28 Ottobre, 2013

Imposte e tasse – Riscossione – Cartella di pagamento – Iscrizione a ruolo a titolo provvisorio – Riconoscimento della parziale illegittimità o erroneità della pretesa impositiva – Successiva esecutività del ruolo senza la riduzione della pretesa e notifica della relativa cartella di pagamento – Illegittimità della cartella di pagamento – Sussiste – Annullamento della cartella – Va disposto.

 L’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio delle imposte accertate ma non ancora definitive è illegittima e va annullata tutte le volte in cui, prima che l’Ufficio l’abbia resa esecutiva, l’Ufficio stesso abbia riconosciuto la illegittimità o erroneità, anche parziale, della relativa pretesa impositiva.

 [Commissione trib. provinciale di Latina, sez. III (Pres. Mirabella, rel. Moscarino), 21 febbraio 2013, sent. n. 60]

 

Il Sig. T.F., rappresentato e difeso dagli Avv.ti …, nonché dal commercialista dott. …, giusta procura in atti, con ricorso depositato in data 17/07/2012, iscritto al n. … RGR, ha impugnato la cartella di pagamento n. …, per Irpef, IVA e Irap relativa ai periodi di imposta 2006, 2007, 2008, notificata dal Concessionario della riscossione Equitalia Sud il 14/6/2012 a richiesta della Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Latina, avente ad oggetto iscrizione a ruolo in pendenza di ricorso ex art. 15 DPR 602/73 per l’importo complessivo di € 1.831.125,53.

In sintesi, il ricorrente deduce l’illegittimità della cartella e la relativa iscrizione a ruolo in quanto esse pongono in esecuzione una pretesa impositiva diversa da quella dovuta attualmente avanzata dall’Ufficio, a seguito dell’accoglimento, sia pure parziale, del ricorso avverso il provvedimento accertativo.

Il contribuente deduce poi vizi inerenti la cartella imputabili al concessionario.

L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Latina si è costituita in giudizio il 13 agosto 2012, sostenendo l’infondatezza del ricorso in fatto e in diritto.

La cartella è stata sospesa con ordinanza interlocutoria in data 22 agosto 2012 su richiesta sia del ricorrente sia dell’Ufficio che del Concessionario.

La sospensione veniva disposta perché il rappresentante dell’Ufficio dichiarava che l’Agenzia era in attesa di autorizzazione per poter eseguire la rideterminazione dell’imposta accertata a seguito del riconoscimento spontaneo dell’Ufficio che l’Irap non grava sui diritti d’autore.

Il ricorso è stato discusso nella pubblica udienza del giorno 21 febbraio 2013.

Dopo la relazione introduttiva svolta dal relatore, le parti costituite sono state ammesse alla discussione.

A seguito di puntuale esposizione dei fatti di causa, i rappresentanti delle parti hanno confermato le rispettive richieste.

 

[-protetto]

 

MOTIVI DELLA DECISIONE – Il caso sottoposto all’esame del Collegio riguarda l’impugnazione dell’iscrizione a ruolo e la relativa cartella di pagamento emessa a carico del ricorrente in pendenza di ricorso in Commissione Tributaria avverso tre avvisi di accertamento.

L’iscrizione a ruolo è stata eseguita per un importo pari a 1/3 dell’imposta complessivamente accertata.

I ricorsi sono stati respinti con sentenze depositate il 26 ottobre 2012.

Le doglianze del ricorrente sono per la maggior parte incentrate sulla circostanza che avendo l’Ufficio, nel corso del giudizio, come ricordato in sentenza, riconosciuto che l’TRAP e l’IVA non gravano sul lavoro autonomo derivante dai diritti di autore, esso doveva emettere altra cartella di pagamento depurata dagli importi riguardanti i diritti di autore e quelli connessi.

L’Ufficio ha contestato di dover emettere altra cartella, a suo parere è sufficiente la rideterminazione dell’imposta accertata.

Il Collegio non condivide tale impostazione.

Il ricorrente, infatti, ha ben evidenzialo che la cartella è viziata ab origine e non può essere utilizzata con aggiustamenti in corso di causa.

Nella vertenza sorta a seguito dei tre avvisi di accertamento, in occasione del deposito delle controdeduzioni avverso il ricorso introduttivo, depositate il 17.2.2012 l’Ufficio ha riconosciuto che l’IRAP e l’IVA non gravano sui diritti di autore e nelle sentenze nn. 371,372,373/3/2012 questa Commissione ne ha preso atto.

Come è noto, le iscrizioni provvisorie sono quelle fatte in base ad avviso di accertamento non definitivo, perché impugnato.

In materia di imposte sui redditi, dopo la notifica dell’avviso di accertamento, l’ufficio può iscrivere a ruolo una parte dell’imposta accertata oltre ad interessi e sanzioni.

L’iscrizione a ruolo provvisoria trae origine da un titolo essenzialmente precario, destinato a consolidarsi ovvero ad essere annullato in tutto o in parte.

A tal proposito, va sottolineato che le iscrizioni provvisorie a seguito delle pronunce del giudice tributario, pur assumendo a parametro l’imponibile deciso dall’organo giurisdizionale, hanno a proprio fondamento l’atto di imposizione: le decisioni delle Commissioni, allorché confermino o riducano l’imponibile accertato, conferiscono in tutto o in parte esecutività all’avviso di accertamento, che permane nella misura originaria o in quella ridotta quale titolo per la riscossione.

Nel caso di specie, non c’è stata riduzione da parte della Commissione, ma il riconoscimento spontaneo, da parte dell’Ufficio, di aver accertato un imponibile maggiore rispetto ai redditi di lavoro autonomo, ciò antecedentemente all’emissione della cartella impugnata.

Il ruolo oggetto della cartella impugnata è stato reso esecutivo il 20.3.2012.

Il ruolo si forma prima a prescindere dalla cartella; a seguito della consegna il concessionario forma la cartella da notificare al contribuente.

Al tempo della formazione del ruolo l’Ufficio impostore aveva la possibilità di iscrivere nel ruolo una parte dell’imposta accertata, ma tale imposta era stata riconosciuta dallo stesso Ufficio errata almeno in parte per cui la cartella era illegittima fin dall’origine, in quanto, come detto, già al momento dell’iscrizione a ruolo l’erronea quantificazione dell’imposta accertata incideva sulla legittimità della cartella.

Nel caso di specie, fin dal primo atto introduttivo, la parte ricorrente, ex art. 53 TUIR, denunciava la non applicabilità dell’Irap sui redditi derivanti dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere di ingegno, vale a dire anche sulle edizioni discografiche e degli altri diritti connessi sicuramente ascrivibili ai diritti di autore.

Il ricorrente assumeva che per l’avvenuto riconoscimento di quanto richiesto, l’originaria iscrizione del credito erariale nel ruolo provvisorio aveva perso di efficacia, imponendo all’Amministrazione di iscrivere il proprio titolo in un nuovo ruolo.

Ritiene, quindi, il Collegio che fosse necessaria una nuova iscrizione a ruolo.

È pacifico, infatti, che allorché l’accertamento era sub iudice c’è stato il riconoscimento della debenza della minore imposta rispetto a quella originaria da parte dell’Ufficio per cui si è concretata l’illegittimità dell’accertamento (CTC 15.2.1993 n. 4991).

Il riconoscimento è stato comunicato con le controdeduzioni depositate il 17.2.2012 mentre il ruolo è stato reso esecutivo il 20.3.2012, vale a dire dopo che era stata accertata la suddetta minore debenza; successivamente il 14 giugno 2012 è stata notificata la cartella che contiene ancora la maggiore imposta.

In tale fattispecie, per il principio di certezza tra fisco e contribuente, era necessaria una nuova iscrizione a ruolo.

Incomprensibile appare il comportamento dell’Ufficio che, mentre nell’udienza del 22 agosto 2012, con dichiarazione del proprio rappresentante, regolarmente verbalizzata, aderiva alla richiesta di sospensione atteso che l’ufficio doveva procedere alla riliquidazione dell’imposta accertata, nell’udienza odierna ha insistito per la conferma della cartella originaria, ben sapendo che la pretesa si era modificata come affermato dalla stessa Amministrazione.

La cartella, infatti, era nata illegittima per la nullità originaria dell’iscrizione a ruolo sui diritti di autore. La cartella di pagamento in quanto atto impositivo, deve essere motivata in relazione ai presupposti di fatto e di diritto che hanno originato la pretesa (Corte di Cassazione Ord. n. 22500 del 27 novembre 2012, dep. il 10 dicembre 2012[1]), il che, alla luce di quanto dichiarato il 17.2.2012, non è avvenuto.

La contraddittorietà del comportamento dell’Ufficio induce, pertanto, all’accoglimento del ricorso: mentre si riconosce, infatti, di dover annullare una pretesa, seppur in parte, si chiede di confermare la cartella relativa ad un ruolo illegittimo, posto che la cartella altro non rappresenta che la trasposizione del ruolo riferito a un particolare debitore quale atto terminale del procedimento.

La discrasia comportamentale circa il perfezionamento della pretesa, quindi, è incontrovertibile.

Nella decisione di accoglimento, conseguente a quanto esposto, rimane assorbita ogni altra questione sollevata dalle parti o rilevabile d’ufficio.

La peculiarità e la novità delle questioni trattate, inducela Commissionea disporre la compensazione delle spese del giudizio.

 

P.Q.M. – Accoglie il ricorso. Spese compensate.


Sulla illegittimità dell’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio nei casi di riduzione dell’originaria pretesa impositiva

 

1. Premessa

 

La cartella di pagamento emessa, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per il recupero delle imposte corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, è illegittima e va integralmente annullata tutte le volte in cui, già prima che sia resa esecutiva l’iscrizione a ruolo “a titolo provvisorio”, sia emersa la parziale illegittimità della pretesa impositiva.

Ad affermare questo principio è stata la Commissionetributaria provinciale di Latina, con l’annotata sentenza, ponendosi così in aperto contrasto con il consolidato orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, secondo cui «il giudice tributario, il quale ravvisi l’infondatezza parziale della pretesa dell’amministrazione finanziaria non deve né può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal petitum delle parti» (1).

Il segnalato contrasto non può non stimolare un approfondimento delle motivazioni addotte dai giudici laziali, per verificare se le stesse abbiano o meno una forza di persuasione tale da giustificare, in futuro, un eventuale cambiamento di rotta della giurisprudenza tributaria, anche di legittimità, magari con riferimento ad un ambito applicativo circoscritto ai soli atti della riscossione o dell’esecuzione.

 

2. I fatti di causa

 

L’Agenzia delle entrate rettificava il reddito di lavoro autonomo dichiarato da un contribuente per gli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, accertando in particolare un maggior reddito derivante dallo sfruttamento dei diritti d’autore (trattandosi di un famoso cantautore italiano).

Avverso i tre avvisi di accertamento il contribuente proponeva ricorso e, nelle more del giudizio, l’Ufficio provvedeva ad iscrivere a ruolo a titolo provvisorio un terzo delle maggiori imposte accertate, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 602/1973.

Anche la successiva cartella di pagamento veniva impugnata dal contribuente, nel presupposto che, nell’ambito dei giudizi relativi agli atti impositivi, lo stesso Ufficio aveva riconosciuto l’infondatezza, seppure parziale, della propria pretesa in riferimento alle maggiori IVA ed IRAP con gli stessi accertate, trattandosi di imposte che «non gravano sui diritti d’autore».

La Commissioneterritoriale di Latina, con l’annotata sentenza, ha accolto il ricorso del contribuente e annullato integralmente la cartella di pagamento impugnata.

I giudici, preliminarmente, hanno evidenziato alcune circostanze di fatto emerse in corso di causa, che ci sembra opportuno riportare qui di seguito, secondo il loro ordine cronologico.

Innanzi tutto è stato rilevato che sin dal mese di febbraio 2012 l’Ufficio aveva riconosciuto non essere dovute né l’IVA né l’IRAP sui maggiori compensi accertati nei confronti del contribuente.

Tale riconoscimento, in particolare, era contenuto nelle controdeduzioni depositate dall’Agenzia delle entrate nei giudizi relativi ai tre avvisi di accertamento.

Ciò nondimeno, ha sottolineato la Commissionetributaria provinciale laziale, la stessa Agenzia delle entrate, il successivo 20 marzo 2012, aveva iscritto a ruolo a titolo provvisorio un terzo di tutte le maggiori imposte accertate per gli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, comprese l’IVA e l’IRAP che il mese precedente aveva riconosciuto non essere dovute dal ricorrente.

Infine, ha precisato il collegio, in data 26 ottobre 2012 la stessa Commissione tributaria di Latina aveva pronunciato distinte sentenze con le quali aveva rigettato i ricorsi proposti dal contribuente avverso i tre avvisi di accertamento.

Ciò premesso in punto di fatto, i giudici hanno individuato la questione di fondo sottoposta al loro esame, ovvero stabilire se nel caso di specie fosse o meno necessario eseguire una nuova iscrizione a ruolo e, di conseguenza, notificare una nuova cartella di pagamento in sostituzione di quella impugnata, resa ormai illegittima dalla parziale illegittimità dell’originaria pretesa impositiva, riconosciuta dallo stesso Ufficio impositore nel corso del giudizio avverso i presupposti avvisi di accertamento.

La Commissioneha ritenuto di poter accogliere la tesi del ricorrente nella assorbente considerazione che la cartella di pagamento impugnata «è viziata ab origine e non può essere utilizzata con aggiustamenti in corso di causa».

In sostanza, la cartella di pagamento andava integralmente annullata, avendo l’Ufficio l’obbligo di procedere ad una nuova iscrizione a ruolo depurata dell’IVA e dell’IRAP.

La Commissioneprovinciale, invero, ha esplicitamente riconosciuto che «l’iscrizione a ruolo provvisoria trae origine da un titolo essenzialmente precario, destinato a consolidarsi ovvero ad essere annullato in tutto o in parte», e ha anche sottolineato che «le iscrizioni provvisorie a seguito delle pronunce del giudice tributario, pur assumendo a parametro l’imponibile deciso dall’organo giurisdizionale, hanno a proprio fondamento l’atto di imposizione … che permane nella misura originaria o in quella ridotta quale titolo per la riscossione».

Ciò nondimeno, hanno precisato i giudici, nel caso di specie «non c’è stata riduzione da parte della Commissione, ma il riconoscimento spontaneo, da parte dell’Ufficio, di avere accertato un imponibile maggiore rispetto ai redditi di lavoro autonomo» e, circostanza non indifferente, ciò è avvenuto «antecedentemente all’emissione della cartella impugnata».

In altri termini, pur essendo l’Agenzia delle entrate legittimata ad iscrivere a ruolo a titolo provvisorio «una parte dell’imposta accertata», poiché «tale imposta era stata riconosciuta dallo stesso Ufficio errata almeno in parte» la cartella di pagamento impugnata risultava «illegittima fin dall’origine in quanto, come detto, già al momento dell’iscrizione a ruolo l’erronea quantificazione dell’imposta accertata incideva sulla legittimità della cartella».

La suddetta cartella, dunque, sarebbe «nata illegittima per la nullità originaria dell’iscrizione a ruolo sui diritti di autore» e «in una tale fattispecie, per il principio di certezza tra fisco e contribuente, era necessaria una nuova iscrizione a ruolo», di qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento integrale dell’atto impugnato.

 

3. Conseguenze diverse se a ridurre la pretesa è lo stesso ufficio invece che il giudice

 

Dalla motivazione dell’annotata sentenza emerge con evidenza che la decisione di annullare integralmente la cartella di pagamento impugnata è stata determinata, principalmente, dalla circostanza che la riduzione dell’originaria pretesa impositiva scaturiva non già da una pronuncia del giudice tributario, bensì dall’autonoma iniziativa dello stesso ente impositore, che già prima di eseguire l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio aveva riconosciuto la parziale illegittimità di quella pretesa relativamente alle maggiori IVA e IRAP liquidate negli avvisi di accertamento.

Secondo la Commissionedi merito, decisivo è risultato anche il fatto che l’illegittimità della cartella di pagamento impugnata, ancorché parziale, risalisse ad un momento antecedente alla sua formazione e lo stesso Ufficio ne avesse dato atto, motivo per il quale essa doveva essere integralmente annullata, rendendosi «necessaria una nuova iscrizione a ruolo» da parte del medesimo Ufficio procedente.

Dobbiamo ritenere, pertanto, che diverso sarebbe stato l’esito del processo se quella illegittimità fosse derivata da una sentenza che avesse accertato l’illegittimità o l’infondatezza parziale dei presupposti avvisi di accertamento, visto che in tal caso, per usare le parole del Collegio laziale, «l’iscrizione provvisoria …, pur assumendo a parametro l’imponibile deciso dall’organo giurisdizionale, ha a proprio fondamento l’atto di imposizione … che permane nella misura originaria o in quella ridotta quale titolo per la riscossione».

In tale ultimo caso, pare di capire, non vi sarebbe stato l’annullamento integrale dell’atto impugnato, bensì l’accoglimento parziale del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento parziale della cartella di pagamento, con la rideterminazione del quantum dovuto sulla base del decisum della Commissione tributaria sugli avvisi di accertamento.

Come abbiamo anticipato in premessa, la decisione annotata si pone in contrasto con il consolidato e risalente orientamento della giurisprudenza di legittimità (2), e l’analisi delle motivazioni che la sorreggono potrebbe offrire un importante contributo su un tema di grande interesse, ovvero se sia necessario procedere ad una nuova iscrizione a ruolo tutte le volte in cui l’illegittimità o l’infondatezza della pretesa impositiva emerga ab origine e in modo evidente e incontestabile o, come nel caso di specie, per ammissione dello stesso ente impositore.

Ad avviso di chi scrive, tuttavia, le motivazioni addotte dai giudici laziali deludono le aspettative.

Nel contesto decisionale, come abbiamo visto, l’assunto di maggiore rilievo è rappresentato dall’affermazione della Commissione provinciale di Latina secondo cui, dopo la notifica di un atto impositivo, se le imposte accertate risultano in parte non dovute per decisione del giudice tributario, l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio resta legittima e il giudice, adito per l’impugnazione della cartella di pagamento, può «con aggiustamenti in corso di causa» rideterminare il quantum dovuto dal contribuente. Viceversa, quando è l’ente impositore a riconoscere come indebite una parte delle somme iscritte a ruolo a titolo provvisorio, non è possibile operare la suddetta rideterminazione e la cartella di pagamento va integralmente annullata, in quanto viziata ab origine.

Si tratta, invero, di un’affermazione del tutto apodittica, rispetto alla quale il Collegio latinense non adduce alcuna motivazione.

Pertanto, su questo primo e decisivo punto, l’annotata sentenza non offre il contributo da noi immaginato.

 

4. Il potere del giudice tributario di rideterminare la pretesa impositiva

 

Ma proseguiamo nella nostra ricerca.

L’assunto del ricorrente, secondo cui «l’originaria iscrizione del credito erariale nel ruolo provvisorio aveva perso di efficacia» avendo lo stesso Ufficio, in precedenza, riconosciuto la non assoggettabilità ad IVA e ad IRAP dei compensi per diritti d’autore, è stato condiviso dai giudici laziali che hanno affermato: «per il principio di certezza tra fisco e contribuente, era necessaria una nuova iscrizione a ruolo».

Ora, tralasciando ogni considerazione su cosa debba intendersi per «principio di certezza tra fisco e contribuente», osserviamo che la Commissione provinciale non ha accennato in alcun modo alle ragioni giuridiche per le quali l’asserita violazione di tale principio impedirebbe al giudice tributario, nei casi come quello di specie, di rideterminare il quantum dovuto dal contribuente, imponendo contestualmente all’Ufficio di procedere ad una nuova iscrizione a ruolo.

Ugualmente inappaganti, ai fini della nostra indagine, sono le ulteriori considerazioni dei giudici pontini sulla incomprensibilità o contraddittorietà del comportamento tenuto dall’Ufficio e sul difetto di motivazione della cartella di pagamento impugnata.

Quanto alla prima questione, osserviamo che non vi è alcuna contraddittorietà nel comportamento dell’Ufficio semplicemente perché non vi è contraddizione tra il riconoscere che l’originaria pretesa impositiva, fatta valere con gli avvisi di accertamento, è parzialmente infondata e insistere in giudizio per la “conferma” dell’impugnata cartella di pagamento relativamente alle imposte diverse dall’IVA e dall’IRAP, la cui legittimità e fondatezza, peraltro, erano già state accertate dalla medesima Commissione di Latina con le tre sentenze, depositate il 26 ottobre 2012, di rigetto dei ricorsi proposti avverso gli atti impositivi.

Se un errore è stato commesso da parte dell’Agenzia delle entrate (un vero e proprio obbrobrio), questo ha riguardato esclusivamente l’iscrizione a ruolo di un terzo delle maggiori somme per IVA e per IRAP liquidate negli originari avvisi di accertamento, non certo la richiesta di pagamento delle altre imposte accertate.

Dopo la notifica della cartella di pagamento, tuttavia, il contribuente ben avrebbe potuto contestarne l’infondatezza limitatamente alla richiesta dell’IVA e dell’IRAP, avendo l’Uficio formalmente riconosciuto, nei processi relativi agli avvisi di accertamento, che i maggiori compensi accertati nei suoi confronti non erano assoggettabili a tali imposte.

Impugnando integralmente la cartella di pagamento, invece, il contribuente ha chiamato i giudici a pronunciarsi sulla legittimità e sulla fondatezza della richiesta di pagamento di tutte le imposte iscritte a ruolo a titolo provvisorio, e se all’esito del giudizio sono risultate indebite solo due di esse, sia pure sin dall’origine, non vi è ragione, né, ripetiamo, la Commissione territoriale ne ha dedotto alcuna, per annullare l’intera cartella di pagamento, travolgendo anche la legittima e fondata richiesta di pagamento delle altre imposte.

Quanto al presunto difetto di motivazione della cartella di pagamento, al quale pure i giudici hanno fatto cenno, osserviamo che certamente la cartella di pagamento deve essere adeguatamente motivata, come peraltro impone l’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).

Tuttavia, se una cartella di pagamento è motivata mediante il richiamo ad un avviso di accertamento, ove l’atto impositivo sia infondato, anche sin dall’origine e finanche per ammissione dello stesso ente impositore, quella cartella non potrà certo considerarsi illegittima o comunque viziata nella motivazione (che invece è chiarissima), bensì infondata nel merito.

Con la logica conseguenza che, anche rispetto a tale questione, l’infondatezza (o se si preferisce l’inesistenza) della pretesa impositiva relativa ad alcune soltanto delle poste iscritte a ruolo, non è motivo sufficiente per ottenere dal giudice l’annullamento della cartella di pagamento nella sua totalità.

Alla luce delle considerazioni che precedono, non pare che l’annotata sentenza offra argomenti convincenti per sollecitare una rivisitazione del consolidato orientamento giurisprudenziale sulla natura del processo tributario – di impugnazione-merito e non di impugnazione-annullamento – e sul conseguente dovere del giudice di non limitarsi ad annullare l’atto impugnato, ma di esaminare nel merito la pretesa tributaria tutte le volte in cui l’impugnazione del contribuente non attenga a “vizi formali” dell’atto (3) e qualora, naturalmente, dalla documentazione versata in atti e nei limiti delle domande delle parti (c.d. petitum) si possa legittimamente procedere ad una diversa determinazione delle imposte dovute dal contribuente in aderenza ai principi regolatori del processo tributario e ai principi costituzionali di difesa e capacità contributiva.

È ben vero che il segnalato orientamento si è formato con riferimento agli atti di imposizione ma, ripetiamo, i giudici di Latina non offrono alcuna valida argomentazione per indurre a dubitare che, con riferimento agli atti della riscossione o dell’esecuzione e in talune circostanze particolari, possa fondatamente pervernirsi ad opposta conclusione.

Né può confortare l’annotata decisione il continuo riferimento della Corte territoriale alla presunta illegittimità dell’iscrizione a ruolo.

Come osserva autorevole dottrina, si considera illegittimo l’atto tributario in cui manchi taluno degli elementi fondamentali (4), mancanza che non è stata ravvisata nel caso di specie, né per l’iscrizione a ruolo, né per la cartella di pagamento, fatta eccezione per il presunto difetto di motivazione che, come abbiamo visto, è del tutto inesistente nel caso in esame.

Anzi, è propriola Commissioneprovinciale ad affermare che sussisteva la legittimazione dell’Ufficio ad eseguire l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio e che sussistevano i titoli legittimanti l’iscrizione stessa (gli avvisi di accertamento).

Il Collegio, invero, ha espressamente riconosciuto che al momento dell’iscrizione a ruolo vi era stata una «erronea quantificazione dell’imposta accertata», motivo per il quale, ad avviso di chi scrive, anche in questo caso sussisteva per il giudice tributario il dovere di «riquantificare la pretesa tributaria» (5), altro che annullare l’intera cartella di pagamento.

 

Dott. Domenico Carnimeo

 

 

(1) Cfr. Cass., sez. trib., 21 luglio 2010, n. 17072, inBoll. Trib. On-line.

(2) In tal senso segnaliamo che già annotando Cass., sez. trib., 23 dicembre 2000, n. 16171, inBoll. trib., 2002, 1271, è stato evidenziato che sulla complessa tematica dell’oggetto del processo tributario «sono scorsi i classici fiumi d’inchiostro».

(3) In tal senso Cass., sez. trib., 3 luglio 2009, n. 15717, e Cass., sez. trib., 1° settembre 2009, n. 19079, entrambe in Boll. Trib., 2010, 648, con nota di v. ficari, Sulla determinazione giudiziale del valore imponibile e sulla “insoddisfazione” di entrambe le parti del processo tributario; Comm. trib. reg. della Puglia, sez. VIII, 30 settembre 2011, n. 103, ivi, 2012, 296, con nota di m.v. serranò, Eticità fiscale e formalismi giuridici a proposito del perfezionamento dell’accertamento con adesione; e Cass., sez. trib., 6 novembre 2012, n. 19122, in Boll. Trib. On-line.

(4) Si vedano f. tesauro, L’invalidità dei provvedimenti impositivi, in Boll. Trib., 2005, 1445; ed e. marello, Per una teoria unitaria dell’invalidità dell’atto tributario, in Riv. dir. trib.,  2001, I, 379.

(5) Cfr. sub nota 3.



[1] In Boll. Trib. On-line.

 

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