commerciale:

 

7.200×7,5%= euro 540 

 

Quota di corrispettivo del servizio di pulizia imputabile all’attività istituzionale:

 

7.200×92,5%= euro 6.660

 

Analogamente, in presenza di un unico corrispettivo riferibile ad un contratto, comprensivo di servizi, alcuni dei quali soggetti al regime dell’inversione contabile e altri soggetti all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere ad individuare, sempre sulla base di criteri oggettivi, la parte di corrispettivo relativa ai servizi a cui si applica il meccanismo del reverse charge e quella relativa ai servizi soggetti all’applicazione dell’imposta secondo le modalità ordinarie.

 

9. UTILIZZO DEL PLAFOND

In merito all’applicazione della disciplina relativa agli acquisti senza pagamento dell’imposta, di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), del DPR n. 633 del 1972, si precisa che, qualora la lettera di intento inviata dall’esportatore abituale sia emessa con riferimento ad operazioni assoggettabili al meccanismo dell’inversione contabile, di cui all’articolo 17, comma 6, del medesimo DPR n. 633, relativamente a tali operazioni troverà applicazione la disciplina del reverse charge, che, attesa la finalità antifrode, costituisce la regola prioritaria.

Tali operazioni, pertanto, dovranno essere fatturate ai sensi dell’articolo 17, comma 6, del DPR n. 633 del 1972 e non ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del medesimo DPR n. 633. Conseguentemente, per tali operazioni non potrà essere utilizzato il plafond. 

Può verificarsi, inoltre, il caso di un esportatore abituale che riceva dai fornitori delle fatture ove non sia facile scindere (anche per ragioni di formulazione del contratto) la parte soggetta al regime del reverse charge da quella soggetta all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie. 

In tali ipotesi, in presenza di un unico contratto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione dell’operazione oggetto del contratto, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge. 

Ciò in quanto il meccanismo dell’inversione contabile – come sopra precisato -costituisce la regola prioritaria. In tale ipotesi, pertanto, le singole prestazioni (ad es. demolizione, installazione di impianti e opere di completamento), ancorché formino oggetto di un unico contratto di appalto, devono essere distinte dalle altre prestazioni di servizi ai fini della fatturazione, in quanto soggette in via autonoma al meccanismo dell’inversione contabile.

 

10. SOGGETTI ESCLUSI DALL’APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE 

Come è noto, l’applicazione del meccanismo del reverse charge comporta che i prestatori dei servizi emettano fattura senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti del DPR n. 633 del 1972 e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione dell’inversione contabile; il committente, a sua volta, integra la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e la annota nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi, di cui agli articoli 23 o 24, entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 del DPR n. 633 del 1972 (cfr. circolare n. 37/E del 2006).

In considerazione di quanto sopra, il meccanismo del reverse charge non trova applicazione alle prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti che, beneficiando di particolari regimi fiscali, sono di fatto esonerati dagli adempimenti previsti dal DPR n. 633 del 1972 (annotazione delle fatture, tenuta del registro dei corrispettivi e del registro degli acquisti, di cui agli articoli 23, 24 e 25 del DPR n. 633 del 1972).

L’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile ai soggetti esonerati dai predetti adempimenti contabile si porrebbe, infatti, in contrasto con la ratio agevolativa e con le finalità di semplificazione previste dalle norme speciali.

A titolo esemplificativo, fra i soggetti esonerati dall’applicazione del meccanismo del reverse charge rientrano:

i produttori agricoli con volume di affari non superiore a 7.000 euro, di cui all’articolo 34, comma 6, del DPR n. 633 del 1972;

esercenti attività di intrattenimento di cui alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640 ai quali, agli effetti dell’IVA, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 74, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972;

enti che hanno optato per le disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398;

soggetti che effettuano spettacoli viaggianti, nonché quelli che svolgono le altre attività di cui alla tabella C allegata al DPR n. 633 del 1972 che, nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume di affari non superiore a 25.822,84 euro, di cui all’articolo 74-quater, quinto comma, del DPR n. 633 del 1972.

 

11. CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA

Da ultimo, si fa presente che, in considerazione della circostanza che la disciplina recata dagli articoli 17, sesto comma, lettere a-ter), d-bis), d-ter) e d-quater), e 74, settimo comma, del DPR n. 633 del 1972, produce effetti già in relazione alle fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2015, e che, in assenza di chiarimenti, la stessa poteva presentare profili di incertezza, nonché in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente, sono fatti salvi, con conseguente mancata applicazione di sanzioni, eventuali comportamenti difformi adottati dai contribuenti, anteriormente all’emanazione del presente documento di prassi”.

1 In Boll. Trib., 2007, 275.

2 In Boll. Trib., 2007, 1800.

3 In Boll. Trib., 2007, 1221.

4 In Boll. Trib., 2007, 1391.

5 In Boll. Trib., 2007, 1800.

6 Ris. 26 maggio 1998, n. 46/E, in Boll. Trib., 1998, 1002.

7 In Boll. Trib., 2005, 289.

8 In Boll. Trib., 2007, 640.

9 In Boll. Trib., 2012, 1624.

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