29 Ottobre, 2018

La giurisprudenza di merito più attenta rifiuta consapevolmente di adeguarsi agli ultimi arresti del giudice di vertice in materia di contraddittorio preventivo. Vale peraltro segnalare che il caso deciso dalla pronuncia annotata riguardava un accertamento emesso a seguito di indagini bancarie, in relazione alle quali la resistenza storicamente e irragionevolmente opposta dalla Suprema Corte sembra ancora più difficile da superare.
Senza voler dilungarsi troppo su di un tema ampiamente dibattuto (1), vale qui sintetizzare i termini di una vicenda che è ancora del tutto irrisolta. Limitandosi all’esame degli orientamenti della giurisprudenza di vertice nazionale, si ricorda che in una prima fase la Corte di Cassazione si era espressa in senso favorevole alla applicazione generalizzata del contraddittorio preventivo, valorizzandone l’origine non solo comunitaria ma anche costituzionale, funzionale alla adeguata tutela dei diritti del contribuente nella delicata e invasiva fase dell’accertamento tributario. Sono espressione di tale tendenza i notissimi arresti delle Sezioni Unite n. 18184 del 2013 (2), in materia di accertamenti da studi di settore e di accertamenti standardizzati in generale, e n. 19667 del 2014 (3), in materia di iscrizione di ipoteca non preceduta da una comunicazione preventiva. In quest’ultima pronuncia, che pareva sintomatica di una evoluzione interpretativa dell’istituto, connotata da un sensibile salto di qualità (4), in chiave fortemente garantista, la Suprema Corte rinveniva la fonte dello stesso, tra l’altro, nell’art. 24 Cost. a presidio del diritto di difesa del soggetto passivo. A suggellare il percorso virtuoso, e in apparenza inarrestabile, che sembrava dovesse condurre alla definitiva consacrazione del principio in esame, interveniva la Corte Costituzionale con la sentenza n. 132 del 2015 (5), interpellata da un’incongrua ordinanza della Corte di Cassazione, che affermava a chiare lettere la portata generale del contraddittorio preventivo che ne imponeva l’applicazione pur in assenza di esplicite previsioni di legge.
Sennonché proprio nel momento di “massimo splendore” del suddetto principio (6), la Suprema Corte è stata colta da forti timori in ordine ai potenziali effetti deflagrativi che esso avrebbe avuto sulle procedure di controllo dell’Agenzia delle entrate, segnatamente, ma non solo, nell’ambito dei cosiddetti “controlli a tavolino” (7). Da qui, lo spiazzante e, per molti versi, imbarazzante (8) revirement rappresentato dalla sentenza n. 24823 del 2015 (9), in cui le stesse Sezioni Unite affermano che, contrariamente a ciò che accade nel diritto unionale, che peraltro trova applicazione unicamente nella materia armonizzata, nel nostro ordinamento non sarebbe rinvenibile il diritto generalizzato del contribuente al contraddittorio preventivo. Prova ne sarebbe il fatto che, al fine di prescriverne l’obbligatorietà, il nostro legislatore è dovuto ricorrere ad inserimenti puntuali.
Da qui la singolare conclusione secondo cui nel sistema tributario italiano sarebbero riscontrabili tre classi di imposte: a) le imposte “comunitarie” (10), in relazione alle quali l’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, impone l’osservanza incondizionata del contatto con il contribuente prima di adottare qualsivoglia atto lesivo dei suoi diritti. Anche per questi tributi, tuttavia, l’inottemperanza a tale regola non determina di per sé la nullità del successivo provvedimento impositivo, dovendosi verificare il superamento della “prova di resistenza” consistente nel valutare se le deduzioni che la parte avrebbe eccepito nel corso del contraddittorio sarebbero state rilevanti ai fini della decisione finale sull’atto amministrativo adottato (11); b) i tributi nazionali per i quali la legge statale stabilisce espressamente l’obbligo del contraddittorio preventivo, limitatamente ai casi ivi regolati. Vale al riguardo osservare, in via incidentale, che in tali fattispecie specifiche non è dato rinvenire la sussistenza della suddetta clausola di resistenza, ragion per cui, a stretto rigore, l’inosservanza del precetto di legge comporta sempre, automaticamente, la nullità dell’atto impositivo adottato in violazione di esso; c) infine, i tributi nazionali nell’ambito dei quali non sussiste alcuna previsione in materia di contraddittorio preventivo (12). È del tutto evidente come a ciascuna di tale classe di tributi corrisponda una diversa declinazione dei diritti dei contribuenti non sorretta da alcuna ragionevole giustificazione (13). L’evidente disparità di trattamento tra cittadini è stata alla base della reazione della Commissione tributaria regionale della Toscana che, con l’ordinanza n. 736 del 2016 (14), ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’assetto determinatosi con la citata pronuncia n. 24823 delle Sezioni Unite. Le speranze di una rapida riparazione dei torti arrecati dalla Cassazione sono tuttavia svanite con l’ultima ordinanza n. 189 del 2017 della Corte Costituzionale che ha dichiarato manifestamente inammissibile l’ordinanza di rimessione per l’incerta formulazione del petitum e per la mancata puntuale indicazione delle disposizioni di legge censurate (15).
In attesa che la giurisprudenza di vertice formuli una convincente ricostruzione del quadro interpretativo entro cui collocare il contraddittorio preventivo, i giudici di merito più accorti si orientano in base alla propria sensibilità giuridica e ai principi fondamentali della Carta Costituzionale che, come osserva correttamente la Commissione tributaria provinciale emiliana, non tollera “discriminazioni a rovescio”, ai danni dei contribuenti italiani rispetto ai “contribuenti comunitari”. Conclude dunque il Collegio reggiano che il contraddittorio endoprocedimentale deve trovare ingresso nei riguardi della totalità dei tributi, e non solo di quelli unionali.
Come si è anticipato in apertura, la pronuncia si apprezza ancor più perché la concreta vicenda contenziosa aveva preso le mosse da un accertamento fondato su indagini finanziarie. In proposito, non dovrebbe in realtà sussistere alcun dubbio in ordine alla necessità di osservare l’obbligo del contraddittorio preventivo, pur dopo il contestato arresto delle Sezioni Unite del 2015, atteso che siffatta esigenza è imposta a chiare lettere proprio nella normativa interna di riferimento (16).
Ciononostante, la Suprema Corte (17) continua a perseverare nell’orientamento tradizionale, formatosi però prima della più volte citata sentenza n. 24823 del 2015, secondo cui negli accertamenti bancari l’Ufficio finanziario ha solo la facoltà, e non l’obbligo, di sentire preventivamente il contribuente, considerato tra l’altro che gli esiti delle indagini finanziarie si qualificano alla stregua di presunzioni legali relative, a fronte delle quali il contribuente è onerato della prova contraria (18). Colpisce, nella giurisprudenza di legittimità in tema di accertamenti bancari, la completa assenza di riferimenti all’ultima pronuncia n. 24823 delle Sezioni Unite che sembra lasciare trasparire una sorta di viscosità dell’interpretazione risalente della Suprema Corte, evidentemente piuttosto difficile da superare.
Le strade interpretative per confermare la valenza generalizzata del contraddittorio endoprocedimentale sono molteplici e sono state ben delineate dalla dottrina. Una di esse consiste nel far transitare nell’ordinamento interno le regole fondamentali unionali del procedimento impositivo per via dell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (19), che dispone la conformazione dell’agire amministrativo, tra l’altro, ai principi dell’ordinamento comunitario.
Più di recente autorevole dottrina (20) ha proposto di valorizzare l’art. 3 Cost. come una sorta di “controlimite alla rovescia”, sulla scorta di una argomentazione che potrebbe così articolarsi: se è vero che di regola il controlimite costituzionale si oppone al recepimento di norme sovranazionali che contrastino con i diritti assicurati dall’ordinamento interno, non si vede cosa osti a ritenere che, per il tramite del suddetto art. 3, trovino ingresso nell’ordinamento interno previsioni sovranazionali che risultino maggiormente garantiste di quelle statali. Il riferimento al principio di uguaglianza e di ragionevolezza impone di dare prevalenza alla identità delle situazioni soggettive interessate dalle une (21) e dalle altre (22).
Ad ogni buon conto, è evidente che elementari esigenze di carattere sistematico impongono (23) il riconoscimento del diritto generalizzato al contraddittorio preventivo.
Occorre tuttavia farsi carico della delicata questione degli effetti della violazione di tale diritto, atteso che appare senza dubbio insoddisfacente ipotizzare sempre e comunque l’automatica annullabilità del successivo provvedimento impositivo. Al riguardo, senza volere in questa sede intervenire nel complesso dibattito intorno alla esatta coloritura da attribuire alla sanzione della nullità sancita talvolta in forma espressa dalle disposizioni dell’ordinamento tributario (24), non è superfluo ricordare, in via del tutto preliminare, che la tesi al momento prevalente nella giurisprudenza della Suprema Corte è nel senso della necessaria riqualificazione in mera annullabilità degli effetti della generalità dei vizi del procedimento nonché della sostanziale inapplicabilità della disciplina dettata in materia dalla legge n. 241/1990 (25).
Una soluzione equilibrata potrebbe essere quella segnalata dalla giurisprudenza unionale, innanzi citata (26), che non richiede di certo una sorta di “prognosi anticipata” degli esiti del futuro giudizio di opposizione sull’atto d’imposizione, ma con espressione assai più riduttiva la «non totale esclusione dell’ipotesi di un risultato diverso» laddove il contraddittorio si fosse regolarmente tenuto, in conformità con la tradizionale interpretazione dei Giudici di Lussemburgo (27).
I lavori, dunque, sono in pieno svolgimento, con buona pace degli operatori di entrambi i versanti, da tempo alla spasmodica ricerca di una bussola affidabile con cui orientarsi.

Dott. Luigi Lovecchio

(1) In ordine alla matrice comunitaria del diritto al contraddittorio, si vedano tra i molti SERRANÒ, Innovativo e sostanziale contributo della Corte di Giustizia europea in tema di contraddittorio endoprocedimentale tributario, in nota a Corte Giust. UE, sez. V, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, in Boll. Trib., 2015, 465; MARCHESELLI, Il diritto al contraddittorio nel procedimento amministrativo tributario è diritto fondamentale del diritto comunitario, in Giur. trib., 2009, 203 ss.; e IAIA, Il diritto al progetto di accertamento nel regime dei c.d. studi di settore, ivi, 2014, 580 ss.
(2) Cfr. Cass., sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184, in Boll. Trib., 2013, 1427, con note di AZZONI, Sessanta e non più sessanta: la violazione del termine dilatorio dello Statuto dei diritti del contribuente costituisce un vizio invalidante dell’accertamento?, DEL TORCHIO, Contraddittorio preventivo e ragioni di motivata urgenza, e PERRUCCI, La ‘’sanzione’’ dell’invalidità dell’avviso di accertamento emesso anticipatamente rispetto al termine dilatorio di 60 giorni di cui all’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente alla luce della recente sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte.
(3) Cfr. Cass., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19667, in Boll. Trib., 2014, 1740, con nota di ACCORDINO, Il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo nei procedimenti tributari concepito come un principio fondamentale dell’ordinamento la cui violazione determina la nullità dell’atto non preavvisato; tra le due pronunce si segnala altresì l’importante arresto di cui alla sentenza n. 15311 resa dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione in data 4 luglio 2014, ibidem, 1488, con nota di LOVECCHIO, La nullità del controllo formale non preceduto dal contatto con il contribuente e la centralità del principio del contraddittorio preventivo, che ha sancito la nullità dei controlli formali eseguiti ai sensi dell’art. 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non preceduti dalla comunicazione di irregolarità.
(4) Il contraddittorio preventivo non era più concepito come uno strumento riservato alla fase propriamente accertativa ma veniva elevato a istituto generale dell’ordinamento, applicabile nei riguardi di qualsivoglia atto emesso da una pubblica Amministrazione che agisca in veste autoritativa, non solo nella materia propriamente tributaria.
(5) Cfr. Corte Cost. 7 luglio 2015, n. 132, in Boll. Trib., 2015, 1271, con nota di AZZONI, Elusione fiscale e tutela del contribuente nell’accertamento ex art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973.
(6) E per vero proprio a causa di ciò.
(7) Si veda l’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite resa da Cass., sez. VI, 14 gennaio 2015, n. 527, in Boll. Trib., 2015, 137, con nota di VOGLINO, La necessitata espansione del diritto al contraddittorio a tutti i procedimenti tributari di ogni genere e specie; si veda altresì, sempre in dottrina, CICALA, Attività di accertamento e contraddittorio amministrativo: verso un nuovo intervento delle Sezioni Unite, ibidem, 86.
(8) Nell’ultimo arresto, le Sezioni Unite enunciano criteri di diritto palesemente in contrasto con quelli statuiti nei precedenti in termini, in special modo nella citata sentenza n. 19667/2014, pur affermandone pretoriamente la coerenza con i primi.
(9) Cfr. Cass., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823, in Boll. Trib., 2016, 222, con nota di AIUDI, Il contraddittorio? Non ce lo possiamo permettere! La sentenza delle Sezioni Unite è stata poi seguita da alcuni arresti delle Sezioni Semplici: si vedano ad esempio Cass., sez. VI, 8 giugno 2016, ord. n. 11773; e Cass., sez. VI, 8 febbraio 2017, ord. n. 3404; entrambe in Boll. Trib. On-line.
(10) I.e.: IVA, dazi e accise.
(11) Tanto, sulla scia della nota sentenza Kamino resa da Corte Giust. UE, sez. V, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, in Boll. Trib., 2015, 457, con nota di SERRANÒ, Innovativo e sostanziale contributo della Corte di Giustizia europea in tema di contraddittorio endoprocedimentale tributario, cit.
(12) Volendo esemplificare in termini di categorie generali, è il caso dei tributi comunali.
(13) Gli interventi critici della dottrina sull’ultimo arresto delle Sezioni Unite sono innumerevoli. Ci si limita in questa sede a richiamare MULEO, Il contraddittorio procedimentale: un miraggio evanescente?, in Riv. trim. dir. trib., 2016, 233 ss.; AIUDI, op. cit., 232; AZZONI, Dialogo tra un antico e un moderno intorno ai diritti dei contribuenti sottoposti a verifica fiscale secondo il pensiero della Suprema Corte (sentenza n. 24823/2015), in Boll. Trib., 2016, 184 ss.; e BENINCASA, Osservazioni sul contraddittorio preventivo nel procedimento di accertamento tributario, ivi, 2017, 1005 ss.
(14) Cfr. Comm. trib. reg. della Toscana, sez. I, 18 gennaio 2016, ord. n. 736, in Boll. Trib., 2016, 960, con nota di AZZONI, L’applicazione generalizzata del principio del contraddittorio endoprocedimentale ed i profili di incostituzionalità dell’art. 12, settimo comma, della legge n. 212/2000: alla Corte Costituzionale l’ardua sentenza.
(15) Cfr. Corte Cost. 13 luglio 2017, n. 189, in Boll. Trib., 2017, 1301, che suona, per la verità, come una pesante bocciatura nei riguardi dell’ordinanza della Commissione toscana sopra citata. Una critica severa a tale ordinanza si rinviene in AZZONI, Dialogo sugli ultimi tempi. Notazioni critiche sulle ordinanze della Corte Costituzionale 13 luglio 2017, nn. 187, 188 e 189, ibidem, 1231.
(16) Il richiamo è ovviamente all’art. 32, n. 2), del D.P.R. n. 600/1973, secondo cui, tra l’altro, «le richieste fatte e le risposte ricevute devono risultare da verbale sottoscritto anche dal contribuente».
(17) A parte gli arresti contrari minoritari di cui a Cass., sez. trib., 4 marzo 2015, n. 4314, in Boll. Trib. On-line; e Cass., sez. trib., 18 settembre 2015, n. 18370, ivi, che avevano fatto ben sperare nell’avvio di un nuovo orientamento della Corte di Cassazione e che sono stati tuttavia travolti, senza ragione peraltro, dal ripensamento delle Sezioni Unite della fine del 2015.
(18) Tra le pronunce più recenti, si vedano Cass., sez. VI, 26 maggio 2016, ord. n. 10908, in Boll. Trib. On-line. Sulla portata presuntiva dei dati desunti dalle indagini bancarie, la Suprema Corte è addirittura tetragona: tra le ultime, si vedano Cass., sez. trib., 14 settembre 2016, n. 18065; Cass., sez. VI, 5 ottobre 2016, ord. n. 19971; Cass., sez. VI, 2 dicembre 2016, ord. n. 24699; Cass., sez. VI, 18 aprile 2017, ord. n. 9761; e Cass., sez. VI, 9 febbraio 2017, n. 3447; tutte in Boll. Trib. On-line. In senso critico verso il mancato aperto riconoscimento del diritto al contraddittorio nell’ambito delle indagini finanziarie, si vedano tra gli altri SERRANÒ, Tra incostituzionalità dei prelevamenti bancari equiparati ai compensi ed irragionevole esclusione del contraddittorio (note a margine della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014), in Boll. Trib., 2016, 173 ss.; e MARCHESELLI, Accertamenti tributari e difesa del contribuente, Milano, 2010, 84.
(19) In questo senso, già DEL FEDERICO, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, Milano, 2010, in generale e segnatamente 230 ss.
(20) Cfr. GIOVANNINI, Il contraddittorio endoprocedimentale, in Rass. trib., 2017, 13 ss.
(21) Le norme sovranazionali.
(22) Le norme interne: così GIOVANNINI, op. cit., da 17 a 20.
(23) Prima o poi.
(24) Ovverosia se si tratti di nullità in senso civilistico ovvero di mera annullabilità ovvero ancora di nullità sanabile, in quanto non incidente sul contenuto sostanziale del provvedimento impositivo, prospettiva quest’ultima preferita, nell’ipotesi della violazione del diritto al contraddittorio anticipato, da GIOVANNINI, op. cit., 23 ss. Per una sintetica rappresentazione delle diverse posizioni in materia, sia consentito rimandare a LOVECCHIO, Si consolida l’orientamento della Suprema Corte sulla nullità dell’atto impositivo per difetto di sottoscrizione e sul rapporto di species a genus tra procedimento tributario e procedimento amministrativo, in Boll. Trib., 2016, 1052, in nota a Cass., sez. trib., 13 gennaio 2016, n. 381; Cass., sez. trib., 16 dicembre 2015, n. 25280; e Cass., sez. trib., 11 dicembre 2015, n. 25017.
(25) Cfr. Cass., sez. trib., 18 settembre 2015, n. 18448, in Boll. Trib., 2015, 1582, con nota di AZZONI, Annullabilità, nullità e inesistenza dell’atto tributario; Cass., n. 25017/2015, cit., e Cass. n. 381/2016, cit. Si tratta dunque, allo stato, di esiti giurisprudenziali del tutto opposti a quelli proposti e auspicati da GIOVANNINI, op. cit., che invece sostiene l’esigenza di applicare la sanatoria dei vizi formali, ex art. 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, sulla base di una valutazione “postuma” del giudice tributario.
(26) La sentenza Kamino, cit.
(27) Cfr. Corte Giust. UE, sez. IV, 4 febbraio 2106, cause riunite C-659/13 e C-34/14, in Boll. Trib. On-line. Si veda al riguardo la puntuale ricostruzione operata da IAIA, Il contraddittorio endo–procedimentale nella prospettiva europea, in NEΩTEPA 2017, 18 ss., relazione tenuta al Convegno nazionale dell’ANTI tenuto a Roma il 23 novembre 2016, dal titolo “L’evoluzione dello statuto dei diritti del contribuente”.

Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Società di persone e associazioni – Accertamento unitario – Riguarda inscindibilmente sia la società o associazione che tutti i soci, salvo che questi prospettino questioni personali – Ipotesi di litisconsorzio necessario originario in quest’ultimo caso – Non si configura.

Accertamento imposte sui redditi e IVA – Accertamento – Diritto del contribuente al contraddittorio anche nella fase precontenziosa o endoprocedimentale in relazione a tutti i tributi e non solo a quelli “armonizzati” – Sussiste – Violazione – Invalidità dell’atto impositivo – Consegue.

In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 del TUIR e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali quali l’inesistenza in capo ai medesimi di maggiori redditi diversi che nulla hanno a che fare con il maggiore reddito d’impresa “trasparente”, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi, e perciò allorquando la controversia abbia ad oggetto una singola posizione debitoria del ricorrente, e non solamente gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, non si configura un caso di litisconsorzio necessario originario.

Non è condivisibile il principio secondo cui, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria sarebbe gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre per quelli “non armonizzati” non sarebbe rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussisterebbe solamente per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito, poiché tale principio si espone a censure di incostituzionalità, irragionevolmente implicando disparità di trattamento manifestamente contrarie al divieto della c.d. “discriminazione a rovescio”, vale a dire situazioni di disparità in danno di cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea e delle sue imprese che si verifichino come effetto indiretto dell’applicazione del diritto europeo, di talché, sulla base di una lettura costituzionalmente orientata e corretta della normativa vigente, bisogna concludere per la necessaria applicazione del contraddittorio endoprocedimentale a tutti i tributi e non solo a quelli armonizzati.

[Commissione trib. provinciale di Reggio Emilia, sez. II (Pres. e rel. Montanari), 7 febbraio 2017, sent. n. 55]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – 1. Il Sig. … ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Reggio Emilia, avverso avviso di accertamento emesso, per l’anno d’imposta 2010, ai fini irpef, relative sanzioni ed interessi; ammontare della materia del contendere ai fini della nota spese € 329.478,00#; l’Agenzia assume, nell’atto impugnato, che: * il Ricorrente è socio della … & C. s.a.s., con sede in … cui l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Modena, ha notificato un avviso di accertamento di maggior reddito, per quota parte imputato, per trasparenza, allo Stesso, quale maggior “reddito d’impresa”; ** una serie di movimenti bancari, rilevati sui Suoi conti correnti personali, farebbero presumere lo svolgimento di un’attività finanziaria, nello specifico il realizzo di alcune plusvalenze, che avrebbe originato un maggior reddito da qualificare, ai fini impositivi, come “redditi diversi”; il Ricorrente grava l’atto sul presupposto della sua illegittimità in diritto ed infondatezza in fatto; in particolare, dopo aver dedotto una serie di eccezioni in via pregiudiziale, attinenti a vizi di notifica e carente autorizzazione alla svolgimento di indagini bancarie, eccepisce la violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale, posto che la notifica dell’atto impugnato non sarebbe stata preceduta da alcuna richiesta di chiarimenti e documentazione, in ordine alla propria “posizione” fiscale; nel merito deduce, comunque, la totale infondatezza, in fatto, delle assunzioni dell’Agenzia, con produzione di documentazione a supporto e comprova della tesi che le operazioni effettuate, e transitate sui conti correnti personali, non avrebbero avuto alcuna valenza reddituale; chiede, infine, in accoglimento del ricorso, l’annullamento dell’atto impugnato con condanna delle spese; l’Agenzia, premesso che avverso l’atto notificato alla società pende ricorso avverso la CTP di Modena, e che pertanto, in via di rito, debba essere disposta la riunione delle vertenza con quella/e pendenti presso la stessa, che sarebbe il Giudice competente, si costituisce in giudizio con controdeduzioni con cui, per quanto attiene le eccezioni pregiudiziali del Ricorrente, ne contesta la totale infondatezza, anche con il richiamo a precedenti giurisprudenziali, mentre, nel merito, si richiama alla motivazione dell’atto impugnato; chiede, infine, il rigetto del ricorso con condanna alle spese di giudizio; all’udienza dibattimentale le Parti si riportano alle loro deduzioni scritte.

MOTIVI DEL RICORSO – 2. Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione: “In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali –, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario” (Cass. ssuu, sent. n° 2008/14815 (1) Rv. 603330-01); ma, come ben precisato dalla massima, il litisconsorzio necessario non sussiste nel caso in cui i soci prospettino questioni personali come nella fattispecie concreta dedotta in giudizio; l’atto impugnato, infatti, non è la mera conseguenza, per trasparenza, dell’atto notificato alla Società di cui il Ricorrente è socio, ma “aggiunge”, al maggior reddito d’impresa accertato in capo alla società, anche un maggior ammontare di “redditi diversi”, che nulla hanno a che fare con il maggior reddito d’impresa “trasparente”; ne consegue che, legittimamente, il processo può, autonomamente, continuare avanti questo Giudice, che è competente, senza la necessità di ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti della società e degli altri soci passando, ora, all’esame delle doglianze va affermata la fondatezza del ricorso facendo riferimento, secondo il principio della ragione più liquida, alla doglianza della carenza del contraddittorio endoprocedimentale; questo Giudice ben conosce il principio di diritto, autorevolmente, enunciato dalla Corte di Cassazione ss. uu, per cui “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito” (n° 2015/24823 (2) – Rv. 637604 – 01); ma ritiene di non potervi aderire; invero va detto che un’interpretazione che giunga a limitare la piena tutela del contraddittorio preventivo, in dipendenza della natura non armonizzata dei tributi pretesi, si espone a censure di incostituzionalità, irragionevolmente implicando disparità di trattamento manifestatamente contrarie al divieto della c.d. “discriminazione a rovescio”, vale a dire situazioni di disparità in danno di cittadini di uno stato membro, e delle sue imprese che si verifichino come effetto indiretto dell’applicazione del diritto europeo (cfr. Corte Costituzionale sent. N° 1997/443 (3) massima n. 23700 secondo cui “… il che equivale a dire che nel giudizio di eguaglianza affidato a questa Corte non possono essere ignorati gli effetti discriminatori che l’applicazione del diritto comunitario è suscettibile di provocare”); insomma se si vuole dare una lettura costituzionalmente orientata e corretta della normativa vigente, bisogna concludere per l’applicazione del principio della necessaria applicazione del contraddittorio endoprocedimentale a tutti i tributi e non solo a quelli armonizzati; se ora si fa applicazione di questo principio alla fattispecie concreta dedotta in giudizio non può che conseguirne l’accoglimento del ricorso posto che l’atto impugnato non è stato preceduto da alcun “contatto” tra le parti; in conclusione in accoglimento del ricorso l’atto va impugnato [rectius, annullato, n.d.r.]; le spese di giudizio, stante la novità della soluzione giurisprudenziale accolta, vanno compensate.

P.Q.M. – La Commissione dichiarata la propria competenza, in accoglimento del ricorso annulla l’impugnato atto; spese di giudizio compensate.

(1) Cass. 4 giugno 2008, n. 14815, in Boll. Trib. On-line.
(2) Cass. 9 dicembre 2015, n. 24823, in Boll. Trib., 2016, 222.
(3) Corte Cost. 30 dicembre 1997, n. 443, in Corr. giur., 1998, 344.

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