1 Aprile, 2019

IRES – Società – Transazioni finanziarie – Cause di esclusione dall’imposta sulle transazioni finanziarie – Art. 1, comma 494, lett. d), della legge n. 228/2012.
Ris. 29 marzo 2019, n. 38/E, dell’Agenzia delle entrate

“Quesito. Il notaio xxx (di seguito, il “Notaio”) fa presente di essere stato incaricato di
stipulare un atto di compravendita di azioni tra la società cooperativa di diritto
olandese “Gamma Cooperatief U.A.” (di seguito, “Cedente”) e la società di diritto
inglese “Delta Limited” (di seguito, “Cessionario”) costituita a tale scopo.
Le predette società hanno medesima compagine societaria in quanto sono
entrambe possedute, in misura paritaria, dai medesimi soggetti che nello specifico
sono:
1) “Alfa”, fondazione di diritto olandese;
2) “Beta LP”, fondo di investimento di diritto inglese.
Oggetto di cessione sono le azioni della società italiana “Ita S.p.A.”, pari a
67.912.000 azioni, ciascuna di valore nominale di 1 euro, corrispondente al 25 per
cento del capitale sociale della stessa, detenute dalla Società Cedente.
L’istante evidenzia che detta cessione si inserisce nell’ambito di un progetto
di riorganizzazione finalizzato, per esigenze di semplificazione, a modificare –
senza alterare le regole di governance – la sola forma giuridica e la giurisdizione
del veicolo societario (sostituendo la società Cedente con quella Cessionaria)
attraverso il quale i Soci detengono la partecipazione nella società italiana.
Detta esigenza sarebbe sorta a seguito dell’ingresso nella compagine
societaria del Cedente del socio Beta LP, fondo di investimento di diritto inglese.
In tale contesto, i Soci Alfa e Beta LP hanno costituito la descritta società di
diritto inglese, ritenuta, per natura e giurisdizione, più in linea con le esigenze del
socio inglese rispetto alla forma giuridica della società cooperativa di diritto
olandese, con l’intenzione di trasferire (mediante cessione a titolo oneroso) la
titolarità della partecipazione in oggetto detenuta da quest’ultima a favore della
neo-costituita.
Secondo il Notaio, la cessione della partecipazione da parte della società
Cedente a favore della società Cessionaria di nuova costituzione, entrambe
partecipate in misura paritaria dai medesimi soggetti, attua una riorganizzazione
aziendale, a conclusione della quale anche la governance della società acquirente
sarà identica – in termini di diritti amministrativi, patrimoniali e di patti parasociali
– a quella attualmente esistente nella società venditrice.
Ciò posto, in qualità di soggetto obbligato, ai sensi dell’art. 19, comma 1,
del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 21 febbraio 2013, a
porre in essere il versamento dell’imposta sulle transazioni finanziarie, il Notaio
chiede di sapere quale sia il regime di imposizione applicabile, ai fini di tale
imposta, alla descritta operazione di cessione di partecipazione.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente. L’istante rappresenta che Cedente e Cessionario sono soggetti a controllo
“congiunto” da parte dei propri Soci Alfa e Beta LP e che detto controllo si
realizza sia in virtù della partecipazione paritetica detenuta dai medesimi due Soci
sia in ragione dell’assetto di governance delle società che esclude che uno dei due
Soci possa esercitare, di fatto, un’influenza dominante sulle società partecipate.
Sotto il profilo fiscale, l’istante ritiene che la cessione in oggetto possa
rientrare tra le ipotesi di esclusione dall’applicazione dell’imposta sulle transazioni
finanziarie di cui all’art. 1, comma 494, lettera d), della Legge 24 dicembre 2012,
n. 228, così come attuato dall’art. 15, comma 1, lett. g), del decreto del Ministero
dell’economia e delle finanze 21 febbraio 2013, secondo il quale è esclusa
l’imposta per i trasferimenti di proprietà di azioni posti in essere tra società tra le
quali sussista un rapporto di controllo di cui all’art. 2359, commi primo, n. 1) e 2),
e secondo, del Codice Civile, oppure che siano controllate dalla stessa società (cd.
controllo “comune”).
Secondo l’istante, la ratio di tale esclusione andrebbe individuata nell’unicità
del soggetto economico che compie l’operazione e nell’esigenza di non ostacolare
le modifiche all’organizzazione interna di gruppi societari e, più in generale, le
operazioni di riorganizzazione aziendale poste in essere nell’ambito della
medesima compagine sociale.
Tali operazioni, infatti, non manifesterebbero un “sostanziale” trasferimento
della proprietà, in quanto sono poste in essere tra parti correlate facenti capo al
medesimo agglomerato economico.
Inoltre, nella fattispecie rappresentata la natura riorganizzativa dell’atto di
cessione della partecipazione troverebbe conferma nel fatto che – a seguito dello
stesso – non subentrerebbero “economie terze rispetto a quelle che hanno il
controllo della società oggetto di trasferimento”, considerato che il Cedente e il
Cessionario sono partecipati, nella medesima proporzione (cinquanta per cento
ciascuna), dagli stessi Soci.
Il trasferimento della partecipazione in oggetto, dunque, sarebbe stato deciso
dai medesimi soggetti non in base ad una logica di mercato (o ad una logica
“speculativa”), ma per esigenze di riorganizzazione dell’assetto societario.
Inoltre, non si tratterebbe di un trasferimento “sostanziale” della proprietà in
quanto la partecipazione trasferita rimarrebbe, indirettamente, riconducibile
sempre agli stessi soggetti (ossia, Alfa e Beta LP) che esercitano un controllo
“congiunto” sia sul Cedente sia sul Cessionario.
Secondo il Notaio, dunque, il concetto di controllo “comune” cui fa
riferimento la lettera g) sopra citata (e che si instaura “tra società (…) che sono
controllate dalla stessa società”) dovrebbe potersi applicare anche nel caso di
controparti soggette al controllo “congiunto” dei medesimi soci.
Sulla base di dette argomentazioni, la parte ritiene corretto applicare al caso
di specie la causa di esclusione di cui al citato articolo 15, comma 1, lettera g),
stante la natura riorganizzativa attribuibile all’atto di cessione della partecipazione
in oggetto.

Parere dell’Agenzia delle entrate. Con l’articolo 1, commi da 491 a 500, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(legge di stabilità 2013), è stata introdotta nel nostro ordinamento l’imposta sulle
transazioni finanziarie (ITF o FTT).
In particolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 491, della citata legge, la FTT
si applica, con l’aliquota dello 0,2 per cento sul valore della transazione, ai
trasferimenti della proprietà di azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi di
cui al sesto comma dell’articolo 2346 del Codice Civile, emessi da società residenti
nel territorio dello Stato italiano, ed al trasferimento dei titoli rappresentativi dei
predetti strumenti, a prescindere dal luogo di residenza del soggetto che emette il
certificato.
L’imposta è dovuta dal soggetto a favore del quale avviene il trasferimento,
e trova applicazione a prescindere dalla residenza dei contraenti e dal luogo di
conclusione della transazione.
L’aliquota è ridotta alla metà, pari allo 0,1 per cento, per le transazioni
effettuate nei mercati regolamentati e nei sistemi multilaterali di negoziazione.
Sono esclusi dall’imposta i trasferimenti di proprietà di azioni negoziate in
mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione emesse da società la
cui capitalizzazione media, nel mese di novembre dell’anno precedente a quello in
cui avviene il trasferimento di proprietà, sia inferiore a 500 milioni di euro.
Il successivo comma 494, lettera d), del medesimo articolo 1 prevede, tra
l’altro, che l’imposta di cui ai commi 491 e 492 non si applichi “alle transazioni
ed alle operazioni tra società fra le quali sussista il rapporto di controllo di cui
all’articolo 2359, commi primo, n. 1) e 2), e secondo del codice civile, ovvero a
seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale effettuate alle condizioni
indicate nel decreto di cui al comma 500”.
Le modalità di attuazione delle norme previste dall’articolo 1, commi da 491
a 500, della legge di stabilità 2013, sono state definite con il decreto del Ministero
dell’Economia e delle Finanze (di seguito, “Decreto”) emanato il 21 febbraio
2013, pubblicato nella G.U. n. 50 del 28 febbraio 2013.
L’articolo 15, primo comma, lettera g) del Decreto esclude dall’ambito di
applicazione dell’imposta, tra l’altro, “il trasferimento di proprietà degli strumenti
di cui al comma 491 (…) tra società fra le quali sussista un rapporto di controllo
di cui all’articolo 2359, commi primo, n. 1) e 2), e secondo del codice civile o che
sono controllate dalla stessa società”.
Inoltre, la successiva lettera h) del medesimo articolo 15 prevede – quale
ulteriore causa di esclusione – che l’imposta de qua non si applichi, tra l’altro, al
“(…) trasferimento di proprietà degli strumenti di cui al comma 491 (…) derivanti
da operazioni di ristrutturazione di cui all’articolo 4 della direttiva 2008/7/CE del
Consiglio del 12 febbraio 2008, nonché le fusioni e scissioni di organismi di
investimento collettivo del risparmio”.
In particolare, le operazioni di ristrutturazione individuate dall’articolo 4
della richiamata direttiva riguardano:
“a) il trasferimento da parte di una o più società di capitali della totalità
dei loro patrimoni, o di uno o più rami della loro attività, a una o più società di
capitali in via di costituzione o già esistenti, a condizione che il trasferimento sia
remunerato perlomeno in parte mediante titoli rappresentativi del capitale della
società acquirente;
b) l’acquisizione da parte di una società di capitali in via di costituzione o
già esistente di quote sociali che rappresentano la maggioranza dei diritti di voto
di un’altra società di capitali, a condizione che i conferimenti siano remunerati
perlomeno in parte mediante titoli rappresentativi del capitale della precedente
società (…).
La lettura coordinata delle richiamate disposizioni e, in particolare, la
tipologia di operazioni oggetto delle cause di esclusione, ivi previste, permette di
individuare, in tali disposizioni, una comune ratio, ovvero evitare che il
pagamento dell’imposta sulle transazioni finanziarie possa ostacolare le operazioni
di riorganizzazione aziendale, dovendosi considerare tali non soltanto le
operazioni (di fusione, scissione e conferimento) previste dal citato articolo 4 della
direttiva, ma anche – più in generale – quelle operazioni che, pur determinando il
trasferimento della proprietà della partecipazione, non modificano l’“appartenenza
economica” della partecipazione al medesimo gruppo societario.
In particolare, in base a quanto previsto dalla lettera g) dell’articolo 15 sopra
citato, è necessario che, anche in conseguenza del trasferimento della
partecipazione, la società ceduta continui ad essere controllata, anche
indirettamente, a norma dell’articolo 2359, commi primo, n. 1) e 2), e secondo del
Codice Civile, dalla medesima società venditrice o che, comunque, la società
venditrice e quella acquirente siano controllate – sempre a norma del medesimo
articolo 2359 del Codice Civile – dalla stessa società controllante.
Al riguardo, si evidenzia che, diversamente da quanto sostenuto dal Notaio,
anche il controllo “comune” richiamato dalla predetta lettera g) deve integrare i
caratteri della nozione di controllo prevista dall’articolo 2359 del codice civile,
sicché lo stesso presuppone, in ogni caso, che l’influenza dominante sulle società
sorelle sia esercitata da un’unica società controllante.
Ed infatti, proprio in tema di controllo “comune”, il Ministero dell’economia
e delle finanze, nell’ambito delle risposte rese in relazione all’applicazione
dell’imposta in argomento (in particolare nella FAQ – 20), ha precisato che “In
assenza di una previsione specifica che stabilisca espressamente che il controllo
delle due o più società tra le quali avviene il trasferimento debba essere diretto o
indiretto da parte dell’unica società controllante, si ritiene che il controllo sulle
società sorelle da parte della società controllante possa essere sia diretto che
indiretto”.
Come si evince da tale risposta, il predetto Ministero, nell’evidenziare che il
controllo “comune” possa essere sia diretto che indiretto, afferma chiaramente che
tale controllo debba, comunque, essere esercitato da un’unica società controllante,
integrando, così, la nozione di controllo prevista dall’articolo 2359 del codice
civile, che, infatti, come chiarito in diversi documenti di prassi (cfr. risoluzioni n.
376/E del 17 dicembre 2007 e n. 326/E del 30 luglio 2008 ), “presuppone
necessariamente l’esistenza di una situazione in cui un unico soggetto ha la
capacità di influire in modo determinante sulle scelte operate da un altro
soggetto”.
Pertanto, al fine di escludere la natura riorganizzativa di un’operazione di
cessione di partecipazione non è sufficiente che si verifichi il mutamento della
titolarità giuridica della stessa, ma è, altresì, necessario – come si evince dalla
lettera g) dell’articolo 15 del Decreto – che l’acquirente non sia controllato,
direttamente e/o indirettamente, ex articolo 2359 del codice civile dalla società
venditrice o che, comunque, società venditrice e società acquirente non siano sotto
un controllo “comune” da parte di un’unica società controllante.
Ne consegue che le operazioni di riorganizzazione, mentre tollerano un
mutamento della titolarità giuridica della partecipazione, non ammettono che la
partecipazione ceduta “fuoriesca” dal perimetro del gruppo societario, come
identificato per il tramite del rinvio operato dalla lettera g) dell’articolo 15
all’articolo 2359, commi primo, n. 1) e 2) e secondo del Codice Civile.
Coerentemente con tale definizione di operazione di riorganizzazione e con
la rappresentata ratio delle cause di esclusione previste per le operazioni indicate
dalle lettere g) ed h) dell’articolo 15 del Decreto, si ritiene che la medesima
valenza riorganizzativa vada, “a fortiori”, riconosciuta anche alla cessione di
partecipazione – come quella prospettata – con la quale la partecipazione viene
trasferita ad una società di nuova costituzione, non solo partecipata dagli stessi
soci, e nelle medesime proporzioni, della società Cedente ma nella quale sono
riprodotte le medesime regole di governance della società venditrice, in termini di
diritti amministrativi, patrimoniali e di patti parasociali.
In particolare, secondo quanto rappresentato, la cessione è volta
esclusivamente a modificare la forma giuridica del veicolo societario (per natura e
giurisdizione, più in linea con le esigenze societarie) che deterrà la partecipazione
nella società italiana, lasciando inalterata sia la compagine societaria (composta
dai soci Alfa e Beta LP), sia le percentuali di partecipazioni al capitale sociale
(cinquanta per cento ciascuno), sia le regole di governance, che resteranno
identiche a quelle della società venditrice.
Peraltro, essendo sia la parte venditrice sia la parte acquirente composte
dalla stessa compagine sociale, si ritiene che, al pari di un’operazione infragruppo,
anche a seguito della compravendita delle azioni in oggetto, il possesso delle
partecipazioni cedute continui a fare riferimento agli stessi Soci, non ravvisandosi,
per tale ragione, un intento speculativo correlato alla negoziazione di titoli.
Alla luce di tali argomentazioni, si ritiene che la cessione di partecipazione
in esame rivesta carattere riorganizzativo e, pertanto, può ritenersi esclusa
dall’applicazione dell’imposta sulla base della medesima “ratio” che ispira le
disposizioni contenute nell’articolo 15, primo comma, lettere g) e h), del Decreto,
ovvero non penalizzare le operazioni di riorganizzazione”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *