Ris. 5 ottobre 2018, n. 76/E, dell’Agenzia delle entrate
“Quesito. La società ALFA ha ricevuto la richiesta di un dipendente di potere fruire, per l’anno 2016 e successivi, del regime fiscale agevolato, ai sensi dell’articolo 16, comma 2, del D.Lgs. n. 147 del 2015.
La società, in qualità di sostituto d’imposta, al fine di riconoscere il beneficio fiscale, chiede chiarimenti circa l’interpretazione del detto articolo 16, in particolare, riguardo alla limitazione posta nella circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 , Parte II, paragrafo 3.1, laddove si escludono dall’accesso all’agevolazione in esame i lavoratori che rientrano in Italia da distacchi all’estero “in quanto il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma”.
L’istante espone, quindi, il caso del signor X, cittadino italiano, in possesso di laurea conseguita in Italia.
Nel 1997 X veniva assunto in Francia presso la società B (società del gruppo C) e fino al 2001 si qualificava come soggetto fiscalmente residente in Francia, dove versava le imposte e i contributi.
Il 2 luglio 2001 veniva assunto in Italia dalla società D, con il ruolo di Auditor e, contestualmente, era messo in aspettativa, senza rientro in Italia, in quanto si iscriveva ad un MBA della durata di due anni all’estero.
Al termine del periodo d’aspettativa, nel settembre 2003, rientrava in Italia ed il 1° maggio 2004 veniva distaccato nella sede di Singapore della società B in qualità di Regional controller. Il contratto prevedeva una durata del distacco fino al 31 dicembre 2006 e, in virtù di tale distacco, il dipendente manteneva la propria posizione contributiva in Italia, non interrompendo di fatto la propria copertura previdenziale in Italia.
Nell’aprile 2006, terminato in anticipo rispetto alla previsione il distacco a Singapore, il dipendente veniva assunto presso la società E (filiale svizzera di D), con contratto di diritto elvetico, in qualità di CEO/Chairman per l’area Albania, Gambia, Sri Lanka e Mauritania.
Successivamente, dal 1° agosto 2007, il signor X iniziava un nuovo rapporto di lavoro dipendente con la società D, con la qualifica di Dirigente di Aziende Produttrici di Beni e Servizi nell’ambito della Direzione Sviluppo Internazionale e, contestualmente, veniva distaccato, senza rientro in Italia, presso la sede di Singapore della società B in qualità di International Development Manager per un periodo indicativo di tre anni.
In seguito il dipendente veniva distaccato, senza rientrare in Italia, presso altre società del Gruppo C:
– dal 1° febbraio 2009 presso la società F a Istanbul (Turchia) in qualità di General Manager per un periodo indicativo di tre anni;
– dal 1° dicembre 2011 presso la società G negli USA in qualità di President e CEO per un periodo indicativo di tre anni.
Il distacco negli USA veniva tacitamente prorogato in attesa di riposizionamento con un nuovo ruolo estero presso la filiale svizzera di D. La data di trasferimento in Svizzera era prevista indicativamente per la seconda metà del 2015. Tuttavia, a seguito dell’acquisizione di C da parte di H, avvenuta a luglio 2015, il trasferimento in Svizzera veniva annullato, e il dipendente nel settembre 2015 rientrava in Italia presso la sede della società D, con l’incarico di coordinare il processo di preparazione all’integrazione con la H.
Successivamente, nell’ottobre 2016, la Società ALFA ha assunto il signor X con un ruolo apicale.
In merito al requisito soggettivo della residenza giova segnalare che il dipendente TIZIO risultava iscritto all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) dal 20 dicembre 2004 e la sua iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente presso il Comune di
. avveniva a settembre 2015.
Si precisa, inoltre, che il dipendente si qualificava come soggetto non fiscalmente residente in Italia per gli anni dal 2005 al 2015 e a partire dall’anno 2016 trasferiva la sua residenza fiscale in Italia.
Si precisa, altresì, che attualmente il lavoratore dipendente riveste un ruolo direttivo e svolge la propria attività prevalentemente in Italia in forza di un rapporto di lavoro instaurato con la Società interpellante.
In relazione allo specifico caso fin qui esposto, la società ALFA si interroga se la richiamata preclusione all’accesso al regime speciale previsto per i lavoratori impatriati individuata nella circolare n. 17/E del 2017 possa trovare applicazione, considerata la lunga assenza del dipendente dal territorio italiano, la presenza di distacchi successivi e di assunzioni locali per posizioni di volta in volta differenti, che dimostrano un percorso di carriera internazionale e si pongono in totale discontinuità con la precedente posizione di lavoratore residente in Italia.
Soluzione prospettata dal contribuente. La Società interpellante ritiene che nello specifico caso esposto il lavoratore dipendente possiede tutti i requisiti richiesti sia dal comma 1 che dal comma 2 dell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147:
– non è stato residente in Italia nei cinque periodi d’imposta precedenti l’impatrio;
– ha trasferito la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 2, del TUIR;
– si impegna a permanere in Italia per 2 anni;
– presta la sua attività lavorativa in misura prevalente nel territorio dello Stato;
– riveste un ruolo direttivo ed è in possesso di requisiti di elevata qualificazione;
– possiede un titolo di laurea ed ha svolto attività di lavoro dipendente all’estero per almeno 24 mesi.
L’istante ritiene che il rientro in Italia del dipendente non si ponga in continuità con il suo precedente status di lavoratore residente, avendo avuto sin dall’inizio della carriera lavorativa un excursus professionale prettamente internazionale. Inoltre, è da sottolineare come l’attività lavorativa prestata all’estero venisse svolta sia attraverso l’istituto del distacco, sia con l’ausilio di contratti di lavoro dipendente di diritto locale con le entità legali straniere. Il fatto che il lavoratore sia stato trasferito ed assunto continuativamente in vari Paesi, dimostra la sua carriera internazionale e che l’istituto del distacco è stato utilizzato ai soli fini del pagamento dei contributi previdenziali obbligatori in Italia calcolati su retribuzioni convenzionali, previste per i lavoratori operanti all’estero, ai sensi della legge 3 ottobre 1987, n. 398.
Il continuo susseguirsi di distacchi in diversi Paesi esteri e la stipula di contratti di lavoro locali dimostra come il rientro del signor X in Italia non fosse predeterminato.
La Società fa presente che legge l’interpretazione resa nella circolare n. 17/E del 2017 in un’ottica di prevenzione da possibili utilizzi del distacco in maniera elusiva e finalizzata al solo conseguimento di un vantaggio fiscale. E’ evidente che nel caso di specie su esposto tale intento di abuso della norma sia del tutto assente per il solo fatto che l’espatrio ha avuto inizio prima che la norma in esame entrasse in vigore ed ancor prima che fosse introdotta la precedente norma agevolativa recata dalla legge n. 238 del 2010 per il c.d. “rientro dei cervelli”.
La Società ALFA ritiene, inoltre, che l’art. 16, del D.Lgs. n. 147 del 2015, abbia assolto, nel caso rappresentato, la sua vis attrattiva, considerato che il lavoratore aveva il proprio centro di interesse (personale ed economico) oramai consolidato all’estero, che è stato iscritto ininterrottamente all’AIRE dal 2004, e che lavorava e viveva inserendosi nella comunità di business locale.
Considera opportuno sottolineare, ancora, che il rientro in Italia del dipendente è avvenuto per assumere un nuovo ruolo, a seguito dall’acquisizione della società C da parte della H, che si poneva in sostanziale discontinuità con il precedente ruolo che rivestiva in Italia prima dei distacchi all’estero.
In considerazione di quanto sopra esposto l’interpellante considera che la posizione del dipendente sia idonea, data la sua storia lavorativa e personale, all’applicazione dell’agevolazione di cui all’articolo 16, del D.Lgs. n. 147 del 2015 a nulla rilevando la circostanza che nei periodi precedenti al rientro in Italia il rapporto di lavoro fosse disciplinato da un contratto stipulato con una società italiana.
Parere dell’Agenzia delle entrate. L’art. 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, ha introdotto il “regime speciale per i lavoratori impatriati” al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro paese. Verificandosi le condizioni richieste dalla norma, la disposizione prevede che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento. Trattasi di un’agevolazione temporanea, applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 2, del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
In particolare, il comma 2 del citato articolo 16 prevede che sono destinatari del beneficio fiscale in esame i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, che:
1. sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, o
2. hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Al riguardo, la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, Parte II, paragrafo 3.2, precisa che “secondo quanto previsto dall’articolo 16 e dal decreto attuativo [decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26 maggio 2016], i soggetti individuati dal comma 2, per accedere al regime fiscale previsto per i lavoratori impatriati, devono … avere i seguenti requisiti:
a) essere in possesso di un titolo di laurea;
b) avere svolto continuativamente un’attività di lavoro o studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più;
c) essere cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale;
d) svolgere attività di lavoro autonomo o dipendente in Italia”.
Per fruire del beneficio fiscale ai sensi del citato comma 2 dell’articolo 16 il soggetto, per i due periodi di imposta antecedenti quello in cui si rende applicabile l’agevolazione, non deve essere stato iscritto nelle liste anagrafiche della popolazione residente e non deve aver avuto nel territorio dello Stato il centro principale dei propri affari e interessi, né la dimora abituale, circostanze, queste ultime, che richiedono verifiche di fatto non esperibili in questa sede.
Il detto art. 16, del D.Lgs. n. 147 del 2015, non disciplina esplicitamente la posizione del soggetto distaccato all’estero che rientri in Italia; ciò a differenza di quanto previsto dall’art. 3, comma 4, della legge n. 238 del 2010, concernente il regime di favore per i c.d. “controesodati”, la quale escludeva espressamente dal beneficio ogni forma di distacco.
L’Agenzia delle entrate, tuttavia, con la citata circolare n. 17/E del 2017, Parte II, ha precisato i requisiti e le modalità di accesso al regime di favore previsto dalla norma in esame, chiarendo, altresì, che i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero non possono fruire del beneficio di cui al citato art. 16 in considerazione della situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia.
La posizione restrittiva adottata nella circolare n. 17/E del 2017, finalizzata ad evitare un uso strumentale dell’agevolazione in esame, non in linea con la vis attrattiva della norma, non preclude, tuttavia, la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa.
Ciò si può verificare, ad esempio, nelle ipotesi in cui:
– il distacco sia più volte prorogato e, la sua durata nel tempo, determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
– il rientro in Italia del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia; il dipendente, pertanto, al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero.
In tali ipotesi, in presenza di tutti gli elementi richiesti dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015, la scrivente ritiene che le peculiari condizioni di rientro dall’estero dei dipendenti, rispondendo alla ratio della norma, non precludano ai lavoratori in posizione di distacco l’accesso al beneficio previsto dal citato art. 16.
Per quanto interessa il caso specifico esposto dalla Società interpellante, in cui il lavoratore dipendente è un cittadino italiano in possesso di un titolo di laurea, trasferitosi all’estero dal 2004 per distacco e rientrato nel settembre 2015 con l’attribuzione di un nuovo ruolo, si ritiene che ricorrano i presupposti di cui all’art. 16, comma 2, del D.Lgs. n. 147 del 2015, non oggetto di controllo in questa sede, per cui egli possa essere ammesso a beneficiare dell’agevolazione in argomento dal 2016, anno di acquisizione della residenza fiscale nel territorio dello Stato, ai sensi dell’art. 2, del TUIR”.