24 Luglio, 2015

Una breve ricognizione delle discontinuità e asimmetrie che permangono nella proposta legislazione sulla nuova voluntary disclosure in discussione al Senato, nonostante le innovazioni evolutive e benefiche sul penale ovvero le iniziali maggiori riduzioni di pena sui più gravi reati di evasione fraudolenta che de facto conducono alla loro erosione (3/4), si convertono ex se nella versione definitiva della voluntary in nuova causa di punibilità (difatti gli emendamenti – nn. 14 iscritti alla discussione in Senato – non dovrebbero toccare questo profilo extrafiscale). Tutti i reati dichiarativi anche quelli più gravi sono per effetto coperti dalla nuova voluntary che vedrà così neutralizzati tutti i reati fiscali unitamente a quelli “cartolari” ed extrafiscali ovvero di autoriciclaggio e riciclaggio. Sull’autoriciclaggio e sui reati fiscali presupposto, si osserva che la loro estinzione in voluntary coprirà solo gli imponibili riemersi, verificato il limitato perimetro cui riferire l’estinzione de qua, ved. l’art. 5-quinquies, comma 2, del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 (legge sul monitoraggio fiscale), con l’effetto deteriore che sull’extrareddito non bonificato/dichiarato in voluntary permane il reato fiscale ed extrafiscale (la regolarizzazione dev’essere universale per conseguire pieni effetti assolutori). Su questo profilo fattuale della necessaria omnicomprensività della voluntary (pena decadenza benefici), per cui non sarebbero tollerate disclosure parziali, aleggiano pensieri diversi.

Invero la presenza della norma de qua che individua un rapporto nessiologico fra imponibili e benefici da disclosure, ancorché parziale (non sarebbero persi) sembra abilitare interpretazioni rassicuranti distensive, sulla possibilità di una riemersione non totalizzante.

Su questo profilo delle responsabilità penali, ci sia augura che la futura legge delega fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23) (un gradito allineamento tra i due prefati sistemi normativi) conduca presto ad una depenalizzazione delle fattispecie di infedeltà dichiarativa meno offensive, invasive non connotate da risolutiva fraudolenza (è uno dei punti fermi della delega), facendo ex se cadere la perseguibilità dei reati fiscali presupposto in un’ottica anche di autoriciclaggio (il reimpiego offshore del nero fiscale, essendo difatti evidente che un mero consumo interno, ovvero godimento personale del nero non dovrebbe rilevare). Anche l’evasione interpretativa, da contestazioni di imposte eluse (1), “abusate” e “riqualificateex art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, obliterata ex se dalle procure (“coperta” dalla nuova voluntary), aprirebbe la strada alla doppia incriminazione fiscale ed extrafiscale, per cui la delega dovrebbe ripristinare coerenze e simmetrie perdute attraverso un atteso degrado amministrativo – solo sanzioni ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – di queste fattispecie tributarie meno gravi, escludente de facto in futuro il paventato doppio binario (cumulo di sanzioni penali ed amministrative). Difatti, è concreta nella legge n. 23/2014 la possibilità di escludere dalla reazione penale le condotte elusive ed abusive, oppure l’evento (evasione) che queste producono (2).

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Nel testo licenziato prima del via libera della Camera era presente un’incoerenza sistemica. Il riferimento è al mantenimento della punibilità, sia pure con le studiate riduzioni (erosione di 3/4 della pena edittale) della fattispecie madre di dichiarazione fraudolenta di cui all’art. 3 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, verificata la riconosciuta confluenza dell’evasione offshore e di quella interpretativa (su quest’ultima non è unanime la confluenza) nella perimetrazione della norma de qua. Pertanto, l’evasione che ha questa declinazione sovranazionale, extraterritoriale, è stata sempre considerata ricadente nella fattispecie fraudolenta più grave di cui al prefato art. 3, per la quale erano ancora previste solo mere riduzioni di pene, sia pure con le coperture, esclusioni “dedicate” sull’autoriciclaggio limitatamente al subprocedimento di voluntary. L’incoerenza de qua è stata rimossa attraverso l’utilizzo della stessa formula espansiva dello scudo fiscale che prevedeva la non punibilità degli stessi reati dichiarativi (permane il disvalore in quelli endosocietari). Il post factum (autoriciclaggio) non punibile dunque resiste in tutti i reati dichiarativi di cui agli artt. 2 e segg. del D.Lgs. n. 74/2000, per i quali la nuova voluntary decreta la non punibilità.

[-protetto-]

Sulla multilateralità della definizione, ved. infra voluntary duale, estesa anche alle evasioni non esterovestite ovvero ai soggetti non gravati degli obblighi rw – vera innovazione dopo il default del D.L. 28 gennaio 2014, n. 4 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2014, n. 50), maggiore latitudine – si segnala il rischio de facto di vulnerare la ratio strutturale della legislazione premiale, ontologicamente associata, asservita alle violazioni presupposte da quadro rw (incoerenze in questa generalizzazione). È ben noto il rapporto nessiologico, endemico di dipendenza, asservimento funzionale, presupposizione, fra la violazione madre da rw e disclosure sulle attività patrimoniali invece ricadenti in questo obbligo, nella misura in cui solo la prima “libera” l’opzione de qua.

In tutte le giurisdizioni, difatti, la voluntary è concepita come rimedio (ravvedimento rinforzato) strutturale, permanente e immanente di sistema, non emergenziale, per bonificare e svincolare tutte le evasioni patrimonializzate all’estero (riemersione). Pertanto questa sopravvenuta e inattesa dilatazione attrazione delle evasioni Italia è involutiva: viola quella ratio sistemica dell’istituto. Invero la soluzione di condivisione in voluntary delle evasioni ovunque localizzate, patrimonializzate, è in parte equitativa, di equilibrio sostanziale, superando superiori istanze di discriminazione, alludo a quei soggetti che hanno implementato pianificazioni extrafiscali delle proprie evasioni, meno “aggressive” ed eversive, ovvero che de facto non hanno esportato all’estero i loro imponibili e che per effetto non possono subire trattamenti deteriori rispetto invece a coloro che hanno perfezionato quelle modalità oltranziste (strutture interposte, conduit, trust). O ancora le società (fisiologicamente escluse dal quadro rw) per definire l’evasione endosocietaria e tutta la sua verticalizzazione nel coordinamento società/socio, prima di approdare a quest’ultimo. Tutte queste fattispecie plurisoggettive potranno attraverso questo benefico allargamento multilaterale, ved. l’utilizzo della formula espansiva tutti i contribuenti diversi da quelli gravati da rw, equitativo di equilibrio sostanziale, trovare nuova definizione, riducendo il rischio della “delazione” del socio ed il “contagio” da voluntary sull’utilizzazione “a sfavore” dell’autodenuncia (scelte cumulate, condivise).

In altri termini, non vi saranno resistenze ad aderire alla voluntary da parte di questi soci che hanno costituito all’estero capitali riconducibili a gruppi italiani, ad esempio, i fondi neri generati attraverso costi fittizi o sottofatturazioni, potendo tutti questi attori della fiscalità endosocietaria fare scelte cumulate, condivise e coordinate. Dunque, un considerevole passo in avanti rispetto al decreto n. 4/2014 – ripristino di coerenze perdute – verificata la spiegata liberalizzazione delle procedure di voluntary per questi contribuenti che controllano (senza dichiarare in rw) società di diritto estero a rischio di esterovestizione: non vi sarà in futuro dissuasione alcuna a condividerle. È evidente che, per superiori finalità preclusive della doppia imposizione economica unitamente ad una lettura coerente e sistemica dei fenomeni fiscali in quei capitali riemersi, i soci in voluntary dichiareranno dividendi esclusi, con le deroghe black list e le società invece liquideranno aliquote IRES ed IVA su imponibili “pieni”. Questa generalizzazione della nuova voluntary va comparata con le nuove norme sul ravvedimento rinforzato e “lungo” (3) le quali, però, non prevedono l’estinzione dei reati fiscali ed extrafiscali (autoriciclaggio) ma solo mere “riduzioni”, ved. esimenti ex art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000, per cui resta l’autoriciclaggio sulle evasioni per questa via regolarizzate. È evidente, invece, il vantaggio competitivo del prefato nuovo ravvedimento rinforzato, “lungo” rispetto alla voluntary sul profilo delle preclusioni/esclusioni da attività istruttorie di controllo, le quali non costituiscono interdizione se non culminate in atti impositivi.

Così potranno essere per questa via regolarizzate/rimpatriate ex se le società estere, de facto residenti, ved. la sicura marginalità degli elementi di extraterritorialità nelle holding formalmente estere, partecipate da italiani, con l’effetto di bonificare e “coprire” la fiscalità latente nei periodi di imposta ancora “aperti”, in cui queste società di diritto estero hanno la direzione effettiva in Italia. Lo stesso dicasi per le stabili organizzazioni occulte non dichiarate da veicoli esteri, la cui attività in Italia integra appunto una stabile organizzazione.

L’estensione del percorso di autodenuncia volontaria con il suo inserimento dopo l’art. 5-septies del progetto di legge anche alle evasioni in Italia, si realizza attraverso un riallineamento ex se delle procedure di rientro dei capitali offshore e di quelli invece detenuti in Italia. Inizialmente l’affrancamento extraterritoriale e territoriale seguiva discipline e sub procedimenti autonomi, paralleli, “ospitati” in capitolati distinti della norma primaria, ancorché de facto unificati nei tratti sostanziali, ovvero nelle “riduzioni” sanzionatorie (si applicherà il cumulo giuridico di cui all’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997, sulla progressione unificazione nell’ambito dello stesso tributo). Invece il governo condivide la scelta, considerando assolutamente corretto allineare le due procedure, rendendole identiche nei percorsi ed approdi endoprocedimentali.

Si osserva che, sugli oneri fiscali da voluntary, un ruolo non secondario avrà l’IVA, de facto recuperabile ex art. 60 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, attraverso procedura di rivalsa; procedura ritengo sempre attivabile nell’ambito della voluntary, verificata l’analiticità nell’autodenuncia degli imponibili emersi, non operando lo sbarramento ontologico degli accertamenti induttivi e presuntivi.

Un’evasione progressiva, territoriale o extraterritoriale, del soggetto che ha violato il quadro rw è “coperta” dallo stesso subprocedimento opzionale di voluntary, ossia non si applica, a questo soggetto, la procedura di riemersione c.d. “nazionale” invece prevista per gli altri contribuenti che non hanno violato il quadro rw (non essendovi obbligati). Difatti viene previsto che questo soggetto il quale ha violato il quadro rw sugli assets esterovestiti possa definire sia l’evasione incorporata in quelle attività e sia anche quella “non connessa” alle stesse (evasione verosimilmente localizzata in Italia). Si vuole dire che colui che detiene illegalmente patrimoni all’estero potrà definire nell’ambito della voluntary anche le evasioni non esterovestite, non dovendo attivare la c.d. voluntary nazionale. Invece gli altri contribuenti, che non hanno patrimoni all’estero (4) e dunque non gravati di rw, attiveranno la “nuovavoluntary nazionale: lo stesso dicasi anche per coloro che pure avendo patrimoni all’estero li hanno regolarmente dichiarati in rw, e che potranno aderire alla voluntary nazionale per definire le proprie evasioni in Italia. Dunque il panorama che esce dal nuovo provvedimento emergenziale è il seguente: una voluntary universale, multilaterale, senza esclusioni, estesa a tutti i soggetti diversi da quelli gravati dagli obblighi rw.

Vedremo che, fra i legittimati alla voluntary nazionale, ci sono anche i veicoli endosocietari IRPEG (verranno per tale via definite e riassorbite le esterovestizioni, le stabili organizzazioni occulte in Italia o estere), con il gradito effetto che tutta la filiera (anelli intermedi, holding, sub-holding e soci) della verticalizzazione dell’utile societario (non dichiarato) potrà essere regolarizzata, ossia nel coordinamento società/socio, tutti i diversi stadi, retro identificati, cui veicola l’extrareddito potranno sanare l’irregolarità de qua.

Il prefato riallineamento raccoglie ex se i suggerimenti della Commissione Greco sull’esigenza di garantire una parità di trattamento tra evasori che si autodenunciano per evasioni riallocate all’estero, e coloro che li abbiano mantenuti nel territorio dello stato. L’evoluzione della normativa giunge a queste conclusioni equitative allargando il perimetro della disclosure, oramai insensibile al profilo territoriale dell’evasione.

Questa è la stagione dei “riallineamenti” degli “imponibili” e non solo delle evasioni ovunque localizzate, così la confederazione svizzera chiude (1° luglio 2014) un contenzioso con l’unione europea abrogando i regimi fiscale di favore sulla tassazione delle imprese, in particolare di quelli che prevedono regimi differenziati tra redditi nazionali e redditi esteri, il cosiddetto ring fencing. Mentre dovrebbero permanere strumenti di favore della proprietà intellettuale, ved. license box, per altro diffusi nell’area OCSE, che consentono un’imposizione privilegiata di questa tipologia reddituale.

Maggiore incisione sui profili sanzionatori, attraverso una disciplina articolata, nella misura in cui nella nuova legislazione sulla voluntary le sanzioni basiche, strutturali sulle violazioni e sulle infedeltà tributarie ovvero dichiarative (cfr. il D.Lgs. n. 472/1997) scendono vistosamente. Queste riduzioni sono più evidenti nelle evasioni allocate (recte, patrimonializzate nei Paesi white list), laddove la sanzione minima viene ridotta di ¼ ovvero al 100% del tributo evaso, per svilirsi ulteriormente in base al timing della sua definizione, accertamento con adesione o inviato al contraddittorio, rispettivamente a 1/6 e 1/3. Dunque, nelle evasioni white list previamente il legislatore riallinea ex se nei prefati profili sanzionatori l’evasione Italia e l’evasione extra Italia, eliminando gli aumenti strutturali previsti per quest’ultima dal D.Lgs. n. 472/1997, per poi applicare le “riduzioni” previste per i subprocedimenti istruttori di definizione dell’extrareddito. Sulle evasioni black list, la sanzione minima del 120% viene sempre ridotta di 1/4, ovviamente opera su questa tipologia di evasione il raddoppio da sistema, ved. l’art. 12 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), del profilo sanzionatorio basico unitamente a quello (1/4) previsto per i redditi di fonte estera (ved. ai sensi del D.Lgs. n. 472/1997 cumulo di aumenti): la riduzione de qua fa scendere la sanzione minima in prossimità del 200% del tributo evaso, cui poi vanno applicate ex se le prefate riduzioni strutturali in relazione ai sub procedimenti interinali avviati.

Invero, il citato raddoppio ex art. 12 non opererà se lo stato black list in cui sono localizzate le evasioni siglerà con il nostro un accordo sullo scambio dei dati.

Si applicherà il cumulo giuridico di cui all’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997, sulle evasioni dichiarative, con progressione e unificazione dei profili sanzionatori nell’ambito dello stesso tributo. È evidente che le minori riduzioni da accertamento da adesione conseguono alla non condivisione degli inviti al contraddittorio che precedono i primi nella progressione endoprocedimentale.

Sulle violazioni da quadro rw, la sanzione scende allo 0,5% (periodico) per le attività white list. Invece per le attività black list la riduzione subisce alcune variabili, potendo anche scendere all’1% (con definizione) quando si verifichi la condizione del trasferimento degli assets in Italia o in un paese dell’Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo.

Sull’allungamento del raddoppio dei termini, strutturalmente previsto per le evasioni – cfr. art. 12, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2009 – il legislatore introduce una norma derogatoria, con un effetto interdittivo, preclusivo del prefato raddoppio che non opererà al verificarsi di plurime condizioni di trasparenza attivate anche dal richiedente. La sottoscrizione di un protocollo modificativo delle attuali convenzioni che obliteri lo scambio effettivo dei dati a domanda, anche in deroga al segreto bancario, è una delle condizioni del raddoppio. Allineati sono Lussemburgo, Hong Kong e Singapore. Montecarlo e Svizzera sono in avvicinamento. Inspiegabilmente il raddoppio dei termini: viene mantenuto per il penale tributario invece sterilizzato in voluntary.

Ancora, nella legge delega fiscale, viene previsto che il prefato raddoppio opererà solo quando vi sarà invio della notizia di reato nei termini decadenziali ordinari. Si vuole dire che nelle procedure di voluntary de facto non vi può essere mai denuncia e dunque il raddoppio dei termini, verificate le interdizioni (alla voluntary) da attività endoprocedimentali avviate.

Una deroga ultronea è prevista sui termini decadenziali di notifica degli avvisi di accertamento, preceduti da inviti al contraddittorio “non definiti”, che scadono il 31 dicembre 2014 e 2015. Tali termini, ovvero la loro decadenza, è traslata di 90 giorni dalla presentazione della denuncia, ossia entro questo termine vanno notificati “in deroga” gli avvisi di accertamento: una verosimile consumazione del potere impositivo opportunamente evitata de facto traslata per quelle annualità per le quali è prossima la maturazione della loro decadenza che, diversamente, si sarebbe integrata attraverso un comportamento ostruzionistico del contribuente che non definisce l’invito al contraddittorio.

Sul versante autoriciclaggio opereranno le tutele, coperture sistemiche per i professionisti – alludo ai regimi esonerativi strutturali previsti per gli abilitati nei subprocedimenti di esame della posizione dei clienti – fermo restando il dovere di effettuare l’adeguata verifica. Il nuovo testo aggiunge in senso rafforzativo la “liberazione” del professionista da ogni eventuale responsabilità penale per le eventuali dichiarazioni mendaci, verificata l’introduzione nella voluntary di una nuova ipotesi di reato sulla produzione di documentazione infedele. Sull’introduzione dell’autoriciclaggio rivive la dualità fiscale ed extrafiscale ovvero il concorso con il reato fiscale presupposto dichiarativo del nuovo reato di reimpiego del nero: dovrebbero restare escluse dalla doppia incriminazione le condotte di mero godimento, reimpiego personale delle utilità del reato, con l’effetto che rivelerà solo il riversamento di queste utilità nell’economia legale, ved. attività di impresa o ancora l’esterovestizione delle medesime. Difatti, solo in queste condotte potrà intravedersi una volontà illecita ultronea all’evasione fiscale, perché vi sarebbero comportamenti idonei ad ostacolare l’identificazione della provenienza illecita delle citate somme.

La spiegata multilateralità della voluntary estesa anche ai soggetti non gravati di rw rende inutile la vecchia previsione sugli utilizzi espansivi endoprocedimentali della dichiarazione da disclosure. Si prevedeva, avviando una breve analisi comparativa con il vecchio testo, in quella proposta di legge che la dichiarazione de qua ovvero gli elementi probatori dalla stessa incorporati sono utilizzabili per l’accertamento ai fini delle imposte sui redditi del contribuente in autodenuncia, in relazione ai profili reddituali offshore dallo stesso autodichiarati. Ancora, su questo utilizzo a “sfavore” del dichiarante della dichiarazione da disclosure ai fini dell’autoaccertamento, si osserva che, verosimilmente, quel legislatore si sia riferito anche alle evasioni non “esterovestite” ovvero non esportate all’estero in clandestinità e per effetto non riassorbite e non “coperte” dalla disclosure (su queste evasioni non vi sono i benefits fiscali della procedura di autodenuncia). Ora con questo allargamento della nuova voluntary, stante la sua universalità – non è possibile selezionare le diverse evasioni, per escluderle une e ricomprenderne altre, le quali tutte confluiranno nell’autodenuncia volontaria – emergeranno in disclosure anche queste scorie dichiarative ossia i profili reddituali non esterovestiti.

Nella vecchia proposta di revisione della disclosure (proposta Capezzone) si prevedeva l’inapplicabilità “dell’integrativo” di cui agli artt. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e 57, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972. Il riferimento è alla possibilità di “riaprire” nei termini ordinari decadenziali un’annualità ex se già “coperta” da un avviso di accertamento (rigenerazione del potere impositivo sulla base di elementi istruttori sopravvenuti). In altri termini, colui che presenta la disclosure (vecchia formulazione) non potrà essere allertato sulle stesse annualità coperte da “disclosure”, con un ultroneo avviso di accertamento per accertare evasioni diverse, verificata la disapplicazione de qua. In altri termini, con gli avvisi di accertamento conseguenti alla disclosure, l’Amministrazione finanziaria consuma il proprio potere impositivo, stante le prefate interdizioni, preclusioni endoprocedimentali di cui all’art. 5-quinquies (vecchia formulazione, ved. la proposta di revisione Capezzone sulla cristallizzazione de qua, con stabilizzazione del rapporto fiscale per disapplicazione dell’integrativo). Questo regime derogatorio sulla disapplicazione della reiterazione dell’attività impositiva non è stato recepito nella nuova voluntary, per cui continua ad applicarsi la disciplina di sistema sull’integrativo.

L’unica ratio che si intravedeva in quella preclusione, interdizione endoprocedimentale, è la volontà del nostro legislatore di chiudere le annualità coperte da disclosure, un “voltare pagina” in questo rinnovato scenario di cooperazione internazionale.

Ancora, proseguendo questa breve analisi comparativa fra testi nuovi e vecchi sulla voluntary, sulle esimenti, “coperture” multilaterali, il secondo periodo del comma 2 dell’art. 5-sexies (vecchia voluntary) evoca i “contribuenti interessati”, nei cui confronti la disclosure non potrà essere utilizzata a sfavore. Tra questi contribuenti interessati coperti dalla disclosure altrui dovrebbero figurare verosimilmente i “terzi”. Il riferimento è alle evasioni endosocietarie che ritengo “coperte” dall’iniziativa volontaria autonoma di uno dei soci, la cui disclosure potrà affrancare (nel senso di non utilizzazione endoprocedimentale) l’evasione di altri soci e della società partecipata. È evidente che non tutti i terzi potranno beneficiare della disclosure altrui (non utilizzabile altrove il profilo probatorio della stessa), ossia vi deve essere un profilo di necessaria connessione (la norma parla di “contribuenti interessati”) e contiguità degli imponibili dei “terzi” con gli imponibili emersi nella disclosure altrui, al fine di estendere ai primi le esimenti di cui al comma 2 da disclosure.

Nella nuova voluntary non vi sono dichiarazioni di esclusione dell’utilizzazione a sfavore di terzi o collegati della disclosure medesima, ma attraverso l’allargamento soggettivo, retro illustrato, di coloro che vi potranno aderire viene data la possibilità a tutta la filiera dell’evasione (endosocietaria) di definire le irregolarità.

Si osserva che i trust, ved. quelli esteri, vengono per lo più riqualificati in fittizi interposti (cfr. art. 37, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973), per cui tutti gli assets esteri sono riallocati sulle persone fisiche autrici delle violazioni da monitoraggio, su quelle attività estere riattribuite ex se ai beneficiari titolari effettivi, violazioni fiscali su quegli assets obblighi dichiarativi per la fiscalità diretta, su quegli assets mai dichiarati in unico.

Per altro, su queste attività opera la tassazione/presunzione per equivalente ovvero le attività cfc si convertono ex se in imponibile. Dunque in disclosure io autodichiaro la fittizietà di quelle strutture interposte tax in capo ai beneficiari effettivi, sano tutte le violazioni da rw ed eventuale fiscalità sui flussi reddituali commesse medio tempore riabilitando in futuro l’effettività nella proprietà di questi assets. A regime, la fiscalità di questi patrimoni “destrutturati”, bonificati e riattribuiti agli interponenti graverà su questi ultimi, i quali eviteranno attraverso la disclosure un disconoscimento a regime delle strutture conduit con gravosi riflessi sanzionatori fiscali ed extrafiscali.

Avv. Fabio Ciani

Università Roma Tre

(1) Sulla definizione unificata di abuso ed elusione nella legge 11 marzo 2014, n. 23 (legge delega del 2014), ved. Giovannini, La delega unifica elusione ed abuso del diritto: nozioni e conseguenze, in Corr. trib., 2014, 1827 ss.; l’Autore sugli elementi costitutivi della fattispecie monitorata osserva che non possono che essere due: la condotta contraria alla buona fede oggettiva, in quanto atti nei quali essa si struttura, privi di ragioni sostanziali apprezzabili favorevolmente, tendono ad aggirare la norma tributaria e a ledere per questa via il diritto di credito statale; il vantaggio fiscale illegittimamente conseguito alla stregua della finalità prevalente dell’operazione, finalità realizzata proprio per il tramite di quella condotta. In questa nozione possono trovare collocazione coerente i criteri indicati sia nella lett. a), sia nella lett. b), punto 1, dell’art. 5, ovvero il criterio dell’uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio di imposta e quello del vantaggio fiscale, come causa prevalente dell’atto o dell’operazione; il riscontro positivo delle ragioni sostanziali non può che determinare la qualificazione del comportamento come conforme alle regole della buona fede oggettiva. È giocoforza pertanto che la prova dell’inesistenza di quelle ragioni gravi sull’Amministrazione finanziaria.

(2) Sulla nuova definizione unificata di abuso ed elusione e sulle plurime criticità dei criteri e principi direttivi della legge delega n. 23/2014, ved. Flick, Reati fiscali, principio di legalità e ne bis in idem, in Rass. trib., 2014, 949 ss.; l’Autore osserva che i principi dell’art. 5 della delega sembrano voler introdurre innanzitutto l’unificazione tra elusione che è frutto di una progressiva tipizzazione normativa, e il principio generale del divieto di abuso che è frutto dell’elaborazione giurisprudenziale. La necessità di una formale e puntuale individuazione della condotta abusiva è avvertita dal legislatore delegante, che peraltro rimanda alla motivazione dell’accertamento fiscale ed al contraddittorio, anziché richiederla al legislatore delegato. L’unificazione tra abuso ed elusione è di per sé opportuna, poiché si tratta di concetti concentrici e l’abuso comprende le diverse forme di elusione. Tuttavia si assimilano fra di loro due realtà diverse, la prima delle quali nasce dall’elaborazione giurisprudenziale, la seconda invece da quella normativa. Ad essa sembra ora aggiungersi una terza realtà: quella dell’accertamento fiscale in sede di elaborazione amministrativa, con una sorta di singolare mix tra legislazione, giurisdizione e amministrazione. D’altronde l’intento di unificare abuso ed elusione sembra contraddetto o quanto meno non confermato dalla previsione tuttora distinta tra abuso nell’art. 5 ed elusione nell’art. 8 della delega.

(3) Per un’analisi comparativa fra ravvedimento rinforzato ovvero lungo di futura introduzione, e voluntary disclosure, ved. Tomassini, La disclosure apre la strada ai soggetti ires, in Il Sole 24 ore del 31 ottobre 2014, 38; l’Autore osserva che le due procedure sono assolutamente compatibili e occorre quindi di volta in volta valutare quale sia la più conveniente. Il ravvedimento lungo riguarda le singole violazioni e non prevede il coinvolgimento dell’Amministrazione finanziaria per intenderci, se occorre regolarizzare la semplice indebita deduzione di un costo, questa sarà la via maestra. La voluntary nazionale, invece, è un procedimento collaborativo da attuare in contraddittorio con l’Agenzia delle entrate e riguarda l’intera posizione del contribuente che si apre autodenunciandosi all’Agenzia stessa. Il ravvedimento lungo può fare scattare unicamente un’attenuante ex art. 13 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74; la voluntary disclosure invece dà titolo per fruire della causa di esclusione della punibilità per i reati previsti dagli artt. 2, 3, 4, 5 e 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000 e non per il nuovo temutissimo reato di autoriciclaggio. In merito alle sanzioni a parità di condizioni (regolarizzando le stesse violazioni) la voluntary è più conveniente se ci si avvale dell’adesione all’invito al contraddittorio mentre potrebbe esserlo di meno se si arriva all’accertamento.

(4) Sulla non punibilità per i contribuenti che aderiranno a questa particola forma di ravvedimento rinforzato ovvero alla voluntary nazionale, ved. Vallefuoco, Niente raddoppio dei termini per l’accertamento, in Il Sole 24 Ore del 29 ottobre 2014; l’Autore osserva che la particolarità di questo ravvedimento operoso speciale nazionale previsto dalla normativa sul rientro dei capitali consiste essenzialmente – oltre che la riduzione drastica delle sanzioni tributarie – soprattutto nella previsione per chi vi aderisce dell’applicazione delle stesse cause di non punibilità previste per colui che invece ha capitali all’estero non dichiarati; da questa situazione di non punibilità scaturisce altresì anche l’effetto tributario del mancato raddoppio dei termini che quindi rimarrebbero ordinari, e l’Amministrazione finanziaria non potrebbe valersi strumentalmente della comunicazione di reato ai sensi dell’art. 331 c.p.p. al solo fine di potere accertare le annualità ordinariamente prescritte.

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