30 Giugno, 2016

Una preoccupazione, tra le altre, tiene il legislatore particolarmente in allarme: che non si diano, nel circuito della circolazione delle ricchezze, regolamentazioni contrastanti a fronte del medesimo contesto fattuale. Il valore così tutelato si chiama certezza del diritto (e valore primario resta, benché inciso nel quotidiano da pessimi esempi di segno contrario, specie in altre branche del diritto).
Nel rito tributario, la tutela di tale interesse è stata affidata all’art. 14 (Litisconsorzio e intervento) del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (1), perfettamente in linea con l’omologo civilistico (2), da cui è disceso il decalogo stilato dal giudice di legittimità con una pronuncia a Sezioni Unite – n. 14815 del 4 giugno 2008 (3) – fondamentale nel tracciare il regime del litisconsorzio necessario sostanziale. Così definito perché, con le parole della decisione or ora richiamata, si verte su un «rapporto tributario sostanzialmente unico ab origine con pluralità di soggetti passivi», caratterizzato cioè dal «vincolo di consequenzialità necessaria fra i diversi giudizi, ovvero di pregiudizialità e/o di continenza» e pertanto da trattare necessariamente, sul piano processuale, in maniera unitaria, pena la «nullità ab imis del rapporto processuale» (4).
Accanto all’istituto descritto, c’è un’altra figura di litisconsorzio che non trae origine dalla (necessaria) contiguità originaria e ontologica delle posizioni. È il litisconsorzio necessario processuale, che lega tutti coloro che siano stati formalmente coinvolti nel primo grado di giudizio, a prescindere dal vincolo di necessità che si riscontra invece nella prima delle due figure; e che li lega appunto – ed unicamente – perché di fatto compresenti (costituiti o anche solo ritualmente evocati) nel primo grado. Ciò che si è verificato nella vicenda – invero piuttosto frequente – oggetto della decisione in commento, ove leggiamo: «Sulla questione della validità della notificazione delle cartelle presupposte all’iscrizione ipotecaria impugnata, va evitata la formazione di giudicati diversi nei confronti del concessionario della riscossione e nei confronti dell’ente impositore … cosicché tali parti, pur non essendo litisconsorti sostanziali, devono considerarsi, qualora entrambe abbiano preso parte al giudizio di primo grado, litisconsorti processuali, insieme al contribuente, nel giudizio di secondo grado».
In altri termini: qui il vincolo nasce non dall’indissolubilità del legame a monte, ma dalla stretta coerenza con la dinamica processuale. Nondimeno, la categoria giuridica di riferimento è unica, quella delle cause inscindibili, e identico ne è, sul piano pratico, il trattamento processuale (5) perché comporta il dovere, in capo al giudice, di ordinare l’integrazione del contraddittorio (6).
Trattandosi di fenomeno processuale (trovando esso unica ragion d’essere nella configurazione degli schieramenti nel primo grado del giudizio) (7), le problematiche connesse al litisconsorzio necessario processuale possono manifestarsi solo dal secondo grado in su. È il caso trattato dalla sentenza in commento, dove la Commissione tributaria regionale si è pronunciata, senza riunirle, su due decisioni emesse della provinciale con riguardo alla stessa cartella di pagamento, delle quali l’una prendeva in considerazione il rapporto contribuente/Agenzia e l’altra il rapporto contribuente/esattore.
Orbene, ricordando come, nel giudizio tributario, la disciplina delle impugnazioni si impronta al modello processual-civilistico (8), rilevante diventa il dettato degli artt. 331 c.p.c. (Integrazione [nella fase di impugnazione] del contraddittorio in cause inscindibili) e 332 c.p.c. (Notificazione dell’impugnazione relativa a cause scindibili).
Il primo dei due enuncia la regola-base già anticipata: «Se la sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l’udienza di comparizione. L’impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione nel termine fissato».
L’incombenza che ne discende integra, oltre che un onere per l’appellante, un dovere d’ufficio del giudice, tenuto a verificare la regolarità dell’instaurazione del contraddittorio anche nel secondo grado (a prescindere dal comportamento e finanche dalla volontà dei litiganti) e a sanzionare con l’inammissibilità l’eventuale inottemperanza. Dovere d’ufficio da esplicarsi non solo ove l’appello non fosse stato notificato a qualche litisconsorte necessario, ma anche se la relativa notifica risultasse invalida; e che, qualora disatteso, rischia di portare a una sentenza inutiliter data.
Va da sé che allorquando una delle parti costituite abbia puntualmente (9) adempiuto all’ordine (10), ciò è sufficiente perché il processo prosegua. A nulla infatti rileva la successiva condotta dell’evocato in giudizio, il quale – a sua totale discrezione – può partecipare alla lite costituendosi oppure mantenere un atteggiamento di indifferenza processuale. Il che, appunto, nulla toglie: la sentenza, allorché passerà in giudicato, farà stato anche nei suoi confronti. Ennesima dimostrazione che il bene tutelato è quello della certezza del diritto, dovendosi evitare il più possibile che una decisione sia definitiva per una o più degli interessati e non lo sia per uno o più degli altri. Come del resto conferma il successivo art. 335 c.p.c. (Riunione delle impugnazioni separate), alla stregua del quale «Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo».
Appunto la violazione del combinato disposto degli artt. 331 e 335 c.p.c. è qui censurata dalla Suprema Corte, che giustamente afferma: «la (parziale) identità del devolutum implica l’inscindibilità delle cause», dovendosi «sulla questione della validità della notificazione delle cartelle presupposte all’iscrizione ipotecaria impugnata, evitare la formazione di giudicati diversi nei confronti del concessionario della riscossione e nei confronti dell’ente impositore». Violazione, quella in parola, che, per giurisprudenza costante, comporta – a livello sanzionatorio – «non l’inammissibilità del gravame, bensì l’ordine del giudice di integrazione del contraddittorio nei confronti della parte pretermessa [atteso] che la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello – per il mancato ordine di cui sopra – determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità» (11).

Avv. Valdo Azzoni

(1) Art. 14 del D.Lgs. n. 546/1992: «1. Se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente al alcuni di essi. 2. Se il ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti i soggetti indicati nel comma 1 è ordinata l’integrazione del contraddittorio mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di decadenza. 3. Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso. 4. Le parti chiamate si costituiscono in giudizio nelle forme prescritte per la parte resistente, in quanto applicabili. 5. I soggetti indicati nei commi 1 e 3 intervengono nel processo notificando apposito atto a tutte le parti e costituendosi nelle forme di cui al comma precedente. 6. Le parti chiamate in causa o intervenute volontariamente non possono impugnare autonomamente l’atto se per esse al momento della costituzione è già decorso il termine di decadenza».
(2) Art. 102 c.p.c. (Litisconsorzio necessario): «1. Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. 2. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio».
(3) In Boll. Trib. On-line.
(4) Il decalogo di cui al testo può essere così sintetizzato: – verificato che tutti i ricorsi giuridicamente inseparabili sono stati presentati avanti la stessa sezione, il giudice tributario deve disporne la riunione ex art. 29 del D.Lgs. n. 546/1992 (in tal senso sollecitando, in caso contrario, il Presidente della Commissione); – verificato che non tutti i potenziali ricorrenti (es.: società di persone e soci, tipico esempio di litisconsorzio necessario originario: cfr. Cass., sez. trib., 25 novembre 2011, n. 24907, in Boll. Trib., 2012, 1630 e Comm. trib. prov. di La Spezia, sez. III, 29 ottobre 2012, ibidem, 1450) sono tecnicamente presenti nel giudizio avanti a lui, lo stesso giudice deve disporre l’integrazione del contraddittorio in modo da formulare un verdetto unico, ben sapendo che: • qualora manchi anche uno solo dei litisconsorti necessari, la sentenza rischia la dichiarazione di nullità (cioè passa in giudicato solo se l’eccezione ad hoc non è sollevata, anche ex officio, prima della maturata definitività); • (in termini generali) la verifica della correttezza del contraddittorio rientra fra i suoi poteri d’ufficio, quindi ogni aspetto riconducibile ad essa è rilevabile anche senza deduzione di parte; • l’ordine di coinvolgimento del soggetto mancante prescinde dall’avvenuta notifica a lui dell’avviso di accertamento che lo riguarda (e che resta faccenda dell’Ufficio finanziario perché, se ineseguita, comporta l’impossibilità, per la pubblica Amministrazione, di procedere alla riscossione in esecuzione del dispositivo giudiziale ad essa eventualmente favorevole); • l’integrazione del contraddittorio è doverosa anche nei confronti dei soggetti che, pur avendo ricevuto l’avviso a loro relativo, non l’hanno impugnato («non possono impugnare autonomamente l’atto se per esse [parti] al momento della costituzione è già decorso il termine di decadenza [di 60 giorni dalla notifica nei loro riguardi]»: art. 14, ultimo comma, del D.Lgs. n. 546/1992), con una differenza: che costoro possono mantenere anche in avvenire una posizione processuale di inerzia ma, essendo stati formalmente evocati in giudizio, l’eventuale verdetto comune di segno sfavorevole farà stato contro di loro (a differenza di quelli che non hanno mai ricevuto l’avviso); • i co-interessati che, ricevuta notifica dell’avviso di accertamento, non l’hanno impugnato, facendogli così acquisire definitività nei loro confronti, possono comunque, nella fase esecutiva della riscossione, opporre alla pubblica Amministrazione la sentenza (totalmente o parzialmente) favorevole ai loro litisconsorti (perché la loro partecipazione alla lite non avrebbe potuto migliorare il risultato, mentre l’Ufficio vi ha senz’altro partecipato, o avrebbe potuto farlo) «con il solo limite della irripetibilità di quanto già pagato».
(5) Il trattamento riservato alle cause inscindibili, costituite – si ripete – dalle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale e di litisconsorzio processuale, è peraltro identico a quello relativo a un altro fenomeno ancora, quello della dipendenza di cause, che si invera «allorché la decisione di una controversia si estende necessariamente ad altra/e, costituendone il presupposto logico e giuridico imprescindibile per il carattere di pregiudizialità o di alternatività che le questioni oggetto dell’una hanno rispetto alle questioni trattate nell’altra/e. Ne consegue che, se vi è contestazione tra più soggetti circa l’individuazione dell’unico obbligato, i diversi rapporti processuali sono e restano legati da un nesso di litisconsorzio necessario per dipendenza di cause (reciproca in quanto la decisione delle diverse cause dipende, anzi coincide, con la decisione delle altre) il quale comporta che le cause medesime devono rimanere riunite anche in fase di impugnazione, ove sia ancora in discussione la questione dell’individuazione dell’obbligato» (così Cass., sez. III, 26 gennaio 2010, n. 1535, in Boll. Trib. On-line). Anche qui la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (cfr., ex pluribus, Cass., sez. III, 14 marzo 2006, n. 5444, in Boll. Trib. On-line).
(6) Quando il giudice tributario constata la sussistenza delle condizioni che rendono necessaria l’integrazione del contraddittorio, deve: – dichiarare detta sussistenza; – in dipendenza del menzionato accertamento, ordinare all’unica parte costituita o alle più parti costituite (in questo secondo caso rimettendosi alla parte più diligente) di chiamare in causa, con una notifica ad hoc, i litisconsorti necessari al momento assenti, con le seguenti conseguenze: • la chiamata in causa avverrà, a cura dell’una o dell’altra delle parti costituite, tramite notifica del ricorso o della comparsa costitutiva opportunamente integrati con una sintesi per estremi della successiva vicenda processuale (infatti il rito potrebbe anche essere giunto al secondo grado di giudizio o persino oltre); • l’incombenza dovrà essere assolta entro il termine fissato dal giudice tributario a pena di decadenza; • la mancata o tardiva ottemperanza dell’ordine del giudice comporterà l’estinzione del giudizio, con acquisizione di definitività degli accertamenti impugnati (ragione per cui la pubblica Amministrazione, quanto meno in primo grado, dove è sempre parte resistente, può scegliere di non ottemperare all’ordine: impunemente, e anzi guadagnandoci); • la chiamata in causa, da effettuarsi secondo le modalità appena esposte, riguarda solo il fenomeno processuale e non tocca, né deve toccare, gli atti amministrativi oggetto di contestazione, perché la notifica di questi ultimi è rimessa ad una scelta della pubblica Amministrazione che vede estraneo il giudice.
(7) Conforme Cass., sez. lav., 23 dicembre 2009, n. 27152, in Boll. Trib. On-line.
(8) Ved. artt. 49 (Disposizioni generali applicabili): «Alle impugnazioni delle sentenze delle Commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, escluso l’art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto» e 61 (Norme applicabili) del D.Lgs. n. 546/1992, in forza del quale «Nel procedimento d’appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della presente sezione».
(9) Puntualmente: ovverosia in ogni sua parte, in primis entro il termine – a qualificarsi come perentorio – indicato dal giudice.
(10) Logica vuole che ad attivarsi sia la parte uscita sconfitta dal primo grado, avendo l’altra o le altre poco o punto interesse alla prosecuzione della lite; nulla però esclude che avvenga il contrario né che il litisconsorte colpevolmente pretermesso sani l’omissione e si costituisca spontaneamente, cioè anche senza essere stimolato formalmente, purché entro il termine statuito nell’ordine di integrazione. Peraltro tutt’altro che da escludere, in quest’ultimo caso, la richiesta di riammissione in termini del pretermesso incolpevole. In senso favorevole all’intervento adesivo dipendente nel processo tributario, cfr. Cass., sez. trib., 12 gennaio 2012, n. 255, in Boll. Trib., 2012, 859, con nota di P. ACCORDINO, Ammissibilità dell’intervento adesivo nel processo tributario; altrettanto dicasi per il ricorso cumulativo e/o collettivo, su cui cfr. Cass., sez. trib., 22 febbraio 2013, n. 4490, ivi, 2013, 594, con nota di V. AZZONI, La Suprema Corte sdogana il ricorso cumulativo improprio anche nel processo tributario, e ivi, 2014, 1183, con nota di D. CARNIMEO, Applicabile anche nel processo tributario l’art. 103 c.p.c. in tema di litisconsorzio facoltativo.
(11) Così, anch’essa recente, Cass., sez. trib., 27 maggio 2015, n. 10934, in Boll. Trib. On-line, nel solco, fra le altre, di Cass., sez. trib., 21 gennaio 2009, n. 1462, ivi.

Procedimento – Commissioni – Giudizio avanti le Commissioni – Inscindibilità delle cause – Nozione ex art. 331 c.p.c. – Ipotesi di litisconsorzio necessario processuale – Applicabilità – Sussiste.
Procedimento – Ricorsi – Litisconsorzio necessario processuale – Ente impositore e agente della riscossione – Sono litisconsorti processuali nel giudizio di secondo grado qualora siano stati parti nel giudizio di primo grado.
Procedimento – Commissioni – Giudizio avanti le Commissioni – Litisconsorzio processuale – Determina l’inscindibilità delle cause a norma dell’art. 331 c.p.c. – Mancata impugnazione della sentenza di primo grado nei confronti di tutte le parti del giudizio – Ordine di integrazione del contraddittorio nel giudizio di secondo grado – Necessità – Omissione – Nullità del procedimento e della sentenza rilevabili d’ufficio anche in sede di legittimità – Conseguono.

La nozione di «causa inscindibile» di cui all’art. 331 c.p.c. comprende non solo le ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche le ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, le quali si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio di primo grado.
Sulla questione della validità della notificazione delle cartelle di pagamento presupposte all’atto esattivo impugnato va evitata la formazione di giudicati diversi nei confronti dell’agente della riscossione e dell’ente impositore, cosicché tali parti, pur non essendo litisconsorti sostanziali, devono considerarsi, qualora entrambe abbiano preso parte al giudizio tributario di primo grado, litisconsorti processuali, insieme al contribuente, nel giudizio di secondo grado.
In tema di contenzioso tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina 1’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d’ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità

[Corte di Cassazione, sez. VI (Pres. Bognanni, rel. Cosentino), 2 settembre 2015, sent. n. 17497]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – I ricorsi nn. … e … vengono proposti dal sig. LL nei confronti di Equitalia Sud, di Agenzia delle entrate, del Comune di Anzio, di Roma Capitale, di Regione Lazio e di A. spa per la cassazione delle sentenze n. 88/35/12 (impugnata con il ricorso n. …) e n. 87/35/12 (impugnata con il ricorso n. …) con le quali la Commissione Tributaria Regionale del Lazio si è pronunciata, rispettivamente, sugli appelli separatamente proposti da Equitalia (appello definito con la sentenza n. 88/35/12) e dall’Agenzia delle entrate (appello definito con la sentenza n. 87/35/12) avverso la medesima sentenza n. 7/22/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, senza aver proceduto alla relativa riunione.
La sentenza di primo grado, dato atto che il contribuente aveva impugnato una iscrizione ipotecaria effettuata su un immobile di sua proprietà sito in Roma, via …, nonché ventidue delle quarantuno cartelle esattoriali a garanzia del cui pagamento il concessionario aveva iscritto ipoteca, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice tributario sulle cartelle aventi ad oggetto debiti non tributari, accolse la mancata notifica delle cartelle relative a debiti tributari e annullò l’iscrizione ipotecaria sull’immobile sito in Roma, via …
La Commissione Tributaria Regionale – con le sentenze n. 87/35/12 (resa sull’appello dell’Agenzia delle entrate) e n. 88/35/12 (resa sull’appello di Equitalia), identiche tra di loro, salvo che per l’intestazione – ha confermato la declaratoria di difetto di giurisdizione sull’impugnativa delle cartelle relative a crediti non tributari, ha giudicato ammissibile la produzione in appello dei documenti dimostrativi della notifica delle cartelle relative ai tributi erariali e ha dichiarato tali cartelle ben notificate; conseguentemente, ha affermato che l’iscrizione ipotecaria era impugnabile soltanto per vizi propri e ha rigettato la relativa impugnativa, disattendendo la tesi del contribuente secondo cui, ai fini della legittimità delle iscrizioni ipotecarie eseguite dopo oltre un anno dalla notifica delle cartelle presupposte, sarebbe necessaria la notifica di una intimazione di pagamento ex art. 50 d.p.r. 602/73.
Entrambi i ricorsi del contribuente si fondano su una molteplicità di doglianze, raggruppate in dieci motivi, molti dei quali – ma non tutti – uguali tanto nel ricorso n. 17967/12 relativo alla sentenza n. 88/35/12 (resa sull’appello di Equitalia) quanto nel ricorso n. 23550/12 relativo alla sentenza n. 87/35/12 (resa sull’appello dell’Agenzia delle entrate).
Tanto l’Agenzia delle entrate quanto Equitalia si sono costituite in entrambi i procedimenti, con la precisazione che l’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso nel proc. n. 23550/12 e mera memoria di costituzione, per la partecipazione alla discussione orale, nel proc. n. 17967/12.
Parte contribuente ha depositato memoria in entrambi i procedimenti.
All’udienza del 4.3.15 il Collegio ha disposto la riunione dei due procedimenti e l’acquisizione dei fascicoli di merito; all’esito di tale acquisizione, le cause riunite sono state discusse all’udienza del 24.6.15, alla quale sono intervenuti i difensori del contribuente e di Equitalia Sud.

MOTIVI DELLA DECISIONE – Nel ricorso n. 17967/12 si deduce, quale primo mezzo di gravame, l’error in procedendo in cui la Commissione Tributaria Regionale è incorsa pronunciando la sentenza n. 88/35/12 (sull’appello proposta da Equitalia avverso la sentenza di prima cure) senza rilevare che detto appello non era stato notificato al contribuente.
Nel ricorso n. 23550/12 si deduce, quale primo mezzo di gravame, l’error in procedendo in cui la Commissione Tributaria Regionale è incorsa pronunciando la sentenza n. 87/35/12 (sull’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di prima cure) senza rilevare che detto appello non era stato notificato ad Equitalia.
Dall’esame degli atti del giudizio di merito, consentito a questa Corte in ragione della natura del vizio denunciato, si rileva che:
– nel fascicolo della causa decisa dalla Commissione Tributaria Regionale con la sentenza n. 88/35/12 non è presente l’avviso di ricevimento relativo alla raccomandata con cui l’atto di appello di Equitalia sarebbe stato notificato al contribuente; l’appello di Equitalia, quindi, non risulta notificato al contribuente;
– nel fascicolo definito con la sentenza n. 87/35/12 non è presente l’avviso di ricevimento relativo alla raccomandata con cui l’atto di appello dell’Agenzia delle entrate sarebbe stato notificato ad Equitalia; l’appello dell’Agenzia delle entrate quindi non risulta notificato ad Equitalia.
Ciò posto, osserva il Collegio che tanto nell’appello di Equitalia (col secondo motivo) quanto nell’appello dell’Agenzia delle entrate (con l’unico motivo) al giudice di secondo grado era stata devoluta la questione del perfezionamento della notifica delle cartelle (aventi ad oggetto tributi erariali) presupposte all’iscrizione ipotecaria. La (parziale) identità del devolutum implica l’inscindibilità delle cause. Come infatti questa Corte ha più volte affermato, il concetto di causa “inscindibile” di cui all’art. 331 cpc va riferito non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche alle ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, le quali si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede dì impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio (sentt. 567/98, 13695/01, 27152/09, 1535/10).
Ciò posto, è palese che, sulla questione della validità della notificazione delle cartelle presupposte all’iscrizione ipotecaria impugnata va evitata la formazione di giudicati diversi nei confronti del concessionario della riscossione e nei confronti dell’ente impositore (si vedano, in argomento, le pronunce di questa Corte nn. 10934/15, 24868/13), cosicché tali parti, pur non essendo litisconsorti sostanziali, devono considerarsi, qualora entrambe abbiano preso parte al giudizio di primo grado, litisconsorti processuali, insieme al contribuente, nel giudizio di secondo grado.
Da tanto discende che sia la sentenza n. 88/35/12, in cui l’appello del concessionario è stato notificato all’Agenzia delle entrate ma non al contribuente, sia la sentenza n. 87/35/12, in cui l’appello dell’Agenzia delle entrate è stato notificato al contribuente ma non al concessionario, vanno giudicate nulle per non integrità del contraddittorio; la Commissione Tributaria Regionale, infatti, non ha rispettato né la prescrizione di cui all’articolo 335 cpc, non avendo disposto la riunione delle impugnazioni dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia, né quella di cui all’articolo 331 cpc, non avendo ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti del contribuente, nel procedimento introdotto con l’appello di Equitalia, né nei confronti di Equitalia, nel procedimento introdotto con l’appello dell’Agenzia delle entrate. Entrambe le sentenze impugnate con i ricorsi per cassazione qui riuniti vanno pertanto cassate con rinvio, in accoglimento, quanto alla sentenza n. 88/35/12, del primo motivo del ricorso n. 17967/12 R.G. e, quanto alla sentenza n. 87/35/12, del primo motivo del ricorso n. 23550/12 R.G., con assorbimento degli altri motivi di ricorso.
Il giudice del rinvio procederà quindi alla trattazione unitaria degli appelli dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia Sud spa avverso la sentenza n. 7/22/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, nell’integrità del litisconsorzio di tutte le parti del giudizio di primo grado (cfr. Cass. 10934/15, cit: “In tema di contenzioso tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d’ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità”).

P.Q.M. – La Corte accoglie il primo motivo di ciascuno dei ricorsi riuniti, assorbiti gli altri motivi, cassa entrambe le sentenze gravate e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in altra composizione, che procederà alla trattazione unitaria degli appelli dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia Sud spa avverso la sentenza n. 7/22/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, nell’integrità del litisconsorzio di tutte le parti del giudizio di primo grado, e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

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