22 Marzo, 2019

Circolare 21 marzo 2019, n. 5/E, dell’Agenzia delle entrate

SOMMARIO
1. PREMESSA
2. QUADRO GIURIDICO DI RIFERIMENTO
3. LO SCOMPUTO DELL’ECCEDENZA DI ACE IN ACCERTAMENTO
3.1. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE nel procedimento di accertamento
con adesione
3.2. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE in presenza di perdite
3.3. Esempi
4. LO SCOMPUTO DELL’ECCEDENZA DI ACE PER I SOGGETTI ADERENTI AL
CONSOLIDATO
4.1. Quadro giuridico di riferimento
4.2. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE nel procedimento di accertamento
con adesione per i soggetti aderenti al consolidato
4.3. Esempio.

1. PREMESSA
Nell’ambito delle attività di controllo, sono emerse alcune problematiche
operative in merito alla possibilità di computare l’eccedenza di rendimento
nozionale (nel seguito “ACE”) in diminuzione dai maggiori imponibili oggetto di
definizione in sede di accertamento con adesione e in relazione alle modalità di
riconoscimento di tale eccedenza.

2. QUADRO GIURIDICO DI RIFERIMENTO
L’“Aiuto alla crescita economica” introdotto dall’articolo 1 del decreto
legge 6 dicembre 2011, n. 201 (nel seguito “decreto Monti”) è un incentivo alla
capitalizzazione delle imprese finalizzato a riequilibrare il trattamento fiscale tra
le imprese che si finanziano con debito e quelle che si finanziano con capitale
proprio, incentivando quest’ultimo mediante una riduzione della imposizione sui
redditi. L’articolo 1, comma 4 del decreto Monti dispone, per i periodi di
vigenza, che “la parte del rendimento nozionale che supera il reddito
complessivo netto dichiarato è computata in aumento dell’importo deducibile dal
reddito dei periodi d’imposta successivi ovvero si può fruire di un credito
d’imposta (…) utilizzato in diminuzione dell’imposta regionale sulle attività
produttive (…)”.
Le disposizioni di attuazione della disciplina concernente l’ACE sono
dettate, per i periodi di vigenza, dal decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze del 3 agosto 2017 (nel seguito “decreto ACE”), che ha sostituito il
previgente decreto del 14 marzo 2012.
Chiarimenti di carattere generale in materia sono offerti dalle circolari
dell’Agenzia delle entrate 27 ottobre 2017, n. 26 , 3 giugno 2015, n. 21 e 23
maggio 2014, n. 12 .
Con la legge di Bilancio 2019 (1), la disciplina dell’ACE è stata abrogata,
con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31
dicembre 2018, facendo salva la possibilità di scomputare l’eccedenza di ACE
del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, dal reddito complessivo
netto dei periodi d’imposta successivi, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3 del
decreto ACE.

(1) Articolo 1, comma 1080, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

L’agevolazione consisteva nella deducibilità dal reddito complessivo netto
dichiarato di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo
capitale proprio determinato mediante l’applicazione di un’aliquota percentuale
(variabile in relazione al periodo d’imposta e stabilita dal comma 3 dell’articolo
1 del decreto Monti) alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a
quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. La
predetta deduzione viene operata dal reddito complessivo netto, ovvero già
ridotto di eventuali perdite pregresse. Qualora l’importo del rendimento
nozionale superi il reddito complessivo netto, l’eccedenza può essere riportata
nei periodi d’imposta successivi, senza alcun limite quantitativo e temporale.
Dopo l’abrogazione della disciplina ACE, resta riportabile l’eccedenza di ACE
esposta nella dichiarazione del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018,
scomputabile dal reddito complessivo netto dei periodi d’imposta successivi.
Il meccanismo di funzionamento, incentrato sul riporto illimitato
dell’eccedenza di rendimento nozionale, impone l’uso obbligatorio dell’ACE
fino a concorrenza del reddito complessivo netto del periodo d’imposta cui si
riferisce, come espresso nella circolare n. 12 del 2014.
L’eccedenza di rendimento nozionale, che può essere alternativamente:
• riportata nei periodi di imposta successivi ai fini IRES;
• convertita, in tutto o in parte, in credito di imposta IRAP.
Posto che la normativa e la prassi non contemplano (né vietano) la
possibilità di scomputare l’eccedenza di ACE dai maggiori imponibili accertati o
definiti, si ritiene utile fornire indicazioni operative che si ispirano alla disciplina
dello scomputo delle perdite in accertamento, in ragione delle analogie sussistenti
in relazione ai criteri di utilizzo.
A tal fine, si rammentano le disposizioni previste per lo scomputo delle
perdite in accertamento: l’articolo 42, quarto comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, fatte salve le disposizioni destinate
ai soggetti aderenti al consolidato di cui all’articolo 40-bis dello stesso decreto,
prevede: i) per le perdite di periodo lo scomputo “automatico” da parte
dell’ufficio competente all’emanazione dell’avviso di accertamento con il quale
si rettifica la perdita di periodo; ii) per le perdite pregresse, lo scomputo dal
maggior reddito accertato solo su richiesta del contribuente, dopo l’eventuale
scomputo delle perdite di periodo. Analoghe disposizioni si applicano in sede di
procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 7, comma 1-ter,
del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

3. LO SCOMPUTO DELL’ECCEDENZA DI ACE IN ACCERTAMENTO
Come già evidenziato, il legislatore ha espressamente disciplinato lo
scomputo delle perdite in accertamento, mentre non esiste alcuna normativa in
relazione allo scomputo dell’eccedenza di ACE dai maggiori imponibili accertati
o definiti ai fini IRES.
Pur richiamando per analogia il regime delle perdite, quindi, è necessario
tenere in considerazione le differenze dettate dalla disciplina di riferimento in
materia di ACE.
L’articolo 1, comma 4 del decreto Monti, per i periodi di vigenza, prevede
che la parte del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto
dichiarato è computata in aumento dell’importo deducibile dal reddito dei periodi
d’imposta successivi.
Lo scomputo fino a concorrenza del reddito complessivo netto dichiarato
si riferisce al rendimento nozionale complessivo, dato dalla somma del
rendimento nozionale del nuovo capitale proprio determinato nel periodo
d’imposta e dell’importo del rendimento nozionale eventualmente riportato dal
precedente periodo d’imposta. Non sussiste pertanto alcuna distinzione, in
termini di utilizzo, tra ACE “di periodo” e ACE “pregressa”, dovendosi
complessivamente utilizzare l’ACE in deduzione e fino a concorrenza del reddito
complessivo netto.
Inoltre, le disposizioni in materia di utilizzo del rendimento nozionale
impongono che l’ACE operi dopo aver determinato il reddito complessivo netto,
ossia il reddito già ridotto di eventuali perdite pregresse, come precisato nella
relazione illustrativa al decreto Monti. In altri termini, il contribuente ai fini della
formazione della propria base imponibile deve dedurre prioritariamente le perdite
rispetto all’ACE.

3.1. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE nel procedimento di accertamento
con adesione
Sulla base di quanto evidenziato, nell’ambito del procedimento di
accertamento con adesione è necessario considerare l’ottica di ripristino della
situazione che si sarebbe realizzata qualora il contribuente avesse dichiarato sin
da subito il proprio imponibile nella misura corretta, in conformità alla ratio
sottesa alla disciplina dello scomputo delle perdite in accertamento.
Nell’ipotesi in esame, il maggior reddito accertato dall’amministrazione
finanziaria, qualora fosse stato dichiarato ab origine, sarebbe confluito nel
reddito complessivo netto e avrebbe trovato, quindi, compensazione con il
rendimento nozionale ACE.
Pertanto, si ritiene che l’eccedenza riportabile di ACE, se ancora
disponibile, possa essere riconosciuta a scomputo del maggior imponibile
accertato in sede di definizione in adesione, su richiesta del contribuente.
Nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione, il
contraddittorio costituisce la sede idonea per operare, su richiesta del
contribuente, il riconoscimento dell’eccedenza di ACE, in considerazione della
necessità di operare il riscontro dell’utilizzabilità di tale eccedenza, anche con
riferimento alla spettanza sostanziale della stessa, compresa ogni verifica in
ordine all’applicabilità della disposizione antielusiva di cui all’articolo 10 del
decreto ACE.
L’eccedenza di rendimento nozionale deve:
i. trovare esposizione nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta
oggetto di rettifica,
ii. essere riportata nei periodi d’imposta successivi e
iii. essere ancora non utilizzata, e quindi disponibile, al momento dello
scomputo in sede di definizione in adesione.
Muovendo dalla considerazione che non sussiste alcuna distinzione in
termini di utilizzo tra ACE “di periodo” e ACE “pregressa” e che, quindi, si
utilizza l’ACE disponibile complessivamente considerata in un unico basket, al
fine di determinare l’esatto ammontare dell’eccedenza di rendimento nozionale
scomputabile in sede di adesione, l’ufficio competente procede attraverso le
seguenti fasi:
1. individuazione dell’importo dell’eccedenza di ACE utilizzabile al termine
del periodo d’imposta oggetto di rettifica, tenendo conto anche di
eventuali rettifiche rispetto a quanto originariamente dichiarato dal
contribuente, sia se da questo effettuate (es. dichiarazione integrativa ai
sensi dell’articolo 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998) sia se operate
dall’amministrazione finanziaria (es. liquidazione della dichiarazione ai
sensi dell’articolo 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973);
2. individuazione dell’eccedenza di ACE ancora utilizzabile al momento
della richiesta di scomputo in sede di contraddittorio in adesione,
considerando come non disponibile l’eccedenza già utilizzata in
compensazione del reddito complessivo netto nelle dichiarazioni relative
ai periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica, nonché
l’eccedenza eventualmente rettificata o scomputata dagli uffici a seguito
di precedenti atti impositivi. Tenuto conto che non sussistono ordini di
priorità di utilizzo dell’ACE maturata in diversi periodi d’imposta e che
non rileva l’eccedenza di ACE eventualmente maturata nei periodi
d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica, occorre riscontrare che
l’ammontare di eccedenza riportata nelle dichiarazioni dei periodi
d’imposta successivi sia almeno pari a quello oggetto di scomputo
(capienza dell’eccedenza di ACE scomputabile).
3. verifica della spettanza nel merito dell’eccedenza di ACE scomputabile,
anche in ordine all’applicabilità della disposizione antielusiva di cui
all’articolo 10 del decreto ACE.

3.2. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE in presenza di perdite. Come sopra rammentato, l’ACE deve essere portata in deduzione fino a concorrenza del reddito complessivo netto.
Al riguardo, si evidenzia che l’eventuale presenza di perdite di periodo o
pregresse nell’anno d’imposta oggetto di rettifica, nella medesima ottica di
ripristino, imporrebbe che dal maggior reddito accertato siano prioritariamente
scomputate le perdite stesse rispetto all’eccedenza di rendimento nozionale.
Pertanto, in sede di procedimento di adesione, il contribuente può
richiedere lo scomputo dell’eccedenza di ACE per abbattere solo la parte del
maggior imponibile che ecceda le eventuali perdite di periodo e pregresse
riportabili ai sensi degli articoli 8 e 84 del TUIR, esposte nella dichiarazione del
periodo d’imposta oggetto di rettifica e utilizzabili nella misura prevista in
relazione alla loro natura (per intero o nei limiti dell’80% dell’imponibile non
dichiarato). Di conseguenza, ai fini del calcolo dell’ammontare massimo di
eccedenza di ACE scomputabile si deve tenere conto della tipologia di perdita (2).

(2) La legge di Bilancio 2019 (articolo 1, commi da 23 a 26) è intervenuta modificando l’articolo 8 del
TUIR con l’obiettivo di avvicinare il relativo regime fiscale a quello previsto per i soggetti IRES.
Secondo il nuovo articolo 8 del TUIR, con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al
31 dicembre 2017, il riporto delle perdite può aver luogo negli esercizi successivi, nel limite dell’80% dei
redditi conseguiti in tali esercizi, per l’intero importo che vi trova capienza. Viene inoltre previsto un
regime transitorio in base al quale l’utilizzo delle perdite del 2017, 2018 e 2019 avviene entro percentuali
di reddito inferiori alla misura ordinaria dell’80% che opererà solo a decorrere dai redditi maturati per il
periodo d’imposta 2021. Pertanto, nel calcolare l’eccedenza massima scomputabile, occorrerà tenere
conto della nuova disciplina di scomputo delle perdite per i soggetti IRPEF dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.

Qualora il maggior imponibile definito non superi l’importo delle perdite
riportabili esposte nella dichiarazione del periodo d’imposta oggetto di rettifica
tenendo conto dell’ammontare utilizzabile in funzione della loro natura,
l’eccedenza di ACE non potrà essere scomputata.
Infatti, se il contribuente avesse dichiarato correttamente il proprio
imponibile, avrebbe scomputato prioritariamente tali perdite, utilizzando l’ACE
in diminuzione della sola parte di reddito eccedente le perdite stesse (reddito
imponibile netto).
Pertanto, ferma restando la rettifica in automatico dell’eventuale perdita di
periodo da parte dell’ufficio (3), il contribuente può richiedere, in sede di
contraddittorio, lo scomputo dell’eccedenza di ACE solo con riferimento alla
parte del maggior imponibile definito che ecceda le eventuali perdite pregresse
riportabili indicate nella dichiarazione del periodo d’imposta oggetto di rettifica
tenendo conto della misura utilizzabile in relazione alla loro natura.

(3) Ai sensi del comma quarto dell’articolo 42 del d.P.R. n. 600 del 1973.

È fatta salva la facoltà del contribuente di chiedere il computo in
diminuzione delle perdite pregresse, fino a concorrenza dei maggiori imponibili
accertati o definiti, mediante la presentazione del modello IPEA, se le stesse non
sono state utilizzate al momento della presentazione dell’istanza, ai sensi e per gli
effetti dell’articolo 42, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo
7, comma 1-ter, del d.lgs. n. 218 del 1997. Qualora il contribuente decida in sede
di adesione di presentare il Modello IPEA per chiedere lo scomputo delle perdite
pregresse, presenti nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e non utilizzate alla
data di presentazione dell’IPEA, l’ufficio scomputa prioritariamente le perdite
pregresse e, sull’ammontare residuo, l’eccedenza di ACE.
Una volta operato lo scomputo dell’eccedenza di ACE, è necessario
assicurare che la stessa non permanga nella disponibilità del contribuente, allo
scopo di evitare un’eventuale duplicazione di deduzione.
A tal fine l’ufficio, oltre a dare evidenza nell’atto di adesione
dell’avvenuto scomputo dell’eccedenza di ACE, deve riscontrare
successivamente che il contribuente non reiteri il riporto di tale eccedenza
utilizzata in accertamento.

3.3. Esempi
Esempio 1
Gamma S.r.l. dichiara, nel quadro RS della dichiarazione del periodo d’imposta:
• 2014 eccedenza riportabile ACE per 100.000 euro;
• 2015 eccedenza riportabile ACE per 40.000 euro;
• 2016 eccedenza riportabile ACE per 20.000 euro;
• 2017 (ultima dichiarazione presentata) eccedenza riportabile ACE per 60.000
euro.
L’ufficio nel 2018 contesta un maggior imponibile di 30.000 euro per il periodo
d’imposta 2014. La società non ha perdite riportabili nel periodo d’imposta
oggetto di rettifica e non ha altri atti impositivi.
La società potrà richiedere in sede di adesione l’eccedenza di ACE
presente nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e non utilizzata al momento
della sua richiesta nel corso del contraddittorio. Non rileva l’eccedenza di ACE
eventualmente maturata nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di
rettifica.
Nel caso di specie, il contribuente potrà richiedere solo 20.000 euro, in
quanto nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica sussiste una
capienza dell’eccedenza di ACE scomputabile nei limiti di tale importo. Infatti,
l’eccedenza di ACE presente nella dichiarazione relativa al 2017 nella misura di
60.000 euro, è in parte maturata nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto
di rettifica e non può essere richiesta (nel 2016 l’eccedenza riportabile era di soli
20.000 euro, per cui 40.000 euro sono maturati successivamente).
L’ufficio, verificata la spettanza dell’eccedenza di ACE richiesta, la
scomputa definendo un maggior imponibile di 10.000 euro.
Successivamente, l’ufficio riscontrerà che la società riporti eccedenza di
ACE per 40.000 euro (60.000 ACE dell’ultima dichiarazione – 20.000 ACE
utilizzata).
Esempio 2
Gamma S.r.l. dichiara, nel quadro RS della dichiarazione del periodo d’imposta:
• 2015 eccedenza riportabile ACE per 30.000 euro;
perdite pregresse utilizzabili in misura limitata per 50.000 euro;
• 2016 eccedenza riportabile ACE per 40.000 euro;
perdite pregresse utilizzabili in misura limitata per 20.000 euro;
• 2017 eccedenza riportabile ACE per 50.000 euro;
perdite pregresse utilizzabili in misura limitata per 10.000 euro.
L’ultima dichiarazione presentata è relativa al periodo d’imposta 2017. L’ufficio
nel 2018 contesta un maggior imponibile di 60.000 euro per il periodo d’imposta
2015. La società non ha altri atti impositivi.
La società potrà richiedere in sede di adesione l’eccedenza di ACE
presente nel periodo d’imposta oggetto di rettifica e non utilizzata al momento
della sua richiesta nel corso del contraddittorio. L’eccedenza di ACE può essere
richiesta per abbattere solo la parte del maggior imponibile accertato che ecceda
le eventuali perdite pregresse riportabili indicate nella dichiarazione del periodo
d’imposta oggetto di rettifica e utilizzabili nella misura relativa alla loro natura
(per intero o nei limiti dell’80% del maggior imponibile non dichiarato).
Nel periodo d’imposta oggetto di rettifica vi sono perdite pregresse
riportabili per 50.000 euro scomputabili dal maggior reddito di 60.000 euro nella
misura dell’80%, cioè per 48.000 euro; quindi, nell’ottica di ripristino della
situazione che si sarebbe verificata se il contribuente avesse correttamente
dichiarato il proprio reddito, l’eccedenza di ACE è scomputabile fino a un
massimo di 12.000 euro (60.000 – 48.000). Tale importo di 12.000 euro trova
capienza nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica e non è
stata altrimenti utilizzata.
Qualora il contribuente decida in sede di adesione di presentare il Modello
IPEA per chiedere lo scomputo delle perdite pregresse, presenti nel periodo
d’imposta oggetto di rettifica e non utilizzate alla data di presentazione
dell’IPEA, l’ufficio scomputa prima le perdite pregresse e poi, sull’ammontare
residuo, l’eccedenza di ACE.
Pertanto, nell’esempio, supponendo che il contribuente presenti l’IPEA,
possono essere computate in diminuzione perdite pregresse per 10.000 euro, sulla
base delle regole ordinariamente applicate, residuando un maggior imponibile di
50.000 euro (60.000-10.000). Quindi l’ufficio, verificata la spettanza
dell’eccedenza di ACE richiesta e utilizzabile (12.000), la scomputa residuando
un maggior imponibile di 38.000 euro (50.000 – 12.000).
L’ufficio procede a ridurre d’ufficio (4) la perdita scomputata per 10.000
euro e, successivamente, riscontrerà che la società riporti eccedenza di ACE per
38.000 euro (50.000 ACE dell’ultima dichiarazione – 12.000 ACE utilizzata).

(4) Ai sensi dell’articolo 36-bis, comma 3-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973.

4. LO SCOMPUTO DELL’ECCEDENZA DI ACE PER I SOGGETTI ADERENTI AL CONSOLIDATO
Anche per i soggetti aderenti alla fiscal unit è ammesso il riconoscimento
dell’eccedenza riportabile di ACE a scomputo del maggior imponibile accertato,
in sede di definizione in adesione e su richiesta del contribuente, applicando i
necessari adattamenti dovuti alle peculiarità del regime del consolidato
nazionale.

4.1. Quadro giuridico di riferimento. Per i soggetti aderenti al consolidato nazionale di cui agli articoli 117 e
seguenti del TUIR, l’articolo 6 del decreto ACE prevede, per i periodi di vigenza,
che “l’importo corrispondente al rendimento nozionale determinato ai sensi
dell’art. 3 che supera il reddito complessivo netto dichiarato è ammesso in
deduzione dal reddito complessivo globale netto di gruppo dichiarato fino a
concorrenza dello stesso”. La relazione illustrativa al decreto chiarisce che i
singoli partecipanti al consolidato determinano quindi la propria base ACE e la
utilizzano per ridurre il proprio reddito. L’eventuale eccedenza di ACE deve
essere prioritariamente, e nei limiti del reddito del gruppo, attribuita alla fiscal
unit.
La circolare n. 12 del 2014 chiarisce che l’eccedenza non trasferita per
mancanza di capienza nel reddito del gruppo, sarà riportabile, anche
parzialmente, nei periodi d’imposta successivi dalle singole società aderenti al
consolidato e potrà essere trasferita alla fiscal unit anche nei periodi d’imposta
successivi; in alternativa, la singola consolidata può trasformare tale eccedenza in
credito d’imposta utilizzabile in compensazione ai fini IRAP.
La medesima circolare chiarisce, inoltre, che al fine di garantire parità di
trattamento rispetto ai soggetti che operano al di fuori del consolidato,
l’attribuzione della predetta eccedenza di ACE alla fiscal unit è obbligatoria nella
misura pari alla capienza del reddito complessivo netto globale del consolidato.
L’eccedenza non trasferita, nell’ipotesi in cui vi sia capienza a livello di gruppo,
non potrà essere riportata nei periodi d’imposta successivi dalle società
appartenenti al consolidato.
Resta fermo che, al pari delle perdite, l’eccedenza di ACE generatasi
anteriormente all’opzione per il consolidato non può essere attribuita alla fiscal
unit.

4.2. Lo scomputo dell’eccedenza di ACE nel procedimento di accertamento con adesione per i soggetti aderenti al consolidato. Preliminarmente, si osserva che l’eccedenza di ACE deve essere trasferita
alla fiscal unit fino a concorrenza del reddito complessivo netto globale del
consolidato. Di conseguenza, non esiste eccedenza di ACE riportabile in capo
alla consolidante (esposta quindi nella dichiarazione CNM del consolidato). Tale
eccedenza di rendimento nozionale maturata in costanza di regime sussiste
esclusivamente in capo alla consolidata che: i) la riporta nei periodi d’imposta
successivi per dedurla dal reddito complessivo netto prima del suo trasferimento
al consolidato, attribuendo l’eventuale eccedenza alla fiscal unit nei limiti e fino
a concorrenza del reddito complessivo netto globale del consolidato, oppure ii) la
converte, in tutto o in parte, in credito di imposta utilizzabile in compensazione ai
fini IRAP.
Pertanto, la consolidata (o la consolidante per i redditi propri) è l’unico
soggetto legittimato a richiedere l’utilizzo dell’eccedenza di ACE per abbattere i
maggiori imponibili accertati con l’atto unico (5).

(5) Per chiarimenti in merito all’accertamento mediante l’atto unico si veda la circolare 6 giugno 2011, n.
27 [in Boll. Trib., 2011, 933].

Si evidenzia che in sede dichiarativa, l’eccedenza di ACE maturata in
costanza di regime deve essere trasferita dalla consolidata alla fiscal unit solo per
la parte eccedente il proprio reddito complessivo netto. Pertanto, se la consolidata
ha trasferito reddito al gruppo, non avrà eccedenza di ACE da utilizzare in
accertamento.
Eventuale eccedenza di ACE presente nelle dichiarazioni della consolidata
dei periodi d’imposta successivi si è formata successivamente al periodo
d’imposta oggetto di rettifica e quindi non è utilizzabile.
Qualora la consolidata abbia eccedenza di ACE maturata in costanza di
regime e ancora utilizzabile, può chiedere, in sede di adesione, di abbattere il
maggior imponibile accertato mediante l’atto unico esclusivamente per la parte
che ecceda la somma degli importi delle perdite nel seguito indicate:
1) l’eventuale perdita di periodo trasferita alla fiscal unit dalla consolidata
che ha maturato l’eccedenza di ACE;
2) le eventuali perdite della medesima consolidata anteriori all’esercizio
dell’opzione di cui all’articolo 118, comma 2, del TUIR (nei limiti di cui
all’articolo 84 del TUIR).
Pertanto, se il maggior imponibile definito non eccede tali perdite,
l’eccedenza di ACE non può essere scomputata. Se invece il maggior imponibile
definito supera sia l’importo delle perdite di periodo di cui al punto 1) sia le
perdite anteriori di cui al punto 2), tenendo conto di quelle utilizzabili nel periodo
d’imposta oggetto di rettifica e nella misura relativa alla loro natura, può essere
scomputata eccedenza di ACE per l’importo che eccede la somma dei due.
Infatti, nell’ottica di ripristino della situazione che si sarebbe verificata se
la consolidata avesse correttamente dichiarato ab origine il proprio reddito,
bisogna considerare che l’eccedenza di ACE avrebbe trovato compensazione solo
per la parte di reddito eventualmente eccedente la perdita di periodo (punto 1)) e
le perdite anteriori all’esercizio dell’opzione utilizzabili di cui all’articolo 118,
comma 2, del TUIR (punto 2)).
Il medesimo percorso argomentativo può riferirsi all’eccedenza di ACE
generata dalla singola consolidata in un periodo antecedente all’opzione, che non
può concorrere alla formazione del reddito complessivo globale della fiscal unit,
ma resta utilizzabile dalla singola società che l’ha prodotta.
Pertanto, tale eccedenza può essere richiesta in sede di accertamento con
adesione dalla consolidata per abbattere il maggior imponibile definito che
ecceda: i) l’eventuale perdita di periodo trasferita alla fiscal unit e ii) le eventuali
perdite anteriori all’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 118, comma 2, del
TUIR.
In relazione alla modalità di determinazione dell’eccedenza di ACE
utilizzabile, si fa riferimento alle indicazioni di cui al paragrafo 3.
In ogni caso è fatta salva la facoltà della consolidante di presentare il
modello IPEC per chiedere il computo in diminuzione delle perdite di periodo e
pregresse del consolidato, fino a concorrenza dei maggiori imponibili accertati o
definiti contenuti nell’atto unico, se le stesse non sono state utilizzate al momento
della presentazione dell’istanza, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 40-bis del
d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 9-bis, del d.lgs. n. 218 del 1997, e secondo
le indicazioni della circolare 6 giugno 2011, n. 27 .
Parimenti è fatta salva la facoltà della consolidata (o della consolidante in
relazione ai redditi propri) di presentare il modello IPEA per chiedere il computo
in diminuzione delle perdite ai sensi e per gli effetti dell’articolo 42, quarto
comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’articolo 7, comma 1-ter, del d.lgs. n. 218
del 1997 e secondo le indicazioni delle circolari 28 aprile 2017, n. 15 e 26
gennaio 2018, n. 2 .
Infine, come per i soggetti stand alone, una volta operato lo scomputo
dell’eccedenza di ACE l’ufficio, oltre a dare evidenza nell’atto di adesione
dell’avvenuto scomputo, deve riscontrare successivamente che la consolidata non
reiteri il riporto dell’eccedenza di ACE utilizzata in accertamento.

4.3. Esempio
Gamma S.r.l., aderente al regime consolidato, dichiara nel quadro RS della
dichiarazione del periodo d’imposta:
• 2014 eccedenza riportabile ACE per 100.000 euro;
• 2015 eccedenza riportabile ACE per 80.000 euro;
• 2016 eccedenza riportabile ACE per 80.000 euro;
• 2017 (ultima dichiarazione presentata) eccedenza riportabile ACE per 40.000
euro.
La consolidata ha trasferito al consolidato nel periodo d’imposta 2014 una
perdita d’esercizio di 20.000 euro e ha dichiarato anche perdite pregresse
all’esercizio dell’opzione (di cui all’articolo 118, comma 2, del TUIR) per
50.000 euro (utilizzabili nella misura dell’80 per cento), riportate negli anni fino
all’ultima dichiarazione presentata Unico SC.
L’ufficio nel 2018 nell’ambito di un’attività di controllo riferita al consolidato in
corso di opzione, rileva un maggior imponibile di 80.000 euro per il periodo
d’imposta 2014 accertabile mediante l’atto unico, notificato alla consolidata e
alla consolidante. Il consolidato non ha perdite utilizzabili e la società non ha
altri atti impositivi.
La società ha eccedenza di ACE disponibile per 40.000 euro, ma avendo
trasferito al consolidato, nel periodo d’imposta oggetto di rettifica, una perdita di
periodo di 20.000 euro e dichiarato perdite anteriori all’opzione per 50.000 euro
potrà chiedere eccedenza di ACE per abbattere solo la parte di maggior
imponibile eccedente tali perdite, pari a 10.000 euro (80.000 di maggior
imponibile – 20.000 perdite di periodo trasferite – 50.000 perdite anteriori
all’esercizio dell’opzione utilizzabili (6) = 10.000 importo massimo di eccedenza di
ACE scomputabile). Tale importo di 10.000 euro trova capienza nelle eccedenze
ACE riportate nei periodi d’imposta successivi a quello oggetto di rettifica che
non è stata altrimenti utilizzata.

(6) Le perdite anteriori all’esercizio dell’opzione sono utilizzabili nella misura dell’80% del maggior
imponibile accertato mediante la presentazione del modello IPEA. Nel caso di specie, in cui il maggior
imponibile accertato è di 80.000 euro, sono utilizzabili per intero.

Supponiamo che la consolidata decida di chiedere il computo in
diminuzione delle perdite proprie anteriori all’esercizio dell’opzione, indicandole
nel modello IPEA nel campo delle perdite utilizzabili in misura limitata. In tale
ipotesi, l’ufficio scomputa prima le perdite anteriori all’esercizio dell’opzione e
poi, sull’ammontare residuo, l’eccedenza di ACE.
Le perdite richieste con il modello IPEA sono scomputabili nel limite
dell’80 per cento del maggior imponibile accertato: nel caso di specie 80.000 x
80% = 64.000 euro di ammontare massimo scomputabile. Quindi saranno
scomputate tutte le perdite esistenti anteriori all’esercizio dell’opzione per 50.000
euro. Il maggior imponibile che residua dopo lo scomputo delle perdite è pari a
30.000 euro (80.000 – 50.000).
L’ufficio, verificata la spettanza dell’eccedenza di ACE utilizzabile di
10.000 euro, la scomputa residuando un maggior imponibile di 20.000 euro
(30.000-10.000).
L’ufficio procede a ridurre d’ufficio (7) la perdita scomputata per 50.000
euro e, successivamente, riscontrerà che la società riporti eccedenza di ACE per
30.000 euro (40.000 ACE dell’ultima dichiarazione – 10.000 ACE utilizzata)”.

(7) Ai sensi dell’articolo 36-bis, comma 3-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973.

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