22 Giugno, 2018

Ris. 22 giugno 2018, n. 46/E, dell’Agenzia delle entrate

“Quesito. La società ALFA (di seguito anche l’istante o la società) ha chiesto alla
scrivente un parere in merito all’ambito applicativo dell’articolo 3 del decreto-legge
23 dicembre 2013, n. 145, e successive modificazioni, che ha introdotto un credito
di imposta a favore di tutte le imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo.
L’istante ha come oggetto sociale “lo scopo di svolgere e di sostenere ogni
attività diretta e indiretta volta all’organizzazione di manifestazioni fieristiche,
nonché all’organizzazione di attività congressuali e di qualsiasi altra iniziativa che
promuova l’interscambio, la diffusione o la conoscenza di beni e servizi e la loro
commercializzazione a livello locale, nazionale e internazionale”. Tale attività è
svolta anche per il tramite di società partecipate o soggetti terzi.
Come precisato nell’interpello, la società istante sta effettuando alcuni
investimenti finalizzati alla realizzazione di un progetto in relazione al quale
l’interpellante ha avviato un programma di riorganizzazione dei processi industriali
in una logica di “smart factory”, finalizzato, da una parte, ad integrare la catena
logistica di produzione della fiera, includendo tutti i processi relativi a visitatori,
espositori e fornitori in una prospettiva di aumenti di efficacia ed efficienza, e
dall’altra, ad avvicinare i servizi alle persone, creando servizi innovativi attraverso il
cosiddetto “Internet of Things”.
La società ALFA intende raggiungere i risultati sopra descritti attraverso la
realizzazione di un apposito progetto di ricerca e sviluppo che prevede sia l’utilizzo
che lo studio di numerose tecnologie di avanguardia.
Dal punto di vista pratico, il programma si concretizza nella progettazione,
programmazione e realizzazione di software, di servizi web, app e di impianti
tecnologici, destinati a supportare l’intero processo di produzione fieristica,
consentendo alla società di:
– colmare i gap attualmente presenti nei sistemi che gestiscono le attività
correlate alla partecipazione alle manifestazioni, che generano errori e prevedono lo
svolgimento di attività manuali;
– digitalizzare integralmente i flussi documentali;
– migliorare ed ampliare i database in modo da aumentare la qualità dei dati
integrandoli con informazioni sui comportamenti degli utenti;
– sviluppare i processi di valutazione dei risultati operativi;
– creare nuovi ed innovativi servizi.
Ciò posto, la società chiede di sapere se le descritte attività siano
ammissibili al “credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo” e,
conseguentemente, chiede se possa fruire del menzionato beneficio in riferimento
agli investimenti, effettuati nel corso del 2017, connessi alle suddette attività, come
descritti nell’istanza di interpello.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente. L’istante ritiene che la realizzazione del progetto descritto rientri nell’ambito applicativo del credito di imposta per ricerca e sviluppo, precisando, in particolare, che le attività di ricerca oggetto del quesito sono riconducibili, sulla base
dei chiarimenti forniti dalla circolare n. 5/E del 2016 , par. 2.1, alla categoria dello
“sviluppo sperimentale”, secondo le “Definizioni” contenute nel paragrafo 1.3,
punto 15, della “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e
innovazione”, di cui alla Comunicazione della Commissione europea n. 2014/C
198/01 del 27 giugno 2014.
Inoltre, la società ritiene che le tipologie di costi sostenuti per la
realizzazione del progetto compresi nell’elenco descritto nell’interpello, al netto di
quelli non riconducibili specificamente all’attività agevolabile, siano ammissibili al
credito di imposta, limitatamente alle spese riguardanti gli investimenti eccedenti
rispetto alla media degli investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a
quello in corso al 31 dicembre 2015.
La società precisa, infine, che il progetto sopra descritto ha comportato e
comporta la progettazione/realizzazione in larga parte di prodotti (software) e servizi
unici ed originali, non presenti sul mercato, progettati e realizzati appositamente,
nonché di prodotti e servizi che, sebbene già presenti sul mercato, sono stati
modificati per l’applicazione al progetto in esame, diventando anch’essi originali e
nuovi in quanto elementi di un sistema unico ed innovativo.
Parere dell’Agenzia delle entrate. L’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145
(convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9), interamente
sostituito dall’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e da
ultimo modificato dall’articolo 1, comma 15, della legge 11 dicembre 2016, n. 232
(di seguito, l’articolo 3) riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in
attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello
in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020”, un
credito di imposta commisurato alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media
dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in
corso al 31 dicembre 2015.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il
Ministro dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015 (di seguito decreto
attuativo), sono state disciplinate le modalità attuative dell’agevolazione.
Sull’argomento, l’Agenzia delle entrate ha fornito i principali chiarimenti con
le circolari n. 5/E del 16 marzo 2016 e n. 13/E del 27 aprile 2017 , cui si rinvia per
ogni opportuno approfondimento.
Con particolare riferimento all’ambito oggettivo di applicazione, l’articolo 3,
ai commi 4 e 5, e l’articolo 2 del decreto attuativo elencano le attività di ricerca e
sviluppo ammissibili all’agevolazione, mentre il comma 6 dell’articolo 3 individua
gli investimenti ammissibili, connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e
sviluppo agevolabili, definiti anche dall’articolo 4 del citato decreto attuativo.
Tanto premesso, considerato che la problematica posta dall’interpellante
riguarda la riconducibilità di specifiche attività aziendali nell’ambito delle attività di
ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione, la scrivente, conformemente alle
indicazioni contenute nella citata circolare n. 5/E del 2016 (par. 2.1), ha chiesto al
Ministero dello sviluppo economico di fornire le valutazioni di natura tecnica in
merito.
A tale richiesta, il citato Ministero ha dato riscontro, con nota X, osservando
quanto segue.
L’individuazione delle attività ammissibili al credito di imposta è stata
condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca
applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della
Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014,
recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”,
fonte giuridica dell’articolo 3 del citato decreto-legge n. 145 del 2013.
Tali definizioni sono, a loro volta, sostanzialmente mutuate da quelle adottate
a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in
ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più
in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati, concernente “Guidelines for Collecting
and Reporting Data on Research and Experimental Development”: in questo senso,
al punto 75 della citata Comunicazione 198/01 del 2014, viene espressamente
precisato che “per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la
Commissione si baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni
specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell’OCSE”.
In virtù di tale espresso richiamo, quindi, i criteri di qualificazione e
classificazione contenuti nel suddetto Manuale di Frascati (la cui ultima edizione è
stata pubblicata dall’OECD in data 8 ottobre 2015) costituiscono in linea di
principio fonte interpretativa di riferimento anche agli effetti della disciplina
agevolativa introdotta dal citato articolo 3.
Ciò posto, dall’esame della documentazione allegata, il Ministero interpellato
ha rilevato che gli investimenti effettuati dalla società ALFA, la cui attività
principale consiste “nell’organizzazione, in modo diretto o indiretto, anche per il
tramite di società partecipate o soggetti terzi, di manifestazioni ed eventi fieristici”,
si inquadrano, costituendone attuazione, in un ampio programma di riorganizzazione
del processo aziendale in una logica di smart factory.
In particolare, gli investimenti realizzati hanno avuto come (duplice)
obiettivo quello di “integrare la catena logistica di produzione della fiera includendo
tutti i processi relativi a visitatori, espositori e fornitori in una prospettiva di aumenti
di efficacia e di efficienza” e quello di “avvicinare i servizi alle persone creando
servizi innovativi attraverso l’Internet of Things (c. d. IoT)”.
Come specificato nell’istanza, tale duplice obiettivo è stato raggiunto
attraverso l’adozione e l’introduzione di numerose tecnologie di avanguardia, tra le
quali, a titolo di esempio: le tecnologie di geolocalizzazione indoor basata su
dispositivi bluetooth LTE, quali i beacon fisici, i virtual beacon, tecnologie tipo
QUUPPA o tecniche di localizzazione che utilizzano connessioni Wi-Fi; le
tecnologie che applicano la c.d. “Realtà Aumentata” per fornire contenuti
personalizzati e finalizzati ad arricchire l’esperienza di visita presso la fiera;
tecnologie Digital Signage per la diffusione di contenuti e l’acquisizione di
informazioni; le tecnologie di proximity marketing; le tecnologie di Big Data
Analytics per l’applicazione di tecniche di Machine Learning e Cognitive
Marketing.
Trattasi, di fatto, di una serie di tecnologie già disponibili e ampiamente
diffuse in tutti i settori economici (incluso quello dei servizi) per accompagnare e
realizzare la trasformazione tecnologica e la digitalizzazione dei processi produttivi
secondo il paradigma “Industria 4.0”.
Alla luce delle evidenziate finalità del progetto, e tenendo presente le
modalità con le quali lo stesso è stato realizzato, il Ministero interpellato ha escluso,
pertanto, che gli investimenti in questione possano qualificarsi come attività di
ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante agli effetti della disciplina del credito di
imposta.
Ai fini di tale qualificazione, nel caso di specie, mancherebbe sia il requisito
della novità, sia, tra l’altro, il requisito del rischio finanziario (nonché d’insuccesso
tecnico) che dovrebbero caratterizzare tipicamente gli investimenti in ricerca e
sviluppo.
Il Ministero ha ritenuto che le attività poste in essere dalla società ALFA
costituiscano, a tutti gli effetti – anche per quanto riguarda le fasi propedeutiche o di
studio – ordinarie attività realizzative di un programma di investimenti in capitale
fisso; vale a dire, investimenti in beni strumentali (materiali e immateriali)
direttamente impiegati nella realizzazione delle attività caratteristiche dell’impresa e
in quanto tali trattati sul piano economico-patrimoniale nonché in sede di
rappresentazioni di bilancio alla stregua di immobilizzazioni.
Come precisato nel citato parere, le considerazioni che precedono valgono
anche con riferimento alla parte degli investimenti concernente le immobilizzazioni
immateriali, quali l’acquisizione di licenze di software e sviluppi di software
preesistenti o nuovi a servizio della particolare attività caratteristica.
Sul punto, il Ministero interpellato, nel rinviare alle più dettagliate istruzioni
già emanate con circolare n. 59990 del 9 febbraio 2018, tiene a precisare come,
secondo i criteri di classificazione del richiamato Manuale di Frascati, non
costituiscano attività di ricerca e sviluppo, tra le altre, le attività concernenti lo
sviluppo di software applicativi e di sistemi informativi aziendali che utilizzino
metodi conosciuti e strumenti software esistenti; l’aggiunta di nuove funzionalità per
l’utente a programmi applicativi esistenti; la creazione di siti web o software
utilizzando strumenti esistenti; l’utilizzo di metodi standard di criptazione, verifica
della sicurezza e test di integrità dei dati; la “customizzazione” di prodotti per un
particolare uso.
In conclusione, sulla base di quanto precisato nel parere espresso dal
Ministero dello sviluppo economico, si ritiene che la società ALFA non possa fruire
del “credito di imposta ricerca e sviluppo” in riferimento agli investimenti sopra
descritti”.

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