17 Marzo, 2015

Circolare 13 marzo 2015, n. 10/E, dell’Agenzia delle entrate

PREMESSA

1. LA COLLABORAZIONE VOLONTARIA INTERNAZIONALE

1.1. Ambito soggettivo

1.2. Ambito oggettivo

1.2.1. Gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria

1.2.2. I redditi connessi con gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria illecitamente detenuti all’estero

1.2.3. Gli imponibili non connessi con gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero

2. LA COLLABORAZIONE VOLONTARIA NAZIONALE

2.1. Ambito soggettivo

2.2. Ambito oggettivo

3. LE CAUSE DI INAMMISSIBILITÀ

4. ADEMPIMENTI A CARICO DEL CONTRIBUENTE

4.1. Presentazione della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria

4.2. Aspetti connessi alla richiesta di accesso alla procedura

4.3. Decesso dell’autore della violazione

5. AMBITO TEMPORALE DELLA PROCEDURA DI COLLABORAZIONE VOLONTARIA

5.1. I termini di decadenza per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale

5.2. I termini di decadenza della potestà di accertamento nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria

6. ASPETTI SANZIONATORI

6.1. Determinazione delle sanzioni in materia di monitoraggio fiscale

6.2. Determinazione delle sanzioni in sede di accertamento

7. EFFETTI AI FINI PENALI

8. PERFEZIONAMENTO DELLA PROCEDURA

9. LA PATOLOGIA DELLA PROCEDURA

9.1. Il mancato perfezionamento della procedura

9.2. Profili connessi alla incompletezza degli elementi forniti dal contribuente.

 

PREMESSA

La legge 15 dicembre 2014, n. 186, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 17 dicembre 2014 (di seguito legge), recante “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché del potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio”, risponde alla necessità di promuovere, attraverso l’adozione di una procedura straordinaria, la collaborazione volontaria del contribuente per consentirgli di riparare alle infedeltà dichiarative passate e porre le basi per un futuro rapporto col Fisco basato sulla reciproca fiducia.

In tale senso, infatti, la procedura delineata dalla legge, coerentemente con le linee tracciate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), non è solo finalizzata a fornire al contribuente uno strumento che gli consenta di definire la propria posizione fiscale pregressa ma, escludendo l’anonimato ed essendo informata ai princìpi della spontaneità, della completezza e della veridicità, contiene misure effettivamente strumentali alla futura compliance da parte di coloro ai quali è destinata.

La procedura, distinguendosi da strumenti con analoghe finalità adottati in passato, in particolare con riferimento agli investimenti ed alle attività illecitamente costituite o detenute all’estero, costituisce una concreta possibilità per rientrare nella legalità, in un contesto che vede l’evasione fiscale ed in particolare i fatti di frode perseguiti con sempre maggiore determinazione ed incisività.

In primo luogo, infatti, nel futuro prossimo la lotta alla “fuga dalle imposte nazionali” assumerà un carattere strategico e lo scambio di informazioni fiscali costituirà il mezzo determinante per combatterla.

Il nostro Paese, come altri numerosi Paesi, europei e non, si è impegnato sul piano del potenziamento, della razionalizzazione e dell’allargamento dei meccanismi di scambio di informazioni fiscali (1). I “porti franchi” per coloro che intendono permanere nella illegalità saranno, pertanto, sempre più lontani e meno sicuri.

In tale contesto, le Amministrazioni fiscali dei paesi più avanzati stanno elaborando strategie sempre più efficaci per contrastare gli illeciti fiscali internazionali.

Anche l’Amministrazione fiscale italiana ha intrapreso un percorso finalizzato a orientare le attività operative nella direzione del massimo utilizzo delle informazioni derivanti dagli scambi automatici delle stesse che, a livello dei paesi membri dell’OCSE, riguardano diverse tipologie di reddito, inclusi i redditi di natura finanziaria, su base di reciprocità, e a livello di Unione europea (UE) gli interessi corrisposti alle persone fisiche, mediante l’attuazione della direttiva risparmio. Tale percorso è allo stesso tempo finalizzato a imprimere il massimo impegno nelle attività istruttorie finalizzate alla individuazione dei capitali illecitamente detenuti fuori dai confini nazionali.

Le misure si inquadrano anche in un piano strategico nazionale di contrasto all’evasione fiscale, determinato anche dall’introduzione, nello stesso contesto normativo, del nuovo reato di autoriciclaggio che, a partire dalla data di entrata in vigore della legge, punisce severamente talune attività di manipolazione dei capitali, frutto anche di reati fiscali, tese ad occultarne l’origine delittuosa, anche se a commettere tali attività è l’autore del reato fiscale ed anche se il reato fiscale è prescritto o si è estinto. Viene, inoltre, previsto il sequestro, ai fini della confisca anche per equivalente, del prodotto, del prezzo e del profitto di tale reato nonché pesanti sanzioni amministrative e interdittive per le società e gli enti che non provvederanno ad adottare un modello organizzativo idoneo ad impedire la commissione di tale reato da parte dei propri dirigenti e dipendenti.

Le disposizioni normative hanno già prodotto i primi risultati: la Svizzera, il Liechtenstein ed il Principato di Monaco hanno sottoscritto in questi giorni l’Accordo che, prevedendo lo scambio di informazioni su richiesta ai fini fiscali secondo lo standard OCSE, pone fine al segreto bancario (2).

Con la firma, tali Paesi sono considerati, ai fini della procedura, “non black list”, circostanza che consente ai cittadini italiani che ivi detengono in maniera illegale investimenti e attività finanziarie di accedere alla procedura di regolarizzazione alle condizioni più favorevoli previste dalla legge.

Il comma 1 dell’articolo 1 della legge introduce nel decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 (di seguito decreto legge), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e recante la disciplina del cosiddetto “monitoraggio fiscale”, gli articoli dal 5-quater al 5-septies, per disciplinare l’emersione spontanea dei capitali detenuti illecitamente all’estero, prevedendo un programma di collaborazione volontaria ancorato alla detenzione di attività all’estero (di seguito, collaborazione volontaria internazionale), che ricomprenda anche infedeltà dichiarative non connesse alle suddette attività, al quale conseguono significative attenuazioni delle risposte sanzionatorie dell’ordinamento, sia in campo penale che amministrativo.

Il comma 2 dello stesso articolo 1 disciplina un programma di collaborazione volontaria (di seguito, collaborazione volontaria nazionale), finalizzato a consentire a tutti i contribuenti, e non solo a coloro che hanno commesso illeciti fiscali internazionali, il ripristino della legalità fiscale.

Al fine di dare attuazione alle predette disposizioni, come previsto dall’articolo 5-sexies del decreto legge, eÌ€ stato emanato il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 gennaio 2015, prot. n. 2015/13193 (di seguito, provvedimento), concernente “Approvazione del modello per la richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria per l’emersione ed il rientro di capitali detenuti all’estero e per l’emersione nazionale”.

Considerata la natura e la peculiarità dei dati relativi alle istanze di accesso alle procedure di collaborazione, gli Uffici assicureranno un elevato livello di riservatezza nella gestione delle informazioni, in conformità alla rigorosa prassi per la sicurezza informatica e il trattamento dei dati anche su supporto cartaceo.

I dati e le notizie acquisiti saranno archiviati nei sistemi informativi dell’Agenzia delle entrate secondo misure di sicurezza di natura tecnica conformi alla normativa in materia di riservatezza e protezione dei dati personali.

L’accesso alle procedure informatiche di gestione e lavorazione delle istanze di collaborazione e della documentazione allegata sarà consentito esclusivamente al personale preposto a mezzo di specifiche abilitazioni.

Gli atti e i documenti su supporto cartaceo saranno conservati in archivi ad accesso selezionato dai quali potranno essere estratti solo per il tempo necessario alla lavorazione, avendo cura di non lasciare mai incustoditi i documenti stessi.

La presente circolare, che tiene conto anche del contenuto del provvedimento, fornisce chiarimenti in merito all’attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge.

1. LA COLLABORAZIONE VOLONTARIA INTERNAZIONALE

La procedura di collaborazione volontaria internazionale è regolata dall’articolo 1, comma 1, della legge, che integra il decreto legge introducendo i seguenti quattro articoli:

  • articolo 5-quater (Collaborazione volontaria), nel quale viene definito:
  • l’ambito soggettivo, oggettivo e temporale di applicazione della procedura;
  • le cause di inammissibilità per l’adesione alla procedura;
  • gli adempimenti necessari per il perfezionamento della procedura;
  • articolo 5-quinquies (Effetti della procedura di collaborazione volontaria), nel quale vengono regolati:
  • gli “effetti premiali” di natura penale conseguenti al perfezionamento della procedura;
  • le modalità di determinazione delle sanzioni tributarie;
  • la misura della riduzione delle sanzioni conseguenti al perfezionamento della procedura;
  • le conseguenze dell’eventuale mancato perfezionamento della procedura;
  • articolo 5-sexies (Ulteriori disposizioni in materia di collaborazione volontaria), col quale viene rinviata ad apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la disciplina delle modalità di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria e di pagamento dei relativi debiti tributari nonché ogni altra modalità applicativa della procedura;
  • articolo 5-septies (Esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero), col quale viene introdotto:
  • un reato proprio, a garanzia della veridicità e della completezza del corredo documentale ed informativo prodotto per il perfezionamento della procedura in parola, del contribuente che aderisce alla stessa;
  • la previsione di una manleva di responsabilità nei confronti del professionista che assiste il contribuente nella procedura per l’eventuale falsità dei documenti o delle dichiarazioni rilasciate dal contribuente nel corso della procedura.

1.1. Ambito soggettivo. Possono accedere alla procedura di collaborazione volontaria internazionale, in base all’articolo 5-quater, comma 1, del decreto legge, coloro che hanno violato gli obblighi dichiarativi previsti dal comma 1 dell’articolo 4 dello stesso decreto. Pertanto, la presente procedura è destinata solo alle persone fisiche, agli enti non commerciali e alle società semplici ed associazioni equiparate, fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che hanno violato gli obblighi in materia di monitoraggio fiscale.

Per aderire alla presente procedura non è necessario che il soggetto interessato sia fiscalmente residente nel territorio dello Stato al momento della presentazione della richiesta di accesso alla procedura, ma è sufficiente che questi fosse fiscalmente residente in Italia in almeno uno dei periodi d’imposta per i quali è attivabile la procedura.

Si ricorda che la nozione di residenza fiscale, con riguardo alle persone fisiche, è contenuta nell’articolo 2, comma 2, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR), in base al quale si considerano residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.

L’accesso alla procedura, pertanto, può essere validamente richiesto anche da coloro che, pur non essendo stati iscritti all’anagrafe della popolazione residente, abbiano comunque, di fatto, fissato il proprio domicilio o la residenza ai sensi del codice civile nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta.

Tale caso ricorre, ad esempio, quando un artista o uno sportivo straniero, pur non avendo provveduto nei termini di legge alla propria iscrizione nei registri dell’anagrafe della popolazione residente, abbia comunque trasferito nel territorio italiano la propria dimora abituale o vi abbia stabilito il proprio domicilio, per la maggior parte di uno qualsiasi dei periodi d’imposta interessati dalla procedura.

Allo stesso modo, possono usufruire della procedura i cittadini italiani che, pur essendosi iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), abbiano comunque mantenuto nel territorio dello Stato il proprio domicilio o abbiano, di fatto, continuato a dimorare abitualmente in Italia (cosiddetti estero residenti fittizi).

Inoltre, come stabilito dal successivo comma 2-bis del medesimo articolo 2 del TUIR, si considerano altresì residenti, salvo prova contraria a carico del contribuente, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato che sono individuati dal decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999 (cosiddetta “black list” delle persone fisiche).

La presentazione della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria internazionale, nel confermare la suddetta presunzione, consente di considerare l’istanza quale riaffermazione dello status di residente in Italia per i periodi d’imposta interessati dalla procedura.

La nozione di residenza fiscale delle società semplici, delle associazioni e degli enti non commerciali è disciplinata dagli articoli 5, comma 3, lettera d), e 73, comma 3, del TUIR, per cui si considerano residenti i soggetti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

Anche in questo caso si possono avvalere della procedura in questione, ricorrendone sempre il presupposto, le società semplici, le associazioni e gli enti non commerciali che, pur in mancanza del requisito formale dell’ubicazione in Italia della sede legale, hanno comunque avuto di fatto la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato, per la maggior parte di uno qualsiasi dei periodi d’imposta interessati dalla procedura (c.d. soggetti esterovestiti).

Anche i trust, di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, essendo tenuti agli adempimenti previsti in materia di monitoraggio fiscale, qualora abbiano violato le disposizioni contenute nell’articolo 4, comma 1, del decreto legge, possono avvalersi della procedura in commento.

Ai fini dell’individuazione dei soggetti che possono attivare la procedura di collaborazione, in quanto assoggettati agli obblighi di cui all’articolo 4 del decreto legge, si deve tenere conto anche delle modifiche introdotte dalla legge 6 agosto 2013, n. 97. Ci si riferisce, in particolare, all’estensione dell’obbligo dichiarativo in materia di monitoraggio fiscale alla figura del “titolare effettivo” definita dall’articolo 1, comma 2, lettera u), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e dal relativo allegato tecnico. Con riferimento al periodo d’imposta 2013, pertanto, potranno accedere alla collaborazione volontaria anche quei soggetti che, pur non essendo possessori formali delle attività estere ne sono i “titolari effettivi”. In merito si rinvia integralmente al contenuto della circolare n. 38/E del 23 dicembre 20131, paragrafo 1 (Obblighi di monitoraggio a carico dei contribuenti).

Appare opportuno precisare che, inoltre, la procedura in esame può essere attivata anche dai cosiddetti “trust esterovestiti” ovvero da quei trust la cui residenza nel territorio dello Stato venga determinata ai sensi dell’articolo 73, comma 3, del TUIR (in merito si rinvia a quanto chiarito con la circolare n. 48/E del 6 agosto 20072).

Può avvalersi della presente procedura altresì il contribuente che detiene attività all’estero senza esserne formalmente intestatario avendo fatto ricorso ad un soggetto interposto o a intestazioni fiduciarie estere. Come già precisato nella circolare n. 99/E del 4 dicembre 20013 relativamente alla nozione di “interposta persona”, la questione non può essere risolta in modo generalizzato, essendo direttamente connessa alle caratteristiche e alle modalità organizzative del soggetto interposto. In tale sede, a titolo esemplificativo, è stato chiarito che si deve considerare soggetto fittiziamente interposto “una società localizzata in un Paese avente fiscalità privilegiata, non soggetta ad alcun obbligo di tenuta delle scritture contabili, in relazione alla quale lo schermo societario appare meramente formale e ben si può sostenere che la titolarità dei beni intestati alla società spetti in realtà al socio che effettua il rimpatrio”.

La procedura in esame, pertanto, può essere utilmente attivata dal contribuente italiano che ha proceduto a “schermare” il proprio rapporto presso una banca estera, mediante la sua intestazione ad una società localizzata in un paese black list, o a “mascherarlo” sotto la forma di polizza assicurativa estera, riservandosi comunque la possibilità di movimentare lo stesso direttamente in qualità di procuratore speciale o indirettamente attraverso un proprio gestore di fiducia.

Anche il soggetto interposto, ricorrendone i presupposti, può fare ricorso alla presente procedura. Infatti, anche i contribuenti che hanno avuto la disponibilità a qualunque titolo o che comunque avevano la possibilità di movimentare attività finanziarie all’estero pur non essendone i beneficiari effettivi sono tenuti, per consolidata giurisprudenza, ad adempiere agli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale. Quindi, il gestore – persona fisica residente in Italia – del rapporto schermato di cui all’esempio precedente, ma anche colui che ha la possibilità di movimentare un fondo non contabilizzato costituito all’estero da una società di capitali, può chiedere di definire le propria posizione fiscale con riferimento alle violazioni in materia di monitoraggio fiscale attraverso la procedura di collaborazione volontaria internazionale.

Con specifico riferimento al trust, si ricorda che questo viene considerato interposto, in buona sostanza, ogni volta che le attività facenti parte del patrimonio del trust continuano ad essere a disposizione del disponente oppure rientrano nella disponibilità dei beneficiari (3).

Nel novero dei soggetti che si possono avvalere della procedura vi sono anche gli eredi di investimenti e attività di natura finanziaria detenute all’estero dal de cuius in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale.

La procedura può riguardare anche attività illecitamente detenute all’estero cointestate a più soggetti o nella disponibilità di più soggetti. In tal caso, l’istanza deve essere presentata da ciascuno dei soggetti interessati per la quota parte di propria competenza. La richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, quindi, deve essere presentata in maniera autonoma e distinta dai cointestatari e produrrà effetti, al perfezionarsi della stessa, solo nei confronti dei singoli richiedenti.

A tale fine, si evidenzia che l’articolo 5-quinquies, comma 9, del decreto legge prevede che, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, la disponibilità delle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di emersione si consideri, salva prova contraria, ripartita, per ciascun periodo d’imposta, in quote eguali tra tutti coloro che al termine degli stessi ne avevano la disponibilità.

Pertanto, qualora il contribuente in sede di collaborazione volontaria voglia fornire la prova contraria e far valere modalità di ripartizione differenti dovrà produrre tutta la documentazione necessaria.

Per i soggetti che non abbiano aderito alla procedura di emersione e che abbiano la disponibilità delle attività estere si applicheranno le regole generali previste in materia di monitoraggio fiscale, così come chiarito con la circolare n. 45/E del 13 settembre 20104 e la richiamata circolare n. 38/E del 2013.

Considerato che il legislatore parla di “disponibilità” delle attività estere senza alcuna specifica in merito al titolo giuridico che estrinseca la stessa, si ritiene che la presunzione di cui al richiamato comma 9 sia applicabile, oltre che alle ipotesi di cointestazione delle attività, anche in tutte le altre fattispecie in cui più soggetti abbiano la disponibilità di una attività finanziaria o patrimoniale.

È il caso, ad esempio, di soggetti che abbiano deleghe di firma ad operare su un conto.

1.2. Ambito oggettivo. L’articolo 5-quater, comma 1, del decreto legge definisce l’oggetto della procedura di collaborazione volontaria internazionale, che è individuato, per tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono decaduti i termini per l’accertamento o per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale, in:

  1. gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, in violazione degli obblighi di dichiarazione in materia di monitoraggio fiscale;
  2. i redditi connessi ovvero i redditi che servirono per costituire o acquistare tali investimenti e attività finanziarie nonché quelli derivanti dalla loro utilizzazione a qualunque titolo o dismissione, che sono stati sottratti a tassazione;
  3. i maggiori imponibili non connessi con gli investimenti e le attività illecitamente costituiti o detenuti all’estero, agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenziali dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute.

La procedura di collaborazione volontaria internazionale ha quindi:

  • un ambito oggettivo “proprio”, che comprende gli investimenti e le attività di natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero e i redditi non dichiarati, connessi a tali investimenti ed attività;
  • un ambito oggettivo derivato nazionale, che comprende gli imponibili non connessi con i predetti investimenti e attività di natura finanziaria.

L’attivazione della procedura internazionale comprende necessariamente i redditi non dichiarati connessi agli investimenti e alle attività di natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero oggetto della medesima procedura e comporta l’estensione all’ambito nazionale, dovendosi ritenere che la stessa, al di là degli aspetti connessi al monitoraggio fiscale, non può che riguardare l’intera posizione fiscale del contribuente che la richiede.

Si ritiene, comunque, che l’attivazione della procedura internazionale eserciti il suddetto effetto attrattivo dell’ambito nazionale con riguardo ai soli periodi d’imposta che coinvolgono quello “proprio” della procedura internazionale in relazione ai redditi non dichiarati connessi agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero.

1.2.1. Gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria. Gli investimenti oggetto della procedura sono quelli che il contribuente ha omesso di indicare nel quadro RW relativo ai periodi d’imposta per i quali non è decaduta la potestà di contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale.

Questi sono costituiti da beni patrimoniali collocati o detenuti all’estero a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione. A titolo meramente esemplificativo, ricorrendone le condizioni, possono essere oggetto della presente procedura i seguenti investimenti:

  • gli immobili situati all’estero o i diritti reali immobiliari (ad esempio, usufrutto o nuda proprietà) o quote di essi (ad esempio, comproprietà o multiproprietà),
  • gli oggetti preziosi e le opere d’arte che si trovano fuori del territorio dello Stato (compresi quelli custoditi in cassette di sicurezza),
  • le imbarcazioni o le navi da diporto o altri beni mobili detenuti all’estero e/o iscritti nei pubblici registri esteri, nonché quelli che, pur non essendo iscritti nei predetti registri, avrebbero i requisiti per essere iscritti in Italia.

Al riguardo si ricorda che con la risoluzione n. 134/E del 30 aprile 20025 sono stati considerati “detenuti all’estero” anche gli immobili ubicati in Italia posseduti per il tramite fiduciarie estere o di un soggetto interposto residente all’estero.

Si rammenta che con la circolare n. 43/E del 10 ottobre 20096 è stato chiarito che gli investimenti all’estero da indicare nel quadro RW sono quelli “… attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia …”.

Pertanto, come indicato nelle istruzioni per la compilazione del quadro RW, a partire dalla dichiarazione per il periodo d’imposta 2009 (modello UNICO 2010) l’obbligo dichiarativo in materia di monitoraggio fiscale per gli investimenti esteri non resta più confinato agli investimenti che hanno effettivamente prodotto redditi imponibili in Italia, ma deve essere esteso a tutti gli investimenti detenuti all’estero per i quali “… sussista una capacità produttiva di reddito meramente potenziale e quindi eventuale e lontana nel tempo derivante dall’alienazione, dall’utilizzo nonché dallo sfruttamento del bene, anche senza organizzazione d’impresa…”.

Le attività estere di natura finanziaria sono quelle da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera.

Si tratta, ad esempio, di:

  • attività i cui redditi sono corrisposti da soggetti non residenti, tra cui le partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti non residenti (ad esempio, società estere, entità giuridiche quali fondazioni estere e trust esteri);
  • obbligazioni estere e titoli similari;
  • titoli pubblici italiani e titoli equiparati emessi all’estero;
  • titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa emessi da non residenti (comprese le quote di OICR esteri);
  • valute estere, depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione (ad esempio, accrediti di stipendi, di pensione o di compensi);
  • contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui i finanziamenti, i riporti, i pronti contro termine ed il prestito titoli;
  • polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere;
  • contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato;
  • metalli preziosi allo stato grezzo o monetato detenuti all’estero;
  • diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni estere o strumenti finanziari assimilati;
  • forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero.

Possono essere oggetto della procedura in argomento anche le attività finanziarie italiane detenute all’estero, pur se in deposito fisico presso terzi, come, ad esempio, i titoli pubblici ed equiparati emessi in Italia, le partecipazioni in soggetti residenti ed altri strumenti finanziari emessi da soggetti residenti, in quanto suscettibili di produrre redditi diversi di natura finanziaria derivanti da attività detenute all’estero (4).

Rientrano nell’ambito oggettivo della procedura anche le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti.

Si ricorda, inoltre, che sono considerate “detenute all’estero” anche le attività finanziarie italiane detenute in Italia per il tramite di fiduciarie estere o soggetti esteri interposti.

Ricorre tale caso, ad esempio, quando un contribuente italiano soggetto agli obblighi di monitoraggio fiscale dispone di quote rappresentative del capitale sociale di una società di capitali italiana, attraverso una struttura costituita da soggetti esteri anche reali (spesso in funzione di conduit), al cui apice vi è uno o più soggetti interposti.

Quanto al valore da attribuire a ciascuno degli investimenti e delle attività finanziarie oggetto della procedura, si ricorda che bisogna fare riferimento alle regole vigenti per il periodo d’imposta nel corso del quale è stata commessa la violazione. A tale fine si rimanda alle istruzioni per la compilazione del modello UNICO dei periodi d’imposta interessati dalla procedura, che sono reperibili nel sito internet dell’Agenzia delle entrate (5).

Si rammenta che il controvalore in euro degli investimenti e delle attività finanziarie oggetto della procedura, che sono espressi in valuta estera, va calcolato sulla base del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate emanato ai fini dell’individuazionedei cambi medi.

È estremamente rilevante, sia per gli investimenti che per le attività finanziarie, determinare con esattezza, anche ai fini degli effetti premiali conseguenti al perfezionamento della procedura, il paese nel quale questi erano illecitamente detenuti (fino al periodo d’imposta 2012 rileva la detenzione al termine di ciascun periodo d’imposta, per il 2013 la detenzione nel corso del periodo d’imposta).

Il principio generale valorizza la localizzazione dell’attività ove è ubicata la stessa. Qualora, però, venga utilizzato un veicolo per garantire l’occultamento della reale disponibilità, è la sede di quest’ultimo che determina il paese di detenzione dell’attività. Pertanto, anche in presenza di una detenzione effettiva dell’attività presso un paese collaborativo, quello che rileva ai fini del regime applicabile è lo stato in cui ha sede il veicolo interposto.

Tale criterio generale non opera però in tutte le ipotesi in cui la localizzazione dell’attività sia stata già idonea a garantire l’occultamento al fisco italiano della reale detenzione.

Ad esempio, un immobile ubicato in Francia o addirittura in Italia, la cui effettiva disponibilità in capo ad un contribuente italiano è stata schermata attraverso la fittizia intestazione ad una società panamense, si considera detenuto in Panama. Di contro, le attività finanziarie illecitamente detenute da un contribuente italiano presso un istituto di credito con sede in Svizzera, si considerano detenute nella Confederazione elvetica a prescindere dal fatto che la relazione bancaria sia stata fittiziamente intestata ad una società localizzata in un paese black list. Infatti, in tale caso, la semplice allocazione delle attività finanziarie in Svizzera era, grazie al segreto bancario ivi vigente, già di per sé in grado di garantire sufficientemente l’occultamento al fisco italiano della disponibilità delle stesse in capo al contribuente nazionale.

1.2.2. I redditi connessi con gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria illecitamente detenuti all’estero. La procedura di collaborazione volontaria internazionale deve riguardare, oltre che tutti gli investimenti e le attività finanziarie illecitamente costituiti o detenuti all’estero dal contribuente, anche tutti i redditi connessi ovvero quei redditi che servirono per costituirli o acquistarli o derivanti dalla loro utilizzazione o dismissione, che sono stati sottratti alla tassazione in Italia.

Per ciò che concerne i redditi evasi che servirono per acquistare o costituire gli investimenti o le attività finanziarie illecitamente detenuti all’estero, questi possono essere sia di fonte nazionale che estera ed appartenere a qualsiasi categoria di reddito.

Si ricorda in proposito che l’articolo 12 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, legge 3 agosto 2009, n. 102, ha introdotto una presunzione legale relativa in base alla quale si considerano costituiti con redditi sottratti alla tassazione gli investimenti e le attività finanziarie costituiti o detenuti, in violazione degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale, in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indicati nel decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni ivi previste.

Nella presente procedura, proprio in virtù dei principi di spontaneità, completezza e veridicità ai quali deve essere improntato il comportamento del contribuente, la suddetta presunzione è confermata dalla indicazione di redditi sottratti a tassazione, in quanto il contribuente è chiamato a dare conto, per tutti i periodi d’imposta accertabili, di ogni singolo elemento aggiuntivo del proprio patrimonio detenuto all’estero dimostrandone la valenza reddituale o meno. Resta impregiudicata la facoltà dell’Amministrazione finanziaria di applicare la predetta presunzione, sia nei casi in cui si configuri in maniera evidente l’impossibilità per il contribuente di dar conto adeguatamente dell’elemento aggiuntivo del proprio patrimonio detenuto all’estero, sia, ovviamente, fuori dal perimetro della procedura di collaborazione volontaria, nei casi in cui la medesima non si realizzi o non si perfezioni.

Appare opportuno precisare che per gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero, senza soluzione di continuità, già a partire da periodi d’imposta per i quali è decaduta la potestà di accertamento, il contribuente non dovrà puntualmente spiegarne l’origine, ma sarà sufficiente che fornisca documentazione attestante la precedente esistenza.

I redditi evasi derivanti dalla utilizzazione o dismissione degli investimenti e delle attività finanziarie illecitamente detenute all’estero, che devono essere oggetto della procedura per tutti i periodi d’imposta ancora accertabili, sono principalmente costituiti, per ciò che concerne gli investimenti, da canoni di locazione e da redditi diversi mentre, per ciò che concerne quelli derivanti dalle attività finanziarie, si tratta principalmente di redditi riconducibili alle categorie dei redditi di capitale e dei redditi diversi.

Secondo il disposto dell’articolo 5-quater, gli imponibili con riferimento a ciascun investimento e a ciascuna attività devono essere determinati analiticamente secondo le regole in vigore nel periodo d’imposta al quale si fa riferimento.

Nei soli casi in cui si configuri in maniera evidente l’impossibilità per il contribuente di produrre il corredo documentale ed informativo previsto dall’articolo 5-quater, comma 1, lettera a), resta ferma la facoltà per l’Amministrazione di far valere la presunzione legale relativa di redditività delle attività finanziarie estere prevista dall’articolo 6 del decreto legge.

L’articolo 5-quinquies, comma 8, del decreto legge prevede la possibilità che nell’ambito della procedura il contribuente possa avvalersi di una specifica forma di determinazione forfetaria dei soli rendimenti delle attività finanziarie detenute all’estero in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 4 del succitato decreto legge.

L’applicazione del regime forfetario in luogo del regime ordinario di determinazione dei rendimenti deve essere specificatamente richiesta dal contribuente.

L’opzione, che si esercita barrando l’apposita casella nella richiesta di adesione alla procedura, è vincolante per tutti i periodi d’imposta oggetto di collaborazione volontaria internazionale. La norma, infatti, ha la finalità di semplificare la quantificazione della base imponibile e non già di permettere al contribuente di scegliere, anno per anno, il regime più conveniente.

L’opzione in argomento potrà essere esercitata solo nei casi in cui la media delle consistenze delle attività finanziarie risultanti al termine di ciascun periodo d’imposta oggetto della collaborazione volontaria non ecceda il valore di 2 milioni di euro.

Ai fini della determinazione della consistenza delle attività finanziarie al termine di ciascun periodo d’imposta si dovrà tener conto, per ciascuna attività, delle regole di valorizzazione ai fini della compilazione del quadro RW applicabili nello specifico anno di detenzione.

Si evidenzia che, per l’individuazione del momento temporale rilevante, la norma fa espresso riferimento alle attività detenute al termine di ciascun periodo d’imposta. Rileva, pertanto, esclusivamente il valore delle attività detenute alla data del 31 dicembre di ciascun anno, non avendo alcun rilievo il possesso cessato in corso d’anno anche con riferimento al periodo d’imposta 2013, allorché gli obblighi di monitoraggio sono stati estesi anche alle attività detenute in corso d’anno.

Ai fini del calcolo della citata media aritmetica, si tiene conto dei soli periodi d’imposta e delle sole attività finanziarie per i quali il contribuente ha commesso violazioni relative alla compilazione del modulo RW. La suddetta media, quindi, dovrà essere calcolata ponendo al numeratore la sommatoria delle consistenze rilevate al termine di ciascun periodo di imposta oggetto di collaborazione volontaria in cui sussistono attività finanziarie detenute all’estero in violazione del decreto e al denominatore il numero di tali periodi d’imposta.

Nella rilevazione delle consistenze delle attività non si tiene conto della presunzione legale di ripartizione della disponibilità fra più cointestatari delle stesse, prevista dal comma 9 dell’articolo 5-quinquies del decreto legge.

Il regime forfetario opzionale prevede che i rendimenti siano quantificati applicando la percentuale del 5 per cento al valore della consistenza del totale delle attività finanziarie, puntualmente rilevato alla fine di ciascun anno.

Tale opzione fornisce ai detentori di patrimoni di importo meno rilevante una modalità più agevole per l’individuazione della base imponibile relativa ai redditi che derivano dalla dismissione o utilizzazione a qualunque titolo delle attività finanziarie detenute all’estero in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge.

Il reddito determinato forfetariamente tiene luogo di quello determinato su base analitica con riferimento ai soli rendimenti prodotti dalle attività (siano essi derivanti dal godimento o dalla dismissione delle attività) e non si estende ai redditi che servirono per acquistarle o costituirle né a quelli derivanti da attività diverse da quelle di natura finanziaria (ad es. immobili, imbarcazioni etc.), che conseguentemente dovranno essere in ogni caso determinati analiticamente.

Sui redditi così determinati, ai sensi del primo periodo del comma 8 dell’articolo 5-quinquies del decreto legge, le imposte dovute saranno calcolate applicando l’aliquota fissa del 27 per cento.

1.2.3. Gli imponibili non connessi con gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero. Come già evidenziato, in presenza di redditi non dichiarati connessi a investimenti ed attività illecitamente costituite o detenute all’estero, la presente procedura riguarda anche gli eventuali maggiori imponibili non connessi con gli investimenti e le attività illecitamente costituiti o detenuti all’estero, agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute nonché le relative infedeltà dichiarative concernenti i periodi d’imposta interessati dall’ambito oggettivo “proprio” della procedura. Si tratta, in sostanza, degli imponibili più specificatamente oggetto della procedura di collaborazione volontaria nazionale, di cui si tratterà in seguito.

2. LA COLLABORAZIONE VOLONTARIA NAZIONALE

La procedura di collaborazione volontaria nazionale è disciplinata dall’articolo 1, commi da 2 a 4, della legge, attraverso il richiamo alla procedura di collaborazione volontaria prevista al comma 1 del medesimo articolo (collaborazione volontaria internazionale),e si applicaanche ai contribuenti diversi da quelli assoggettati agli obblighi sul monitoraggio fiscale.

Con l’adesione alla procedura i contribuenti possono definire le violazioni degli obblighi dichiarativi commesse fino al 30 settembre 2014, in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive delle imposte sui redditi, imposta regionale sulle attività produttive e imposta sul valore aggiunto, nonché le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta.

L’articolo 1, comma 4, della legge precisa che alla procedura di collaborazione volontaria nazionale si applicano le seguenti disposizioni introdotte dalla stessa legge con riguardo alla procedura di collaborazione volontaria internazionale:

  1. l’articolo 5-quater, commi 2 (inammissibilità), 3 (termine per la comunicazione all’Autorità giudiziaria da parte dell’Agenzia delle entrate) e 5 (termine per l’attivazione della procedura di collaborazione volontaria);
  2. l’articolo 5-quinquies, commi 1, 2, 3, 4, terzo periodo, e 10 in materia di effetti della procedura di collaborazione volontaria;
  3. l’articolo 5-sexies (modalità di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria);
  4. l’articolo 5-septies (esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero).

Al riguardo, preme ricordare che tra le disposizioni applicabili alla procedura di collaborazione volontaria nazionale non rientra il comma 8 dell’articolo 5-quinquies, relativo alla possibilità, su istanza del contribuente, di determinare in maniera forfetaria i rendimenti e versare una imposta con aliquota del 27 per cento.

2.1. Ambito soggettivo

Come si evince anche dai lavori parlamentari, la ratio sottesa all’ampliamento della procedura di collaborazione volontaria prevista dal comma 2 dell’articolo 1 della legge, deve essere ricondotta alla finalità di venire incontro a due esigenze principali: quella di evitare che alla emersione di imponibili sottratti a società italiane e detenuti all’estero potesse seguire un automatico accertamento fiscale su tali società e quella di evitare disparità di trattamento, difficilmente sostenibili, tra i contribuenti che trasferiscono gli imponibili all’estero e quelli che lasciano tali imponibili in Italia.

In sostanza, con l’estensione della procedura di collaborazione volontaria viene riconosciuta la possibilità a chi ha commesso violazioni, negli ambiti impositivi indicati dalla norma, di regolarizzare la propria posizione fiscale, indipendentemente dalla circostanza che questa riguardi anche consistenze illecitamente detenute all’estero, fermo restando il pagamento delle imposte dovute nonché delle relative sanzioni, per quanto, queste ultime, siano dovute in misura ridotta.

In base al dettato normativo, la platea di soggetti che può avvalersi della collaborazione volontaria nazionale risulta più ampia rispetto a quella che può accedere alla collaborazione volontaria internazionale, atteso che, oltre che i contribuenti che si avvalgono della procedura di collaborazione volontaria internazionale, con riguardo alle annualità diverse da quelle interessate dalla stessa, i destinatari possono essere sia contribuenti “diversi” da quelli indicati nell’articolo 4, comma 1, del decreto legge (persone fisiche, enti non commerciali, società semplici ed equiparate), tenuti agli obblighi dichiarativi previsti in materia di monitoraggio fiscale, sia i contribuenti destinatari degli stessi che vi abbiano adempiuto correttamente.

Nel caso in cui il contribuente acceda alla procedura di collaborazione volontaria per tutte le annualità, ma abbia commesso violazioni agli obblighi di monitoraggio fiscale soltanto per alcuni dei periodi d’imposta oggetto di emersione, in presenza di redditi connessi agli investimenti e alle attività di natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero, la fattispecie ricade nell’ambito dell’effetto attrattivo di cui al paragrafo 1.2. e, pertanto, nell’istanza dovrà essere barrata esclusivamente la casella “Internazionale (comma 1)”.

Potrà altresì avvalersi della procedura nazionale in relazione a tutti gli eventuali maggiori imponibili non connessi alle attività estere per i residui periodi d’imposta ancora accertabili. In tal caso il contribuente, in sede di compilazione del modello di richiesta approvato con il provvedimento, dovrà barrare, oltre alla casella “Internazionale (comma 1)” per l’attivazione della corrispondente procedura di collaborazione, anche la casella “Nazionale (comma 2)”, al fine di accedere anche alla procedura di collaborazione volontaria nazionale, con riguardo ai periodi d’imposta non interessati dalla prima, per imponibili connessi con investimenti e attività illecitamente costituiti o detenuti all’estero.

L’ampia portata della disposizione che prevede la procedura di collaborazione volontaria nazionale consente di includere nel suo ambito di applicazione le violazioni commesse dai contribuenti, anche se non residenti nel territorio dello Stato.

2.2. Ambito oggettivo

I contribuenti interessati, accedendo alla procedura di collaborazione volontaria nazionale, devono definire la propria posizione con riguardo alle violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta, commesse fino al 30 settembre 2014.

A tal fine il contribuente dovrà fornire spontaneamente all’Agenzia delle entrate i documenti e le informazioni necessari alla determinazione dei maggiori imponibili agli effetti delle imposte suddette, delle ritenute nonché dei contributi previdenziali scaturenti dai suddetti maggiori imponibili, a loro volta oggetto degli obblighi dichiarativi violati e per i quali il contribuente ricorre alla procedura in esame.

3. LE CAUSE DI INAMMISSIBILITÀ

Le procedure in esame sono finalizzate a permettere al contribuente di rimediare spontaneamente alle omissioni e alle irregolarità commesse, beneficiando dei consistenti effetti premiali, sia in termini di riduzione delle sanzioni tributarie sia sotto il profilo penale, che saranno illustrati nel seguito. Con le disposizioni normative in argomento sono state introdotte alcune cause di inammissibilità che precludono l’accesso alle procedure.

In particolare, il comma 2 dell’articolo 5-quater del decreto legge dispone che la facoltà di accedere alle procedure è preclusa qualora l’autore della violazione abbia avuto la formale conoscenza:

  1. dell’inizio di accessi, ispezioni o verifiche;
  2. dell’inizio di altre attività amministrative di accertamento;
  3. della propria condizione di indagato o di imputato in procedimenti penali per violazione di norme tributarie;

La preclusione opera qualora le suddette attività e condizioni siano relative all’ambito oggettivo delle procedure.

Relativamente alla prima categoria di cause di inammissibilità, il principale riferimento normativo è costituito all’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, richiamato in maniera espressa dall’articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in materia di imposte sui redditi.

Per quanto concerne, poi, l’inizio di “altre attività amministrative di accertamento”, la norma, come precisato nella relazione illustrativa della legge, ha inteso riferirsi, in via principale, alla notifica di atti quali “inviti”, “richieste” e “questionari” di cui all’articolo 51, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 e all’articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973.

Non rientrano nella suddetta categoria le richieste di indagini finanziarie rivolte agli intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 32, comma 1 numero 7), del d.P.R. n. 600 del 1973, tenuto conto di quanto chiarito al paragrafo 8.1 (Richieste tramite PEC) della circolare n. 49/E del 23 novembre 20097.

Inoltre, come indicato nella relazione illustrativa della legge, vengono escluse dal novero delle cause di inammissibilità sia la comunicazione derivante dalla liquidazione delle imposte in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti, effettuata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, che quella derivante dal controllo formale delle medesime dichiarazioni a norma dell’articolo 36-ter dello stesso decreto del Presidente della Repubblica.

L’operatività delle cause di inammissibilità è stata improntata alla formale conoscenza delle stesse da parte di colui che desidera attivare la procedura. La scelta del legislatore conferisce certezza sul momento in cui la conoscenza è sicuramente acquisita dal contribuente perché tale momento è certificato nella relazione di notificazione di un atto ovvero in una modalità di conoscenza formale equivalente. Del resto, anche l’altro elemento previsto dalla legge col quale comparare temporalmente il momento della formale conoscenza è anch’esso connotato da un alto grado di certezza, perché collegato alla trasmissione telematica della richiesta di adesione alla procedura il cui momento di invio viene attestato da apposita ricevuta.

In mancanza di specifiche indicazioni da parte del legislatore, tenuto anche conto che le attività istruttorie di controllo sono riconducibili ad una singola annualità accertabile, si ritiene che l’effetto preclusivo riguardi soltanto le annualità interessate dall’avvio di tali attività di accertamento amministrativo.

Le altre annualità, pertanto, potranno essere oggetto della procedura di collaborazione volontaria anche se riguardano la medesima fattispecie oggetto di controllo.

Si ritiene inoltre che l’effetto preclusivo non si realizzi se l’attività istruttoria è relativa ad un tributo diverso da quello oggetto della procedura.

Allo stesso modo la preclusione rileva solo con riguardo alla singola procedura interessata. In particolare, nel caso il contribuente abbia intenzione di attivare la procedura di collaborazione volontaria internazionale ma sia stato interessato dall’avvio di attività di accertamento amministrativo relative ad imponibili non connessi agli investimenti e alle attività di natura finanziaria illecitamente detenuti all’estero, sarà preclusa la procedura con riferimento al solo ambito derivato nazionale della stessa, ferma restando la possibilità di accedere con riguardo all’ambito oggettivo “proprio” (gli investimenti e dalle attività di natura finanziaria illecitamente detenuti all’estero e i redditi non dichiarati connessi a tali investimenti ed attività).

Ferma restando la previsione normativa per cui la richiesta di accesso alla collaborazione volontaria non può essere presentata più di una volta, il contribuente che abbia avuto formale conoscenza dell’inizio di una attività di accertamento amministrativo per violazione di norme tributarie, relative all’ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria, potrà avvalersene anche per gli anni cui si riferiscono tali attività, nel caso in cui queste si siano concluse con un atto impositivo che sia stato definito o con uno di archiviazione dell’istruttoria, precedente alla data di presentazione della richiesta di accesso alla procedura.

Si deve inoltre evidenziare che costituiscono causa di inammissibilità della procedura, oltre alla consegna di un processo verbale di constatazione con esito positivo (non rilevando ovviamente quello che non abbia individuato rilievi), anche la notifica di un avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA o dell’IRAP, nonché di un invito al contraddittorio di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, sia pure limitatamente all’annualità, al tributo e alla procedura interessata dai suddetti atti, in relazione all’ambito oggettivo di applicazione (dovendosi distinguere tra procedura di collaborazione volontaria nazionale e collaborazione volontaria internazionale e, all’interno di questa, tra ambito oggettivo “proprio” e ambito derivato nazionale).

In tali casi, le cause di inammissibilità potranno comunque essere rimosse attraverso gli istituti offerti dall’ordinamento tributario, quali il ravvedimento, l’adesione ai verbali di constatazione ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto legislativo n. 218 del 1997 o gli altri strumenti definitori della pretesa tributaria e partecipativi del contribuente al procedimento di accertamento offerti dallo stesso decreto legislativo, nonché quelli deflattivi del contenzioso previsti dal decreto legislativo del 31 dicembre 1992, n. 546.

Viene rimesso ovviamente alla scelta del contribuente se attivare la procedura di collaborazione con riferimento ai soli periodi d’imposta residui o definire prima la propria posizione fiscale, con riferimento ai suddetti atti, e poi procedere all’attivazione della procedura anche per i periodi d’imposta interessati dagli atti stessi.

La conoscenza delle cause di inammissibilità, per espressa previsione normativa di cui al secondo periodo del comma 2 dell’articolo 5-quater del decreto legge, va riferita non solo all’autore della violazione ma anche ai soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o, nel caso di procedimenti penali, a soggetti concorrenti nel reato. Ne consegue che il contribuente non potrà accedere alla procedura se altro soggetto (solidamente obbligato in via tributaria o concorrente nel reato) abbia avuto formale conoscenza dell’inizio di una attività istruttoria amministrativa o penale nei suoi confronti, come tale integrante una causa di inammissibilità per l’accesso alla procedura.

Per soggetti solidalmente obbligati in via tributaria, si devono intendere coloro che in relazione all’obbligo tributario riconducibile ai maggiori imponibili accertati o alle dichiarazioni omesse assumono la qualifica di coobbligati solidali d’imposta.

L’occultamento della formale conoscenza di una causa di preclusione all’accesso alle procedure denota una volontà di utilizzare illecitamente le procedure stesse per godere indebitamente dei vantaggi premiali connessi al loro perfezionamento. Tale comportamento dovrà essere comunque oggetto di denuncia all’Autorità giudiziaria per le valutazioni di competenza connesse alla ricorrenza del reato di cui all’articolo 5-septies del decreto legge.

La presenza di una causa di inammissibilità deve essere necessariamente rappresentata nel dettaglio all’interno della relazione. Nella pratica si traduce nella preclusione dell’attivazione della specifica procedura sul cui ambito oggettivo effettivamente questa causa va ad incidere, ma unicamente per il periodo (o i periodi) d’imposta e per il tributo (o per i tributi) a cui si riferisce. Ad ogni buon fine, sarà compito dell’Ufficio delineare, qualora necessario in contraddittorio con il contribuente, l’esatta portata della causa di inammissibilità.

Nel caso in cui il contribuente desideri comunque collaborare anche per il periodo d’imposta precluso, ai fini del controllo fiscale o delle eventuali indagini penali in corso, l’Ufficio, nella determinazione delle sanzioni relative alle violazioni accertate, terrà conto anche dell’atteggiamento collaborativo del contribuente.

Qualora la presenza di una causa di inammissibilità sia stata occultata dal contribuente e venga scoperta prima del perfezionamento della procedura, la stessa non si realizzerà e le violazioni relative al periodo d’imposta e al tributo per il quale opera la preclusione saranno adeguatamente sanzionate, anche in considerazione del grave comportamento del contribuente.

Nel caso in cui la causa di inammissibilità occultata dal contribuente emerga successivamente, l’Ufficio si limiterà a rappresentare compiutamente i fatti all’Autorità giudiziaria.

Per ciò che concerne infine, l’ulteriore causa di inammissibilità, ovvero il coinvolgimento, a titolo di indagato o di imputato, del contribuente in procedimenti penali, si deve osservare che detta preclusione opera per i procedimenti riguardanti tutti reati tributari e, pertanto, non solo per quelli interessati dall’esclusione della punibilità di cui all’articolo 5-quinques, comma 1, lettera a) del decreto legge.

A tale proposito si deve rappresentare, con specifico riferimento alla causa di inammissibilità della formale conoscenza di un procedimento penale per reati tributari a carico del contribuente, che non è sufficiente l’iscrizione nel registro degli indagati. La formale conoscenza viene raggiunta dal contribuente con la notificazione della c.d. informazione di garanzia ai sensi dell’articolo 369 c.p.p. o di un c.d. “atto equipollente”, quali ad esempio l’invito a presentarsi a norma dell’articolo 375 c.p.p. o l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell’articolo 415-bis c.p.p..

4. ADEMPIMENTI A CARICO DEL CONTRIBUENTE

4.1. Presentazione della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria. I contribuenti che intendono accedere al programma di collaborazione volontaria devono presentare esclusivamente per via telematica entro il 30 settembre 2015 apposita richiesta di accesso alla procedura, utilizzando il modello approvato con il provvedimento.

L’istanza si considera presentata nel momento in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle entrate. La prova della presentazione è costituita dalla comunicazione della stessa Agenzia attestante l’avvenuta ricezione.

L’Agenzia delle entrate, infatti, attesta l’avvenuta trasmissione della richiesta mediante una ricevuta contenuta in un file, munito del codice di autenticazione per il servizio Entratel o del codice di riscontro per il servizio Internet (Fisconline), generati secondo le modalità descritte ai paragrafi 2 e 3 dell’allegato tecnico al decreto 31 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 12 agosto 1998, e successive modificazioni.

Nella ricevuta, che salvo cause di forza maggiore, è resa disponibile per via telematica entro i cinque giorni lavorativi successivi a quello del corretto invio del file all’Agenzia, viene altresì riportato l’indirizzo di posta elettronica certificata delle Direzioni Regionali e delle Direzioni Provinciali di Trento e Bolzano a cui dovrà essere inviata la documentazione e le informazioni per la determinazione delle sanzioni, dei redditi e degli altri imponibili oggetto di definizione nell’ambito delle procedura di collaborazione volontaria.

La casella di posta elettronica certificata è individuata sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’interessato, individuato ai sensi dell’articolo 58 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’anno d’imposta più recente indicato nella richiesta di accesso alla procedura; nell’allegato n. 3 del provvedimento sono riportate le specifiche tecniche per l’invio della relazione di accompagnamento e della documentazione tramite posta elettronica certificata e l’elenco degli indirizzi PEC degli uffici competenti alla ricezione della documentazione relativa alla collaborazione volontaria.

Il provvedimento ha previsto che il contribuente che accede alla procedura unisca alla documentazione una relazione di accompagnamento, parte integrante della richiesta di accesso alla procedura, idonea a rappresentare analiticamente, per ciascuna annualità d’imposta oggetto di collaborazione, i dati schematicamente riportati nella richiesta e che fornisca tutte le notizie di supporto atte a rendere gli stessi intellegibili. In particolare la relazione deve comprendere:

– l’ammontare degli investimenti e delle attività di natura finanziaria costituite o detenute all’estero, anche indirettamente o per interposta persona;

– la determinazione dei redditi che servirono per costituirli o acquistarli, nonché dei redditi che derivano dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo;

– la determinazione degli eventuali maggiori imponibili agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute ancorché non connessi con le attività costituite o detenute all’estero.

Nella relazione devono essere fornite adeguate informazioni in ordine ai soggetti che presentano un collegamento in relazione alle attività estere oggetto della procedura e deve essere trasmessa contestualmente tutta la documentazione, a supporto di quanto riportato nella relazione sopracitata, utile alla ricostruzione degli investimenti e delle attività finanziarie detenute all’estero nonché alla determinazione dei maggiori imponibili.

Nell’allegato n. 4 il provvedimento ha fornito uno schema per la redazione della relazione di accompagnamento e la predisposizione della relativa documentazione.

Il provvedimento ha previsto che la trasmissione della documentazione di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, della legge e la relazione di accompagnamento deve avvenire entro 30 giorni dalla data di presentazione della prima o unica istanza, ma comunque non oltre il 30 settembre 2015.

Pure nel rispetto del dettato normativo dell’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 5-quater del decreto, che dispone che la richiesta di accesso alla collaborazione volontaria non può essere presentata più di una volta, anche indirettamente o per interposta persona, il provvedimento ha previsto che la richiesta possa essere integrata nell’arco di trenta giorni dall’invio della stessa.

Il provvedimento tiene conto del fatto che la particolarità della procedura potrebbe non permettere la contestuale presentazione della richiesta di accesso alla procedura e della relativa documentazione, la quale potrebbe peraltro non essere immediatamente disponibile, soprattutto nel caso della collaborazione volontaria internazionale.

In tal modo, il provvedimento ha tenuto conto del fatto che il contribuente potrebbe voler avviare l’accesso alla procedura in un contesto in cui la piena disponibilità della relativa documentazione, soprattutto nel caso debba essere acquisita presso soggetti esteri, potrebbe essere successiva, se non addirittura conseguente alla richiesta di accesso alla medesima procedura di collaborazione volontaria e, quindi, alla manifestazione di voler aderire alla procedura.

Il circoscritto periodo in cui è possibile avvalersi delle disposizioni introdotte dalla legge è teso a limitare l’accesso alla procedura ai soli soggetti che effettivamente siano intenzionati a ricondurre in un contesto di piena legalità attività finanziarie e patrimoniali precedentemente costituite all’estero.

Lo spirito di collaborazione, quindi, si realizza tramite la definizione, da parte del contribuente, della propria posizione fiscale con riguardo a quanto non sia stato interessato da attività istruttorie.

In tale ottica, il provvedimento ha previsto che il contribuente possa presentare e, se necessario, integrare la documentazione e le informazioni utili alla definizione della procedura fino al trentesimo giorno successivo alla presentazione della richiesta, individuando un intervallo che, nel rispetto del principio normativo di unitarietà e completezza della richiesta di accesso alla collaborazione volontaria, sia contemperato con lo spirito collaborativo che deve improntare la procedura e che tenga quindi adeguatamente conto delle necessità connesse alla formazione del fascicolo documentale e della sua trasmissione all’Amministrazione finanziaria.

Per gli stessi motivi, nella consapevolezza che la formazione del fascicolo documentale e informativo potrebbe portare a rivedere quanto indicato nel modello o nella documentazione già trasmessi all’Agenzia delle entrate, il provvedimento ha previsto che l’unitarietà e la completezza della richiesta di accesso si realizzino con l’ultimo modello di richiesta inviato e con l’ultima trasmissione di documentazione e informazioni poste in essere dal contribuente.

Per tale motivo il provvedimento ha previsto che sia possibile integrare l’istanza entro il termine di trenta giorni per la presentazione della documentazione. A tal fine il contribuente deve compilare una nuova richiesta, completa in tutte le sue parti, barrando la casella “istanza integrativa”; nel caso di una molteplicità di istanze pervenute nell’arco dei trenta giorni rileverà l’ultima richiesta inviata entro tale termine.

In tale lasso di tempo sarà possibile presentare anche integrazioni alla documentazione eventualmente già trasmessa all’indirizzo di posta elettronica certificata riportato nella ricevuta del primo invio del modello di richiesta di accesso alla procedura; in tal caso sarà necessario accompagnare la documentazione integrativa con un nuovo prospetto di riconciliazione con evidenza delle integrazioni e dei collegamenti relativi all’ultimo modello presentato.

Ai fini della rilevanza delle cause di inammissibilità, comunque, si ritiene si debba tener conto della data di presentazione della prima richiesta di accesso alla procedura.

In fase di contraddittorio potrà ovviamente essere presentata nuova e diversa documentazione, sempre che la stessa abbia carattere esplicativo di quanto già presentato, e quindi funzionale a puntualizzare la corretta pretesa, e non integrativo, cioè finalizzato a far emergere attività o imponibili ulteriori rispetto a quelli evidenziati in fase di richiesta di accesso alla procedura.

I termini di scadenza tassativamente previsti dal legislatore per accedere alla procedura comportano, però, che la presentazione di richieste successive alla prima e della documentazione non possano avvenire oltre il 30 settembre 2015, anche nel caso in cui i trenta giorni successivi alla prima presentazione del modello di richiesta di accesso scadano successivamente a tale data.

Unica eccezione prevista dal provvedimento è l’ipotesi d’istanza presentata dal 26 settembre 2015, per cui la presentazione della documentazione può avvenire nei cinque giorni successivi, per effetto dei tempi tecnici per il rilascio della ricevuta.

In tali casi trova quindi applicazione il terzo ed ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 5-quater del decreto, in base al quale, nel caso in cui tra la data di ricevimento della richiesta di collaborazione volontaria e quella di decadenza dei termini per l’accertamento di cui all’articolo 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e all’articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dei termini per la notifica dell’atto di contestazione ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 472 del 1997 intercorrono meno di novanta giorni, in difetto e in mancanza, entro detti termini, della definizione mediante adesione ai contenuti dell’invito o della sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione e della definizione agevolata relativa all’atto di contestazione per la violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge, il termine di decadenza per la notificazione dell’avviso di accertamento e quello per la notifica dell’atto di contestazione sono automaticamente prorogati, in deroga a quelli ordinari, fino a concorrenza dei novanta giorni.

La documentazione potrà essere trasmessa da qualsiasi casella di posta elettronica certificata.

Indipendentemente dal fatto che il contribuente si avvalga per la trasmissione della documentazione e delle informazioni della propria casella di posta certificata o di quella del professionista che lo ha assistito nella predisposizione della richiesta di accesso e nell’effettuazione degli adempimenti previsti per il perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria, od anche di quella dell’intermediario abilitato che ha presentato il modello di richiesta, così come della casella di un terzo soggetto estraneo alla procedura, la responsabilità in merito al corretto e tempestivo invio nei confronti dell’Amministrazione finanziaria resta esclusivamente in capo al contribuente che intende avvalersi della procedura.

Analogamente, la responsabilità, anche agli effetti dell’articolo 5-septies del decreto legge, rispetto alla veridicità e alla completezza dei contenuti della richiesta, della documentazione e delle informazioni relative, sono ricondotte al contribuente, non estendendosi né al professionista che fornisce supporto alla predisposizione della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria e all’effettuazione degli adempimenti previsti per il perfezionamento (e a tal fine rileva la dichiarazione che il contribuente rilascia al professionista, precedentemente all’invio della richiesta di accesso, ai sensi del comma 2 dell’articolo 5-septies del decreto) né all’intermediario abilitato che presenta il modello di richiesta, se non nei casi previsti dalla legge.

Il contribuente, infatti, procedendo alla richiesta di accesso alla procedura secondo le modalità individuate dal provvedimento e sottoscrivendo il relativo modello di richiesta, dà atto della veridicità e della completezza delle informazioni e dei documenti forniti nell’ambito della medesima procedura nonché della assenza di cause di inammissibilità alla stessa.

4.2. Aspetti connessi alla richiesta di accesso alla procedura. Nella richiesta di accesso alla procedura devono essere fornite sintetiche indicazioni in merito ai soggetti collegati, anche al fine di consentire la ripartizione delle disponibilità tra gli stessi.

I soggetti collegati si identificano in coloro che hanno una posizione rilevante ai fini del monitoraggio fiscale rispetto alle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di emersione o che presentino un collegamento con il reddito sottratto ad imposizione evidenziato.

Esempio n. 1Attività finanziaria cointestata tra A e B.A presenta richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria per una violazione commessa in relazione a tale attività finanziaria.A deve indicare nella apposita sezione del modello, in colonna 1, il codice fiscale di B.
Esempio n. 2Attività finanziaria estera acquistata da Y in tutto od in parte coi proventi derivanti da redditi non dichiarati dalla società italiana X di cui Y è socio.Y deve indicare nella apposita sezione del modello, in colonna 2, il codice fiscale della società X.

Per quanto riguarda le attività costituite o detenute all’estero, la relazione accompagnatoria deve fornire le informazioni al fine di illustrare la tipologia, la composizione, l’ubicazione e le modalità di custodia delle attività estere, approfondendo compiutamente le modalità di controllo dell’eventuale presenza di soggetti interposti, ed essere corredata della documentazione di supporto.

La documentazione fornita dovrà consentire l’individuazione del beneficiario effettivo delle attività finanziarie e patrimoniali, laddove le stesse siano formalmente intestate a un soggetto interposto.

In caso di deleghe o procure, dovrà esserne evidenziato il sostanziale utilizzo, al fine di meglio definire la presunzione di possesso in quote parti uguali tra i soggetti aventi la disponibilità dell’attività estera ex articolo 5-quinquies, comma 9, del decreto legge.

Dovrà essere fornita la documentazione atta a comprovare la formazione delle attività estere qualora tali disponibilità si siano formate in annualità ancora accertabili.

Al fine, poi, di comprendere l’evoluzione delle attività estere oggetto della procedura di collaborazione volontaria, il contribuente dovrà dettagliare gli incrementi e i decrementi del valore patrimoniale di tali attività, evidenziandone la rilevanza o irrilevanza ai fini della normativa tributaria o del monitoraggio fiscale.

La descrizione dettagliata delle attività estere non può prescindere dalla corretta individuazione del paese di detenzione, con riferimento a ciascun periodo d’imposta, in merito all’appartenenza o meno a una delle tre categorie richiamate (paesi black list, black list con accordo, non black list) anche alla luce del riconoscimento degli effetti premiali sanzionatori.

Si ricorda che a partire dal periodo d’imposta 2012 ricorrono obblighi dichiarativi anche per le imposte IVAFE (Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero) e IVIE (Imposta sul valore degli immobili situati all’estero); pertanto gli elementi per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili dovranno essere forniti con la relazione che costituisce parte integrante della richiesta di accesso alla procedura.

4.3. Decesso dell’autore della violazione. Giova in questa sede evidenziare gli effetti sulla procedura di collaborazione volontaria conseguenti al decesso dell’autore della violazione interessato ad accedere alla stessa.

Al riguardo si evidenzia in primo luogo come la regola generale di cui all’articolo 65 del decreto del d.P.R. n. 600 del 1973, in merito alla proroga di sei mesi in favore degli eredi di tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, necessiti di un coordinamento con la disposizione di cui all’articolo 5-quater, comma 5, in base al quale tra la data di ricevimento della richiesta di collaborazione e quella di decadenza dei termini per l’accertamento e per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscali intercorrono non meno di novanta giorni.

Ne consegue che in caso di decesso del soggetto dopo il 31 maggio 2015, gli eredi del medesimo potranno beneficiare della proroga di cui al citato articolo 65 entro un termine che consenta la concreta realizzazione della procedura, tenuto anche conto della proroga dei termini di accertamento e contestazione di cui all’ultimo periodo del richiamato comma 5.

In sostanza, nel caso di decesso del soggetto dopo il 31 maggio 2015, la richiesta di accesso alla procedura dovrà essere presentata al più tardi entro il 31 dicembre 2015, termine per le attività di controllo delle annualità in scadenza; in tal caso l’Ufficio espleterà l’attività di controllo entro il 30 marzo 2016.

Ove il decesso si verifichi successivamente alla presentazione dell’istanza da parte del de cuius, la proroga semestrale opererà con riguardo ai termini previsti per gli adempimenti successivi all’istanza, necessari per il perfezionamento della procedura, ivi compresi quelli afferenti il pagamento, anche in forma rateale.

Nel caso in cui l’erede non effettui il pagamento entro il termine previsto, come prorogato ai sensi della citata normativa, impedendo il perfezionamento della procedura, trova applicazione la disposizione di cui all’articolo 5-quinquies, comma 10, del decreto legge, che prevede una deroga ai termini di notifica degli atti di accertamento e contestazione da parte dell’Agenzia.

Occorre inoltre precisare quali siano gli effetti sulla procedura del decesso dell’autore della violazione, distinguendo a seconda del momento in cui si verifica il decesso in relazione alla fase della procedura.

Nel caso in cui l’autore della violazione deceda anteriormente all’avvio della procedura di collaborazione volontaria, l’erede potrà accedere alla stessa, eventualmente beneficiando, ove ne ricorrano i presupposti sopra evidenziati, della proroga dei termini, presentando una istanza in qualità di erede. Va da sé che nel caso in cui l’erede sia egli stesso autore di ulteriori violazioni sanabili con la collaborazione volontaria, potrà a sua volta presentare in proprio una autonoma e distinta richiesta di accesso, con riguardo alla propria posizione nel suo complesso, eventualmente comprensiva anche della quota ereditata.

Nel caso in cui il decesso si collochi temporalmente dopo che l’autore della violazione ha presentato richiesta di accesso alla procedura, sarà in facoltà dell’erede concludere la procedura già avviata ovvero abbandonarla, presentando una nuova istanza in qualità di erede, anche sulla base delle nuove informazioni e documentazione eventualmente acquisite rispetto a quanto originariamente presentato dal de cuius.

In ogni caso, con riguardo alla procedura cui partecipi il soggetto in qualità di erede, sia cioè nel caso in cui sia stato lui stesso ad attivarla che in quello di subentro successivo alla morte dell’istante, non trovano applicazione le sanzioni, per effetto di quanto disposto in punto di intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

5. AMBITO TEMPORALE DELLA PROCEDURA DI COLLABORAZIONE VOLONTARIA

La richiesta di collaborazione volontaria internazionale deve riguardare le violazioni degli obblighi dichiarativi di monitoraggio fiscale nonché le infedeltà dichiarative afferenti gli imponibili agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenziali dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute, commesse fino al 30 settembre 2014, per tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono decaduti i termini per l’accertamento o per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale.

Giova in questa sede evidenziare che l’obbligo di estendere la procedura agli eventuali maggiori imponibili non connessi con le attività estere sussiste per i periodi d’imposta in cui sono state commesse infedeltà dichiarative relative a redditi connessi ad attività costituite o detenute all’estero.

La richiesta di collaborazione volontaria nazionale, per effetto dell’articolo 1, comma 3, della legge, deve essere presentata, tramite apposita istanza, secondo le modalità previste dal provvedimento, fornendo spontaneamente all’Amministrazione finanziaria i documenti e le informazioni per la determinazione dei maggiori imponibili agli effetti delle imposte rientranti nell’ambito di applicazione della presente normativa, relativamente a tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento.

5.1. I termini di decadenza per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale. Ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo, 18 dicembre 1997, n. 472, il termine ordinario di decadenza per la notificazione dell’atto di contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale è fissato al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione, salvo il diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi, di cui si dirà nel successivo paragrafo.

Alla luce di ciò, in via ordinaria, rientrano nella procedura di collaborazione volontaria internazionale, le violazioni degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale commesse con riguardo al modello UNICO 2010, presentato per gli investimenti illecitamente detenuti all’estero alla data del 31 dicembre 2009, fino a quelle contenute nel modello UNICO 2014, con riferimento alle attività illecitamente detenute all’estero nel corso del 2013.

Con riferimento agli investimenti ed alle attività finanziarie detenute in Paesi black list individuati con il decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, l’articolo 12, comma 2-ter del decreto legge n. 78 del 2009 dispone che: “… i termini di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sono raddoppiati”.

Pertanto, rientrano nella procedura in esame le violazioni dichiarative in materia di monitoraggio fiscale relative ad attività detenute illecitamente nei Paesi black list dal 31 dicembre 2004 al 31 dicembre 2013 (6).

Si deve evidenziare che l’articolo 5-quater, comma 4, del decreto legge prevede che, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, non si applichi il raddoppio dei termini di decadenza di cui al citato articolo 12, comma 2-ter, qualora ricorrano congiuntamente le condizioni previste dall’articolo 5-quinquies, commi 4, primo periodo, lettera c), 5 e 7del decreto legge (7).

Più precisamente, perché non operi il raddoppio dei termini di cui sopra devono verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni:

  • il paese black list presso il quale erano o sono detenuti gli investimenti e le attività estere oggetto della collaborazione volontaria abbia stipulato con l’Italia, entro il 2 marzo 2015, un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni conforme all’articolo 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE, anche con riferimento al periodo tra la data della stipula e quella dell’entrata in vigore dell’accordo (articolo 5-quinquies, comma 7);
  • il contribuente che ha attivato la procedura e che vuole mantenere le attività oggetto di collaborazione volontaria nel paese black list ove già le deteneva deve rilasciare all’intermediario finanziario estero presso cui le attività erano o sono detenute l’autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di procedura (c.d. waiver) ed allegare copia di tale autorizzazione, controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria – articolo 5-quinquies, comma 4, primo periodo, lettera c) -, in relazione ai periodi d’imposta successivi a quello di adesione alla collaborazione volontaria, fino all’effettiva operatività dello scambio di informazioni conforme al predetto articolo 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE (c.d. monitoraggio rafforzato);
  • nel caso in cui il contribuente trasferisca, successivamente all’attivazione della procedura, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dall’Italia o dagli Stati membri dell’Unione europea o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, deve rilasciare all’intermediario finanziario estero presso cui le attività sono trasferite l’autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto della procedura a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale avviene il trasferimento (articolo 5-quinquies, comma 5).

Ad esempio, perché non si applichi il raddoppio dei termini in argomento con riferimento ad attività finanziarie detenute illecitamente presso un istituto di credito monegasco ove le stesse rimarranno anche a seguito del perfezionarsi della procedura, il contribuente deve rilasciare all’intermediario finanziario monegasco l’autorizzazione a trasmettere, a richiesta dell’autorità fiscale italiana, tutti i dati concernenti le attività oggetto della procedura, in relazione ai periodi d’imposta successivi a quello di adesione alla collaborazione volontaria, fino all’effettiva operatività dello scambio di informazioni conforme all’articolo 26 del predetto Modello di Convenzione elaborato dall’OCSE. Il contribuente dovrà produrre detta autorizzazione nel corredo informativo e documentale, facendola pervenire tempestivamente all’Ufficio anche in originale, cioè in tempo utile a consentire di tenerne conto nei corrispondenti atti: invito, atto di accertamento con adesione ovvero atto di contestazione.

Se il suddetto contribuente intende invece trasferire, anche successivamente all’attivazione della procedura, le attività finanziarie presso un altro intermediario, ad esempio panamense (in uno Stato, quindi, diverso dagli Stati membri dell’Unione europea o da quelli aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo), dovrà rilasciare anche all’intermediario finanziario panamense il waiver concernente tutti i dati delle attività emerse, ivi trasferiti, a partire dal periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento.

Qualora gli investimenti e le attività finanziarie siano stati oggetto di trasferimento in diversi Paesi black list , con riferimento ai periodi d’imposta dal 2004 al 2013, affinché operi la non applicazione del raddoppio dei termini in parola, tutti i suddetti paesi devono aver sottoscritto l’accordo di cui all’articolo 5-quinquies, comma 7.

Di conseguenza, ad esempio, se un contribuente nel corso del 2004 ha costituito delle attività finanziarie a Panama depositandole presso un intermediario locale e, nel 2008, ha trasferito dette attività presso un intermediario svizzero, dal momento che per le annualità dal 2004 al 2007 le attività sono state illecitamente detenute in un Paese che non ha stipulato l’accordo, per tali periodi d’imposta le violazioni in materia di monitoraggio fiscale dovranno essere oggetto della procedura, operando in tali casi il disposto di cui all’articolo 12, comma 2-ter del decreto legge n. 78 del 2009.

Infatti, in tale caso, poiché al termine dei periodi d’imposta dal 2004 al 2007, le attività finanziarie oggetto di emersione erano localizzate in un Paese black list che non ha stipulato un accordo con l’Italia nei termini sopra richiamati, non si verifica una delle condizioni previste dall’articolo 5-quater, comma 4, del decreto legge e, pertanto, è operativo il raddoppio dei termini previsto dall’articolo 12, comma 2-ter, del decreto legge n. 78 del 2009.

Qualora la procedura non si dovesse perfezionare, l’Ufficio potrà applicare la presunzione di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto legge n. 78 del 2009 con riferimento a tutti i periodi d’imposta per i quali non è decaduta la potestà di contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale ai sensi del comma 2-ter del medesimo articolo.

Si deve evidenziare che, qualora non operi il suddetto raddoppio dei termini, la documentazione che dovrà essere prodotta con riferimento alle violazioni dichiarative in materia di monitoraggio fiscale riguarderà la riconducibilità e la localizzazione dell’attività in capo al contribuente ed il valore delle attività che doveva essere indicato nel quadro RW in ciascuna delle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta dal 2009 al 2013.

5.2. I termini di decadenza della potestà di accertamento nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria. Rientrano nel campo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria internazionale i redditi che servirono per costituire o acquistare gli investimenti e le attività finanziarie oggetto di emersione o derivanti dalla loro utilizzazione o dismissione nonché, in presenza di tali redditi, quelli derivati nazionali, non connessi cioè a tali attività estere.

Rientrano invece nella procedura di collaborazione volontaria nazionale i maggiori imponibili non connessi con gli investimenti e le attività illecitamente costituite o detenute all’estero, agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute.

La decadenza dei termini per l’accertamento è disciplinata dall’articolo 43 del d.P.R n. 600 del 1973, e dall’articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, che dispongono che gli avvisi di accertamento devono essere notificati a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o del quinto anno successivo, nel caso di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di una dichiarazione nulla.

Pertanto, dovranno essere ricomprese nella procedura tutte quelle infedeltà dichiarative commesse nei periodi d’imposta dal 2010 al 2013, mentre in caso di omessa dichiarazione dovranno essere oggetto di emersione anche le violazioni della specie commesse a partire dal periodo d’imposta 2009.

Con riferimento ai maggiori imponibili agli effetti dell’IRAP trovano applicazione i termini previsti per le imposte sui redditi, posto che l’articolo 25 del decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446, rinvia, per l’accertamento, alla disciplina del d.P.R. n. 600 del 1973.

Nell’ambito della collaborazione volontaria internazionale, con riguardo ai redditi connessi con gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati black list, l’articolo 12, comma 2-bis,del decreto legge n. 78 del 2009 ha previsto il raddoppio dei termini ordinari per l’accertamento dei maggiori imponibili attraverso l’applicazione della presunzione di cui al comma 2 del predetto articolo.

Si ricorda che, ai fini del raddoppio dei termini per l’accertamento in parola, non assume rilevanza che l’accertamento sia emesso determinando il reddito su base presuntiva ma è rilevante che inizialmente ci fossero i presupposti per l’applicazione della presunzione stessa. Si osserva, infatti, che la determinazione su base analitica dei frutti conseguiti nei singoli periodi, non può mai essere considerata un superamento o una disapplicazione della presunzione stessa, quanto piuttosto una sua conferma.

Alla luce di quanto sopra, saranno interessati alla procedura di collaborazione internazionale i redditi connessi agli investimenti ed alle attività finanziarie illecitamente detenuti in detti Paesi black list non dichiarati nei periodi d’imposta dal 2006 al 2013 nel caso in cui sia stata presentata la dichiarazione, mentre nel caso di omessa dichiarazione dovranno essere oggetto della procedura i periodi d’imposta a decorrere dal 2004.

Si deve evidenziare che l’articolo 5-quater, comma 4, del decreto legge elimina il suddetto raddoppio dei termini di decadenza, prevedendo che, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, non si applica il citato raddoppio dei termini di cui all’articolo 12, comma 2-bis, del decreto legge n. 78 del 2009 qualora ricorrano congiuntamente le condizioni previste dall’articolo 5-quinquies, commi 4, primo periodo, lettera c), 5 e 7del decreto legge.

Essendo le richiamate condizioni le stesse che comportano la disapplicazione del raddoppio dei termini di decadenza della potestà di contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale, si rimanda a quanto precedentemente detto al riguardo.

Si evidenzia che il legislatore, con la disposizione contenuta nell’articolo 5-quater, comma 4, del decreto legge, nell’introdurre la richiamata deroga al regime del raddoppio dei termini di decadenza introdotto dall’articolo 12, comma 2-bis,del decreto legge n. 78 del 2009 ha confermato la natura procedurale di tale disposizione.

Sia con riguardo alla procedura di collaborazione volontaria internazionale che a quella nazionale, si deve precisare che rimane sempre operativo il raddoppio dei termini di decadenza della potestà di accertamento, previsto dall’articolo 43, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’articolo 57, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, per le infedeltà o omissioni dichiarative che comportano l’obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati tributari previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000, a prescindere dal fatto che il perfezionarsi della procedura comporti la non punibilità dello stesso.

Ne consegue che oggetto della procedura di regolarizzazione siano anche le annualità per le quali il presupposto che determina il raddoppio dei termini per l’accertamento risulti integrato alla data di presentazione della richiesta di accesso alla procedura, ossia qualora si ravvisino, in relazione alle medesime annualità, violazioni che comportano il predetto obbligo di denuncia; in tale ipotesi, le annualità accertabili nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria internazionale, così come di quella nazionale,potrebbero essere dal 2006 al 2013, in caso di presentazione da parte del contribuente di dichiarazione infedele, ovvero i periodi d’imposta a decorrere dal 2004 in caso di dichiarazione omessa.

Gli Uffici porranno in essere tutte le iniziative atte a consentire la più celere conclusione della procedura di collaborazione volontaria attivata dal contribuente ed effettueranno, in tempi brevi e, comunque, non oltre trenta giorni dalla data di esecuzione dei versamenti indicati al comma 1, lettera b), dell’articolo 5-quater del decreto legge, alla competente Procura, la comunicazione di cui al comma 3 del medesimo articolo, corredata di tutti gli elementi informativi utili.

Si evidenzia l’opportunità, al fine di realizzare un effettivo coordinamento tra l’Autorità giudiziaria e l’Amministrazione finanziaria, che le Direzioni Regionali provvedano alla definizione di idonee forme di collaborazione con le Procure dei territori di competenza, al fine di raccordare l’operato con quello degli organi giurisdizionali; in tale ambito potranno concordarsi termini e condizioni diversi da quelli sopra indicati per la gestione e lo scambio delle informazioni d’interesse.

Tali considerazioni valgono anche per la procedura di collaborazione volontaria nazionale.

6. ASPETTI SANZIONATORI

Stante l’eccezionalità della procedura di collaborazione volontaria, fondata sul principio di spontaneità della condotta del contribuente che richiede di aderire alla stessa, il legislatore ha previsto specifici effetti premiali relativamente alla applicazione in misura ridotta delle sanzioni tributarie, in materia sia di monitoraggio fiscale che di omessa o infedele dichiarazione di maggiori imponibili.

L’articolo 5-quinquies del decreto legge, infatti, con riferimento agli effetti premiali, disciplina i requisiti e le condizioni necessarie per poter fruire dei suddetti benefici.

6.1. Determinazione delle sanzioni in materia di monitoraggio fiscale. Le sanzioni correlate alle violazioni dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1 del decreto legge, sono previste dall’articolo 5, comma 2, del medesimo decreto nella misura:

a) in via generale, dal 3 al 15 per cento, dell’ammontare degli importi non dichiarati;

b) dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati (o nella diversa misura compresa tra il 5 per cento e il 25 per cento, applicabile per le violazioni commesse fino al 4 agosto 2009 per effetto delle modifiche apportate dal decreto legge n. 78 del 2009), con riferimento alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 4 maggio 1999, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 (c.d. Paesi black list).

Tuttavia, ai sensi del comma 7 dell’articolo 5-quinquies del decreto legge, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, la misura della sanzione minima prevista per le citate violazioni in materia di monitoraggio fiscale indicata dall’articolo 5, comma 2, secondo periodo, nei casi di detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria nei c.d. Paesi black list, è fissata al 3 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati, se le attività oggetto della collaborazione volontaria erano o sono detenute in Stati che hanno stipulato con l’Italia, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, accordi che consentano un effettivo scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 26 del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’OCSE, anche su elementi riconducibili al periodo intercorrente tra la data della stipulazione e quella di entrata in vigore dell’accordo (8).

Si ritiene che i medesimi effetti si producano anche nel caso di accordi vigenti alla data di entrata in vigore della legge, con Stati e territori inclusi nei decreti ministeriali sopra citati, i quali prevedano uno scambio di informazioni conforme all’articolo 26 dello standard OCSE 2005 almeno a partire da tale data (vale a dire dal 1° gennaio 2015).

Proprio con riguardo alle sanzioni correlate alle violazioni dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1 del decreto legge, il legislatore ha inoltre inteso diversificare, attenuandola, la risposta sanzionatoria al comportamento del contribuente che, sottrattosi agli obblighi di monitoraggio fiscale, presti ora una piena, veritiera e spontanea collaborazione attiva con l’Amministrazione finanziaria, rimuovendo gli effetti negativi arrecati all’interesse erariale dalla propria condotta in violazione degli obblighi imposti in materia di monitoraggio fiscale.

Il legislatore, assumendo tale condotta collaborativa alla stregua di una circostanza di carattere eccezionale giustificante un ridimensionamento delle sanzioni, ha così previsto all’articolo 5-quinquies, comma 4, del decreto legge, che, in sede di collaborazione volontaria, dette sanzioni siano determinate, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 472 del 1997, in misura pari alla metà del minimo edittale in presenza, alternativamente, delle seguenti condizioni:

  1. le attività vengono trasferite in Italia o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l’Italia, inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996;
  2. le attività trasferite in Italia o nei predetti Stati erano o sono ivi detenute;
  3. l’autore della violazione rilascia all’intermediario finanziario estero, presso cui le attività sono detenute, l’autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria e allega copia di tale autorizzazione (c.d. waiver), controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria. Come emerge dalla relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata a permettere all’Amministrazione finanziaria di controllare la veridicità delle informazioni indicate dal contribuente nella dichiarazione dei redditi per i periodi d’imposta successivi a quello di adesione alla collaborazione volontaria (c.d. monitoraggio rafforzato).

Ai fini della verifica delle condizioni per fruire della riduzione delle sanzioni in misura pari alla metà del minimo edittale, ai sensi dell’articolo 5-quinquies, comma 4, si considerano trasferite in Italia anche le attività per le quali, in alternativa al rimpatrio fisico, sia intervenuto o interverrà, entro termini che consentano di tener conto di detti effetti sulla riduzione delle sanzioni nei corrispondenti atti dell’Ufficio, l’affidamento delle attività finanziarie e patrimoniali in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti, sempre che i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività vengano assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi. In tal caso il trasferimento si considera eseguito nel momento in cui l’intermediario assume formalmente in amministrazione o gestione gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero.

Di detto trasferimento il contribuente avrà cura di informare allo stesso modo tempestivamente l’Ufficio (9).

Se tali condizioni non dovessero sussistere, la sanzione è determinata nella misura del minimo edittale, ridotto di un quarto, ossia in misura pari al 75 percento del minimo edittale.

Nel caso di trasferimento delle attività finanziarie, successivamente all’attivazione della procedura, presso un intermediario localizzato in uno Stato diverso dagli Stati membri dell’Unione europea o da quelli aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, l’assenza del rilascio del waiver ai sensi del comma 5 dell’articolo 5-quinquies comporta l’applicazione di una sanzione pari alla metà di quella di cui al primo periodo del comma 4 dello stesso articolo, fissata pertanto nella misura pari ad un quarto del minimo edittale.

Si chiarisce come, al fine di evitare disparità di trattamento in relazione alla applicazione della sanzione, la riduzione in misura pari alla metà del minimo edittale si applica anche nel caso in cui l’autore della violazione, al momento della presentazione della richiesta di accesso alla procedura, non sia più in possesso degli investimenti o delle attività finanziarie precedentemente detenute irregolarmente in paesi black list, avendole donate ovvero destinate al consumo.

Il contribuente, per essere ammesso al beneficio sanzionatorio in esame, nello spirito collaborativo della procedura e onde escludere l’esistenza di attività che potrebbero essere oggetto del richiamato monitoraggio rafforzato, dovrà comunque permettere all’Ufficio di verificare l’effettivo azzeramento degli investimenti o delle attività finanziarie precedentemente detenute, fornendo adeguata documentazione al riguardo.

In caso di collaborazione volontaria da parte del contribuente il procedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione in materia di monitoraggio fiscale, secondo quanto disposto dal comma 6 del citato articolo 5-quinquies, è definito ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, recante la disciplina del procedimento di irrogazione delle sanzioni non collegate al tributo.

Tale disposizione, al comma 3, prevede che entro il termine stabilito per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad “un terzo della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo”.

In caso di applicazione della sanzione nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, tuttavia, il periodo finale del comma 6 del citato articolo 5-quinquies dispone che tale ultimo confronto deve essere operato tra il terzo della sanzione indicata nell’atto e il terzo della somma dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi o, se più favorevole, il terzo della somma delle sanzioni più gravi determinate ai sensi del comma 4, primo e secondo periodo, del medesimo articolo, ossia la somma dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi, ridotti della metà o di un quarto a seconda che rientri o meno in una delle casistiche sopra illustrate.

Tanto detto con riferimento alla misura delle sanzioni previste in materia di monitoraggio fiscale, appare opportuno precisare che si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 del citato decreto legislativo n. 472 del 1997.

Ai sensi del comma 9 dell’articolo 5-quinquies del decreto legge, la disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali si considera, salvo prova contraria, ripartita in quote uguali tra coloro che al termine di ciascun periodo d’imposta avevano la disponibilità delle attività.

Tale previsione opera indipendentemente dalle concrete fattispecie di esercizio dei diritti di disposizione esercitabili sul patrimonio e sulle attività finanziarie.

Inoltre, come già evidenziato, in termini generali il beneficio è riconosciuto esclusivamente a coloro che presentano l’istanza, dunque in presenza di più soggetti, dei quali solo alcuni abbiano aderito alla procedura di collaborazione volontaria, la sanzione sarà irrogata pro-quota (determinata tenendo conto di tutti coloro che ne avevano la disponibilità) solo nei confronti dei soggetti che hanno aderito alla procedura.

È, ad esempio, il caso di contribuenti che abbiano deleghe di firma ad operare su un conto; anche in tale ipotesi il delegato ed il delegante saranno sanzionati ciascuno per quote uguali, facendo salva la possibilità di dimostrare un diversa ripartizione.

6.2. Determinazione delle sanzioni in sede di accertamento. Preliminarmente appare opportuno evidenziare che la normativa in materia di collaborazione volontaria prevede che gli accertamenti relativi alle annualità oggetto della regolarizzazione possano definirsi mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 218 del 1997, ovvero mediante accertamento con adesione di cui al medesimo decreto.

A seguito della presentazione della richiesta per l’accesso alla procedura e successivamente della documentazione a corredo della medesima, la competente struttura dell’Agenzia delle entrate procede quindi ad invitare al contraddittorio il contribuente il quale, se ritiene di aderire ai contenuti dell’invito, può definirlo versando le somme dovute in base allo stesso, entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione e secondo le ulteriori modalità indicate nell’articolo 5, comma 1-bis, del citato decreto legislativo n. 218 del 1997.

In particolare, tale disposizione, all’ultimo periodo, prevede che, qualora il contribuente aderisca ai contenuti dell’invito al contraddittorio, la misura delle sanzioni applicabili, prevista dall’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 218 del 1997, in caso di accertamento con adesione è ridotta alla metà; pertanto, considerato che per l’accertamento con adesione le sanzioni “si applicano nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge”, l’adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio rende applicabili le sanzioni nella misura di un sesto del minimo previsto dalla legge.

Nel caso in cui il contribuente ritenga di non dover accettare in toto quanto contenuto nell’invito può presentarsi al contraddittorio, a conclusione del quale, qualora lo stesso intenda definire la propria posizione, potrà sottoscrivere un atto di adesione, secondo quanto previsto dalla normativa che disciplina tale istituto, restando applicabili le sanzioni nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge.

Tanto premesso, si rappresenta che il nuovo articolo 5-quinquies, comma 4, terzo periodo, del decreto legge, dispone che la misura minima delle sanzioni per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attività produttive, di imposta sul valore aggiunto e di ritenute è fissata al minimo edittale, ridotto di un quarto.

Sulla base delle disposizioni normative appena illustrate, risulta pertanto che le riduzioni delle sanzioni previste dagli istituti mediante i quali possono definirsi gli accertamenti devono applicarsi, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, tenendo conto di una misura della sanzione pari al minimo edittale ridotto di un quarto, ossia quella risultante dall’abbattimento previsto dal citato articolo 5-quinquies, comma 4, terzo periodo.

Al fine di stabilire il regime sanzionatorio applicabile, quindi, per “minimo previsto dalla legge”, rispetto al quale applicare le riduzioni previste dai citati istituti definitori, deve intendersi la misura della sanzione risultante dall’applicazione della specifica disposizione prevista per la procedura di collaborazione volontaria, ossia il 75 per cento del minimo edittale (il minimo edittale ridotto di un quarto).

Al riguardo, si evidenzia che ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in relazione alle violazioni di omessa o infedele dichiarazione delle imposte dirette riguardanti i redditi prodotti all’estero, le sanzioni sono aumentate di un terzo con riferimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi; pertanto, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, per tali violazioni la riduzione prevista dal citato articolo 5-quinquies, comma 4, terzo periodo, dovrà applicarsi al minimo edittale, aumentato di un terzo per effetto di detto articolo 1, comma 3.

Le sanzioni di cui al periodo precedente sono raddoppiate ai sensi dell’articolo 12, comma 2, secondo periodo del decreto legge n. 78 del 2009. Tuttavia, in presenza di Stati e territori inclusi nei decreti ministeriali che consentono un effettivo scambio di informazioni come descritto nel paragrafo 6.1, non opera tale raddoppio, per effetto dell’articolo 5-quinquies, comma 7, ultimo periodo, del decreto legge.

In caso di regolarizzazione di violazioni relative a più tributi e a più periodi d’imposta il trattamento sanzionatorio sarà applicato a norma dell’articolo 12, comma 8, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, il quale prevede che nei casi di accertamento con adesione, in deroga ai commi 3 e 5 del medesimo articolo, le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica in caso di progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta.

Tale regime sanzionatorio risulta applicabile anche nel caso in cui la regolarizzazione si perfezioni mediante adesione all’invito al contraddittorio, considerato che, come peraltro ha già chiarito l’Agenzia delle entrate con la circolare n. 4/E del 16 febbraio 20098, anche per tale istituto definitorio il cumulo giuridico delle sanzioni trova applicazione limitatamente al singolo tributo e al singolo periodo d’imposta, così come previsto per l’ordinario accertamento con adesione.

7. EFFETTI AI FINI PENALI

Oltre ai benefici in termini di sanzioni amministrative nonché di determinazione dell’imposta, ai sensi dell’articolo 5-quinquies del decretolegge, nei confronti di coloro che aderiscono alla collaborazione volontaria è prevista, limitatamente alle condotte relative agli imponibili, alle imposte e alle ritenute oggetto della collaborazione volontaria, l’esclusione della punibilità per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3), dichiarazione infedele (articolo 4), omessa dichiarazione (articolo 5), omesso versamento di ritenute certificate (articolo 10-bis) e omesso versamento di IVA (articolo 10-ter).

La non punibilità non copre tutte le fattispecie penali tributarie ma solo quelle dichiarative ed omissive espressamente individuate dalla norma e soltanto con riguardo a coloro che hanno commesso o concorso a commettere le stesse. Ne consegue che, ad esempio, in caso di reato ex articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) non sarà punibile chi commette il reato di infedele dichiarazione utilizzando fatture false, mentre permane la punibilità ex articolo 8 (Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) del terzo che emette fatture false, nei riguardi del quale andrà pertanto inoltrata la corrispondente denuncia penale.

Il legislatore ha altresì escluso la punibilità per i reati di riciclaggio(articolo 648-bis codice penale) e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articolo 648-ter c.p.), ove le relative condotte siano state commesse in relazione ai reati tributari espressamente individuati dalla norma.

Sempre se commesse in relazione ai suddetti delitti, non sono inoltre punibili le condotte previste dal reato di autoriciclaggio (articolo 648-ter.1 c.p.); la punibilità per tale fattispecie è, in particolare, esclusa relativamente alle attività oggetto di collaborazione volontaria ove il reato venga commesso fino alla data del 30 settembre 2015.

Si evidenzia come, ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge, l’esclusione della punibilità prevista dal citato articolo 5-quinquies, comma 1, del decreto legge, operi anche nei confronti di tutti coloro che hanno concorso a commettere i delitti ivi indicati.

È ovviamente rimessa alla Autorità giudiziaria la valutazione in merito alla rilevanza penale, anche agli effetti dell’articolo 5-septies, comma 1, di ulteriori elementi emersi nell’ambito di attività di controllo successive al perfezionamento della procedura di collaborazione ma riferite ad annualità interessate dalla stessa, così come dell’emergere dell’esistenza di cause di inammissibilità della procedura.

8. PERFEZIONAMENTO DELLA PROCEDURA

La norma prevede che il perfezionamento della procedura avvenga attraverso il versamento di quanto dovuto ad esito delle attività dell’Ufficio.

In particolare, nel caso il contribuente intenda definire l’invito di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 218 del 1997, e successive modificazioni, dovrà provvedere a versare le somme dovute in base allo stesso entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione.

La disposizione rinvia inoltre alle ulteriori modalità indicate nel comma 1-bis del medesimo articolo 5 per l’adesione ai contenuti dell’invito. Il contribuente, pertanto, sarà anche tenuto a comunicare al competente Ufficio di prestare adesione ai contenuti dell’invito, utilizzando l’apposito modello approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia n. 117261/2009 del 3 agosto 2009, ferma restando la possibilità di optare esclusivamente per il pagamento in tre sole rate mensili.

Diversamente da quanto disposto dal medesimo comma 1-bis del richiamato articolo 5 decreto legislativo n. 218 del 1997, però, il contribuente dovrà limitarsi ad indicare, nella comunicazione di adesione, la sola scelta di effettuare o meno il pagamento in forma rateale senza l’indicazione del numero delle rate prescelte, che la norma fissa, per la procedura di collaborazione volontaria, in tre rate mensili.

Nel caso la collaborazione volontaria trovi realizzazione nell’accertamento con adesione, nell’ambito del quale il contribuente dovrà indicare la scelta di pagare in forma rateale, per il perfezionamento della procedura le somme dovute in base allo stesso devono essere versate entro venti giorni dalla sottoscrizione dell’atto.

Le somme dovute in base all’atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge, infine, devono essere versate entro il termine per la proposizione del ricorso, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

Il perfezionamento della procedura si realizza con l’integrale pagamento, nei termini previsti dall’articolo 5-quater, comma 1, lettera b), degli importi dovuti:

  • per ciascun periodo d’imposta in relazione all’invito di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 218 del 1997, o all’accertamento con adesione;
  • in relazione all’atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni, indipendentemente dalle annualità negli stessi contenuti.

Tenuto conto della finalità della disposizione e al fine di garantire certezza della conclusione della procedura di collaborazione volontaria e del suo perfezionamento, la norma prevede che i contribuenti provvedano al versamento delle somme dovute senza avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

Preme precisare che il perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria non è preclusivo dell’ulteriore esercizio dell’azione accertatrice: pertanto, nel caso in cui dopo il perfezionamento, in relazione alle annualità oggetto della medesima procedura, l’Ufficio rilevi ulteriori maggiori imponibili non evidenziati dal contribuente in tale sede, procederà all’esercizio dell’azione accertatrice entro i termini e nel rispetto delle condizioni previste dal comma 4, lettera b) dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 218 del 1997, considerato che la definizione, per le modalità attraverso le quali si realizza, ha natura di accertamento parziale. In tal caso, l’Ufficio dovrà graduare la risposta sanzionatoria anche in funzione della gravità della condotta del contribuente e del mancato rispetto da parte di quest’ultimo dello spirito collaborativo sotteso alla procedura di collaborazione volontaria conclusa.

9. LA PATOLOGIA DELLA PROCEDURA

9.1. Il mancato perfezionamento della procedura. La procedura di collaborazione volontaria si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti.

Al comma 10 dell’articolo 5-quinquies il legislatore ha infatti stabilito che,in mancanza del pagamento delle somme dovute entro i termini previsti dall’articolo 5-quater, comma 1, lettera b) del decreto legge, la procedura di collaborazione volontaria non si perfeziona ed i conseguenti effetti premiali non si producono; per espressa previsione legislativa anche il mancato pagamento di una singola rata comporta il venir meno della procedura con riguardo alla singola annualità interessata.

Nei casi in cui il contribuente destinatario dell’atto di contestazione o dell’invito di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 218 del 1997, ovvero che abbia sottoscritto l’accertamento con adesione non versi le somme dovute nei termini sopra richiamati, gli Uffici provvederanno a notificare un avviso di accertamento e un nuovo atto di contestazione, con la rideterminazione della sanzione, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di notificazione dell’atto di contestazione o dell’invito, ovvero a quello di redazione dell’atto di adesione, anche nel caso in cui nel frattempo siano venuti a scadenza i termini ordinari di cui all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997, all’articolo 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e all’articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972.

In tale sede, l’Ufficio dovrà procedere alla rideterminazione delle sanzioni dovute, valutando la graduazione della risposta sanzionatoria anche in funzione della condotta del contribuente e del venir meno dell’apporto collaborativo di quest’ultimo.

9.2. Profili connessi alla incompletezza degli elementi forniti dal contribuente. Un ulteriore profilo patologico che può riguardare le procedure in esame può essere determinato dalla incompletezza del quadro delle violazioni che il contribuente è chiamato a far emergere per perfezionare la procedura.

Il contribuente, una volta presentata l’istanza, ha trenta giorni di tempo per integrarla e fornire tutto il corredo informativo e documentale atto a comprovare per ogni periodo d’imposta ancora aperto, i valori degli investimenti e delle attività finanziarie illecitamente detenute all’estero, i redditi a questi connessi e tutti gli ulteriori maggiori imponibili non connessi, distintamente per periodo d’imposta.

Si è già avuto modo di evidenziare come un eventuale errore nella determinazione di tali valori così come una carenza nella produzione documentale, in buona fede, rilevati dall’Ufficio nel corso dell’esame della documentazione e della relazione accompagnatoria, non diano necessariamente luogo ad effetti negativi sul prosieguo della procedura; infatti, sarà cura dell’Ufficio, previo contraddittorio con la parte, tener conto dei dati conseguentemente rettificati o della documentazione di carattere esplicativo rispetto a quanto originariamente indicato nella richiesta.

Qualora l’Ufficio procedente entri in possesso di dati o informazioni non coerenti con quanto rappresentato dal contribuente, dovrà richiedere allo stesso di fornire informazioni su tali elementi e, se necessario, di integrare la produzione documentale. A titolo esemplificativo, ciò potrebbe ricorrere quando le informazioni sui flussi di capitali in uscita dallo Stato fornite dagli intermediari residenti ai sensi dell’articolo 1 del decreto legge non corrispondono agli apporti sui rapporti esteri indicati dal contribuente.

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Qualora invece dovessero emergere, dopo il perfezionamento della procedura, ulteriori attività estere o redditi a questi connesse o maggiori imponibili che non sono stati oggetto della procedura, così come l’esistenza di cause di inammissibilità non dichiarate dal contribuente o la falsità della documentazione e delle informazioni dallo stesso fornite, fatta salva l’efficacia degli atti perfezionatisi nell’ambito della procedura, si dovrà procedere ad interessare l’Autorità giudiziaria competente per le determinazioni di spettanza.

In tali casi, l’Ufficio dovrà procedere alla emanazione dei conseguenti atti di accertamento e di contestazione delle violazioni, avendo cura di graduare queste ultime tenendo conto della gravità della condotta del contribuente”.

Alla presente circolare sono allegati i seguenti documenti:

  1. Elenco degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indicati nel decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001;
  2. Elenco della normativa e della prassi richiamate nel presente documento.

 

 

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Allegato 2 – Elenco della normativa e della prassi richiamate

NORMATIVA

articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 del Codice Penale

articoli 331, 369, 375 e 415-bis del Codice di Procedura Penale

articoli 2304, 2312, 2313, 2324, 2425, 2461, 2495, 2498, 2504-bis, 2506-quater del Codice Civile

Articoli 35-bis, 51, secondo comma, 52, 57 e 60-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633

articoli 32, 33, 36-bis, 36-ter, 43, 58 e 65 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600

articoli 35, 36, 43-bis e 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602

articolo 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114

articoli 2, commi 2 e 2-bis, 5, comma 3, lettera d), e 73, comma 1, lettera c), comma 3, 115, comma 8, 116, 127 e 173, comma 13, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917

decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227

decreto legislativo del 31 dicembre 1992, n. 546

decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996

articoli 2, commi 4, lettera b) e 5, 5, commi 1 e 1-bis, e 5-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218

articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241

articolo 25, del decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446

articolo 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471

articoli 7, 8, 12, 13, 14, 15, 16 e 20 del decreto legislativo, 18 dicembre 1997, n. 472

decreto del Ministro delle finanze 31 luglio 1998

decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999

decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74

decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001

articolo 12 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, legge 3 agosto 2009, n. 102

articolo 9 della legge 6 agosto 2013, n. 97

direttiva 2014/107/UE del 9 dicembre 2014

legge 15 dicembre 2014, n. 186

articolo 10, comma 12-quaterdecies, del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2015, n.11

provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 gennaio 2015 prot. n. 2015/13193

PRASSI

circolare n. 99/E del 4 dicembre 2001 [in Boll. Trib., 2001, 1727]

risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002 [in Boll. Trib., 2002, 770]

circolare n. 48/E del 6 agosto 2007 [in Boll. Trib., 2007, 1304]

circolare n. 4/E del 16 febbraio 2009 [in Boll. Trib., 2009, 308]

circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009 [in Boll. Trib., 2009, 1522]

circolare n. 49/E del 23 novembre 2009 [in Boll. Trib., 2009, 1767]

circolare n. 45/E del 13 settembre 2010 [in Boll. Trib., 2010, 1384]

circolare 61/E del 27 dicembre 2010 [in Boll. Trib., 2011, 63]

circolare 38/E del 23 dicembre 2013 [in Boll. Trib., 2014, 66]

 

 


NOTE:

(1) In particolare, il 29 ottobre 2014, a Berlino, in occasione del Global Forum per la trasparenza e lo scambio di informazioni dell’OCSE, 51 Paesi, tra cui l’Italia, hanno sottoscritto l’accordo per l’implementazione del nuovo standard unico globale per lo scambio automatico di informazioni (Common Reporting Standard, elaborato dall’OCSE) a partire dal 2017. L’accordo si estenderà a 92 Paesi nel corso del 2018.In qualità di presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, poi, l’Italia ha, altresì, finalizzato il testo della nuova Direttiva sulla Cooperazione Amministrativa, ottenendo l’accordo politico in occasione della riunione Ecofin del 14 ottobre 2014. La nuova Direttiva 2014/107/UE del 9 dicembre 2014 impegna gli stati membri dell’Unione Europea ad adottare il Common Reporting Standard a partire dal 2017. Inoltre, il 10 gennaio 2014 l’Italia ha sottoscritto l’accordo intergovernativo finalizzato a migliorare la compliance e ad applicare la normativa FACTA (Foreign Account Tax Compliance ACT) promossa dagli Stati Uniti che avrà ad oggetto lo scambio delle informazioni di natura finanziaria con tale paese già a decorrere da quelle riguardanti il 2014.

(2) Gli accordi sono stati firmati con la Svizzera il 23 febbraio 2015, con il Liechtenstein il 26 febbraio 2015 e con il Principato di Monaco il 2 marzo 2015.

(3) A titolo esemplificativo, come già chiarito dalla circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009 [in Boll. Trib., 2009, 1522], sono da ritenere fittiziamente interposti: trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi; trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento se stesso come beneficiario; trust in cui il disponente (o il beneficiario) è titolare di significativi poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso;trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust, designando se stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a termine”); trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere anticipazioni di capitale dal trustee. In tali casi, il soggetto (disponente o beneficiario) che è l’effettivo possessore dei beni illecitamente detenuti all’estero dal trust fittiziamente interposto dovrà necessariamente richiedere l’accesso alla procedura. Per ulteriori casi esemplificativi si rimanda alla circolare n. 61/E del 27 dicembre 2010 [in Boll. Trib., 2011, 63].

(4) Sul punto, si rammenta che fino all’anno d’imposta 2009 le attività finanziarie italiane detenute all’estero dovevano essere indicate nel quadro RW soltanto nel periodo di imposta in cui la cessione o il rimborso delle stesse aveva realizzato plusvalenze imponibili. Come chiarito dalla circolare n. 43/E del 2009, a partire dall’anno d’imposta 2009 l’indicazione delle stesse nel quadro RW deve intendersi estesa anche alle ipotesi in cui la produzione dei predetti redditi sia solo astratta o potenziale.

(5) A tale proposito, si deve rammentare che gli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio, fino al periodo d’imposta 2012, erano operativi allorché l’ammontare complessivo del valore degli investimenti e delle attività finanziarie estere superava l’importo di 10.000 euro, alla data del 31 dicembre del periodo d’imposta di riferimento. A partire dal periodo d’imposta 2013, per effetto delle modifiche apportate alla disciplina del monitoraggio fiscale dall’articolo 9 della legge n. 97 del 2013, gli investimenti e le attività finanziarie estere devono essere indicati nel quadro RW a prescindere dal loro valore complessivo e dal protrarsi della loro detenzione oltre il termine del periodo d’imposta di riferimento. Pertanto, per il suddetto periodo d’imposta, possono essere oggetto della presente procedura, qualora non dichiarati, tutti gli investimenti e le attività finanziarie costituiti o detenuti all’estero anche se di valore inferiore a euro 10.000 e anche se dismessi prima del 31 dicembre 2013 a meno che non ricorrano le esenzioni previste dall’articolo 4 del decreto legge.

(6) Si riporta un riepilogo dei periodi d’imposta per i quali, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, è esercitabile la potestà di contestazione della violazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge.

Luogo di detenzione 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004
Paese non black list SI SI SI SI SI NO NO NO NO NO
Paese black list con accordo* SI SI SI SI SI NO NO NO NO NO
Paese black list SI SI SI SI SI SI SI SI SI SI

*vale solo se ricorrono congiuntamente le condizioni di cui all’articolo 5-quinquies, commi 4, primo periodo lettera c), 5 e 7 del decreto legge; se tali condizioni non ricorrono i periodi d’imposta non decaduti sono quelli dei Paesi black list

(7) Ciò deriva dalle modifiche apportate al comma 4 dell’articolo 5-quater del decreto legge dall’articolo 10, comma 12-quaterdecies, del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2015, n. 11.

(8) Si riporta di seguito, per periodo d’imposta e luogo di detenzione degli investimenti e delle attività finanziarie, un riepilogo dei minimi edittali della sanzione prevista dall’articolo 5, comma 2, nonché quella fissata dall’articolo 5-quinquies, comma 7, del decreto legge.

Luogo di detenzione 2013 2012 2011 2010 2009 2008* 2007 2006 2005 2004
Paese non black list 3% 3% 3% 3% 3%

Paese black list con accordo** 3% 3% 3% 3% 3%

Paese black list 6% 6% 6% 6% 6% 5% 5% 5% 5% 5%

* per i paesi black list, tenuto conto delle modifiche apportate all’articolo 5 del decreto legge dal decreto legge n. 78 del 2009, per il periodo d’imposta 2008 si applica la sanzione del 6% se la dichiarazione dei redditi è stata presentata successivamente al 4 agosto 2009; in caso di presentazione della dichiarazione entro tale data, invece, si applica la sanzione del 5% ** se ricorrono congiuntamente le condizioni di cui all’articolo 5-quinquies, commi 4, primo periodo lettera c), 5 e 7 del decreto legge

(9) Si riporta di seguito un riepilogo delle sanzioni in materia di monitoraggio fiscale applicabili nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria per periodo d’imposta e per luogo di detenzione al ricorrere, alternativamente, di una delle condizioni previste dalla lettere a), b) e c) del comma 4 dell’articolo 5-quinquies del decreto legge (riduzione della metà).

Luogo di detenzione 2013 2012 2011 2010 2009 2008* 2007 2006 2005 2004
Paese non black list 1,5% 1,5% 1,5% 1,5% 1,5%

Paese black list con accordo 1,5% 1,5% 1,5% 1,5% 1,5%

Paese black list 3% 3% 3% 3% 3% 3% 2,5% 2,5% 2,5% 2,5%

* per i paesi black list, tenuto conto delle modifiche apportate all’articolo 5 del decreto legge dal decreto legge n. 78 del 2009, per il periodo d’imposta 2008 si applica la sanzione del 3% se la dichiarazione dei redditi è stata presentata successivamente al 4 agosto 2009; in caso di presentazione della dichiarazione entro tale data, invece, si applica la sanzione del 2,5%.

1In Boll. Trib., 2014, 66.

2In Boll. Trib., 2007, 1304.

3In Boll. Trib., 2001, 1727.

4In Boll. Trib., 2010, 1384.

5In Boll. Trib., 2002, 770.

6In Boll. Trib., 2009, 1522.

7In Boll. Trib., 2009, 1767.

8In Boll. Trib., 2009, 308.