10 Aprile, 2018

Circolare 21 marzo 2018, n. 13/RGS, in G.U. n. 83 del 10.4.2018

“Premessa
A decorrere dal 1° marzo 2018, per i pagamenti di importo superiore
a cinquemila euro (diecimila euro per il periodo antecedente)
disposti dalle pubbliche amministrazioni (e dalle societa’
interamente partecipate dalle stesse), occorre rispettare le
prescrizioni stabilite dall’art. 48-bis del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 – introdotto dall’art. 2,
comma 9, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 – nonche’ quelle
recate dal relativo regolamento di attuazione, adottato con decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40.
Orbene, ancorche’ la disciplina di cui all’art. 48-bis – almeno
nella sua struttura di base e al netto delle modifiche normative
intervenute – sia in vigore da circa un decennio e sebbene in via
interpretativa, attraverso documenti di prassi, siano stati
affrontati e risolti vari aspetti critici, nel corso del tempo, in
disparte dalle accennate modifiche normative, sono emerse fattispecie
nuove o particolari, per cui, allo scopo di fornire un ulteriore
ausilio orientativo, soprattutto ai soggetti preposti ai controlli
amministrativi e contabili presso gli enti, principalmente pubblici,
interessati, si e’ ravvisata l’opportunita’ di diramare chiarimenti
aggiuntivi a quelli sinora diffusi.
Pertanto, nella presente circolare – il cui contenuto e’ stato
condiviso con il Dipartimento delle finanze che ne e’ co-firmatario –
nel dare ovviamente conto delle novita’ legislative recentemente
sopravvenute, sono analizzati taluni profili critici, tra quelli
ritenuti piu’ interessanti e di maggiore rilevanza, presentatisi
spesso ultimamente, onde offrire le soluzioni interpretative reputate
corrette.
Cio’ premesso, si rivela decisamente funzionale, oltre che
doveroso, riproporre preliminarmente una breve ricognizione della
disciplina di settore e delle istruzioni diramate, accennando pure
alle disposizioni normative che, in qualche modo, presentano dei
riflessi significativi per la tematica trattata, pur non incidendo in
via diretta sulla stessa.

1. Principali riferimenti normativi e documenti di prassi
Il riferimento normativo cardine e’ costituito, ovviamente,
dall’art. 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
602/1973, che, per pronta consultazione, e’ di seguito trascritto nel
testo attualmente vigente, come modificato, da ultimo, dall’art. 1,
comma 986, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
«1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di
cui al comma 2, le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma
2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le societa’ a
prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque
titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro,
verificano, anche in via telematica, se il beneficiario e’
inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di
una o piu’ cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari
almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al
pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione
competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attivita’ di
riscossione delle somme iscritte a ruolo. La presente disposizione
non si applica alle aziende o societa’ per le quali sia stato
disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell’art. 12-sexies del
decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero della legge 31 maggio 1965,
n. 575, ovvero che abbiano ottenuto la dilazione del pagamento ai
sensi dell’art. 19 del presente decreto.
2. Con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da
adottare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, sono stabilite le modalita’ di attuazione delle disposizioni
di cui al comma 1.
2-bis. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro
dell’economia e delle finanze, l’importo di cui al comma 1 puo’
essere aumentato, in misura comunque non superiore al doppio, ovvero
diminuito.».
Il comma 988 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 fissa, altresi’,
la decorrenza dell’applicazione della nuova soglia di cinquemila
euro, rispetto a quella precedente di diecimila euro, al 1° marzo
2018.
Come accennato, la specifica disciplina attuativa e’ contenuta nel
regolamento di cui al decreto ministeriale n. 40/2008, pure
interessato da modifiche direttamente operate dall’art. 1, comma 987,
della legge n. 205/2017. Al riguardo, e’ imprescindibile mettere in
luce la novita’ recata dalla lettera b) dell’anzidetto comma 987, con
cui, a far data dal 1° marzo 2018, la sospensione del pagamento al
beneficiario, nel caso risultasse inadempiente all’obbligo di
versamento, vede il termine fissato dall’art. 3, comma 4, del decreto
ministeriale n. 40/2008, aumentare da trenta a sessanta giorni. Va
parimenti evidenziato che, in disparte dalle modifiche normative
apportate, il successivo comma 989 statuisce che resta fermo il
potere regolamentare previsto dal comma 2 dell’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973.
In aggiunta, poi, varie altre disposizioni di legge prendono in
considerazione, in modo piu’ o meno diretto, la fattispecie esposta
nel nominato art. 48-bis. Cosi’, senza pretesa di esaustivita’, di
seguito si da’ cenno delle norme apparse maggiormente meritevoli di
menzione, riportate secondo un criterio meramente cronologico.
In primo luogo, e’ da rimarcare la prescrizione recata dall’art. 1,
comma 4-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, secondo il quale,
in presenza della segnalazione di cui al citato art. 48-bis, il
soggetto pubblico deve comunque procedere al pagamento in favore del
beneficiario delle somme eccedenti l’ammontare del debito oggetto
dell’inadempimento – comprensivo delle spese e degli interessi di
mora dovuti – salvo quanto disposto dall’art. 72-ter del menzionato
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e dall’art. 545
del codice di procedura civile. Il successivo comma 4-ter del
ricordato art. 1 sancisce, in particolare, come il mancato pagamento
dell’eccedenza in parola costituisca violazione dei doveri d’ufficio.
In secondo luogo – con puntuale riferimento ai crediti «certi,
liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle pubbliche
amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, per somministrazioni, forniture ed appalti e
per obbligazioni relative a prestazioni professionali alla data del
31 dicembre 2013», crediti certificabili tramite la piattaforma
elettronica di cui all’art. 7, comma 1, del decreto-legge 8 aprile
2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno
2013, n. 64 – l’art. 37 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, nel
disciplinare la cessione dei crediti certificati, dispone che la
verifica ai sensi dell’art. 48-bis deve essere effettuata dalle
pubbliche amministrazioni all’atto della certificazione dei crediti
esclusivamente nei confronti dei soggetti creditori e, all’atto del
pagamento, unicamente nei confronti del cessionario (comma 7-ter).
Di rilievo sono pure talune previsioni del codice dei contratti
pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. In
particolare, l’art. 80, comma 4 – modificato dall’art. 49, comma 1,
lettera d), del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 – annovera
tra le cause di esclusione di un operatore economico dalla
partecipazione a una procedura d’appalto la commissione di gravi
violazioni, definitivamente accertate (in quanto contenute in
sentenze o atti amministrativi non piu’ soggetti ad impugnazione),
rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o
dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o
quella dello Stato in cui sono stabiliti, affermando, altresi’, che
costituiscono gravi violazioni «quelle che comportano un omesso
pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’art.
48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 602.» (su siffatta previsione «espulsiva» – in
vigenza della disposizione, di analogo tenore, di cui all’art. 38,
comma 1, lettera g, e comma 2, del decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163 – Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 4606 del 3
novembre 2016).
Oltre alla normativa citata, occorre ricordare i vari documenti di
prassi diramati in ordine all’applicazione dell’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, dei quali si e’
dato sinora solo incidentalmente cenno.
Piu’ nello specifico, si rappresenta che i documenti di prassi
tuttora da ritenere validi – fatte salve minime parziali eccezioni,
dovute fondamentalmente a interventi normativi sopravvenuti e delle
quali si dara’ conto nel prosieguo – sono i seguenti:
circolare 29 luglio 2008, n. 22/RGS, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale – Serie generale – n. 186 del 9 agosto 2008;
circolare 8 ottobre 2009, n. 29/RGS, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale – Serie generale – n. 246 del 22 ottobre 2009;
circolare 23 settembre 2011, n. 27/RGS, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale – Serie generale – n. 253 del 29 ottobre 2011.
E’ appena il caso di soggiungere che detti documenti, oltre ad
essere stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale, sono liberamente
consultabili on-line sul sito istituzionale del Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato, all’indirizzo www.rgs.mef.gov.it
nella sezione «Consulta l’archivio circolari».

2. Ambito soggettivo
L’art. 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
602/1973, quanto alla delimitazione del perimetro inerente ai
soggetti tenuti alla sua applicazione, indica «le amministrazioni
pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e le societa’ a prevalente partecipazione
pubblica», mentre l’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto
ministeriale n. 40/2008, ricomprende tra i soggetti obbligati a
eseguire la verifica di inadempienza solo «le Amministrazioni
pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165
del 2001, e le societa’ a totale partecipazione pubblica», stante il
rinvio, operato dal successivo art. 6, ad altro regolamento – al
momento non ancora adottato – per la disciplina applicabile «anche
nei confronti delle societa’ a prevalente partecipazione pubblica.».
Cio’ premesso, nel corso del tempo sono insorte diverse
perplessita’ circa la precisa delimitazione dell’ambito soggettivo
«attivo», cioe’ degli enti e delle societa’ tenuti ad ottemperare
agli obblighi di verifica di cui al cennato art. 48-bis, sia in
ordine a talune particolari tipologie di enti sia in ragione della
disciplina sopravvenuta in tema, genericamente, di pubbliche
amministrazioni e di finanza pubblica (il riferimento principale e’
al conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e
all’elenco delle unita’ istituzionali appartenenti al settore delle
amministrazioni pubbliche redatto dall’Istituto nazionale di
statistica – ISTAT, ai sensi dell’art. 1, commi 2 e 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, tra l’altro piu’ volte oggetto di modifiche e
integrazioni).
Cosicche’ – in disparte dalle esclusioni esplicite contenute nel
medesimo art. 48-bis, comma 1, riguardanti le aziende e le societa’
per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca ai sensi
dell’art. 12-sexies del decreto-legge n. 306/1992 – se non sono sorti
dubbi, ad esempio, in ordine all’assoggettamento all’obbligo in
argomento per quanto attiene alle amministrazioni statali e agli enti
pubblici non economici, qualche criticita’ e’ stata manifestata con
riguardo alle societa’ interamente partecipate e, soprattutto, a una
serie di soggetti, numericamente contenuta, ma di tipologia varia,
quali gli enti pubblici economici, le aziende speciali, le aziende
speciali consortili, le fondazioni di «diritto pubblico», le
associazioni e gli enti a struttura associativa.
In proposito, si rammenta che alcune indicazioni circa l’obbligo di
ottemperare alla disciplina recata dall’art. 48-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 sono state fornite nei citati
documenti di prassi. Cosi’, segnatamente alle societa’ interamente
partecipate, si conferma quanto esposto nella circolare n. 22/RGS del
2008 secondo cui «le societa’ tenute a dare applicazione alla
disciplina in discorso sono esclusivamente quelle a totale
partecipazione pubblica diretta.».
Quanto alle altre tipologie di enti, stante pure il progressivo
sviluppo nel corso del tempo di piu’ approfondite analisi
interpretative – attente a rispettare la lettera e la ratio della
disciplina specifica, senza comprometterne la coerenza di fondo – si
rappresenta di seguito il frutto delle conclusioni maturate.
Circa gli enti pubblici economici – tra i quali rientrano, ad
esempio, i consorzi di sviluppo industriale (art. 36 della legge 5
ottobre 1991, n. 317) – va chiaramente rilevato come, a rigore,
l’art. 48-bis, nel richiamare espressamente le «amministrazioni
pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e le societa’ a prevalente partecipazione
pubblica», non li annoveri esplicitamente tra i soggetti obbligati.
Tuttavia, ragioni sostanziali e di ordine logico e giuridico
militano a far ritenere che l’obbligo in discorso sussista anche in
capo agli enti pubblici economici.
In primo luogo, infatti, si profilerebbe come gravemente
disarmonico un sistema dove, nell’applicazione dell’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, gli enti
pubblici economici risultassero esclusi da un obbligo legale, fissato
a tutela della pronta riscossione di crediti aventi rilevanza
pubblica (in massima parte di natura tributaria e previdenziale),
posto a carico, invece, oltre che delle amministrazioni dello Stato e
degli enti pubblici non economici, delle societa’ – a prescindere
dalle dimensioni e dalla forma giuridica – a prevalente
partecipazione pubblica, alle quali, evidentemente, partecipano nel
capitale di rischio pure soggetti privati (ai fini dell’analisi
ermeneutica svolta, non rileva il fatto che dette societa’, in virtu’
del rinvio operato dall’art. 6 del decreto ministeriale n. 40/2008 a
un regolamento ancora da emanare, non siano, al momento,
concretamente assoggettate all’obbligo de quo). In altri termini,
apparirebbe come poco ragionevole che una previsione di legge ponesse
un obbligo, per la tutela di ragioni di credito pubbliche, a carico
di societa’ pubbliche partecipate anche da privati, escludendone,
invece, gli enti pubblici economici i quali, ad ogni modo, perseguono
ontologicamente interessi pubblici.
In secondo luogo, non puo’ essere trascurato che gli enti pubblici
economici, pur agendo prevalentemente secondo la disciplina
privatistica, dispongono sempre di un potere pubblicistico – il cui
livello minimo e’ costituito dal potere di autoorganizzazione,
esercitato attraverso l’emanazione di regolamenti o statuti, assente
nell’ambito giuridico societario – e sono sottoposti a controlli
specifici, tra cui spicca l’esercizio della vigilanza (soprattutto
sugli organi) da parte dell’amministrazione pubblica di riferimento
nonche’, talora, della Corte dei conti.
A margine, poi, non va dimenticato che storicamente non poche delle
societa’ oggi partecipate dallo Stato erano, inizialmente, enti
pubblici economici di afferenza statale, assumendo la veste giuridica
societaria nel corso del tempo (e’ il caso, ad esempio, della
trasformazione in societa’ per azioni delle Ferrovie dello Stato
italiane – FS o anche FSI, delle Poste italiane, di Cassa depositi e
prestiti – CDP).
Dagli esempi ricordati emerge abbastanza nitidamente che,
nell’ambito dell’evoluzione dell’assetto organizzativo pubblico, non
e’ certo raro riscontrare il passaggio della trasformazione giuridica
da ente pubblico economico a societa’ di capitali (talvolta anche
viceversa, come e’ accaduto dal 1° luglio 2017 per Equitalia servizi
di riscossione S.p.a., societa’ interamente posseduta dall’Agenzia
delle entrate e dall’Istituto nazionale della previdenza sociale –
INPS, divenuta ente pubblico economico, con il nome di Agenzia delle
entrate – Riscossione, di seguito, per brevita’, anche AdER), per cui
apparirebbe singolare, relativamente agli aspetti qui d’interesse,
ritenere che un ente nella sua «fase» di ente pubblico economico non
risulti assoggettato agli obblighi di natura pubblicistica scaturenti
dalle previsioni dell’art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973, mentre siffatti obblighi scatterebbero nella
sua successiva «fase» di sostanziale evoluzione privatistica, con la
trasformazione in societa’ commerciale, o, all’opposto, che,
assoggettato all’obbligo di verifica nella sua veste societaria, ne
risultasse escluso dal momento di trasformazione in ente pubblico
economico.
Per quanto sopra, si esprime l’avviso, in sintesi, che una corretta
interpretazione delle finalita’ della disciplina in argomento, non
disgiuntamente da ragioni sistematiche e dalla maggiore rispondenza a
principi di ragionevolezza, conduca a far ritenere che gli enti
pubblici economici, prima di effettuare pagamenti di importo
superiore alla soglia individuata dalla legge, debbano svolgere nei
confronti dei beneficiari la verifica di cui all’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973.
In buona sostanza, si e’ dell’opinione che – segnatamente
all’ambito pubblico – tutte le amministrazioni pubbliche, statali o
meno, e gli enti pubblici, anche economici, siano tenuti a dare
seguito e rispettare la disciplina recata dall’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e dal relativo
regolamento di attuazione adottato con il decreto ministeriale n.
40/2008.
Siffatta conclusione permette, altresi’, di sciogliere i dubbi
profilati nei confronti delle aziende speciali, anche consortili, e
delle altre aziende pubbliche in considerazione della loro
riconducibilita’ nell’ambito degli enti pubblici (Consiglio di Stato,
sezione IV, sentenza n. 820 del 20 febbraio 2014; Autorita’ nazionale
anticorruzione – ANAC, orientamento n. 15/2015/AC del 30 aprile
2015), indipendentemente dal fatto che le stesse siano qualificate
come enti pubblici economici o meno, rientrando egualmente
nell’obbligo di effettuare, ricorrendone gli altri presupposti, la
verifica contemplata dall’art. 48-bis del decreto del Presidente
della Repubblica n. 602/1973.
Per quanto concerne, poi, altri soggetti, quali, ad esempio, le
fondazioni e le associazioni di enti pubblici (queste ultime
denominate, in alcune classificazioni, enti a struttura associativa),
e’ da ritenere che all’interno del perimetro sinora delineato –
comprensivo delle amministrazioni pubbliche individuate dall’art. 1,
comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, dagli enti pubblici,
anche economici, nonche’ dalle societa’ interamente partecipate e, in
prospettiva, dalle societa’ a prevalente partecipazione pubblica –
non siano riconducibili le fondazioni e le associazioni, benche’
fondate e costituite da soggetti pubblici. Infatti, si tratterebbe di
una dilatazione eccessiva dell’area dei soggetti tenuti
all’effettuazione della verifica contemplata dall’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, giuridicamente
non fondata.
Da quanto esposto discende, ad esempio, che gli enti di previdenza
e assistenza sociale – aventi natura di associazione o fondazione e
personalita’ di diritto privato, giusta previsioni dell’art. 1 del
decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 – non rientrino cosi’ tra
i soggetti tenuti, al ricorrere delle altre condizioni, ad effettuare
la verifica contemplata dall’art. 48-bis del decreto del Presidente
della Repubblica n. 602/1973, ne’ vi rientrino gli enti a struttura
associativa, sempreche’ non abbiano personalita’ giuridica di diritto
pubblico, ancorche’ indicati nell’elenco ISTAT, stante lo schema
civilistico sostanzialmente osservato, a prescindere dalla
circostanza di essere costituiti, interamente o meno, da enti
pubblici.
Infine, sempre in ordine all’ambito soggettivo «attivo», un cenno
va dato anche alle gestioni commissariali, previste non di rado da
norme, statali o regionali, in relazione a settori specifici o a
situazioni particolari. In proposito, non sembra possano sussistere
dubbi circa la loro riconducibilita’ nell’alveo delle pubbliche
amministrazioni, non solo per la fonte che le istituisce o
disciplina, ma soprattutto per i poteri che le connotano. Pertanto,
anche le gestioni commissariali, ricorrendone i presupposti di legge,
sono tenute ad effettuare, prima di procedere al pagamento, la
verifica contemplata dall’art. 48-bis del decreto del Presidente
della Repubblica n. 602/1973.
Esemplificando, le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1,
comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, e gli enti pubblici,
economici e non economici, e le societa’ interamente direttamente
partecipate soggiacciono all’obbligo di effettuare l’anzidetta
verifica, al ricorrere dei presupposti di legge, mentre risultano
esclusi dal medesimo obbligo, pure se presenti nell’elenco ISTAT, le
fondazioni e le associazioni.
Per completezza, relativamente all’ambito soggettivo «passivo»,
rappresentato dai soggetti beneficiari dei pagamenti, si rammenta che
tale tema e’ stato gia’ affrontato nella circolare n. 22/RGS del
2008, nel paragrafo Rapporti nell’ambito della pubblica
amministrazione, al quale pure si rimanda. Sul punto, pero’, appare
conveniente svolgere qualche ulteriore considerazione, atteso che in
detta circolare si e’ espresso l’avviso che il menzionato art. 48-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 non trovi
applicazione per i pagamenti disposti a favore delle amministrazioni
pubbliche ricomprese nell’elenco ISTAT, poiche’, in generale, tra le
diverse amministrazioni pubbliche – essendo tutte riconducibili, in
modo piu’ o meno diretto, all’unico soggetto pubblico originario e
sovrano sul territorio, cioe’ lo Stato – non sussistono quegli
obblighi di garanzia e cautela in materia di adempimento delle
cartelle di pagamento sottesi alla ratio dell’art. 48-bis. Infatti,
non sembra superfluo soggiungere che, per ragioni di simmetria, le
amministrazioni pubbliche che risultano tenute ad effettuare la
verifica prescritta dall’art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973, non possono a loro volta, quando risultanti
beneficiarie dei pagamenti, essere sottoposte alla verifica in
discorso.
In definitiva, onde chiarire i rapporti tra amministrazioni
pubbliche, enti e societa’ rientranti nell’ambito soggettivo
dell’art. 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
602/1973, si ritiene non ricorra l’obbligo dell’espletamento della
verifica, prevista all’art. 2 del decreto ministeriale n. 40/2008,
nelle ipotesi di pagamenti disposti da tutti i suddetti soggetti tra
loro: amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto
legislativo n. 165/2001, nonche’, per le motivazioni sopra
illustrate, gli enti pubblici, anche economici, e le societa’ a
totale partecipazione pubblica diretta.

3. Scissione dei pagamenti
Il regime della scissione dei pagamenti, c.d. «split payment» –
disciplinato dall’art. 17-ter del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotto dall’art. 1, comma
629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e recentemente
modificato prima dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 24 aprile
2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno
2017, n. 96, e ancora dall’art. 3, comma 1, del decreto-legge 16
ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4
dicembre 2017, n. 172 – ha comportato, per i soggetti che ne
risultano destinatari, la suddivisione dei pagamenti dovuti in
adempimento di contratti di lavori, servizi o forniture, tra
l’imponibile ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto – IVA, da un
lato, e il relativo tributo, dall’altro. Si tratta di un regime
transitorio che, in deroga agli articoli 206 e 226 della direttiva
2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, il Consiglio
dell’Unione europea ha accordato all’Italia, accettando la richiesta
avanzata in proposito, con la decisione n. 2017/784 del 25 aprile
2017, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea n. L
118 del 6 maggio 2017, e che terminera’ il 30 giugno 2020.
Nello specifico, l’art. 17-ter, comma 1, del decreto del Presidente
della Repubblica n. 633/1972, stabilisce, per quanto qui d’interesse,
che le pubbliche amministrazioni – nonche’ altri soggetti, solo in
parte riconducibili all’ambito di applicazione dell’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, quali le
societa’ interamente partecipate da amministrazioni pubbliche – che
non sono debitrici d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia
di IVA devono, in ogni caso, versare direttamente all’erario,
anziche’ al fornitore, l’imposta indicata in fattura.
Si tratta di un regime secondo il quale, in buona sostanza, le
amministrazioni pubbliche (e, come detto, talune societa’ oltre ad
alcune fondazioni) interessate, anziche’ provvedere, come
ordinariamente previsto, ad eseguire un unico pagamento al proprio
fornitore, ne dovranno effettuare due distinti: un primo, concernente
il corrispettivo dei lavori, prestazioni o forniture, direttamente al
fornitore; un secondo, anche dal punto di vista temporale, inerente
alla relativa IVA, da compiere a favore dell’erario.
Tale circostanza ha, quindi, rimesso in discussione, per certi
versi, quanto esposto nella circolare n. 22/RGS del 2008, laddove e’
affermato che «la soglia di diecimila euro (cinquemila a decorrere
dal 1° marzo 2018, n.d.r.), fissata dall’art. 48-bis per far scattare
l’obbligo di verifica, deve ritenersi al lordo dell’IVA» (paragrafo
Determinazione dell’importo del pagamento in ordine all’IVA).
Ne discende che, allorquando soggette al regime della scissione dei
pagamenti, le amministrazioni, ai fini dell’individuazione della
soglia dei cinquemila euro di cui all’art. 48-bis, non dovranno
considerare l’IVA, bensi’ dovranno tener conto, quindi, soltanto di
quanto effettivamente spettante in via diretta al proprio fornitore,
cioe’ dell’importo al netto dell’IVA.

4. Pagamento e giudizio di ottemperanza
L’obbligazione di pagamento da assoggettare alla verifica ex art.
48-bis puo’ derivare da contratto ovvero da fatto illecito o da «ogni
altro atto o fatto idoneo a produrla in conformita’ all’ordinamento
giuridico», giusta statuizioni dell’art. 1173 del codice civile,
«atti» nel cui novero rientrano anche i provvedimenti giurisdizionali
esecutivi (su tali profili, si rinvia, per ulteriori approfondimenti,
alla circolare n. 27/RGS del 2011).
Quanto sopra e’ da ritenere valido – fatte salve le ipotesi di
esclusione dall’obbligo della verifica come declinate nella normativa
di settore e come enucleate in via interpretativa nei piu’ volte
ricordati documenti di prassi – anche relativamente ai pagamenti
scaturenti da un giudizio di ottemperanza, ivi inclusi quelli
disposti, ricorrendone i presupposti, dal commissario ad acta
nominato dal giudice.
Infatti, a fronte dell’obbligo dell’amministrazione di conformarsi
al giudicato e agli altri provvedimenti equiparati per soddisfare la
pretesa del creditore, sussiste il correlato potere-dovere di
procedere alla verifica postulata dall’art. 48-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973. L’esercizio di tale
potere-dovere, fondato su una norma primaria, appare idoneo a
limitare l’obbligo dell’amministrazione di procedere al pagamento di
somme dovute anche qualora lo stesso si fondi, appunto, su un
giudicato.
Ne’ puo’ rivelarsi funzionale a superare l’intervenuto pignoramento
– disposto, a seguito della verifica di cui all’art. 48-bis, ai sensi
dell’art. 72-bis del medesimo decreto del Presidente della Repubblica
n. 602/1973 – un eventuale giudizio di ottemperanza promosso dal
creditore e volto ad ottenere il pagamento di quanto gia’
riconosciuto in sede giudiziale, ma a dispetto della situazione di
inadempienza concernente l’obbligo di versamento derivante dalla
notifica di una o piu’ cartelle di pagamento per un ammontare pari
almeno alla soglia fissata dalla legge.
Invero, l’esame del giudice dell’ottemperanza in ordine agli
effetti sull’obbligo dell’amministrazione di conformarsi alle
sentenze passate in giudicato e agli altri provvedimenti alle stesse
equiparati non puo’ prescindere ne’ puo’ ignorare l’altro obbligo,
incombente alla medesima amministrazione e fondato sulla legge, di
procedere alla verifica contemplata dall’art. 48-bis, che come piu’
volte indicato comporta, alla sussistenza di un inadempimento
all’obbligo di versamento scaturente da una o piu’ cartelle di
pagamento di importo pari o superiore alla soglia di legge, di
sospendere il pagamento e di segnalare l’inadempimento all’agente
della riscossione, affinche’ si attivi per riscuotere coattivamente
il debito iscritto a ruolo, nel rispetto delle condizioni previste
dall’art. 3 del decreto ministeriale n. 40/2008 (sostanzialmente in
tal senso, Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria, sezione I,
sentenza n. 23 del 3 gennaio 2014, nella quale, peraltro, sono pure
tracciate le analogie del procedimento previsto dall’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 con quello
contenuto nell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica
2010, n. 207, che «prevede il pagamento delle inadempienze accertate
mediante il documento unico di regolarita’ contributiva “direttamente
agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la
cassa edile”, previa trattenuta dall’importo corrispondente dal
certificato di pagamento.»).

5. Pagamento agli eredi del beneficiario originario
Puo’ accadere che, nelle more dell’effettuazione del pagamento,
avvenga il decesso del beneficiario, per cui si e’ posto il dubbio
circa l’eventuale sottoposizione degli eredi alla verifica
disciplinata dall’art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973, soprattutto allorche’ gli stessi abbiano
acquisito il diritto di credito a titolo ereditario e non iure
proprio (e’ il caso, ad esempio, delle indennita’ liquidate per il
decesso del lavoratore dante causa, ai sensi degli articoli 2118 e
2120 del codice civile). Cio’ precisato, non si ravvisano, fatte
salve specifiche ipotesi di esclusione legale, motivi idonei a
giustificare un’esclusione dagli obblighi di verifica posti dalla
disciplina in discorso: infatti, in una simile evenienza, la verifica
sara’ eseguita nei confronti degli eredi separatamente considerati,
invece che nei riguardi del loro dante causa. Al limite, potra’
accadere che l’importo originariamente dovuto, a seguito del subentro
di una pluralita’ di eredi con il conseguente frazionamento delle
somme spettanti a ciascuno, non raggiunga piu’ la soglia fissata
dall’art. 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
602/1973 (potrebbe essere il caso, ad esempio, di un canone di
locazione da pagare frazionatamente in favore degli eredi
dell’originario titolare del relativo contratto, essendo gli stessi
subentrati ex lege nel rapporto locativo). Nello specifico, si reputa
che la verifica vada effettuata nei confronti di ciascun coerede,
ovviamente per la parte allo stesso spettante in ragione della
singola quota ereditaria, sempreche’ detta quota singolarmente
considerata, e non la somma delle quote spettanti a tutti i coeredi,
superi la soglia fissata dalla legge.
In tema di pagamenti agli eredi, poi, vanno svolte ulteriori
precisazioni.
In primo luogo, occorre operare una riflessione sulle ipotesi che
non sono state ritenute assoggettate all’obbligo di verifica sancito
dall’art. 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
602/1973, allorquando sia stata la particolare condizione del
beneficiario a far propendere per una siffatta esclusione.
Invero, si espone l’avviso che in talune evenienze – tra le quali
possono essere ricomprese genericamente le fattispecie risarcitorie
«personali» – venendo meno le ragioni che, in via interpretativa,
sono state enucleate per sostenere un’esclusione dal menzionato
obbligo di verifica, i pagamenti disposti agli eredi risultino a buon
diritto, ferma restando la sussistenza degli altri presupposti di
legge, da assoggettare alla disciplina di cui all’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973. Cosi’, in ordine
alle indennita’ connesse allo stato di salute o al ristoro di un
danno biologico subito, con la circolare n. 22/RGS del 2008 e’ stato
chiarito come esse debbano essere escluse dall’obbligo di verifica di
cui al citato art. 48-bis, poiche’ trovano il loro fondamento
giuridico nella tutela costituzionalmente garantita del diritto alla
salute e all’integrita’ fisica, espressione di diritti fondamentali
della persona umana.
Coerentemente, una siffatta esclusione puo’ ritenersi valevole,
qualora il pagamento debba essere effettuato nei confronti del
diretto beneficiario, cioe’ della persona il cui diritto alla salute
sia stato leso – pure nella ragionevole presupposizione che siano
somme destinate a curare o, quantomeno, ad alleviare i postumi delle
lesioni subite – ma non allorche’ il pagamento sia erogato in favore
degli eredi del danneggiato, stante la non immediata riconducibilita’
alla tutela del diritto fondamentale alla salute del diritto di
credito da loro vantato in qualita’ di eredi, vertendosi, in
definitiva, di semplice prestazione patrimoniale.
Pertanto, nel caso, ad esempio, di una «pensione tabellare
privilegiata» riconosciuta con sentenza in esito ad un processo,
iniziato dalla persona avente diritto, deceduta in corso di causa,
successivamente riassunto dai suoi eredi, magari dapprima dal coniuge
e, a seguito della sua morte, dal figlio, non si appalesano ragioni
idonee a sostenere l’esclusione della verifica de qua.
Un’altra tematica da analizzare attiene alle indennita’ da
liquidare in caso di morte del prestatore di lavoro, peraltro gia’
affrontata nella circolare n. 29/RGS del 2009, segnatamente al
pagamento delle indennita’ di cui agli articoli 2118 del codice
civile (indennita’ di mancato preavviso) e 2120 del codice civile
(indennita’ di fine rapporto) da parte del datore di lavoro in favore
di un soggetto, diverso dal prestatore di lavoro, a causa del decesso
di quest’ultimo, secondo quanto statuito dall’art. 2122 del codice
civile.
Al riguardo, nella circolare teste’ citata e’ stato chiarito che la
verifica prevista dall’art. 48-bis deve svolgersi in capo al soggetto
(o ai soggetti) cui, in base all’art. 2122 codice civile, spettano le
indennita’ in discorso: segnatamente il coniuge, i figli e, se a
carico del lavoratore, i parenti entro il terzo grado e gli affini
entro il secondo grado (art. 2122, primo comma, codice civile)
nonche’, in mancanza delle predette persone, coloro che sono
individuati secondo le norme della successione legittima (art. 2122,
terzo comma, codice civile).
Cio’ nondimeno, sono state sollevate perplessita’ circa l’eventuale
esistenza di limiti alla pignorabilita’ delle indennita’ in argomento
da parte dell’agente della riscossione per il recupero coattivo dei
crediti iscritti a ruolo, specificatamente alla sussistenza dei
limiti – fissati dall’art. 72-ter del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973 – alla pignorabilita’ delle «somme dovute a
titolo di stipendio, di salario o di altre indennita’ relative al
rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di
licenziamento». Orbene, anche se l’ampiezza della locuzione «somme
dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennita’
relative al rapporto di lavoro o di impiego» sembrerebbe, prima
facie, poter ricomprendere anche le indennita’ di cui all’art. 2122
codice civile, non puo’ sottacersi come queste ultime non appaiano
«relative al rapporto di lavoro», trovando piuttosto il loro autonomo
fondamento in un diritto acquisito dal beneficiario iure proprio
(primo comma) ovvero iure successionis (terzo comma).
Inoltre, si rammenta che, alla luce del principio generale della
responsabilita’ patrimoniale del debitore inadempiente di cui
all’art. 2740 codice civile – secondo cui «Il debitore risponde
dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e
futuri. Le limitazioni della responsabilita’ non sono ammesse se non
nei casi stabiliti dalla legge» – le ipotesi di impignorabilita’
assoluta o relativa sono da considerarsi eccezionali e, come tali,
appaiono insuscettibili di interpretazione analogica ai sensi
dell’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, c.d.
«preleggi».
A tal proposito, la Corte costituzionale ha affermato che «la
tutela della certezza dei rapporti giuridici, in quanto collegata
agli strumenti di protezione del credito personale, non consente di
negare in radice la pignorabilita’ degli emolumenti ma di attenuarla
per particolari situazioni la cui individuazione e’ riservata alla
discrezionalita’ del legislatore» (sentenza n. 248 del 3 dicembre
2015).
In definitiva, considerata la portata e la ratio della disciplina
in discorso, in merito alla corresponsione, a favore dei soggetti
indicati dall’art. 2122 codice civile, di somme dovute a titolo di
indennita’ in caso di morte del prestatore di lavoro, non emergono
elementi idonei – in linea con i criteri interpretativi illustrati
nelle circolari diramate in materia (n. 22/RGS del 2008, n. 29/RGS
del 2009, e soprattutto, n. 27/RGS del 2011) – per escludere la
sussistenza dell’obbligo di verifica a norma dell’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e l’intero
assoggettamento di tali somme alle disposizioni recate dal successivo
art. 72-bis. Conseguentemente, qualora le somme erogate ex art. 2122
codice civile siano oggetto di pignoramento da parte dell’agente
della riscossione, si ritiene che non possano applicarsi le
limitazioni alla pignorabilita’ contemplate dall’art. 72-ter del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973.

6. Mandato con rappresentanza e procura all’incasso
Non pochi dubbi sono stati espressi dalle amministrazioni
interessate, laddove il beneficiario, anziche’ procedere direttamente
ad incassare il credito vantato, si sia avvalso di un terzo.
Caso tipico e’ il mandato con rappresentanza (art. 1704 codice
civile) – quello senza rappresentanza, per intuibili ragioni, non
puo’ neppure essere preso in considerazione, mancando la possibilita’
per il mandatario di spendere il nome del mandante – per cui il
mandatario agisce in nome e per conto del mandante e gli atti
conclusi dal primo (rappresentante) con il terzo producono gli
effetti giuridici direttamente in capo al secondo (rappresentato). Si
tratta di un negozio giuridico per mezzo del quale un soggetto, per
compiere atti che riguardano direttamente la propria sfera giuridica,
si avvale di un terzo che, quindi, agisce in suo nome e conto.
Ne discende abbastanza agevolmente che in una simile fattispecie la
verifica di cui all’art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973 non puo’ che essere espletata nei confronti
del solo mandante, trattandosi dell’unico effettivo beneficiario, a
prescindere dai rapporti sottostanti tra lo stesso e il mandatario.
Cio’ chiarito, le maggiori perplessita’ sono sorte con riferimento
alle somme liquidate a seguito di un giudizio il cui «percipiente»
risulti, infine, l’avvocato difensore.
Sul tema puntuale occorre distinguere se l’avvocato sia
antistatario o semplice incaricato all’incasso.
Per quanto attiene alle spese legali distratte in favore
dell’avvocato difensore della parte vincitrice nell’ambito di un
processo, l’art. 93 c.p.c. dispone che «Il difensore con procura puo’
chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle
spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari
non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate». Dal canto
suo, la giurisprudenza ha precisato che il credito sorge direttamente
a favore del difensore nei confronti del soccombente, dovendosi
escludere che si verta in un’ipotesi di cessione di credito, da parte
del cliente, al proprio difensore (Cassazione, sez. lavoro, sentenza
n. 15639 del 18 ottobre 2003).
Conseguentemente, ove l’amministrazione sia parte soccombente, con
riferimento al pagamento delle somme distratte ai sensi dell’art. 93
c.p.c., si e’ dell’avviso che solo in capo al difensore debba essere
effettuata la verifica prevista dall’art. 48-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973, in quanto effettivo titolare
del diritto di credito.
Al contrario, nel caso della procura all’incasso, pure rilasciata a
favore del proprio difensore, si rimarca che il mandato conferito ad
un terzo non produce il trasferimento della titolarita’ del diritto
di credito che rimane, cosi’, in capo al mandante, effettivo
beneficiario del pagamento, per cui si e’ dell’avviso che la verifica
in questione debba essere effettuata esclusivamente in capo a
quest’ultimo.
D’altro canto, una diversa interpretazione che conduca ad
effettuare la verifica nei confronti del soggetto delegato alla
riscossione potrebbe generare prevedibili effetti elusivi,
vanificando, quindi, le finalita’ perseguite dall’art. 48-bis in
ordine alla tutela dell’interesse erariale.

7. Verifica ex articolo 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973 e inadempienza contributiva
L’obbligo di verifica scaturente dall’art. 48-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 va pure posto in relazione
alla presenza degli elementi legittimanti l’intervento sostitutivo
previsto dall’art. 30, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016 –
come recentemente modificato dall’art. 20, comma 1, lettera b), del
decreto legislativo n. 56/2017 – in base al quale «In caso di
inadempienza contributiva risultante dal documento unico di
regolarita’ contributiva relativo a personale dipendente
dell’affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di
subappalti e cottimi di cui all’art. 105, impiegato nell’esecuzione
del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di
pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo
versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa,
nei lavori, la cassa edile.». Peraltro, siffatto intervento
sostituivo, benche’ con un orizzonte in parte diverso, e’ pure
previsto dall’art. 31, commi 3 e seguenti, del decreto-legge 21
giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9
agosto 2013, n. 98.
Infatti, puo’ porsi un problema di potenziale conflitto tra le
norme appena richiamate, allorche’, in sede di pagamento, siano
riscontrate contemporaneamente entrambe le ipotesi di inadempienza
considerate: contributiva e «fiscale».
In siffatta circostanza, quindi, deve essere stabilito se vada
prioritariamente effettuato il pagamento, in via sostituiva, dei
contributi dovuti dal beneficiario inadempiente, giusta lettera del
nominato art. 30, comma 5, del decreto legislativo n. 50/2016, ovvero
disposto il pagamento nei confronti dell’agente della riscossione a
fronte della verifica di cui all’art. 48-bis – e del successivo
pignoramento ex art. 72-bis – del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973.
Come accennato, l’art. 30, comma 5, del decreto legislativo n.
50/2016 – ma l’obbligo era stato gia’ introdotto dall’art. 4, comma
2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207/2010 – in
sintesi prevede che, qualora il Documento unico di regolarita’
contributiva – DURC relativo a personale dipendente dell’affidatario
o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi
non risultasse regolare, la stazione appaltante e’ tenuta a
trattenere l’importo corrispondente all’inadempienza per il
successivo versamento diretto ai competenti enti previdenziali e
assicurativi, mentre l’art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973, in presenza di cartelle di pagamento
inadempiute per un importo pari almeno alla soglia fissata dalla
legge, concede all’agente della riscossione di procedere, osservando
il procedimento delineato dal successivo art. 72-bis, al pignoramento
presso terzi.
Senonche’, si reputa che, a fronte della possibilita’ concessa
all’agente della riscossione, sussista a carico della stazione
appaltante un obbligo preciso, fissato ora pure da una norma di rango
primario – attuativa, in particolare, delle direttive dell’Unione
europea 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 febbraio 2014 – in ordine all’effettuazione
dell’intervento sostituivo, in presenza di DURC irregolare.
Ne discende, cosi’, che la verifica di cui all’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 dovrebbe essere
eseguita con riferimento all’importo residuo, come risultante a
seguito dell’intervento sostitutivo, ancora spettante al
beneficiario, ove superiore alla soglia prevista dal medesimo
articolo. D’altro canto, una diversa soluzione presenterebbe non
poche criticita’. Infatti, va considerato che l’irregolarita’
contributiva, al netto dei tempi procedimentali occorrenti, e’
destinata a sfociare in un’iscrizione a ruolo, per cui effettuare
prima la verifica ai sensi dell’art. 48-bis potrebbe condurre a una
duplicazione di versamenti a danno del beneficiario, poiche’, in
prima battuta, interverrebbe il pignoramento dei contributi non
versati e iscritti a ruolo (per il quale, a norma dell’art. 72-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, e’ previsto
un termine di sessanta giorni per versare all’agente della
riscossione l’importo pignorato) e, successivamente, all’atto del
pagamento della differenza, scatterebbe l’intervento sostitutivo
proprio per la medesima irregolarita’ contributiva.
E’ appena il caso di soggiungere che l’interpretazione teste’
prospettata e’ in linea con l’orientamento formulato nella circolare
n. 3/2012 diramata in data 16 febbraio 2012 dal Ministero del lavoro
e delle politiche sociali, nonche’ con l’avviso espresso dall’INPS
nella circolare n. 54/2012 del 13 aprile 2012.
Nello specifico, nella circolare n. 3/2012 e’ stato fatto presente
che le finalita’ sottostanti all’art. 48-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 non sembrano poter
interferire con l’attuazione dell’intervento sostitutivo della
stazione appaltante in caso di riscontrata irregolarita’
contributiva, atteso che l’intervento sostitutivo, anche nelle
ipotesi di inadempienza verificata ai sensi dell’art. 48-bis,
impedisce il pagamento dell’appaltatore, in quanto le somme spettanti
originariamente a quest’ultimo sono versate direttamente agli enti
previdenziali, senza intaccare il principio contenuto nel medesimo
art. 48-bis.
In conclusione, quindi, sulla scorta anche di una lettura
costituzionalmente orientata delle disposizioni in rassegna, tenuto
conto, in particolare, dei principi enucleabili dall’art. 38 della
Costituzione, si ritiene che la verifica di cui all’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 vada effettuata
con riferimento all’importo che residua a seguito dell’intervento
sostitutivo, sempreche’ detto importo risulti superiore, a decorrere
dal 1° marzo 2018, alla soglia di cinquemila euro.

8. Cessione del credito
La tematica afferente alla cessione del credito e’ da ritenere, in
relazione all’applicazione dell’art. 48-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973, tra quelle rivelatesi piu’
complesse.
Cio’ premesso, si ricorda che varie indicazioni in merito sono
state gia’ illustrate nelle circolari n. 22/RGS del 2008 e n. 29/RGS
del 2009, alle quali si rinvia.
In buona sostanza e a titolo esemplificativo, volendo schematizzare
i termini del problema, nell’ipotesi di cessione del credito, quanto
all’applicazione dell’art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973, possono fondamentalmente verificarsi le
seguenti situazioni:
a) il cedente presta il proprio assenso, secondo il procedimento
descritto nella circolare n. 29/RGS del 2009, a far effettuare
immediatamente la verifica di inadempienza a proprio carico da parte
dell’amministrazione ceduta che, conseguentemente, dara’ notizia dei
relativi esiti al cessionario. Soltanto nel caso, poi, che l’esito
risulti di «non inadempimento», l’amministrazione provvedera’ ad
effettuare, al momento del pagamento, una seconda verifica
esclusivamente nei confronti del cessionario;
b) il cedente, al contrario, non presta il proprio assenso a far
effettuare la verifica prevista dall’art. 48-bis, con l’effetto che,
a prescindere dall’accettazione anche tacita dell’amministrazione
ceduta, quest’ultima sara’ tenuta a effettuare la verifica de qua nei
confronti del solo cedente, originario creditore, all’atto del
pagamento a favore del cessionario, da ritenere, peraltro,
consapevole del rischio che il cedente possa risultare, infine,
inadempiente agli obblighi di versamento di cartelle di pagamento.
E’ appena il caso di soggiungere che nell’evenienza prospettata
alla lettera b), si reputa opportuno, oltre ad essere maggiormente
trasparente, che l’amministrazione ceduta si adoperi per non prestare
il proprio consenso alla cessione del credito, anche per scongiurare
possibili contestazioni.

9. Verifica ex articolo 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973 e fermo amministrativo
Un problema di compatibilita’ normativa si e’ posto tra la
verifica, e i suoi effetti, di cui all’art. 48-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 e il fermo amministrativo
disciplinato dall’art. 69, sesto e settimo comma, del regio decreto
n. 2440/1923, secondo il quale «Qualora un’amministrazione dello
Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi
diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la
sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del
provvedimento definitivo.
Tra le amministrazioni dello Stato devono intendersi le Agenzie da
esso istituite, anche quando dotate di personalita’ giuridica. Alle
predette amministrazioni devono intendersi equiparate l’Agenzia del
demanio e l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in
considerazione sia della natura delle funzioni svolte, di rilevanza
statale e riferibili direttamente allo Stato, sia della qualita’,
relativamente all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, di
rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione
europea ai sensi del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e
successive modificazioni.».
Il problema che si e’ presentato attiene, piu’ nello specifico,
alla vigenza dell’istituto del fermo amministrativo dopo l’entrata in
vigore dell’art. 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica
n. 602/1973, attese le non trascurabili analogie esistenti,
soprattutto con riguardo all’esigenza per le pubbliche
amministrazioni di non pagare chi, per altro verso, risulta essere un
proprio debitore.
Tuttavia, una disamina attenta delle richiamate disposizioni fa
emergere una serie di differenze sostanziali che, quindi, porta a
concludere per la vigenza della disciplina del fermo amministrativo.
A dispetto delle aree di sovrapposizione, va inizialmente rilevato
come l’art. 69, sesto comma, del regio decreto n. 2440/1923, abbia
presupposti e finalita’ distinte rispetto all’art. 48-bis del decreto
del Presidente della Repubblica n. 602/1973, il quale, si rammenta,
presuppone l’esistenza di ruoli gia’ emessi e tradotti in cartelle di
pagamento rimaste senza esito, a prescindere dal soggetto titolare
del credito espresso nelle stesse, ed e’ norma volta a rafforzarne
l’esecutivita’, con l’effetto di escludere che i debitori morosi di
somme iscritte a ruolo possano beneficiare, grazie al pignoramento
azionabile dall’agente della riscossione, di pagamenti disposti da
pubbliche amministrazioni.
Il fermo amministrativo, invece, e’ azionabile dalle sole
amministrazioni creditrici appartenenti allo Stato o rientranti nelle
agenzie istituite dallo Stato stesso, essendo loro riconosciuta la
facolta’ di chiedere alle amministrazioni debitrici, se anch’esse
appartenenti allo Stato, di sospendere i propri pagamenti quando le
prime ritengano di avere verso il beneficiario del pagamento medesimo
ragioni di credito, anche se non ancora confermate da titoli che vi
attribuiscano certezza, liquidita’ ed esigibilita’. In concreto, la
norma mira evidentemente a tutelare, in via cautelare, la
possibilita’ di soddisfare, in un prossimo futuro, un credito dello
Stato, una volta divenuto certo, liquido ed esigibile, eventualmente
anche attraverso la compensazione legale con i crediti vantati dal
soggetto debitore dei primi.
Fermo amministrativo e verifica disciplinata dall’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 costituiscono,
dunque, istituti aventi un diverso raggio d’azione e diversi
presupposti e finalita’, benche’ possano risultare, in qualche
misura, complementari tra loro (Cassazione, sez. 5, ordinanza n.
15017 del 16 giugno 2017).

10. Aggiornamenti sul trattamento delle irregolarita’
Riguardo al trattamento di eventuali irregolarita’, in ordine
all’effettuazione della verifica prescritta dall’art. 48-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e dal decreto
ministeriale n. 40/2008, sono state fornite indicazioni nella
circolare n. 27/RGS del 2011, alla quale si rinvia.
Tuttavia, come noto, dal 1° luglio 2017 e’ stato istituito l’ente
pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, in luogo di
Equitalia servizi di riscossione S.p.a., per cui e’ maturata
l’esigenza di aggiornare il modello denominato allegato A, unito alla
predetta circolare n. 27/RGS del 2011, il quale e’ da intendersi
sostituito con il nuovo allegato A accluso alla presente. Tra le
modifiche di maggior rilievo, si segnala l’eliminazione del numero di
telefax dell’agente della riscossione, dovendo l’anzidetto Allegato A
essere trasmesso, al ricorrere dei presupposti previsti e previa
trasformazione in documento digitale (file .pdf), esclusivamente
tramite posta elettronica certificata all’indirizzo
[email protected] – utilizzando
necessariamente una casella di posta istituzionale.
Il procedimento da seguire puo’ essere cosi’ compendiato.
Allorche’ in sede di controllo di regolarita’ amministrativa e
contabile uno dei soggetti di cui all’art. 2, comma 1, del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 286, rilevi l’omissione della verifica
prescritta dall’art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973, senza che ricorra una delle fattispecie di
esclusione dall’obbligo della stessa, l’amministrazione dovra’ essere
invitata ad effettuare – entro un termine che puo’ utilmente essere
fissato in dieci giorni lavorativi – una verifica «ora per allora»
finalizzata a riscontrare se la mancata verifica in discorso abbia
aggravato o compromesso per l’agente della riscossione la
possibilita’ di recuperare quanto dovuto dal beneficiario per
cartelle di pagamento scadute e inevase. Ad ogni buon fine, non
sembra fuori luogo richiamare l’attenzione sul fatto che,
nell’espletamento di simili riscontri, occorre tener conto dei
diversi importi indicati dall’art. 48-bis e succedutisi nel tempo,
per cui va presa in considerazione la soglia applicabile al momento
in cui si e’ compiuta la rilevata irregolarita’, non gia’ quella
vigente al momento del controllo.
Cosi’, nelle more dell’implementazione di un sistema telematico che
renda possibile effettuare on line il predetto accertamento,
l’amministrazione – attraverso l’operatore incaricato di procedere al
servizio di verifica ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto
ministeriale n. 40/2008 – dovra’ formulare apposita richiesta,
secondo il facsimile unito alla presente circolare (allegato A), da
inviare all’AdER esclusivamente per posta elettronica certificata,
secondo le indicazioni poc’anzi esposte.
Sulla scorta della predetta richiesta, l’agente della riscossione
sara’ in grado di accertare se il beneficiario del pagamento si trova
attualmente in posizione di inadempienza rispetto all’obbligo di
versamento derivante dalla notifica di una o piu’ cartelle di
pagamento per un ammontare complessivo pari o superiore alla soglia
legalmente individuata – sino, ovviamente, all’importo del pagamento
– e, nel solo caso affermativo, se tale posizione di inadempienza era
gia’ esistente, sulla base dell’obbligo derivante dalle medesime
cartelle, all’epoca in cui e’ stato effettuato dall’amministrazione
il pagamento al beneficiario.
L’esito del suddetto accertamento sara’ comunicato da AdER
direttamente all’amministrazione interessata, nel termine di trenta
giorni, sempre attraverso posta elettronica certificata.
Laddove l’esito dell’accertamento palesi un perdurante stato di
inadempimento a carico del beneficiario, gli organi di controllo
provvederanno senza indugio – e, comunque, nel rispetto dei termini
di prescrizione indicati dall’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n.
20, e dall’art. 66 del decreto legislativo n. 174/2016 – a
trasmettere apposita denuncia alla competente Procura regionale della
magistratura contabile.
Va da se’ che, in presenza di uno specifico invito del soggetto o
dei soggetti preposti al controllo di regolarita’ amministrativa e
contabile, qualora l’Amministrazione non provveda ad effettuare,
secondo il procedimento delineato, il dovuto accertamento presso
AdER, inevitabilmente, dovra’ essere inoltrata, a causa del palese
contegno omissivo, la relativa segnalazione alla magistratura
contabile, denunciando i fatti occorsi.

11. Pagamento di tributi a favore di societa’ di capitali
In virtu’ di rapporti concessori, essenzialmente con riguardo al
settore degli enti territoriali, puo’ accadere che taluni tributi
locali dovuti da una pubblica amministrazione siano materialmente
riscossi da una societa’ di capitali, cioe’ da un soggetto
formalmente di natura privata. Avviene, ad esempio, che la Tariffa
rifiuti – TARI spettante ai Comuni sia in concreto riscossa da
societa’ di capitali partecipate dagli stessi (attualmente, e’ il
caso, tra gli altri, di Roma Capitale, dove la TARI e’ riscossa da
AMA S.p.a., del Comune di Venezia, dove la riscossione e’ curata da
Veritas S.p.a., del Comune di Firenze con Alia servizi ambientali
S.p.a. e del Comune di Ancona con Ancona entrate s.r.l.), per cui e’
sorto il dubbio se, all’atto del pagamento, occorra procedere
preliminarmente ad effettuare la verifica contemplata dall’art.
48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 nei
confronti della societa’ beneficiaria.
In merito, come si e’ avuto modo di chiarire nella circolare n.
22/RGS del 2008, e’ da ritenere che non rientrino nell’obbligo di
verifica in discorso i versamenti di tributi o contributi
assistenziali e previdenziali, e cio’ a prescindere dalla natura
giuridica del soggetto deputato alla gestione della riscossione,
trattandosi di versamenti direttamente sanciti dalla legge, in
sostanziale applicazione degli obblighi tributari scaturenti dai
principi costituzionali in materia (principalmente, articoli 23 e 53
della Costituzione).

12. Frazionamento dei pagamenti
Nella circolare n. 22/RGS del 2008, alla quale pure si rimanda per
altri approfondimenti, si e’ avuto modo di esplicitare come si ponga
in contrasto con la disciplina recata dall’art. 48-bis del decreto
del Presidente della Repubblica n. 602/1973 il frazionamento dei
pagamenti, poiche’, tra l’altro, si avrebbe l’effetto di disporre
piu’ rimesse finanziarie al di sotto della soglia prevista, con la
conseguenza di eludere i vincoli di legge sulla prescritta verifica.
Tale artificioso frazionamento, ovviamente, va considerato tanto
con riguardo alle eventuali esigenze del beneficiario quanto a quelle
dell’amministrazione debitrice.
In pratica, il divieto di artificioso frazionamento comporta che
nessuna rilevanza puo’ avere, ad esempio, un’istanza del beneficiario
volta a diluire nel tempo il proprio credito a fronte di un credito
unitario il quale, almeno ai fini in discorso, non puo’ che essere
considerato indivisibile.
Parimenti senza effetti, sempre in relazione agli obblighi di
verifica in argomento, deve ritenersi l’esigenza
dell’amministrazione, in presenza di una liquidazione unica, di
procedere a una suddivisione dei pagamenti, magari per motivi di
cautela in ragione di prestazioni o forniture non del tutto
soddisfacenti, dovendo, in siffatta evenienza, agire per tutelare i
propri interessi con l’esercizio dei pertinenti diritti riconosciuti
dall’ordinamento (quali, ad esempio, il diritto di recesso, l’azione
di risoluzione, ecc.), senza optare per «scomporre» l’importo dovuto.
E’ appena il caso di soggiungere che in ipotesi di artificioso
frazionamento e’ stata riconosciuta, da parte del giudice contabile,
l’esistenza di un danno erariale in misura pari alla somma dei
pagamenti frazionatamente eseguiti (Corte dei conti, sez. giur.
Calabria, sentenza n. 66 del 1° aprile 2016).

13. Considerazioni conclusive
L’analisi di nuove fattispecie e l’esperienza maturata nel tempo ha
permesso, anche attraverso il continuo e proficuo confronto con il
Dipartimento delle finanze, di approfondire ulteriormente le
problematiche rivenienti dall’applicazione della disciplina
introdotta dall’art. 48-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973 e dalle novita’ legislative succedutesi,
consentendo di giungere alla formulazione del presente documento di
prassi che va ad arricchire le indicazioni gia’ diffuse in merito.
Nel convincimento che lo strumentario cosi’ fornito possa essere di
significativo aiuto nello svolgimento delle attivita’ di controllo,
si auspica una fattiva e proficua collaborazione nel seguire le
indicazioni diramate, promuovendo pure la loro conoscenza agli
operatori delle pubbliche amministrazioni interessate”.

(Omesso l’allegato).

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