28 Luglio, 2015


 

SOMMARIO: 1. Il quadro normativo e la questione – 2. Possibili soluzioni: a) aliquota marginale della media biennale (critica) – 3. (Segue): b) a parità di aliquota marginale (tra media biennale e indennità), applicazione di tale percentuale al segmento numerico di mobilità anticipata compreso nel corrispondente scaglione (critica) – 4. (Segue): c) aliquota unica e reale trasposta (soluzione).

La crisi economica pone in rilievo il caso dell’imprenditore che attiva la procedura di mobilità, da cui discendono indennità erogate dall’INPS ai lavoratori dipendenti in esubero. In particolare viene in considerazione l’anticipazione una tantum dell’indennità (c.d. “mobilità anticipata”), cui il dipendente può ambire in luogo di future erogazioni periodiche. La mobilità anticipata è espressamente disciplinata dal Testo Unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), ma sul criterio di determinazione dell’imposta, in regime di tassazione separata, la norma non è foriera di un’immediata e lineare applicazione. Appare quindi opportuno svolgere talune riflessioni critiche, volte a individuare la soluzione corretta, esprimibile anche in semplici formule matematiche.

1. Il quadro normativo e la questione

Istituto giuslavoristico e previdenziale, introdotto con la legge 23 luglio 1991, n. 223 (norme in materia di cassa integrazione, mobilità e altro), l’indennità di mobilità è erogata dall’ente previdenziale nell’ambito di un’apposita procedura, avviata dall’impresa che non trova rimedio alla sopravvenuta eccedenza del personale.

In specie l’art. 7, quinto comma, di detta legge, contempla, per il dipendente in mobilità, la possibilità di chiedere una corresponsione anticipata dell’indennità (“mobilità anticipata”), al fine d’intraprendere un’attività autonoma o di associarsi in cooperative. Sul versante dell’imposizione reddituale, l’art. 17, primo comma, lett. c-bis), del TUIR, include le mobilità anticipate nell’elenco dei redditi soggetti a tassazione separata.

Il senso di tale inclusione è palmare: analogamente al TFR, per esempio, l’indennità in parola matura economicamente in un arco di tempo più esteso dell’anno in cui interviene la percezione; di talché sarebbe incongruo fare pesare l’importo ricevuto dall’INPS sul coacervo reddituale soggetto alla progressività per scaglioni.

Il legislatore tributario, pertanto, ha optato per la separazione reddituale e per un criterio di determinazione dell’imposta a sé stante – il quale peraltro differisce anche da quelli previsti per altri redditi soggetti a tassazione separata.

Invero l’art. 21, primo comma, del TUIR, dispone che, per le somme indicate alla lett. c-bis) dell’art. 17, primo comma, l’imposta è determinata applicando all’ammontare percepito l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente, nel biennio anteriore all’anno nel quale si verifica la percezione dell’indennità de qua.

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Ancora, ai sensi del terzo comma dello stesso art. 21 del TUIR, se in uno dei due anni anteriori a quello di percezione non vi è stato alcun reddito imponibile, si applica l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto dell’altro anno. Se non vi è stato reddito imponibile in nessuno dei due anni anteriori – aggiunge la norma – si applica l’aliquota che l’art. 12 del TUIR contempla per il primo scaglione di reddito.

In base a tali criteri – precisa l’art. 17, terzo comma, del TUIR – gli Uffici finanziari provvedono a iscrivere a ruolo le maggiori imposte dovute ovvero, se ciò risulta più favorevole al contribuente, fanno concorrere le mobilità anticipate alla formazione del reddito complessivo dell’anno di percezione.

Infine, essendo la mobilità anticipata soggetta a ritenuta alla fonte (INPS) a titolo d’acconto, l’art. 22, primo comma, del TUIR, dispone lo scomputo della ritenuta stessa, subìta dal lavoratore dipendente prima della dichiarazione dei redditi.

In questo quadro normativo la questione da risolvere è quale sia esattamente il significato del criterio determinativo, facente riferimento alla “aliquota corrispondente” al reddito medio del biennio anteriore.

2. Possibili soluzioni: a) aliquota marginale della media biennale (critica)

Una prima lettura della regola determinativa, di cui all’art. 21, primo comma, del TUIR, è la seguente: sommare i redditi netti del biennio ante percezione; poi dividere per due; successivamente individuare qual è l’aliquota marginale (quella cioè del più alto scaglione raggiunto dalla media stessa); dopodiché applicare tale aliquota al più alto scaglione raggiunto dall’importo dell’indennità. In quest’ottica la mobilità anticipata è tassata per scaglioni e con aliquote crescenti.

Così leggendo il sintagma “aliquota corrispondente”, di cui all’art. 21, primo comma, del TUIR, il percettore gode di un’aliquota favorevole qualora la somma percepita, a titolo di mobilità anticipata, raggiunga uno scaglione di reddito superiore a quello marginale della media reddituale del biennio.

Di contro, se la somma lorda percepita dall’INPS raggiunge uno scaglione massimo inferiore a quello del reddito medio anteriore, ci si viene a trovare in un vicolo chiuso.

Applicare infatti un’aliquota marginale superiore a un reddito separato, che non raggiunge il corrispondente scaglione, appare un metodo assai forzato, giacché significa impingere contro lo schema di progressività di cui all’art. 11, primo comma, del TUIR. Significa, detto altrimenti, applicare sì una tassazione scaglionata al reddito soggetto a tassazione separata, e però abbinare allo scaglione più alto un’aliquota che corrisponde ex lege a un segmento di reddito che nella specie non c’è (perché detta aliquota appartiene di regola a uno scaglione non raggiunto).

Ora, a una tale distorsione può rimediare il citato art. 17, terzo comma, del TUIR, laddove – come sappiamo (1) – prescrive agli Uffici finanziari di non liquidare l’imposta in regime di tassazione separata, ogniqualvolta ciò risulti più favorevole al contribuente. Tuttavia questo rimedio anti-distorsivo soccorre soltanto in presenza di un reddito biennale medio che risulti elevato rispetto a quello dell’anno di percezione dell’anticipazione d’indennità. Né è scontato che l’anno di percezione della mobilità anticipata veda un calo reddituale omnicomprensivo rispetto alla media del biennio precedente, poiché ad esempio possono sussistere altri redditi (quali i fondiari), oltre allo stipendio e all’(anticipazione d’)indennità; di talché la tassazione separata di quest’ultima risulta più conveniente per il contribuente pur nel venire meno degli introiti stipendiali.

Sta di fatto che il criterio in discorso risulta recessivo e arduamente proponibile per un duplice ordine di ragioni.

Sul piano letterale se il legislatore avesse inteso applicare, allo scaglione di reddito marginale toccato dalla mobilità anticipata, in ogni caso la stessa aliquota dello scaglione più alto toccato dal reddito medio del biennio precedente – anche a costo di applicare allo scaglione più alto dell’indennità un’aliquota diversa da quella rispondente allo scaglione stesso nell’art. 11 del TUIR –, lo avrebbe più chiaramente espresso nell’art. 21, primo comma, del TUIR. Ivi, anziché fare menzione della «aliquota corrispondente alla metà», il legislatore avrebbe piuttosto fatto riferimento all’aliquota marginale – o massima – della media biennale. Si sarebbero, in aggiunta o alternativa, menzionati gli scaglioni dell’art. 11, disponendo di applicare in ogni caso, allo scaglione più alto raggiunto dall’indennità, la stessa aliquota prevista dalla legge per lo scaglione massimo toccato dal reddito medio del biennio (anche in deroga all’art. 11, primo comma).

Se poi dalla lettera si passa al senso della norma, la critica è evincibile dalla dottrina. Questa osserva che la ratio dell’art. 21, primo comma, laddove menziona la “aliquota corrispondente”, è quella d’individuare una “aliquota media” per la tassazione separata delle mobilità anticipate: un’aliquota media che, non incisa dall’importo dei redditi soggetti a tassazione separata, muta di caso in caso a seconda della situazione del contribuente nel biennio precedente (2).

Sicché in via interpretativa emerge piuttosto la necessità di pervenire col calcolo a un’aliquota unica, da applicarsi per la determinazione dell’IRPEF sull’indennità in regime di tassazione separata, il che induce – come anticipato – a scartare la soluzione ermeneutica considerata in questo paragrafo.

3. (Segue): b) a parità di aliquota marginale (tra media biennale e indennità), applicazione di tale percentuale al segmento numerico di mobilità anticipata compreso nel corrispondente scaglione (critica)

Un’altra possibile lettura dell’art. 21, primo comma, del TUIR, laddove esso menziona la “aliquota corrispondente”, insiste nell’idea della mobilità anticipata assoggettata a IRPEF per scaglioni, anche in regime di tassazione separata.

Tale opzione interpretativa si concentra sui casi in cui il reddito medio del biennio da un lato e l’importo lordo della mobilità anticipata dall’altro lato hanno la stessa aliquota marginale (massima), alla luce dell’art. 11, primo comma.

Questo criterio è di per se stesso angusto giacché non si occupa di tutti i casi in cui non sussiste la menzionata coincidenza di aliquota marginale. Tanto basterebbe per definirlo un tentativo di soluzione monco.

Tuttavia, pur mettendo per un istante tra parentesi un tale aspetto critico, si nota che nessuna rilevanza sostanziale è data al reddito medio del biennio precedente. Quest’ultimo viene in considerazione soltanto all’origine, per confrontare i due importi in gioco (reddito medio biennale e importo lordo dell’indennità), e per verificare se, avendo i due importi la stessa aliquota marginale secondo gli scaglioni, si possa procedere nel modo ipotizzato.

Siccome però il TUIR non dispone che, all’indennità di mobilità anticipata in regime di tassazione separata, si applichi l’art. 11 del TUIR e dunque la tassazione per scaglioni, anche questa soluzione ermeneutica non scioglie il nodo di quella “corrispondenza

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ex lege tra l’aliquota della media biennale e quella della mobilità anticipata.

Anzi la prospettiva in considerazione non attinge alcunché dalla media reddituale del biennio, per poi trasporlo sul piano dell’indennità. Si limita a ipotizzare che vi sia coincidenza di aliquota marginale; e così quella che dovrebbe essere la soluzione della questione finisce col diventare un presupposto per applicare la sedicente soluzione.

Detto altrimenti, si dà per scontato che all’importo della mobilità anticipata, ancorché in regime di tassazione separata, debbano applicarsi gli scaglioni di reddito: il che diventa una petizione di principio, che non a caso lascia insolute tutte le situazioni in cui l’aliquota marginale della media biennale e quella dell’indennità non coincidono.

Non è questo un caso – si diceva – poiché, ogniqualvolta vi sia discrepanza di scaglione massimo toccato, se si applicasse per analogia il metodo proposto si finirebbe col tassare l’indennità senza nessuna “corrispondenza” di sorta col biennio precedente. Si applicherebbe cioè all’importo lordo erogato dall’INPS puramente e semplicemente la tassazione per scaglioni a esso afferente.

Questa totale assenza totale di collegamento con la media biennale è l’esatto contrario di ciò che la legge prevede.

4. (Segue): c) aliquota unica e reale trasposta (soluzione)

È proprio alla luce dei tentativi di soluzione recessivi, quali si sono visti finora, che si perviene a una interpretazione della legge più consona e aderente alla ratio legis.

Non è un caso che il legislatore, al primo comma dell’art. 21 del TUIR, non menzioni “le aliquote” al plurale, bensì “l’aliquota” al singolare. Ciò accade non perché le aliquote crescenti per scaglioni siano state, o debbano essere, neglette, ma perché occorre, proprio partendo dalle diverse aliquote per scaglioni, dedurre matematicamente un’aliquota sola, reale/effettiva.

Trattasi di un’aliquota che, se applicata alla stessa base imponibile, conduce al medesimo risultato d’imposta cui si perviene applicando le aliquote crescenti ai diversi scaglioni interessati dall’importo di partenza.

Nella specie questo calcolo va fatto non già sull’importo dell’indennità di mobilità anticipata, bensì sulla media dei redditi netti del biennio precedente la percezione della mobilità anticipata.

Così se RM è il reddito medio biennale e IRM è l’IRPEF dovuta su RM secondo la tassazione per scaglioni, si ha

RM : IRM = 100 : X

dove l’incognita è l’aliquota percentuale che cerchiamo, cioè quella unica, reale o effettiva, che corrisponde al reddito medio del biennio anteriore.

Sicché

X = (IRM x 100) : RM

A questo punto X è noto.

E diventa AC, cioè quella “aliquota corrispondente” menzionata dall’art. 21, primo comma, del TUIR, a proposito dell’indennità di mobilità anticipata.

Chiamando ora MA la mobilità anticipata al lordo della ritenuta, si ha

MA x AC = IMA

dove IMA è l’imposta (IRPEF) dovuta sulla mobilità anticipata, in regime di tassazione separata.

Perveniamo così alla nostra seconda incognita (IMA) applicando, all’importo lordo dell’indennità, l’aliquota reale unica afferente al reddito medio del biennio anteriore.

Tale risulta essere la soluzione ermeneutica corretta, al termine del cammino che si è percorso.

Occorre poi calcolare quale sarebbe la (quota di) IRPEF dovuta sull’indennità anticipata, assoggettando quest’ultima a tassazione ordinaria anziché separata, poiché se la tassazione ordinaria risulta più favorevole al contribuente, sappiamo (3) che l’art. 17, terzo comma, ultimo periodo, del TUIR, impone agli Uffici finanziari d’iscrivere a ruolo la maggiore imposta dovuta «facendo concorrere i redditi stessi [l’indennità nel nostro caso, n.d.a.] alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti».

Quanto alla ritenuta alla fonte a titolo d’acconto, e al relativo scomputo ex art. 22 del TUIR, si tratta di aspetti ulteriori e collegati, che però esulano dal perimetro delle presenti riflessioni.

Avv. Federico Maria Giuliani

 (1) Ved. supra alla fine del paragrafo precedente.

(2) Si consulti per tutti G. Falsitta A. Fantozzi G. Marongiu F. Moschetti, Commentario breve alla legislazione tributaria, III, Testo unico delle imposte sui redditi, Padova, 2010, 155 s.

(3) Ved. supra al paragrafo 1.

 

 

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