19 Giugno, 2019

Circolare 17 giugno 2019, n. 14/E, dell’Agenzia delle entrate

INDICE:
PREMESSA
1 FATTURAZIONE ELETTRONICA: AMBITO OGGETTIVO E SOGGETTIVO DI
APPLICAZIONE
1.1 Eccezioni oggettive
1.2 Eccezioni soggettive
2 PRESTAZIONI SANITARIE
2.1 Prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche i cui dati sono
inviati al sistema tessera sanitaria
2.1.1 Fatturazione di prestazioni sanitarie e prestazioni di altra natura in un unico documento
2.1.2 Fatturazione separata delle prestazioni sanitarie e delle prestazioni di altra natura
2.2 Prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche in relazione alle
quali l’interessato ha manifestato l’opposizione all’utilizzo dei dati ai fini
dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata
2.3 Prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche i cui dati non sono
da inviare al sistema tessera sanitaria
3 NOVITÀ IN TEMA DI FATTURAZIONE IN GENERALE E RIFLESSI SU QUELLA
ELETTRONICA
3.1 Emissione delle fatture
3.2 Annotazione delle fatture emesse
3.3 Registrazione degli acquisti
3.4 Detrazione dell’iva
3.5 Disposizioni di coordinamento e armonizzazione in tema di fattura elettronica
4 SANZIONI
4.1 Fatturazione elettronica
4.2 Invio dei dati delle fatture (“esterometro”)
5 IMPOSTA DI BOLLO
6 INVERSIONE CONTABILE ED AUTOFATTURE
6.1 Autofatture vere e proprie
6.2 Inversione contabile
6.3 Depositi iva
6.4 Compilazione dei documenti
7 FATTURAZIONE IN NOME E PER CONTO
8 CONSERVAZIONE E CONSULTAZIONE DELLE FATTURE ELETTRONICHE
9 FAQ.

“PREMESSA
Nel 2018 sono state introdotte importanti novità normative in tema di
fatturazione elettronica, che fanno seguito alle disposizioni della “legge di
Bilancio 2018” (1) e ai diversi interventi normativi (2) conclusisi con la legge 30
dicembre 2018, n. 145, “legge di bilancio 2019”, nonché con la legge 11 febbraio
2019, n. 12.
Con i predetti interventi (3), inoltre, è stato modificato significativamente l’articolo
2 del decreto legislativo n. 127 del 2015 introducendo, a partire dal 1° gennaio
2020, l’obbligo generalizzato del processo di memorizzazione elettronica e
trasmissione telematica dei corrispettivi per i soggetti passivi che effettuano
operazioni di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA).
Al riguardo, con la presente circolare, si forniscono chiarimenti che tengono
anche conto degli esiti dei lavori del Forum italiano sulla fatturazione elettronica,
nonché dei contributi e della segnalazione di criticità forniti dagli operatori e
commentatori.

(1) Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (cfr., in particolare, l’articolo 1, commi 909 e ss.).
(2) Il più importante dei quali è il decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni,
dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 (si vedano gli articoli 10 e ss.).
(3) In particolare, con il citato decreto-legge n. 119 del 2018 e con la legge di bilancio 2019.

1 FATTURAZIONE ELETTRONICA: AMBITO OGGETTIVO E SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE
Dal 1° gennaio 2019 – e dunque per le fatture (ivi comprese le variazioni in
aumento/diminuzione dell’imposta) emesse da tale data – produce effetto la
previsione dell’articolo 1, comma 3 (4), del decreto legislativo 5 agosto 2015, n.
127. In base a tale previsione, «Al fine di razionalizzare il procedimento di
fatturazione e registrazione, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le
relative variazioni, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il
Sistema di Interscambio e secondo il formato di cui al comma 2. […]».

(4) Come sostituito dall’articolo 1, comma 909, lettera a), n. 3), della legge n. 205 del 2017 (cfr. l’articolo 1,
comma 916 della stessa legge) e modificato dagli articoli 10, comma 01 e 15, comma 1, del d.l. n.119 del
2018.

Dalla norma si trae che:
− in linea generale, la fatturazione elettronica tramite il Sistema di
Interscambio di cui all’articolo 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre
2007, n. 244 (di seguito anche SdI) è, dal 1° gennaio 2019, l’unica ammessa
per documentare cessioni e prestazioni rilevanti ai fini IVA (ciò fermo
restando, come precisato dallo stesso articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 127
del 2015, che «potranno essere individuati ulteriori formati della fattura
elettronica basati su standard o norme riconosciuti nell’ambito dell’Unione
europea», e fatte salve le eccezioni di cui ai successivi punti 1.1 e 1.2);
− tale strumento vuole razionalizzare il procedimento di fatturazione e
registrazione, ed ha come necessario presupposto l’obbligo di documentare
un’operazione tramite fattura (e ciò, ad esempio, anche nell’ipotesi di
passaggio di beni tra attività separate ai sensi dell’articolo 36 del decreto
IVA, ovvero nel caso di esercizio della rivalsa ai sensi dell’articolo 60,
settimo comma, del medesimo decreto), lasciando impregiudicate quelle
fattispecie in cui l’operazione può essere documentata differentemente (si
pensi, ad esempio, agli scontrini ed alle ricevute fiscali, o agli altri strumenti
individuati dai decreti che hanno dato applicazione all’articolo 73 del decreto
IVA, norma rimasta invariata).
In altre parole, se è vero che la fattura elettronica costituisce, in linea generale, il
mezzo per documentare le operazioni rilevanti ai fini IVA – indipendentemente
dai beni/servizi e dai soggetti coinvolti (si vedano i paragrafi successivi per le
precisazioni del caso), risultando quindi superate precedenti distinzioni in essere
(si pensi alle cessioni di carburanti per motori o alla filiera dei subappalti e
subcontratti con le amministrazioni pubbliche) – è altrettanto vero che l’obbligo
di emettere una fattura, qualora prima non sussistente, non è venuto ad esistenza
per effetto della legge n. 205 del 2017 e dei successivi provvedimenti che sono
variamente intervenuti sulla stessa o sul d.lgs. n. 127 del 2015.
La regola generale sull’obbligo di documentare le operazioni tramite fatturazione
elettronica via SdI presenta comunque – ad oggi – diverse eccezioni, tanto di
ordine oggettivo, quanto soggettivo.

1.1 Eccezioni oggettive. Vanno ricomprese tra le eccezioni oggettive agli obblighi di fatturazione
elettronica tutte quelle situazioni nelle quali non vi è obbligo di documentare
l’operazione con l’emissione di una fattura, in quanto tale operazione è, ad
esempio, esclusa dal campo di applicazione dell’imposta (si pensi alle operazioni
di cui all’articolo 2, comma 3, articolo 3, comma 4), ovvero può essere
documentata altrimenti.
In quest’ultima ipotesi, come sopra anticipato, rientrano, ad esempio, non solo le
fattispecie di cui all’articolo 22 del decreto IVA – nelle quali, per i rapporti tra
soggetti passivi d’imposta e consumatori (business to consumer [B2C]), salvo
richiesta di fattura (elettronica), può procedersi con l’emissione di uno scontrino
o di una ricevuta fiscale (cfr. l’articolo 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696) ovvero con la memorizzazione e
trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle entrate ai
sensi dell’articolo 2 del d.lgs. n. 127 del 2015 – ma anche quelle dell’articolo 73,
comma 1, lettera c), del medesimo decreto IVA.
In merito, a titolo esemplificativo, si possono citare:
− i rapporti tra gli esercenti la professione sanitaria e gli enti per prestazioni
medico-sanitarie generiche e specialistiche, laddove «il foglio di liquidazione
dei corrispettivi compilato dai detti enti tiene luogo della fattura di cui
all’art. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633» (così l’articolo 2 del decreto ministeriale 31 ottobre 1974);
− il commercio di quotidiani, periodici e libri di cui all’articolo 74, comma 1,
lettera c), del decreto IVA, per il quale «non sussiste l’obbligo di emissione
della fattura e il documento di addebito del corrispettivo eventualmente
emesso deve recare l’annotazione che trattasi di operazione per la quale
l’imposta è assolta dall’editore ai sensi del presente decreto» (cfr. l’articolo
1, comma 5, del decreto ministeriale 9 aprile 1993).
Rientrano tra le eccezioni in esame anche quelle ipotesi nelle quali il
cedente/prestatore non deve emettere fattura, in quanto l’onere ricade sul
cessionario/committente (si pensi ai produttori agricoli di cui all’articolo 34,
comma 6, del decreto IVA), che vi provvede, in assenza di ulteriori ipotesi di
esclusione soggettiva, elettronicamente via SdI.
Va comunque evidenziato che in tutti i casi in cui il soggetto non abbia obbligo
di emettere una fattura, ma vi proceda ugualmente (come potrebbe avvenire, ad
esempio, nelle fattispecie sopra richiamate in riferimento alle cessioni di libri e
prodotti editoriali), la stessa, in assenza di specifiche esclusioni di ordine
soggettivo (si vedano i paragrafi successivi), dovrà essere elettronica e veicolata
tramite SdI (costituendo l’originale del documento).
Come si avrà modo di illustrare nei successivi paragrafi 2 e ss., non di esonero,
ma di divieto di documentare le operazioni effettuate tramite fatturazione
elettronica, deve invece parlarsi in riferimento a quanti sono «tenuti all’invio dei
dati al Sistema tessera sanitaria», i quali, per il solo periodo d’imposta 2019,
«non possono emettere fatture elettroniche ai sensi delle disposizioni di cui
all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, con
riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema tessera sanitaria»
(cfr. l’articolo 10-bis del d.l. n. 119 del 2018).

1.2 Eccezioni soggettive. Come già ricordato nella circolare n. 13/E del 2 luglio 2018 (cfr. il punto 1.2), la
decisione di esecuzione (UE) 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018 ha
autorizzato l’Italia ad applicare misure speciali di deroga agli articoli 218 e 232
della direttiva 2006/112/CE, al fine di consentire un’applicazione della
fatturazione elettronica obbligatoria generalizzata sul territorio nazionale.
In particolare, l’Italia è stata autorizzata ad accettare come fatture documenti o
messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi “stabiliti”
sul territorio italiano, diversi da soggetti che beneficiano della franchigia delle
piccole imprese, nonché a disporre che l’uso delle fatture elettroniche emesse da
soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano non sia subordinato all’accordo del
destinatario, se stabilito in Italia.
Tale autorizzazione è stata pienamente recepita dal legislatore, in ultimo
espungendo, dall’articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 127 del 2015, il riferimento ai
soggetti identificati (tramite identificazione diretta ovvero rappresentante
fiscale), i quali non sono tenuti alla fatturazione elettronica.
Nel caso di operazioni effettuate nei confronti di questi ultimi (o dagli stessi
poste in essere) per le quali vige l’obbligo di fatturazione, questa potrà comunque
essere elettronica via SdI, per accordo tra le parti ovvero per scelta del
cedente/prestatore – ipotesi che escludono gli adempimenti connessi al cosiddetto
“esterometro” (vedasi il paragrafo 4.2) previsti dall’articolo 1, comma 3-bis, del
d.lgs. n. 127 del 2015 – ferma restando, in quest’ultima eventualità (scelta
unilaterale del cedente/prestatore), la necessità che al soggetto non residente
identificato in Italia venga messa a disposizione una copia della fattura
elettronica o in formato analogico (5).

(5) Tale documento può, ovviamente, essere utilizzato ordinariamente dal soggetto non residente o dal suo
rappresentante fiscale, per recuperare l’IVA a credito a rimborso ovvero, ove possibile, in detrazione.

Non diversamente deve dirsi per gli altri soggetti esonerati, nei rapporti B2B
(business to business) e B2C, dagli obblighi di fatturazione elettronica individuati
dal citato articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 127, ossia coloro «che rientrano nel
cosiddetto “regime di vantaggio” di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
luglio 2011, n. 111, e quelli che applicano il regime forfettario di cui all’articolo
1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Sono altresì
esonerati dalle predette disposizioni i soggetti passivi che hanno esercitato
l’opzione di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e che nel
periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività
commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000».
Per tali ultimi soggetti (associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo
di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di
promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono
attività sportive dilettantistiche) va evidenziato che l’esonero ha natura “mista”
non derivando da una mera qualificazione personale, ma, unitamente,
dall’esercizio specifico dell’opzione richiamata e dal non superamento della
soglia fissata (65.000 euro) per i proventi dell’attività commerciale (cfr. gli
articoli 1 e 2 della legge n. 398 del 1991), presupposti il cui venir meno comporta
la reviviscenza dell’obbligo di fatturazione elettronica, assolvibile, come previsto
dallo stesso articolo 1, comma 3, ultimo periodo, assicurando che il documento
sia emesso «per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo
d’imposta».
Il punto merita alcune ulteriori precisazioni.
La prima in riferimento al fatto che la norma richiamata è di natura agevolativa,
prevedendo una facoltà e non un obbligo a carico del cedente/prestatore, il quale
può (non deve) avvalersi del cessionario/committente.
Laddove questo non fosse possibile – per mancanza di accordo tra le parti, o
esclusione soggettiva dagli obblighi di fatturazione elettronica in capo al
cessionario/committente (si pensi all’ipotesi di operazioni da documentare con
fattura nei confronti di un altro soggetto che abbia parimenti esercitato l’opzione
della legge n. 398 del 1991 con i limiti appena visti ovvero applichi il regime
forfettario) – l’emissione della fattura elettronica via SdI rimane necessariamente
in capo al cedente/prestatore che vi può provvedere direttamente oppure
avvalendosi di un terzo.
La seconda precisazione è legata alla circostanza che, non verificandosi
un’ipotesi di “autofattura” o di inversione contabile (cfr. il successivo paragrafo
6), a fronte dell’accordo tra le parti il cessionario/committente opera comunque
in nome e per conto del cedente/prestatore, dovendo trovare applicazione, in
linea generale, quanto disposto dalla legislazione vigente sul punto (si rammenta,
ad esempio, in richiamo all’articolo 21, comma 2, del decreto IVA, la necessità
che la fattura rechi l’annotazione che «la stessa è emessa, per conto del cedente o
prestatore, dal cessionario o committente ovvero da un terzo»).
Va peraltro evidenziato che l’esonero previsto per le associazioni sportive
dilettantistiche, nei limiti appena richiamati, riguarda anche tutti coloro i quali, in
forza di varie disposizioni normative, possono avvalersi della legge n. 398 del
1991.
Ricordiamo, tra di essi, le associazioni senza fini di lucro e quelle pro-loco,
secondo il dettato dell’articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66 – norma
abrogata dall’articolo 102 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, ma a
decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della
Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10, del medesimo decreto
e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo a quello di operatività
del Registro unico nazionale del Terzo settore – a mente del quale «Alle
associazioni senza fini di lucro e alle associazioni pro-loco si applicano, in
quanto compatibili, le disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398».

2 PRESTAZIONI SANITARIE
L’articolo 10-bis del d.l. n. 119 del 2018, introdotto dalla legge di conversione n.
136 del 2018, prevedeva inizialmente, per l’anno 2019, l’esonero dall’obbligo
della fatturazione elettronica per i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema
tessera sanitaria (di seguito “Sistema TS”), ai fini dell’elaborazione della
dichiarazione dei redditi precompilata, con riferimento alle fatture i cui dati sono
inviati al Sistema TS.
Successivamente, la legge n. 145 del 2018 ha modificato il citato articolo 10-bis
del d.l. n. 119 del 2018, disponendo che, per l’anno 2019, «i soggetti tenuti
all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell’elaborazione della
dichiarazione dei redditi precompilata, ai sensi dell’articolo 3, commi 3 e 4, del
decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, e dei relativi decreti del Ministro
dell’economia e delle finanze, non possono emettere fatture elettroniche, ai sensi
delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto
2015, n. 127, con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema
tessera sanitaria […]».
Da ultimo, l’articolo 9-bis del d.l. n. 135 del 2018, introdotto dalla legge di
conversione n. 12 del 2019, ha esteso il divieto di fatturazione elettronica anche
ai soggetti che erogano prestazioni sanitarie i cui dati non devono essere inviati al
Sistema TS, prescrivendo che «Le disposizioni dell’articolo 10-bis del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119 convertito, con modificazioni, dalla legge 17
dicembre 2018, n. 136, si applicano anche ai soggetti che non sono tenuti
all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, con riferimento alle fatture relative
alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche».
Tanto premesso, tornano utili alcuni chiarimenti in merito alle modalità di
fatturazione delle operazioni effettuate da parte dei soggetti che erogano
prestazioni sanitarie nei confronti delle persone fisiche. Ci si riferisce, in
particolare, alle prestazioni sanitarie già descritte nella circolare n. 13/E del 31
maggio 2019 .

2.1 Prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche i cui dati sono inviati al Sistema tessera sanitaria. L’articolo 10-bis del d.l. n. 119 del 2018, come da ultimo modificato, dispone il
divieto, per l’anno 2019, di emissione di fatture elettroniche, da parte degli
operatori sanitari, con riferimento alle prestazioni – erogate nei confronti delle
persone fisiche – i cui dati sono inviati al Sistema TS ai fini dell’elaborazione
della dichiarazione dei redditi precompilata.
Conseguentemente, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS devono, per
l’anno 2019, continuare a certificare le prestazioni sanitarie rese nei confronti
delle persone fisiche/consumatori finali mediante fatture in formato cartaceo –
ovvero in formato elettronico senza utilizzare lo SdI come canale di invio – e a
trasmettere i relativi dati al sistema TS secondo le tipologie evidenziate negli
allegati ai decreti ministeriali che disciplinano le modalità di trasmissione dei dati
al suddetto sistema.

2.1.1 Fatturazione di prestazioni sanitarie e prestazioni di altra natura in
un unico documento. Nel caso di fatture contenenti sia spese sanitarie sia voci di spesa non sanitarie,
occorre distinguere due ipotesi:
1) se non è possibile distinguere la quota di spesa sanitaria da quella non
sanitaria, l’intera spesa va trasmessa al Sistema TS con la tipologia “altre spese”
(codice AA);
2) se, invece, dal documento di spesa è possibile distinguere la quota di spesa
sanitaria da quella non sanitaria, entrambe le spese vanno comunicate
distintamente al Sistema TS con le seguenti modalità:
– i dati relativi alla spesa sanitaria vanno inviati e classificati secondo le tipologie
evidenziate negli allegati ai decreti ministeriali che disciplinano le modalità di
trasmissione dei dati al Sistema TS;
– i dati relativi alle spese non sanitarie vanno comunicati con il codice AA “altre
spese”.
Sia nel caso 1) che nel caso 2) l’unica fattura deve essere emessa in formato
cartaceo, ovvero in formato elettronico ma con trasmissione attraverso canali
diversi dallo SdI, ossia in un qualunque formato elettronico secondo le
indicazioni contenute nell’articolo 21 del decreto IVA (si veda, al riguardo, la
circolare n. 18/E del 24 giugno 2014 ).

2.1.2 Fatturazione separata delle prestazioni sanitarie e delle prestazioni di
altra natura. Nel caso in cui una struttura o un operatore sanitario fatturi separatamente le
prestazioni sanitarie rispetto a quelle non sanitarie, queste ultime devono essere
fatturate elettronicamente solo se non contengono alcun elemento da cui sia
possibile desumere informazioni relative allo stato di salute del paziente. A titolo
esemplificativo, una fattura relativa alla degenza in una struttura sanitaria, anche
se non reca l’indicazione della prestazione eseguita o del motivo del ricovero,
deve essere emessa con modalità cartacea (ovvero elettronica al di fuori dello
SdI).

2.2 Prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche in
relazione alle quali l’interessato ha manifestato l’opposizione all’utilizzo
dei dati ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi
precompilata. Il divieto previsto dal citato articolo 10-bis del d.l. n. 119 del 2018 opera, per
l’anno 2019, anche con riferimento alle fatture relative a prestazioni sanitarie per
le quali i cittadini hanno manifestato l’opposizione all’utilizzo dei dati ai fini
dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, sulla base di
quanto disposto dall’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze del 31 luglio 2015, attuativo del decreto legislativo 21 novembre 2014, n.
175.
Per l’anno 2019 sono, pertanto, escluse dalla fatturazione elettronica le
prestazioni sanitarie rese, nei confronti delle persone fisiche, dai soggetti tenuti
all’invio dei dati delle suddette prestazioni al Sistema TS, anche nel caso in cui
l’interessato abbia manifestato l’opposizione. Gli operatori sanitari, nella
fattispecie in esame, devono emettere la fattura nel consueto formato cartaceo
ovvero in formato elettronico ma con trasmissione attraverso canali diversi dallo
SdI.

2.3 Prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche i cui dati
non sono da inviare al Sistema tessera sanitaria. Allo stato attuale non tutti i soggetti che erogano prestazioni sanitarie nei
confronti delle persone fisiche risultano tenuti all’invio dei dati al Sistema TS ai
fini dell’elaborazione della dichiarazione precompilata (sono esclusi da tale
obbligo, a titolo esemplificativo, podologi, fisioterapisti, logopedisti).
Anche per tali soggetti è in vigore, per l’anno 2019, l’esplicito divieto di
fatturazione elettronica, in relazione alle prestazioni sanitarie effettuate nei
confronti delle persone fisiche, come previsto dal richiamato articolo 9-bis del
d.l. n. 135 del 2018.
Pertanto, anche tali operatori devono continuare ad emettere le fatture per
prestazioni sanitarie nei confronti dei consumatori finali in formato cartaceo
ovvero in formato elettronico con trasmissione attraverso canali diversi dallo SdI.
Considerato che il divieto di fatturazione elettronica per le fattispecie in esame è
entrato in vigore dopo il 1° gennaio 2019, data di avvio dell’obbligo
generalizzato di fatturazione elettronica, alcuni operatori potrebbero aver già
emesso fatture elettroniche attraverso lo SdI. In tali casi, l’Agenzia delle entrate
procederà alla cancellazione dei file xml delle fatture già pervenute in caso di
mancata adesione al servizio di consultazione, ovvero al servizio di
conservazione, da parte del cedente/prestatore, sulla base di quanto disposto dal
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30
aprile 2018, e successive modificazioni.
Nell’ottica della protezione dei dati personali e nel rispetto delle finalità di
trattamento, i dati relativi alle suddette fatture, considerata la loro particolarità e
delicatezza, non saranno messi a disposizione al cliente/consumatore finale
nell’area autenticata del sito internet dell’Agenzia delle entrate neanche in
presenza della sua adesione al servizio di consultazione.

3 NOVITÀ IN TEMA DI FATTURAZIONE IN GENERALE E RIFLESSI SU QUELLA ELETTRONICA
Si è già anticipato in premessa che il 2018 ha recato una molteplicità di interventi
in tema di fatturazione, alcuni di ordine generale, aventi effetto anche su quella
elettronica, altri peculiari di quest’ultima. Nei paragrafi che seguono si
analizzano quelli principali.

3.1 Emissione delle fatture. L’articolo 11 del d.l. n. 119 del 2018, modificando l’articolo 21 del decreto IVA,
ha previsto, con effetto dal 1° luglio 2019 – dunque per le fatture emesse da tale
giorno – che:
a) tra le indicazioni che il documento deve recare figuri anche la «data in cui
è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero data in
cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data
sia diversa dalla data di emissione della fattura» (cfr. il nuovo comma 2,
lettera g-bis);
b) la possibilità di emettere la fattura «entro dieci giorni dall’effettuazione
dell’operazione determinata ai sensi dell’articolo 6» (così il nuovo
comma 4, primo periodo).
Il legislatore, in applicazione delle previsioni unionali sul contenuto delle fatture,
ha così previsto che, impregiudicati i momenti di effettuazione dell’operazione (e
di esigibilità dell’imposta), la documentazione della stessa non sia più
necessariamente contestuale – entro le ore 24 del medesimo giorno (cfr. la
circolare n. 225 del 16 settembre 1996 ) – ma possa avvenire nei 10 giorni
successivi, dandone specifica evidenza.
La facoltà in esame riguarda tutte le fatture, ivi comprese quelle elettroniche
veicolate tramite SdI.
In premessa va rammentato – in richiamo a quanto già precisato in altre sedi (si
veda la circolare n. 13/E del 2018, quesito 1.5, nonché il provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018) – che «La
data di emissione della fattura elettronica è la data riportata nel campo “Data”
della sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica, che rappresenta
una delle informazioni obbligatorie ai sensi degli articoli 21 e 21-bis del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633».
In considerazione del fatto che per una fattura elettronica veicolata attraverso lo
SdI, quest’ultimo ne attesta inequivocabilmente e trasversalmente (all’emittente,
al ricevente e all’Amministrazione finanziaria) la data (e l’orario) di avvenuta
“trasmissione”, è possibile assumere che la data riportata nel campo “Data” della
sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica sia sempre e comunque la
data di effettuazione dell’operazione.
Ciò significa che, anche se l’operatore decidesse di “emettere” la fattura
elettronica via SdI non entro le ore 24 del giorno dell’operazione (caso tipico
della fattura immediata) bensì in uno dei successivi 10 giorni previsti dal
novellato articolo 21, comma 4, primo periodo, del decreto IVA, la data del
documento dovrà sempre essere valorizzata con la data dell’operazione e i 10
giorni citati potranno essere sfruttati per la trasmissione del file della fattura
elettronica al Sistema di Interscambio.
Calando in un esempio concreto quanto appena detto, a fronte di una cessione
effettuata in data 28 settembre 2019, la fattura “immediata” che la documenta
potrà essere:
− emessa (ossia generata e inviata allo SdI) il medesimo giorno, così che “data
dell’operazione” e “data di emissione” coincidano ed il campo “Data” della
sezione “Dati Generali” sia compilato con lo stesso valore (28 settembre
2019);
− generata il giorno dell’operazione e trasmessa allo SdI entro i 10 giorni
successivi (in ipotesi l’8 ottobre 2019), valorizzando la data della fattura
(campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file) sempre con la data
dell’operazione (in ipotesi il 28 settembre 2019);
− generata e inviata allo SdI in uno qualsiasi dei giorni intercorrenti tra
l’operazione (28 settembre 2019) e il termine ultimo di emissione (8 ottobre
2019), valorizzando la data della fattura (campo “Data” della sezione “Dati
Generali” del file) sempre con la data dell’operazione (28 settembre 2019).
La predetta impostazione, peraltro, è finalizzata a mantenere un principio di
semplificazione e agevolazione per l’operatività dei soggetti passivi IVA
obbligati ad emettere le fatture elettroniche via SdI ai sensi dell’articolo 1,
comma 3, del d.lgs. n. 127 del 2015, anche in considerazione di possibili
difficoltà tecniche momentanee di collegamento alla rete in fase di
predisposizione o trasmissione dei file delle fatture, oltre che evitare ulteriori
costi operativi in termini di revisione dei sistemi gestionali e informatici che
consentono oggi di predisporre una fattura. Resta inteso che nel caso di fatture
cartacee, o elettroniche per mezzo di canali diversi dallo SdI, emesse nei 10
giorni successivi alla data di effettuazione dell’operazione, il documento deve
contenere entrambe le date.
Va inoltre precisato che il termine previsto ordinariamente per l’emissione della
fattura non ha creato una nuova od alternativa modalità di emissione differita dei
documenti, restando vigenti, anche dal 1° luglio 2019, le prescrizioni contenute
nelle successive lettere, da a) a d), dell’articolo 21, comma 4, del decreto IVA.
Ciò significa non solo che le ipotesi ed i termini ivi individuati per l’emissione
delle fatture restano inalterati, ma che laddove la norma già contempli l’obbligo
di un riferimento certo al momento di effettuazione dell’operazione – come nei
casi di cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta dal documento
commerciale individuato nell’articolo 2, comma 5, ultimo periodo del d.lgs. n.
127 del 2015, ovvero da un documento di trasporto o da altro idoneo a
identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione, avente le caratteristiche
determinate con decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472,
per i quali è previsto che la fattura rechi «il dettaglio delle operazioni» (cfr.
l’articolo 21, comma 4, lettera a), del decreto IVA) – sia possibile indicare una
sola data, ossia, per le fatture elettroniche via SdI, quella dell’ultima operazione.
Volendo esemplificare, qualora per tre cessioni effettuate nei confronti dello
stesso soggetto avvenute in data 2, 10 e 28 settembre 2019, con consegna al
cessionario accompagnata dai rispettivi documenti di trasporto, si voglia emettere
un’unica fattura ex articolo 21, comma 4, lettera a), del decreto IVA, si potrà
generare ed inviare la stessa allo SdI in uno qualsiasi dei giorni intercorrenti tra il
1° ed il 15 ottobre 2019, valorizzando la data della fattura (campo “Data” della
sezione “Dati Generali” del file) con la data dell’ultima operazione (28 settembre
2019).
Ugualmente restano fermi i più ampi termini di emissione della fattura previsti da
disposizioni speciali, quali, ad esempio, il decreto ministeriale 18 novembre
1976 (6), nel caso di operazioni effettuate da imprese a mezzo di sedi secondarie o
altre dipendenze che non provvedono direttamente all’emissione dei documenti,
ovvero dall’articolo 35-bis (7) del decreto IVA nel caso di eredi di un
professionista.

(6) Il d.m. 18 novembre 1976, all’articolo 1, dispone che «Per le operazioni effettuate da imprese a mezzo
di sedi secondarie o altre dipendenze che non provvedono direttamente all’emissione delle fatture o
all’annotazione dei corrispettivi ovvero alla registrazione degli acquisti, gli obblighi di fatturazione e di
registrazione, nonché quelli di annotazione dei corrispettivi previsti dagli artt. 23, 24, 25 e 39 del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni e integrazioni,
possono essere eseguiti entro il mese successivo a quello in cui è stata effettuata l’operazione.
La procedura di cui al comma precedente è consentita anche per le operazioni effettuate dalle imprese,
fuori dalla loro sede, tramite i propri dipendenti ovvero ausiliari o intermediari.
Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi poste in essere da imprese a mezzo di apparecchi
automatici, installati presso terzi o comunque al di fuori dell’edificio in cui l’impresa esercita la propria
attività, le annotazioni di cui al primo comma possono essere eseguite, globalmente, entro il termine di
trenta giorni decorrente dalla scadenza di ciascun mese solare.
Per le cessioni di beni inerenti a contratti estimatori e per i passaggi di beni dal committente al
commissionario, gli obblighi di fatturazione, registrazione e annotazione, possono essere eseguiti nel
termine di cui al primo comma»
(7) L’articolo 35-bis del decreto IVA al comma 1 dispone che «Gli obblighi derivanti, a norma del presente
decreto, dalle operazioni effettuate dal contribuente deceduto possono essere adempiuti dagli eredi,
ancorché i relativi termini siano scaduti non oltre quattro mesi prima della data della morte del
contribuente, entro i sei mesi da tale data.».

3.2 Annotazione delle fatture emesse. L’articolo 12 del d.l. n. 119 del 2018 è intervenuto sull’articolo 23 del decreto
IVA, prevedendo, a far data dal 24 ottobre 2018, che «Il contribuente deve
annotare in apposito registro le fatture emesse, nell’ordine della loro
numerazione, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione
delle operazioni e con riferimento allo stesso mese di effettuazione delle
operazioni. Le fatture di cui all’articolo 21, comma 4, terzo periodo, lettera b),
sono registrate entro il giorno 15 del mese successivo a quello di emissione e con
riferimento al medesimo mese».
L’indicazione normativa va letta alla luce dei principi generali dell’ordinamento,
tra cui quello di tenuta di un’ordinata contabilità, così che numerazione e
registrazione dovranno sempre consentire di rinvenire con chiarezza il mese di
riferimento (ossia di effettuazione dell’operazione) cui la fattura inerisce ed in
relazione al quale sarà operata la liquidazione dell’imposta.
Riprendendo l’esempio formulato nel paragrafo precedente, si avrà che la fattura
emessa l’8 ottobre 2019, per un’operazione del 28 settembre, potrà essere
annotata entro il 15 ottobre con riferimento al mese precedente (settembre),
concorrendo alla relativa liquidazione dell’IVA (ad esempio, per i contribuenti
che procedono su base mensile, entro il 16 ottobre con riferimento a settembre).
I principi citati impongono che la fattura in esame (in ipotesi n. 1000 del 2019)
possa essere distinta da quelle emesse nelle more (si pensi ad una fattura
immediata emessa il 1° ottobre, con il numero 990, per un’operazione dello
stesso giorno e contemporaneamente annotata).
Resta la piena libertà dei contribuenti su come ottemperare a tale obbligo
(utilizzando, ad esempio, una specifica codifica che consenta l’imputazione
corretta dell’imposta nel periodo di riferimento, i registri sezionali o altro metodo
ritenuto idoneo).
Va peraltro evidenziato che il nuovo termine di annotazione delle fatture emesse
ha valenza generale, riguardando anche quelle variamente differite di cui
all’articolo 21, comma 4, del decreto IVA, con l’unica eccezione delle c.d.
“triangolazioni nazionali” di cui alla lettera b) del medesimo comma (ossia le
cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un soggetto terzo per il
tramite del proprio cedente), le quali, emesse entro il mese successivo a quello
della consegna o spedizione dei beni, potranno essere registrate entro il giorno 15
del mese seguente a quello di emissione (e con riferimento al medesimo mese) e,
dunque, rimanendo all’esempio sopra più volte richiamato, entro il 15 novembre
2019.
Le modifiche legislative non hanno toccato l’articolo 23, comma 2, del decreto
IVA, a mente del quale, «Per ciascuna fattura devono essere indicati il numero
progressivo e la data di emissione di essa, […]».
Tuttavia, in riferimento a tale ultima indicazione (data di emissione della fattura),
anch’essa deve essere letta alla luce del mutato quadro tecnico-normativo
descritto nel paragrafo 3.1. Ne deriva, considerata altresì la finalità dell’articolo
23 del decreto IVA, volto, in primo luogo, alla corretta liquidazione dell’imposta,
che la data riportata nel campo “Data” della sezione “Dati Generali” del file della
fattura elettronica – coerente con l’effettuazione dell’operazione, l’esigibilità
dell’imposta e la relativa liquidazione – è quella che è possibile indicare nel
registro delle fatture emesse. E ciò sarà possibile anche nell’ipotesi di fattura
cartacea o di fattura elettronica extra SdI.
Resta inteso, in ipotesi di avvenuta registrazione con successivo scarto della
fattura da parte dello SdI – e, dunque, di fattura non emessa (si veda il punto 2.4
del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30
aprile 2018) – che saranno necessarie le conseguenti rettifiche.

3.3 Registrazione degli acquisti. L’articolo 13 del d.l. n. 119, modificando l’articolo 25 del decreto IVA, ha
soppresso l’obbligo, in precedenza ivi presente, di «numerare in ordine
progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati
o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione».
Fermo restando che il venir meno dell’obbligo lascia impregiudicata la
possibilità per i contribuenti, ove ciò risulti utile all’organizzazione
imprenditoriale o professionale, di continuare a numerare i documenti relativi
agli acquisti effettuati, va posta attenzione alla circostanza che la norma in
commento non ha soppresso, né modificato, l’ulteriore obbligo dettato
dall’articolo 25 del decreto IVA, ossia di annotare in un apposito registro le
fatture relative a tali acquisti e di attribuire un ordine progressivo alle
registrazioni.
3.4 Detrazione dell’IVA. Il d.l. n. 119 (cfr. l’articolo 14) ha operato anche in tema di detrazioni IVA,
modificando l’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica
23 marzo 1998, n. 100, il quale ora dispone che «entro il giorno 16 di ciascun
mese, il contribuente determina la differenza tra l’ammontare complessivo
dell’imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente, risultante dalle
annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai
corrispettivi delle operazioni imponibili, e quello dell’imposta, risultante dalle
annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla
base dei documenti di acquisto di cui è in possesso e per i quali il diritto alla
detrazione viene esercitato nello stesso mese ai sensi dell’articolo 19 del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Entro il medesimo
termine di cui al periodo precedente può essere esercitato il diritto alla
detrazione dell’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati
entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fatta
eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno
precedente».
Calando la previsione normativa nell’esempio già formulato nei paragrafi
precedenti, si avrà che per un’operazione del 28 settembre 2019, documentata
tramite fattura emessa l’8 ottobre, ricevuta il 10 ed annotata entro il giorno 15 del
medesimo mese, il diritto alla detrazione potrà essere esercitato con riferimento
al mese di settembre 2019.
Ciò che non potrebbe avvenire laddove un’operazione del 2019 (di dicembre, ad
esempio), venisse documentata con una fattura ricevuta ed annotata nel 2020 (in
ipotesi a gennaio o febbraio). Situazione nella quale il diritto alla detrazione potrà
essere esercitato con riferimento al mese di effettiva ricezione e annotazione.
Si rammenta, come già evidenziato in precedenti documenti di prassi (si veda la
circolare n. 1/E del 17 gennaio 2018 ), che entrambi i requisiti (ricezione ed
annotazione) sono indispensabili ai fini del corretto esercizio del diritto.
In questa sede occorre sottolineare che la modifica normativa recata dal d.l. n.
119 coinvolge tutte le fatture emesse, siano esse elettroniche tramite SdI o meno,
e si applica anche a coloro che liquidano l’imposta con cadenza trimestrale. Ciò
significa che per un’operazione del 29 giugno 2019, documentata tramite fattura
emessa l’8 luglio, ricevuta il 13 ed annotata entro il giorno 15 del medesimo
mese, il diritto alla detrazione potrà essere esercitato con riferimento al secondo
trimestre 2019.

3.5 Disposizioni di coordinamento e armonizzazione in tema di fattura
Elettronica. Specificamente dedicate alla fatturazione elettronica sono due disposizioni
contenute negli articoli 15 e 15-bis del d.l. n. 119 del 2018.
La prima, tramite la sostituzione dell’articolo 4 del d.lgs. n. 127 del 2015, volta a
semplificare, dopo l’entrata a regime delle disposizioni in materia di fatturazione
e di quelle per la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi – dunque a
partire dalle operazioni IVA 2020 – alcuni adempimenti posti in capo ai soggetti
passivi d’imposta residenti e stabiliti in Italia.
Il legislatore ha previsto, in particolare, che dal 2020 l’Agenzia delle entrate
metta a disposizione di tutti i soggetti indicati, in apposita area riservata del
proprio sito internet, le bozze dei seguenti documenti:
a) registri di cui agli articoli 23 e 25 del decreto IVA;
b) liquidazione periodica dell’IVA;
c) dichiarazione annuale dell’IVA.
La convalida o integrazione dei dati, anche per il tramite degli intermediari di cui
all’articolo 3, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, comporterà il venir meno dell’«obbligo di
tenuta dei registri di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, fatta salva la tenuta del registro di cui
all’articolo 18, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600. L’obbligo di tenuta dei registri ai fini dell’IVA permane
per i soggetti che optano per la tenuta dei registri secondo le modalità di cui
all’articolo 18, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600» (così l’articolo 15).
In attesa del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate cui la norma
demanda l’emanazione delle disposizioni necessarie per l’attuazione dell’articolo
richiamato, va evidenziato sin d’ora come:
− coloro che, ricorrendo i requisiti dell’articolo 18, comma 1, del d.P.R. n. 600
del 1973, sono esonerati dalla tenuta delle scritture contabili, dovranno
comunque annotare cronologicamente negli appositi registri i ricavi e le
spese sostenute secondo le specificazioni contenute nel successivo comma 2;
− l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 18, comma 5, dello stesso d.P.R. n.
600, ferma la presunzione di coincidenza tra data di registrazione e incasso o
pagamento ivi prevista, comporterà l’obbligo di mantenere i registri indicati
sub a).
La seconda previsione, contenuta nell’articolo 15-bis del d.l. n. 119 del 2018,
riguarda, nell’ambito delle fatture elettroniche, quelle nei confronti delle
pubbliche amministrazioni (business to government [B2G]). Per queste, la nuova
lettera g-ter) dell’articolo 1, comma 213, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,
demanda ad un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze
l’individuazione delle cause che possono consentire il rifiuto delle fatture stesse,
nonché le modalità tecniche con le quali comunicare tale rifiuto al
cedente/prestatore, anche al fine di evitare rigetti impropri e di armonizzare le
modalità di rifiuto con le regole tecniche del processo di fatturazione elettronica
tra privati.
Occorre sottolineare che il provvedimento in esame non coinvolge rapporti
diversi da quelli con le pubbliche amministrazioni. Pertanto la figura tecnica del
“rifiuto via SdI”, presente nel processo di fatturazione elettronica PA, rimane
estranea ai rapporti B2B e B2C documentati con fatture elettroniche via SdI.

4 SANZIONI
4.1 Fatturazione elettronica. L’articolo 10, comma 1, del d.l. n. 119, modificando l’articolo 1, comma 6, del
d.lgs. n. 127 del 2015, ha delineato un peculiare quadro sanzionatorio proprio
delle sole fatture elettroniche.
In particolare, per il primo semestre del periodo d’imposta 2019, le sanzioni
individuate nello stesso articolo 1, comma 6 (ossia, in base al rinvio ivi
contenuto, quelle dell’articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.
471):
a) non trovano applicazione qualora la fattura elettronica sia regolarmente emessa
entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica dell’IVA relativa
all’operazione documentata;
b) sono ridotte al 20 per cento, se la fattura elettronica è emessa entro il termine
di effettuazione della liquidazione IVA del periodo successivo.
Inoltre, per i soli contribuenti che effettuano la liquidazione periodica
dell’imposta con cadenza mensile, le indicazioni sub b) si applicano fino al 30
settembre 2019.
In merito, va evidenziato che:
− secondo la previsione letterale della norma, la disapplicazione/riduzione
delle sanzioni non riguarda fattispecie diverse da quelle del citato articolo 6
del d.lgs. n. 471 del 1997.
Ne deriva, fermi restando i principi generali in tema di ravvedimento operoso
ex articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che
rimangono quindi interamente applicabili, tra le altre, le sanzioni relative
all’omesso versamento dell’IVA da parte del cedente o all’utilizzo di crediti
non spettanti, nonché le sanzioni dettate dall’articolo 9 del medesimo d.lgs.
n. 471 in tema di corretta tenuta e conservazione di scritture contabili,
documenti e registri previsti dalla legge;
− sino al 30 giugno 2019 la disapplicazione/riduzione delle sanzioni è
applicabile nei confronti di tutti i contribuenti, indipendentemente dalle
modalità di liquidazione dell’IVA (su base mensile o trimestrale);
− l’estensione della riduzione sanzionatoria al 30 settembre 2019 per i soggetti
che liquidano l’imposta su base mensile si intende riferita alle operazioni
effettuate entro tale giorno.
In altri termini, laddove entro il 16 novembre 2019 (8) il cedente/prestatore che
liquida l’IVA su base mensile emetta una fattura elettronica per documentare
operazioni effettuate a settembre 2019, vedrà le sanzioni di cui all’articolo 6 del
d.lgs. n. 471 ridotte al 20 per cento.
La data indicata (16 novembre 2019) corrisponde, peraltro, al termine ultimo
entro cui i soggetti che effettuano la liquidazione dell’imposta su base trimestrale
potranno godere della riduzione della sanzione in riferimento alle fatture del
secondo trimestre 2019.

(8) Si evidenzia, in riferimento alla data indicata, che «i versamenti e gli adempimenti, anche se solo
telematici, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione economico-finanziaria che scadono il sabato
o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo giorno lavorativo successivo» [così l’articolo 7,
comma 1, lettera h), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge
12 luglio 2011, n. 106]. Tale precisazione ovviamente vale per tutte le date riferite a termini di scadenza
dei vari adempimenti.

4.2 Invio dei dati delle fatture (“esterometro”). Tra le sanzioni che non sono oggetto di disapplicazione/riduzione ex articolo 10,
comma 1, del d.l. n. 119, figurano anche quelle relative all’omesso, incompleto o
errato invio dei «dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione
di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello
Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per
le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità
indicate nel comma 3. La trasmissione telematica è effettuata entro l’ultimo
giorno del mese successivo a quello della data del documento emesso ovvero a
quello della data di ricezione del documento comprovante l’operazione» (così
l’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 127 del 2015).
Sono tenuti all’invio in esame (c.d. “esterometro”) tutti i soggetti passivi
«residenti o stabiliti nel territorio dello Stato» obbligati, per le operazioni tra gli
stessi effettuate, alla fatturazione elettronica tramite SdI (cfr. il richiamo
all’articolo 1, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 127), risultandone quindi
esonerati, ad esempio, coloro che rientrano nel “regime di vantaggio” e quelli che
applicano il regime forfettario.
L’adempimento, a differenza del precedente “spesometro” (di cui all’articolo 21
del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122 ed ora abrogato), non riguarda le operazioni rilevanti
ai fini dell’imposta sul valore aggiunto effettuate, ma tutte le cessioni di beni e le
prestazioni di servizi verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.
Identica, tuttavia, è la sanzione, ora individuata per l’“esterometro” dall’articolo
11, comma 2-quater, del d.lgs. n. 471 del 1997, pari «a euro 2 per ciascuna
fattura, comunque entro il limite massimo di euro 1.000 per ciascun trimestre. La
sanzione è ridotta alla metà, entro il limite massimo di euro 500, se la
trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza stabilita
ai sensi del periodo precedente, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la
trasmissione corretta dei dati».
Per ragioni di completezza va rilevato che l’intervenuta abrogazione del citato
articolo 21 – operata dall’articolo 1, comma 916, della legge n. 205 del 2017 a
decorrere dal 1° gennaio 2019 – non riguarda le operazioni rilevanti ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto effettuate in precedenza per le quali la
comunicazione risultava da effettuare entro il 30 aprile 2019 (9), sia laddove la
stessa fosse avvenuta su base trimestrale, sia semestrale (10).

(9) Si veda l’articolo 11 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9
agosto 2018, n. 96, nonché, da ultimo, l’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27
febbraio 2019.
(10) Secondo la possibilità introdotta dal decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con
modificazioni dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, cfr. l’articolo 1-ter.

Va peraltro rilevato che né il legislatore, né i provvedimenti del Direttore
dell’Agenzia delle entrate cui le norme (articolo 1-ter e 21 citati) hanno
demandato la loro applicazione, pongono vincoli di sorta all’esercizio della
possibilità indicata.
Se ne trae, dunque, che laddove i dati di un determinato semestre siano stati
regolarmente inviati entro la scadenza legislativamente prevista – per il primo
semestre 2018, il 1° ottobre 2018 [cfr. l’articolo 1-ter, comma 2, lettera a) così
come modificata dall’articolo 11, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2018, n.
87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, che aveva
indicato tale termine in domenica 30 settembre 2018] – sebbene tale invio faccia
riferimento ai singoli trimestri che lo compongono, nessun ritardo può essere
contestato.
In caso di omissione o irregolarità troverà applicazione la sanzione prevista
dall’articolo 11, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 471 del 1997.
In merito, considerata la formulazione letterale di tale comma, il limite massimo
dallo stesso indicato (euro 1.000) andrà comunque riferito a ciascun trimestre.
Così, ad esempio, ipotizzando l’omesso/errato invio dei dati di 1.100 fatture, di
cui 600 relative al I trimestre e 500 relative al II trimestre, si determinerà:

Invio trimestrale Invio semestrale
Sanzione applicabile I trim.
€ 2 x 600 = € 1.200
ridotti a € 1.000
€ 2 x 1.100 = € 2.200
ridotti a € 2.000
(€ 1.000 I trim. + €
1.000 II trim.)
Sanzione applicabile II trim. € 2 x 500 = € 1.000

Nello stesso senso, ipotizzando l’omesso/errato l’invio dei dati di 1.100 fatture,
di cui 800 relative al I trimestre e 300 relative al II trimestre, si determinerà:

Invio trimestrale Invio semestrale
Sanzione applicabile I trim.
€ 2 x 800 = € 1.600
ridotti a € 1.000
€ 2 x 1.100 = € 2.200
ridotti a € 1.600
(€ 1.000 I trim. + € 600
II trim.)
Sanzione applicabile II trim. € 2 x 300 = € 600

Mutatis mutandis l’esempio appena proposto risulta applicabile anche in
riferimento al III e IV trimestre (ovvero II semestre) 2018, fermo restando che,
per tale periodo, il termine ultimo di invio coincide con il 30 aprile 2019
indipendentemente dalla cadenza di riferimento prescelta (cfr. l’articolo 11 del
d.l. n. 87 del 2018, nonché, da ultimo, l’articolo 1 del d.P.C.M. 27 febbraio
2019).

5 IMPOSTA DI BOLLO
Il decreto ministeriale 28 dicembre 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5
del 7 gennaio 2019, ha, in ultimo, modificato, con decorrenza dal 1° gennaio
2019, l’articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale 17 giugno 2014, regolante
l’imposta di bollo sui documenti informatici fiscalmente rilevanti, stabilendo che
«Il pagamento dell’imposta relativa agli atti, ai documenti ed ai registri emessi o
utilizzati durante l’anno avviene in un’unica soluzione entro centoventi giorni
dalla chiusura dell’esercizio. Il pagamento dell’imposta relativa alle fatture
elettroniche emesse in ciascun trimestre solare è effettuato entro il giorno 20 del
primo mese successivo. A tal fine, l’Agenzia delle entrate rende noto
l’ammontare dell’imposta dovuta sulla base dei dati presenti nelle fatture
elettroniche inviate attraverso il Sistema di interscambio di cui all’art. 1, commi
211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, riportando l’informazione
all’interno dell’area riservata del soggetto passivo I.V.A. presente sul sito
dell’Agenzia delle entrate.
Il pagamento dell’imposta può essere effettuato mediante il servizio presente
nella predetta area riservata, con addebito su conto corrente bancario o postale,
oppure utilizzando il modello F24 predisposto dall’Agenzia delle entrate. Le
fatture elettroniche per le quali è obbligatorio l’assolvimento dell’imposta di
bollo devono riportare specifica annotazione di assolvimento dell’imposta ai
sensi del presente decreto».
L’intervento richiamato rende opportune alcune osservazioni.
In primo luogo, occorre rilevare che le modifiche recate non mutano quanto detto
nei paragrafi precedenti in ordine al fatto che l’introduzione dell’obbligo di
fatturazione elettronica, salva espressa previsione, non ha modificato le regole
precedentemente in essere.
Ciò significa, in riferimento all’imposta in esame, che non solo non ne è mutato
il quantum – pari, per le fatture, ad € 2,00 (si veda l’articolo 7-bis, comma 3, del
decreto-legge 2013 n. 43, inserito dalla legge di conversione 24 giugno 2013, n.
71, che, con decorrenza 26 giugno 2013, ha mutato l’importo pregresso) – ma
che per determinarne l’an, ossia per stabilire se una fattura o un documento
risultino soggetti a bollo, occorrerà riferirsi innanzitutto al decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, alla tariffa allo stesso allegata, nonché
ai chiarimenti via via forniti dell’Amministrazione finanziaria.
Va tuttavia evidenziato che, per la peculiarità del processo di fatturazione
elettronica via SdI, come regolamentato dal provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018, la fattura elettronica “scartata” da
SdI “si considera non emessa” e, conseguentemente, in tali casi non sorgerà
neppure il presupposto del tributo.
Precisato quanto sopra, per le fatture ed i documenti da sottoporre ad imposta, nel
quadro risultante a seguito del decreto ministeriale 28 dicembre 2018, si avrà la
seguente alternativa:
a) fatture e documenti analogici, con imposta da assolvere tramite apposito
contrassegno, ovvero in maniera virtuale (cfr., rispettivamente, gli articoli 3 e 15
del d.P.R. n. 642 del 1972);
b) fatture elettroniche ed altri documenti informatici, con imposta da assolvere
esclusivamente ex articolo 6 del d.m. 17 giugno 2014 (si rammenta, come già
segnalato nella circolare n. 16/E del 2015 , che la modalità virtuale citata nel
paragrafo precedente non può trovare applicazione per i documenti informatici).
Quest’ultima modalità è caratterizzata da:
− l’assenza di qualsiasi preventiva comunicazione all’Amministrazione
finanziaria;
− il pagamento telematico, ossia tramite modello F24.
Cambia, tuttavia, il termine di adempimento, da identificarsi:
− nel centoventesimo giorno successivo alla chiusura dell’esercizio, ossia nel
30 aprile di ciascun anno in riferimento all’anno solare precedente (si veda la
risoluzione n. 43/E del 28 aprile 2015 ), per tutti i documenti diversi dalle
fatture;
− nel giorno 20 del primo mese successivo per le fatture elettroniche emesse in
ciascun trimestre solare (ossia, per l’anno in corso, nel 20 aprile, 20 luglio e
20 ottobre 2019, nonché nel 20 gennaio 2020).
Vale evidenziare che quest’ultima scadenza, stante la lettera della disposizione in
commento, riguarda tutte le fatture elettroniche, siano esse emesse tramite SdI,
sia, ove consentito, extra, dovendo comunque riportare la specifica annotazione
di assolvimento dell’imposta ai sensi del d.m. 17 giugno 2014.
Al riguardo, per le sole fatture elettroniche emesse attraverso SdI, concorreranno
al calcolo dell’imposta di bollo da versare trimestralmente le fatture
correttamente elaborate e non scartate dallo SdI, cioè quelle per le quali il
Sistema ha consegnato o messo a disposizione il file della fattura nel trimestre di
riferimento.
Questa regola di conteggio è anche quella adottata dall’Agenzia delle entrate
nell’ambito del servizio che, come previsto dalla norma, rende preventivamente
noto l’ammontare dell’imposta dovuta sulla base dei dati presenti nelle fatture
inviate tramite SdI, riportando l’informazione all’interno del portale Fatture e
Corrispettivi e consentendo il pagamento non solo tramite modelli F24 – si veda,
per i relativi codici tributo, la risoluzione n. 42/E del 9 aprile 2019 – ma anche
con addebito su conto corrente bancario o postale, sfruttando il servizio
disponibile nella stessa area.
In merito, tuttavia, non può dimenticarsi che tale servizio rappresenta
un’agevolazione legata alle sole fatture elettroniche emesse via SdI, senza
presunzione o vincolo di esaustività, risultando i contribuenti coinvolti tenuti alla
verifica degli importi proposti, nonché alle integrazioni che si rendessero
necessarie (come potrebbe avvenire, ad esempio, nelle ipotesi consentite di
fatture elettroniche da sottoporre ad imposta di bollo emesse extra SdI, di cui
l’Amministrazione finanziaria non è a conoscenza e di cui, conseguentemente,
non può aver tenuto conto).
Va inoltre sottolineato, secondo le regole generali contenute nel citato d.P.R. n.
642 del 1972, che «Sono obbligati in solido per il pagamento dell’imposta e delle
eventuali sanzioni amministrative:
1) tutte le parti che sottoscrivono, ricevono, accettano o negoziano atti,
documenti o registri non in regola con le disposizioni del presente decreto
ovvero li enunciano o li allegano ad altri atti o documenti;
2) tutti coloro che fanno uso, ai sensi dell’art. 2, di un atto, documento o registro
non soggetto al bollo fin dall’origine senza prima farlo munire del bollo
prescritto.
La parte a cui viene rimesso un atto, un documento o un registro, non in regola
con le disposizioni del presente decreto, alla formazione del quale non abbia
partecipato, è esente da qualsiasi responsabilità derivante dalle violazioni
commesse ove, entro quindici giorni dalla data del ricevimento, lo presenti
all’Ufficio del registro e provveda alla sua regolarizzazione col pagamento della
sola imposta. In tal caso la violazione è accertata soltanto nei confronti del
trasgressore» (così l’articolo 22).
La norma appena richiamata va necessariamente letta nel nuovo contesto tecnico normativo e dunque, per le fatture elettroniche emesse tramite SdI:
− ferma restando la solidarietà tra i soggetti coinvolti (ossia chi forma il
documento e colui che lo riceve o ne fa uso), l’assolvimento dell’imposta
prescinde dalla soggettività IVA;
Ne deriva che sono obbligati principali al pagamento anche coloro che non
hanno tale soggettività in quanto la stessa, per specifica previsione di legge, è
traslata su altri.
È il caso, ad esempio, del Gruppo IVA di cui agli articoli 70-bis e ss. del
decreto IVA, laddove il singolo membro, pur sfornito di soggettività passiva,
qualora formi il documento – ossia lo emetta, come possibile in ragione dei
modelli organizzativi ritenuti più adeguati (si veda l’articolo 3 del decreto
ministeriale 6 aprile 2018, nonché la circolare n. 19/E del 31 ottobre 2018 ) –
risulterà obbligato principale all’assolvimento dell’imposta ed il Gruppo che
si avvalga della fattura obbligato in solido. Nell’ipotesi contraria, vale a dire
di formazione del documento da parte del rappresentante del Gruppo, sarà
quest’ultimo obbligato principale ed il singolo membro obbligato in solido;
− la regolarizzazione delle fatture imporrebbe, al fine di evitare sanzioni, la
presentazione delle stesse agli uffici dell’Amministrazione finanziaria entro
15 giorni dalla ricezione, con contestuale pagamento dell’imposta.
Non può dimenticarsi, tuttavia, anche nell’ottica di una costante riduzione degli
adempimenti voluta dal legislatore italiano con l’introduzione della fatturazione
elettronica, che l’emissione di tali documenti tramite SdI costituisce già
presentazione degli stessi all’Amministrazione.
Ne deriva, fatti salvi eventuali ulteriori interventi normativi sul punto, che non
risulta necessaria alcuna successiva ripresentazione, fermo restando il
versamento dell’imposta (tramite modello F24) entro il quindicesimo giorno
successivo alla ricezione.
Coordinando quanto appena visto con i diversi termini di assolvimento – in
generale, il ventesimo giorno del primo mese successivo al trimestre solare di
riferimento, ovvero, per la regolarizzazione, il quindicesimo giorno successivo
alla ricezione della fattura elettronica – resta inteso che la regolarizzazione si
renderà necessaria solo quando la fattura, sprovvista dell’indicazione voluta
dall’articolo 6 del d.m. 17 giugno 2014 e dei “DatiBollo” (elementi 2.1.1.6.1 e
2.1.1.6.2 del tracciato xml) sia da assoggettare all’imposta.

6 INVERSIONE CONTABILE ED AUTOFATTURE
Nel linguaggio quotidiano vengono spesso accomunati in un unico termine
(“autofatture”) documenti che hanno funzione e contenuto diverso.
Di seguito alcuni chiarimenti di dettaglio.

6.1 Autofatture vere e proprie. L’“autofattura” vera e propria è quel documento, contenente i medesimi elementi
di una “normale” fattura che se ne differenzia in quanto:
a) l’emittente non è il cedente/prestatore, ma il cessionario del bene ovvero il
committente del servizio che assolve l’imposta (ed è dunque obbligato a liquidare
l’IVA) in sostituzione del primo;
b) cedente/prestatore e cessionario/committente coincidono in un unico soggetto,
ovvero l’operazione è a titolo gratuito (cfr. l’articolo 2, comma 2, del decreto
IVA).
Rientrano nell’ipotesi sub a), ad esempio:
− per quanto riguarda le operazioni effettuate da soggetti stabiliti o residenti in
Italia, gli acquisti da produttori agricoli ex articolo 34, comma 6, del decreto
IVA, i compensi corrisposti agli intermediari per la vendita di documenti di
viaggio da parte degli esercenti l’attività di trasporto (cfr. il decreto
ministeriale 30 luglio 2009) e la regolarizzazione dell’omessa o irregolare
fatturazione (c.d. “autofattura denuncia” di cui all’articolo 6, comma 8, del
d.lgs. n. 471 del 1997);
− in riferimento alle operazioni effettuate da soggetti non residenti o non
stabiliti, gli acquisti da soggetti extra UE (cfr. l’articolo 17, comma 2, del
decreto IVA).
Sono invece riconducibili all’ipotesi sub b), ad esempio:
− il c.d. “autoconsumo”, ossia la destinazione di beni o servizi al consumo
personale o familiare dell’imprenditore ovvero ad altre finalità non
imprenditoriali;
− le cessioni gratuite di beni la cui produzione o il cui commercio rientra
nell’attività propria dell’impresa e di quelli che non vi rientrano se di costo
unitario superiore ad euro cinquanta e per i quali sia stata operata, all’atto
dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta a norma
dell’articolo 19 del decreto IVA.
Nelle ipotesi in esame, qualora vi sia l’obbligo di emettere autofattura, la stessa
dovrà necessariamente essere elettronica via SdI (con l’unica eccezione delle
prestazioni rese da soggetti extra UE, per le quali vale l’adempimento di cui
all’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 127 del 2015 salvo scelta per la
fatturazione elettronica via SdI).
Resta ferma, laddove la controparte sia un soggetto escluso dagli obblighi
dell’articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 127 del 2015 e non intenda avvalersi della
fatturazione elettronica via SdI, la necessità di consegnarle copia analogica (o
informatica) del documento, come peraltro prescritto anche da specifiche
disposizioni di settore (cfr., ad esempio, l’articolo 34, comma 6, secondo periodo,
del decreto IVA, ovvero l’articolo 3, comma 3, del d.m. 30 luglio 2009).

6.2 Inversione contabile. Nell’inversione contabile (“reverse charge”), a differenza delle ipotesi di
autofattura richiamate nel paragrafo precedente, il cedente/prestatore documenta
l’operazione con l’emissione di un documento, senza addebito dell’IVA, che è
integrato dal cessionario/committente, il quale provvede all’assolvimento
dell’imposta.
Rientrano nella fattispecie in esame specifiche operazioni (cfr. gli articoli 17 e 74
del decreto IVA, nonché l’articolo 46 del d.l. n. 331 del 1993):
a) con l’estero, nelle ipotesi di acquisti da soggetti passivi stabiliti in altri Paesi
UE;
b) con soggetti passivi d’imposta residenti o stabiliti in Italia, come, ad esempio,
nei casi di cessioni di rottami, bancali in legno, oro da investimento, prestazioni
di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di
completamento relative ad edifici, ecc. [si rammenta che l’articolo 2, comma 2-
bis del d.l. n. 119 ha in ultimo prorogato al 30 giugno 2022 l’applicazione del
reverse charge per le fattispecie di cui all’articolo 17, sesto comma, lettere b), c),
d-bis), d-ter) e d-quater) del decreto IVA].
Pur a fronte del medesimo iter – in generale, per il cessionario/committente,
numerazione ed integrazione della fattura con i dati legislativamente richiesti,
nonché annotazione della stessa nei registri IVA – va rilevata la diversa forma
della fattura inizialmente ricevuta, che nel caso di reverse charge interno è
normalmente elettronica via SdI.
Secondo quanto già indicato nella circolare n. 13/E del 2018 (cfr. la risposta al
quesito 3.1), ciò comporta che nell’ipotesi di reverse charge interno, e comunque
in tutte quelle in cui vi è una fattura elettronica veicolata tramite SdI, a fronte
dell’immodificabilità della stessa, il cessionario/committente può – senza
procedere alla sua materializzazione analogica e dopo aver predisposto un altro
documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati
necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura stessa – inviare tale
documento allo SdI, come indicato nel paragrafo 6.4, così da ridurre gli oneri di
consultazione e conservazione.
Nei casi di reverse charge esterno, di cui al punto a) precedente, resta comunque
fermo l’obbligo comunicativo di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 127
del 2015, salvo il caso in cui il fornitore comunitario abbia emesso la fattura
elettronica via SdI e quindi con le regole italiane.

6.3 Depositi IVA. Ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, «L’estrazione
dei beni da un deposito I.V.A. [ossia, ai sensi del precedente comma 1, il deposito
fiscale, luogo fisico situato nel territorio dello Stato, «per la custodia di beni
nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali
dei depositi medesimi», ndr.] può essere effettuata solo da soggetti passivi
d’imposta agli effetti dell’I.V.A. e comporta il pagamento dell’imposta».
In particolare, «il soggetto che procede all’estrazione annota nel registro di cui
all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, una fattura emessa ai sensi dell’articolo 17, secondo comma, del medesimo
decreto» (cfr. il comma 6, quinto periodo).
Trattasi di un’ipotesi di reverse charge (cfr. la circolare n. 12/E del 24 marzo
2015 , nonché, più recentemente, le risoluzioni n. 55/E del 3 maggio 2017 e n. 5/E
del 16 gennaio 2018 ), che può dar luogo, a seconda delle varie situazioni,
all’emissione di una autofattura o all’integrazione di quella ricevuta dal cedente,
in cui il documento, integrato con i dati della sua registrazione, deve essere
consegnato in dogana al fine di ottenere lo svincolo della garanzia prestata per
l’introduzione dei beni nel deposito IVA importati in libera pratica (cfr. la nota
dell’Agenzia delle dogane n. 113881 del 5 ottobre 2011).
In merito alla disciplina in esame, occorre rilevare che il bene estratto dal
deposito IVA vi è stato in genere introdotto per effetto di una importazione e,
quindi, l’operazione originaria è stata documentata mediante una bolletta
doganale, non risultando soggetta, per espressa previsione dell’articolo 1, comma
3-bis, del d.lgs. n. 127 del 2015, all’obbligo di fatturazione elettronica né alla
comunicazione dei dati relativi alle operazioni effettuate e ricevute.
Le successive cessioni del bene avvenute all’interno del deposito – seppur non
imponibili ai fini IVA per effetto di quanto disposto dal citato articolo 50-bis, del
d.l. n. 331 del 1993 – devono, invece, essere documentate con fattura (si veda la
citata circolare n. 12/E del 2015, punto 5.2.1, su quando ciò possa non avvenire),
la quale sarà elettronica via SdI qualora entrambe le parti siano soggetti passivi
residenti o stabiliti in Italia (ferme le eventuali eccezioni viste nel paragrafo 1),
analogica o elettronica extra SdI ove uno degli operatori non lo sia (ipotesi in cui
troverà applicazione l’“esterometro”).
È quindi evidente che, al momento dell’estrazione, nella normalità dei casi, la
cessione del bene avvenuta dentro il deposito è già stata documentata e siamo di
fronte ad una mera integrazione del documento originario al fine di assolvere al
debito d’imposta.
In tale ottica, onde consentire la massima semplificazione, si ritengono
applicabili, in linea generale, i chiarimenti già resi nel paragrafo precedente (con
eventuale invio del documento integrato allo SdI e, qualora l’operatore usufruisca
del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto dall’Agenzia delle
entrate, conservazione tramite lo stesso).
Va aggiunto, tuttavia, che, a volte, non c’è corrispondenza tra valore del bene
ceduto all’interno del deposito e valore del bene estratto, in quanto quest’ultimo
deve essere incrementato delle spese ivi sostenute e ad esso riferibili (si
rammenta, ai fini del calcolo della base imponibile IVA al momento
dell’estrazione, che, ex articolo 50-bis, comma 6, del d.l. n. 331, il corrispettivo o
valore della merce al momento dell’introduzione deve essere aumentato del costo
delle prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti in Italia, eventualmente rese
nel deposito IVA aventi ad oggetto i beni stessi, fermo restando che, se tali
prestazioni sono state assoggettate ad imposta, il relativo corrispettivo ne è
escluso (cfr. la circolare n. 8/E del 13 marzo 2009 , punto 6.9).
In tale evenienza il documento emesso al momento dell’estrazione assume una
funzione ulteriore perché è strumentale ad individuare il valore del bene estratto
e la corretta base imponibile.
Si ritiene, dunque, che, in tale eventualità, l’autofattura debba essere elettronica e
transitare via SdI.
6.4 Compilazione dei documenti. Nelle Specifiche tecniche allegate al provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018 [cfr., in ultimo, la versione 1.4.2
pubblicata il 24 maggio 2019 e disponibile sul sito istituzionale della scrivente
(https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/nsi/aree+tematiche/fatturaz
ione+elettronica/fatturazione+elettronica+site+area/normativa+e+prassi+fatture+
elettroniche/indice+normativa+prassi+fe)] sono riportate le definizioni e le
modalità di compilazione dei documenti, con relativa tipologia, per l’invio allo
SdI.
Rimettendo a tali Specifiche tecniche tutti i dettagli, va qui rammentato che il
“TipoDocumento” – ossia la «tipologia del documento oggetto della trasmissione
(fattura, acconto/anticipo su fattura, acconto/anticipo su parcella, nota di
credito, nota di debito, parcella, autofattura)» – per i casi esaminati nel presente
paragrafo 6, è costituito da “TD01” per gli acquisti in reverse charge interno
nonché per tutte le tipologie di autofatture, ovvero altro documento contenente i
dati necessari per l’integrazione, diverse da quelle relative alla regolarizzazione
di cui all’articolo 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997: solo per tale ultima
ipotesi, come previsto dal provvedimento del 30 aprile 2018, occorrerà utilizzare
il “TipoDocumento” “TD20”.
In riferimento alle autofatture – ricordato che tali documenti costituiscono delle
fatture e, pur con tutte le peculiarità proprie delle varie ipotesi che si possono
verificare, anche ai fini della corretta detraibilità dell’imposta, devono contenere
gli elementi previsti dall’articolo 21 del decreto IVA – occorre specificare che,
per l’invio allo SdI:
– in caso di emissione di autofattura per integrazione della fattura elettronica
ricevuta in reverse charge interno, i dati del cessionario/committente vanno
inseriti sia nella sezione “Dati del cedente/prestatore” sia nella sezione “Dati
del cessionario/committente”;
– in caso di emissione di autofattura per estrazione di beni da un deposito IVA,
i dati del cessionario/committente vanno inseriti sia nella sezione “Dati del
cedente/prestatore” sia nella sezione “Dati del cessionario/committente”.
Resta inteso che sia nella fase di introduzione del bene nel deposito IVA, sia
nel caso di cessioni all’interno del deposito, l’operazione deve essere
documentata con le rituali modalità, ad esempio bolletta doganale per
l’importazione, fatturazione elettronica per cessioni tra soggetti residenti,
ecc. Qualora l’estrazione dal deposito IVA non riguardi i carburanti va
utilizzato il blocco 2.2.1.3 “CodiceArticolo” ed inserito nel campo 2.2.1.3.1
“CodiceTipo” il valore “DEP” e nel campo 2.2.1.3.2 “CodiceValore” il valore
“0”;
– in ipotesi di autofattura per omaggi ovvero per autoconsumo, i dati del
cedente/prestatore vanno inseriti sia nella sezione “Dati del
cedente/prestatore” sia nella sezione “Dati del cessionario/committente” (si
ricorda che in questi casi la fattura, e quindi la relativa imposta, va annotata
solo nel registro IVA vendite);
– in caso di autofattura per acquisti da soggetti non residenti o stabiliti nel
territorio dello Stato (ad esempio, acquisti di servizi extra UE, acquisti di beni
all’interno di un deposito IVA dopo un passaggio al suo interno tra soggetti
extra UE, …), in luogo dell’esterometro è possibile emettere un’autofattura
elettronica compilando il campo della sezione “Dati del cedente/prestatore”
con l’identificativo Paese estero e l’identificativo del soggetto non
residente/stabilito; nei “Dati del cessionario/committente” vanno inseriti
quelli relativi al soggetto italiano che emette e trasmette via SdI il documento
e compilata la sezione “Soggetto Emittente” con valorizzazione del codice
“CC” (cessionario/committente);
– in ipotesi di autofattura per regolarizzazione ex articolo 6, comma 8, del d.lgs.
n. 471 del 1997 (“TipoDocumento” “TD20”), nella sezione “Dati del
cedente/prestatore” vanno inseriti quelli relativi al fornitore che avrebbe
dovuto emettere la fattura, nella sezione “Dati del cessionario/committente”
vanno inseriti quelli relativi al soggetto che emette e trasmette via SdI il
documento, nella sezione “Soggetto Emittente” va utilizzato il codice “CC”
(cessionario/committente).
Si rappresenta che le medesime modalità di compilazione dovranno essere
seguite nel caso in cui si decidesse di inviare un altro documento, contenente sia i
dati necessari per l’integrazione sia i dati degli estremi della fattura, diverso
dall’autofattura.

7 FATTURAZIONE IN NOME E PER CONTO
A fronte delle situazioni in cui l’onere di documentare l’operazione trasla dal
cedente/prestatore al cessionario/committente che lo assolve secondo le modalità
succintamente riepilogate nel paragrafo 6, va ricordato che ve ne sono altre in cui
l’onere rimane in capo al soggetto legislativamente individuato, che, tuttavia, non
lo assolve in prima persona, ma avvalendosi di un terzo.
Ciò può avvenire per libera scelta del soggetto obbligato (cedente/prestatore,
nonché cessionario/committente) in base alla previsione generale dell’articolo 21,
comma 2, del decreto IVA, ovvero per volontà del legislatore emergente da
singole norme di settore, come, ad esempio, il sopra segnalato articolo 1, comma
3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 127 del 2015 per le società sportive
dilettantistiche, o anche, ex articolo 6, comma 2, del decreto IVA, in riferimento
ai beni assegnati a seguito di espropriazione immobiliare, laddove si è ritenuto
che «obbligato ad emettere fattura in nome e per conto del contribuente e a
versare l’Iva incassata all’Amministrazione finanziaria sia il professionista
delegato delle operazioni di vendita ai sensi dell’art. 591-bis del codice di
procedura civile» (così la risoluzione n. 62/E del 16 maggio 2006 ; in riferimento
ai beni oggetto di custodia giudiziale, si veda la precedente risoluzione n. 158/E
dell’11 novembre 2005 , secondo cui «di norma l’obbligo della fatturazione
grava sul soggetto passivo Iva, si è, tuttavia, del parere che nella fattispecie in
esame il custode giudiziario sia obbligato ad emettere tale documento in
sostituzione del contribuente, essendo tale formalità strettamente funzionale alla
riscossione dei canoni locatizi, che, come si è sopra evidenziato, rientra tra i
compiti fondamentali del custode, tenuto a provvedere anche alla conservazione
dei frutti del bene pignorato. Ne consegue che, oltre all’importo del tributo
incassato, il custode è tenuto a trasmettere copia della fattura alla società
esecutata, che provvederà, entro quindici giorni dal ricevimento, alla
registrazione del documento e agli altri adempimenti prescritti dalle norme che
disciplinano l’applicazione del tributo. Tuttavia, in tutti i casi in cui non sia
possibile rimettere il relativo importo al soggetto esecutato, come, ad esempio,
nell’ipotesi in cui lo stesso si renda irreperibile, il custode giudiziario è tenuto a
corrispondere direttamente il tributo all’amministrazione finanziaria»).
In queste eventualità, considerato che il terzo agisce comunque in nome e per
conto del soggetto tenuto alla fatturazione, le modalità di assolvimento – e
dunque anche i casi di eventuale esclusione dagli obblighi di fatturazione
elettronica – saranno quelle proprie di tale soggetto.
Resta fermo che nel caso di fatturazione elettronica via SdI, il documento (ossia
il relativo tracciato xml) andrà compilato tenendo conto della specificità della
situazione sottesa.
Così, ad esempio, il professionista delegato, deputato ad emettere fattura
elettronica attraverso il Sistema di Interscambio, dovrà:
• inserire nel campo “cedente/prestatore” i dati del soggetto esecutato;
• valorizzare il campo “Soggetto emittente” con “TZ (Terzo)” senza compilare
la sezione “Terzo intermediario o Soggetto emittente” (il professionista delegato
agisce, come detto, per conto di un altro soggetto);
• inviare una copia (analogica o informatica) della fattura all’esecutato.

8 CONSERVAZIONE E CONSULTAZIONE DELLE FATTURE ELETTRONICHE
A seguito delle modifiche recate dal d.l. n. 119 del 2018, l’articolo 1, comma 6-
bis del d.lgs. n. 127 del 2015, ad oggi prevede che «Gli obblighi di conservazione
previsti dall’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17
giugno 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 26 giugno 2014, si
intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti
informatici trasmessi attraverso il Sistema di Interscambio di cui all’articolo 1,
comma 211, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e memorizzati dall’Agenzia
delle entrate. Per il servizio di conservazione gratuito delle fatture elettroniche
di cui al presente articolo, reso disponibile agli operatori IVA dall’Agenzia delle
entrate, il partner tecnologico Sogei S.p.a. non può avvalersi di soggetti terzi.
[…]».
Ciò fermo restando che «I tempi e le modalità di applicazione della presente
disposizione, anche in relazione agli obblighi contenuti nell’articolo 5 del citato
decreto ministeriale 17 giugno 2014, sono stabiliti con apposito provvedimento
del direttore dell’Agenzia delle entrate. […]» (così il terzo periodo del citato
articolo 1, comma 6-bis). Al riguardo vanno in primo luogo confermate le indicazioni già fornite con la
circolare n. 13/E del 2018 (cfr. il punto 3 della stessa, ma, parimenti, il punto 1.4
della circolare n. 8/E del 30 aprile 2018), in richiamo al provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018, in base alle
quali per chi aderisce all’accordo di servizio, tutte le fatture elettroniche emesse o
ricevute via SdI saranno portate in conservazione nel rispetto delle norme
vigenti. Il servizio messo a disposizione dall’Agenzia garantisce la conservazione
per un periodo di quindici anni, a meno che il contribuente decida di revocarlo e
di rientrare in possesso di tutte le fatture conservate utilizzando la funzione di
“export”.
Tale conservazione ha efficacia tanto civilistica, quanto tributaria e riguarda tutti
i documenti – fatture elettroniche (ex articoli 21 e 21-bis del decreto IVA, note
emesse a seguito delle variazioni di cui al successivo articolo 26, autofatture,
ecc.) e allegati – veicolati tramite SdI, sia su base obbligatoria che volontaria.
La validità legale è garantita dalla conformità del sistema di conservazione alle
previsioni delle regole tecniche di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 7
marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale). Gli aventi diritto, con
richiesta motivata, possono ottenere l’esibizione delle fatture conservate, con le
modalità specificate nel Manuale della conservazione.
Resta inteso che ciascun contribuente è libero, pur avendo aderito al servizio
gratuito di conservazione offerto dall’Agenzia delle entrate, di conservare
ulteriormente, in proprio o avvalendosi di un soggetto professionale terzo, fatture
elettroniche e documenti veicolati tramite SdI.
In questa sede va aggiunto che il provvedimento del 30 aprile 2018, come
successivamente integrato, ha disciplinato anche la consultazione delle copie
conformi all’originale delle fatture veicolate dallo SdI e dei “dati fattura” (ossia
una parte dei dati fiscalmente rilevanti di cui all’articolo 21 del d.P.R. n. 633 del
1972 come definiti al punto 1.2 del medesimo provvedimento, estratti dalle
fatture veicolate dallo SdI).
Rinviando al citato provvedimento ed ai relativi allegati i dettagli tecnici del
caso, si ricorda che la consultazione delle copie conformi all’originale delle
fatture veicolate dallo SdI avviene, a favore degli operatori soggetti passivi IVA,
all’interno dell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle entrate e
accessibile, a decorrere dal 1° luglio 2019, previa adesione – effettuata con le
modalità di cui al punto 8-bis del provvedimento – al servizio di consultazione e
acquisizione dei file delle fatture elettroniche emesse e ricevute attraverso lo SdI.
I file delle fatture elettroniche correttamente trasmesse allo SdI sono disponibili
nella citata area riservata sino al 31 dicembre del secondo anno successivo a
quello di ricezione da parte dello SdI e cancellati entro i sessanta giorni
successivi.
Al soggetto che non abbia effettuato l’adesione sono resi disponibili in
consultazione (fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione di riferimento) solo i dati fattura.
Quindi, in sintesi:
a) se il cedente/prestatore o il cessionario/committente ha aderito al servizio di
consultazione, all’aderente saranno rese disponibili, sino alla fine del secondo
anno successivo alla ricezione da parte del Sistema di Interscambio (e salvo
recesso anticipato dal servizio), i file delle fatture elettroniche emesse/ricevute;
b) in tutti i casi, fino al termine dell’ottavo anno successivo alla presentazione
della dichiarazione di riferimento, saranno disponibili i dati fattura.
Esemplificando: nel caso di un’operazione effettuata il 30 dicembre 2019,
fatturata elettronicamente via SdI il 3 gennaio 2020, con fattura consegnata e
registrata dal cessionario/committente il giorno successivo:
– laddove una o entrambe le parti abbiano aderito al servizio di consultazione, la
fattura sarà consultabile nell’area riservata dell’aderente sino al 31 dicembre
2022;
– i dati fattura saranno consultabili sino al 31 dicembre 2028 per il
cedente/prestatore e fino al 31 dicembre 2029 per il cessionario/committente.
Si evidenzia che le due tipologie di documenti consultabili, originali trasmessi o
duplicati informatici degli stessi [cfr. l’articolo 1, comma 1, lettera i)-quinquies,
del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82], hanno la medesima valenza (si veda
l’articolo 23-bis dello stesso decreto).

9 FAQ
Si ricorda che su questi argomenti è disponibile il servizio “FAQ – Risposte alle
domande più frequenti” (https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/
nsi/schede/comunicazioni/fatture+e+corrispettivi/faq+fe), sempreché non
superate da successive indicazioni di prassi”.

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