8 Gennaio, 2016

 

1. L’obbligatorietà del contraddittorio procedimentale: premessa e inquadramento del fatto

La partecipazione del contribuente all’accertamento tributario, realizzata principalmente attraverso l’istituto del contraddittorio procedimentale, rappresenta un principio comune negli ordinamenti degli Stati membri. Fin dagli anni ’90, attraverso la nascita e il potenziamento degli istituti volti alla prevenzione del contenzioso tributario (per tutti basta ricordare l’accertamento con adesione), esso ha avuto un significativo rafforzamento anche nell’ordinamento interno con finalità non tanto e non solo difensive, ma soprattutto collaborative (1).

La cultura della democratizzazione e della trasparenza ha indubbiamente potenziato la partecipazione del cittadino, e cioè il suo coinvolgimento all’interno del procedimento amministrativo in generale, e tributario in particolare. Ma una compiuta attuazione e, in primis, una puntuale codificazione del principio del contraddittorio nella fase precedente alla emanazione dell’atto impositivo avrebbe avuto certamente effetti positivi non solo in termini di alleggerimento della ingente mole di ricorsi pendenti, ma avrebbe altresì inciso sulla fondatezza della pretesa tributaria realizzando un confronto, e dunque, una difesa in sede procedimentale, prima che processuale.

Viene, infatti, ritenuto «un elementare diritto di difesa, quello che dovrebbe essere assicurato al cittadino, prima dell’emissione di un atto di imposizione, di un atto, cioè, di natura provvedimentale e autoritativo, che ha conseguenze gravi, e che per ciò non dovrebbe essere emanato se il destinatario non sia stato previamente ascoltato, messo in condizioni di far valere le sue ragioni e messo in condizioni di difendersi» (2).

A ciò aggiungasi il frequente utilizzo di forme di parametrazione del reddito (3), determinato in maniera sempre più sintetico-induttiva e redditometrica (4), nonché il ricorso sovente indiscriminato a presunzioni, che rafforzano la necessità che l’Ufficio finanziario ascolti il contribuente al fine di eventualmente “adeguare” il contenuto dell’avviso di accertamento alle esigenze del caso concreto. Proprio in tali ipotesi, «come riconosciuto dal legislatore e dalla Cassazione, il contraddittorio rappresenta uno strumento essenziale per adeguare ogni elaborazione sintetica, generale ed astratta, alla situazione concreta del contribuente per individuare la reale capacità contributiva non potendosi ammettere che il reddito venga determinato in maniera automatica» (5) e, pertanto, del tutto sganciata dal reddito imponibile effettivo del contribuente.

In definitiva, «se si ammette ormai da tutti la necessità del rispetto del principio del contraddittorio nel processo tributario, si deve riconoscere, per lo stretto legame esistente tra esso e la fase procedimentale dell’accertamento tributario, che la medesima necessità deve sussistere anche nella fase detta procedimentale e segnatamente in quella istruttoria o di controllo della dichiarazione tributaria» (6).

Per raggiungere un’imposizione corretta, proporzionale e ragionevole, il contraddittorio rappresenta «uno strumento non solo di distensione e di recupero di un migliore rapporto con il contribuente, ma anche di realizzazione del risultato più fedele alla effettiva capacità contributiva del soggetto sottoposto a controllo» (7), a condizione che esso assuma una natura sostanziale nel senso che non deve esaurirsi in una mera presentazione di documenti e/o chiarimenti, ma deve consentire l’estrinsecazione, da parte del contribuente, delle argomentazioni difensive già in sede precontenziosa realizzando, per così dire, un dibattimento procedimentale obbligatorio. In definitiva, quanto alla effettività del contraddittorio «esso può dirsi compiutamente realizzato solo se alla facoltà esercitata dal contribuente si accompagni il dovere della parte pubblica di adeguata valutazione degli elementi apportati» (8). Dalla effettività dello stesso, quale strumento dell’imparzialità (9) e della legalità dell’imposizione, ne conseguono evidenti «benefici all’attività della stessa Amministrazione finanziaria consentendo alla parte pubblica di esercitare il proprio potere nel rispetto dei noti principi generali dell’azione amministrativa» (10).

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In tale contesto, va collocata coerentemente l’annotata sentenza comunitaria che ci offre numerosi spunti di riflessione, ma si impone alla nostra attenzione, a prescindere dalla fattispecie concreta (tributi doganali), in quanto attribuisce al contraddittorio preventivo un ruolo sostanziale ai fini dell’efficacia dell’emanando avviso di accertamento.

Al fine di inquadrare correttamente un tema, qual è il contraddittorio preventivo che ha molto impegnato la dottrina (11), riteniamo di dovere ricostruire il percorso decisorio della Corte di Giustizia europea. La questione oggetto del giudizio riguarda la materia doganale, e l’obbligazione connessa determinata ai sensi della Sez. I, Capitolo 3, Titolo VII, del Codice doganale di diritto olandese. Segnatamente, gli artt. da 217 a 221 dispongono che, qualora l’importo dei dazi doganali sia stato contabilizzato ad un livello inferiore rispetto all’importo dovuto, la contabilizzazione del valore differenziale dovrà essere comunicato al debitore, secondo modalità appropriate, non appena sia stato contabilizzato.

In estrema sintesi, uno spedizioniere doganale olandese ha presentato dichiarazioni ai fini dell’immissione in libera pratica di determinate merci, secondo una categoria merceologica inesatta, realizzando un significativo risparmio d’imposta (aliquota applicata 4.7 per cento anziché 12.2 per cento).

Detto ciò, l’ispettore delle imposte ha provveduto alla notifica di una intimazione al pagamento senza consentire ai contribuenti di esporre le proprie argomentazioni e ragioni prima dell’emanazione dell’atto intimatorio.

La Corte europea ha ribadito la propria posizione sulla rilevanza del contraddittorio procedimentale stabilendo che «ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo (sentenza Sopropé, EU:C:2008:746, punto 36), i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione (sentenza Sopropé, EU:C:2008:746, punto 37)».

Ma l’elemento che ci sembra maggiormente significativo è riconducibile alla grave patologia dell’atto emanato inaudita altera parte, al punto da determinarne un vizio di legittimità, come vedremo più ampiamente in seguito.

2. Breve disamina dei principi comunitari a sostegno del percorso decisorio

Giova ricordare come la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea disponga, all’art. 41 (12), il diritto ad una buona amministrazione che, fra l’altro, comporta il diritto di ciascuno ad essere ascoltato prima dell’adozione nei suoi confronti di un provvedimento lesivo dei propri interessi. In definitiva, e alla luce della sentenza Sopropé (13), il destinatario deve essere messo in condizione di manifestare il proprio punto di vista in relazione agli elementi sui quali si fonda la decisione dell’Amministrazione. Tale obbligo ricade sulle Amministrazioni degli Stati membri per tutte le decisioni inerenti la sfera di applicazione del diritto dell’Unione europea «quand’anche la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità».

Si tratta di una interpretazione probabilmente non ancora sufficientemente considerata in ambito interno che comporta l’annullamento del provvedimento adottato in presenza di tale irregolarità (14). Le conclusioni della Corte di Giustizia europea, nella prospettiva appena delineata, e prescindendo dagli aspetti processuali, rendono indispensabile un momento di confronto dialettico nella fase procedimentale, il quale assolverebbe non solo e non tanto ad una funzione difensiva, ma rappresenterebbe anche un significativo deterrente alla lite tributaria.

Quanto all’attività di accertamento delle imposte doganali, e al relativo contraddittorio procedimentale, essa è disciplinata dagli artt. 59 e segg. del regolamento CEE 12 ottobre 1992, n. 2913 (Codice doganale comunitario) e dagli artt. 8, 9 e 11 del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374. In particolare l’art. 11 stabilisce che «l’Ufficio doganale, ai fini della revisione dell’accertamento, può invitare gli operatori, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, indicandone il motivo e fissando un termine non inferiore a quindici giorni, a comparire di persona o a mezzo di rappresentante, ovvero a fornire, entro lo stesso termine, notizie e documenti, anche in copia fotostatica, inerenti le merci che hanno formato oggetto di operazioni doganali». In effetti, l’utilizzo del verbo “può” è sintomatico di una facoltà e non di un obbligo, sebbene non siano mancati interessanti contributi dottrinali volti a riconoscere in capo all’importatore la necessità di godere di un diritto al contraddittorio pieno e incondizionato, pena l’invalidità dell’atto conseguente (15).

La giurisprudenza comunitaria è intervenuta in varie occasioni a ribadire la centralità e irrinunciabilità del contraddittorio endoprocedimentale (16), ma è la citata sentenza Sopropé – richiamata ampiamente nella pronuncia in rassegna – che a chiare lettere dispone come «i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione» in modo tale da consentire alle persone o alle imprese coinvolte «di correggere un errore o di far valere elementi relativi alla loro situazione personale, tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro».

3. Il contraddittorio nel procedimento di accertamento tributario e la sua evoluzione

La rilevanza del contraddittorio endoprocedimentale, a prescindere dagli inevitabili collegamenti con le leggi 7 agosto 1990, n. 241 (17), e 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) (18), non sembra essere messa in discussione nella dottrina maggioritaria anche prima dell’entrata in vigore delle disposizioni statutarie (19), pur in assenza di una esplicita previsione normativa. E, infatti, non sono mancate coraggiose pronunce (20) che identificavano nel contraddittorio un momento opportuno per provocare la effettiva partecipazione del contribuente alla luce anche del principio di specialità e dell’art. 12, settimo comma, della legge n. 212/2000 (21).

Oggi tale orientamento è pressoché consolidato, e infatti la Suprema Corte – nel richiamare gli artt. 5 (22), 6 (23), 7 (24), 10 (25) e 12 (26) della legge n. 212/2000 – individua la legittimità della pretesa tributaria nella «formazione procedimentalizzata di una decisione partecipata mediante la promozione del contraddittorio (che sostanzia il principio di leale collaborazione) tra Amministrazione e contribuente (anche) nella fase precontenziosa o endo-procedimentale, al cui ordinato ed efficace sviluppo è funzionale il rispetto dell’obbligo di comunicazione degli atti imponibili. Il diritto al contraddittorio, ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell’emanazione di questo, realizza l’inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall’art. 24 Cost., e il buon andamento dell’Amministrazione, presidiato dall’art. 97 Cost.» (27).

L’inevitabile riferimento è alle recenti citate sentenze nn. 19667 e 19668 del 2014 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che attribuiscono al preavviso di fermo la natura di atto determinante, all’interno della sequela procedimentale (28) esecutiva esattoriale, al fine di assicurare – attraverso la sua pronta conoscibilità – una più ampia tutela del contribuente.

Esse giungono a sancire «un principio generale, caratterizzante qualsiasi sistema di civiltà giuridica», ossia, «la doverosità della comunicazione di tutti gli atti lesivi della sfera giuridica del cittadino», atti strutturalmente funzionali «a consentire e a promuovere, da un lato, il reale ed effettivo esercizio del diritto di difesa del contribuente a tutela dei propri interessi e, dall’altro, l’interesse pubblico ad una corretta formazione procedimentale della pretesa tributaria e dei relativi mezzi di realizzazione» (29).

Nonostante ciò, e le numerose e fin troppo ricorrenti deroghe esplicite allo Statuto dei diritti del contribuente (30), esso riveste ancora oggi la natura di momento eventuale e non necessario all’interno del procedimento di accertamento tributario. In tal senso (31), ci sembra significativa l’ordinanza della Suprema Corte n. 14290/2014 (32) con la quale si respinge acriticamente il ricorso del contribuente ribadendo il principio di diritto secondo il quale la mancata convocazione del contribuente non inficia la validità dell’avviso e, tuttavia, sarebbe ottima prassi convocare il contribuente al fine di chiedere notizie e/o chiarimenti. Nonostante lo Statuto dei diritti del contribuente, agli artt. 10 e 12, preveda significative applicazioni del principio del contraddittorio (33), e più di recente, la circolare n. 25/E/2014 dell’Agenzia delle entrate (34) rafforzi in maniera significativa la posizione del contribuente con riferimento alle aperture da parte dell’Amministrazione finanziaria al contraddittorio, ad oggi esso si presenta, anche in seno alle indagini finanziarie fondate essenzialmente di presunzioni, come una mera eventualità.

La sopraccennata circolare chiarisce come, anche nell’ambito delle indagini finanziarie, acquisisca particolare importanza l’istituto del «contraddittorio preventivo, attesa la rilevanza delle presunzioni stabilite dal primo comma, n. 2, secondo periodo, dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973 e gli effetti che dalle stesse potrebbero derivare» e, ancora, «che scopo delle indagini finanziarie è quello di ricostruire l’effettiva disponibilità reddituale del soggetto sottoposto a controllo, preme nuovamente sottolineare come le presunzioni fissate dalla citata norma a salvaguardia della pretesa erariale devono essere applicate dall’Ufficio secondo logiche di proporzione e ragionevolezza avulse da un acritico automatismo, giovandosi in via prioritaria della collaborazione del contribuente e delle dimostrazioni che questi potrà addurre a titolo di giustificazione delle operazioni finanziarie rilevate, con riguardo in particolare ai prelevamenti». L’Agenzia delle entrate nella stessa sede ribadisce, inoltre, come lo strumento delle indagini finanziarie debba «privilegiarsi nel caso di controlli nei confronti di esercenti arti e professioni la cui posizione fiscale, in considerazione dell’attività esercitata, può essere più difficilmente riscontrabile con altre modalità istruttorie» (35).

4. Considerazioni finali

Il rispetto del principio del contraddittorio e l’evoluzione della giurisprudenza comunitaria e nazionale ci portano ad affermare che il contraddittorio sia ormai un principio indefettibile la cui mancata osservanza comporta l’invalidità degli atti conseguenti e, pertanto, l’annotata pronuncia della Corte di Giustizia europea si pone perfettamente in linea con la più volte citata sentenza Sopropé.

È proprio in tale contesto che la Corte di Giustizia europea compie un significativo passo avanti asserendo che «una violazione dei diritti di difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso», sebbene è pur vero che la sua omissione non possa essere eccepita in modo pretestuoso. Non si applica l’automatismo: difetto di contraddittorio = invalidità dell’avviso ma, in modo più equilibrato e meno estremo, la Corte di Giustizia europea chiarisce che «chi eccepisce il difetto di contraddittorio ha l’onere di allegare che, se il contraddittorio vi fosse stato, egli “avrebbe detto qualcosa”: avrebbe introdotto dei temi che avrebbero potenzialmente e ragionevolmente allargato il quadro istruttorio da tener presente per la decisione. Il che non significa dimostrare che le allegazioni nel contraddittorio avrebbero portato alla vittoria nel merito, ma solo che erano allegazioni ragionevoli e meritevoli di considerazione, secondo un giudizio ora per allora» (36).

In conclusione, in assenza di un confronto di carattere sostanziale e non formale fra il contribuente e l’Ufficio finanziario, e in mancanza di un’attenta valutazione delle osservazioni fornite dal contribuente, il successivo atto impositivo emanato è nullo (37). Le violazioni dei principi costituzionali, comunitari e statutari in ipotesi di mancata attivazione del contraddittorio, alla luce della pronuncia in rassegna, determinano una irreparabile invalidità dell’atto conclusivo del procedimento di accertamento e «la prospettiva invalidante l’atto conclusivo apre la strada al riconoscimento di un diritto di piena difesa nell’ambito del procedimento» (38). Si dovrebbe, in definitiva, auspicare – alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali comunitari – un intervento normativo definitivo e generale diretto alla effettiva e concreta attuazione del contraddittorio in sede preventiva rispetto alla emanazione dell’atto impositivo.

Prof. Maria Vittoria Serranò

Università di Messina

(1) Merita evidenziare che recentemente la Suprema Corte con ordinanza 14 gennaio 2015, n. 527 (in Boll. Trib., 2015, 137, con nota di Voglino, La necessitata espansione del diritto al contraddittorio a tutti i procedimenti tributari di ogni genere e specie), ha ritenuto opportuno, o meglio, doveroso, rimettere alle Sezioni Unite la risoluzione di una problematica concernente proprio il contraddittorio precontenzioso nei procedimenti tributari e, in particolare, la risoluzione della questione se le garanzie endoprocedimentali previste dall’art. 12, settimo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), si debbano applicare solo in caso di accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali di esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, come sembrerebbe potersi inferire dalla lettura dell’arresto delle Sezioni Unite della stessa Corte a suo tempo intervenuta per chiarire le conseguenze invalidanti del mancato rispetto di tali garanzie (ci riferiamo a Cass., sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184, in Boll. Trib., 2013, 1428, con note di Azzoni, Sessanta e non più sessanta: la violazione del termine dilatorio dello Statuto dei diritti del contribuente costituisce un vizio invalidante dell’accertamento?, Del Torchio, Contraddittorio preventivo e ragioni di motivata urgenza, e Perrucci, La “sanzione” dell’invalidità dell’avviso di accertamento emesso anticipatamente rispetto al termine dilatorio di 60 giorni di cui all’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente alla luce della recente sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte), oppure se le tali garanzie debbano trovare incondizionata applicazione anche alle verifiche c.d. “a tavolino”, ovverosia ai procedimenti di controllo condotti direttamente presso la sede dell’Ufficio finanziario in base alle notizie acquisite presso altre pubbliche Amministrazioni o presso terzi, o fornite dallo stesso contribuente mediante la compilazione di questionari o in sede di colloquio presso l’Ufficio medesimo, come sembrerebbe invece doversi concludere in base ai principi successivamente espressi in tema di diritto al contraddittorio da due altrettanto celebri sentenze rese in argomento dalle stesse Sezioni Unite (Cass., sez. un., 18 settembre 2014, nn. 19667 e 19668, in Boll. Trib., 2014, 1742, con nota di Accordino, Il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo nei procedimenti tributari concepito come un principio fondamentale dell’ordinamento la cui violazione determina la nullità dell’atto non preavvisato). Evidenzia Voglino (op. loc. cit.) che «tale importante evoluzione giurisprudenziale va certamente salutata con grande favore, in quanto il contraddittorio procedimentale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, della collaborazione e buona fede nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente, non solo a vantaggio di quest’ultimo ma, anche e soprattutto, del migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva, e si ricollega idealmente pure ai più alti principi comunitari espressi in argomento dalla Corte di Giustizia europea». Conclude il citato Autore affermando, del tutto condivisibilmente, che «qualunque sia la forma di controllo prescelta ed esperita dall’Ufficio finanziario procedente, difatti, è evidente che uguali sono e restano le necessità di favorire l’interlocuzione fra le parti prima dell’eventuale emissione del provvedimento finale, ossia il contraddittorio procedimentale – di cui la stessa Corte di Cassazione ha ormai decretato la radicale centralità ed essenzialità – nonché di tutelare appieno gli identici diritti e interessi del contribuente e, in particolare, quello (protetto appunto dal citato art. 12 della legge n. 212/2000) di sottoporre osservazioni e richieste sulle operazioni condotte, che gli Uffici accertatori hanno l’obbligo di valutare in maniera adeguata, esternando una congrua e puntuale motivazione sul punto». Cfr. altresì Salvini, La partecipazione del privato all’accertamento (nelle imposte sui redditi e nell’Iva), Padova, 1990; e ID., La “nuova” partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo Statuto del contribuente e oltre), in Riv. dir. trib., 2000, I, 13 ss.

(2) Cfr. Tesauro, A proposito di riforma del contenzioso tributario, in Rass. trib., 1998, 435.

(3) Si pensi all’accertamento realizzato attraverso gli studi di settore ove, prima dell’art. 10, comma 3-bis, della legge 8 maggio 1998, n. 146, non era previsto alcun obbligo di contraddittorio. Si vedano, in senso rafforzativo dello stesso, le significative sentenze rese da Cass., sez. un., 18 dicembre 2009, nn. 26635, 26636, 26637 e 26638, in Boll. Trib., 2010, 303, con nota di Proietti, Presunzioni semplici quelle di parametri e studi di settore: la lettura costituzionalmente orientata delle Sezioni Unite, le quali – intervenute dopo la modifica normativa – hanno statuito che «la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione agli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente …, esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, e il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto alla controprova sul punto offerta dal contribuente». È stato, infatti, osservato (cfr. De Marco, Dalla fase statica alla fase dinamica degli studi di settore, in Fiscalitax, 2010, 1175, con riferimento alla prima delle suddette sentenze) che «l’elemento particolarmente innovativo introdotto dalla Suprema Corte nella pronuncia in esame è dato dalla circostanza che ai parametri o agli studi di settore viene riconosciuta soltanto la finalità di strumento accertativo e non di determinazione della base imponibile; la semplice incongruità non è elemento sufficiente e idoneo a far scaturire l’accertamento, ma è necessario che sia suffragato da presunzioni semplici che acquisiscono i requisiti di gravità, precisione e concordanza, non automaticamente, ma in base all’esito del contraddittorio, che va attivato obbligatoriamente a pena di nullità». Più di recente si vedano Cass., sez. trib., 12 marzo 2014, n. 5675, e Cass., sez. trib., 2 aprile 2014, n. 7621, entrambe in Boll. Trib., 2014, 1108, con nota di Accordino, Accertamenti basati su parametri e studi di settore ancora sotto esame.

(4) Sull’obbligo del contraddittorio nell’accertamento sintetico – alla luce delle modifiche introdotte dall’art. 22 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122) – cfr. Tundo, Nullo l’atto di accertamento non motivato sulle deduzioni prodotte dal contribuente in contraddittorio, in Corr. trib., 2013, 999, il quale individua un doppio livello del contraddittorio preventivo: uno relativo alla fase istruttoria stricto sensu, e uno realizzato in seno all’invito a comparire ex art. 5 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218. Sul punto non può non evidenziarsi come non sia mancata attenta dottrina (Basilavecchia, Metodi di accertamento e capacità contributiva, in Rass. trib., 2012, 1107) che ha definito il contraddittorio, in tale forma di accertamento, non solo obbligatorio, ma addirittura ipertrofico.

(5) Cfr. De Mita, Il contraddittorio non può essere solo una facoltà, in Il Sole 24 Ore del 28 settembre 2014.

(6) Ved. Ferlazzo Natoli – Montesano, Considerazioni sul “ravvedimento operoso” ex art. 14 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, in Boll. Trib., 1995, 1543.

(7) Cfr. Basilavecchia, L’evoluzione dei controlli: verso un accertamento sostenibile?, in Corr. trib., 2014, 2761.

(8) Così Tundo, Nullo l’atto di accertamento non motivato sulle deduzioni prodotte dal contribuente in contraddittorio, cit., 999.

(9) Secondo Beghin, Profili sistematici e questioni aperte in tema di accertamento “sintetico” e “sintetico redditometrico”, in Riv. dir. trib., 2010, 717, non può esserci imparzialità se l’Amministrazione finanziaria, prima di redigere l’atto di accertamento, non si confronta con il contribuente. Nello stesso senso anche Voglino, La necessitata espansione del diritto al contraddittorio a tutti i procedimenti tributari di ogni genere e specie, cit.

(10) In tal senso Tundo, L’omessa comunicazione dell’esito del controllo formale compromette il diritto di difesa del contribuente, cit.

(11) In tema di contraddittorio procedimentale per il momento ci limitiamo a segnalare Ferlazzo Natoli, La tutela del contribuente nel procedimento istruttorio (tra conventio ad excludendum ed uguaglianza costituzionale), in Dir. prat. trib., 2006, 582; Cicala, Attività di accertamento e contraddittorio amministrativo: verso un nuovo intervento delle Sezioni Unite, in Boll. Trib., 2015, 86; Tortorelli, Il contraddittorio endoprocedimentale e il modello di partecipazione attiva accolto nello Statuto dei diritti del contribuente, ivi, 2012, 890; Carnimeo, Il contraddittorio endoprocedimentale è obbligatorio per tutti gli accertamenti standardizzati, in nota a Comm. trib. prov. di Bari, sez. XV, 8 ottobre 2010, n. 197, ivi, 2011, 552; Amatucci – Rainone, Contraddittorio endo-procedimentale negli accertamenti da studi di settore e rispetto del diritto di difesa, ivi, 2010, 1669; Serranò, Sulla opportunità del contraddittorio nelle indagini bancarie, ivi, 2008, 533; gallo, Incertezze sull’obbligatorietà del contraddittorio nelle indagini bancarie, in nota a Comm. trib. reg. del Lazio, sez. VI, 4 luglio 2006, n. 101, ivi, 2007, 377; Salvini, La cooperazione del contribuente e il contraddittorio nell’accertamento, in Corr. trib., 2009, 3570; Basilavecchia, Si rafforza il contraddittorio in materia doganale, in Riv. giur. trib., 2010, 877; Gallo, Accertamento e garanzie del contribuente, in Dir. prat. trib., 1989, I, 67; Moschetti, Avviso di accertamento tributario e garanzie del cittadino, ivi, 1983, I, 1937; Salvini, La partecipazione del privato all’accertamento (nelle imposte sui redditi e nell’Iva), cit.; Fedele, L’accertamento tributario ed i principi costituzionali, in Di Pietro (a cura di), L’accertamento tributario. Principi, metodi, funzioni, Milano, 1994; Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte generale, Padova, 2008, 475; Di Pietro, Il contribuente nell’accertamento delle imposte sui redditi: dalla collaborazione al contraddittorio, in L’evoluzione dell’ordinamento tributario italiano, Atti del Convegno I settant’anni di Diritto e pratica tributaria, Padova, 2000, 531; ID., Il contribuente nell’accertamento delle imposte sui redditi: dalla collaborazione al contraddittorio, in AA.VV., L’evoluzione dell’ordinamento tributario italiano, Padova, 2001; e Marcheselli, Nullità degli avvisi di accertamento senza contraddittorio con il contribuente, in Corr. trib., 2009, 2920.

(12) L’art. 41 rubricato «Diritto ad una buona amministrazione» così dispone: «1. Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione. 2. Tale diritto comprende in particolare: il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio, il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale, l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. 3. Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte della Comunità dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni conformemente ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri. 4. Ogni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell’Unione in una delle lingue del trattato e deve ricevere una risposta nella stessa lingua».

(13) Cfr. Corte Giust. CE, sez. II, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, in Boll. Trib. On-line.

(14) Si veda il punto 79 della sentenza nel passaggio in cui chiarisce come «una violazione dei diritti di difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso».

(15) Cfr. Basilavecchia, La Suprema Corte “estende” il diritto al contraddittorio agli accertamento doganali, in Riv. giur. trib., 2010, 875.

(16) Cfr. anche Corte Giust. CE 17 giugno 2004, causa C-30/2002, Recheio-Cash & Carry SA, in Boll. Trib. On-line.

(17) La legge n. 241/1990, all’art. 7, nel prevedere l’obbligo di preventiva comunicazione, in effetti, è espressione del principio costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’Amministrazione ex art. 97 Cost. Essa, come efficacemente deciso da Cass. nn. 19667 e 19668 del 2014, citt., ha come ratio fondante «1) la tutela dell’interesse – giuridicamente protetto – dei soggetti destinatari del procedimento: a) ad avere conoscenza di quest’ultimo; b) a poter controdedurre agli assunti sui cui si basa l’iniziativa procedimentale dell’Amministrazione; c) ad inserire nel complesso delle valutazioni procedimentali anche quelle attinenti ai legittimi interessi del privato destinatario; 2) la tutela dell’interesse pubblico al buon procedimento, interesse pubblico garantito da quell’apporto alla piena valutazione giuridico-fattuale che solo l’intervento procedimentale dei “soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti” può fornire; 4) altresì, la tutela dell’affidamento (anche al fine di consentire tempestive misure difensive o riparatorie) di soggetti incolpevolmente estranei alla scaturigine del procedimento lesivo, ed ignari di essa; 5) la medesima comunicazione dell’inizio del procedimento» (cfr. Tar Lazio, sez. I, 4 settembre 2009, n. 8373, in Boll. Trib. On-line).

(18) Sul principio del contraddittorio procedimentale e sui suoi inevitabili collegamenti con le leggi nn. 241/1990 e 212/2000 ci limitiamo a segnalare Del Federico, I rapporti con lo Statuto e la legge generale sull’azione amministrativa, in Bodrito – Contrino – Marcheselli (a cura di), Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, Torino, 2012, 229; Marcheselli, L’effettività del contraddittorio nel procedimento tributario tra Statuto del contribuente e principi comunitari, in Bodrito – Contrino – Marcheselli (a cura di), Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, cit., 413; e Muleo, Il contraddittorio endoprocedimentale e l’affidamento come principi immanenti, in Bodrito – Contrino – Marcheselli (a cura di), Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, cit., 406.

(19) Si vedano, senza pretesa di esaustività Ferlazzo Natoli – Ingrao, Il rispetto del contraddittorio e la residualità dell’accertamento tributario, in Boll. Trib., 2010, 487; Tosi, Le predeterminazioni normative nell’imposizione reddituale, Milano, 1999, 388; e Manzoni, Potere di accertamento e tutela del contribuente, Milano, 1993, 345.

(20) Secondo Cass., sez. trib., 7 febbraio 2008, n. 2816, in Boll. Trib. On-line, «il contraddittorio deve ritenersi un elemento essenziale e imprescindibile (anche in assenza di un’espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa».

(21) Cfr. Russo, Le conseguenze del mancato rispetto del termine di cui all’art. 12, ultimo comma, della legge n. 212/2000, in Riv. dir. trib., 2011, 1077; e Tabet, Sospensione del potere impositivo dopo la chiusura delle operazioni di verifica?, in Boll. Trib., 2006, 1056.

(22) L’art. 5 obbliga l’Amministrazione finanziaria a promuovere la conoscenza da parte del contribuente delle disposizioni legislative in considerazione della mutevolezza della disciplina.

(23) L’art. 6 obbliga l’Amministrazione ad assicurare l’effettiva conoscenza degli atti da parte del destinatario prevedendo una serie di adempimenti a carico della stessa.

(24) L’obbligo di motivazione degli atti, secondo il principio codificato ex art. 3 della legge n. 241/1990, è contemplato nell’art. 7.

(25) Fondamentale è l’art. 10 nel contesto de quo in quanto, rappresentando una garanzia di decisione partecipata, prevede il fondamentale principio secondo il quale i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.

(26) L’art. 12, secondo comma, stabilisce che «quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche».

(27) Così Cass. nn. 19667 e 19668 del 2014, citt.

(28) Per le applicazioni del concetto civilistico di fattispecie giuridica alla materia tributaria si veda Ferlazzo Natoli, Il fatto rilevante nel diritto tributario. Contributo allo studio del “presupposto di fatto del tributo”, in Riv. dir. trib., 1994, 439; ID., Fattispecie tributaria e capacità contributiva, Milano, 1979, 3 ss.; Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Torino, 2011, 105 ss.; Serranò, Evoluzione del concetto di fattispecie imponibile, in Boll. Trib., 2012, 1045 ss., la quale afferma che «lo studio della fattispecie giuridica tributaria consente non solo di individuare il fatto fiscalmente rilevante, già comunque “filtrato” dalla Costituzione fra quelli espressione di capacità contributiva ex articolo 53, ma anche di applicare lo schema di fattispecie a formazione successiva o progressiva a numerosi istituti del Diritto tributario». Non è superfluo ricordare che la fattispecie a formazione successiva o progressiva si articoli in segmenti che, nella fase esecutiva esattoriale, sono individuabili nei seguenti: provvedimento di fermo, preavviso, iscrizione del provvedimento emanato.

(29) Così Cass. nn. 19667 e 19668 del 2014, citt.

(30) La natura di legge ordinaria della legge n. 212/2000 consente il superamento da altre leggi o decreti che negli ultimi 14 anni è successa ben 86 volte.

(31) La Corte di Cassazione si è espressa in maniera pressoché costante (si vedano fra tutte Cass., sez. trib., 18 gennaio 2002, n. 518, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 26 febbraio 2002, n. 2814, ivi; Cass., sez. trib., 29 marzo 2002, n. 4601, in Boll. Trib., 2003, 617; Cass., sez. trib., 17 maggio 2002, n. 7267, ivi, 2002, 1099; Cass., sez. trib., 7 maggio 2003, n. 6910, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 27 giugno 2005, n. 13808, ivi; Cass., sez. trib., 23 giugno 2006, n. 14675, ivi; Cass., sez. trib., 21 dicembre 2007, n. 27032, ivi; Cass., sez. trib., 7 febbraio 2008, n. 2821, in Boll. Trib., 2008, 600; Cass., sez. trib., 5 giugno 2008, n. 14847, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 20 giugno 2008, n. 16837, ivi; Cass., sez. trib., 23 luglio 2008, n. 20268, ivi; Cass., sez. trib., 5 febbraio 2009, n. 2752, ivi; Cass., sez. trib., 26 giugno 2009, n. 15172, ivi; Cass., sez. trib., 9 ottobre 2009, n. 21454, ivi; Cass., sez. trib., 3 marzo 2010, n. 5051, in Boll. Trib., 2010, 1481; Cass., sez. VI, 1° febbraio 2013, ord. n. 2484, in Boll. Trib. On-line; e Cass., sez. trib., 16 maggio 2014, n. 10767, ivi).

(32) Cfr. Cass., sez. VI, 24 giugno 2014, ord. n. 14290, in Boll. Trib. On-line.

(33) Cfr. Cass., sez. trib., 3 febbraio 2014, n. 2279, in Boll. Trib. On-line, la quale ha statuito che «l’avviso di accertamento, secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 7, della legge n. 212/2000, è illegittimo se emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni ispettive, salvo i casi di particolare e motivata urgenza».

(34) Cfr. la circ. 6 agosto 2014, n. 25/E, in Boll. Trib., 2014, 1168.

(35) In tal senso si era già espressa l’Agenzia delle entrate con la circ. 31 maggio 2012, n. 18/E, in Boll. Trib., 2012, 847, nella quale si intendeva sensibilizzare l’utilizzo delle indagini sui rapporti finanziari, con particolare riguardo a quelle situazioni in cui le movimentazioni avrebbero consentito, per gli esercenti arti e professioni, una più puntale ricostruzione presuntiva del volume d’affari e la emersione di omesse contabilizzazioni dei compensi.

(36) Così Marcheselli, op cit., 2542.

(37) In tal senso anche Tundo, Nullo l’atto di accertamento non motivato, cit., 999.

(38) Cfr. Tundo, L’omessa comunicazione, cit., 2848.

 

Imposte e tasse – Accertamento – Diritto del contribuente al contraddittorio nella fase precontenziosa o endoprocedimentale – Sussiste – Costituisce un principio sancito dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto del contribuente di essere ascoltato e di manifestare il proprio punto di vista prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento lesivo – Consegue.

Imposte e tasse – Accertamento – Necessità del contraddittorio tra Amministrazione finanziaria e contribuente nella fase precontenziosa o endoprocedimentale – Sussiste – Obbligo di consentire al contribuente di essere ascoltato e di manifestare il proprio punto di vista prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento lesivo – Consegue.

Imposte e tasse – Accertamento – Diritto del contribuente al contraddittorio prima dell’adozione di un atto impositivo pregiudizievole – Costituisce un diritto conferito dall’ordinamento dell’Unione europea che può essere fatto valere direttamente dinanzi ai giudici nazionali.

Imposte e tasse – Accertamento – Diritto del contribuente al contraddittorio prima dell’adozione di un atto impositivo pregiudizievole – Sussiste – Omessa attivazione del contraddittorio procedimentale – Violazione dei diritti di difesa del contribuente – Condizioni.

Imposte e tasse – Accertamento – Diritti di difesa del contribuente nella fase precontenziosa o endoprocedimentale conferiti dall’ordinamento dell’Unione europea – Rientrano nella sfera del diritto nazionale, ma nel rispetto dei principi comunitari di equivalenza e di effettività – Conseguenze della violazione dei diritti di difesa – Individuazione.

Il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione europea di cui il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento costituisce parte integrante, e tale diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento è attualmente sancito non solo negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, bensì anche nell’art. 41 della stessa Carta, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione e il cui par. 2 prevede che quest’ultimo diritto comporta, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo; in forza di tale principio, che trova applicazione ogniqualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione, e tale obbligo incombe sulle Amministrazioni degli Stati membri dell’Unione europea ogniqualvolta esse adottano decisioni che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, quand’anche la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità.

Il principio del rispetto dei diritti della difesa da parte dell’Amministrazione e il diritto che ne deriva, per ogni persona, di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi, quali si applicano nell’ambito del regolamento n. 2913/92/CEE del Consiglio del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento CE n. 2700/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 novembre 2000, possono essere fatti valere direttamente, dai singoli, dinanzi ai giudici nazionali.

Il principio del rispetto dei diritti della difesa e, segnatamente, il diritto di ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di un provvedimento individuale lesivo devono essere interpretati nel senso che quando il destinatario di un’intimazione di pagamento adottata in un procedimento di recupero a posteriori di dazi doganali all’importazione, in applicazione del regolamento n. 2913/92/CEE del Consiglio del 12 ottobre 1992, come modificato dal regolamento n. 2700/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 novembre 2000, non è stato sentito dall’Amministrazione finanziaria prima dell’adozione di tale decisione, i suoi diritti della difesa sono violati quand’anche abbia la possibilità di fare valere la sua posizione nel corso di una fase di reclamo amministrativo ulteriore, se la normativa nazionale non consente ai destinatari di siffatte intimazioni, in mancanza di una previa audizione, di ottenere la sospensione della loro esecuzione fino alla loro eventuale riforma; è quanto avviene, in ogni caso, se la procedura amministrativa nazionale che attua l’art. 244, secondo comma, del regolamento n. 2913/92/CEE, come modificato dal regolamento n. 2700/2000/CE, limita la concessione di siffatta sospensione allorché vi sono motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato.

Le condizioni in cui deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento amministrativo e le conseguenze della violazione di tali diritti rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione europea (principio di effettività); il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione europea, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, e in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

 [Corte di Giustizia UE, sez. V (Pres. von Danwitz, rel. Rosas), 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, ric. Kamino International Logistics BV e Datema Hellmann Worldwide Logistics BV c. Staatssecretaris van Financiën]

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000 (GU L 311, pag. 17; in prosieguo: il «codice doganale»), e del principio del rispetto dei diritti della difesa conformemente al diritto dell’Unione.

2. Tali domande sono state proposte nell’ambito di controversie che vedono opposte, rispettivamente, la Kamino International Logistics BV (in prosieguo: la «Kamino») e la Datema Hellmann Worldwide Logistics BV (in prosieguo: la «Datema») allo Staatssecretaris van Financiën relativamente all’applicazione del principio del rispetto dei diritti della difesa nell’ambito del codice doganale.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3. L’articolo 6, paragrafo 3, del codice doganale è così formulato:

«L’autorità doganale motiva le decisioni scritte che non raccolgano le richieste presentate oppure che abbiano conseguenze sfavorevoli per i loro destinatari. In esse si deve fare riferimento alle possibilità di ricorrere di cui all’articolo 243».

4. Il titolo VII del codice doganale, relativo all’obbligazione doganale, comprende un capitolo 3 che tratta della riscossione dell’importo di tale obbligazione. Nella sezione 1 di detto capitolo 3, intitolata «Contabilizzazione e notifica al debitore dell’importo dei dazi», vi sono gli articoli da 217 a 221.

5. L’articolo 219, paragrafo 1, del codice doganale dispone quanto segue:

«1. I termini per la contabilizzazione di cui all’articolo 218 possono essere prorogati:

a) per motivi connessi con l’organizzazione amministrativa degli Stati membri, in particolare in caso di contabilità centralizzata;

b) oppure in seguito a circostanze particolari che impediscono all’autorità doganale di rispettare detti termini.

I termini così prorogati non possono eccedere quattordici giorni».

6. Conformemente all’articolo 220, paragrafo 1, del codice doganale,

«[q]uando l’importo dei dazi risultante da un’obbligazione doganale non sia stato contabilizzato ai sensi degli articoli 218 e 219 o sia stato contabilizzato ad un livello inferiore all’importo legalmente dovuto, la contabilizzazione dei dazi da riscuotere o che rimangono da riscuotere deve avvenire entro due giorni dalla data in cui l’autorità doganale si è resa conto della situazione in atto ed è in grado di calcolare l’importo legalmente dovuto e di determinarne il debitore (contabilizzazione a posteriori). Questo termine può essere prorogato conformemente all’articolo 219».

7. L’articolo 221 del codice doganale così prevede:

«1. L’importo dei dazi deve essere comunicato al debitore secondo modalità appropriate, non appena sia stato contabilizzato.

(…)

3. La comunicazione al debitore non può più essere effettuata tre anni dopo la data in cui è sorta l’obbligazione doganale. Detto termine è sospeso a partire dal momento in cui è presentato un ricorso a norma dell’articolo 243 e per la durata del relativo procedimento.

(…)»

8. Gli articoli da 243 a 245 del codice doganale fanno parte del titolo VIII del codice in parola, intitolato «Diritto di ricorso». L’articolo 243 di quest’ultimo così stabilisce:

«1. Chiunque ha il diritto di proporre ricorso contro le decisioni prese dall’autorità doganale, concernenti l’applicazione della normativa doganale, quando esse lo riguardino direttamente e individualmente.

(…)

Il ricorso è introdotto nello Stato membro in cui la decisione è stata presa o sollecitata.

2. Il ricorso può essere esperito:

a) in una prima fase, dinanzi all’autorità doganale designata a tale scopo dagli Stati membri;

b) in una seconda fase, dinanzi ad un’istanza indipendente, che può essere un’autorità giudiziaria o un organo specializzato equivalente, in conformità delle disposizioni vigenti negli Stati membri».

9. L’articolo 244 del codice doganale prevede quanto segue:

«La presentazione di un ricorso non sospende l’esecuzione della decisione contestata.

Tuttavia, l’autorità doganale può sospendere, in tutto o in parte, l’esecuzione della decisione quando abbia fondati motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato.

Quando la decisione impugnata abbia per effetto l’applicazione di dazi all’importazione o di dazi all’esportazione, la sospensione dell’esecuzione è subordinata all’esistenza o alla costituzione di una garanzia. Tuttavia non si può esigere detta garanzia qualora, a motivo della situazione del debitore, ciò possa provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale».

10. Ai sensi dell’articolo 245 del codice doganale:

«Le norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri».

Il diritto olandese

11. Secondo l’articolo 4:8, paragrafo 1, della legge generale in materia amministrativa (Algemene wet bestuursrecht; in prosieguo: l’«Awb»), prima di prendere una decisione che potrebbe ledere un soggetto interessato che non abbia richiesto tale decisione, l’amministrazione gli consente di esporre il suo punto di vista se, da una parte, detta decisione si fonda su elementi relativi a fatti e ad interessi che riguardano l’interessato, e, dall’altra parte, tali elementi non sono stati comunicati da lui stesso.

12. L’articolo 4:12, paragrafo 1, dell’Awb dispone quanto segue:

«L’organo amministrativo può non applicare le disposizioni degli articoli 4:7 e 4:8 allorché prende una decisione diretta a costituire un obbligo o un diritto di natura finanziaria, se:

a. contro tale decisione può essere esperito un reclamo o un ricorso amministrativo, e

b. le conseguenze negative della decisione possono essere interamente eliminate in esito al reclamo o al ricorso».

13 Ai sensi dell’articolo 6:22 dell’Awb:

«La decisione contro cui è proposto un reclamo o un ricorso può essere confermata dall’organo che statuisce sul reclamo o ricorso, malgrado la violazione di una norma giuridica scritta o non scritta o di un principio generale di diritto, se si accerta che tale violazione della norma o del principio non ha arrecato pregiudizio agli interessati».

14. L’articolo 7:2 dell’Awb così prevede:

«1. Prima di statuire sul reclamo, l’organo amministrativo offre all’interessato la possibilità di essere sentito.

2. L’organo amministrativo ne informa in ogni caso l’autore del reclamo nonché gli interessati che, nel quadro della preparazione della decisione, abbiano rappresentato la propria posizione».

15. Le decisioni amministrative possono in seguito essere oggetto di un ricorso giurisdizionale, con possibilità di appello e di cassazione.

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

16. In ciascuno dei procedimenti principali uno spedizioniere doganale, rispettivamente la Kamino nella causa C129/13 e la Datema nella causa C130/13, su incarico della medesima società, ha presentato nel 2002 e nel 2003 dichiarazioni ai fini dell’immissione in libera pratica di determinate merci, descritte come «padiglioni da giardino/tende per feste e pareti laterali». La Kamino e la Datema hanno dichiarato tali merci alla voce 6 601 10 00 («ombrelloni da giardino e simili») della nomenclatura combinata e hanno pagato dazi doganali pari al 4,7% previsto per siffatta voce.

17. A seguito di un controllo delle autorità doganali olandesi l’ispettore delle imposte ha ritenuto che tale classificazione fosse inesatta e che le merci in questione dovessero essere classificate alla voce 6 306 99 00 della nomenclatura combinata («tende e oggetti per campeggio»), a cui si applica un’aliquota più elevata pari al 12,2%.

18. Pertanto, con decisioni del 2 e del 28 aprile 2005, l’ispettore delle imposte ha emesso un’intimazione di pagamento basandosi sugli articoli 220, paragrafo 1, e 221, paragrafo 1, del codice doganale, al fine di procedere al recupero del supplemento di dazi doganali ancora dovuti da parte, rispettivamente, della Kamino e della Datema.

19. Le ricorrenti nei procedimenti principali non hanno avuto la possibilità di esporre le loro argomentazioni prima dell’emissione di tali intimazione di pagamento.

20. Entrambe hanno proposto reclamo contro l’intimazione di pagamento che le concerneva presso l’ispettore delle imposte, il quale lo ha respinto dopo aver preso in esame gli argomenti addotti.

21. I ricorsi proposti dalle ricorrenti nei procedimenti principali avverso le menzionate decisioni di rigetto sono stati dichiarati infondati dal Rechtbank te Haarlem (Tribunale di Haarlem). In sede di appello il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha confermato la pronuncia del Rechtbank te Haarlem relativamente all’obbligo per le ricorrenti nei procedimenti principali di adempiere i loro obblighi derivanti dalle intimazioni di pagamento in discussione.

22. La Kamino e la Datema hanno quindi rispettivamente proposto un ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden.

23. Nelle sue decisioni di rinvio lo Hoge Raad der Nederlanden ricorda che, in appello, il Gerechtshof te Amsterdam ha osservato, in considerazione della sentenza della Corte Sopropé (C349/07 (1), EU:C:2008:746), che l’ispettore delle imposte aveva violato il principio del rispetto dei diritti della difesa, non avendo offerto alle interessate, prima dell’emissione delle intimazioni di pagamento in parola, l’opportunità di esprimersi sugli elementi che fondavano il recupero a posteriori dei dazi doganali.

24. Lo Hoge Raad der Nederlanden rileva tuttavia che né il codice doganale né il diritto nazionale applicabile contengono disposizioni procedurali che impongano alle autorità doganali di concedere ad un soggetto, debitore di dazi doganali, prima di procedere alla notifica di un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 221, paragrafo 1, del codice doganale, la possibilità di manifestare la sua posizione riguardo agli elementi su cui si fonda il recupero a posteriori.

25. Ciò premesso, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, redatte in termini identici nelle cause C129/13 e C130/13:

«1) Se il principio di diritto dell’Unione relativo al rispetto dei diritti della difesa da parte dell’amministrazione sia idoneo ad essere direttamente applicato dal giudice nazionale.

2) Nel caso in cui la prima questione venga risolta affermativamente:

a) se il principio di diritto dell’Unione relativo al rispetto dei diritti della difesa da parte dell’amministrazione debba essere interpretato nel senso che detto principio è violato se il destinatario di un emanando atto, pur non essendo stato sentito prima che l’amministrazione adottasse un atto lesivo nei suoi confronti, in una successiva fase amministrativa (di opposizione), precedente il procedimento giurisdizionale dinanzi al giudice nazionale, venga comunque messo in condizione di essere sentito;

b) se gli effetti giuridici della violazione da parte dell’amministrazione del principio di diritto dell’Unione relativo al rispetto dei diritti della difesa siano determinati dal diritto nazionale.

3) Nel caso in cui la seconda questione, lettera b), sia risolta negativamente: quali circostanze possano essere prese in considerazione dal giudice nazionale al fine di stabilire gli effetti giuridici, e, segnatamente, se egli possa tener conto della circostanza che la procedura, senza la violazione del principio di diritto dell’Unione relativo al rispetto dei diritti della difesa da parte dell’amministrazione, avrebbe potuto eventualmente avere un esito diverso».

26. Con ordinanza del presidente della Corte del 24 aprile 2013 le cause C129/13 e C130/13 sono state riunite ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento, nonché della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

27. Con la prima questione il giudice del rinvio desidera accertare, in sostanza, se il principio del rispetto dei diritti della difesa da parte dell’amministrazione e il diritto che ne deriva, per ogni persona, di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi, quali si applicano nell’ambito del codice doganale, possono essere fatti valere direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali.

28. A tale riguardo è d’uopo ricordare che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione di cui il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento costituisce parte integrante (sentenze Sopropé, EU:C:2008:746, punti 33 e 36, nonché M., C277/11 (2), EU:C:2012:744, punti 81 e 82).

29. Il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento è attualmente sancito non solo negli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, bensì anche nell’articolo 41 di quest’ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione. Il paragrafo 2 del citato articolo 41 prevede che tale diritto a una buona amministrazione comporta, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo (sentenza M., EU:C:2012:744, punti 82 e 83). Orbene, occorre rilevare che, siccome la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è entrata in vigore il 1° dicembre 2009, essa non si applica in quanto tale ai procedimenti che hanno portato a intimazioni di pagamento datate 2 e 28 aprile 2005 (v., per analogia, sentenza Sabou, C276/12 (3), EU:C:2013:678, punto 25).

30. In forza di tale principio, che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo (sentenza Sopropé, EU:C:2008:746, punto 36), i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione (sentenza Sopropé, EU:C:2008:746, punto 37).

31. Tale obbligo incombe sulle amministrazioni degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano decisioni che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, quand’anche la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (v. sentenze Sopropé, EU:C:2008:746, punto 38; M., EU:C:2012:744, punto 86, nonché G. e R., C383/13 PPU (4), EU:C:2013:533, punto 32).

32. Nei procedimenti principali, né il codice doganale né la normativa nazionale applicabile prevedono, nell’ambito di un procedimento di recupero a posteriori di dazi doganali all’importazione, un diritto di essere sentiti dall’autorità doganale competente prima dell’invio delle intimazioni di pagamento. Trattandosi di un procedimento relativo al recupero a posteriori di dazi doganali e, di conseguenza, di una decisione che rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, è, peraltro, pacifico che il principio del rispetto dei diritti della difesa vale nei confronti degli Stati membri.

33. Infine, al punto 44 della causa decisa con la sentenza Sopropé, (EU:C:2008:746), ove alla Corte erano poste questioni pregiudiziali sulla compatibilità con i requisiti del principio del rispetto dei diritti della difesa di un termine da otto a quindici giorni, previsto dalla normativa nazionale per l’esercizio da parte del contribuente del diritto ad essere sentito prima dell’adozione di una decisione di recupero, la Corte ha dichiarato che, quando una normativa nazionale fissa un termine finalizzato a raccogliere le osservazioni degli interessati, spetta al giudice nazionale verificare, tenendo debito conto degli specifici elementi della causa, che tale termine sia confacente alla situazione particolare della persona o dell’impresa coinvolta e che abbia loro consentito di esercitare i loro diritti della difesa nel rispetto del principio di effettività.

34. Dalle suesposte considerazioni risulta non soltanto che le amministrazioni nazionali sono tenute a rispettare i diritti della difesa quando le stesse prendono decisioni che rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ma anche che gli interessati devono poter invocare direttamente il rispetto di tali diritti dinanzi ai giudici nazionali.

35. Si deve pertanto rispondere alla prima questione che il principio del rispetto da parte dell’amministrazione dei diritti della difesa e il diritto che ne discende, per ogni persona, di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi, quali si applicano nell’ambito del codice doganale, possono essere fatti valere direttamente, dai singoli, dinanzi ai giudici nazionali.

Sulla seconda questione, sub a)

36. Con la seconda questione, sub a), il giudice del rinvio si propone sostanzialmente di accertare se il principio del rispetto dei diritti della difesa e, in particolare, il diritto per ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di un provvedimento individuale lesivo, devono essere interpretati nel senso che i diritti della difesa del destinatario di un’intimazione di pagamento emessa nell’ambito di un procedimento di recupero a posteriori di dazi doganali all’importazione, in applicazione del codice doganale, sono violati se questi non è stato sentito dall’amministrazione antecedentemente all’adozione della decisione, benché possa fare valere la sua posizione in una successiva fase di reclamo amministrativo.

37. Al fine di rispondere a detta questione è d’uopo, innanzitutto, ricordare l’obiettivo perseguito dal principio del rispetto dei diritti della difesa, segnatamente per quanto riguarda il diritto di essere sentiti.

38. Come dichiarato dalla Corte, la regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona o dell’impresa coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a queste ultime di correggere un errore o far valere elementi relativi alla loro situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro (sentenza Sopropé, EU:C:2008:746, punto 49).

39. Conformemente ad una giurisprudenza ben consolidata, il diritto di essere sentiti garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (v. sentenza M., EU:C:2012:744, punto 87 e giurisprudenza ivi citata). Come esposto al punto 31 della presente sentenza, il menzionato diritto si impone quand’anche la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (v. sentenza G. e R., EU:C:2013:533, punto 32 nonché giurisprudenza ivi citata).

40. A tale riguardo è pacifico che, nei procedimenti principali, i destinatari delle intimazioni di pagamento non sono stati sentiti prima dell’adozione delle decisioni che arrecano loro pregiudizio.

41. In tale contesto si deve considerare che l’adozione delle intimazioni di pagamento, sulla base degli articoli 220, paragrafo 1, nonché 221, paragrafo 1, del codice doganale, e della procedura amministrativa applicabile in forza di una normativa nazionale come quella in discussione nei procedimenti principali, che dà attuazione all’articolo 243 del codice doganale, comporta una limitazione al diritto di essere sentiti dei destinatari delle intimazioni di pagamento in parola.

42. Tuttavia, secondo una giurisprudenza parimenti costante, i diritti fondamentali, quali il rispetto dei diritti della difesa, non appaiono come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (sentenze G. e R., EU:C:2013:533, punto 33, nonché Texdata Software, C418/11 (5), EU:C:2013:588, punto 84).

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43. Occorre esaminare se, in un contesto come quello dei procedimenti principali, la limitazione del diritto di essere sentiti in discussione nei procedimenti principali può essere giustificata alla luce della giurisprudenza ricordata al punto precedente.

44. Il governo dei Paesi Bassi fa valere che, se la Corte dovesse dichiarare che le autorità nazionali, in caso di recupero a posteriori, devono, in via di principio, sentire gli interessati prima dell’invio di un’intimazione di pagamento, sussistono dei motivi che giustificano lo scostamento da tale regola. In particolare, sentire l’interessato prima dell’invio di un’intimazione di pagamento non sarebbe compatibile con le norme vincolanti di contabilizzazione e di riscossione del codice doganale. In considerazione dei termini imposti dal codice doganale, sarebbe di rilievo che le autorità doganali possano, dal momento in cui hanno potuto stabilire l’obbligazione doganale, procedere alla contabilizzazione della stessa e inviare l’intimazione di pagamento quanto più rapidamente possibile. L’interesse generale perseguito sarebbe un interesse di semplificazione amministrativa e di gestione efficace della procedura. A causa del numero alquanto elevato delle intimazioni di pagamento una previa audizione degli interessati non sarebbe efficace.

45. Inoltre, il menzionato governo sostiene che, alla luce del complesso delle caratteristiche della procedura amministrativa nazionale di cui trattasi, la mancata audizione precedentemente all’adozione di un’intimazione di pagamento non viola i diritti della difesa nella loro natura stessa, giacché i destinatari delle intimazioni di pagamento hanno, in applicazione dell’articolo 7:2 dell’Awb, la possibilità di essere sentiti nel corso di un procedimento successivo, in fase di reclamo proposto avverso le menzionate intimazioni. Nella misura in cui i medesimi effetti giuridici potrebbero essere raggiunti per mezzo di tale reclamo e considerato che l’elemento lesivo potrebbe essere oggetto di un riporto, la sostanza del principio del rispetto dei diritti della difesa, consistente nella possibilità di contestare una determinata decisione senza pregiudizi, sarebbe salvaguardata.

46. In tale contesto è d’uopo prendere in considerazione, da un lato, i termini imposti dal codice doganale per la contabilizzazione a posteriori dei dazi risultanti da un’obbligazione doganale e, dall’altro, le caratteristiche della procedura amministrativa in discussione nei procedimenti principali.

47. Per quanto riguarda, in primo luogo, i termini imposti dal codice doganale, l’articolo 220, paragrafo 1, del menzionato codice richiede, quando l’importo dei dazi risultante da un’obbligazione doganale non sia stato contabilizzato ai sensi degli articoli 218 e 219 o sia stato contabilizzato ad un livello inferiore all’importo legalmente dovuto, che la contabilizzazione dei dazi da riscuotere o che rimangono da riscuotere debba avvenire entro due giorni dalla data in cui l’autorità doganale si è resa conto della situazione in atto ed è in grado di calcolare l’importo legalmente dovuto e di determinarne il debitore. Detto termine può essere aumentato conformemente all’articolo 219 del medesimo codice in seguito a circostanze particolari, senza poter eccedere quattordici giorni. L’articolo 221 del codice doganale aggiunge che l’importo dei dazi deve essere comunicato al debitore non appena sia stato contabilizzato.

48. Secondo il governo dei Paesi Bassi tale termine di due giorni, imperativo, appare difficilmente conciliabile con l’obbligo di sentire l’interessato prima dell’invio di un’intimazione di pagamento.

49. Al riguardo occorre tuttavia rilevare che la Corte si è già pronunciata, nelle sentenze Commissione/Spagna (C546/03 (6), EU:C:2006:132), e Commissione/Italia (C423/08 (7), EU:C:2010:347), sulla necessità che gli Stati membri rispettino il termine per la contabilizzazione a posteriori dell’importo dei dazi risultante da un’obbligazione doganale ex articolo 220, paragrafo 1, del codice doganale, nel contesto di ricorsi per inadempimento in cui, per tentare di giustificare il mancato rispetto di un siffatto termine che aveva comportato un ritardo nella messa a disposizione di risorse proprie della Comunità europea, gli Stati membri interessati avevano fatto valere l’obbligo di rispettare i diritti della difesa dei debitori dell’obbligazione doganale.

50. Ai punti, rispettivamente, 33 e 45 delle sentenze Commissione/Spagna (EU:C:2006:132) e Commissione/Italia (EU:C:2010:347), la Corte, infatti, ha operato una distinzione fra, da un lato, i rapporti tra gli Stati membri e l’Unione europea, e, dall’altro, i rapporti tra il debitore dell’obbligazione doganale e le autorità doganali nazionali, nell’ambito dei quali i diritti della difesa devono essere rispettati.

51. La Corte, dunque, ha giudicato che, pur se il principio del rispetto dei diritti alla difesa trova applicazione nei rapporti tra un contribuente e uno Stato membro, segnatamente nel corso di un procedimento di recupero a posteriori, esso non può invece, per quanto riguarda i rapporti tra gli Stati membri e l’Unione, avere la conseguenza di consentire ad uno Stato membro di non adempiere l’obbligo di accertare, entro i termini previsti dal diritto dell’Unione, i diritti di quest’ultima sulle risorse proprie (sentenze Commissione/Spagna, EU:C:2006:132, punto 33, e Commissione/Italia, EU:C:2010:347, punto 45).

52. Si deve inoltre precisare, come rilevato dalla Commissione europea in udienza, che il termine di due giorni, previsto all’articolo 220, paragrafo 1, del codice doganale per la contabilizzazione a posteriori dei dazi risultanti da un’obbligazione doganale, può essere aumentato in conformità dell’articolo 219, del medesimo codice. Conformemente al paragrafo 1, lettera b), di quest’ultima disposizione, il termine per la contabilizzazione può, segnatamente, essere prorogato, senza tuttavia poter eccedere quattordici giorni, in seguito a circostanze particolari che impediscono all’autorità doganale di rispettare detto termine.

53. Infine, al punto 46 della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2010:347), la Corte ha peraltro ricordato che la contabilizzazione e la comunicazione dei dazi doganali dovuti, come pure l’iscrizione delle risorse proprie, non impediscono al debitore di contestare, in forza degli articoli 243 e seguenti del codice doganale, l’obbligazione posta a suo carico, avanzando tutti gli argomenti a sua disposizione.

54. Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione di accertare se i diritti della difesa degli interessati nei procedimenti principali siano stati rispettati quando essi hanno potuto fare valere le rispettive posizioni soltanto nell’ambito del procedimento di reclamo, si deve rammentare che l’interesse generale dell’Unione, e, in particolare, l’interesse a recuperare tempestivamente le entrate proprie, impone che i controlli possano essere realizzati prontamente ed efficacemente (sentenza Sopropé, EU:C:2008:746, punto 41).

55. Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che un’audizione successiva nell’ambito di un ricorso formulato avverso una decisione sfavorevole può, in determinate condizioni, essere idoneo a garantire il rispetto del diritto ad essere sentiti (v., per analogia, sentenza Texdata Software, EU:C:2013:588, punto 85).

56. Relativamente alle decisioni delle autorità doganali, secondo l’articolo 243, paragrafo 1, del codice doganale, chiunque ha il diritto di proporre ricorso contro le decisioni prese in applicazione della normativa doganale che lo riguardano direttamente e individualmente. Tuttavia, come posto in rilievo dal giudice del rinvio e dalla Commissione, la proposizione di un ricorso, esperito in applicazione dell’articolo 243 del codice doganale non sospende, in forza dell’articolo 244, primo comma, del menzionato codice, in via di principio l’esecuzione della decisione impugnata. Poiché siffatto ricorso è sprovvisto di carattere sospensivo, esso non osta all’immediata esecuzione di tale decisione. Il secondo comma dell’articolo 244 del citato codice doganale autorizza tuttavia le autorità doganali a sospendere, in tutto o in parte, l’esecuzione della menzionata decisione quando le suddette autorità abbiano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato. Inoltre, l’articolo 244, terzo comma, del codice doganale impone, in tal caso, la costituzione di una garanzia.

57. Come risulta dall’articolo 245 del codice doganale, le norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri.

58. Quanto alla procedura amministrativa in discussione nei procedimenti principali, essa è disciplinata dall’Awb. In via di principio, conformemente all’articolo 4:8 dell’Awb, gli organi dell’amministrazione, prima di prendere una decisione suscettibile di ledere un soggetto interessato che non abbia richiesto tale decisione, gli consentono di esporre il suo punto di vista sulla decisione da adottare.

59. Secondo l’articolo 4:12 dell’Awb tale principio può tuttavia non essere applicato relativamente a decisioni di natura finanziaria se, da un lato, un reclamo o un ricorso amministrativo possono essere esperiti contro una siffatta decisione e se, dall’altro, le conseguenze negative della decisione di cui trattasi possono essere interamente eliminate in esito al reclamo o al ricorso presentati contro quest’ultima.

60. Nei procedimenti principali è stata applicata la summenzionata disposizione.

61. Difatti, prima di poter proporre un ricorso giurisdizionale con possibilità di appello e di ricorso per cassazione, gli interessati hanno avuto la possibilità di presentare un reclamo presso l’autore della decisione e, conformemente all’articolo 7:2 dell’Awb, di essere sentiti nel contesto del suddetto reclamo.

62. Dalle osservazioni del governo dei Paesi Bassi risulta, inoltre, che tale reclamo viene proposto sulla base delle disposizioni di legge e dei fatti pertinenti quali si presentano alla data in cui è presa la decisione sul reclamo, cosicché le conseguenze negative della decisione iniziale potrebbero essere eliminate all’esito del procedimento di reclamo. Nella fattispecie, le eventuali conseguenze negative di intimazioni di pagamento, quali quelle in discussione nei procedimenti principali, potrebbero essere eliminate a posteriori, poiché il pagamento potrebbe essere rinviato in caso di reclamo e la decisione di intimazione di pagamento potrebbe essere sospesa in attesa dell’esito del reclamo (e del ricorso) in forza delle norme nazionali.

63. Tuttavia, in udienza, il governo dei Paesi Bassi ha fatto presente che la sospensione dell’esecuzione della decisione di intimazione di pagamento non è automatica, ma deve essere chiesta dal destinatario dell’intimazione di pagamento contestata in sede di reclamo. Detto governo fa parimenti valere che la sospensione è di regola concessa e che siffatta concessione di principio è prevista da una circolare ministeriale.

64. Il procedimento di reclamo non ha quindi l’effetto di sospendere automaticamente l’esecuzione della decisione lesiva e di renderla immediatamente inapplicabile.

65. Orbene, dalla sentenza Texdata Software (EU:C:2013:588, punto 85), risulta che quest’ultima caratteristica può assumere una certa importanza nella valutazione di una eventuale giustificazione della restrizione del diritto di essere ascoltati prima dell’adozione di una decisione lesiva.

66. Nella citata sentenza la Corte ha infatti giudicato che l’applicazione di una penalità senza preventivo sollecito né possibilità di contraddittorio prima che la sanzione sia irrogata non sia idonea a ledere il contenuto essenziale del diritto fondamentale di cui trattasi, dal momento che la proposizione del ricorso motivato contro il provvedimento che ha inflitto l’ammenda la rende immediatamente inapplicabile e avvia il processo ordinario nell’ambito del quale il diritto al contraddittorio può essere rispettato (sentenza Texdata Software, EU:C:2013:588, punto 85).

67. Ciò nondimeno, dalla giurisprudenza citata al punto precedente non si può desumere che, in mancanza di un’audizione prima dell’adozione di un’intimazione di pagamento, la presentazione di un reclamo o di un ricorso amministrativo contro tale intimazione di pagamento debba necessariamente avere l’effetto di sospendere automaticamente l’esecuzione dell’intimazione di pagamento in parola al fine di garantire il rispetto del diritto ad essere sentiti nel contesto di siffatto reclamo o ricorso.

68. In considerazione dell’interesse generale dell’Unione a recuperare tempestivamente le entrate proprie, menzionato al punto 54 della presente sentenza, l’articolo 244, secondo comma, del codice doganale prevede che la presentazione di un ricorso contro un’intimazione di pagamento ha l’effetto di sospendere l’esecuzione dell’intimazione stessa soltanto quando vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato.

69. È d’uopo ricordare che, secondo giurisprudenza costante, le disposizioni del diritto dell’Unione, come quelle del codice doganale, devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali, che, in base ad una costante giurisprudenza, fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza (v., in tal senso, sentenze Österreichischer Rundfunk e a., C465/00, C138/01 e C139/01 (8), EU:C:2003:294, punto 68, nonché Google Spain e Google, C131/12 (9), EU:C:2014:317, punto 68).

70. In tale contesto le disposizioni nazionali di attuazione delle condizioni ex articolo 244, secondo comma, del codice doganale per la concessione di una sospensione dell’esecuzione dovrebbero, in mancanza di una previa audizione, garantire che siffatte condizioni, ossia che sussistano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o che si debba temere un danno irreparabile per l’interessato, non siano applicate o interpretate restrittivamente.

71. Nei procedimenti principali la sospensione dell’esecuzione delle intimazioni di pagamento in caso di reclamo è concessa in applicazione di una circolare ministeriale. Spetta al giudice del rinvio verificare che suddetta circolare sia idonea a consentire ai destinatari di intimazioni di pagamento, in mancanza di una previa audizione, di ottenere la sospensione della loro esecuzione fino al momento di un’eventuale riforma delle stesse, affinché il diritto di ottenere siffatta sospensione dell’esecuzione sia effettivo.

72. In ogni caso, la procedura amministrativa nazionale che traspone l’articolo 244, secondo comma, del codice doganale, non può restringere la concessione di tale sospensione, allorché sussistono motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato.

73. Ciò considerato, occorre rispondere alla seconda questione, sub a), che il principio del rispetto dei diritti della difesa e, segnatamente, il diritto di ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di un provvedimento individuale lesivo, devono essere interpretati nel senso che, quando il destinatario di un’intimazione di pagamento adottata a titolo di una procedimento di recupero a posteriori di dazi doganali all’importazione, in applicazione del codice doganale, non è stato sentito dall’amministrazione prima dell’adozione di tale decisione, i suoi diritti della difesa sono violati quand’anche abbia la possibilità di fare valere la sua posizione nel corso di una fase di reclamo amministrativo ulteriore, se la normativa nazionale non consente ai destinatari di siffatte intimazioni, in mancanza di una previa audizione, di ottenere la sospensione della loro esecuzione fino alla loro eventuale riforma. È quanto avviene, in ogni caso, se la procedura amministrativa nazionale che attua l’articolo 244, secondo comma, del codice doganale, limita la concessione di siffatta sospensione allorché vi sono motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato.

Sulla seconda questione, sub b), e sulla terza questione

74. Con la seconda questione, sub b), e con la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le conseguenze giuridiche della violazione da parte dell’amministrazione del principio del rispetto dei diritti della difesa siano determinate dal diritto nazionale, e quali siano le circostanze di cui può tenere conto il giudice nazionale nell’ambito della sua verifica. Esso chiede, in particolare, se il giudice nazionale possa prendere in considerazione l’ipotesi in cui il risultato dell’iter decisionale sarebbe stato identico qualora il diritto ad essere previamente sentiti fosse stato rispettato.

75. Al riguardo è d’uopo innanzitutto ricordare che la Corte ha già dichiarato che, quando il diritto dell’Unione non fissa né le condizioni alle quali deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa né le conseguenze della violazione di tali diritti, tali condizioni e tali conseguenze rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v. sentenza G. e R., EU:C:2013:533, punto 35 nonché giurisprudenza ivi citata).

76. Siffatta soluzione è applicabile alla materia doganale nella misura in cui l’articolo 245 del codice doganale rinvia espressamente al diritto nazionale precisando che «[l]e norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri».

77. Cionondimeno, se gli Stati membri possono legittimamente consentire l’esercizio dei diritti della difesa secondo le stesse modalità previste per la disciplina delle situazioni interne, tali modalità devono essere conformi al diritto dell’Unione e, in particolare, non compromettere l’effetto utile del codice doganale (sentenza G. e R., EU:C:2013:533, punto 36).

78. Orbene, come osservato dalla Commissione, l’obbligo che incombe al giudice nazionale di garantire pienamente l’effetto del diritto dell’Unione non comporta la conseguenza d’imporre che una decisione impugnata, poiché adottata in violazione dei diritti della difesa, segnatamente del diritto di essere sentiti, sia annullata nella totalità dei casi.

79. Difatti, secondo il diritto dell’Unione, una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso (v., in tal senso, sentenze Francia/Commissione, C301/87 (10), EU:C:1990:67, punto 31; Germania/Commissione, C288/96 (11), EU:C:2000:537, punto 101; Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C141/08 P (12), EU:C:2009:598, punto 94; Storck/UAMI, C96/11 P (13), EU:C:2012:537, punto 80, nonché G. e R., EU:C:2013:533, punto 38).

80. Di conseguenza, una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa comporta l’annullamento della decisione di cui trattasi soltanto quando, senza tale violazione, il procedimento avrebbe potuto condurre ad un risultato differente.

81. Si deve rilevare che, nei procedimenti principali, gli interessati medesimi riconoscono che il procedimento di reclamo non avrebbe avuto un esito diverso se essi fossero stati sentiti prima della decisione controversa, dato che essi non contestano la classificazione doganale operata dall’amministrazione fiscale.

82. Alla luce delle suesposte considerazioni occorre rispondere alla seconda questione, sub b), e alla terza questione che le condizioni in cui deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa e le conseguenze della violazione di tali diritti rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

Sulle spese

83. Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1) Il principio del rispetto dei diritti della difesa da parte dell’amministrazione e il diritto che ne deriva, per ogni persona, di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi, quali si applicano nell’ambito del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, possono essere fatti valere direttamente, dai singoli, dinanzi ai giudici nazionali.

2) Il principio del rispetto dei diritti della difesa e, segnatamente, il diritto di ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di un provvedimento individuale lesivo, devono essere interpretati nel senso che, quando il destinatario di un’intimazione di pagamento adottata a titolo di un procedimento di recupero a posteriori di dazi doganali all’importazione, in applicazione del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, non è stato sentito dall’amministrazione prima dell’adozione di tale decisione, i suoi diritti della difesa sono violati quand’anche abbia la possibilità di fare valere la sua posizione nel corso di una fase di reclamo amministrativo ulteriore, se la normativa nazionale non consente ai destinatari di siffatte intimazioni, in mancanza di una previa audizione, di ottenere la sospensione della loro esecuzione fino alla loro eventuale riforma. È quanto avviene, in ogni caso, se la procedura amministrativa nazionale che attua l’articolo 244, secondo comma, del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, limita la concessione di siffatta sospensione allorché vi sono motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato.

3) Le condizioni in cui deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa e le conseguenze della violazione di tali diritti rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

 

 

(1) Corte Giust. CE 18 dicembre 2008, causa C-349/07, in Boll. Trib. On-line.

(2) Corte Giust. UE 22 novembre 2012, causa C-277/11, in Boll. Trib. On-line.

(3) Corte Giust. UE 22 ottobre 2013, causa C-276/12, in Boll. Trib. On-line.

(4) Corte Giust. UE 10 settembre 2013, causa C-383/13, in Boll. Trib. On-line.

(5) Corte Giust. UE 26 settembre 2013, causa C418/11, in Boll. Trib. On-line.

(6) Corte Giust. CE 23 febbraio 2006, causa C-546/03, in Boll. Trib. On-line.

(7) Corte Giust. CE 17 giugno 2010, causa C423/08, in Boll. Trib. On-line.

(8) Corte Giust. CE 20 maggio 2003, cause riunite C-465/00, C-138/01 e C-139/01, in Boll. Trib. On-line.

(9) Corte Giust. UE 13 maggio 2014, causa C131/12, in Boll. Trib. On-line.

(10) Corte Giust. CEE 14 febbraio 1990, causa C-301/87, in Boll. Trib. On-line.

(11) Corte Giust. CE 5 ottobre 2000, causa C-288/96, in Boll. Trib. On-line.

(12) Conclusioni Avv. Generale 14 maggio 2009, causa C-141/08, in Boll. Trib. On-line.

(13) Corte Giust. UE 6 settembre 2012, causa C-96/11, in Boll. Trib. On-line.

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