4 Febbraio, 2014

 I

 IRAP – Deducibilità ai fini delle imposte sui redditi – Previsione della deducibilità di un importo pari al 10% dell’IRAP determinata ai sensi degli artt. 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del D.Lgs. n. 446/1997, relativa al costo del lavoro e agli oneri per interessi sostenuti dalle imprese e dai professionisti ex art. 6 del D.L. n. 185/2008 – Efficacia retroattiva – Sussiste – Rimborso della quota di IRES pagata a partire dal 2005 – Compete.

 IRes – Deducibilità dell’IRAP ai fini delle imposte sui redditi – Previsione della deducibilità di un importo pari al 10% dell’IRAP determinata ai sensi degli artt. 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del D.Lgs. n. 446/1997, relativa al costo del lavoro e agli oneri per interessi sostenuti dalle imprese e dai professionisti ex art. 6 del D.L. n. 185/2008 – Efficacia retroattiva – Sussiste – Rimborso della quota di IRES pagata a partire dal 2005 – Compete.

 IRPeG – Deducibilità dell’IRAP ai fini delle imposte sui redditi – Previsione della deducibilità di un importo pari al 10% dell’IRAP determinata ai sensi degli artt. 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del D.Lgs. n. 446/1997, relativa al costo del lavoro e agli oneri per interessi sostenuti dalle imprese e dai professionisti ex art. 6 del D.L. n. 185/2008 – Efficacia retroattiva – Sussiste – Rimborso della quota di IRES pagata a partire dal 2005 – Compete.

 In materia di deducibilità della quota di IRAP afferente il costo del lavoro e gli interessi passivi, poiché l’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), ha ammesso in deduzione un importo pari all’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese del personale dipendente e assimilato, e ha modificato solo in parte l’art. 6 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), che dispone ora la deducibilità del dieci per cento dell’IRAP pagata, forfetariamente riferita solo alla quota imponibile degli interessi passivi ed oneri assimilati, in linea con l’ordinanza della Corte Costituzionale 12 ottobre 2012, n. 232, che ha dichiarato la portata retroattiva di tale ius superveniens, sussiste il conseguente diritto del contribuente al rimborso della corrispondente parte dell’IRES pagata a partire dal 2005, non più dovuta in parte qua.

 [Commissione trib. regionale della Lombardia, sez. XX (Pres. Di Blasi, rel. Buonavolontà), 15 maggio 2013, sent. n. 101, ric. Runner Computer s.p.a. c. Agenzia delle entrate – Ufficio di Varese]

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso proposto da Runner S.p.A., già Runner Computer S.p.A. avverso provvedimento 13.2.2008 di rifiuto del rimborso di 51.529.00 per IRES per gli anni 2004, 2005, 2006, richiesto con istanza 30.11.2007, oltre agli interessi di cui all’art. 44, comma 1 del D.P.R. 602/73.

 Il predetto rigetto si basava sul presupposto che la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla contribuente fosse manifestamente infondata e il rimborso richiesto non spettante. Appella la contribuente censurando la sentenza impugnata affermando che l’assoggettamento ad IRES del 4.25% degli interessi passivi netti e dei costi di lavoro dipendente o assimilato, pacificamente deducibili dalla medesima imposta, era dovuta all’applicazione su detti costi dell’IRAP e alla conseguente indeducibilità dell’IRAP stessa, dall’imponibile IRES risollevando questione di legittimità costituzionale che la Commissione Tributaria Regionale, Sez. 20, riteneva non manifestamente infondata rinviando la causa fino all’esito della decisione della Corte Costituzionale su analoghe questioni di costituzionalità proposte da altre Commissioni Tributarie.

 Con ricorso depositato l’8.2.2013 la società contribuente riassumeva il giudizio asserendo che la Corte Costituzionale con ordinanza n. 232 dell’8/12 ottobre 2012(1) nel menzionare le norme di legge successivamente entrate in vigore, ovvero l’art. 2, comma 1 del D.L. 6.12.2011, n. 201 convertito con la legge 22.12.2011, n. 214 che ammette in deduzione un importo pari all’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente o assimilato, disposizione che si aggiunge modificando solo in parte l’art. 6 del D.L. 185/2008 che dispone ora la deducibilità del 10% dell’IRAP pagata forfetariamente riferita solo alla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati, ha stabilito che tale ius superveniens è intervenuto, anche retroattivamente, in materia di deducibilità dell’IRAP per cui restituiva gli atti ai remittenti perché operassero una nuova valutazione della perdurante rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione.

 Con la predetta istanza la società contribuente, alla luce della predetta sentenza e della normativa sopra indicata, ribadisce la richiesta di rimborso dell’IRES non più dovuta di 51.529,00 con gli interessi ex art. 44, comma 1 del D.P.R. 602/73 atteso che il ricalcolo della stessa per effetto della normativa sopravvenuta porterebbe ad un rimborso superiore pari a 66.968,00.

 Controdeduce l’Ufficio.

 

[-protetto-]

 

MOTIVI DELLA DECISIONE – La Commissione Tributaria Regionale ritiene di dover accogliere l’appello della contribuente per tre ordini di motivi.

 Il primo, in quanto successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio è stato modificato il quadro normativo di riferimento a seguito dell’emanazione:

 del D.L. 29.11.2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28.1.2009, n. 2 che all’art. 6, comma 2 prevede la deducibilità della quota IRAP afferente il costo del lavoro e degli interessi passivi nella misura forfettaria del 10% dell’IRAP pagata e il conseguente diritto al rimborso dell’IRES pagata a partire dal 2005;

 dell’art. 1 del D.L. 6.12.2011, n. 201, convertito con la legge 22.12.2011, n. 214, che ammette in deduzione un importo pari all’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese del personale dipendente e assimilato, disposizione che si aggiunge modificando solo in parte il predetto art. 6 del D.L. 185/2008 che dispone ora la deducibilità del 10% dell’IRAP pagata, forfettariamente riferita solo alla quota imponibile degli interessi passivi ed oneri assimilati.

 Il secondo, in quanto la Corte Costituzionale alla luce della predetta normativa che è intervenuta anche retroattivamente, in materia di deducibilità dell’IRAP, ha con ordinanza n. 232 del 2012, pubblicata nella G.U. n. 41 del 17.10.2012 restituito gli atti alle Commissioni Tributarie emittenti per una valutazione della perdurante rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione che questa Commissione ritiene non sussistere.

 Il terzo, in quanto la richiesta della contribuente, in considerazione della documentazione prodotta e dei fatti non specificamente contestati dall’Ufficio e in applicazione della normativa sopra indicata, si deve dedurre che alla società contribuente spetta il rimborso richiesto pari a 51.529,00 – somma inferiore a quella derivante dal ricalcolo in applicazione delle predette norme sopravvenute che porterebbero ad un rimborso di 66.968,00 – con gli interessi ex art. 44, comma 1 del D.P.R. 602/73.

 Le modifiche normative sopravvenute giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M. – La Commissione accoglie l’appello della società contribuente e, in riforma della sentenza impugnata, dispone il rimborso richiesto con gli interessi ex art. 44 D.P.R. 602/73. Spese compensate.

 (1) Corte Cost. 12 ottobre 2012, n. 232, in Boll. Trib., 2012, 1569.

II

 IRAP – Deducibilità ai fini delle imposte sui redditi – Previsione della deducibilità di un importo pari al 10% dell’IRAP determinata ai sensi degli artt. 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del D.Lgs. n. 446/1997, relativa al costo del lavoro e agli oneri per interessi sostenuti dalle imprese e dai professionisti ex art. 6 del D.L. n. 185/2008 – Efficacia retroattiva – Sussiste – Rimborso delle quote di IRPEG pagata nel 2003 e di IRES pagata dal 2004 – Compete.

 IRES – Deducibilità dell’IRAP ai fini delle imposte sui redditi – Previsione della deducibilità di un importo pari al 10% dell’IRAP determinata ai sensi degli artt. 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del D.Lgs. n. 446/1997, relativa al costo del lavoro e agli oneri per interessi sostenuti dalle imprese e dai professionisti ex art. 6 del D.L. n. 185/2008 – Efficacia retroattiva – Sussiste – Rimborso delle quote di IRPEG pagata nel 2003 e di IRES pagata dal 2004 – Compete.

 IRPEG – Deducibilità dell’IRAP ai fini delle imposte sui redditi – Previsione della deducibilità di un importo pari al 10% dell’IRAP determinata ai sensi degli artt. 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del D.Lgs. n. 446/1997, relativa al costo del lavoro e agli oneri per interessi sostenuti dalle imprese e dai professionisti ex art. 6 del D.L. n. 185/2008 – Efficacia retroattiva – Sussiste – Rimborso delle quote di IRPEG pagata nel 2003 e di IRES pagata dal 2004 – Compete.

In materia di deducibilità della quota di IRAP afferente il costo del lavoro e gli interessi passivi, poiché l’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), ha ammesso in deduzione un importo pari all’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese del personale dipendente e assimilato, e ha modificato solo in parte l’art. 6 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), che dispone ora la deducibilità del dieci per cento dell’IRAP pagata, forfetariamente riferita solo alla quota imponibile degli interessi passivi ed oneri assimilati, in linea con l’ordinanza della Corte Costituzionale 12 ottobre 2012, n. 232, che ha dichiarato la portata retroattiva di tale ius superveniens, sussiste il conseguente diritto del contribuente al rimborso delle corrispondenti parti dell’IRPEG e dell’IRES pagate a partire dal 2005, non più dovute in parte qua.

 [Commissione trib. regionale della Lombardia, sez. VII (Pres. e rel. Centurelli), 30 maggio 2013, sent. n. 78, ric. Fida s.p.a. c. Agenzia delle entrate – Ufficio di Milano]

MOTIVI DELLA DECISIONE – Con l’appello, la SpA Fida impugnava la sentenza n. 93/05/10 con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ne aveva respinto il ricorso avverso il silenzio-rifiuto frapposto dall’Amministrazione Finanziaria alla richiesta dalla stessa presentata in data 30-11-2007 per ottenere il rimborso della complessiva somma di 165.746,00 versata per IRPEG relativa all’anno 2003 e per IRES relativa agli anni 2004-2006 (da maggiorarsi degli interessi ex art. 44 DPR n. 602/73), stante l’impossibilità di dedurre dall’imponibile relativo la quota di IRAP del 4,25% corrispondente al costo del lavoro e degli oneri finanziari.

 A sostegno del proposto appello, ribadiva la Fida la sussistenza del diritto al rimborso vantato, reiterando i dubbi di costituzionalità dell’art. 1 comma 2 del D.L.vo n. 446/97 – con riferimento agli artt. 3 comma 1, 35 e 53 comma 1 Cost. già ritenuti manifestamente infondati dai primi giudici, i quali avevano basato la propria decisione sulla assoluta differenza fra le due imposte in questione. Richiamando altresì la disposizione di cui all’art. 6 comma 2 del D.L. n. 185/08 convertito nella legge n. 2/09 nel frattempo entrata in vigore – ed anch’essa passibile di illegittimità costituzionale in ragione della deduzione d’imposta nella misura meramente forfetaria del 10% ivi prevista – instava pertanto la Fida per l’accoglimento della propria richiesta di rimborso previa rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.

 Nel giudizio così radicato, si costituiva l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Milano 1 (oggi Direzione Provinciale I di Milano) contestando l’avversa pretesa, stante l’incensurabilità delle valutazioni espresse dalla CTP – correttamente incentrate sulla diversità fra IRES (imposta sui redditi) e IRAP (imposta reale sulla ricchezza, che aveva peraltro superato il vaglio di legittimità costituzionale, come da sentenza n. 156/01(1) della Corte Costituzionale) – e concludendo per il rigetto dell’appello con conferma della sentenza impugnata.

 La CTR della Lombardia adita, ravvisata la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Fida e la relativa rilevanza ai fini della decisione, rimetteva gli atti alla Corte disponendo la sospensione del giudizio.

 Riattivato quest’ultimo a seguito dell’emissione dell’ordinanza n. 232/12(2) da parte della medesima Corte, la contribuente vi depositava istanza di riassunzione-memoria di trattazione nonché documentazione, ed infine la causa era riservata per la decisione all’udienza del 29-5-2013.

 Osserva la Commissione, all’esito dell’odierna discussione in pubblica udienza – cui presenziavano entrambe le parti – come il proposto gravame possa trovare accoglimento.

 Deve invero preliminarmente rilevarsi che, con l’ordinanza n. 232/12, la Corte Costituzionale ha disposto “la restituzione degli atti ai giudici rimettenti perché operino una nuova valutazione della perdurante rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione” sollevata, e ciò alla luce della sopravvenuta entrata in vigore dell’art. 2 del D.L. n. 201/11 convertito nella legge n. 214/11 dettata in tema di agevolazioni fiscali riferite al costo del lavoro.

 Ha richiamato in particolare la Corte le disposizioni di cui al comma 1 ed al comma 1-quater dell’art. 2 citato, individuando in tale normativa uno ius superveniens “intervenuto, anche retroattivamente, in materia di deducibilità dell’IRAP, con espresso riferimento” fra l’altro alla norma dell’art. 1 comma 2 del D.L.vo n. 446/97 censurata di dubbi di costituzionalità da questa Commissione con ordinanza n. 10/42/11 del 4-5-2011.

 Ritenuta, sulla scorta di quanto sopra, superabile e non più rilevante ai fini del decidere nel presente giudizio la questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, deve ritenersi sussistente il diritto della Fida a vedersi rimborsare una somma corrispondente a quella deducibile dall’imponibile IRPEG relativo all’anno 2003 e IRES relativamente agli anni 2004-2006 per una quota dell’IRAP versata negli anni predetti pari al 4,25% delle spese per il personale dipendente e degli interessi passivi al netto, rispettivamente, delle deduzioni spettanti e degli interessi attivi. Posto invero che l’istanza avanzata dalla contribuente risulta rientrare quanto a modalità e tempi nella previsione di cui al secondo comma dell’art. 6 del D.L. n. 185/08 – senza che pertanto sia per la stessa operante quanto disposto dal citato comma 1-quater all’art. 2 del D.L. n. 201/11 in tema di modalità di presentazione delle istanze di rimborso relative ai periodi d’imposta precedenti quello in corso al 31-12-2012 – alla misura dell’IRAP ammessa in deduzione deve ritenersi normativamente applicabile quanto stabilito dal comma 1 del medesimo art. 2, e ciò alla luce della portata retroattiva dell’intervento di tale disposizione, rimarcata dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza citata.

 Ciò posto, si osserva nel contempo che la somma oggetto di rimborso deve ritenersi sia stata correttamente quantificata dalla Fida nel complessivo importo di 165.746,00 oggetto della domanda presentata in data 30-11-2007, e ciò in ragione del fatto che i conteggi al proposito esposti non solo non sono stati in alcun modo contestati dall’Ufficio – al pari della circostanza relativa all’allegazione della documentazione a sostegno pure asseritamente fornita dalla contribuente, la quale ha al proposito invocato il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. – ma si basano su risultanze di dichiarazioni fiscali ormai divenute intangibili a seguito della decadenza del potere rettificativo da parte dell’Agenzia delle Entrate.

 A tutto ciò consegue che, in accoglimento del proposto appello ed in riforma pertanto della sentenza impugnata, quest’ultima va dichiarata tenuta a rimborsare alla Fida la complessiva somma di 165.746,00 oltre gli interessi ex art. 44 DPR n. 602/73 decorrenti dal secondo semestre successivo alla data del versamento.

 Gravi motivi – suggeriti oltre che dalla peculiarità delle questioni controverse, dall’intento di contribuire anche con ciò alla definizione del contenzioso fra le parti – suffragano la compensazione delle spese del giudizio di appello, come già di quelle del primo grado.

P.Q.M. – La Commissione, in accoglimento dell’appello proposto ed in riforma, per l’effetto, della sentenza di primo grado, dichiara l’Agenzia delle Entrate tenuta al rimborso in favore della SpA Fida della complessiva somma di 165.746,00 oltre gli interessi ex art 44 DPR n. 602/73 decorrenti dal secondo semestre successivo alla data del versamento. Spese di entrambi i gradi compensate.

 (1) Corte Cost. 21 maggio 2001, n. 156, in Boll. Trib., 2001, 873.

 (2) Corte Cost. 12 ottobre 2012, n. 232, in Boll. Trib., 2012, 1569.

Deducibilità parziale dal reddito dell’IRAP: la parola

ritorna ora alle Commissioni tributarie

1. Genesi e gestazione dei dubbi di costituzionalità sull’indeducibilità dell’IRAP

 

 Come è noto, l’art. 1, secondo comma, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, sancisce l’indeducibilità dell’IRAP dai redditi d’impresa e di lavoro autonomo, soggetti all’IRES (e fino al 2003 all’IRPEG) o all’IRPEF. L’indeducibilità è stata ritenuta di dubbia costituzionalità da due correnti di pensiero. Secondo la prima l’intera IRAP dovrebbe essere deducibile(1), secondo l’altra il dubbio di costituzionalità dovrebbe investire solo l’indeducibilità della quota di IRAP calcolata sui due maggiori costi deducibili ai fini IRES e indeducibili ai fini IRAP: il costo del lavoro e quello dei capitali presi a mutuo (c.d. tesi del mini-rimborso), e ciò per contrasto con i principi di uguaglianza, di capacità contributiva e di tutela del lavoro (artt. 3, 53 e 35 Cost.).

 La seconda corrente di pensiero ha trovato ospitalità in questa Rivista (2)e ha avuto una lunga gestazione, iniziata con la sollevazione dei menzionati dubbi avanti le Commissioni tributarie provinciali a seguito dello scontato rifiuto degli Uffici finanziari di accogliere domande di rimborso non fondate sulla legge vigente, e in molti casi proseguita avanti le Commissioni regionali a causa di sentenze di manifesta infondatezza, pronunciate in primo grado (3). Quattro Commissioni tributarie riconoscevano non manifestamente infondati i dubbi sollevati dallo scrivente e rimettevano gli atti alla Consulta (4) e altre, per non ripercorrere la via già tracciata e creare “nuova carta”, sospendevano il giudizio in attesa della pronuncia sulla costituzionalità (5).

 Dopo un temporeggiamento (6), la Corte Costituzionale (7), nel menzionare le norme di legge successivamente entrate in vigore, ovvero l’art. 2, primo comma, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), che, in sintesi, ha ammesso in deduzione l’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato, disposizione che si aggiunge modificando solo in parte l’art. 6 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), che dispone ancora la deducibilità del 10 per cento dell’IRAP pagata, forfetariamente riferita solo alla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati, ha rilevato «che tale jus superveniens è intervenuto, anche retroattivamente, in materia di deducibilità dell’IRAP»e ha perciò deliberato che si «impone la restituzione degli atti ai giudici remittenti perché operino una nuova valutazione della perdurante rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione», in quanto è alle Commissioni remittenti che «spetta valutare la misura e gli esatti termini di tale effetto normativo» (8).

 La Corte Costituzionale, nel prendere atto del nuovo quadro normativo, in forza del quale l’IRAP sugli oneri finanziari netti è deducibile dalle imposte sul reddito in misura forfetaria e l’IRAP sulle spese per prestazioni di lavoro in misura pari all’effettivo gravame e quindi analiticamente calcolata, ha avvertito che le nuove norme hanno efficacia retroattiva. Quindi, mentre il rimborso dovrà avvenire in via amministrativa, dietro domanda del contribuente, da prodursi entro quarantotto mesi dai versamenti (ex art. 44 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) con riferimento alle quote di IRAP pagate a partire dal 2007, per gli anni precedenti il diritto al rimborso non può che ricevere solo una tutela giurisdizionale: ciò si verifica se il giudice tributario sia stato investito della controversia sorta a seguito del rifiuto (anche tacito) frapposto dagli Uffici dell’Agenzia delle entrate a domande di rimborso presentate sempre nel rispetto del termine di quarantotto mesi di cui al citato art. 44.

 Spetterà alle Commissioni tributarie, che hanno in carico le suddette controversie, «valutare la misura e gli esatti termini di tale effetto normativo». Il loro compito quindi sarà quello di esaminare, ove il contribuente abbia sollevato il dubbio di costituzionalità con riferimento all’intera indeducibilità dell’IRAP, se il dubbio ancora permane sotto l’aspetto sia della sua fondatezza, sia della rilevanza, e quindi operando uno scrutinio che investa, rispettivamente, la legalità dell’imposizione e l’interesse a coltivare ancora la lite dopo i parziali, ma significativi riconoscimenti operati dalla novella.

 Deve darsi pressoché per scontato che i sostenitori del c.d. mini-rimborso si reputeranno soddisfatti di dedurre l’IRAP sugli interessi passivi netti in misura pari al dieci per cento dell’IRAP pagata e l’IRAP sulle spese per prestazioni di lavoro in via analitica. Essi quindi chiederanno al giudice tributario, che abbia rimesso gli atti alla Corte Costituzionale o che abbia sospeso il procedimento in attesa della pronuncia di quest’ultima, di accogliere la domanda di rimborso sulla base dello stato degli atti con una sentenza di condanna ex art. 69 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, aggiungendo all’imposta versata in eccesso gli interessi richiesti per ritardato rimborso.

2. Le due sentenze “apripista” della Commissione regionale ambrosiana

Probabilmente le due sentenze annotate, ambedue della Commissione regionale ambrosiana, sono le prime che sono state emesse in attuazione della citata ordinanza della Corte Costituzionale n. 232/2012: la prima sentenza, quella della sezione XX, è stata pronunciata a seguito dell’istanza di riassunzione presentata dal contribuente ai sensi dell’art. 43, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, mentre la seconda, quella della sezione XLII, a seguito di udienza autonomamente fissata dalla stessa Commissione.

 Ambedue le sentenze si fondano su due condivisi elementi di giudizio. Si valorizzano le modifiche legislative, e in particolar modo il D.L. n. 185/2008 che prevede la deducibilità della quota IRAP afferente gli interessi passivi netti nella misura forfetaria del dieci per cento dell’IRAP pagata – disposizione rimasta ancora in vigore – e il D.L. n. 201/2011, che riconosce la deducibilità dell’IRAP afferente le spese per il personale dipendente e assimilato (e quindi nella misura effettiva, analiticamente determinata). I giudici della Corte tributaria regionale sottolineano l’effetto retroattivo di tali disposizioni enunciato dalla Corte Costituzionale, effetto che, come si legge nella sentenza della sezione XLII, supera le sollevate questioni di illegittimità costituzionale e le rende irrilevanti.

 Permangono invero ancora due questioni.

 La prima, quella sulla perdurante deducibilità forfetaria dell’IRAP sugli oneri finanziari netti – laddove si ritenga che non sussista alcun collegamento, né logico, né tanto meno quantitativo, fra l’importo costituito dal prodotto dell’aliquota IRAP per i predetti oneri finanziari e il dieci per cento dell’imposta pagata – è destinata, almeno nella grande maggioranza dei casi, a non essere rilevante, stante la sufficiente copertura costituita dalla misura forfetaria. Se così è, difficilmente verranno sollevati ancora dubbi di costituzionalità, ancorché in astratto appaiano fondati. Infatti, per quanto concerne la discrezionalità del legislatorenella determinazione forfetaria dei costi deducibili, la Corte Costituzionale ha ripetutamente ricordato che occorre un collegamento tra forfait e realtà che con quello, per maggiore semplicità, si vuole rappresentare, pena lo sconfinamento nell’arbitrio (9); nel caso di specie si rileva l’assenza di un qualsiasi collegamento aritmetico o logico, diretto o indiretto, tra deduzione forfetaria e deduzione analitica.

 La seconda questione, quella sollevata dai sostenitori della deducibilità di tutta l’IRAP dal reddito d’impresa, non pare destinata ad avere successo, sia per la diversità delle imposte sul reddito e dell’IRAP, personali le prime, reale la seconda – con la conseguenza che nessuna duplicazione si verificherebbe e nessuna norma costituzionale dovrebbe essere violata una volta che è stata riconosciuta la deducibilità della quota IRAP afferente il costo del lavoro e gli interessi passivi – e sia infine per la prevedibile riottosità della Corte Costituzionale ad incidere fortemente sul gettito erariale soprattutto nel presente periodo congiunturale.

 Ritornando alle sentenze della Commissione tributaria regionale milanese, in entrambe si vede applicato il principio di acquisizione della prova fondato sui fatti enunciati da una parte e non specificamente contestati dalla controparte, recentemente accolto nell’art. 115, secondo comma, c.p.c., per favorire l’economia e la maggiore speditezza dei processi, ma già prima riconosciuto dalla giurisprudenza anche in materia tributaria (10). La sezione XX ricorre al principio di non contestazione per avvalorare, con criterio indiretto, il calcolo del contribuente, non contestato dall’Agenzia delle entrate; infatti, se si fossero applicati ai periodi d’imposta sub judice i criteri di commisurazione stabiliti per determinare i rimborsi in via amministrativa a partire dal 2007, il contribuente avrebbe avuto diritto ad un’imposta superiore a quella chiesta in via giudiziale, e ciò giustifica l’importo oggetto della domanda, giacché il minore importo chiesto a rimborso diventa indice di ammontare corretto in quanto non supera quello calcolato se il legislatore avesse esteso i criteri utilizzabili per i periodi d’imposta 2007-2011 ai periodi precedenti. La sezione XLII, invece, applica, in modo diretto e maggiormente condivisibile, il principio di non contestazione ai calcoli e ai documenti di versamento allegati dal contribuente nella domanda di rimborso e negli atti successivi.

 Le due sentenze meritano ampia adesione soprattutto in quanto, data la retroattività dell’enunciato jus superveniens e lo sbarramento al rimborso, posto dal legislatore al quarto anno precedente il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011, il diritto di coloro che hanno presentato domanda di rimborso per gli anni precedenti al quarto e proposto ricorso contro il rifiuto frapposto dall’Amministrazione finanziaria può essere tutelato solo in sede giudiziaria (11).

Dott. Giuseppe Verna

(1)Si veda, per esempio, Comm. trib. prov. di Parma, sez. VIII, 3 ottobre 2006, ord. n. 105, in Boll. Trib., 2007, 745, con nota di F. Brighenti, Incostituzionale l’indeducibilità dell’IRAP dall’IRES?

 (2) G. Verna, Indeducibilità dal reddito di una frazione dei costi di lavoro e di capitale: dubbi di costituzionalità, in Boll. Trib., 2009, 178; e ID., Indeducibilità dell’irap: dubbio di costituzionalità ancora in sospeso, ibidem, 1279.

 (3) Comm. trib. prov. di Varese, sez. I, 12 gennaio 2009, n. 12; Comm. trib. prov. di Caserta, sez. I, 3 marzo 2009, n. 246; Comm. trib. prov. di Napoli, sez. XXVII, 20 ottobre 2009, n. 17; Comm. trib. prov. di Bari, sez. XX, 15 ottobre 2009, n. 172; Comm. trib. prov. di Milano, sez. III, 26 febbraio 2010, n. 75; Comm. trib. prov. di Bergamo, sez. IX, 28 febbraio 2012, n. 37; Comm. trib. prov. di Cagliari, sez. II, 17 febbraio 2010, n. 65; e Comm. trib. prov. di Roma, sez. XLVIII, 5 ottobre 2011, n. 305; tutte inedite.

 (4) La prima di tale ordinanze è quella emessa da Comm. trib. prov. di Bologna, sez. V, 3 aprile 2009, n. 42, in Boll. Trib., 2009, 1233, e anche in Corr. trib., 2009, 2010, con nota adesiva di A. Bodrito, Dubbi di costituzionalità sull’indeducibilità dell’IRAP che colpisce il costo del lavoro, nonché in Riv. dott. comm., 2009, 861, con nota di A. Mainardi – L. Di Nunzio, L’indeducibilità dell’Irap dall’imposta personale per la quota che grava sul costo del lavoro e sugli oneri finanziari, e in Riv. dir. trib., 2010, II, 114, con nota di L. Giaretta, La “ferita”, ancora “aperta” dell’indeducibilità dell’Irap dalle imposte sul reddito. A tale prima pronuncia sono seguite Comm. trib. prov. di Bologna, sez. XIII, 25 giugno 2009, ord. n. 74, in Boll. Trib. On-line; Comm. trib. reg. della Puglia, sez. XVII, 7 aprile 2010, ord. n. 8, in Riv. dir. trib., 2011, II, 121, con nota adesiva di G. Verna, Dubbi di costituzionalità sulla deduzione forfetaria dal reddito d’impresa di interessi passivi e costi di lavoro assoggettati ad Irap; Comm. trib. reg. della Puglia, sez. XIV, 24 settembre 2010, ord. n. 8; e Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XLII, 18 maggio 2011, ord. n. 10; quest’ultime inedite.

 (5) Comm. trib. prov. di Bologna, sez. V, 12 novembre 2009, nn. 109, 110, 111 e 112; e Comm. trib. prov. di Bologna, sez. V, 24 novembre 2010, nn. 152, 153 e 154; tutte inedite, mentre Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXVIII, 7 ottobre 2011, ord. n. 30, in Boll. Trib. On-line, ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale con gli stessi dubbi qui menzionati.

 (6) Corte Cost. 30 luglio 2009, ord. n. 258, in Boll. Trib., 2009, 1229, con nota di F. Brighenti, Indeducibilità dell’IRAP: la Corte Costituzionale temporeggia; successivamente anche G. Verna, Indeducibilità dell’IRAP: dubbio di costituzionalità ancora in sospeso, ibidem, 1277.

 (7) Cfr. Corte Cost. 12 ottobre 2012, ord. n. 232, in Boll. Trib., 2012, 1569, con nota di G. Verna, Deduzione dell’IRAP dal reddito all’epilogo: problemi di costituzionalità risolti e non risolti.

 (8) Ultimo e penultimo capoverso della corposa ordinanza.

 (9) Corte Cost. 28 luglio 1976, n. 200, in Boll. Trib., 1976, 1616; Corte Cost. 26 marzo 1980, n. 42, ivi, 1980, 619; e Corte Cost. 23 luglio 1987, n. 283, ivi, 1987, 1419.

 (10) Cfr. Cass., sez. trib., 24 gennaio 2007, n. 1540, in Boll. Trib. On-line, secondo cui «Alla luce di quanto sopra evidenziato, non dovrebbero esservi dubbi sull’applicabilità del principio in esame anche al processo tributario, sia in relazione al menzionato principio costituzionale, sia perché, essendo strutturato sulla falsariga del processo civile, può anche ad esso riconoscersi natura dispositiva ed è anch’esso caratterizzato dalla necessità di una difesa tecnica e da un sistema di preclusioni (benché meno stringente di quello previsto per il rito del lavoro ed il rito civile riformato), sia perché, a norma dell’art. 1 del D.Lgs. n. 546 del 1992, i giudici tributari applicano le norme del medesimo decreto, e, per quanto in esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile (tra le quali rientra certamente l’art. 88 c.p.c.); senza contare che, con quest’ultima previsione, viene implicitamente individuato nel codice processuale civile cui si rinvia anche un ben preciso ambito di riferimento per l’interprete, pure in relazione ad una eventuale analogia iuris (per tale intendendosi, in carenza di disciplina espressa, il ricorso ad uno o più principi giuridici ricavabili dal sistema, siano essi espressi o taciti, parziali o generali)». In dottrina ved. C. Ferrari – M. Tortorelli, Il principio di non contestazione, in Boll. Trib., 2012, 253.

 (11) Dall’autore pronosticata in G. Verna, Deduzione dell’IRAP dal reddito all’epilogo: problemi di costituzionalità risolti e non risolti, cit., 1574.

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